N. 312 SENTENZA 10 - 17 dicembre 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Regioni - Norme della Regione Marche - Disposizioni  contenute  nella
  legge di aggiustamento del bilancio 2012 - Ricorso  del  Governo  -
  Sopravvenuta rinuncia all'impugnazione accettata dalla  controparte
  - Estinzione del processo. 
- Legge della Regione Marche 27 novembre 2012, n. 37, artt. 25, comma
  5, e 38, comma 2. 
- Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte, art. 23,  comma
  1. 
Impiego pubblico - Norme della Regione Marche - Scuola  regionale  di
  formazione della pubblica amministrazione - Ammissione aperta anche
  al personale di soggetti diversi dalle pubbliche amministrazioni  -
  Ricorso del Governo - Difetto  di  motivazione  -  Inammissibilita'
  delle questioni. 
- Legge della Regione Marche 27 novembre 2012, n. 37, art. 28,  comma
  1. 
- Costituzione, artt. 3, 81, quarto comma, 97 e 117, terzo comma. 
(GU n.52 del 27-12-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Gaetano SILVESTRI; 
Giudici :Luigi MAZZELLA,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO,  Paolo
  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo
  GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 25, comma
5, 28, comma 1, e 38, comma 2, della legge della  Regione  Marche  27
novembre 2012, n. 37 (Assestamento del bilancio 2012),  promosso  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  il  31
gennaio-4 febbraio 2013, depositato in cancelleria il 5 febbraio 2013
ed iscritto al n. 14 del registro ricorsi 2013. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Marche; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  5  novembre  2013  il  Giudice
relatore Sergio Mattarella; 
    uditi l'avvocato  dello  Stato  Maria  Gabriella  Mangia  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Stefano Grassi per
la Regione Marche. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato a mezzo del servizio postale - spedito
il 31 gennaio 2013 e ricevuto il 4 febbraio 2013 - e depositato il  5
febbraio  2013,   il   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso questioni principali di  legittimita'  costituzionale  degli
artt. 25, comma 5, 28, comma 1, e 38,  comma  2,  della  legge  della
Regione Marche 27 novembre 2012, n.  37  (Assestamento  del  bilancio
2012), pubblicata nel Bollettino Ufficiale  della  Regione  Marche  3
dicembre 2012, n. 115, supplemento n. 5, per violazione  degli  artt.
3, 81, quarto comma, 97, 117, terzo comma, e 120 della Costituzione. 
    1.1.- Il censurato comma 5 dell'art. 25 della legge  reg.  Marche
n. 37 del 2012 stabiliva  che:  «L'efficacia  delle  graduatorie  dei
concorsi pubblici di assistente amministrativo categoria  C,  banditi
dall'ASUR e pubblicati nel bollettino ufficiale della Regione  Marche
n. 59 del 18 giugno 2009, e' prorogata fino al 31 dicembre 2015». 
    Il ricorrente deduce che il comma censurato si pone in  contrasto
con l'art. 1, comma 388, e con la Tabella 2, punto 24, della legge 24
dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato -  Legge  di  stabilita'  2013),  i
quali fissano al 30 giugno 2013 il termine di cui all'art.  1,  comma
4, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n.  216  (Proroga  di  termini
previsti da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 24 febbraio 2012, n. 14,  cioe'  il
termine di efficacia delle «graduatorie  dei  concorsi  pubblici  per
assunzioni  a  tempo  indeterminato,  relative  alle  amministrazioni
pubbliche  soggette  a  limitazioni   delle   assunzioni,   approvate
successivamente al 30 settembre 2003». 
    Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, «pertanto»,  il
comma  impugnato,  col  prevedere  un  termine  di  efficacia   delle
graduatorie in esso menzionate «diverso e piu'  lungo  rispetto  alla
normativa   statale   di   riferimento   per   tutte   le   Pubbliche
amministrazioni, viola i principi  di  uguaglianza,  imparzialita'  e
buon andamento di cui  agli  articoli  3  e  97  della  Costituzione,
nonche' i principi stabiliti dall'articolo  117,  terzo  comma  della
Costituzione, nell'ottica del coordinamento della  finanza  pubblica,
cui la Regione, pur  nel  rispetto  della  sua  autonomia,  non  puo'
derogare». 
    1.2.- Il comma 1 dell'art. 28 della legge reg. Marche n.  37  del
2012 dispone l'aggiunta, dopo il comma 1  dell'art.  14  della  legge
della Regione Marche 15 ottobre 2001, n.  20  (Norme  in  materia  di
organizzazione e di  personale  della  Regione)  -  articolo  che  e'
dedicato  alla  «Scuola  regionale  di  formazione   della   pubblica
amministrazione» - di  un  comma  1-bis,  a  norma  del  quale:  «Per
assicurare le  attivita'  di  programmazione  regionale  ed  il  loro
raccordo  con  quelle   dello   Stato   e   delle   altre   pubbliche
amministrazioni  nonche'  con  quelle   dell'Unione   europea,   puo'
partecipare alle attivita' di aggiornamento e di riqualificazione del
personale regionale anche il  personale  di  soggetti  diversi  dalle
pubbliche amministrazioni». 
    Ad  avviso  del  ricorrente,  tale  disposizione,  prevedendo  la
possibilita' che il personale di  soggetti  diversi  dalle  pubbliche
amministrazioni partecipi alle attivita' della Scuola, si porrebbe in
contrasto con: a) l'art. 81, quarto comma, Cost., «perche'  introduce
oneri a carico della finanza pubblica senza la previsione  dei  mezzi
finanziari per far fronte alla spesa prevista»; b) gli artt. 3  e  97
Cost., «perche'  viola  i  principi,  contenuti  in  tali  norme,  di
uguaglianza, imparzialita' e buon andamento»; c)  l'art.  117,  terzo
comma, Cost., «perche' viola il principio, contenuto in  tale  norma,
del coordinamento della finanza  pubblica,  in  forza  del  quale  la
Regione, pur nel rispetto della sua  autonomia,  non  puo'  apportare
deroghe alla previsione delle leggi statali». 
    1.3.- La terza disposizione impugnata, l'art. 38, comma 2,  della
legge reg. Marche n. 37 del 2012, dispone l'aggiunta, dopo il comma 3
dell'art. 35 della legge della Regione Marche 28 luglio 2009,  n.  18
(Assestamento del bilancio 2009), oltre che di un comma 3-bis, di  un
comma 3-ter, a norma  del  quale:  «Le  plusvalenze  derivanti  dalle
alienazioni successive al  1°  gennaio  2012  e  le  somme  derivanti
dall'alienazione di altri beni immobili rispetto a quelli indicati al
comma 1 [cioe' a quelli di cui all'art. 28 della legge della  Regione
Marche 24 dicembre 2008, n. 37 (Disposizioni per  la  formazione  del
Bilancio annuale 2009 e pluriennale 2009/2011 della Regione  -  Legge
finanziaria 2009) che aveva autorizzato l'alienazione di alcuni  beni
immobili delle strutture sanitarie regionali], non  costituiscono  un
debito verso l'Amministrazione regionale e sono utilizzate dagli Enti
del SSR previa autorizzazione della Giunta regionale». 
    Secondo il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  tale  norma,
escludendo che le  plusvalenze  in  essa  indicate  costituiscano  un
debito nei confronti dell'amministrazione regionale e disponendo  che
le  stesse  siano  utilizzate  dagli  enti  del  Servizio   sanitario
regionale, si porrebbe in contrasto con l'art. 29, comma  1,  lettera
c), del d.lgs. 23 giugno 2011, n. 118  (Disposizioni  in  materia  di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle
Regioni, degli enti locali  e  dei  loro  organismi,  a  norma  degli
articoli 1 e  2  della  legge  5  maggio  2009,  n.  42),  «il  quale
stabilisce  che  le  disponibilita'  generate  dalle  dismissioni  di
immobilizzazioni degli enti del servizio sanitario  nazionale  devono
essere destinate al finanziamento di nuovi investimenti,  costituendo
una riserva del patrimonio netto fino a quando  non  si  realizzi  la
predetta finalizzazione». 
    Da cio' conseguirebbe - sempre ad avviso del ricorrente - che  la
disposizione impugnata, «in quanto determina detto contrasto», viola:
a) l'art. 117, terzo comma, Cost., atteso  che  le  disposizioni  del
citato art. 29, comma 1, lettera c), del  d.lgs.  n.  118  del  2011,
costituiscono, a norma dell'art. 19, comma 1,  dello  stesso  decreto
legislativo, principi fondamentali  di  coordinamento  della  finanza
pubblica  ai  sensi  di  detto  parametro  costituzionale   «e   sono
finalizzate  alla  tutela  dell'unita'  economica  della   Repubblica
italiana,  a  sensi   dell'articolo   120,   secondo   comma,   della
Costituzione»; b) l'art. 120 Cost., «il quale sancisce  il  principio
di unita' economica del Paese». 
    2.-  Si  e'  costituita  la  Regione  Marche,  chiedendo  che  le
questioni  promosse  siano  dichiarate   inammissibili   o   comunque
infondate. 
    2.1.- Quanto all'impugnazione del  comma  5  dell'art.  25  della
legge reg. Marche n. 37 del 2012, la Regione resistente, premesso che
l'art. 1, comma 388, e la Tabella 2, punto 24, della legge n. 228 del
2012,  invocati  nel  ricorso  quale   parametro   interposto,   sono
sopravvenuti a distanza di quasi un mese dall'entrata in vigore della
disposizione impugnata, deduce che sarebbe «tutt'altro che  pacifico,
nel silenzio della giurisprudenza di  questa  Corte»,  che  lo  Stato
possa impugnare in via principale leggi regionali per  contrasto  con
disposizioni  legislative  statali,  che  si  pretendano   costituire
principi  fondamentali   in   materie   di   competenza   legislativa
concorrente,  sopravvenute  durante  la  pendenza  del   termine   di
impugnazione. E cio' - sempre secondo la Regione Marche  -  «a  tacer
d'altro, quanto meno  in  considerazione  della  perdurante  vigenza»
dell'art. 10, primo comma,  della  legge  10  febbraio  1953,  n.  62
(Costituzione e funzionamento degli organi regionali),  a  norma  del
quale  «Le  leggi  della  Repubblica  che   modificano   i   principi
fondamentali di cui al primo comma dell'articolo precedente [cioe'  i
principi  fondamentali  delle  materie  di  cui  all'art.  117  della
Costituzione, nel testo allora vigente] abrogano le  norme  regionali
che siano in contrasto con esse». 
    Le questioni di legittimita' dell'art. 25, comma 5,  della  legge
reg. Marche n. 37  del  2012  -  prosegue  la  Regione  resistente  -
sarebbero «in ogni caso  [...]  inammissibili  per  altri  e  diversi
profili» e, in particolare, per la genericita' delle censure avanzate
dal ricorrente. 
    A proposito di quelle promosse in riferimento agli artt. 3  e  97
Cost., la resistente  evidenzia  che  il  ricorso  motiva  le  stesse
esclusivamente in ragione del fatto  che  la  disposizione  regionale
impugnata prevede un termine di efficacia delle graduatorie  in  essa
indicate «diverso e piu' lungo rispetto  alla  normativa  statale  di
riferimento per tutte le Pubbliche  amministrazioni»,  senza  che  il
ricorrente spenda parola per spiegare ne' perche', nella  materia  in
considerazione,  il  principio  di   uguaglianza,   anziche'   essere
declinato in base al consueto canone che impone il trattamento uguale
di situazioni uguali e un trattamento  ragionevolmente  differenziato
di situazioni diverse, imponga invece l'identico trattamento di tutte
le  graduatorie  dei  concorsi  pubblici  attualmente  esistenti,  «a
prescindere  dalle  diverse  situazioni,  contesti   territoriali   e
professionali, tipologie di personale, cui esse si riferiscano»,  ne'
perche' la previsione, da parte dell'impugnata  norma  regionale,  di
detto diverso e piu' lungo  temine  di  efficacia  delle  graduatorie
violi di per se' il principio di imparzialita' e buon andamento della
pubblica  amministrazione.  La  generica  affermazione  del   ricorso
secondo  cui  la  previsione  di  un  termine  di   efficacia   delle
graduatorie diverso e  piu'  lungo  rispetto  a  quello  previsto  in
generale  dalla  legislazione  statale  basterebbe  a  integrare   la
violazione dei principi di uguaglianza, di imparzialita'  e  di  buon
andamento  della  pubblica  amministrazione,  oltre  a   essere   una
«petizione  di  principio»,  inidonea  a  sostenere   l'impugnazione,
costituirebbe anche - sempre secondo la Regione Marche - un  «assurdo
logico»  perche'  impedirebbe  «in  radice  a  qualunque  legislatore
regionale»  di  introdurre  discipline  differenziate  rispetto  alla
normativa nazionale. 
    Quanto   all'inammissibilita'   della   questione   promossa   in
riferimento all'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  la  Regione  Marche
sottolinea come il ricorrente lamenti che  la  previsione,  da  parte
della disposizione regionale impugnata, di un  termine  di  efficacia
delle graduatorie in essa indicate «diverso  e  piu'  lungo  rispetto
alla  normativa  statale  di  riferimento  per  tutte  le   Pubbliche
amministrazioni» violerebbe «i principi stabiliti  dall'articolo  117
terzo comma della Costituzione, nell'ottica del  coordinamento  della
finanza pubblica». Cio' premesso, la parte resistente deduce  che  il
Presidente del Consiglio dei ministri avrebbe promosso detta  censura
«erroneamente e lacunosamente» in quanto: a)  «non  ha  correttamente
individuato  il  parametro  costituzionale  asseritamente   violato»,
atteso che l'art. 117, terzo comma,  Cost.,  non  «stabilisce»  alcun
principio «nell'ottica» del coordinamento della finanza  pubblica  ma
contempla delle materie  di  legislazione  concorrente,  tra  cui  il
«coordinamento della finanza pubblica», con riguardo  alle  quali  al
legislatore statale  e'  riservata  la  determinazione  dei  principi
fondamentali; b) non ha ne' affermato ne', tanto meno, argomentato la
riconducibilita'  delle  norme  statali  invocate   quale   parametro
interposto alla materia del «coordinamento della  finanza  pubblica»;
c) non ha spiegato «per quale ragione  e  con  quale  portata»  dette
norme statali dovrebbero  costituire  un  principio  fondamentale  di
coordinamento della finanza pubblica. 
    Nel merito, le questioni di legittimita' dell'art. 25,  comma  5,
della legge reg. Marche n. 37 del 2012 sarebbero comunque  infondate.
In  proposito,  la  parte  resistente  deduce  che,  anche  a  volere
accogliere la prospettiva che  il  ricorrente  sembra,  pur  con  gli
evidenziati  deficit  motivazionali,  fare  propria  -  quella  cioe'
secondo cui l'art. 1, comma 388, e la  Tabella  2,  punto  24,  della
legge n. 228 del 2012 costituirebbero un principio fondamentale della
materia «coordinamento della finanza pubblica» - la  norma  censurata
non solo non si porrebbe in  contrasto  con  detto  principio  ma  ne
costituirebbe  «coerente  e  piu'  intensa  attuazione».  Secondo  la
Regione  Marche,  infatti,  la  ratio  di  detto  principio   sarebbe
costituita  dal  risparmio  di  spesa   che   l'utilizzazione   delle
graduatorie di concorsi  gia'  espletati  consente  di  conseguire  a
fronte del dispendio  di  tempo  e  di  risorse  che  sarebbe  invece
richiesto per l'espletamento di nuove procedure concorsuali.  Poiche'
detto principio fondamentale vincolerebbe le Regioni,  appunto,  come
principio e non come regola di dettaglio - come  avviene  invece  nei
confronti delle amministrazioni statali -  ne  deriverebbe  che  esso
dovrebbe essere considerato inderogabile nel senso del divieto per le
Regioni di introdurre  norme  che  ne  riducano  la  portata  ma  non
impedirebbe che  le  stesse  Regioni,  sviluppando  e  attuando  piu'
intensamente il principio, stabiliscano termini  di  efficacia  delle
graduatorie concorsuali esistenti  piu'  lunghi  di  quelli  previsti
dalla legge statale, conseguendo, cosi', maggiori risparmi di spesa. 
    2.2.- Quanto alle questioni di legittimita' dell'art.  28,  comma
1, della legge reg. Marche n. 37 del 2012, esse  sarebbero  anzitutto
inammissibili. 
    Quelle promosse in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost.  sarebbero
inammissibili per l'assoluta genericita' delle censure, atteso che il
ricorrente si e' limitato a dedurre, in termini meramente assertivi e
apodittici,  la  violazione   dei   principi   di   uguaglianza,   di
imparzialita' e di buon andamento della pubblica amministrazione. 
    Parimenti  inammissibile  per  genericita'   sarebbe   anche   la
questione promossa in riferimento all'art. 117, terzo  comma,  Cost.,
in relazione alla materia  «coordinamento  della  finanza  pubblica»,
atteso che il ricorrente ha omesso di  indicare  la  norma  di  legge
statale che stabilisce il principio fondamentale di detta materia che
sarebbe, nella specie, violato. 
    Quanto all'inammissibilita' della censura promossa in riferimento
all'art. 81, quarto comma, Cost., la Regione Marche premette che tale
disposizione costituzionale «non puo' essere scissa»  da  quella  del
terzo comma dello stesso art. 81  Cost.  e  che  solo  dal  combinato
disposto di dette due disposizioni e'  possibile  ricavare  «nel  suo
significato piu' corretto, il principio costituzionale»  secondo  cui
se una legge comporta costi per la sua attuazione, tali oneri  devono
trovare adeguata copertura, alternativamente, o nella  legge  annuale
di approvazione del bilancio preventivo, oppure - quando si tratti di
spese nuove o maggiori rispetto a quelle che hanno trovato  copertura
nel  bilancio  approvato  -  «in   altre   fonti   appositamente   ed
espressamente individuate». Tanto  chiarito,  la  Regione  resistente
afferma che la questione proposta  e'  ipotetica  in  quanto  sarebbe
stato onere del ricorrente dimostrare  sia  che  la  norma  impugnata
impone dei costi aggiuntivi  per  la  sua  attuazione  sia  che  tali
aggravi di spesa non trovano copertura nelle vigenti leggi  regionali
di approvazione del bilancio. Sotto tale secondo aspetto, la  censura
sarebbe anche generica atteso che lo stesso ricorrente si e' limitato
a lamentare che la norma impugnata non contempla «la  previsione  dei
mezzi finanziari per  far  fronte  alla  spesa  prevista»,  lasciando
indimostrato il presupposto per l'applicazione dell'invocato art. 81,
quarto comma, Cost., cioe' che detta norma impugnata importi nuove  o
maggiori spese rispetto alle leggi di bilancio approvate. 
    Nel merito, la Regione Marche afferma  anzitutto  che  l'assoluta
genericita' delle questioni di legittimita' promosse  in  riferimento
agli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, Cost., rende impossibile opporsi
a ragioni di doglianza che  dovrebbero  essere  addirittura  da  essa
stessa «ipotizzate». 
    Quanto alla questione promossa in riferimento all'art. 81, quarto
comma, Cost., la resistente sottolinea che la norma impugnata  si  e'
limitata a prevedere, come risulta dal suo tenore letterale, la  mera
possibilita'  che  personale  di  soggetti  diversi  dalle  pubbliche
amministrazioni  partecipi  alle  attivita'  formative  della  Scuola
regionale di formazione della pubblica amministrazione, con  il  fine
di consentire che soggetti privati interessati a  dette  attivita'  -
quali  gestori  di  pubblici  servizi,  centri  accreditati  per   lo
svolgimento di servizi sanitari pubblici, associazioni di  categoria,
centri  di  educazione  ambientale,   ambiti   territoriali   locali,
associazioni ambientaliste ed altri - possano fruire dei  corsi  gia'
previsti  dal  programma  e  offerti  al  personale  delle  pubbliche
amministrazioni. Che la norma impugnata non introduca nuovi  oneri  a
carico della finanza pubblica  sarebbe  dunque  chiaro  -  sempre  ad
avviso della Regione Marche - per le seguenti due ragioni: a) perche'
non e' tale norma a disporre  la  partecipazione  alle  attivita'  di
formazione  della  Scuola  di  soggetti   estranei   alle   pubbliche
amministrazioni,   limitandosi   essa   a   consentire    che    tale
partecipazione sia disposta, caso per caso, dalla Scuola  stessa;  b)
perche'  detta  partecipazione  di  soggetti  ulteriori  a  corsi   o
attivita' che gia' vengono svolti per il  personale  delle  pubbliche
amministrazioni non e' in grado di comportare nuovi o maggiori  oneri
per la spesa pubblica. 
    2.3.- La Regione  Marche  deduce,  infine,  l'infondatezza  delle
questioni di legittimita' dell'art. 38, comma  2,  della  legge  reg.
Marche n. 37 del  2012,  in  quanto  non  sarebbe  ravvisabile  alcun
contrasto tra la norma regionale impugnata e quella statale  invocata
quale parametro interposto. 
    La parte resistente osserva anzitutto che con la norma  impugnata
il legislatore regionale ha  stabilito  che  alcune  somme  derivanti
dall'alienazione di beni immobili del Servizio  sanitario  regionale,
da un lato,  non  costituiscono  un  debito  verso  l'amministrazione
regionale, dall'altro, possono essere utilizzate dagli enti di  detto
Servizio  sanitario  regionale  previa  autorizzazione  della  Giunta
regionale. La ratio di tale disposizione si comprenderebbe alla  luce
del comma 2 dell'art. 35 della legge reg. Marche n. 18  del  2009  il
quale stabilisce, in via generale, che «Il ricavato  dell'alienazione
[dei beni immobili di cui  al  comma  1  dello  stesso  art.  35]  e'
destinato alla copertura del fondo regionale per il finanziamento del
servizio   sanitario   regionale   e   costituisce    debito    verso
l'Amministrazione regionale». 
    Tanto precisato in ordine alla portata della norma impugnata,  la
difesa della Regione Marche afferma che essa non presenta difformita'
rispetto alla legislazione statale, nell'ambito della  quale  non  e'
rinvenibile alcuna disposizione che imponga di configurare i proventi
dell'alienazione di beni immobili degli enti del  Servizio  sanitario
regionale  quale  debito  verso  l'amministrazione  regionale  o  che
imponga un generale divieto di utilizzazione di tali risorse. 
    Nessun contrasto sarebbe in particolare ravvisabile tra la  norma
impugnata e l'art. 29, comma 1, lettera c), del  d.lgs.  n.  118  del
2011, che il ricorrente invoca quale parametro  interposto.  Infatti,
premesso  che  detta  norma  statale  individua  «le   modalita'   di
rappresentazione» di alcune poste di bilancio «Al fine di  soddisfare
il principio generale di chiarezza e di rappresentazione veritiera  e
corretta, nonche' di garantire l'omogeneita', la confrontabilita'  ed
il consolidamento dei bilanci dei servizi sanitari  regionali»  (art.
29, comma 1), la Regione Marche, dopo averne riportato il  contenuto,
per la parte di esso che rileverebbe nel caso di specie - e cioe' la'
dove la citata lettera c) dispone che «Nel caso di cessione  di  beni
acquisiti tramite contributi in conto  capitale  con  generazione  di
plusvalenza,  la  plusvalenza  viene  direttamente  iscritta  in  una
riserva  del  patrimonio  netto,  senza  influenzare   il   risultato
economico  dell'esercizio.  La  quota  di  contributo  residua  resta
iscritta nell'apposita voce di patrimonio  netto  ed  e'  utilizzata,
unitamente alla riserva derivante dalla plusvalenza, per sterilizzare
l'ammortamento dei beni  acquisiti  con  le  disponibilita'  generate
dalla dismissione» - afferma che l'esclusione  delle  somme  indicate
nella norma regionale impugnata  dalla  qualificazione  quale  debito
verso l'amministrazione regionale e la possibilita',  prevista  dalla
stessa norma, della loro utilizzazione  previa  autorizzazione  della
Giunta  regionale  non  sarebbero  in  grado  di  incidere,   neppure
potenzialmente, sulla piena e sicura applicazione dell'art. 29, comma
1, lettera c), del d.lgs. n. 118 del 2011. 
    3.- Con memoria depositata in data 15 ottobre  2013,  la  Regione
Marche  ha   ribadito   gli   argomenti   e   le   conclusioni   gia'
precedentemente rassegnati nell'atto di costituzione in  giudizio  in
punto di inammissibilita' e, comunque, di  infondatezza  di  ciascuna
delle tre  questioni  di  legittimita'  costituzionale  promosse  dal
Presidente del Consiglio dei ministri. 
    La  difesa  regionale  ha  poi  osservato  che,  nelle  more  del
giudizio, il quadro normativo in cui dette questioni  si  inseriscono
e' in gran parte mutato. 
    Con riguardo a quelle aventi a oggetto il comma  5  dell'art.  25
della legge reg. Marche n.  37  del  2012,  la  parte  resistente  fa
presente che, successivamente alla proposizione del ricorso: a) detto
comma 5 e' stato espressamente abrogato dall'art. 3, comma  1,  della
legge della Regione Marche 2 agosto 2013, n. 26 (Disposizioni per gli
Enti del Servizio Sanitario Regionale), con  effetto  dal  23  agosto
2013, data dell'entrata in vigore di tale legge, il giorno successivo
a quello della sua pubblicazione (art. 4, comma 1, della  legge  reg.
Marche n. 26 del 2013); b) il termine di efficacia delle  graduatorie
concorsuali del 30 giugno 2013 previsto dalla norma statale  invocata
a parametro  interposto  e'  stato  prorogato  al  31  dicembre  2013
dall'art. 1, comma 1, lettera c),  del  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei  ministri  19  giugno  2013  (Proroga  dei  termini  di
scadenza e dei regimi giuridici, adottato in attuazione dell'articolo
1, comma 394, della legge 24  dicembre  2012,  n.  228).  Secondo  la
Regione Marche,  tali  sopravvenienze  normative  realizzerebbero  le
condizioni che, in base alla consolidata giurisprudenza  della  Corte
costituzionale,  comportano   la   cessazione   della   materia   del
contendere. Infatti, da un lato, e' stata rimossa dall'ordinamento la
disposizione regionale censurata con  effetto  dal  23  agosto  2013;
dall'altro, per il periodo intercorrente tra il 1° luglio 2013 (primo
giorno  successivo  al  termine  originario   fissato   dalla   norma
interposta invocata dal ricorrente)  e  il  22  agosto  2013  (giorno
precedente  alla  decorrenza  dell'indicato  effetto  abrogativo)  si
potrebbe senz'altro assumere che la  disciplina  regionale  impugnata
non ha trovato applicazione o, comunque, non ha potuto  avere  alcuna
applicazione incostituzionale, dal momento che  a  far  data  dal  1°
luglio 2013 deve considerarsi a  tutti  gli  effetti  applicabile  il
nuovo termine prorogato dal legislatore statale al 31 dicembre 2013. 
    Quanto alle questioni di  legittimita'  dell'art.  38,  comma  2,
della legge reg. Marche n. 37 del 2012, nella parte in cui  aggiunge,
nell'art. 35 della legge reg. Marche n. 18 del 2009, un  nuovo  comma
3-ter,  la  difesa  regionale  rileva  che  tale   comma   e'   stato
integralmente sostituito dall'art. 2,  comma  1,  della  legge  della
Regione Marche 10 maggio 2013, n. 10 (Disposizioni di semplificazione
e  adeguamento  della  normativa  regionale)  con  il  seguente:  «Le
plusvalenze derivanti dalle alienazioni di beni immobili  di  cui  al
comma  1  successive  al  1°  gennaio  2012  e  le  somme   derivanti
dall'alienazione di altri beni immobili rispetto  a  quelli  indicati
allo stesso comma 1  devono  essere  destinate  al  finanziamento  di
investimenti e costituiscono, fino alla  stessa  finalizzazione,  una
riserva del patrimonio netto, ai sensi del comma 1  dell'articolo  29
del D.Lgs. 118/2011». Secondo la parte resistente, tale  disposizione
riproduce letteralmente il contenuto  della  norma  statale  invocata
quale parametro interposto  e  risulterebbe,  percio',  integralmente
satisfattiva delle ragioni del ricorrente. La stessa novella  avrebbe
inoltre  -  sempre  secondo  la  Regione   resistente   -   efficacia
sostanzialmente,   pur   se   non   formalmente   retroattiva,    «in
considerazione  della  natura  inequivocabilmente   contabile   della
disciplina in questione, la  quale  si  rivolge  agli  enti  sanitari
regionali di cui al menzionato art. 35 della legge  reg.  n.  18  del
2009, imponendo loro di redigere i propri bilanci in conformita' alle
regole ivi  dettate,  anche  attraverso  l'adozione  degli  eventuali
provvedimenti  di  variazione  che  si   rendessero   necessari   per
assicurare - allo stato  attuale  -  quella  conformita'».  Anche  in
questo  caso  sussisterebbero,  quindi,   le   condizioni   per   una
dichiarazione di cessazione della materia del contendere. 
    Quanto alle questioni di  legittimita'  dell'art.  28,  comma  1,
della legge reg. Marche n.  37  del  2012,  la  difesa  regionale  ha
ribadito gli argomenti gia'  addotti  nell'atto  di  costituzione  in
giudizio, sia in punto di inammissibilita'  delle  censure  mosse  in
riferimento agli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, Cost., sia in  punto
di infondatezza della questione promossa in riferimento all'art.  81,
quarto comma, Cost., in quanto il ricorrente  muoverebbe  dall'errato
presupposto   secondo   cui   l'impugnata   disposizione    regionale
introdurrebbe «oneri a carico della finanza pubblica». 
    La Regione Marche conclude chiedendo che, fatta salva l'eventuale
parziale dichiarazione di cessazione della materia del contendere, le
questioni  promosse  siano  dichiarate  inammissibili  o,   comunque,
infondate. 
    4.- Il 23 ottobre 2013,  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  ha
depositato  atto  di  rinuncia  parziale  al  ricorso  con   riguardo
all'impugnazione dell'art. 38, comma 2, della legge reg. Marche n. 37
del 2012, unitamente all'estratto della deliberazione  del  Consiglio
dei ministri del 12 luglio 2013 con la quale detta rinuncia e'  stata
decisa, rilevando che, con l'art. 2, comma 1, della legge reg. Marche
n. 10 del  2013,  la  Regione  Marche  «si  e'  adeguata  ai  rilievi
governativi». 
    Il 31 ottobre 2013, la stessa Avvocatura generale dello Stato  ha
depositato atto di rinuncia parziale al ricorso  anche  con  riguardo
all'impugnazione dell'art. 25, comma 5, della legge reg. Marche n. 37
del 2012, unitamente all'estratto della deliberazione  del  Consiglio
dei ministri del 29 ottobre 2013 con la quale detta rinuncia e' stata
decisa, rilevando che l'art. 3, comma 1, della legge reg.  Marche  n.
26 del 2013, ha espressamente abrogato la disposizione impugnata  con
effetto dal 23 agosto 2013 e che il citato d.P.C.m. 19 giugno 2013 ha
medio tempore prorogato al 31 dicembre 2013 il termine  di  efficacia
delle graduatorie concorsuali del 30 giugno 2013  previsto  dall'art.
1, comma 388, e dalla Tabella 2, punto 24, della  legge  n.  228  del
2012. 
    5.- Nel corso dell'udienza  pubblica  del  5  novembre  2013,  la
difesa della Regione Marche ha depositato copia  della  deliberazione
n. 1517 del 4 novembre 2013 con la quale la  Giunta  regionale  della
Regione Marche ha  accettato  le  suddette  rinunce  all'impugnazione
degli artt. 38, comma 2, e 25, comma 5, della legge reg. Marche n. 37
del 2012. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri  ha  promosso,  in
riferimento agli artt. artt. 3, 81,  quarto  comma,  97,  117,  terzo
comma,  e  120  della   Costituzione,   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 25, comma 5, 28, comma 1, e 38,  comma  2,
della  legge  della  Regione  Marche  27   novembre   2012,   n.   37
(Assestamento del bilancio 2012). 
    2.- Preliminarmente, va rilevato che, dopo  la  proposizione  del
ricorso, il ricorrente ha depositato, il 23 e  il  31  ottobre  2013,
atti di rinuncia  all'impugnazione,  rispettivamente,  dell'art.  38,
comma 2, e dell'art. 25, comma 5, della legge reg. Marche n.  37  del
2012, e che dette rinunce sono state accettate dalla  Regione  Marche
il 4 novembre 2013. Con riguardo a tali questioni oggetto di rinuncia
deve, percio', essere dichiarata l'estinzione del processo, ai  sensi
dell'art. 23, comma 1, secondo periodo, delle norme integrative per i
giudizi davanti a questa Corte. 
    3.- Cosi' delimitato l'oggetto del giudizio,  si  deve  procedere
all'esame delle censure mosse nei confronti dell'art.  28,  comma  1,
della legge reg. Marche n. 37 del 2012. 
    3.1.- Tale disposizione stabilisce l'aggiunta, dopo  il  comma  1
dell'art. 14 della legge della Regione Marche 15 ottobre 2001, n.  20
(Norme in materia di organizzazione e  di  personale  della  Regione)
-articolo che e' dedicato alla «Scuola regionale di formazione  della
pubblica amministrazione» - di un comma 1-bis,  a  norma  del  quale:
«Per assicurare le attivita' di programmazione regionale ed  il  loro
raccordo  con  quelle   dello   Stato   e   delle   altre   pubbliche
amministrazioni  nonche'  con  quelle   dell'Unione   europea,   puo'
partecipare alle attivita' di aggiornamento e di riqualificazione del
personale regionale anche il  personale  di  soggetti  diversi  dalle
pubbliche amministrazioni». 
    Ad avviso del ricorrente, la disposizione  impugnata,  prevedendo
la possibilita' che il personale di soggetti diversi dalle  pubbliche
amministrazioni partecipi alle attivita' della Scuola, si porrebbe in
contrasto con: a) gli artt. 3 e 97 Cost., «perche' viola i  principi,
contenuti  in  tali  norme,  di  uguaglianza,  imparzialita'  e  buon
andamento»; b) l'art. 117, terzo  comma,  Cost.,  «perche'  viola  il
principio, contenuto in tale norma, del coordinamento  della  finanza
pubblica, in forza del quale la Regione, pur nel rispetto  della  sua
autonomia, non puo' apportare deroghe  alla  previsione  delle  leggi
statali»; c) l'art. 81, quarto comma, Cost., «perche' introduce oneri
a carico  della  finanza  pubblica  senza  la  previsione  dei  mezzi
finanziari per far fronte alla spesa prevista». 
    3.2.-   La   difesa   della   Regione    Marche    ha    eccepito
l'inammissibilita' di tutte le dette  questioni  per  la  genericita'
delle stesse. 
    Tali eccezioni sono fondate. 
    3.2.1.- Quanto alle censure promosse in riferimento agli artt.  3
e 97 Cost., il ricorrente non ha svolto alcuna argomentazione atta  a
suffragare  la  violazione  di  tali   parametri,   con   conseguente
inammissibilita' delle questioni (ex plurimis, sentenze  n.  114  del
2011, n. 186 del 2010, n. 145 del 2008). 
    3.2.2.- Parimenti  inammissibile  e'  la  questione  promossa  in
riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost. Sul punto,  infatti,  il
ricorso, oltre ad omettere di esplicitare le ragioni della violazione
del parametro invocato, neppure lo identifica  compiutamente,  avendo
trascurato di indicare il  principio  fondamentale  di  coordinamento
della   finanza   pubblica   che   sarebbe   violato   dall'impugnata
disposizione  di  legge  regionale   (sulla   necessita',   ai   fini
dell'ammissibilita' della questione, della specificazione della norma
interposta, ex plurimis, sentenze n. 105 del 2012, n. 227  del  2011,
n. 251 e n. 250 del 2009, n. 365 e n. 246 del 2006, n. 73  del  2004;
ordinanza n. 32 del 2011). 
    3.2.3.- Anche la  censura  di  violazione  dell'art.  81,  quarto
comma, Cost., e' inammissibile. Il ricorrente si e' infatti  limitato
ad affermare, in modo apodittico, il  carattere  di  legge  di  spesa
dell'art. 28, comma 1, della legge reg. Marche n. 37 del 2012,  senza
svolgere alcuna argomentazione sul perche' tale disposizione  ?  che,
limitandosi a prevedere la partecipazione di  soggetti  ulteriori  ad
attivita' formative gia' attualmente svolte (in favore del  personale
regionale)  dall'esistente  Scuola  regionale  di  formazione   della
pubblica amministrazione, appare compatibile con  l'invarianza  della
spesa ? comporti oneri finanziari ulteriori rispetto a quelli gia' in
precedenza previsti per il funzionamento della Scuola. 
    3.3.-  In  conclusione,  tutte  le  questioni   di   legittimita'
costituzionale promosse nei confronti dell'art. 28,  comma  1,  della
legge reg. Marche n. 37 del 2012, devono ritenersi inammissibili  per
genericita'. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara estinto il processo limitatamente alle  questioni  di
legittimita' costituzionale degli artt. 25, comma 5, e 38,  comma  2,
della  legge  della  Regione  Marche  27   novembre   2012,   n.   37
(Assestamento  del  bilancio  2012),  promosse  dal  Presidente   del
Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe; 
    2)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 28, comma 1, della legge reg. Marche  n.  37
del 2012, promosse, in riferimento agli artt. 3, 81, quarto comma,  e
97 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con
il ricorso indicato in epigrafe. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 2013. 
 
                                F.to: 
                    Gaetano SILVESTRI, Presidente 
                    Sergio MATTARELLA, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 17 dicembre 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI