N. 318 ORDINANZA 10 - 17 dicembre 2013
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Intervento in giudizio - Atto di intervento dell'INPS - Soggetto che, pur non essendo parte del giudizio principale, e' tuttavia portatore di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio - Ammissibilita'. - Decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito nella legge 22 dicembre 2011, n. 214), art. 24, comma 3. - Previdenza - Disciplina dei requisiti di anzianita' e contributivi per l'accesso ai trattamenti pensionistici (nella specie, dipendenti del settore scolastico) - Mancata previsione per il lavoratore pubblico di una gradualita' di uscita al pari del lavoratore privato - Mancata previsione di una differenziazione, con particolare riguardo al settore scolastico, rispetto alla data del 31 dicembre 2011, del dies ad quem della maturazione dei requisiti pensionistici secondo la normativa previgente - Rimessione incompleta per l'omessa censura di altra norma incidente sulla fattispecie a quo - Petitum incerto, che implica la possibilita' di sentenze di contenuto discrezionale - Manifesta inammissibilita' della questione. - Decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito nella legge 22 dicembre 2011, n. 214), art. 24, comma 3. - Costituzione, artt. 2, 3, 11, 38, 97 e 117, primo comma; convenzione europea dei diritti dell'uomo, art. 6, paragrafo 1.(GU n.52 del 27-12-2013 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente:Gaetano SILVESTRI; Giudici :Luigi MAZZELLA, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 24, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, promosso dal Tribunale di Siena, nel procedimento vertente tra D.D. e il Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, con ordinanza del 21 agosto 2012, iscritta al n. 47 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 2013. Visti l'atto di costituzione di D.D., nonche' gli atti di intervento dell'INPS e del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 19 novembre 2013 il Giudice relatore Sergio Mattarella; uditi gli avvocati Filippo Mangiapane per l'INPS, Maurizio Riommi per D.D. e l'avvocato dello Stato Alessandro Maddalo per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto che nel corso di una controversia di natura previdenziale proposta da una docente a tempo indeterminato nei confronti del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, il Tribunale ordinario di Siena, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 11, 38, 97 e 117, primo comma, della Costituzione - quest'ultimo richiamato in relazione all'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, ratificata con la legge 4 agosto 1955, n. 848 - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 24, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, «nella parte in cui non appresta per il lavoratore pubblico una gradualita' di uscita al pari del lavoratore privato, in ogni caso nella parte in cui (comma 3) non differenzia, con particolare riguardo al settore scolastico, rispetto alla data del 31 dicembre 2011, il dies ad quem della maturazione dei requisiti pensionistici secondo la normativa previgente»; che il remittente rileva che la lavoratrice ricorrente ha presentato, in data 28 marzo 2012, domanda di collocamento in pensione, in vista della maturazione, entro il successivo 31 agosto 2012, dei requisiti di quarant'anni di anzianita' contributiva e di sessant'anni di eta', domanda respinta dal competente Ministero; che, nel giudizio in corso, la lavoratrice ha svolto azione di accertamento del proprio diritto alla cessazione dal servizio alla data del 1° settembre 2012; che nessun dubbio si pone - secondo il giudice a quo - circa la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario sulla controversia in esame, in quanto, anche alla luce della giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, l'accertamento della data di cessazione del rapporto di lavoro «e' questione che investe in via principale il rapporto, avente natura pregiudiziale rispetto al diritto a pensione», e percio' devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario ai sensi dell'art. 63 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche); che il Tribunale di Siena osserva come la lavoratrice ricorrente avrebbe avuto diritto, in base alla previgente normativa, ad essere collocata in pensione alla data richiesta; infatti, secondo la previsione dell'art. 1, comma 6, della legge 23 agosto 2004, n. 243 (Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria), in linea con quanto stabilito dall'art. 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), la cessazione dal servizio sarebbe potuta avvenire a decorrere dal 1° settembre (data di inizio dell'anno scolastico) dell'anno 2012 per coloro i quali, come la ricorrente, maturavano i requisiti necessari entro il 31 dicembre 2012 (sessanta anni di eta' e trentasei di contribuzione); che nell'anno 2011 si sono avute varie manovre correttive della finanza pubblica, che hanno fatto venire meno il diritto della lavoratrice al collocamento in pensione alla data prevista; che, a questo proposito, il remittente richiama l'art. 1, comma 21, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, che ha spostato di un anno in avanti la possibilita' di essere collocati in pensione per coloro i quali maturavano i requisiti per il pensionamento con effetto dal 1° gennaio 2012; che l'art. 24, comma 3, del d.l. n. 201 del 2011, mentre ha fatto salvo il diritto al conseguimento della pensione secondo la normativa previgente per coloro i quali raggiungevano i requisiti entro il 31 dicembre 2011, ha completamente innovato il regime delle prestazioni previdenziali a decorrere dal 1° gennaio 2012, sicche' la lavoratrice ricorrente non puo' piu' accedere alla pensione di anzianita', potendo solo aspirare all'ottenimento della pensione di vecchiaia, sulla base dei requisiti di cui ai commi 6 e 7 del censurato art. 24, oppure della pensione anticipata, secondo i requisiti dei commi 10 e 11 del medesimo articolo; che, in particolare, per le lavoratrici dipendenti del settore pubblico sono richiesti, a decorrere dal 1° gennaio 2012, requisiti di eta' e di contribuzione che la docente ricorrente non possiede, per cui la declaratoria di illegittimita' costituzionale della norma impugnata «e' l'unica strada percorribile per conseguire il riconoscimento del diritto affermato»; che, tutto cio' premesso in punto di rilevanza, il giudice a quo e' del parere che la disposizione censurata sia in contrasto con alcuni importanti principi affermati dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti dell'uomo; che, alla luce delle sentenze della Corte costituzionale n. 349 del 1985 e n. 822 del 1988, al legislatore non e' consentita l'introduzione di una normativa che peggiori, senza specifiche esigenze ed in modo definitivo, un trattamento pensionistico in precedenza spettante, con conseguente irrimediabile vanificazione delle legittime aspettative nutrite dal lavoratore; che nella recente sentenza n. 283 del 2011, poi, la Corte costituzionale ha ribadito che al comparto scuola e' riservato, nell'ambito del pubblico impiego, un trattamento non necessariamente corrispondente a quello delle altre categorie, attese le particolari esigenze del settore; che la Corte europea dei diritti dell'uomo, sezione seconda, a sua volta, con le note sentenze del 31 maggio e 7 giugno 2011, emesse rispettivamente nei casi Maggio e Agrati, ha spiegato che al legislatore non e' consentito ingerirsi nell'amministrazione della giustizia allo scopo di influenzare la risoluzione di una controversia; nella seconda sentenza, in particolare, la predetta Corte ha affermato che, pur potendo cambiare le regole pensionistiche, lo Stato non puo' interferire arbitrariamente in un giudizio in corso, vanificando l'attivita' giudiziaria nel suo svolgimento; che per effetto della norma impugnata, infatti, la lavoratrice ricorrente viene a subire una «repentina modificazione di prospettiva esistenziale, che interviene non gia' in una fase avanzata del rapporto di lavoro, ma addirittura sul limitare dell'accesso alla quiescenza, in una fase comunque anche anagraficamente delicata»; che lo stesso legislatore ha avvertito la necessita' di una maggiore gradualita' nell'entrata in vigore del nuovo assetto pensionistico; per i lavoratori privati, infatti, il requisito dell'innalzamento dell'eta' per la pensione di anzianita' e' stato gradualmente introdotto, mentre per i lavoratori pubblici, fra i quali gli insegnanti, fin dal 1° gennaio 2012 e' richiesto il raggiungimento dell'eta' di sessantasei anni, che poi progressivamente aumentera' anno per anno; che, pertanto, ad avviso del Tribunale di Siena la norma censurata determina una discriminazione «tra lavoratori di altri comparti che abbiano maturato i requisiti prescritti al 31 dicembre 2011 e lavoratori del comparto scuola che li abbiano maturati, come nel caso concreto, comunque entro il 31 agosto 2012»; il tutto senza tenere conto della specificita' del regime lavorativo degli insegnanti, per i quali il collocamento in pensione puo' avere inizio solo al 1° settembre di ogni anno, il che evidenzia una «palese violazione dell'art. 3 Cost., non senza implicazione di un attentato al principio di buon andamento dell'art. 97 Cost., discendente dalla attuata discriminazione»; che si e' costituita in giudizio D.D., ricorrente nel giudizio in corso, chiedendo l'accoglimento della prospettata questione; che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o infondata; che e' intervenuto in giudizio l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), chiedendo in via preliminare che il proprio intervento venga giudicato ammissibile e concludendo, nel merito, per l'inammissibilita' o l'infondatezza della prospettata questione; che questa Corte, con ordinanza letta all'udienza pubblica del 19 novembre 2013, ha dichiarato ammissibile l'intervento dell'INPS, ritenendo che l'ente sia portatore di un interesse qualificato immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio, poiche' potrebbe essere direttamente inciso dall'esito del giudizio in corso. Considerato che il Tribunale ordinario di Siena, in funzione di giudice del lavoro, dubita della legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3, 11, 38, 97 e 117, primo comma, della Costituzione - quest'ultimo richiamato in relazione all'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, ratificata con legge 4 agosto 1955, n. 848 - dell'art. 24, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, «nella parte in cui non appresta per il lavoratore pubblico una gradualita' di uscita al pari del lavoratore privato, in ogni caso nella parte in cui (comma 3) non differenzia, con particolare riguardo al settore scolastico, rispetto alla data del 31 dicembre 2011, il dies ad quem della maturazione dei requisiti pensionistici secondo la normativa previgente»; che e' infondata l'eccezione preliminare, sollevata dall'Avvocatura dello Stato e dall'INPS, secondo cui la presente questione sarebbe inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice ordinario, poiche' - come questa Corte ha in piu' occasioni ribadito (sentenze n. 41 del 2011 e n. 106 del 2013, nonche' ordinanza n. 291 del 2011) - affinche' il difetto di giurisdizione si traduca nell'inammissibilita' della questione proposta in via incidentale, occorre che lo stesso sia macroscopico, ossia rilevabile ictu oculi, mentre nel caso in esame il giudice a quo ha motivato in modo non implausibile su questo punto; che, tuttavia, l'ordinanza di rimessione presenta altre ragioni ugualmente preclusive all'esame nel merito della prospettata questione; che da un lato, infatti, il Tribunale di Siena si e' limitato a porre questione di legittimita' costituzionale della norma censurata, senza tenere nella dovuta considerazione - come puntualmente eccepito dall'Avvocatura dello Stato e dall'INPS - che gia' l'art. 1, comma 21, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148, modificando il testo dell'art. 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), aveva di fatto spostato di un anno in avanti la possibilita' di essere collocati in pensione per coloro i quali maturavano i requisiti per il pensionamento con effetto dal 1° gennaio 2012; che, pertanto, la mancata impugnazione del citato art. 1, comma 21, rende in sostanza incompleta la rimessione a questa Corte, poiche' la possibilita', per la lavoratrice ricorrente, di ottenere il collocamento in pensione alla data auspicata del 1° settembre 2012 rimarrebbe comunque preclusa dalla norma appena richiamata; che, inoltre, l'ordinanza di rimessione presenta un petitum incerto, poiche' non chiarisce se a questa Corte venga chiesta una pronuncia di illegittimita' costituzionale che cancelli integralmente la norma censurata ovvero una pronuncia additiva, che la mantenga in vigore con le necessarie correzioni; che, infatti, la richiesta di introdurre nella norma in esame un meccanismo di «gradualita' di uscita al pari del lavoratore privato», come pure quella di correggerla nel senso di introdurre una differenziazione, «con particolare riguardo al settore scolastico, rispetto alla data del 31 dicembre 2011», del «dies ad quem della maturazione dei requisiti pensionistici secondo la normativa previgente», implica un'evidente incertezza della richiesta, poiche' non e' chiaro quale sarebbe il sistema correttivo, fra i vari possibili, che questa Corte dovrebbe scegliere con l'invocata pronuncia additiva; che, per costante giurisprudenza, alla Corte e' preclusa la possibilita' di pronunciare sentenze additive di contenuto discrezionale; che, pertanto, a prescindere dal dato obiettivo per cui la disposizione censurata e' entrata in vigore prima che la ricorrente nel giudizio a quo maturasse il diritto al conseguimento della prestazione pensionistica, la questione sollevata dal Tribunale ordinario di Siena e' manifestamente inammissibile per una pluralita' di ragioni.
per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 24, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 11, 38, 97 e 117, primo comma, della Costituzione - quest'ultimo richiamato in relazione all'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, ratificata con la legge 4 agosto 1955, n. 848 - dal Tribunale ordinario di Siena, in funzione di giudice del lavoro, con l'ordinanza di cui in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 2013. F.to: Gaetano SILVESTRI, Presidente Sergio MATTARELLA, Redattore Gabriella MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 17 dicembre 2013. Il Direttore della Cancelleria F.to: Gabriella MELATTI Allegato: ordinanza letta all'udienza del 19 novembre 2013 ORDINANZA Rilevato che l'Istituto nazionale della previdenza sociale ha depositato atto di intervento; considerato che il suddetto Istituto non e' parte del giudizio principale; che, per costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui nei giudizi in via incidentale sono legittimati ad intervenire i soggetti che, pur non essendo parti del giudizio principale, siano tuttavia portatori di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio (tra le tante, sentenze n. 199 del 2011; n. 116 del 2013; n. 134 del 2013); che, nel caso specifico, sussiste un simile interesse in capo all'Istituto nazionale della previdenza sociale, atteso che esso e' portatore di un interesse qualificato e potrebbe pertanto essere direttamente inciso dall'esito del giudizio in corso. per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara ammissibile l'intervento dell'Istituto nazionale della previdenza sociale. F.to: Gaetano SILVESTRI, Presidente