N. 11 SENTENZA 15 - 27 gennaio 2014

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Esercizio dell'attivita' di  tassidermia  e  imbalsamazione  -  Norme
  della Regione Toscana. 
- Legge della Regione Toscana  3  dicembre  2012,  n.  69  (Legge  di
  semplificazione dell'ordinamento regionale 2012), artt.  1,  2,  3,
  17, 35 e 37. 
(GU n.5 del 29-1-2014 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Gaetano SILVESTRI; 
Giudici :Luigi MAZZELLA, Giuseppe TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,
  Giuseppe  FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo   GROSSI,   Giorgio
  LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta  CARTABIA,  Sergio  MATTARELLA,  Mario
  Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2,  3,
17, 35 e 37 della legge della Regione Toscana 3 dicembre 2012, n.  69
(Legge di semplificazione dell'ordinamento regionale 2012),  promosso
dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  il
5-8 febbraio 2013, depositato in cancelleria il 12 febbraio  2013  ed
iscritto al n. 19 del registro ricorsi 2013. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Toscana; 
    udito nell'udienza pubblica  del  20  novembre  2013  il  Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano; 
    uditi l'avvocato dello Stato Paolo Grasso per il  Presidente  del
Consiglio dei ministri e l'avvocato Marcello Cecchetti per la Regione
Toscana. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso spedito per la notifica  il  5  febbraio  2013  e
ricevuto l'8 febbraio 2013, iscritto al n. 19  del  registro  ricorsi
dell'anno  2013,  il   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso questioni di legittimita' costituzionale degli artt.  1,  2,
3, 17, 35 e 37 della legge della Regione Toscana 3 dicembre 2012,  n.
69 (Legge di semplificazione dell'ordinamento regionale 2012). 
    Il ricorrente censura, innanzitutto, l'art. 1 della citata  legge
il quale modifica l'art.  2  della  legge  della  Regione  Toscana  3
gennaio  1995,  n.  3  (Norme   sull'attivita'   di   tassidermia   e
imbalsamazione). 
    Censura inoltre gli artt. 2 e 3 della  legge  impugnata  i  quali
abrogano gli artt. 3 e 4 della legge reg. n. 3 del 1995 che, ai sensi
della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la  protezione  della
fauna   selvatica   omeoterma   e   per   il   prelievo   venatorio),
disciplinavano l'acceso all'attivita' di  tassidermia  subordinandolo
ad  apposita  autorizzazione  regionale  attraverso   una   specifica
abilitazione rilasciata dalla Regione, a seguito di superamento di un
esame, nonche' di una dichiarazione di inizio attivita'. 
    Le disposizioni impugnate  non  solo  prevedono  la  Segnalazione
certificata di inizio attivita' (SCIA) in  luogo  della  preesistente
Denuncia  di  inizio  attivita'  (DIA),  ma  altresi'   abrogano   le
disposizioni relative all'abilitazione tramite esame, prevedendo,  in
sostituzione, l'obbligo  di  frequenza  di  un  corso  di  formazione
professionale obbligatorio i cui  contenuti  devono  essere  definiti
dalla Regione entro 120 giorni dall'entrata  in  vigore  della  legge
regionale. 
    In tal modo gli artt. 1, 2 e 3  violerebbero  l'art.  117,  terzo
comma, della Costituzione atteso che secondo il costante orientamento
della giurisprudenza costituzionale nella materia  concorrente  delle
professioni la potesta'  legislativa  regionale  deve  rispettare  il
principio per cui la individuazione delle figure professionali, con i
relativi profili  e  titoli  abilitanti  e'  riservata,  per  il  suo
carattere  necessariamente  unitario,  alla  normativa  dello  Stato,
mentre rientra nella competenza regionale la disciplina degli aspetti
che presentano uno specifico collegamento con  la  realta'  regionale
(come precisato nelle sentenze n. 300 del 2010, n. 57 del  2007,  nn.
424 e 153 del 2006). 
    2.- Il ricorrente impugna, altresi', l'art. 17 della  legge  reg.
n. 69 del 2012 il quale  sostituisce  l'art.  41  della  legge  della
Regione Toscana 27 luglio 2004, n. 38 (Norme per la disciplina  della
ricerca,  della  coltivazione  e   dell'utilizzazione   delle   acque
minerali,  di  sorgente  e  termali),  e  prevede  che   l'avvio   di
un'attivita' di  utilizzazione  dell'acqua  minerale  naturale  e  di
sorgente  sia  assoggettato  a  SCIA,  attestante  il  possesso   dei
requisiti previsti dall'art 42 e dal regolamento (CE) 29 aprile 2004,
n. 852/2004 (Regolamento  del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio
sull'igiene dei prodotti alimentari). Il comma 4, inoltre, stabilisce
che  l'azienda  USL  «puo'  effettuare  entro   trenta   giorni   dal
ricevimento della SCIA di cui al comma 1, un sopralluogo di  verifica
presso la sede dell'attivita' di  utilizzazione  dell'acqua  minerale
naturale e di sorgente». 
    Tale disposizione contrasterebbe con gli artt. 6 e 22 del decreto
legislativo 8  ottobre  2011,  n.  176  (Attuazione  della  direttiva
2009/54/CE, sull'utilizzazione e la commercializzazione  delle  acque
minerali naturali), che subordina l'utilizzazione dell'acqua minerale
naturale e di sorgente ad autorizzazione regionale rilasciata «previo
accertamento  che  gli  impianti  destinati  all'utilizzazione  siano
realizzati in modo da escludere ogni pericolo di  inquinamento  e  da
conservare  all'acqua   le   proprieta'   esistenti   alla   sorgente
corrispondenti alla sua qualificazione». Inoltre gli artt. 7 e 23 del
citato  decreto  stabiliscono  che  gli  accertamenti  devono  essere
effettuati    dagli    organi    regionali    per     il     rilascio
dell'autorizzazione. 
    Ebbene, la previsione della SCIA, la quale costituisce una  forma
di  controllo   successivo,   in   luogo   dell'autorizzazione,   che
costituisce una forma di controllo preventivo, esporrebbe i cittadini
al pericolo  di  danni  per  la  salute,  tenuto  anche  conto  della
circostanza che la normativa regionale  prevede  che  i  sopralluoghi
della ASL siano meramente facoltativi. 
    La Corte costituzionale, con la sentenza n.  244  del  2012,  nel
dichiarare non fondate le censure prospettate proprio  dalla  Regione
Toscana in relazione agli artt. 6, 7, comma 1, 22 e 23 del d.lgs.  n.
176 del 2011, ha affermato  che  l'autorizzazione,  essendo  prevista
dalla normativa comunitaria, non puo' essere derogata dalla  Regione,
e  che  il  legislatore   comunitario,   nell'esercizio   della   sua
discrezionalita', ha ritenuto prevalente l'esigenza di  tutela  della
salute dei consumatori rispetto a  quella  di  semplificazione  della
attivita' amministrativa. 
    Inoltre la Corte ha affermato che  il  d.lgs.  n.  176  del  2011
contiene una disciplina di principio della materia  non  modificabile
dalla fonte  regionale,  pena  la  mancata  o  incompleta  attuazione
dell'atto comunitario. 
    Conseguentemente, la disposizione  impugnata  viola  l'art.  117,
terzo comma, Cost., in quanto contrasta con il d.lgs. n. 176 del 2011
che detta una disciplina di principio  in  materia  di  tutela  della
salute, nonche' l'art. 117,  primo  comma,  Cost.  dal  momento  che,
disattendendo le previsioni della  normativa  comunitaria,  la  quale
subordina ad autorizzazione l'utilizzazione di una  sorgente  d'acqua
minerale naturale, si pone  in  contrasto  con  i  vincoli  derivanti
dall'ordinamento comunitario. 
    3.- E' censurato, altresi', l'art. 35 della legge reg. n. 69  del
2012 il quale sostituisce l'art. 16 della legge della Regione Toscana
24 febbraio  2005,  n.  39  (Disposizioni  in  materia  di  energia),
prevedendo, al comma 1, che: «Gli interventi di cui ai commi  3  e  4
sono soggetti a SCIA, ai fini degli adempimenti in materia edilizia e
di energia, nel rispetto delle disposizioni di cui al titolo VI della
L.R. n. 1/2005, delle disposizioni di cui ai commi  2,  5  e  6,  del
presente articolo, nonche' nel  rispetto  degli  articoli  3,  3-bis,
3-ter, 8, 10, 18, 20, 21, 26, 39 e 42, della presente legge». 
    Tale disposizione violerebbe l'art. 117, terzo comma,  Cost.  con
riguardo alla materia di governo del territorio e  protezione  civile
nella parte in cui prevede il rispetto dell'art. 10 della legge  reg.
n. 39 del 2005.  Quest'ultimo  articolo,  infatti,  a  seguito  delle
modifiche introdotte dalla legge  della  Regione  Toscana  18  giugno
2012, n. 29 (Legge di manutenzione dell'ordinamento regionale  2012),
ha  escluso  talune  opere  dal  rilascio  delle  autorizzazioni  per
l'inizio dei lavori nelle zone sismiche. Il  ricorrente  ricorda  che
proprio in relazione a tali disposizioni il Consiglio  dei  ministri,
nella seduta del 3 agosto 2012, aveva deliberato l'impugnativa  della
suddetta legge regionale. 
    La previsione censurata contrasterebbe con l'art.  19,  comma  1,
della legge 7  agosto  1990,  n.  241  (Nuove  norme  in  materia  di
procedimento amministrativo e di  diritto  di  accesso  ai  documenti
amministrativi), il quale stabilisce che le disposizioni  in  materia
di SCIA non si applicano ai casi  previsti  dalla  normativa  per  le
costruzioni in zona sismica. 
    Inoltre, la violazione dei principi fondamentali della  normativa
statale che impongono specifici obblighi agli enti regionali  sarebbe
dimostrata dalla abrogazione, ad opera dell'art. 32 della legge  reg.
n. 69 del 2012, dell'art. 12, comma 5, legge reg. n. 39 del  2005  il
quale prevedeva la possibilita' per la  Regione  di  intervenire  nel
procedimento  e  nella  conferenza  di  servizi   per   il   rilascio
dell'autorizzazione unica, al fine  di  assicurare  il  coordinamento
interregionale e infraregionale. 
    Sarebbe altresi' dimostrata dalla abrogazione, ad opera dell'art.
47, comma 5, della legge censurata, dell'art. 39,  comma  2,  lettera
k), legge reg. n. 39 del 2005 il quale prevedeva che  il  regolamento
regionale  di  attuazione  della  suddetta  legge  disciplinasse   le
modalita' e le forme di redazione e di presentazione degli  elaborati
progettuali e della documentazione (di cui all'art. 10, commi 5 e  6)
da  presentare  ai  competenti  uffici  regionali   ai   fini   della
prevenzione del rischio sismico. 
    4.- E' impugnato, inoltre, l'art. 37, il quale sostituisce l'art.
17 della legge reg. n. 39 del 2005. Tale disposizione,  ai  commi  2,
lettere a), b) e f), 3, lettera a), 5, lettere a), b)  e  c),  e  11,
individua gli interventi concernenti l'installazione  di  impianti  a
fonti rinnovabili che producono energia elettrica  e  termica  per  i
quali non e' necessario il titolo abilitativo. 
    La norma  impugnata,  disciplinando  il  regime  abilitativo  dei
suddetti interventi in modo difforme rispetto a quanto previsto dalla
normativa statale ed in particolare dal decreto legislativo  3  marzo
2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE  sulla  promozione
dell'uso  dell'energia  da  fonti  rinnovabili,  recante  modifica  e
successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE  e  2003/30/CE),  e
dal decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con  il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con
il Ministro per i beni e le attivita'  culturali  10  settembre  2010
(Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da  fonti
rinnovabil),  contrasterebbe  con  il  principio  fondamentale  della
materia dei regimi di abilitazione alla costruzione  di  impianti  di
produzione di energia da fonti rinnovabili. 
    In particolare, il ricorrente evidenzia  i  seguenti  profili  di
incostituzionalita': 
    a) mentre l'art. 7, commi 1 e  2,  del  d.lgs.  n.  28  del  2011
consente la comunicazione di inizio lavori secondo il regime  di  cui
al d.P.R. 6 giugno 2001,  n.  380  (Testo  unico  delle  disposizioni
legislative e regolamentari in materia edilizia), ovvero del  decreto
legislativo 30  maggio  2008,  n.  115  (Attuazione  della  direttiva
2006/32/CE relativa all'efficienza degli usi finali dell'energia e  i
servizi energetici e  abrogazione  della  direttiva  93/76/CEE),  ove
ricorrano specifiche condizioni, l'art. 17, comma 2, lettere a) e b),
della legge reg. n. 39 del 2005 - come modificato dall'art. 37  della
legge reg. n. 69 del 2012 - pur prevedendo per gli stessi  interventi
la comunicazione, non specifica quale delle due  tipologie  si  debba
applicare, ne'  recepisce  le  condizioni  previste  dalla  normativa
statale per l'applicazione del regime semplificato; 
    b) mentre l'art. 6, comma 11, del d.lgs. n. 28 del 2011  consente
alle Regioni di prevedere  il  regime  della  comunicazione  per  gli
impianti a fonte rinnovabile qualunque essa sia, vale a dire tanto se
producono energia elettrica o termica, purche' si tratti di  impianti
con potenza non superiore a 50 KW, l'art. 17, comma  2,  lettera  f),
della legge reg. n. 39 del 2005 prevede il regime della comunicazione
per gli impianti alimentati da biomassa fino  a  0,5  MW  termici,  e
quindi con potenza superiore a 50 KW; 
    c) in base al combinato  disposto  dell'art.  6,  comma  11,  del
d.lgs. n. 28 del 2011 e del paragrafo 12.5, lettera a), dell'allegato
al d.m. 10 settembre 2010, il regime della comunicazione  si  applica
ai singoli generatori eolici purche' collocati su edifici esistenti e
aventi una potenza nominale massima di 50 KW.  L'art.  17,  comma  3,
lettera a), della legge reg. n. 39 del 2005, invece, non prevede tale
ultimo limite ed estende la comunicazione  anche  agli  impianti  non
collocati su edifici; 
    d) l'art. 17, comma 5, lettera a), della legge  reg.  n.  39  del
2005 contrasta con l'art. 6, comma 11, del d.lgs. n. 28 del  2011  in
quanto, nell'assoggettare al regime  della  comunicazione  anche  gli
impianti di produzione di energia elettrica e termica  alimentati  da
fonti rinnovabili, non fissa il  limite  di  potenza  fino  a  50  KW
stabilito dalla normativa statale; 
    e) l'art. 17, comma 5, lettera b), della legge  reg.  n.  39  del
2005 assoggetta a comunicazione di inizio  lavori  gli  impianti  che
producono energia  elettrica  aventi  una  capacita'  di  generazione
compatibile con il regime di scambio sul posto (i quali  sono  quelli
con capacita'  di  generazione  fino  a  200  KW  e  in  taluni  casi
superiore) in contrasto con quanto statuito dall'art.  6,  comma  11,
del d.lgs. n. 28 del 2011 il quale  prevede  per  l'applicazione  del
regime della comunicazione il limite di potenza fino a 50 KW; 
    f) il comma 5, lettera c), della disposizione regionale in parola
contrasta con l'art. 7, commi 1 e 2, del d.lgs. n.  28  del  2011  in
quanto  assoggetta  a  comunicazione  gli   impianti   solari   senza
richiamare le condizioni previste dalla  legge  statale,  nonche'  in
quanto non specifica a quale  comunicazione  faccia  riferimento  (se
quella di cui al d.P.R. n. 380 del 2001, ovvero a quella  del  d.lgs.
n. 115 del 2008). Inoltre  contrasta  con  l'art.  7,  comma  5,  del
medesimo d.lgs. n. 28 del 2011 perche' consente  la  collocazione  di
detti impianti anche oltre i casi previsti  dalla  normativa  statale
(edifici e spazi liberi privati annessi). 
    Ulteriori censure vengono mosse  avverso  l'art.  17,  comma  11,
della legge reg. n. 39 del 2005 come modificato dalla legge  reg.  n.
69 del 2012. Tale disposizione, stabilendo che non e'  necessario  il
titolo abilitativo per le modifiche e manutenzioni degli impianti  di
cui agli artt. 11, 13, 15, 16, comma 3, e 16-bis, comma 4,  esistenti
o in corso di realizzazione,  assoggetta  tutte  le  modifiche  degli
impianti, siano esse sostanziali o meno, alla mera comunicazione.  In
tal modo la norma impugnata viola l'art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 28
del 2011 il quale rinvia ad un apposito decreto  del  Ministro  dello
sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare, previa  intesa  con  la  Conferenza
unificata, la individuazione degli interventi di modifica sostanziale
degli   impianti   da   fonti   rinnovabili   da   assoggettare    ad
autorizzazione, e detta in via transitoria criteri per individuare le
modifiche non sostanziali da assoggettare alla procedura  abilitativa
semplificata (PAS). 
    Ad avviso del ricorrente, la norma  regionale,  nell'assoggettare
tutte le modifiche impiantistiche  al  regime  di  libera  attivita',
contrasta con la richiamata disposizione statale  che  assoggetta  in
via transitoria a  PAS  (la  quale,  sebbene  costituisca  un  regime
semplificato, e' pur sempre piu' stringente della mera comunicazione)
le sole modifiche non sostanziali e per i soli impianti esistenti. 
    Quanto alle modifiche sostanziali,  il  legislatore  statale,  in
attesa della adozione di apposito decreto interministeriale, ha fatto
salvo il principio della identita'  di  forma  tra  il  provvedimento
abilitativo originario e la sua variante. 
    Conseguentemente, la  disposizione  impugnata  violerebbe  l'art.
117,  terzo  comma,  Cost.  in  quanto  l'individuazione  del  regime
abilitativo delle modifiche costituisce principio fondamentale  della
materia   «produzione    trasporto    e    distribuzione    nazionale
dell'energia», atteso che detto regime non puo' che  essere  omogeneo
su  tutto  il  territorio  nazionale  onde   evitare   ingiustificate
discriminazioni  tra  iniziative   economiche   ed   assicurare   «un
equilibrio tra la competenza esclusiva statale in materia di ambiente
e paesaggio e quella concorrente in materia di energia». 
    5.- La Regione Toscana, costituitasi in  giudizio,  ha  sostenuto
che le censure svolte dalla Stato sono inammissibili o infondate. 
    Ad avviso della resistente gli artt. 1, 2 e 3 della legge reg. n.
69 del 2012 sarebbero espressione della  competenza  attribuita  alla
Regione dall'art. 6 della legge n. 157 del 1992 a  disciplinare,  con
apposito regolamento, l'attivita' di tassidermia e imbalsamazione. 
    La legge regionale impugnata da un lato avrebbe  inteso  ribadire
la necessita' della acquisizione di specifica preparazione per coloro
che svolgono tale attivita'; dall'altro lato avrebbe voluto  superare
la previgente scelta legislativa  della  Regione  che  richiedeva  il
superamento di un esame prevedendo,  in  suo  luogo,  un  sistema  di
qualificazione con svolgimento di un corso obbligatorio.  E  cio'  la
Regione avrebbe fatto ispirandosi ai nuovi principi statali volti  ad
attuare la semplificazione dei  rapporti  tra  cittadini,  imprese  e
istituzioni. 
    In tal modo le norme impugnate non darebbero vita  ad  una  nuova
figura professionale, ma, in attuazione dell'art. 6  della  legge  n.
157 del 1992, avrebbero introdotto «un nuovo sistema di  acquisizione
della conoscenza». 
    6.- Riguardo alle censure aventi ad oggetto l'art. 17 della legge
reg. n. 69 del 2012, la resistente sostiene che l'iter di  formazione
di detta legge era gia' in uno  stadio  avanzato  (essendo  stato  il
relativo progetto licenziato dalla  Giunta  regionale  il  27  agosto
2012) allorche' e' intervenuta la sentenza n. 244 del 2012 con cui la
Corte costituzionale  ha  dichiarato  non  fondate  le  questioni  di
costituzionalita' prospettate dalla Regione Toscana aventi ad oggetto
le norme del d.lgs. n. 176 del 2011 che imponevano  alle  Regioni  il
rilascio   dell'autorizzazione   per   l'avvio   dell'attivita'    di
utilizzazione delle acque naturali e di sorgente. 
    La resistente afferma che sarebbe in fase di predisposizione  una
proposta di legge di modifica della norma  impugnata  allo  scopo  di
renderla conforme alle disposizioni del d.lgs. n. 176 citato. 
    7.- Inammissibile sarebbe la doglianza avente ad  oggetto  l'art.
35, atteso che essa non risponderebbe ai  requisiti  di  chiarezza  e
completezza per la proposizione delle questioni di  legittimita'  nei
giudizi in via principale. 
    La Regione fa inoltre presente  che  non  le  sarebbe  mai  stato
notificato un ricorso dello Stato avverso la legge  reg.  n.  29  del
2012 avanti alla Corte costituzionale. 
    Nel merito, la resistente sostiene che ove la censura si  dovesse
intendere nel senso  che  il  ricorrente  lamenta  che  la  normativa
regionale - attraverso il richiamo all'art. 10 della legge reg. n. 39
del 2005  -  avrebbe  esteso  la  previsione  della  SCIA  anche  per
costruzioni in zone sismiche in contrato con l'art. 19 della legge n.
241 del 1990, con conseguente violazione di un principio fondamentale
in materia di governo del territorio, essa sarebbe infondata. 
    L'art. 10, infatti, sarebbe norma generale che riguarda tutto  il
procedimento da seguire per ottenere  titoli  abilitativi  (qualunque
essi  siano)  per  la  costruzione  e  l'esercizio  di  impianti   di
produzione, trasporto, trasmissione e distribuzione  di  energia,  di
impianti per la lavorazione e lo  stoccaggio  di  oli  minerali,  gas
naturali e liquefatti, nonche' impianti di illuminazione esterna. 
    Inoltre esso richiama espressamente la necessita' che  tutti  gli
interventi disciplinati rispettino la normativa antisismica. 
    Solo con riguardo ai titoli  abilitativi  per  la  costruzione  e
l'esercizio delle linee elettriche aeree  il  comma  5  dell'art.  10
della legge reg. n. 39 del 2005 richiama  una  normativa  speciale  e
cio' fa allo scopo di adeguare  la  disposizione  legislativa  a  tre
pronunce del Consiglio di Stato (sentenze n. 1526 e n. 1527 del 2008,
n. 5278 del 2007) le quali hanno annullato i decreti del Ministro dei
lavori pubblici del 21 dicembre 2000 e 9 aprile 1999  concernenti  la
normativa tecnica relativa alle linee aeree esterne. 
    Secondo quanto statuito dalle richiamate  decisioni  del  giudice
amministrativo, mentre a tutte le opere in  conglomerato  cementizio,
normale, precompresso e a struttura metallica si applicano  le  norme
in materia antisismica contenute nel d.P.R. 6  giugno  2001,  n.  380
(Testo  unico  delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
materia edilizia), alla costruzione delle linee elettriche esterne si
applica la normativa speciale di cui alla legge 28  giugno  1986,  n.
339 (Nuove norme per la disciplina della costruzione e dell'esercizio
di linee elettriche aeree esterne),  e  alla  relativa  normativa  di
attuazione. Pertanto, la  disposizione  regionale  impugnata  avrebbe
inteso unicamente adeguare la normativa regionale a quanto  stabilito
dall'art. 2 della legge n. 339 del 1986. 
    Conseguentemente,  il  richiamo  all'art.  10   contenuto   nella
disposizione impugnata non puo' essere  interpretato  nel  senso  che
esso  escluda  per  talune   opere   la   necessita'   del   rilascio
dell'autorizzazione per l'inizio dei lavori in zone sismiche. 
    Inoltre il  legislatore  regionale  avrebbe  inteso  adeguare  la
normativa concernente gli impianti di produzione di energia elettrica
da fonti rinnovabili allo specifico titolo  abilitativo  semplificato
(PAS) in armonia con quanto previsto dall'art. 19 della legge n.  241
del 1990 e dall'art. 5  del  decreto-legge  13  maggio  2011,  n.  70
(Semestre Europeo  -  prime  disposizioni  urgenti  per  l'economia),
convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106. 
    La norma impugnata, inoltre, rinviando alla legge  della  Regione
Toscana 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo  del  territorio),
che riguarda l'attivita' edilizia - la quale all'art.  84  stabilisce
che il progettista che presenta la SCIA  deve  dare  atto  nella  sua
relazione del rispetto delle norme antisismiche - rende evidente  che
detta segnalazione non sostituisce i nulla osta e  le  autorizzazioni
richieste a fini sismici la cui acquisizione e' obbligatoria. 
    Inconferente sarebbe poi il  richiamo  all'abrogazione,  disposta
dall'art. 32, comma 2, della legge reg. n. 69 del 2012, dell'art. 12,
comma 5, della legge reg. n. 39 del 2005 che prevedeva che,  al  fine
di assicurare il coordinamento interregionale  e  infraregionale,  la
Regione potesse intervenire nel procedimento e  nella  conferenza  di
servizi di cui al comma 2. Tale abrogazione avrebbe avuto lo scopo di
semplificare    il    procedimento    unico    per    il     rilascio
dell'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio di  impianti  di
energia,  posto  che  la  disposizione   regionale   era   priva   di
collegamento con i principi statali. 
    Ne' il ricorrente ha indicato quale norma  statale  di  principio
sarebbe stata violata dalla abrogazione dell'art. 12, comma 5. 
    Diversamente, nei casi in  cui  la  normativa  statale  configura
l'intervento della Regione come necessario, la normativa regionale e'
intervenuta con specifica disciplina. 
    8.- Riguardo alle censure relative all'art. 37, che ha sostituito
l'art. 17 della legge reg. n. 39 del 2005, il  quale  disciplina  una
serie di interventi relativi all'installazione di impianti alimentati
da fonti  rinnovabili  per  la  produzione  di  energia  elettrica  e
termica, la Regione osserva, preliminarmente, come la norma impugnata
sia stata introdotta per  la  necessita'  di  adeguare  la  normativa
regionale alle  norme  statali  in  materia  di  semplificazione  (in
particolare, al d.l. n. 70 del 2011, al decreto-legge 25 marzo  2010,
n. 40, recante «Disposizioni  urgenti  tributarie  e  finanziarie  in
materia di contrasto alle frodi fiscali  internazionali  e  nazionali
operate, tra  l'altro,  nella  forma  dei  cosiddetti  "caroselli"  e
"cartiere", di potenziamento e  razionalizzazione  della  riscossione
tributaria  anche  in  adeguamento  alla  normativa  comunitaria,  di
destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo  per
incentivi  e  sostegno  della  domanda   in   particolari   settori»,
convertito, con modificazioni, dalla legge 22  maggio  2010,  n.  73,
alle linee guida dettate dal  d.m.  10  settembre  2010,  nonche'  al
d.lgs. n. 28 del 2011,  ai  decreti-legge  24  gennaio  2012,  n.  1,
recante «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo  sviluppo  delle
infrastrutture e la competitivita'», convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e 9 febbraio 2012,  n.  5,  recante
«Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e  di  sviluppo»,
convertito, con modificazioni, dalla legge  4  aprile  2012,  n.  35)
nonche' alle sentenze n. 313 del 2010 e n. 248 del 2006  con  cui  la
Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale di
talune disposizioni della legge reg. n. 39 del 2005. 
    Inoltre, alcune previsioni contenute nella disposizione impugnata
costituirebbero  legittimo  esercizio  della  facolta'  espressamente
prevista al legislatore regionale di individuare ulteriori interventi
edilizi da sottoporre al regime dell'attivita' libera, in conformita'
di quanto stabilito dall'art. 6, comma 6, del d.P.R. n. 380 del  2001
e dall'art. 11, comma  4,  del  d.lgs.  n.  115  del  2008,  i  quali
riguardano  anche  gli  interventi  relativi  all'utilizzo  di  fonti
alternative   mediante   apparecchi   omogenei   agli   edifici   per
l'autoconsumo (come si evince dalla sentenza n. 313 del 2010). 
    Esaminando nel dettaglio le singole censure, la difesa  regionale
sostiene l'infondatezza di quelle  relative  all'art.  17,  comma  2,
lettere a) e b), della legge reg. n.  39  del  2005  come  modificato
dall'art. 37 della legge reg. n. 69 del 2012, con cui lo Stato deduce
la violazione dell'art. 7, commi 1 e 2, del d.lgs. n.  28  del  2011.
Infatti  tali  ultime  previsioni  sarebbero  state   pedissequamente
recepite rispettivamente dal comma 3,  lettera  b),  e  dal  comma  6
dell'art. 17 della legge regionale. 
    Invece gli interventi previsti dall'art. 17, comma 2, lettere  a)
e b),  riguarderebbero  unicamente  gli  interventi  minimi,  per  la
produzione della sola energia termica destinata all'utilizzo diretto,
relativi alla installazione di pannelli solari  termici  di  sviluppo
uguale  o  inferiore  a  20  mq,  ovvero  ai  pannelli   solari   per
applicazioni nel settore vivaistico. Tali interventi  sarebbero  gia'
sottoposti al solo regime  edilizio.  Argomentando  diversamente,  si
dovrebbe ritenere che l'elencazione contenuta nell'art. 7 del  d.lgs.
n. 28 del 2011 sia tassativa e sostitutiva della  vigente  disciplina
per gli impianti da fonti rinnovabili gia'  sottoposti  ad  attivita'
libera e cio' in contrasto  con  la  direttiva  23  aprile  2009,  n.
2009/28/CE (Direttiva del Parlamento europeo e  del  Consiglio  sulla
promozione  dell'uso  dell'energia  da  fonti  rinnovabili,   recante
modifica  e  successiva  abrogazione  delle  direttive  2001/77/CE  e
2003/30/CE - Testo rilevante  ai  fini  del  SEE),  che  persegue  la
finalita' di incentivare il ricorso alla  produzione  di  energia  da
fonti  rinnovabili  anche  attraverso   percorsi   semplificati   per
l'installazioni di tali tipologie di impianti. 
    Infondate sarebbero, inoltre, le censure mosse avverso l'art.  37
nella parte in cui introduce l'art. 17, comma  2,  lettera  f),  alla
legge reg. n. 39 del 2005 per violazione dell'art. 6, comma  11,  del
d.lgs.  n.  28  del  2011.  Ad  avviso  della  Regione,  infatti,  la
disposizione statale evocata sarebbe  inconferente  atteso  che  essa
avrebbe ad oggetto unicamente gli impianti di produzione  di  energia
elettrica e non termica, di tal che  il  limite  di  50  KW  da  essa
prevista dovrebbe intendersi riferito  unicamente  ai  KW  elettrici,
laddove invece la norma regionale fa riferimento  alla  sola  potenza
termica. Si tratterebbe peraltro di una previsione gia' contenuta nel
testo originario della legge reg. n. 39 del 2005. 
    Inconferente sarebbe altresi' il richiamo all'art. 6,  comma  11,
del d.lgs. n. 28 del 2011 di cui si deduce  la  violazione  ad  opera
dell'art. 17, comma 3, lettera a), della legge reg. n. 39 del 2005. 
    La  disposizione  statale,   infatti,   la   quale   prevede   la
possibilita' per le Regioni di estendere il regime semplificato delle
comunicazioni ai progetti di impianti alimentati da fonti rinnovabili
con potenza nominale fino a 50 KW, riguarderebbe unicamente l'ipotesi
in cui il  legislatore  regionale  voglia  individuare  tipologie  di
interventi da sottoporre al  regime  di  attivita'  libera  ulteriori
rispetto a quelli gia' previsti ai sensi dei paragrafi 11 e 12  delle
linee guida. 
    La disposizione regionale impugnata, invece, costituirebbe fedele
riproduzione dell'art. 11, comma  3,  del  d.lgs.  n.  115  del  2008
richiamato dal d.lgs. n. 28  del  2011  il  quale  dispone  che  «gli
interventi di incremento  dell'efficienza  energetica  che  prevedano
l'installazione di singoli generatori eolici con altezza  complessiva
non superiore a 1,5 metri e diametro non superiore a 1 metro, nonche'
di impianti solari termici o fotovoltaici aderenti  o  integrati  nei
tetti  degli  edifici  con  la  stessa  inclinazione  e   lo   stesso
orientamento della falda e i cui componenti non modificano la  sagoma
degli edifici stessi, sono  considerati  interventi  di  manutenzione
ordinaria e non sono  soggetti  alla  disciplina  della  denuncia  di
inizio attivita' di cui agli articoli 22 e 23» del d.P.R. n. 380  del
2001, «qualora la superficie dell'impianto non sia superiore a quella
del tetto stesso». 
    Le censure relative all'art. 17, comma 5, lettere a),  b)  e  c),
benche' formulate distintamente  dal  ricorrente,  dovrebbero  essere
trattate unitariamente, atteso che  solo  dalla  lettura  complessiva
delle disposizioni impugnate sarebbe possibile comprenderne la  reale
portata. 
    Il comma 5 prevede che non necessitino di titolo abilitativo  due
diverse tipologie di impianti di produzione energetica e cioe' quelli
realizzati in edifici esistenti, sempre che non alterino i  volumi  e
le superfici, non comportino modifiche delle destinazioni d'uso,  non
riguardino le parti strutturali dell'edificio, non comportino aumento
del numero delle unita' immobiliari e non  implichino  incremento  di
parametri urbanistici ed alla ulteriore condizione che: 
    1) vi sia produzione di energia elettrica e la relativa capacita'
di generazione sia compatibile con il regime  di  scambio  sul  posto
(lettera b); 
    2) vi sia produzione  di  calore  e  questo  sia  destinato  alla
climatizzazione  o  alla  produzione   di   acqua   calda   sanitaria
dell'edificio stesso (lettera c). 
    Anche in questo caso la Regione non prevederebbe nuove  forme  di
semplificazione, ma si limiterebbe a recepire la  disciplina  statale
che identifica gli interventi soggetti al regime di attivita' libera. 
    In particolare, quanto agli impianti  di  produzione  di  energia
elettrica da  fonti  rinnovabili,  verrebbero  in  considerazione  il
paragrafo 12 delle linee guida e l'art. 123 del  d.P.R.  n.  380  del
2001, nonche' il connesso art. 6, comma 1, lettera  a),  e  comma  2,
lettera a), dello stesso decreto. 
    Quanto agli impianti di produzione di calore da fonti rinnovabili
di cui al combinato disposto delle  lettere  a)  e  c)  del  comma  5
dell'art. 17, la normativa recepirebbe le disposizioni  dell'art.  7,
comma 5, del d.lgs. n. 28 del 2011. 
    Riguardo poi alle censure relative alla lettera b) del  comma  5,
la resistente sostiene che il parametro evocato sarebbe  inconferente
atteso che la norma  regionale  «non  riguarda  gli  impianti  solari
termici che per loro intrinseca natura si posizionano sugli  edifici,
[e dunque] sul loro involucro e mai all'interno degli edifici». 
    Infondate sarebbero, infine, le  censure  relative  all'art.  17,
comma 11, il quale si limiterebbe a chiarire che, ove gli  interventi
di modifica o manutenzione degli impianti  non  comportino  modifiche
assoggettate a PAS o a SCIA, esse possono essere realizzate in regime
di attivita' libera ai sensi degli artt. 16, 16-bis e 17 della  legge
reg. n. 39 del 2005. 
    Peraltro la disposizione censurata sarebbe stata contenuta  nella
stessa formulazione nel testo dell'art. 17 anteriore  alle  modifiche
introdotte dalla legge reg. n. 69 del 2012. 
    In prossimita' dell'udienza,  la  resistente  ha  depositato  una
memoria nella quale da' atto che, successivamente  alla  proposizione
del ricorso, e' stata emanata la legge della Regione Toscana 9 agosto
2013, n. 47 (Legge di manutenzione dell'ordinamento regionale  2013),
il cui art. 59 ha modificato l'art. 41 della legge  reg.  n.  38  del
2004  disponendo  che   l'avvio   dell'attivita'   di   utilizzazione
dell'acqua minerale  naturale  e  di  sorgente  sia  assoggettato  al
rilascio di autorizzazione, e non piu' a SCIA. In  considerazioni  di
tali modifiche, la  resistente  ha  chiesto  che  sia  dichiarata  la
cessazione della materia del contendere  con  riguardo  alle  censure
prospettate in relazione all'art. 17 della legge reg. n. 69 del 2012. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha   promosso
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 17,  35
e 37 della legge della Regione Toscana 3 dicembre 2012, n. 69  (Legge
di semplificazione dell'ordinamento regionale 2012). 
    2.- Il ricorrente impugna, innanzitutto, gli artt. 1, 2 e 3 della
legge richiamata i quali modificano talune previsioni contenute nella
legge  della  Regione  Toscana  3   gennaio   1995,   n.   3   (Norme
sull'attivita' di tassidermia e imbalsamazione). 
    In particolare l'art. 1 della legge reg. n. 69 del 2012  modifica
l'art. 2 della legge reg. n. 3 del 1995,  mentre  gli  artt.  2  e  3
abrogano rispettivamente gli artt. 3 e 4 della legge reg.  n.  3  del
1995. 
    Per effetto di tali modifiche nella Regione  Toscana  l'esercizio
dell'attivita' di tassidermia ed imbalsamazione e'  subordinato  alla
presentazione, in luogo della  denuncia  di  inizio  attivita'  (DIA)
originariamente prevista, di una segnalazione certificata  di  inizio
attivita' (SCIA) nella quale viene attestata la frequenza ad un corso
di formazione professionale obbligatoria. 
    Vengono, inoltre, abrogate le disposizioni della legge reg. n.  3
del  1995  che  subordinavano  l'esercizio  di  tale   attivita'   al
superamento  di  un   esame   di   abilitazione,   prevedendosi,   in
sostituzione, la frequenza obbligatoria di un corso di formazione,  i
cui contenuti sono rimessi ad un atto del dirigente della  competente
struttura regionale. 
    Il ricorrente sostiene che tali disposizioni violerebbero  l'art.
117, terzo comma,  Cost.  in  quanto  interverrebbero  nella  materia
concorrente delle professioni senza rispettare il  principio  secondo
il quale la individuazione delle figure professionali con i  relativi
profili e titoli abilitanti e' riservata alla normativa dello Stato. 
    2.1.- La questione non e' fondata. 
    Questa Corte, con orientamento ormai costante, ha  affermato  che
«la potesta' legislativa regionale nella  materia  concorrente  delle
"professioni"   deve   rispettare   il    principio    secondo    cui
l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e
titoli abilitanti, e' riservata, per il suo carattere necessariamente
unitario, allo Stato, rientrando nella competenza  delle  Regioni  la
disciplina  di  quegli   aspetti   che   presentano   uno   specifico
collegamento con la realta' regionale;  tale  principio,  al  di  la'
della particolare attuazione ad opera dei singoli precetti normativi,
si configura infatti quale limite di  ordine  generale,  invalicabile
dalla legge regionale, da cio' derivando che non e' nei poteri  delle
Regioni dar vita a nuove figure professionali» (da  ultimo,  sentenza
n. 98 del 2013). 
    Una volta, pero',  che  la  legge  statale  abbia  dato  vita  ad
un'autonoma figura professionale «non si spiega per quale  motivo  le
Regioni,  dotate  di  potesta'  primaria  in  materia  di  formazione
professionale, non possano regolare corsi di formazione relativi alle
professioni [...] gia' istituite  dallo  Stato,  fermo  restando  che
l'esercizio di tale attribuzione  regionale  non  e'  necessariamente
subordinato  a  siffatto  requisito  preliminare,  ma   puo'   venire
realizzato nell'interesse formativo di qualunque lavoratore, anche al
di fuori di un tipico inquadramento  professionale  di  quest'ultimo,
purche' con cio' non si dia vita ad una nuova professione,  rilevante
in quanto tale nell'ordinamento giuridico» (sentenze n. 108 del  2012
e n. 271 del 2009). 
    Con riguardo all'attivita' di tassidermia e di imbalsamazione, le
uniche disposizioni dettate dalla normativa  statale  sono  contenute
nell'art. 6 della legge 11  febbraio  1992,  n.  157  (Norme  per  la
protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il   prelievo
venatorio), il quale, al comma 1, stabilisce che  «Le  regioni  sulla
base di apposito regolamento disciplinano l'attivita' di  tassidermia
ed imbalsamazione e la  detenzione  o  il  possesso  di  preparazioni
tassidermiche e trofei»,  e  al  comma  4  dispone  che  «Le  regioni
provvedono ad emanare, non oltre un anno dalla  data  di  entrata  in
vigore della presente  legge,  un  regolamento  atto  a  disciplinare
l'attivita' di tassidermia ed imbalsamazione di cui al comma 1». 
    La Regione Toscana aveva gia' dato attuazione a  tali  previsioni
con la legge  reg.  n.  3  del  1995  la  quale,  nella  formulazione
originaria,  subordinava  l'esercizio  di   questa   attivita'   alla
presentazione di una DIA e al superamento di un apposito esame. 
    La legge impugnata ha  eliminato  la  necessita'  di  tale  esame
prevedendo, invece, la partecipazione obbligatoria  ad  un  corso  di
formazione disciplinato dalla Regione stessa. 
    Alla luce di questo quadro normativo si  puo'  affermare  che  le
modifiche introdotte dalla legge  reg.  n.  69  del  2012  non  hanno
istituito una nuova figura professionale, ma sono  intervenute  sulla
disciplina regionale gia' vigente in materia, prevedendo una  diversa
modalita'   di   accesso   allo   svolgimento    dell'attivita'    di
imbalsamazione   e   tassidermia   per   la   quale   e'    richiesta
obbligatoriamente  la  frequenza  di  un  corso  di  formazione.   Le
disposizioni  impugnate,  pertanto,  costituiscono  esercizio   della
potesta' residuale delle Regioni in tema di formazione professionale. 
    3.- Lo Stato ha poi impugnato l'art. 17 della legge  reg.  n.  69
del 2012 il quale sostituisce l'art. 41  della  legge  della  Regione
Toscana 27 luglio 2004, n. 38 (Norme per la disciplina della ricerca,
della coltivazione e  dell'utilizzazione  delle  acque  minerali,  di
sorgente e termali). 
    A seguito di tali modifiche, la nuova versione dell'art. 41 della
legge reg. n. 38 del 2004 stabilisce che  l'avvio  dell'attivita'  di
utilizzazione  dell'acqua  minerale  naturale  e   di   sorgente   e'
assoggettato a SCIA, attestante il possesso  dei  requisiti  previsti
dal regolamento (CE) 29 aprile 2004,  n.  852/2004  (Regolamento  del
Parlamento  europeo  e  del  Consiglio   sull'igiene   dei   prodotti
alimentari).  Stabilisce,  inoltre,  che  l'ASL  puo'  effettuare  un
sopralluogo di verifica entro 30 giorni. 
    Il ricorrente deduce la violazione dell'art.  117,  terzo  comma,
Cost. in quanto, prevedendo in luogo  dell'autorizzazione  (forma  di
controllo preventivo), la SCIA (che implica controlli successivi), la
norma impugnata contrasterebbe con  la  disciplina  di  principio  in
materia di tutela della salute  dettata  dal  decreto  legislativo  8
ottobre  2011,  n.  176  (Attuazione  della   direttiva   2009/54/CE,
sull'utilizzazione e  la  commercializzazione  delle  acque  minerali
naturali). Gli artt. 6 e 22 del citato decreto, infatti,  subordinano
l'inizio di tale attivita' ad autorizzazione, la quale e'  rilasciata
previo accertamento  che  gli  impianti  destinati  all'utilizzazione
siano realizzati in modo da escludere ogni pericolo di inquinamento e
da  conservare  all'acqua  le  proprieta',  corrispondenti  alla  sua
qualificazione, esistenti alla sorgente. 
    Ad avviso del ricorrente, la disposizione  impugnata  violerebbe,
altresi', l'art. 117, primo comma, Cost. in quanto, disattendendo  le
previsioni  della  normativa  comunitaria,  la  quale  subordina   ad
autorizzazione  l'utilizzazione  di  una  sorgente  d'acqua  minerale
naturale,  si  porrebbe  in  contrasto  con   i   vincoli   derivanti
dall'ordinamento comunitario. 
    3.1.- Successivamente alla proposizione del ricorso,  la  Regione
Toscana  ha  emanato  la  legge  9  agosto  2013,  n.  47  (Legge  di
manutenzione dell'ordinamento regionale 2013), la quale, all'art. 59,
ha modificato l'art. 41 della legge reg. n. 38  del  2004  disponendo
che  l'avvio  dell'attivita'  di  utilizzazione  dell'acqua  minerale
naturale  e   di   sorgente   sia   assoggettato   al   rilascio   di
autorizzazione, e non piu' a SCIA. 
    La resistente ha chiesto che sia dichiarata  cessata  la  materia
del contendere essendo dette  modifiche  satisfattive  delle  censure
mosse dallo Stato e non avendo avuto medio  tempore  applicazione  la
disposizione impugnata. 
    3.2.-  Come  noto,  lo  ius  superveniens  puo'  determinare   la
cessazione della materia del contendere solo ove al contempo  rivesta
efficacia satisfattiva rispetto alle  ragioni  del  ricorrente  e  la
normativa censurata non abbia avuto medio  tempore  applicazione  (ex
plurimis, sentenze n. 73 e n. 18 del 2013, n. 300 e n. 193 del 2012). 
    Se nel caso in esame le modifiche introdotte dalla legge reg.  n.
47 del 2013,  recependo  senz'altro  la  normativa  statale  appaiono
soddisfare le censure mosse dal  ricorrente,  non  vi  e',  tuttavia,
alcuna dimostrazione del fatto che la  disposizione  impugnata  -  la
quale contiene previsioni dotate di immediata efficacia -  non  abbia
avuto  applicazione.  Non  ricorrono  pertanto,  nella   specie,   le
condizioni richieste dalla giurisprudenza  di  questa  Corte  perche'
possa essere dichiarata la cessazione della materia del contendere. 
    3.3.- La  disposizione  censurata  va  pertanto  sottoposta  allo
scrutinio di costituzionalita'. 
    Gli artt. 6 e 22 del d.lgs. n. 176  del  2011,  nel  disciplinare
l'utilizzazione  e  la  commercializzazione  delle   acque   minerali
naturali in attuazione della direttiva 18 giugno 2009, n.  2009/54/CE
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio  sull'utilizzazione
e la commercializzazione delle acque minerali naturali), stabiliscono
che l'utilizzazione delle acque minerali naturali e  l'immissione  in
commercio delle acque di sorgente siano  subordinate  ad  una  previa
autorizzazione rilasciata dopo aver  accertato  la  ricorrenza  delle
condizioni ivi indicate. 
    Questa Corte, nella sentenza  n.  244  del  2010,  esaminando  le
censure  proposte  proprio  dalla  Regione   Toscana   avverso   tali
disposizioni, laddove subordinano lo svolgimento delle  attivita'  in
parola ad una previa autorizzazione  rilasciata  dopo  l'accertamento
della sussistenza delle condizioni ivi indicate, ha affermato che «Il
legislatore     comunitario,     nell'esercizio     della     propria
discrezionalita' normativa, ha ritenuto prevalente, rispetto a quella
della semplificazione amministrativa dei procedimenti,  la  finalita'
di assicurare  la  tutela  della  salute  dei  consumatori  di  acque
minerali. Nell'ordinamento nazionale analoga finalita' costituisce un
interesse generale, costituzionalmente rilevante, in  quanto  species
del piu' ampio genus della  salute  del  singolo  individuo  e  della
collettivita' di cui all'art. 32 Cost. e, nel caso di  specie,  anche
pienamente  conforme   alla   regola   introdotta   dal   legislatore
comunitario [...]. La normativa nazionale di  recepimento,  contenuta
nel d.lgs. n. 176 del 2011 e censurata dalla Regione Toscana, proprio
perche' in larga misura pedissequamente riproduttiva delle previsioni
comunitarie - sintetiche per definizione quanto ai loro  enunciati  -
contenute  nella  direttiva  2009/54/CE,  detta  nella   specie   una
disciplina di principio  della  materia,  comunque  non  modificabile
dalla fonte  regionale,  pena  la  mancata  o  incompleta  attuazione
dell'atto comunitario». 
    Alla luce di tale  pronuncia  le  censure  prospettate,  sia  con
riferimento  al  primo  che  al  terzo  comma  dell'art.  117  Cost.,
risultano fondate. 
    La disposizione regionale  impugnata,  infatti,  subordinando  lo
svolgimento   dell'attivita'   a   semplice   SCIA,    anziche'    ad
autorizzazione, viola un principio fondamentale della  materia  della
tutela della salute, ed inoltre si pone  in  contrasto  la  normativa
comunitaria. 
    4.- Il ricorrente ha impugnato l'art. 35 della legge reg.  n.  69
del 2012 il quale sostituisce l'art. 16  della  legge  della  Regione
Toscana 24 febbraio 2005, n. 39 (Disposizioni in materia di energia). 
    L'art. 16, inserito nel Capo  III  della  legge,  concernente  la
disciplina delle  attivita'  energetiche,  individua  gli  interventi
soggetti a SCIA. 
    Al comma 1 la citata disposizione stabilisce che  gli  interventi
previsti ai commi 3  e  4  «sono  soggetti  a  SCIA,  ai  fini  degli
adempimenti in materia edilizia e di energia, nel  rispetto»  tra  le
altre, delle disposizioni di  cui  all'art.  10  della  stessa  legge
regionale. 
    Il  Presidente  del  Consiglio  sostiene  che   la   disposizione
impugnata violerebbe l'art. 117, terzo comma, Cost. con riguardo alla
materia di governo del territorio e protezione civile nella parte  in
cui prevede il rispetto dell'art. 10 della legge reg. n. 39 del 2005,
il quale ha escluso talune opere dal  rilascio  delle  autorizzazioni
per l'inizio dei lavori nelle zone sismiche, laddove invece l'art. 19
della legge 7  agosto  1990,  n.  241  (Nuove  norme  in  materia  di
procedimento amministrativo e di  diritto  di  accesso  ai  documenti
amministrativi), stabilisce che le disposizioni in  materia  di  SCIA
non si applicano ai casi previsti dalla normativa per le  costruzioni
in zone sismiche. 
    La difesa della Regione Toscana  ha  eccepito  l'inammissibilita'
della censura in quanto essa difetterebbe dei requisiti di  chiarezza
e completezza necessari per sollevare una questione  di  legittimita'
costituzionale. 
    L'eccezione e' fondata. 
    Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, il ricorso in
via principale deve anzitutto «identificare esattamente la  questione
nei suoi termini normativi», indicando  «le  norme  costituzionali  e
ordinarie, la  definizione  del  cui  rapporto  di  compatibilita'  o
incompatibilita'   costituisce   l'oggetto   della    questione    di
costituzionalita'»,  e  altresi'  «contenere  una  seppur   sintetica
argomentazione di merito a sostegno della richiesta  declaratoria  di
incostituzionalita' della legge» (ex plurimis,  sentenze  n.  41  del
2013 e n. 114 del 2011, nonche' ordinanza n. 123 del 2012), ponendosi
l'esigenza di una adeguata motivazione a supporto  della  impugnativa
«in termini perfino piu' pregnanti nei giudizi diretti che in  quelli
incidentali» (ordinanza n.  123  del  2012,  che  menziona  anche  le
sentenze n. 139 del 2006 e n. 450 del 2005). 
    Nel caso in esame, le  argomentazioni  svolte  dal  ricorrente  a
sostegno dell'impugnazione dell'art. 35 della legge reg.  n.  69  del
2012 sono formulate in  termini  confusi  e  non  raggiungono  quella
soglia  minima  di  chiarezza  e  completezza  cui   e'   subordinata
l'ammissibilita' delle impugnative in via  principale  (ex  plurimis,
sentenza n. 312 del 2013). 
    5.- E' impugnato l'art. 37 della legge reg. n.  69  del  2012  il
quale sostituisce l'art. 17 della  legge  reg.  n.  39  del  2005.  A
seguito  delle   modifiche   introdotte,   la   citata   disposizione
individuerebbe, ai commi 2, lettere a), b), ed f), 3, lettera a),  5,
lettere a), b) e c),  e  11,  una  serie  di  interventi  concernenti
l'installazione  di  impianti  da  fonti  rinnovabili  che  producono
energia elettrica e termica per i quali non e' necessario  il  titolo
abilitativo. 
    In tal modo la  disposizione  censurata  violerebbe  l'art.  117,
terzo comma, Cost. in quanto disciplinerebbe  il  regime  abilitativo
per i suddetti interventi in modo difforme rispetto a quanto previsto
dalla normativa statale dettata dagli artt. 6 comma 11, e 7, commi 1,
2 e 5, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione  della
direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da  fonti
rinnovabili,  recante  modifica  e   successiva   abrogazione   delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), nonche' dal decreto del  Ministro
dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del mare e con il Ministro per i beni e
le  attivita'  culturali  10  settembre   2010   (Linee   guida   per
l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti  rinnovabili).  I
regimi di abilitazione alla costruzione di impianti di produzione  di
energia da fonti rinnovabili previsti dalle  disposizioni  richiamate
costituirebbero  infatti   principio   fondamentale   della   materia
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia». 
    Il  ricorrente  evidenzia,  analiticamente,  diversi  profili  di
contrasto della disposizione impugnata  con  i  parametri  interposti
evocati. 
    Innanzitutto censura le modifiche introdotte dall'art.  37  della
legge reg. n. 69 del 2012 all'art. 17, comma  2,  lettere  a)  e  b),
della legge  reg.  n.  39  del  2005  le  quali  prevedono  che  «Non
necessitano di titolo abilitativo, ai sensi della  presente  legge  e
della L.R.  n.  1/2005,  i  seguenti  interventi  laddove  realizzati
secondo  le  condizioni  stabilite  dal  PAER  e  dai   provvedimenti
attuativi dello stesso: 
    a) l'installazione di pannelli solari termici di sviluppo  uguale
o inferiore a 20 metri quadrati; 
    b) l'installazione di pannelli solari  termici  per  applicazioni
nel settore florovivaistico». 
    Tale disposizione violerebbe l'art. 117, terzo  comma,  Cost.  in
quanto disciplina il regime abilitativo per i suddetti interventi  in
modo difforme rispetto a quanto previsto dall'art. 7, commi  1  e  2,
del d.lgs. n. 28  del  2011.  Le  difformita'  sono  individuate  dal
ricorrente  nella   mancata   specificazione   della   tipologia   di
comunicazione  alla  quale  gli  interventi  in  esso  previsti  sono
soggetti, vale a dire se a quella di cui al  decreto  legislativo  30
maggio 2008, n. 115 (Attuazione della direttiva  2006/32/CE  relativa
all'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e
abrogazione della  direttiva  93/76/CEE),  ovvero  a  quella  di  cui
all'art. 6, comma 2, lettera a), del d.P.R. 6  giugno  2001,  n.  380
(Testo  unico  delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
materia edilizia). Inoltre la realizzazione degli impianti in  parola
non sarebbe subordinata alle condizioni previste dalla norma statale. 
    5.1.- Al fine di valutare la fondatezza delle censure proposte e'
necessario preliminarmente analizzare la disciplina dettata dall'art.
7, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 28 del 2011, evocato dall'Avvocatura  a
parametro interposto. 
    Tale disposizione ha ad oggetto il regime di autorizzazione degli
impianti di produzione di energia termica da fonti rinnovabili. 
    Il comma 1 riguarda gli interventi di installazione  di  impianti
solari termici. Essi sono considerati  attivita'  libera  subordinata
alla sola previa comunicazione di  cui  all'art.  11,  comma  3,  del
d.lgs. n. 115 del 2008 alle seguenti congiunte condizioni:  a)  siano
installati  impianti  aderenti  o  integrati  nei  tetti  di  edifici
esistenti con la stessa inclinazione e lo stesso  orientamento  della
falda e i cui componenti non  modifichino  la  sagoma  degli  edifici
stessi; b) la superficie dell'impianto non sia superiore a quella del
tetto su cui viene realizzato; c) gli  interventi  non  ricadano  nel
campo di applicazione del codice dei beni culturali e del  paesaggio,
di cui al d.lgs. n. 42 del 2004 e successive modificazioni. 
    Laddove ricorrano tali condizioni,  per  la  realizzazione  degli
impianti e' richiesta la mera comunicazione preventiva, anche per via
telematica, al Comune, secondo quanto previsto dall'art. 11, comma 3,
del d.lgs. n. 115 del 2008. 
    Il comma 2 dell'art. 7  disciplina  l'installazione  di  impianti
solari termici per  i  quali  ricorrano  congiuntamente  le  seguenti
condizioni: a) siano  realizzati  su  edifici  esistenti  o  su  loro
pertinenze, ivi inclusi i rivestimenti delle pareti verticali esterne
agli edifici; b) gli impianti siano realizzati al di fuori della zona
A), di cui al decreto del Ministro per i  lavori  pubblici  2  aprile
1968, n. 1444. 
    In questi casi gli impianti sono realizzati previa  comunicazione
secondo le modalita' definite dagli artt. 6, comma 2, lettera  a),  e
123, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001. 
    L'art. 6,  in  particolare,  stabilisce  che  gli  interventi  di
manutenzione straordinaria da essa previsti «possano essere  eseguiti
senza  alcun  titolo  abilitativo»  previa  comunicazione  al  Comune
dell'inizio dei lavori. Il comma 4 dello stesso art. 6, aggiunge che,
unitamente a tale comunicazione,  l'interessato  deve  trasmettere  i
dati identificativi dell'impresa cui saranno affidati i lavori e  una
relazione  tecnica,  provvista  di  data  certa  e  corredata   degli
opportuni elaborati progettuali, a firma  di  tecnico  abilitato,  il
quale assevera, sotto la propria responsabilita', che i  lavori  sono
conformi agli strumenti urbanistici  e  che  per  essi  la  normativa
statale e regionale non prevede il rilascio di un titolo abilitativo. 
    L'art. 123  del  medesimo  d.P.R.  n.  380  del  2001  rinvia  al
richiamato art. 6 e al regime ivi  previsto  per  l'installazione  di
impianti da fonti rinnovabili sugli edifici. 
    Il comma 5 dell'art. 7 del d.lgs. n. 28 del 2011, infine, prevede
che gli impianti di produzione di energia termica diversi  da  quelli
indicati sopra, i quali siano realizzati negli  edifici  esistenti  e
negli spazi liberi privati annessi  e  purche'  destinati  unicamente
alla produzione di acqua calda e aria per l'uso nei medesimi edifici,
sono soggetti alla previa comunicazione di cui all'art. 6 del  d.P.R.
n. 380 del 2001. 
    5.2.- L'art. 17 della legge reg. n. 39  del  2005,  al  comma  2,
stabilisce che sono considerati attivita' libera, e «non  necessitano
di titolo abilitativo ai sensi della presente legge e della  L.R.  n.
1/2005», tra gli altri: a) l'installazione di pannelli solari termici
di  sviluppo  uguale  o   inferiore   a   20   metri   quadrati;   b)
l'installazione di  pannelli  solari  termici  per  applicazioni  nel
settore florovivaistico. 
    Per questi interventi il comma 10 dell'art. 17 della  legge  reg.
dispone che l'interessato dia «preventiva comunicazione al comune». 
    La Regione nelle sue difese  sostiene  che  le  previsioni  della
norma statale asseritamente  violata  sono  pedissequamente  recepite
dall'art. 17 al comma 3, lettera b) e al comma 6 della legge reg.  n.
39  del  2005;  inoltre  che  la  disposizione   censurata   concerne
interventi diversi da quelli suddetti. 
    Questi sarebbero assoggettati ad attivita' libera in coerenza con
la normativa statale che gia' sottopone al solo regime edilizio  tali
interventi (art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001 e art. 11, comma 4, del
d.lgs. n. 115 del  2008)  nonche'  della  normativa  comunitaria  che
prevede percorsi semplificati  per  l'installazione  di  impianti  da
fonti rinnovabili al fine di incentivarne l'utilizzo. 
    La censura e' fondata. 
    Per cio' che concerne la ricostruzione iniziale, e' esatto quanto
sostiene la resistente. La normativa regionale recepisce, infatti, le
disposizioni dell'art. 7 del d.lgs. n. 28 del 2011  dal  momento  che
l'art. 17, comma 3, lettera b), della legge reg. n. 39 del 2005 ha un
disposto che richiama il contenuto dell'art. 7, comma  1,  mentre  il
comma 6 recepisce il disposto dell'art. 7, comma 2, del d.lgs. n. 28. 
    Tuttavia, la disposizione regionale impugnata ha ad  oggetto  due
specifiche tipologie di impianti solari termici e  cioe'  i  pannelli
solari di sviluppo uguale  o  inferiore  a  20  metri  quadrati  e  i
pannelli solari per applicazioni nel settore florovivaistico. Poiche'
questi  impianti  sono  descritti  unicamente  con  riferimento  alle
suddette caratteristiche, risultano  diversi  da  quelli  considerati
dalla  norma  statale,  potendo  trattarsi  di  pannelli  solari  non
collocati su edifici esistenti o che comunque non  ne  rispettino  le
dimensioni e le  caratteristiche.  Tali  interventi  sono,  altresi',
assoggettati dal legislatore  regionale  ad  un  regime  ancora  piu'
semplificato rispetto a quello dettato dall'art. 7 del d.lgs.  n.  28
del 2011 dal  momento  che,  in  luogo  della  comunicazione  di  cui
all'art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001 - la quale, come  si  e'  detto
sopra, richiede anche ulteriori adempimenti tra cui, in  particolare,
la presentazione di una relazione tecnica - prevede (art.  17,  comma
10) la mera comunicazione al Comune  e  cioe'  un  regime  analogo  a
quello dell'art. 11, comma 3, del d.lgs. n. 115  del  2008  riservato
dal legislatore  statale  solo  a  particolari  interventi,  comunque
diversi da quelli in oggetto. 
    Questa Corte, occupandosi piu' volte della materia, ha  affermato
che la normativa del d.lgs. n. 28  del  2011  «e'  espressione  della
competenza statale in materia di energia,  poiche'  detta  il  regime
abilitativo per  gli  impianti  non  assoggettati  all'autorizzazione
unica,  regime  da  applicarsi  in  tutto  il  territorio  nazionale»
(sentenza n. 272 del 2012). 
    Inoltre, nella sentenza  n.  313  del  2010  (avente  ad  oggetto
proprio   la   legge   reg.   n.   39   del   2005)   ha   dichiarato
costituzionalmente   illegittime   quelle    disposizioni    che    o
assoggettavano a DIA o deregolamentavano, qualificando come attivita'
libera, interventi che, ai sensi della normativa,  statale  avrebbero
dovuto  essere  assoggettati  ad  autorizzazione  unica.  La  ragione
dell'illegittimita' costituzionale  di  tali  disposizioni  e'  stata
individuata nel fatto che  le  procedure  previste  dalla  disciplina
statale sono volte a consentire il vaglio  dei  molteplici  interessi
coinvolti (per la tutela dei quali e' disposta la  partecipazione  di
soggetti diversi alla conferenza di servizi prevista per il  rilascio
dell'autorizzazione). 
    Le medesime considerazioni possono svolgersi con riguardo al caso
di specie. La Regione, nell'estendere il  regime  semplificato  della
mera comunicazione ad interventi ulteriori rispetto a quelli previsti
dalla normativa statale, ha violato il principio  fondamentale  nella
materia dell'energia  costituito  dalla  disciplina  del  regime  dei
titoli abilitativi dettata dall'art. 7 del d.lgs. n. 28 del 2011. 
    6.- L'art. 37 della legge reg. n. 69 del 2012  e'  poi  censurato
nella parte in cui modifica l'art. 17, comma  2,  lettera  f),  della
legge reg. n. 39 del 2005. La disposizione legislativa inserisce alla
lettera f) «l'installazione  di  impianti  di  produzione  energetica
alimentati a biomassa fino a 0,5 megawat termici» tra gli  interventi
che «non necessitano di titolo abilitativo ai  sensi  della  presente
legge e della L.R. n. 1/2005, [...] laddove [essi  siano]  realizzati
secondo  le  condizioni  stabilite  dal  PAER  e  dai   provvedimenti
attuativi dello stesso». 
    L'Avvocatura dello Stato ha dedotto la  violazione  dell'art.  6,
comma 11, del d.lgs. n. 28 del 2011  che  consente  alle  Regioni  di
estendere il regime dell'attivita' libera agli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, purche' aventi potenza nominale fino a 50 KW. 
    Secondo la difesa regionale,  tali  censure  sarebbero  prive  di
pregio dal momento che la norma statale, richiamando le "Linee guida"
dettate dal d.m. 10 settembre 2010, si riferirebbe solo agli impianti
di  produzione  di  energia  elettrica,  mentre  la  norma  regionale
riguarderebbe gli impianti di produzione di energia termica. 
    6.1.- La censura e' fondata. 
    L'art. 6, comma 11, del d.lgs. n. 28 del 2011, di cui si  lamenta
la  violazione,  stabilisce  che  «La  comunicazione  relativa   alle
attivita' in edilizia libera, di cui ai paragrafi 11 e 12 delle linee
guida adottate ai  sensi  dell'articolo  12,  comma  10  del  decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n. 387  continua  ad  applicarsi,  alle
stesse condizioni e modalita', agli impianti ivi previsti. Le Regioni
e  le  Province  autonome   possono   estendere   il   regime   della
comunicazione di cui al precedente periodo ai  progetti  di  impianti
alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale fino  a  50  kW,
nonche'  agli  impianti  fotovoltaici  di  qualsivoglia  potenza   da
realizzare sugli edifici, fatta salva la  disciplina  in  materia  di
valutazione di impatto ambientale e di tutela delle risorse idriche». 
    Nel procedere all'esame di questa censura e' necessario fare  una
premessa  che  precisi  l'incidenza  che,  nel  processo   valutativo
demandato a questa Corte, assumono atti di normazione secondaria che,
come le "Linee guida", costituiscono,  in  un  ambito  esclusivamente
tecnico, il completamento del principio contenuto nella  disposizione
legislativa. Se e' ovvio che essi, qualora autonomamente  presi,  non
possono assurgere al rango  di  normativa  interposta,  altra  e'  la
conclusione cui deve  giungersi  ove  essi  vengano  strettamente  ad
integrare, in settori squisitamente tecnici,  la  normativa  primaria
che ad essi rinvia. In detti campi applicativi essi vengono ad essere
un corpo unico con la disposizione legislativa che li prevede  e  che
ad  essi   affida   il   compito   di   individuare   le   specifiche
caratteristiche della fattispecie tecnica che, proprio perche' frutto
di  conoscenze  periferiche  o  addirittura  estranee  a  quelle   di
carattere giuridico le quali necessitano di applicazione uniforme  in
tutto il territorio nazionale,  mal  si  conciliano  con  il  diretto
contenuto di un atto legislativo. Non a caso per la loro  definizione
e'  prevista  una  procedura  partecipativa  estremamente  ampia   ed
articolata. Poiche' essi, come  si  e'  detto,  fanno  corpo  con  la
disposizione legislativa che ad essi rinvia, il loro mancato rispetto
comporta la violazione della norma interposta e determina,  nel  caso
si verta nelle materie di cui al terzo comma dell'art.  117  Cost.  e
qualora  la   norma   interposta   esprima   principi   fondamentali,
l'illegittimita' costituzionale della norma censurata. 
    Si tratta, peraltro, di principi gia' espressi da  questa  Corte,
quando ha affermato (sentenza n. 275  del  2011)  che:  «Il  d.m.  10
settembre 2010 contiene norme  finalizzate  a  disciplinare,  in  via
generale  ed  astratta,  il  procedimento  di   autorizzazione   alla
installazione degli impianti alimentati da  fonti  rinnovabili,  alle
quali sono vincolati tutti i soggetti, pubblici e privati,  coinvolti
nell'attivita' in questione». O quando, con molteplici  pronunce  (ex
multis: sentenze nn. 344 e 168 del  2010)  si  e'  affermato  che  in
assenza delle suddette "Linee guida" era  preclusa  alle  Regioni  la
possibilita'  di  determinare  l'individuazione  dei  parchi   eolici
«poiche' l'indicazione da parte delle  Regioni  dei  luoghi  preclusi
alla costruzione dei suddetti impianti puo' avvenire solo  a  seguito
dell'approvazione  delle  linee  guida  nazionali  per  il   corretto
inserimento degli  impianti  eolici  nel  paesaggio  da  parte  della
Conferenza unificata ex art. 12, comma 10,  del  d.lgs.  n.  387  del
2003». 
    Si e' in presenza, come si e' detto, di un canone  interpretativo
di  carattere  generale,  avendo  questa  Corte,  anche  recentemente
(sentenza n. 62 del 2013) ribadito che «nelle materie  di  competenza
concorrente, allorche' vengono attribuite funzioni  amministrative  a
livello centrale allo scopo di individuare norme  di  natura  tecnica
che  esigono  scelte  omogenee  su  tutto  il  territorio   nazionale
improntate all'osservanza di standard  e  metodologie  desunte  dalle
scienze,  il  coinvolgimento  della  Conferenza  Stato  Regioni  puo'
limitarsi all'espressione di un parere obbligatorio (sentenze n.  265
del 2011, n. 254 del 2010, n. 182 del 2006,  n.  336  e  n.  285  del
2005). In tali  casi  la  disciplina  statale  costituisce  principio
generale della materia (sentenze n. 254 del 2010 e n. 182 del 2006)» 
    Cio' precisato, occorre osservare che le  "Linee  guida"  dettate
dal  d.m.  10  settembre  2010  al  paragrafo   12.3,   lettera   a),
assoggettano a comunicazione la realizzazione di impianti  alimentati
a biomasse purche' «operanti in assetto cogenerativo» e  «aventi  una
capacita' di generazione massima inferiore a 50 kWe». 
    Il paragrafo 12.4 assoggetta a DIA (oggi  «procedura  abilitativa
semplificata» - PAS - ai sensi dell'art. 6 del d.lgs. n. 28 del 2011)
gli impianti di generazione elettrica alimentati da biomasse i  quali
abbiano una capacita' di generazione massima inferiore  a  1.000  kWe
ovvero a 3.000 kWt. 
    Le "Linee guida", pertanto, nell'individuare  il  diverso  regime
abilitativo degli impianti alimentati da biomasse, fanno  riferimento
tanto ad un limite di potenza espresso in kW elettrici, quanto ad  un
limite espresso in kW termici. 
    Tutto cio'  considerato,  si  rileva  che,  mentre  la  normativa
statale stabilisce che gli impianti alimentati da biomassa che  hanno
una  capacita'  di  generazione  massima  fino  a  3.000   kWt   sono
assoggettati  alla  PAS  (procedura  abilitativa  semplificata),   la
disposizione regionale invece assoggetta gli impianti, con  capacita'
di produzione fino a 0,5 MWt (e cioe' 500 kWt) ad un  regime  diverso
rispetto a quello previsto dalle  disposizioni  statali,  richiedendo
per la loro realizzazione la semplice comunicazione  (secondo  quanto
disposto dall'art. 17, commi 2, lettera f, e 10). 
    Tale intervento regionale contrasta, dunque, con quanto  previsto
dall'art. 6, comma 11, del d.lgs. n. 28 del 2011, il  quale  consente
alle  Regioni  di   estendere   il   regime   semplificato   soltanto
limitatamente agli impianti con potenza nominale fino a 50 kW. 
    Pertanto la disposizione impugnata  contrasta  con  la  normativa
statale concernente la disciplina dei titoli abilitativi di  tal  che
essa, violando un principio fondamentale in materia della «produzione
e trasporto di energia», deve  essere  dichiarata  costituzionalmente
illegittima. 
    7.- L'art. 37 della legge reg. n. 69 del 2012  e'  poi  censurato
nella parte in cui modifica l'art. 17, comma  3,  lettera  a),  della
legge reg. n. 39 del 2005, assoggettando al  regime  della  attivita'
libera l'installazione  di  singoli  generatori  eolici  con  altezza
complessiva non superiore ad 1,5 metri e diametro non superiore  a  1
metro. 
    Ad avviso dell'Avvocatura, la disposizione contrasterebbe con  il
combinato disposto dell'art. 6, comma 11, del d.lgs. n. 28 del 2011 e
del paragrafo 12.5, lettera a), del d.m. 10 settembre 2010, in quanto
non rispetterebbe i  limiti  posti  da  tale  disposizione  la  quale
prevede il regime della comunicazione per i singoli generatori eolici
purche' collocati su edifici esistenti e aventi una potenza  nominale
massima di 50 KW. 
    7.1.- La censura non e' fondata. 
    Come si e' innanzi detto, l'art. 6, comma 11, del  d.lgs.  n.  28
del  2011  consente  alle  Regioni  di  estendere  il  regime   della
comunicazione  di  cui  alle  Linee  guida  ad  impianti   da   fonti
rinnovabili  con  potenza  fino  a  50  KW  nonche'   agli   impianti
fotovoltaici di qualunque potenza da realizzare sugli edifici. 
    Il paragrafo 12.5, lettera a), delle "Linee guida"  assoggetta  a
comunicazione la realizzazione degli impianti eolici  installati  sui
tetti degli edifici esistenti purche' si tratti di singoli generatori
eolici con altezza complessiva non superiore a 1,5 metri  e  diametro
non superiore ad un metro e purche' gli interventi non  ricadano  nel
campo di applicazione del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.  42
(Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10
della legge 6 luglio 2002, n. 137). 
    Cio' posto, si osserva che l'art. 6, comma 11, del d.lgs.  n.  28
del  2011,  al  primo  periodo,  stabilisce  che  il   regime   della
comunicazione previsto dai paragrafi 11  e  12  delle  "Linee  guida"
continua ad  applicarsi  alle  stesse  condizioni  e  modalita'  agli
impianti ivi previsti. Cio' significa che la previsione  del  secondo
periodo del comma 11  dell'art.  6,  che  consente  alle  Regioni  di
estendere il regime  semplificato,  concerne  interventi  diversi  ed
ulteriori rispetto a quelli gia' contemplati dalle Linee guida ed  e'
pertanto solo ad essi che si applica il limite dei 50 KW. 
    La disposizione regionale, invece, e' conforme a quanto  statuito
dal paragrafo 12.5, lettera a), delle "Linee guida".  Essa,  inoltre,
appare rispettosa di quanto  previsto  dall'art.  11,  comma  3,  del
d.lgs. n. 115 del  2008  il  quale  dispone  espressamente  che  «gli
interventi di incremento  dell'efficienza  energetica  che  prevedano
l'installazione di singoli generatori eolici con altezza  complessiva
non superiore a 1,5 metri e diametro non superiore a  1  metro  [...]
sono considerati interventi di manutenzione ordinaria» e per essi  e'
sufficiente una «comunicazione preventiva al Comune». 
    8.- Il Presidente del  Consiglio  impugna,  inoltre,  l'art.  17,
comma 5, lettere a), b) e c), della legge reg. n. 39 del  2005,  come
modificato dall'art. 37 della legge reg. n. 69  del  2012,  il  quale
stabilisce che «Nel rispetto di  quanto  disposto  dall'articolo  80,
comma 2, lettera a), e comma 5, della L.R. n. 1/2005, non necessitano
di  titolo  abilitativo,  anche  ai  sensi  della   presente   legge,
l'installazione degli impianti di produzione energetica aventi  tutte
le seguenti  caratteristiche:  a)  realizzati  in  edifici  esistenti
sempre che non alterino i  volumi  e  le  superfici,  non  comportino
modifiche  delle  destinazioni  d'uso,  non   riguardino   le   parti
strutturali dell'edificio, non comportino aumento  del  numero  delle
unita'  immobiliari  e  non  implichino  incremento   dei   parametri
urbanistici; b) laddove vi sia produzione di  energia  elettrica,  la
relativa capacita' di generazione sia compatibile con  il  regime  di
scambio sul posto; c) laddove vi sia produzione di calore, questo sia
destinato alla climatizzazione  o  alla  produzione  di  acqua  calda
sanitaria dell'edificio stesso». 
    Il ricorrente lamenta la violazione dell'art.  117,  terzo  comma
Cost., perche' la disposizione impugnata si porrebbe in contrasto con
i principi  fondamentali  in  materia  di  energia.  Diversi  sono  i
parametri interposti che si assumono violati dalla  disposizione.  In
particolare: la lettera a) dell'art. 17, comma 5, contrasterebbe  con
l'art.  6,  comma  11,  del  d.lgs.  n.  28  del  2011   in   quanto,
nell'assoggettare al regime della comunicazione anche gli impianti di
produzione  di  energia  elettrica  e  termica  alimentati  da  fonti
rinnovabili, non fissa il limite di potenza fino a  50  KW  stabilito
dalla normativa statale; la lettera b) assoggetta a comunicazione  di
inizio lavori gli impianti che producono energia elettrica aventi una
capacita' di generazione compatibile con il  regime  di  scambio  sul
posto (i quali sono quelli con capacita' di generazione fino a 200 KW
e  in  taluni  casi  superiore)  in  contrasto  con  quanto  statuito
dall'art. 6, comma 11, del d.lgs. n. 28 del 2011 il quale prevede per
l'applicazione del regime della comunicazione il  limite  di  potenza
fino a 50 KW; la lettera c) contrasterebbe con l'art. 7, commi 1 e 2,
del d.lgs. n. 28 del 2011 in quanto assoggetta  a  comunicazione  gli
impianti solari senza richiamare le condizioni previste  dalla  legge
statale  ed  in  quanto  non  specifica  a  quale  comunicazione   la
disposizione regionale faccia riferimento, se  a  quella  di  cui  al
d.P.R. n. 380 del 2001, ovvero a quella di cui al d.lgs. n.  115  del
2008. 
    La disposizione impugnata, inoltre, contrasterebbe con l'art.  7,
comma 5, del d.lgs. n. 28 del 2011 perche' consente  la  collocazione
di detti impianti anche oltre i casi previsti dalla normativa statale
(edifici e spazi liberi privati annessi). 
    8.1.- La censura non e' fondata. 
    Il comma 5  dell'art.  17  individua  le  condizioni  che  devono
sussistere congiuntamente perche' gli  interventi  in  esso  previsti
siano assoggettati al regime della libera attivita'. 
    La disposizione contempla due tipi  di  interventi.  Innanzitutto
quelli descritti dal combinato disposto delle lettere a) e b), vale a
dire l'installazione di impianti di produzione di  energia  elettrica
in edifici esistenti che non alterino i volumi e  le  superfici,  non
comportino modifiche delle  destinazioni  d'uso,  non  riguardino  le
parti strutturali dell'edificio, non comportino  aumento  del  numero
delle unita' immobiliari e non implichino  incremento  dei  parametri
urbanistici,  i  quali,  nel  caso  vi  sia  produzione  di   energia
elettrica, abbiano capacita' di generazione compatibile con il regime
di scambio sul posto. 
    La disposizione regionale stabilisce che l'installazione di  tali
impianti, «nel rispetto di quanto disposto  dall'art.  80,  comma  2,
lettera a), e comma 5», della legge della Regione Toscana  3  gennaio
2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio),  non  necessita  di
titolo abilitativo. 
    Le   disposizioni   richiamate   prevedono   il   regime    della
comunicazione, assoggettandolo ad una disciplina del tutto analoga  a
quella dettata dall'art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001, vale  a  dire,
la previa comunicazione, anche per via  telematica,  dell'inizio  dei
lavori da parte dell'interessato all'amministrazione  comunale  e  la
trasmissione di una relazione  tecnica  provvista  di  data  certa  e
corredata degli  opportuni  elaborati  progettuali,  a  firma  di  un
tecnico   abilitato,   il   quale   asseveri,   sotto   la    propria
responsabilita',  che  i  lavori   sono   conformi   agli   strumenti
urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti e che per essi
le  vigenti  norme  non  prevedono  la  formazione   di   un   titolo
abilitativo. 
    Cio' posto, si osserva che gli interventi  contemplati  dall'art.
17, comma 5, lettere a) e b), corrispondono a quelli gia' previsti da
disposizioni statali. 
    In particolare, le "Linee guida" al paragrafo 12.3,  lettera  b),
assoggettano gli impianti alimentati da biomasse,  gas  di  discarica
ecc., al regime della comunicazione laddove si tratti  di  interventi
che «non alterino i volumi e le superfici, non  comportino  modifiche
delle  destinazioni  di  uso,  non   riguardino   parti   strutturali
dell'edificio,  non  comportino  aumento  del  numero  delle   unita'
immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici» ed
inoltre abbiano «una capacita'  di  generazione  compatibile  con  il
regime di scambio sul posto». 
    Il paragrafo 12.7, lettera a), prevede le medesime condizioni per
gli impianti idroelettrici e geotermici. 
    L'art. 123 del d.P.R. n. 380 del  2001  al  secondo  periodo  del
comma 1 stabilisce che gli interventi  di  utilizzo  delle  fonti  di
energia rinnovabili in  edifici  ed  impianti  industriali  non  sono
soggetti  ad  autorizzazione  specifica  e   sono   assimilati   alla
manutenzione straordinaria di cui all'art. 3, comma  1,  lettera  a),
dello stesso decreto. Il paragrafo 11.7 delle "Linee  guida"  precisa
che tale disposizione deve intendersi riferita a  «quegli  interventi
in edifici ed impianti industriali  esistenti  in  cui  gli  impianti
hanno una capacita' di  generazione  compatibile  con  il  regime  di
scambio sul posto». 
    Tali tipi di interventi sono assoggettati dall'art. 6,  comma  2,
lettera a), e comma 4,  del  d.P.R.  n.  380  del  2001  alla  previa
comunicazione,  sempre  che  «non  riguardino  le  parti  strutturali
dell'edificio,  non  comportino  aumento  del  numero  delle   unita'
immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici». 
    Dall'esame  complessivo  delle  disposizioni  richiamate,  appare
chiaro come la disciplina dettata dall'art. 17, comma 5, lettere a) e
b), della legge reg. n. 39  del  2005  sia  conforme  alla  normativa
statale concernente i medesimi impianti, laddove invece, l'art. 6 del
d.lgs. n. 28 del  2011,  di  cui  lo  Stato  lamenta  la  violazione,
concerne interventi ulteriori e diversi rispetto a quelli in oggetto. 
    8.2.- La seconda tipologia di interventi  disciplinata  dall'art.
17 risulta dal combinato disposto delle lettere a) e  c).  Si  tratta
dell'installazione degli impianti di produzione energetica realizzati
in  edifici  esistenti,  sempre  che  non  alterino  i  volumi  e  le
superfici, non comportino modifiche  delle  destinazioni  d'uso,  non
riguardino le parti strutturali dell'edificio, non comportino aumento
del numero delle unita' immobiliari e non implichino  incremento  dei
parametri urbanistici, i quali producano  calore  che  sia  destinato
alla climatizzazione o  alla  produzione  di  acqua  calda  sanitaria
dell'edificio stesso. Anche  tali  interventi  sono  assoggettati  al
medesimo regime semplificato visto sopra della comunicazione  di  cui
all'art. 80 della legge reg. n. 1 del 2005. 
    Il ricorrente sostiene che tale disposizione  contrasterebbe  con
l'art. 7, commi 1 e 2, del d.lgs.  n.  28  del  2011:  a)  in  quanto
prevede la comunicazione  senza  tuttavia  richiamare  le  condizioni
previste dalla legge statale; b) in  quanto  non  specifica  a  quale
comunicazione essa faccia riferimento, se a quella di cui  al  d.P.R.
n. 380 del 2001, ovvero a quella del d.lgs. n. 115 del 2008.  Inoltre
violerebbe l'art. 7, comma 5, perche' consentirebbe  la  collocazione
di detti impianti anche oltre i casi previsti dalla normativa statale
(edifici e spazi liberi privati annessi). 
    Anche tali censure non sono fondate. 
    Innanzitutto si rileva che il richiamo all'art. 7, commi 1  e  2,
del d.lgs. n. 28 del 2011, e' inconferente in quanto esso  disciplina
interventi diversi da quelli contemplati dalla disposizione impugnata
e per i quali la legge regionale detta una disciplina uguale a quella
prevista dalla norma statale (cfr. art. 17, comma  3,  lettera  b,  e
comma 6). 
    La  norma  impugnata,  a  differenza  di  quanto  sostenuto   dal
ricorrente, riproduce la disciplina statale risultante dal  combinato
disposto dell'art. 7, comma 5, del d.lgs. n. 28 del 2011 e  dell'art.
6, comma 2, lettera a), e comma 4, del d.P.R. n. 380 del 2001. 
    Essa,  infatti,  contempla  impianti  di  produzione  di  energia
termica diversi da quelli previsti dai commi 1 e 2  dell'art.  7  del
d.lgs. n. 28 del 2011. Mentre tale ultima disposizione ha ad  oggetto
gli impianti solari termici aderenti e integrati nei tetti di edifici
esistenti, ovvero posti su tali edifici, la disposizione impugnata fa
riferimento a impianti realizzati all'interno di edifici esistenti  e
destinati alla produzione di acqua  calda  e  aria  per  gli  edifici
stessi. Essa, inoltre, richiede il rispetto dei parametri urbanistici
e degli altri requisiti previsti dall'art. 6, comma  2,  lettera  a),
dal d.P.R. n. 380 del 2001. 
    Non fondata e' anche la censura relativa  alla  asserita  mancata
specificazione  di  quale  tipologia  di   comunicazione   troverebbe
applicazione riguardo agli interventi in parola. 
    Infatti, come si e'  gia'  detto,  la  norma  regionale  richiama
l'art. 80, commi 2, lettera a), e 5, della legge reg. n. 1  del  2005
che prevede il medesimo regime di cui all'art. 6, comma 2, del d.P.R.
n. 380 del 2001. 
    9.- Il Presidente del Consiglio ha, infine, impugnato l'art.  17,
comma 11, della legge reg. n. 39 del 2005 come modificato dalla legge
reg. n. 69 del 2012. 
    Tale disposizione  stabilisce  che  «Non  necessitano  di  titolo
abilitativo, ai sensi della presente legge e della L.R. n. 1/2005, le
modifiche e manutenzioni degli impianti di cui agli articoli 11,  13,
15, 16, comma  3,  e  16-bis,  comma  4,  esistenti  o  in  corso  di
realizzazione, salvo quanto previsto  dall'articolo  16,  comma  4  e
dall'articolo 16-bis, comma 5». 
    Il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 117,  terzo  comma,
Cost. in quanto  la  disposizione  impugnata  contrasterebbe  con  il
principio  fondamentale  della  materia   «produzione   trasporto   e
distribuzione nazionale dell'energia» dettato dall'art. 5,  comma  3,
del d.lgs. n. 28 del 2011 il quale in via transitoria assoggetta alla
procedura  abilitativa  semplificata  (PAS)  le  sole  modifiche  non
sostanziali e per i soli impianti esistenti, mentre per le  modifiche
sostanziali,  in  attesa   della   adozione   di   apposito   decreto
interministeriale, fa salvo il principio della identita' di forma tra
il provvedimento abilitativo originario e la sua variante. 
    In particolare, l'art. 5, comma 3, richiamato stabilisce che «Con
decreto del Ministro dello sviluppo economico,  di  concerto  con  il
Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  e  del  mare,
previa intesa con la Conferenza unificata, di cui all'articolo 8  del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n.  281,  sono  individuati,  per
ciascuna tipologia di impianto e di fonte, gli interventi di modifica
sostanziale degli impianti da assoggettare ad  autorizzazione  unica,
fermo restando  il  rinnovo  dell'autorizzazione  unica  in  caso  di
modifiche  qualificate  come  sostanziali  ai   sensi   del   decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Fino all'emanazione del decreto di
cui al periodo precedente non sono  considerati  sostanziali  e  sono
sottoposti alla disciplina di cui all'articolo 6  gli  interventi  da
realizzare  sugli  impianti  fotovoltaici,  idroelettrici  ed  eolici
esistenti, a prescindere dalla potenza nominale, che  non  comportano
variazioni  delle  dimensioni   fisiche   degli   apparecchi,   della
volumetria delle strutture e  dell'area  destinata  ad  ospitare  gli
impianti stessi, ne' delle opere  connesse.  Restano  ferme,  laddove
previste, le procedure di verifica di assoggettabilita' e valutazione
di impatto ambientale di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152. Per gli impianti  a  biomassa,  bioliquidi  e  biogas  non  sono
considerati sostanziali i rifacimenti parziali e  quelli  totali  che
non modifichino la  potenza  termica  installata  e  il  combustibile
rinnovabile utilizzato». 
    La questione non e' fondata nei termini di seguito specificati. 
    Il ricorrente sostiene che  la  norma  regionale  assoggetterebbe
tutte le modifiche impiantistiche, a prescindere  dalla  loro  natura
sostanziale, al regime  della  libera  attivita',  in  contrasto  con
quanto stabilito in via transitoria dall'art. 5, comma 3, del  d.lgs.
n. 28 del 2011. 
    In realta', l'art. 17, comma 11, stabilisce che  non  necessitano
di titolo abilitativo le manutenzioni e le  modifiche  di  tutti  gli
impianti esistenti che non rientrino tra quelle per cui  e'  prevista
la PAS ai sensi dell'art. 16-bis,  comma  5,  o  la  SCIA,  ai  sensi
dell'art. 16,  comma  4.  Nulla  prevede  invece  con  riguardo  alle
modifiche sostanziali. 
    La  mancanza  di  un  espresso  richiamo  a  tale  tipologia   di
modificazioni non puo' tuttavia essere interpretata nel senso che  le
medesime  siano  senz'altro  assoggettate  al  regime  della   libera
attivita', tanto piu' in presenza di  una  specifica  disciplina  per
tipologie di modifiche meno incisive, dettata dagli art. 16, comma 4,
e 16-bis, comma 5. 
    In realta', le modifiche sostanziali devono  ritenersi  rientrare
nell'art.  13  della  legge  reg.  n.  39  del  2005  il  quale,  nel
disciplinare l'autorizzazione  per  gli  impianti  di  produzione  di
energia elettrica da fonti rinnovabili, al comma 10 rinvia per quanto
da esso non disciplinato alle norme di cui al d.lgs. n. 28 del 2011. 
    Pertanto, la norma regionale impugnata deve  essere  interpretata
nel senso che essa sottopone al  regime  semplificato  unicamente  le
modifiche non sostanziali. Per quelle sostanziali, invece,  in  forza
del rinvio operato dall'art. 13 della legge  reg.,  si  applicano  le
disposizioni contenute nell'art. 5, comma 3, del  d.lgs.  n.  28  del
2011. 
      
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  17  della
legge della  Regione  Toscana  3  dicembre  2012,  n.  69  (Legge  di
semplificazione dell'ordinamento regionale 2012); 
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  37  della
legge reg. Toscana n. 69 del 2012 nella parte in cui modifica  l'art.
17, comma 2, lettere a), b) ed f), della legge della Regione  Toscana
24 febbraio 2005, n. 39 (Disposizioni in materia di energia); 
    3)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 35 della legge reg. Toscana n. 69 del  2012,
promossa,  in  riferimento   all'art.   117,   terzo   comma,   della
Costituzione, dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  il
ricorso indicato in epigrafe; 
    4)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della legge reg.  Toscana  n.  69
del 2012, promosse, in riferimento all'art. 117, terzo comma,  Cost.,
dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato  in
epigrafe; 
    5)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 37 della legge reg. Toscana n. 69 del  2012,
nella parte in cui modifica  l'art.  17,  commi  3,  lettera  a),  5,
lettere a), b) e c), e 11, della legge reg. Toscana n. 39  del  2005,
promosse, in  riferimento  all'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  dal
Presidente del Consiglio dei ministri  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 gennaio 2014. 
 
                                F.to: 
                    Gaetano SILVESTRI, Presidente 
                  Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 27 gennaio 2014. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI