N. 17 SENTENZA 28 - 31 gennaio 2014

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Impiego pubblico  -  Proroga  dell'efficacia  delle  graduatorie  dei
  concorsi pubblici  -  Dirigenti  delle  Aziende  regionali  per  il
  diritto allo studio universitario (ADSU). 
- Legge della Regione Abruzzo 28 dicembre 2012, n. 71 (Misure per  il
  contenimento dei costi della selezione del personale nella  Regione
  Abruzzo, modifica alla legge regionale n. 91/94 e disposizioni  per
  il funzionamento  della  Struttura  del  Servizio  di  Cooperazione
  Territoriale - IPA), artt. 1, comma 1, e 2, commi 5, 6 e 7. 
-   
(GU n.7 del 5-2-2014 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Gaetano SILVESTRI; 
Giudici :Luigi MAZZELLA,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO,  Paolo
  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo
  GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1,  comma
1 e 2, commi 5, 6 e 7, della legge della Regione Abruzzo 28  dicembre
2012, n. 71 (Misure per il contenimento dei costi della selezione del
personale nella Regione Abruzzo, modifica  alla  legge  regionale  n.
91/94  e  disposizioni  per  il  funzionamento  della  Struttura  del
Servizio di Cooperazione Territoriale - IPA), promosso dal Presidente
del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il  26-28  febbraio
2013, depositato in cancelleria l'8 marzo 2013 ed iscritto al  n.  42
del registro ricorsi 2013. 
    Udito nell'udienza  pubblica  del  14  gennaio  2014  il  Giudice
relatore Luigi Mazzella; 
    udito l'avvocato dello Stato Vincenzo Rago per il Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 26-28 febbraio 2013, depositato  in
cancelleria l'8 marzo 2013 e iscritto al n. 42 del  registro  ricorsi
dell'anno 2013, il Presidente del Consiglio dei ministri ha  promosso
questioni di legittimita'  costituzionale,  in  riferimento  all'art.
117, commi secondo, lettera l), e terzo,  della  Costituzione,  degli
artt. 1, comma 1, e 2, commi 5, 6 e  7,  della  legge  della  Regione
Abruzzo 28 dicembre 2012, n. 71 (Misure per il contenimento dei costi
della selezione del personale nella Regione  Abruzzo,  modifica  alla
legge regionale n. 91/94 e disposizioni per  il  funzionamento  della
Struttura del Servizio di Cooperazione Territoriale - IPA). 
    1.1.-   Il   ricorrente   deduce,   anzitutto,   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 1, della  citata  legge  regionale.
Tale norma,  infatti,  disponendo  la  proroga  dell'efficacia  delle
graduatorie dei concorsi  pubblici  fino  al  31  dicembre  2014,  si
porrebbe in contrasto  con  l'art.  1,  comma  388,  della  legge  24
dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - Legge di  stabilita'  2013),  che
fissa il predetto termine  di  scadenza  al  30  giugno  2013,  cosi'
violando  l'articolo  117,  terzo  comma,  Cost.,   nell'ottica   del
«coordinamento della finanza  pubblica»,  cui  la  Regione,  pur  nel
rispetto della sua autonomia, non potrebbe derogare. 
    1.2.- Sarebbero, inoltre, illegittime le disposizioni di  cui  ai
commi 5, 6 e 7 dell'art. 2 della legge reg. n. 71 del  2012,  che  ha
sostituito l'art. 19 della legge della  Regione  Abruzzo  6  dicembre
1994, n. 91 (Norme sul diritto agli studi universitari in  attuazione
della legge 2 dicembre 1991, n. 390). 
    1.2.1.- In particolare, la disposizione di cui al citato comma  5
sarebbe illegittima nella parte in cui stabilisce  che,  in  caso  di
mancato rinnovo o mancato  conferimento  dell'incarico  al  personale
dirigente presente nei ruoli delle aziende per il diritto allo studio
universitario,  tale  personale,  considerato  in  esubero,  transiti
direttamente nei ruoli regionali. E cio', in quanto  tale  previsione
si  discosterebbe  dalle  procedure  previste  per  le  eccedenze  di
personale dall'art. 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165
(Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle  dipendenze  delle
amministrazioni  pubbliche),  violando,  in  tal  modo,  l'art.  117,
secondo comma, lettera l), Cost., che riserva l'«ordinamento civile»,
e quindi i rapporti di diritto privato regolabili dal  codice  civile
(e dai contratti collettivi), alla competenza esclusiva dello Stato. 
    1.2.2.-  Il  ricorrente  dubita,   infine,   della   legittimita'
costituzionale dei commi 6 e 7 dell'art. 2 della legge  regionale  in
oggetto. Tali disposizioni  prevedono  che,  in  caso  di  assenza  o
impedimento del dirigente, al  fine  di  garantire  il  funzionamento
delle aziende per il diritto allo studio universitario,  le  funzioni
attribuite allo stesso siano svolte, per tutto il tempo  dell'assenza
o impedimento, dal funzionario con il grado piu' elevato che abbia  i
requisiti per l'accesso alla qualifica dirigenziale  e  che,  per  il
periodo di svolgimento delle predette funzioni,  sia  riconosciuto  a
quest'ultimo il trattamento economico spettante al dirigente. 
    Cosi'   riformulati,   pero',   i   commi   in   questione    non
consentirebbero di ricondurre l'attribuzione delle funzioni in parola
ne' all'istituto della reggenza, ne' a  quello  dell'assegnazione  di
mansioni  superiori.  Difatti,  il   ricorrente   sostiene   che   il
conferimento delle mansioni superiori non  potrebbe  essere  disposto
nei casi in cui  queste  comportino  il  passaggio  dal  livello  del
comparto a quello  della  dirigenza,  mentre,  ove  si  trattasse  di
reggenza (come a suo avviso dovrebbe), il reggente non dovrebbe avere
diritto all'incremento  della  retribuzione,  come  risulta,  invece,
dall'impugnato comma 7. Per di piu', il ricorrente  denuncia  che  il
censurato  comma  6,  disciplinando   il   periodo   dell'assenza   o
impedimento del dirigente, non  specifica  che  l'attribuzione  delle
funzioni debba valere, comunque,  per  il  solo  tempo  necessario  a
provvedere alla sostituzione del dirigente e non per tutto  il  tempo
in  cui  perdurino  l'assenza  o  l'impedimento.  Anche  le  predette
disposizioni, dunque, violerebbero la normativa vigente in materia di
pubblico impiego e, pertanto, il gia' richiamato  art.  117,  secondo
comma, lettera l), Cost. 
    2.- La Regione Abruzzo non si e' costituita. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 26-28 febbraio 2013 e depositato in
cancelleria l'8 marzo 2013, il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso questioni di  legittimita'  costituzionale,  in  riferimento
all'art. 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione,
degli artt. 1, comma 1, e 2, commi  5,  6  e  7,  della  legge  della
Regione Abruzzo 28 dicembre 2012, n. 71 (Misure per  il  contenimento
dei costi  della  selezione  del  personale  nella  Regione  Abruzzo,
modifica  alla  legge  regionale  n.  91/94  e  disposizioni  per  il
funzionamento  della   Struttura   del   Servizio   di   Cooperazione
Territoriale - IPA). 
    1.1.- Il ricorrente ha dedotto, in primo luogo,  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 1, della  citata  legge  regionale.
Esso, infatti, disponendo la proroga dell'efficacia delle graduatorie
dei concorsi pubblici fino  al  31  dicembre  2014,  si  porrebbe  in
contrasto con l'art. 1, comma 388, della legge 24 dicembre  2012,  n.
228  (Disposizioni  per  la  formazione  del   bilancio   annuale   e
pluriennale dello Stato - Legge di stabilita'  2013),  che  fissa  il
predetto termine di scadenza al 30 giugno 2013, donde  la  denunciata
violazione dell'articolo 117, terzo  comma,  Cost.,  nell'ottica  del
coordinamento della finanza pubblica  asseritamente  inderogabile  da
parte della Regione. 
    Successivamente  alla  proposizione  del  ricorso,  tuttavia,  la
disciplina contenuta nella norma interposta richiamata dal Governo e'
stata modificata. In particolare, il termine del 30 giugno 2013, gia'
previsto dalla legge di stabilita' per il 2013,  e'  stato  prorogato
prima della scadenza, in un primo momento sino al 31  dicembre  2013,
dal d.P.C.m. 19 giugno 2013, recante «Proroga dei termini di scadenza
e dei regimi giuridici, adottato in attuazione dell'articolo 1, comma
394, della 24  dicembre  2012,  n.  228»,  che  gia'  prevedeva  tale
possibilita', indi, sino al 31 dicembre 2016, dall'art. 4,  comma  4,
del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 (Disposizioni urgenti per il
perseguimento  di  obiettivi  di  razionalizzazione  nelle  pubbliche
amministrazione), convertito, con modificazioni dall'art. 1, comma 1,
della legge 30 ottobre 2013, n. 125. 
    1.2.- Sarebbero, inoltre, illegittime le disposizioni di  cui  ai
commi 5, 6 e 7 dell'art. 2 della legge reg. n. 71 del  2012,  che  ha
sostituito l'art. 19 della legge della  Regione  Abruzzo  6  dicembre
1994, n. 91 (Norme sul diritto agli studi universitari in  attuazione
della legge 2 dicembre 1991, n. 390). 
    1.2.1.-La  disposizione  di  cui  al  citato  comma  5,   perche'
stabilisce che, in caso di mancato  rinnovo  o  mancato  conferimento
dell'incarico,  il  personale  dirigente  presente  nei  ruoli  delle
aziende per il diritto allo studio universitario  e'  considerato  in
esubero e transita direttamente nei ruoli regionali. Tale  previsione
sarebbe  difforme  dalle  procedure  previste  per  le  eccedenze  di
personale dall'art. 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165
(Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle  dipendenze  delle
amministrazioni pubbliche). Ne risulterebbe la lesione dell'art. 117,
secondo comma, lettera l), Cost., che riserva l'«ordinamento civile»,
e quindi i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile e
dai contratti collettivi, alla competenza esclusiva dello Stato. 
    1.2.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri dubita,  infine,
della legittimita' costituzionale dei commi 6 e 7 dell'art.  2  della
legge regionale in oggetto. Tali disposizioni prevedono che, in  caso
di assenza o impedimento del dirigente, le funzioni  di  quest'ultimo
siano svolte, per tutto il  tempo  dell'assenza  o  impedimento,  dal
funzionario con il grado piu'  elevato  che  abbia  i  requisiti  per
l'accesso  alla  qualifica  dirigenziale,   con   riconoscimento   al
sostituto, per il periodo di svolgimento delle predette funzioni, del
trattamento economico spettante al dirigente. In tal modo, pero',  la
normativa vigente in materia di pubblico impiego e, pertanto, il gia'
richiamato art. 117, secondo  comma,  lettera  l),  Cost.,  sarebbero
violati, in quanto l'attribuzione delle  funzioni  dirigenziali  come
disciplinata  dalla  normativa  regionale   censurata   non   sarebbe
riconducibile ne' alla "reggenza", in base alla quale  il  "reggente"
non dovrebbe avere  diritto  ad  alcun  incremento  retributivo,  ne'
all'adibizione a mansioni superiori, nella specie, in tesi,  preclusa
dal passaggio dal livello del comparto a quello della dirigenza. 
    2.- La questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 1, della legge della Regione Abruzzo 28 dicembre 2012, n. 71 e'
inammissibile  per  difetto  sopravvenuto  d'interesse  a  ricorrere.
Infatti, il descritto mutamento della normativa statale interposta ha
prodotto  un  sostanziale   riallineamento   alle   indicazioni   del
legislatore statale del termine di  scadenza  delle  graduatorie  dei
concorsi pubblici previsto dalla disposizione regionale impugnata. 
    In sostanza, il censurato art. 1, comma 1, della legge reg. n. 71
del 2012, per effetto delle proroghe del  termine  di  efficacia  dei
concorsi pubblici fissato dalla normativa statale, non ha mai  potuto
trovare applicazione in un periodo che non  fosse  stato  nelle  more
coperto  dallo  ius  superveniens  incidente  sulla   norma   statale
interposta. 
    Sicche', come gia' ritenuto da questa Corte  in  una  fattispecie
analoga (sentenza n. 32 del 2012),  non  e'  piu'  ravvisabile  alcun
interesse  del  Governo  a  coltivare  il  ricorso  sul  punto,   con
conseguente inammissibilita' di esso in parte qua. 
    3.- La questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  2,
comma 5, della legge reg. Abruzzo n. 71 del 2012 e', invece, fondata. 
    Va premesso che, ai sensi dell'art. 18 della legge  reg.  Abruzzo
n. 91 del 1994, ciascuna Azienda regionale per il diritto agli  studi
universitari (Azienda DSU) dispone di personale proprio in base  alla
rispettiva  pianta  organica,  anche  direttamente  assunto  «con  le
modalita' e le procedure di cui alla vigente normativa regionale». 
    La norma regionale impugnata considera  in  esubero  i  dirigenti
delle aziende per il diritto allo studio universitario, presenti  nei
ruoli di tali enti, ai quali l'incarico non  sia  stato  rinnovato  o
conferito. Conseguentemente, essa regola, con una propria disciplina,
il passaggio diretto di personale  dall'anzidetta  azienda  regionale
alla Regione. Realizza, cioe', una fattispecie che  sarebbe,  invece,
da  ascrivere   alle   eccedenze   di   personale   delle   pubbliche
amministrazioni e alla mobilita' collettiva regolate  dal  d.lgs.  n.
165 del 2001. In particolare, dall'art.  33  -  da  ultimo  novellato
dall'art.  16,  comma  1,  della  legge  12  novembre  2011,  n.  183
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - Legge di stabilita'  2012)  -  e  dal  successivo  art.
34-bis, aggiunto dall'art. 7, comma 1, della legge 16  gennaio  2003,
n.   3   (Disposizioni   ordinamentali   in   materia   di   pubblica
amministrazione). 
    Una tale  ipotesi  di  trasferimento  unilaterale  del  personale
dirigente  di  ruolo   dall'azienda   regionale   all'amministrazione
regionale s'inquadra perfettamente nella  dinamica  del  rapporto  di
lavoro e del relativo regime ed e',  quindi,  riconducibile  in  modo
piano alla materia dell'«ordinamento civile». Il predetto  passaggio,
infatti, opera nell'ambito di una  vicenda  lavorativa  unitaria  che
ininterrottamente  continua  alle  dipendenze  della  Regione:   alla
modificazione  soggettiva  del  rapporto  di  lavoro,   oltre   tutto
coattiva, non si accompagna la costituzione di un nuovo  rapporto  di
lavoro. 
    La norma regionale impugnata,  in  altre  parole,  incide  su  un
istituto, quale  e'  la  mobilita',  che  certamente  afferisce  alla
disciplina del  rapporto  di  lavoro  pubblico  (privatizzato).  Essa
invade, quindi, una sfera di competenza legislativa che  l'art.  117,
secondo comma, lettera l), Cost. riserva esclusivamente  allo  Stato.
Questa Corte ha piu' volte ricondotto alla materia  dell'«ordinamento
civile» le diverse forme e procedure di mobilita' nel lavoro pubblico
(sentenze n. 68 del 2011 e n. 324 del 2010). Come pure ha escluso che
la normativa statale sulla mobilita' collettiva  si  ingerisca  nelle
scelte delle Regioni e degli enti locali circa le  loro  esigenze  di
munirsi  di  nuovo  personale,  rilevando  trattarsi,  piuttosto,  di
«disciplina necessariamente di competenza dello Stato, in quanto solo
lo Stato puo' emanarne una con  efficacia  vincolante  per  tutte  le
amministrazioni pubbliche, centrali e locali, e far si' in  tal  modo
che gli elenchi del personale  in  mobilita'  (delle  amministrazioni
centrali e locali) non restino tra loro incomunicabili» (sentenza  n.
388 del 2004). 
    Oltre tutto, la disciplina dettata dalla  disposizione  regionale
censurata non e' neppure coerente con il regime  normativo  di  fonte
statale e  negoziale.  Difatti,  la  mobilita'  d'ufficio  cosiddetta
obbligatoria - regolata dagli artt. 33 e seguenti del d.lgs.  n.  165
del 2001, nonche' dalle previsioni  della  pertinente  contrattazione
collettiva  (per  quanto  qui  rileva,  dell'area   della   dirigenza
regionale e, segnatamente,  dall'art.  16  del  contratto  collettivo
nazionale di lavoro sottoscritto il  22  febbraio  2006)  -  mira  al
riassorbimento  delle  eccedenze  attraverso  una   procedura   cosi'
articolata.  In  primo  luogo,  si  verifica   la   possibilita'   di
riutilizzare  il  personale  in  situazione   di   eccedenza   o   di
sovrannumero presso l'ente pubblico di appartenenza o  altro.  In  un
secondo tempo - una volta appurato che il personale  in  esubero  non
possa essere impiegato diversamente nell'ambito della medesima  o  di
altre amministrazioni -  si  provvede  al  collocamento  di  esso  in
disponibilita' per la durata massima di ventiquattro mesi, decorsi  i
quali il rapporto di lavoro si intende  definitivamente  risolto.  In
altri termini, l'art. 33 del d.lgs. n. 165  del  2001  consente  che,
prima di essere collocati in disponibilita',  come  pure  durante  il
relativo periodo di sospensione del rapporto di lavoro, i  lavoratori
dichiarati  in  eccedenza  o  in  sovrannumero  («in  relazione  alle
esigenze funzionali o alla situazione finanziaria, anche in  sede  di
ricognizione  annuale»)   siano   ricollocati   presso   la   propria
amministrazione    (mediante    mobilita'    "interna")    o    altre
amministrazioni   (mediante   mobilita'   collettiva),    sempreche',
ovviamente,  sussista   una   posizione   lavorativa   dagli   stessi
alternativamente occupabile. 
    La disposizione regionale in oggetto, invece,  a  fronte  di  una
situazione,  quella  del  dirigente   di   Azienda   DSU   sprovvisto
d'incarico, che  essa  stessa  definisce  "in  esubero",  dispone  il
passaggio   diretto   nei   ruoli   regionali   di   tale   dirigente
"eccedentario", ma a prescindere dalla sussistenza, ed anzi -  e'  da
ritenere  -  anche  in  difetto,  di  una  posizione  lavorativa  ivi
effettivamente   disponibile.   Cio'   puo'   desumersi   agevolmente
dall'affrancamento della prescritta mobilita' automatica di  siffatto
personale dalla procedura di cui all'art. 33 del d.lgs.  n.  165  del
2001 (intesa alla ricerca di ogni concreta possibilita' di  reimpiego
presso l'amministrazione di  provenienza  o  altre,  prioritariamente
nell'ambito della stessa Regione) e dalla destinazione di  esso  «tra
il personale a disposizione della Direzione "Affari del Personale"». 
    L'inosservanza della disciplina di legge statale e di derivazione
contrattuale collettiva in tema di  esuberi  e  mobilita'  collettiva
rende, dunque, ancora piu'  evidente  la  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettera l), Cost. denunciata in capo alla disposizione
in oggetto. 
    Sicche', dev'essere  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 2, comma 5, della legge reg. n. 71 del 2012. 
    4.- Per ragioni analoghe e', altresi', fondata  la  questione  di
legittimita' dei commi 6 e 7 dell'art. 2 della legge reg. n.  71  del
2012, che dispongono l'assunzione temporanea delle relative funzioni,
in caso  di  assenza  o  impedimento  del  dirigente,  da  parte  del
funzionario di grado piu' elevato con i requisiti per l'accesso  alla
qualifica  dirigenziale,  con   attribuzione   a   quest'ultimo   del
trattamento economico spettante al dirigente. 
    La  normativa  in  oggetto  regola  una  specifica   ipotesi   di
assegnazione di personale ad altre mansioni (nella  specie  di  rango
dirigenziale), che tipicamente attiene allo svolgimento del  rapporto
di lavoro. Ne  concreta,  cioe',  una  modificazione  temporanea  con
riguardo al contenuto della prestazione lavorativa. Trattandosi di un
mutamento provvisorio di mansioni, la  relativa  disciplina  rientra,
dunque,  nella  materia  del  rapporto  di  lavoro   e,   per   esso,
dell'ordinamento civile. Con la conseguenza che gia' per questa  sola
ragione sussiste la lesione denunciata dal Presidente  del  Consiglio
dei ministri (in tal senso, sentenze n. 213 del 2013  e  n.  215  del
2012). 
    Neppure in questo  caso,  peraltro,  la  normativa  regionale  si
conforma a quella statale, quale risulta dalle disposizioni dell'art.
52 del d.lgs. n. 165 del 2001 e dalle corrispondenti previsioni della
contrattazione collettiva di riferimento. 
    L'art. 52, comma 2, lettere a) e b), del citato decreto, recepito
ed integrato dall'art. 8 del contratto collettivo nazionale di lavoro
per il comparto Regioni  ed  Autonomie  Locali,  sottoscritto  il  14
settembre  2000,  consente  l'assegnazione  di   mansioni   superiori
solamente in due ipotesi: 1) vacanza di posti in organico e per  soli
sei mesi, massimo dodici, ove siano state  avviate  le  procedure  di
copertura dei medesimi posti; 2) sostituzione di altro dipendente con
diritto alla conservazione del posto (escluse le ferie) per la durata
dell'assenza. In tutti gli altri  casi  la  destinazione  a  mansioni
superiori e' nulla e comporta responsabilita' dirigenziale. Tuttavia,
in applicazione del principio della retribuzione proporzionata  (alla
quantita' e qualita' del lavoro prestato) di cui all'art.  36  Cost.,
da  sempre  ritenuto  applicabile  anche  al  pubblico  impiego,   il
lavoratore illegittimamente preposto  a  mansioni  superiori  ha  pur
sempre diritto alla differenza di trattamento con la  qualifica  piu'
elevata, purche' le relative mansioni gli siano state  attribuite  in
modo  prevalente  sotto  il  profilo  quantitativo,   qualitativo   e
temporale. E cio', anche se si tratti  di  conferimento  di  mansioni
dirigenziali a un funzionario, che e'  reso  certamente  illegittimo,
secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, dalla diversita'
delle   "carriere"   e   dalla   considerazione   delle    specifiche
caratteristiche delle posizioni organizzative di livello dirigenziale
e delle relative attribuzioni regolate dal contratto di incarico  (in
tal senso, Cass., Sezione lavoro, sentenze n. 8529 del 2006, n. 10027
del 2007 e n. 16469 del 2007). 
    La  norma  regionale  impugnata,  invece,  non  solo  impone   al
funzionario di grado piu' elevato di assumere  funzioni  dirigenziali
«in  caso  di  assenza  o  impedimento  del  dirigente  derivante  da
qualsiasi motivo», ma gli riconosce il  piu'  favorevole  trattamento
economico   corrispondente   indipendentemente   dalla    valutazione
dell'impegno  concreto,  sotteso  all'espletamento   delle   mansioni
superiori, in  termini  di  preminenza  qualitativa,  quantitativa  e
temporale. 
    Inoltre, la stessa nozione di assenza o impedimento - che secondo
la  disposizione  regionale  impugnata  da'  luogo  al  subentro  del
funzionario di grado piu'  elevato  in  possesso  dei  requisiti  per
l'accesso alla dirigenza - si prospetta molto piu' ampia di quella di
"assenza con diritto alla conservazione  del  posto"  (per  malattia,
infortunio o altre cause tipiche di sospensione del rapporto) che  in
linea di principio giustifica il ricorso  alla  supplenza  con  altro
personale  di  rango   inferiore.   Espressioni   come   "assenza   o
impedimento", infatti, evocano multiformi situazioni  contingenti  di
ostacolo  fisico:  temporanea  lontananza  dall'ufficio,   l'assenza;
svariate difficolta' di ordine  pratico,  l'impedimento.  Ed  a  tali
evenienze si  potrebbe  sopperire,  per  la  breve  durata  del  loro
protrarsi, anche con l'esercizio di potesta'  vicarie,  che  non  da'
luogo  al  diritto  alla  retribuzione   superiore   per   il   tempo
strettamente necessario alla reggenza  dell'ufficio  transitoriamente
sprovvisto  del  dirigente  preposto.   La   disposizione   regionale
impugnata risulta,  quindi,  ulteriormente  incongrua  anche  per  il
diritto,  di  contro  indiscriminatamente  riconosciuto  in  capo  al
sostituto per tutta la durata dell'assenza del dirigente  sostituito,
alla retribuzione di quest'ultimo. 
    In conclusione, le disposizioni regionali in  oggetto,  regolando
un aspetto specifico del mutamento di  mansioni  che  interviene  nel
corso del rapporto di lavoro, e facendolo oltretutto in contrasto con
l'anzidetta disciplina della legge  statale  e  della  contrattazione
collettiva   di   comparto,   sconfinano   in   un   ambito,   quello
dell'«ordinamento civile», che e' di competenza esclusiva dello Stato
ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. 
    Anche i commi 6 e 7 dell'art. 2 della legge reg. n. 71  del  2012
devono essere, dunque, dichiarati illegittimi. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 5,
6 e 7, della legge della Regione Abruzzo  28  dicembre  2012,  n.  71
(Misure per il contenimento dei costi della selezione  del  personale
nella Regione Abruzzo, modifica  alla  legge  regionale  n.  91/94  e
disposizioni per il funzionamento della  Struttura  del  Servizio  di
Cooperazione Territoriale - IPA); 
    2)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge reg. Abruzzo  n.  71
del 2012, promossa, in riferimento all'art. 117, terzo  comma,  della
Costituzione, dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  il
ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 28 gennaio 2014. 
 
                                F.to: 
                    Gaetano SILVESTRI, Presidente 
                      Luigi MAZZELLA, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 31 gennaio 2014. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI