N. 71 SENTENZA 26 marzo - 2 aprile 2014

Giudizio su conflitto di attribuzione tra Enti. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Patto  di  stabilita'  -  Obblighi
  imposti dalla normativa statale recante principi  di  coordinamento
  della finanza pubblica - Riduzione delle risorse  per  sanzione  ai
  Comuni e alle Province inadempienti. 
- Decreto  del  Capo  del  Dipartimento  per  gli  affari  interni  e
  territoriali del Ministero dell'interno 26 luglio  2012  (Riduzione
  delle risorse per sanzione ai comuni e alle province non rispettosi
  del patto di stabilita' - anno 2011). 
-   
(GU n.16 del 9-4-2014 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Gaetano SILVESTRI; 
Giudici :Luigi MAZZELLA,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO,  Paolo
  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo
  GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio per conflitto  di  attribuzione  tra  enti  sorto  a
seguito del decreto del Capo del Dipartimento per gli affari  interni
e territoriali del Ministero dell'interno 26 luglio  2012  (Riduzione
delle risorse per sanzione ai comuni e alle province  non  rispettosi
del  patto  di  stabilita'  -  anno  2011),  promosso  dalla  Regione
siciliana con ricorso notificato il 29 settembre 2012, depositato  in
cancelleria il 9 ottobre 2012 ed  iscritto  al  n.  14  del  registro
conflitti tra enti 2012. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  25  febbraio  2014  il  Giudice
relatore Giorgio Lattanzi; 
    uditi gli avvocati  Beatrice  Fiandaca  e  Marina  Valli  per  la
Regione siciliana, e l'avvocato dello Stato Gianni De Bellis  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 29 settembre 2012 e  depositato  il
successivo 9 ottobre (reg. confl. enti n. 14  del  2012)  la  Regione
siciliana ha promosso  conflitto  di  attribuzione  in  relazione  al
decreto 26 luglio 2012  (Riduzione  delle  risorse  per  sanzione  ai
comuni e alle province non rispettosi del patto di stabilita' -  anno
2011), con il quale il Capo del Dipartimento per gli affari interni e
territoriali del Ministero dell'interno ha applicato a taluni  Comuni
del territorio regionale sanzioni, in  conseguenza  dell'inosservanza
del patto di stabilita' per l'anno 2011. 
    In particolare, la ricorrente  chiede,  limitatamente  ai  Comuni
siciliani, previa sospensione in via cautelare degli artt. 1 e 3  del
decreto, di dichiarare che non  spettava  allo  Stato  adottare  tali
prescrizioni e conseguentemente di annullarle. 
    L'art. 1 concerne l'ente locale che non abbia rispettato il patto
di  stabilita'  per  l'anno  2011  e  prevede   una   riduzione   dei
trasferimenti  erariali  pari  alla  differenza  tra   il   risultato
registrato  e  l'obiettivo  programmatico  predeterminato,  entro  il
limite massimo del 3% delle entrate correnti. 
    L'art. 3 opera una riduzione dei trasferimenti, nella misura  del
3% delle entrate correnti, per i Comuni che non  abbiano  inviato  la
certificazione concernente l'osservanza del patto di  stabilita'  per
l'anno 2011, o che l'abbiano trasmessa  senza  adeguarsi  al  modello
indicato con decreto ministeriale. 
    Il conflitto, proposto  anteriormente  alla  pubblicazione  della
sentenza n. 219 del 2013 di questa Corte, muove dalla premessa che il
decreto dirigenziale costituisce applicazione del decreto legislativo
6 settembre 2011, n. 149 (Meccanismi sanzionatori e premiali relativi
a regioni, province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della
legge 5 maggio 2009, n. 42), che la ricorrente ha  impugnato  in  via
principale innanzi a questa Corte, limitatamente agli artt. 2 e 13, e
che ha formato oggetto della sentenza appena citata. 
    Il d.lgs. n. 149 del 2011  ha  previsto  sanzioni  per  gli  enti
locali che non  rispettino  il  patto  di  stabilita',  ed  e'  stato
censurato per difetto di delega, in base al presupposto che gli artt.
1 e 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia
di  federalismo  fiscale,  in  attuazione  dell'articolo  119   della
Costituzione) non avrebbero consentito al Governo di intervenire  nei
confronti delle autonomie speciali. 
    L'atto impugnato con l'odierno conflitto, in  quanto  applicativo
di tali sanzioni, sarebbe a propria volta in contrasto con l'art.  76
della Costituzione. Inoltre, sarebbero violati l'art.  43  del  regio
decreto legislativo  15  maggio  1946,  n.  455  (Approvazione  dello
statuto della Regione siciliana) e l'art.  119  Cost.,  in  relazione
all'art.  10  della  legge  costituzionale  18  ottobre  2001,  n.  3
(Modifiche al titolo  V  della  parte  seconda  della  Costituzione),
perche', ai fini dell'applicazione di sanzioni ai  Comuni  siciliani,
sarebbe  stato  necessario  preservare  l'autonomia  speciale   della
Regione siciliana procedendo in conformita' al "principio  pattizio",
ovvero a mezzo di norme di attuazione dello statuto. 
    Nessuna deroga, neppure temporalmente limitata,  sarebbe  infatti
ammessa rispetto al metodo dell'accordo tra Stato e Regione, ai  fini
della definizione del patto di stabilita'. 
    2.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo il rigetto del ricorso. 
    L'Avvocatura, dopo avere ribadito la conformita'  a  Costituzione
del d.lgs. n. 149 del 2011, e in  particolare  dell'art.  7,  recante
sanzioni per gli enti locali in  caso  di  violazioni  del  patto  di
stabilita', osserva che l'atto  impugnato  sarebbe  basato  piuttosto
sull'art. 31,  comma  27,  della  legge  12  novembre  2011,  n.  183
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge di stabilita' 2012), con il quale si e'  aggiunto
un secondo periodo all'art. 7, comma 2, lettera a), del d.lgs. n. 149
del 2011, che commina la sanzione applicata dall'art. 1  del  decreto
oggetto di conflitto. 
    Gli   enti   locali   della   Regione   siciliana,    a    parere
dell'Avvocatura,  al  pari  di  quelli   sardi,   sarebbero   infatti
pienamente soggetti alla disciplina del patto di stabilita'  prevista
per gli  enti  locali  delle  Regioni  a  statuto  ordinario,  recata
dall'art. 31, comma 26, della legge n. 183 del 2011. 
    Il metodo  dell'accordo  tra  Stato  e  autonomie  speciali,  con
riferimento al patto di stabilita' degli enti  locali,  riguarderebbe
le sole Regioni che  esercitano  in  via  esclusiva  le  funzioni  in
materia di finanza locale, come affermato  dall'art.  32,  comma  13,
della legge n. 183 del 2011. 
    Per la Regione  siciliana,  in  difetto  di  questo  presupposto,
l'Avvocatura insiste nell'affermare l'applicabilita' della  normativa
relativa agli enti locali delle Regioni ordinarie  e  comunque  della
sanzione introdotta specificamente per gli  enti  siciliani  e  sardi
dall'art. 31, comma 27, della legge n. 183 del 2011. 
    Solo nel corso dell'udienza pubblica, l'Avvocatura dello Stato ha
eccepito l'inammissibilita' del conflitto, conseguente  alla  mancata
impugnazione  in  via  principale,  da  parte  della  Regione,  delle
disposizioni di legge cui il decreto dirigenziale 26 luglio  2012  ha
dato applicazione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 29 settembre 2012 e  depositato  il
successivo 9 ottobre (reg. confl. enti n. 14  del  2012)  la  Regione
siciliana ha promosso  conflitto  di  attribuzione  in  relazione  al
decreto  del  Capo  del  Dipartimento  per  gli  affari   interni   e
territoriali del Ministero dell'interno  26  luglio  2012  (Riduzione
delle risorse per sanzione ai comuni e alle province  non  rispettosi
del patto di stabilita' - anno 2011), in riferimento agli artt. 76  e
119  della  Costituzione,  in  relazione  all'art.  10  della   legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  titolo  V  della
parte seconda della Costituzione), e all'art. 43  del  regio  decreto
legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto  della
Regione siciliana). 
    La ricorrente  chiede  alla  Corte,  previa  sospensione  in  via
cautelare dell'atto impugnato, di dichiarare  che,  limitatamente  ai
Comuni siciliani, non spettava allo Stato l'adozione del  decreto  e,
conseguentemente, di annullarlo. 
    Il decreto dirigenziale 26 luglio 2012 sanziona gli enti  locali,
tra cui  alcuni  Comuni  siciliani,  per  la  mancata  osservanza  di
obblighi  imposti  dalla  normativa  statale  recante   principi   di
coordinamento della finanza pubblica. 
    La Regione ricorrente  circoscrive  il  conflitto  all'art.  1  e
all'art. 3 del decreto. La prima di tali  disposizioni,  riferita  ai
Comuni che non hanno  rispettato  il  patto  di  stabilita'  relativo
all'anno 2011,  prevede  una  riduzione  dei  trasferimenti  erariali
corrispondente  alla  differenza  tra  il  risultato   registrato   e
l'obiettivo programmatico,  secondo  quanto  stabilito  dall'art.  7,
comma 2, lettera a), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149
(Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a  regioni,  province  e
comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio  2009,
n. 42), introdotto dall'art. 31, comma 27, della  legge  12  novembre
2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - legge di stabilita' 2012). 
    L'art. 3, invece, sanziona i  Comuni  che  non  abbiano  inviato,
entro il termine previsto, la  certificazione  conforme  relativa  al
saldo finanziario per l'anno 2011, in esecuzione dell'art.  1,  comma
110, della legge 13  dicembre  2010,  n.  220  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge  di
stabilita' 2011). 
    La   Regione   siciliana,   trascurando   che   le   prescrizioni
sanzionatorie oggetto di conflitto  hanno  base  normativa  in  testi
differenti, ritiene anzitutto leso da entrambe l'art. 76 Cost., posto
che il d.lgs. n. 149 del 2011, del quale pero' ha fatto  applicazione
il solo art. 1 del decreto dirigenziale 26 luglio 2012, sarebbe stato
assunto in difetto di delega. 
    In secondo luogo, la ricorrente reputa che l'art. 119  Cost.,  in
relazione all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001,  e  l'art.  43
dello statuto  impongano  di  enucleare  un  "principio  pattizio"  a
presidio della finanza locale, tale da esigere che il concorso  degli
enti  locali  siciliani  alle  manovre  di   finanza   pubblica   sia
determinato per mezzo di accordi tra lo Stato e la Regione. In questa
prospettiva, non sarebbe consentito applicare ai Comuni siciliani  le
sanzioni previste  per  gli  enti  locali  delle  Regioni  a  statuto
ordinario. 
    2.- L'odierno conflitto e' stato sollevato prima che la  sentenza
n.  219  del  2013  di  questa  Corte  dichiarasse   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 7 del d.lgs. n. 149 del 2011, nella parte in
cui si applica alle  Regioni  a  statuto  speciale  e  alle  Province
autonome, in ragione del difetto di delega  in  cui  era  incorso  il
legislatore delegato.  Tale  capo  della  pronuncia,  benche'  esteso
quanto agli effetti alla Regione siciliana, non  e'  conseguenza  del
ricorso proposto da quest'ultima nei confronti degli artt. 2 e 13 del
d.lgs. n. 149 del 2011. Il ricorso siciliano, infatti, non aveva  per
oggetto l'art. 7, che e' stato invece impugnato da altri soggetti  ad
autonomia speciale. 
    L'art. 1, comma 110, della legge  n.  220  del  2010,  ovvero  la
disposizione normativa su cui si regge l'art. 3 del  decreto  oggetto
di conflitto, non e' stato invece impugnato innanzi a  questa  Corte,
ed e' tutt'ora in vigore. 
    3.- Il ricorso e' inammissibile. 
    Questa Corte ha  ripetutamente  affermato  che  il  conflitto  di
attribuzione tra enti non costituisce sede idonea per impugnare  atti
meramente esecutivi di competenze conferite e definite  dalla  legge,
posto che, in tali casi, sarebbe stato  onere  della  parte  proporre
ricorso in via principale  nei  riguardi  di  tale  legge,  entro  il
termine perentorio a tal fine previsto (ex plurimis, sentenze n.  144
del 2013, n. 149 del 2009, n. 375 del 2008, n. 334 del 2000 e n.  206
del 1975). 
    Venendo ad applicare tale principio al  caso  di  specie,  appare
anzitutto  evidente  l'inammissibilita'  del  ricorso   nella   parte
concernente l'art. 3 del decreto dirigenziale 26 luglio 2012. Come si
e' visto, infatti, la  statuizione  di  cui  si  lamenta  la  Regione
siciliana e' stata adottata in fedele applicazione dell'art. 1, comma
110, della  legge  n.  220  del  2010,  che  ha  posto  l'obbligo  di
trasmettere la certificazione del saldo finanziario e ha disciplinato
la sanzione, in caso di inosservanza, per tutti i Comuni indicati dal
precedente comma 87.  Ne'  la  ricorrente  potrebbe  in  questa  sede
opporre allo Stato l'art. 1, comma 134, della medesima legge, con  il
quale  si  e'  enunciato  il  principio  dell'accordo,  quanto   agli
obiettivi complessivi di saldo  finanziario  degli  enti  locali  dei
soggetti ad autonomia speciale «che esercitano in  via  esclusiva  le
funzioni in materia di  finanza  locale».  Quale  che  sia  l'oggetto
dell'accordo in questione, infatti, e' dirimente osservare  che,  nel
riferirsi non a tutte le autonomie speciali, ma  solo  a  quelle  che
godono dell'esclusivo esercizio delle competenze di  finanza  locale,
il legislatore statale ha  con  evidenza  negato  che  l'accordo  sia
estensibile al patto  di  stabilita'  degli  enti  locali  siciliani,
persistendo nella convinzione che l'ordinamento della finanza  locale
siciliana, «ivi compresa la disciplina dei trasferimenti  finanziari,
fa tuttora capo allo Stato» (sentenza n. 138 del 1999). 
    Naturalmente,  non  e'  qui  in   discussione   la   legittimita'
costituzionale di tale scelta  normativa,  giacche',  ai  fini  della
decisione, e' sufficiente osservare che essa non e'  stata  impugnata
dalla ricorrente in sede di ricorso in  via  principale  e  che  cio'
costituisce  motivo  di  inammissibilita'  del   conflitto   vertente
sull'art. 3 del decreto dirigenziale 26 luglio 2012. 
    4.- Analoga conclusione va tratta riguardo all'art. 1 del decreto
oggetto di conflitto. 
    La disposizione di legge di cui tale previsione ha fatto puntuale
applicazione, infatti, e' l'art. 31, comma 27, della legge n. 183 del
2011, con il quale e' stato aggiunto un secondo periodo  all'art.  7,
comma 2, lettera a),  del  d.lgs.  n.  149  del  2011,  espressamente
dedicato agli enti locali della Regione  siciliana  e  della  Regione
Sardegna. Questi enti  sono  stati  in  tal  modo  assoggettati  alla
sanzione prevista dal primo periodo della norma. 
    L'art. 31, comma 27, della legge n. 183 del  2011  e'  stato  poi
abrogato dall'art. 1, comma 440, della legge 24 dicembre 2012, n. 228
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge di stabilita' 2013), a decorrere dal  1°  gennaio
2013. 
    Come si e' anticipato, la Regione siciliana non ha  impugnato  in
via principale ne' l'art. 7 del  d.lgs.  n.  149  del  2011,  ne'  il
sopraggiunto art. 31, comma 27, della legge n. 183 del 2011, ma si e'
limitata a proporre l'odierno conflitto di  attribuzione  avverso  un
atto meramente esecutivo di tali disposizioni primarie. 
    Ne consegue che il ricorso e' stato proposto ben oltre il termine
che  la  Costituzione  assegna  alla  Regione   per   contestare   la
conformita' delle  leggi  statali  al  riparto  costituzionale  delle
competenze,  ed  anzi  senza  che  tale  impugnativa  sia  mai  stata
formulata, incorrendo in tal modo  nel  profilo  di  inammissibilita'
sopra segnalato. 
    Vero e' che  gli  effetti  della  sopraggiunta  dichiarazione  di
incostituzionalita' dell'art. 7  del  d.lgs.  n.  149  del  2011  nei
confronti delle autonomie speciali  sono  stati  estesi  alla  stessa
Regione siciliana,  in  ragione  della  comunanza  del  parametro  di
costituzionalita' violato (sentenza n. 219 del  2013,  punto  10  del
Considerato in diritto). Tuttavia tale circostanza non vale a  sanare
un originario vizio di inammissibilita' del ricorso per conflitto, ma
potra'  eventualmente  essere  dedotta  innanzi  al  giudice   comune
competente, al fine di dimostrare che  il  decreto  dirigenziale  del
Ministero dell'interno 26 luglio 2012 e' oramai privo, per tale parte
e nei confronti degli enti locali siciliani, di base normativa. 
    5.- La pronuncia  di  inammissibilita'  del  ricorso  assorbe  la
decisione sull'istanza di sospensione dell'atto oggetto di conflitto. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara inammissibile  il  conflitto  di  attribuzione  promosso
dalla Regione siciliana nei confronti del  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, avente ad oggetto il decreto del Capo del  Dipartimento
per gli affari interni e territoriali del Ministero  dell'interno  26
luglio 2012 (Riduzione delle risorse per sanzione ai  comuni  e  alle
province non rispettosi del patto di  stabilita'  -  anno  2011),  in
riferimento agli artt. 76 e  119  della  Costituzione,  in  relazione
all'art.  10  della  legge  costituzionale  18  ottobre  2001,  n.  3
(Modifiche al titolo V della parte  seconda  della  Costituzione),  e
all'art. 43 del regio decreto legislativo  15  maggio  1946,  n.  455
(Approvazione dello statuto della Regione siciliana). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 marzo 2014. 
 
                                F.to: 
                    Gaetano SILVESTRI, Presidente 
                     Giorgio LATTANZI, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 2 aprile 2014. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI