N. 105 SENTENZA 14 - 18 aprile 2014

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Circostanze  del  reato  -  Concorso  di  circostanze  aggravanti   e
  attenuanti - Divieto di prevalenza della circostanza attenuante  di
  cui  all'art.  648,  comma  secondo,   cod.   pen.   (ricettazione)
  sull'aggravante della recidiva reiterata di cui all'art. 99,  comma
  quarto, cod. pen.. 
- Codice penale, art. 69, quarto comma, come sostituito  dall'art.  3
  della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice  penale  e
  alla legge 26  luglio  1975,  n.  354,  in  materia  di  attenuanti
  generiche,  di  recidiva,  di  giudizio   di   comparazione   delle
  circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione).   
-   
(GU n.18 del 23-4-2014 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Gaetano SILVESTRI; 
Giudici :Luigi MAZZELLA,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO,  Paolo
  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo
  GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 69,  quarto
comma, del codice penale, promosso dalla Corte  d'appello  di  Ancona
nel procedimento penale a  carico  di  W.M.,  con  ordinanza  del  18
febbraio 2013, iscritta al n.  114  del  registro  ordinanze  2013  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  22,  prima
serie speciale, dell'anno 2013. 
    Udito nella camera di consiglio del 26 febbraio 2014  il  Giudice
relatore Giorgio Lattanzi. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Corte d'appello di Ancona, con ordinanza del  18  febbraio
2013 (r.o. n. 114 del 2013), ha sollevato, in riferimento agli  artt.
3,  25,  secondo  comma,  e  27,  terzo  comma,  della  Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 69, quarto  comma,
del codice penale, come sostituito dall'art. 3 della legge 5 dicembre
2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975,
n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di  giudizio
di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e
di prescrizione), nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza
della circostanza attenuante dell'art. 648, secondo comma, cod. pen.,
sulla recidiva dell'art. 99, quarto comma, cod. pen. 
    La Corte rimettente riferisce che il Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale ordinario  di  Pesaro  aveva  citato  a  giudizio
l'imputato, per rispondere del reato di ricettazione di  alcuni  capi
di  abbigliamento  recanti  marchi  contraffatti  e  del   reato   di
detenzione  per  la  vendita  di  tali  prodotti,  con  «la  recidiva
reiterata, specifica ed infraquinquennale». 
    Il Tribunale ordinario di Pesaro, il 4 giugno 2009, all'esito  di
un giudizio abbreviato, aveva ritenuto l'imputato colpevole dei reati
ascrittigli, «unificati ex art. 81 cpv c.p.  e  ritenuta,  quanto  al
reato di ricettazione, l'ipotesi attenuata di cui al  secondo  comma»
dell'art. 648 cod. pen., lo aveva condannato, «con l'aumento  per  la
recidiva "specifica e recente" e per la continuazione e la  riduzione
per il rito, alla pena di mesi tre  di  reclusione  ed  euro  300  di
multa». 
    Contro la sentenza l'imputato aveva proposto appello, limitandosi
a censurare il diniego delle attenuanti  generiche  e  l'eccessivita'
della pena, mentre il Procuratore generale della Repubblica presso la
Corte d'appello di  Ancona  aveva  proposto  ricorso  per  cassazione
«lamentando la erronea qualificazione della  recidiva  (correttamente
contestata  come   reiterata   specifica   infraquinquennale),   come
"specifica  e  recente";  la  elusione  del  prescritto  criterio  di
comparazione tra la contestata recidiva  reiterata  pluriaggravata  e
l'attenuante del fatto di particolare tenuita' di cui  all'art.  648,
co. 2 c.p. e, soprattutto, la  violazione  del  principio,  stabilito
nell'art. 69 co. 4 c.p., del divieto di  sub-valenza  della  recidiva
reiterata». Secondo il Procuratore generale, la pena irrogata sarebbe
stata «illegale per difetto», non potendosi in  alcun  modo  ad  essa
pervenire, anche «a voler muovere dal minimo edittale» del delitto di
ricettazione, pari a due anni di reclusione e 516 euro di multa. 
    Il ricorso del  Procuratore  generale  era  stato  convertito  in
appello, ai sensi dell'art. 580 cod. proc. pen., e la Corte d'appello
di  Ancona  ha  sollevato  d'ufficio  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 69, quarto comma,  cod.  pen.,  nei  termini
sopra riportati. 
    In punto di rilevanza, il giudice a quo rileva che,  in  caso  di
accoglimento della questione, si dovrebbe irrogare una pena  identica
o persino inferiore a quella inflitta dal primo giudice,  perche'  la
modesta  gravita'  del  fatto  indurrebbe  a  ritenere   l'attenuante
prevista dall'art. 648, secondo comma, cod.  pen.,  prevalente  sulla
recidiva.  In  caso  contrario,   si   dovrebbe   invece   accogliere
l'impugnazione del Procuratore generale, irrogando una pena  di  gran
lunga superiore a quella inflitta dal giudice di primo grado. 
    Aggiunge la Corte rimettente che la  recidiva,  sulla  quale  non
c'era  stata  impugnazione  da  parte  dell'imputato,  era  reiterata
(specifica ed  infraquinquennale),  dato  che  l'imputato  era  stato
condannato dal Tribunale ordinario di Milano (con  sentenza  divenuta
irrevocabile il 4 marzo 2006) alla pena di tre anni di  reclusione  e
300 euro di multa, per il delitto di commercio di prodotti con  segni
falsi, e dal Tribunale ordinario di  Rimini  (con  sentenza  divenuta
irrevocabile  il  15  marzo  2007)  alla  pena  di  quattro  mesi  di
reclusione e 180 euro  di  multa,  per  i  reati  di  ricettazione  e
commercio di prodotti con segni falsi. 
    Secondo la  Corte  d'appello,  nel  caso  in  esame  non  sarebbe
possibile escludere la recidiva, seppure facoltativa, sia perche'  la
relativa statuizione non e' stata  oggetto  di  specifico  motivo  di
appello, sia perche' le condanne riguardano violazioni  della  stessa
specie, commesse in un arco temporale limitato, sicche' il reato  sub
iudice costituirebbe ulteriore espressione  della  medesima  devianza
denotata dai precedenti reati, e  dunque  manifestazione  di  maggior
colpevolezza e pericolosita' dell'imputato. 
    Cio'  precisato,  la  Corte  rimettente  ritiene  che  la   norma
impugnata sarebbe in contrasto con il principio di uguaglianza di cui
all'art. 3  Cost.,  perche'  condurrebbe,  in  determinati  casi,  ad
applicare pene identiche per violazioni di rilievo penale enormemente
diverso. Il recidivo reiterato implicato in ricettazioni di normale o
anche rilevante gravita', al quale  siano  applicate  le  circostanze
attenuanti generiche, verrebbe punito con la stessa pena prevista per
il recidivo reiterato autore di  fatti  di  modesto  disvalore  (come
l'acquisito di alcuni capi di abbigliamento con marchi falsi per  «la
piccola vendita "di sopravvivenza"»), al quale siano riconosciute  le
circostanze attenuanti generiche e  quella  prevista  dall'art.  648,
secondo comma, cod. pen. 
    Secondo  il  giudice  a  quo,   «la   rilevantissima   differenza
oggettiva, naturalistica, criminologica delle due condotte»  verrebbe
completamente annullata «in virtu' di  una  esclusiva  considerazione
dei precedenti penali del loro autore». 
    Le disposizioni del primo e del secondo comma dell'art. 648  cod.
pen. rispecchierebbero due situazioni  molto  diverse  dal  punto  di
vista  criminologico,  in   quanto   al   secondo   comma   sarebbero
riconducibili essenzialmente le condotte del piccolo ricettatore, per
lo piu' straniero e disoccupato, che si procura qualcosa  per  vivere
svolgendo «sulla strada» l'attivita' di vendita al minuto di beni  di
provenienza  delittuosa.  Sulla   base   di   queste   rilevantissime
peculiarita', il legislatore avrebbe sanzionato la  seconda  condotta
con una pena detentiva che, nel minimo  edittale,  sarebbe  «pari  ad
appena un quarantottesimo della pena prevista per la prima (15 giorni
di reclusione a fronte dei due anni di reclusione  di  cui  al  primo
comma)». Questo assetto normativo sarebbe irrazionale. 
    L'ordinamento  penale,   per   alcune   fattispecie   di   reato,
prevederebbe la pena per le ipotesi meno gravi, aggiungendo una serie
di circostanze aggravanti per i casi di maggiore allarme sociale.  La
ricettazione sarebbe disciplinata, invece, in modo  diverso,  perche'
la legge fissa la pena base per le ipotesi piu' gravi, prevedendo poi
una circostanza attenuante per adeguare la sanzione quando si  tratta
di casi di particolare tenuita', nei quali il divieto  di  prevalenza
delle attenuanti sulla  recidiva  reiterata  produrrebbe  conseguenze
sanzionatorie irragionevoli, determinando  l'equiparazione,  ai  fini
sanzionatori, di casi oggettivamente  lievi  a  casi  di  particolare
allarme sociale. 
    Inoltre,  la  norma  censurata  sarebbe  in  contrasto   con   il
«principio di offensivita' di cui all'art. 25, secondo comma,  Cost.,
che, con il suo espresso richiamo al "fatto commesso"», attribuirebbe
una rilevanza fondamentale all'azione delittuosa per il suo obiettivo
disvalore  e  non  solo  in  quanto  manifestazione  sintomatica   di
pericolosita' sociale, implicando conseguentemente «la necessita'  di
un trattamento penale differenziato per fatti diversi, senza  che  la
considerazione   della   mera   pericolosita'    dell'agente    possa
legittimamente avere rilievo esclusivo». 
    Infine,  la  norma  censurata   violerebbe   il   «principio   di
proporzionalita' della pena (nelle sue  due  funzioni  retributiva  e
rieducativa)», previsto dall'art. 27, terzo  comma,  Cost.,  «perche'
una pena sproporzionata alla gravita' del reato commesso da  un  lato
non puo' correttamente  assolvere  alla  funzione  di  ristabilimento
della legalita' violata, dall'altro non potra' mai essere sentita dal
condannato come rieducatrice»: la condanna a due anni  di  reclusione
per la ricettazione di un solo  bene,  di  modestissimo  valore,  non
potrebbe essere considerata, chiunque ne sia l'autore,  una  risposta
sanzionatoria proporzionata. 
    La Corte rimettente conclude affermando che, rispetto alla  norma
impugnata, dovrebbero trovare applicazione i principi enunciati dalla
sentenza  della  Corte  costituzionale  n.  251  del  2012,  che   ha
dichiarato l'illegittimita' dell'art. 69, quarto  comma,  cod.  pen.,
nella  parte  in  cui  prevedeva  il  divieto  di  prevalenza   della
circostanza attenuante di cui all'art. 73,  comma  5,  del  d.P.R.  9
ottobre  1990,  n.  309  (Testo  unico  delle  leggi  in  materia  di
disciplina degli stupefacenti  e  sostanze  psicotrope,  prevenzione,
cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), sulla
recidiva di cui all'art. 99, quarto comma, cod. pen. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Corte d'appello di Ancona  ha  sollevato,  in  riferimento
agli  artt.  3,  25,  secondo  comma,  e  27,  terzo   comma,   della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art.  69,
quarto comma, del codice penale, come sostituito  dall'art.  3  della
legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche  al  codice  penale  e  alla
legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche,  di
recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato  per
i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in  cui  prevede
il divieto di prevalenza della circostanza attenuante dell'art.  648,
secondo comma, cod. pen., sulla recidiva dell'art. 99, quarto  comma,
cod. pen. 
    La norma censurata, oltre che irragionevole, sarebbe in contrasto
con il principio di uguaglianza di  cui  all'art.  3  Cost.,  perche'
condurrebbe, in determinati  casi,  ad  applicare  pene  identiche  a
violazioni di rilievo penale molto  diverso:  il  recidivo  reiterato
implicato in ricettazioni di normale o anche di  rilevante  gravita',
al quale siano concesse le circostanze attenuanti generiche, verrebbe
punito con la stessa pena prevista per il recidivo  reiterato  autore
di  episodi  di  modesto  disvalore,  a  cui  siano  riconosciute  le
circostanze attenuanti generiche e  quella  prevista  dall'art.  648,
secondo comma, cod. pen., con la conseguenza che  la  «rilevantissima
differenza  oggettiva,   naturalistica,   criminologica   delle   due
condotte»  verrebbe  «completamente  annullata  in  virtu'   di   una
esclusiva considerazione dei precedenti penali del loro autore». 
    Inoltre,  la  norma  censurata  sarebbe  in  contrasto   con   il
«principio di offensivita', di cui all'art. 25, secondo comma, Cost.,
che, con il suo espresso richiamo al "fatto commesso"», attribuirebbe
una  rilevanza  fondamentale  all'azione  delittuosa  «per   il   suo
obiettivo  disvalore  e  non  solo  in   quanto   manifestazione   di
pericolosita' sociale», implicando «la necessita' di  un  trattamento
penale differenziato per fatti diversi, senza che  la  considerazione
della  mera  pericolosita'  dell'agente  possa  legittimamente  avere
rilievo esclusivo». 
    Infine,  la  norma  censurata   violerebbe   il   «principio   di
proporzionalita' della pena (nelle sue  due  funzioni  retributiva  e
rieducativa)», previsto dall'art. 27, terzo  comma,  Cost.,  «perche'
una pena sproporzionata alla gravita' del reato commesso da  un  lato
non puo' correttamente  assolvere  alla  funzione  di  ristabilimento
della legalita' violata, dall'altro non potra' mai essere sentita dal
condannato come rieducatrice»: la condanna a due anni  di  reclusione
per la ricettazione di un solo  bene,  di  modestissimo  valore,  non
potrebbe essere considerata, chiunque ne sia l'autore,  una  risposta
sanzionatoria proporzionata. 
    2.- La questione e' fondata. 
    3.- L'art. 3 della legge n. 251 del 2005 ha sostituito il  quarto
comma dell'art. 69 cod. pen., sul  giudizio  di  bilanciamento  delle
circostanze, stabilendo, tra l'altro, un divieto di prevalenza  delle
circostanze attenuanti su quella prevista dall'art. 99, quarto comma,
cod.  pen.,  e  il   giudice   a   quo   prospetta   l'illegittimita'
costituzionale di tale norma, nella parte in cui prevede  il  divieto
di prevalenza della circostanza  attenuante  dell'art.  648,  secondo
comma, cod. pen., sulla recidiva dell'art.  99,  quarto  comma,  cod.
pen. 
    Per effetto della norma impugnata, nei casi in  cui,  secondo  la
valutazione del giudice, debba riconoscersi rilevanza  alla  recidiva
reiterata, le ricettazioni «di particolare tenuita'»,  per  le  quali
l'art.  648,  secondo  comma,  cod.  pen.,  prevede  la  pena   della
reclusione da quindici giorni a sei anni e la multa sino a 516  euro,
devono invece essere punite con la reclusione da due ad otto  anni  e
con la multa da 516 a 10.329 euro. 
    Come questa Corte ha gia' rilevato (sentenza n.  251  del  2012),
l'attuale  formulazione  dell'art.  69,  quarto  comma,  cod.   pen.,
costituisce il punto  di  arrivo  di  un'evoluzione  legislativa  dei
criteri di bilanciamento, iniziata con l'art. 6 del decreto-legge  11
aprile 1974, n. 99 (Provvedimenti urgenti  sulla  giustizia  penale),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della  legge  7
giugno 1974, n. 220, che ha esteso il giudizio di  comparazione  alle
circostanze autonome o indipendenti e a quelle inerenti alla  persona
del  colpevole.  «L'effetto  e'  stato  quello   di   consentire   il
riequilibrio di alcuni eccessi di penalizzazione, ma anche quello  di
rendere modificabili, attraverso  il  giudizio  di  comparazione,  le
cornici edittali di alcune ipotesi circostanziali, di aggravamento  o
di attenuazione, sostanzialmente diverse dai reati base; ipotesi  che
solitamente  vengono  individuate  dal  legislatore   attraverso   la
previsione di pene di specie diversa o di pene della  stessa  specie,
ma con limiti edittali indipendenti da quelli stabiliti per il  reato
base», come nel caso regolato dall'art. 648, secondo comma, cod. pen. 
    E'  rispetto  a  questo  tipo  di  circostanze  che  il  criterio
generalizzato, introdotto con la modificazione dell'art.  69,  quarto
comma, cod.  pen.,  ha  mostrato  delle  incongruenze,  inducendo  il
legislatore a intervenire con regole derogatorie,  come  e'  avvenuto
con l'aggravante  della  «finalita'  di  terrorismo  o  di  eversione
dell'ordine democratico», prevista dall'art. 1 del  decreto-legge  15
dicembre 1979, n. 625  (Misure  urgenti  per  la  tutela  dell'ordine
democratico   e   della   sicurezza   pubblica),   convertito,    con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6 febbraio 1980,  n.
15, e,  «in  seguito,  con  varie  altre  disposizioni,  generalmente
adottate  per  impedire  il  bilanciamento  della  circostanza   c.d.
privilegiata, di regola un'aggravante, o per limitarlo,  in  modo  da
escludere la soccombenza di tale circostanza nella  comparazione  con
le attenuanti; ed e' appunto questo il risultato  che  si  e'  voluto
perseguire con la norma impugnata» (sentenza n. 251 del 2012). 
    Il giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee  consente
al  giudice  di  «valutare  il  fatto  in  tutta  la   sua   ampiezza
circostanziale, sia eliminando dagli effetti  sanzionatori  tutte  le
circostanze (equivalenza), sia tenendo conto di quelle che  aggravano
la quantitas delicti, oppure soltanto di quelle che la  diminuiscono»
(sentenza n. 38  del  1985).  Deroghe  al  bilanciamento  pero'  sono
possibili e rientrano nell'ambito delle scelte del  legislatore,  che
sono sindacabili da  questa  Corte  «soltanto  ove  trasmodino  nella
manifesta irragionevolezza  o  nell'arbitrio»  (sentenza  n.  68  del
2012),  ma  in  ogni  caso  «non  possono  giungere   a   determinare
un'alterazione  degli  equilibri  costituzionalmente  imposti   nella
strutturazione della responsabilita' penale»  (sentenza  n.  251  del
2012); alterazione che, come si vedra', emerge per piu' aspetti nella
situazione normativa in questione. 
    4.- Anche nel caso in esame, infatti, come in quello  concernente
l'art. 73, comma 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.  309  (Testo  unico
delle leggi in materia di disciplina degli  stupefacenti  e  sostanze
psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati  di
tossicodipendenza),  le  conseguenze  del   divieto   di   prevalenza
dell'attenuante di cui al secondo comma dell'art. 648 cod. pen. sulla
recidiva risultano manifestamente irragionevoli,  per  l'annullamento
delle differenze tra le due diverse cornici  edittali  delineate  dal
primo e dal secondo comma dell'art. 648 cod. pen. Nel caso  in  esame
assume particolare rilievo non tanto la divaricazione tra  i  livelli
massimi della pena detentiva prevista nei due commi, quanto, come  ha
rilevato la Corte rimettente, quella tra i livelli  minimi,  perche',
per effetto della recidiva reiterata, il minimo della pena  detentiva
previsto  per  il  fatto  di  particolare  tenuita'  (15  giorni   di
reclusione)  viene  moltiplicato  per  48,  determinando  un  aumento
incomparabilmente superiore a quello specificamente previsto per tale
recidiva dall'art. 99, quarto comma, cod. pen., che,  a  seconda  dei
casi, e' della meta' o di due terzi. 
    L'incongruita'  di  questo  risultato  appare  evidente   se   si
considerano i criteri stabiliti  dall'art.  69,  quarto  comma,  cod.
pen.,  prima  della  modificazione  (in  genere  diretta  a  favorire
l'imputato) operata dall'art. 6 del  d.l.  n.  99  del  1974,  quando
l'aumento della recidiva veniva effettuato sulla pena prevista per la
fattispecie attenuata. In un caso come quello in esame,  infatti,  la
pena minima  da  irrogare  sarebbe  stata,  a  seconda  del  tipo  di
recidiva, di 22 giorni o di 25 giorni, vale a dire di 15  giorni  per
il reato attenuato previsto dall'art. 648, secondo comma, cod.  pen.,
aumentato per la recidiva, a seconda dei casi, della meta' o  di  due
terzi (in base alla disposizione attualmente vigente, dato che  prima
era previsto un aumento minore), mentre il giudizio  di  equivalenza,
imposto dalla norma impugnata, determina un aumento di  un  anno,  11
mesi e 15 giorni. 
    Le differenti comminatorie edittali del primo e del secondo comma
dell'art. 648  cod.  pen.  rispecchiano  le  diverse  caratteristiche
oggettive delle due fattispecie, sul piano dell'offensivita'  e  alla
luce  delle  stesse  valutazioni  del  legislatore:  il   trattamento
sanzionatorio, significativamente  piu'  mite  nel  minimo  edittale,
assicurato   al   fatto   di   «particolare   tenuita'»    (la    cui
configurabilita' e' riconosciuta dalla giurisprudenza comune solo per
le ipotesi di rilevanza criminosa assolutamente modesta, talvolta  al
limite  della  contravvenzione  di  acquisto  di  cose  di   sospetta
provenienza), «esprime una  dimensione  offensiva  la  cui  effettiva
portata  e'  disconosciuta  dalla  norma  censurata,  che   indirizza
l'individuazione della pena concreta verso un'abnorme  enfatizzazione
delle componenti soggettive riconducibili alla recidiva reiterata,  a
detrimento delle componenti oggettive del reato» (sentenza n. 251 del
2012). In altri termini due fatti, quelli previsti dal  primo  e  dal
secondo  comma  dell'art.  648  cod.  pen.,  che  lo  stesso  assetto
legislativo  riconosce   come   profondamente   diversi   sul   piano
dell'offesa,  vengono  ricondotti  alla  medesima  cornice  edittale,
determinando la violazione dell'art. 25, secondo comma,  Cost.,  «che
pone il fatto alla base della responsabilita'  penale»  (sentenze  n.
251 del 2012 e n. 249 del 2010). 
    La recidiva reiterata «riflette i due aspetti della  colpevolezza
e della pericolosita', ed e' da  ritenere  che  questi,  pur  essendo
pertinenti  al  reato,  non  possano  assumere,   nel   processo   di
individualizzazione  della  pena,  una  rilevanza  tale  da  renderli
comparativamente prevalenti rispetto al fatto oggettivo: il principio
di offensivita'  e'  chiamato  ad  operare  non  solo  rispetto  alla
fattispecie base e alle circostanze, ma anche rispetto  a  tutti  gli
istituti che incidono sulla individualizzazione della  pena  e  sulla
sua  determinazione  finale.  Se  cosi'  non  fosse,   la   rilevanza
dell'offensivita'   della   fattispecie   base   potrebbe   risultare
"neutralizzata" da un processo di individualizzazione prevalentemente
orientato sulla colpevolezza e sulla pericolosita'» (sentenza n.  251
del 2012). 
    Inoltre, come ha rilevato la Corte rimettente, la norma censurata
da' luogo ad una violazione del principio di uguaglianza, perche'  il
recidivo reiterato autore di una ricettazione di normale o  anche  di
rilevante  gravita',  da  punire,  in   presenza   delle   attenuanti
generiche, con il minimo edittale della pena stabilita dall'art. 648,
primo  comma,  cod.   pen.,   riceverebbe   lo   stesso   trattamento
sanzionatorio - quest'ultimo irragionevolmente severo - spettante  al
recidivo  reiterato,  cui  pure  siano  riconosciute  le   attenuanti
generiche, ma autore di un fatto di «particolare tenuita'». 
    5.-  E'  fondata  anche  la  censura  relativa  al  principio  di
proporzionalita' della pena (art. 27, terzo comma, Cost.). 
    L'art. 69, comma quarto, cod. pen., nel precludere la  prevalenza
delle circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata,  realizza  una
«deroga rispetto a un principio generale  che  governa  la  complessa
attivita' commisurativa della pena da parte del giudice,  saldando  i
criteri di determinazione della pena base con quelli mediante i quali
essa, secondo un processo finalisticamente indirizzato dall'art.  27,
terzo comma, Cost., diviene adeguata al  caso  di  specie  anche  per
mezzo dell'applicazione delle circostanze» (sentenze n. 251 del  2012
e  n.  183  del  2011);  nel  caso  in  esame,  infatti,  il  divieto
legislativo  di  soccombenza  della   recidiva   reiterata   rispetto
all'attenuante dell'art. 648, secondo comma, cod. pen., impedisce  il
necessario   adeguamento,   che    dovrebbe    avvenire    attraverso
l'applicazione della pena stabilita dal legislatore per il  fatto  di
«particolare tenuita'». 
    Come e' stato gia' affermato da questa Corte (sentenza n. 251 del
2012),  «la   legittimita',   in   via   generale,   di   trattamenti
differenziati per il recidivo, ossia per "un  soggetto  che  delinque
volontariamente pur dopo aver subito un processo ed una condanna  per
un  delitto   doloso,   manifestando   l'insufficienza,   in   chiave
dissuasiva,  dell'esperienza   diretta   e   concreta   del   sistema
sanzionatorio penale" (sentenza n. 249 del 2010),  non  sottrae  allo
scrutinio di legittimita' costituzionale le  singole  previsioni»,  e
questo scrutinio nel caso in esame rivela  il  carattere  palesemente
sproporzionato del trattamento sanzionatorio determinato dall'innesto
della deroga al  giudizio  di  bilanciamento  sull'assetto  delineato
dall'art. 648 cod.  pen.  Percio'  deve  concludersi  che  «la  norma
censurata e' in contrasto anche con la  finalita'  rieducativa  della
pena, che implica un costante "principio di proporzione" tra qualita'
e quantita' della  sanzione,  da  una  parte,  e  offesa,  dall'altra
(sentenza n. 341 del 1994)». 
    6.- Deve  pertanto  dichiararsi  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 69, quarto comma, cod. pen., come  sostituito  dall'art.  3
della legge n. 251 del 2005, nella parte in cui prevede il divieto di
prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 648,  secondo
comma, cod. pen., sulla recidiva di cui all'art.  99,  quarto  comma,
cod. pen. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  69,  quarto
comma, del codice penale, come sostituito dall'art. 3 della  legge  5
dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale  e  alla  legge  26
luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva,
di  giudizio  di  comparazione  delle  circostanze  di  reato  per  i
recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in cui prevede  il
divieto di prevalenza della circostanza attenuante  di  cui  all'art.
648, secondo comma, cod. pen., sulla recidiva  di  cui  all'art.  99,
quarto comma, cod. pen. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 aprile 2014. 
 
                                F.to: 
                    Gaetano SILVESTRI, Presidente 
                     Giorgio LATTANZI, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 18 aprile 2014. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI