N. 130 SENTENZA 7 - 15 maggio 2014

Giudizio su conflitto di attribuzione tra Enti. 
 
Corte dei conti, Sezione delle autonomie - Applicazione del regime di
  controllo di cui al  D.L.  n.  174/2012,  convertito  in  legge  n.
  213/2012,   sui   rendiconti   dei   Gruppi   consiliari   relativi
  all'esercizio finanziario 2012. 
- Deliberazioni della Corte dei conti,  sezione  delle  autonomie,  5
  aprile 2013, n. 12, e 5 luglio 2013,  n.  15;  deliberazioni  della
  Corte dei conti,  sezione  di  controllo  per  l'Emilia-Romagna  12
  giugno 2013, n. 234, e 10 luglio 2013, n. 249; deliberazioni  della
  Corte dei conti, sezione di controllo  per  il  Veneto,  13  giugno
  2013, n. 160, e 29 aprile 2013, n. 105, e deliberazione della Corte
  dei conti, sezione di controllo per il Piemonte, 10 luglio 2013, n.
  263. 
-   
(GU n.22 del 21-5-2014 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Gaetano SILVESTRI; 
Giudici :Luigi MAZZELLA,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO,  Paolo
  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo
  GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi per  conflitto  di  attribuzione  tra  enti  sorti  a
seguito delle deliberazioni della  Corte  dei  conti,  sezione  delle
autonomie, 5 aprile 2013, n. 12,  e  5  luglio  2013,  n.  15;  delle
deliberazioni  della  Corte  dei  conti,  sezione  di  controllo  per
l'Emilia-Romagna 12 giugno 2013, n. 234, e 10 luglio  2013,  n.  249;
delle deliberazioni della Corte dei conti, sezione di  controllo  per
il Veneto, 13 giugno 2013, n. 160, e 29 aprile 2013, n. 105, e  della
deliberazione della Corte dei conti,  sezione  di  controllo  per  il
Piemonte,  10  luglio  2013,   n.   263,   promossi   dalla   Regioni
Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte con ricorsi notificati il 9 e il 12
agosto e il 5 settembre 2013, depositati in cancelleria il 16  ed  il
21 agosto ed il 6 settembre 2013 e rispettivamente iscritti ai numeri
8, 9 e 10 del registro conflitti tra enti 2013. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  15  aprile  2014  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio; 
    uditi gli avvocati Giandomenico Falcon,  Franco  Mastragostino  e
Luigi Manzi per  la  Regione  Emilia-Romagna,  Luigi  Manzi  e  Mario
Bertolissi per la Regione Veneto,  Carlo  Emanuele  Gallo  e  Roberto
Cavallo Perin per la Regione Piemonte e l'avvocato dello Stato Enrico
De Giovanni per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Le Regioni Emilia-Romagna, Veneto  e  Piemonte,  con  ricorsi
rispettivamente notificati il 9 e 12 agosto e il  5  settembre  2013,
depositati i successivi 16 e 21 agosto e  6  settembre,  iscritti  ai
numeri 8, 9 e 10 del registro conflitti  tra  enti  del  2013,  hanno
promosso conflitto di  attribuzione  nei  confronti  dello  Stato  in
relazione ad alcune deliberazioni della  sezione  delle  autonomie  e
delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti,  con  cui
si  e',  rispettivamente,  orientato  ed  esercitato,  in   relazione
all'esercizio finanziario 2012, il potere di controllo sui rendiconti
dei gruppi consiliari a norma dell'art. 1, commi 9, 10, 11 e 12,  del
decreto-legge 10  ottobre  2012,  n.  174  (Disposizioni  urgenti  in
materia di finanza e funzionamento degli enti  territoriali,  nonche'
ulteriori disposizioni in favore delle zone  terremotate  nel  maggio
2012), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,  della
legge 7 dicembre 2012, n. 213. 
    1.1.- Premettono le ricorrenti che, nell'ambito delle  misure  di
rafforzamento della partecipazione della Corte dei conti al controllo
sulla gestione finanziaria delle Regioni, previste  dall'art.  1  del
d.l. n. 174 del 2012, i commi 9, 10, 11  e  12  dettano  disposizioni
relative alla redazione, approvazione  e  controllo  da  parte  delle
sezioni regionali di controllo dei rendiconti di esercizio annuale di
ciascun gruppo consiliare dei consigli regionali, con la  previsione,
in caso di  mancata  trasmissione  o  di  loro  irregolarita',  della
sanzione della decadenza dal diritto all'erogazione di  risorse,  con
annesso obbligo di restituzione. 
    A mente del comma 9, proseguono le ricorrenti, il  rendiconto  di
esercizio  annuale  di  ciascun  gruppo  consiliare  va  «strutturato
secondo linee guida deliberate  dalla  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e
di Bolzano e recepite con decreto del Presidente  del  Consiglio  dei
ministri», al fine di «assicurare la corretta rilevazione  dei  fatti
di gestione e la regolare  tenuta  della  contabilita',  nonche'  per
definire la documentazione necessaria a corredo del  rendiconto».  Le
linee guida sono state deliberate dalla Conferenza nella seduta del 6
dicembre 2012 e recepite con d.P.C.m. 21  dicembre  2012,  pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 28 del 2  febbraio  2013  ed  entrato  in
vigore il 17 febbraio seguente. 
    Tutte le ricorrenti, evidenziano, come la stessa Corte dei conti,
sezione delle autonomie, nel  prendere  atto  del  nuovo  sistema  di
controllo introdotto dall'art. 1 del d.l. n. 174  del  2012,  si  sia
posta il problema «se le norme in esame debbano trovare  applicazione
con riferimento  all'anno  2012,  oppure  se  debba  essere  rinviata
l'applicazione al  successivo  esercizio,  trattandosi  di  normativa
intervenuta solo alla fine dell'anno e completata con il d.P.C.m.  21
dicembre 2012, pubblicato in G.U. il 2  febbraio  2013».  In  ragione
della preesistenza al decreto di un obbligo di rendicontazione «sulla
base delle leggi  regionali  che  nel  tempo  ne  hanno  regolato  la
materia» e della «assenza di una norma che differisca  al  successivo
esercizio l'operativita' dei controlli», la sezione delle  autonomie,
con la deliberazione  5  aprile  2013,  n.  12  ha  ritenuto  che  il
controllo dovesse essere esercitato sin dal 2012. 
    Stante l'impossibilita' di  applicare  retroattivamente  all'anno
2012 i criteri recati dal d.P.C.m. entrato  in  vigore  nel  febbraio
2013, la Corte dei conti avrebbe quindi  ritenuto  la  necessita'  di
individuare parametri diversi, «desunti dalle norme regionali  e  dai
provvedimenti attuativi vigenti  nel  2012,  integrati  pero'  con  i
contenuti essenziali, cui fa riferimento la nuova  disciplina,  ossia
con l'indicazione delle risorse trasferite al  Gruppo  dal  Consiglio
regionale, della corretta rilevazione dei fatti di gestione  e  della
regolare tenuta della contabilita'». 
    Sulla base di tali indicazioni le sezioni regionali di  controllo
avrebbero tenuto comportamenti non univoci, talora limitandosi ad una
ricognizione della regolarita' formale dei procedimenti di  controllo
sui rendiconti gia' svolti dagli organismi regionali, in  altri  casi
sovrapponendosi a quest'ultimi e operando un controllo piu' intenso. 
    La sezione delle autonomie, preso  atto  delle  aporie  derivanti
«dall'applicazione del controllo misto» (cioe' svolto  in  base  alle
nuove norme ma non in base ai parametri da  esse  previsti),  con  la
successiva  deliberazione  5  luglio  2013,  n.  15  avrebbe   quindi
riesaminato  la  questione,  affermando,  da  un   lato,   la   piena
applicabilita' del nuovo  sistema  di  controllo  a  decorrere  dalla
rendicontazione per l'esercizio  2013,  ma  ribadendo,  dall'altro  e
quanto al 2012, l'esistenza del controllo «misto» e  ipotizzando  una
«applicazione parziale e frazionata» del d.l. n. 174 citato, cioe'  a
solo fini «ricognitivi» della regolarita'  dei  documenti  contabili,
senza applicazione dell'impianto sanzionatorio previsto dal  predetto
decreto, «in un percorso finalizzato alla integrale applicazione  dei
nuovi controlli a decorrere dal 2013». Avrebbe,  infine,  specificato
che «le delibere gia' emesse dalle  sezioni  regionali  di  controllo
sono da interpretare in conformita' agli indirizzi sopra ricordati». 
    1.2.- Le Regioni Emilia-Romagna e Veneto hanno  quindi  impugnato
le citate deliberazioni della sezione delle autonomie della Corte dei
conti, nonche', rispettivamente, quelle della  sezione  regionale  di
controllo per l'Emilia-Romagna 12 giugno 2013, n. 234,  e  10  luglio
2013, n. 249, e quelle della sezione regionale di  controllo  per  il
Veneto 29 aprile 2013, n. 105, e 13 giugno 2013, n. 160, con  cui,  a
seguito  di  istruttoria,  si  e'  dichiarata   l'irregolarita'   dei
rendiconti presentati dai gruppi consiliari regionali. 
    La  Regione  Piemonte  ha  impugnato  la  seconda  delle   citate
deliberazioni della sezione delle autonomie  e  la  deliberazione  10
luglio 2013, n. 263, della sezione  regionale  di  controllo  per  il
Piemonte, con cui si e' assegnato ai gruppi consiliari  termine  sino
al 20 settembre per la regolarizzazione dei rendiconti. 
    1.3.- Le ricorrenti si dolgono, in primo luogo, che la Corte  dei
conti, in violazione della loro  autonomia  legislativa,  statutaria,
organizzativa e contabile, abbia esercitato per l'anno 2012 un potere
non attribuito dalla legge, perche' il controllo delineato  dall'art.
1 del d.l. n. 174 del 2012 non potrebbe che  operare  a  partire  dal
2013, essendo esercitabile solo  secondo  i  criteri  previsti  nelle
linee guida deliberate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano  e
recepite con d.P.C.m. 
    Il controllo, poi, privo di  fondamento  legale  per  l'esercizio
2012, si sarebbe svolto  sulla  base  di  criteri  individuati  dalla
stessa Corte dei conti ex post rispetto ai fatti di gestione e  senza
il contributo partecipativo delle autonomie, disapplicando  le  leggi
regionali vigenti e surrogandosi alle competenze proprie dei consigli
regionali. 
    La Regione Piemonte lamenta, altresi', che con  le  deliberazioni
impugnate lo Stato, per mezzo della Corte dei conti, pretendendo,  in
assenza di una valida base legislativa,  di  sindacare  i  rendiconti
relativi all'esercizio 2012, abbia violato l'art. 122, quarto  comma,
della Costituzione, che garantisce l'insindacabilita' delle  opinioni
espresse e dei voti dati dai singoli consiglieri  regionali,  nonche'
l'art. 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001,  n.  3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della  Costituzione),  che
ha abrogato il primo comma dell'art.  125  Cost.  e  quindi  tutti  i
controlli amministrativi sulle Regioni, e infine l'art. 123  Cost.  e
l'art. 29 della  legge  regionale  statutaria  4  marzo  2005,  n.  1
(Statuto della Regione Piemonte), in forza dei  quali  l'approvazione
dei rendiconti spetterebbe esclusivamente al consiglio regionale, con
esclusione di qualsivoglia ingerenza da parte di organi statali. 
    1.4.- La Regione Veneto ha anche fatto istanza affinche' la Corte
sollevi dinanzi a se' la questione di legittimita' costituzionale dei
commi 9, 10, 11 e 12 dell'art. 1 del d.l. n. 174 del  2012,  fondanti
la censurata attivita' di controllo svolta  dalla  Corte  dei  conti,
deducendo, in primo luogo, la violazione degli artt. 3, 25, 28  e  97
Cost. per irragionevolezza dell'omessa  previsione  del  criterio  di
proporzionalita' tra sanzione e condotta  sanzionata,  nonche'  degli
artt. 5, 114, 117, 118, 119, 121, 122 e  123  Cost.  e,  quali  norme
interposte, degli artt. 19, 20, 21, 30, 33, 36, 38, 39, 40,  41,  42,
46 e 48 della  legge  regionale  statutaria  17  aprile  2012,  n.  1
(Statuto del Veneto). La previsione drastica e non  modulabile  della
sanzione della decadenza dal diritto  all'erogazione  di  risorse  da
parte del consiglio regionale, pure a  fronte  di  violazioni  minime
dell'obbligo di rendiconto, in contrasto con il  detto  principio  di
proporzionalita', comprometterebbe in radice la  possibilita'  stessa
di funzionamento dei gruppi consiliari. 
    Il citato art. 1, commi 9, 10,  11  e  12,  laddove  inteso  come
abilitante la Corte dei conti ad  un  controllo  sui  rendiconti  dei
gruppi consiliari anche prima  della  definizione  dei  parametri  di
giudizio da parte della Conferenza Stato-Regioni, violerebbe altresi'
gli artt. 3, 25, 28, 97, e 117, primo comma, Cost.,  con  riferimento
ai «principi  di  ragionevolezza,  predeterminazione  della  condanna
sanzionata, di responsabilita', affidamento e buona amministrazione»,
«anche in relazione a  quanto  prevede  la  Convenzione  europea  dei
diritti dell'uomo all'art. 7  e  l'art.  1  della  l.  n.  689/1981»,
nonche' gli artt. 5, 114, 117, 118, 119, 121, 122  e  123  Cost.  (e,
quali norme interposte, gli artt. 19, 20, 21, 30, 33, 36, 38, 39, 40,
41, 42, 46 e 48 dello statuto). 
    Deduce infine la ricorrente che  il  sistema  dei  controlli  sui
rendiconti dei gruppi consiliari, ove interpretato  nel  senso  fatto
proprio dalla Corte dei  conti  dell'immediata  applicabilita'  anche
all'anno 2012 senza dovere attendere  le  linee  guida  previste  dal
legislatore,  violerebbe  l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  stante
l'assenza di una legislazione regionale sul punto, e il principio  di
leale collaborazione. 
    2.- In tutti  i  giudizi  si  e'  costituito  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale   dello   Stato,    eccependo    sotto    diversi    profili
l'inammissibilita' dei ricorsi e chiedendone il rigetto. 
    2.1.-  Secondo  la  difesa  dello  Stato  i  conflitti  sarebbero
inammissibili, in primo luogo, perche' con  essi  le  ricorrenti  non
hanno inteso contestare  l'attribuzione  alla  Corte  dei  conti  del
potere di controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari ma  solo  la
sua decorrenza temporale e le  modalita'  di  esercizio,  il  che  si
risolverebbe in un improprio  strumento  di  sindacato  del  modo  di
esercizio della funzione che l'organo e' chiamato ad esercitare. 
    2.2.- L'Avvocatura ha poi  eccepito  la  tardivita'  dei  ricorsi
proposti dalle Regioni Veneto e Piemonte, in primo luogo  perche'  le
ricorrenti non avrebbero  impugnato  tempestivamente  la  presupposta
deliberazione 5 aprile 2013, n. 12,  della  sezione  delle  autonomie
della Corte dei conti, con cui si sarebbe stabilito di assoggettare a
verifica i rendiconti dei gruppi  consiliari  relativi  all'esercizio
2012, essendo  insorte  solo  nel  corso  dell'attivazione  -  ovvero
all'esito negativo - della procedura di controllo. 
    Sotto altro profilo, il  ricorso  della  Regione  Veneto  sarebbe
tardivo, non avendo essa impugnato la deliberazione 29  aprile  2013,
n. 105, con cui la sezione regionale di controllo aveva  ordinato  ai
gruppi consiliari il deposito, entro 30 giorni, della  documentazione
giustificativa delle spese  operate;  parimenti  tardivo  sarebbe  il
ricorso della  Regione  Piemonte,  non  essendo  stata  impugnata  la
precedente deliberazione  della  sezione  regionale  di  controllo  4
giugno 2013, n. 229 di tenore analogo a quella impugnata. 
    2.3.- Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri il ricorso
della Regione Veneto  sarebbe  inammissibile  anche  per  intervenuta
acquiescenza, avendo la ricorrente recepito la normativa statale  con
la legge della Regione Veneto 21 dicembre 2012, n.  47  (Disposizioni
per la riduzione e il controllo  delle  spese  per  il  funzionamento
delle  istituzioni  regionali,  in  recepimento  e   attuazione   del
decreto-legge 10  ottobre  2012,  n.  174  "Disposizioni  urgenti  in
materia di finanza e funzionamento degli enti  territoriali,  nonche'
ulteriori disposizioni in favore delle zone  terremotate  nel  maggio
2012", convertito con modificazioni dalla legge 7 dicembre  2012,  n.
213 e istituzione e disciplina del Collegio dei  revisori  dei  conti
della Regione del Veneto). 
    2.4.- Altro motivo di inammissibilita' del ricorso della  Regione
Veneto risiederebbe, secondo l'Avvocatura generale dello  Stato,  nel
fatto  che  esso  ha  ad  oggetto  l'asserita   lesione   non   delle
attribuzioni della  Regione  ma  dei  gruppi  consiliari,  dotati  di
soggettivita' giuridica e, in quanto tali, legittimati a fare  valere
le loro ragioni in sede di giurisdizione comune. 
    2.5.-  Il  ricorso  della   Regione   Veneto,   infine,   sarebbe
inammissibile, quanto meno con riferimento alla richiesta alla  Corte
di autorimessione delle questioni di costituzionalita'  dell'art.  1,
commi 9, 10, 11 e 12, del d.l. n. 174 del 2012, perche' mirerebbe  ad
eludere il termine di impugnazione  in  via  principale  delle  norme
censurate. 
    2.6.- Nel merito, secondo l'Avvocatura generale  dello  Stato,  i
ricorsi sono infondati. 
    2.6.1.- La tesi di fondo delle ricorrenti, secondo cui  la  Corte
dei conti non avrebbe avuto il potere di esercitare il controllo  sui
rendiconti dei gruppi consiliari relativi all'anno 2012 in assenza di
espressa copertura legislativa, colliderebbe con il  rilievo  che  la
norma attributiva del potere non contiene alcuna diversa  decorrenza,
ne' tanto meno differisce la sua operativita' all'approvazione  delle
linee guida. 
    D'altra  parte,  essendosi  intervenuti  con  decreto-legge,  non
avrebbe avuto senso differirne l'entrata in vigore ad oltre un  anno,
cosi' vanificando «l'efficacia  di  un  intervento  su  comportamenti
deviati della politica, da piu' parti invocato e reso indifferibile e
urgente dai noti fatti accertati dalla magistratura penale». 
    Nelle more dell'adozione delle linee guida, bene avrebbe fatto la
Corte dei conti, con le due citate deliberazioni della sezione  delle
autonomie, a individuare i parametri di controllo  per  l'anno  2012,
desumendoli dalle  norme  regionali  e  dai  provvedimenti  attuativi
vigenti, integrati con i contenuti essenziali della nuova disciplina. 
    2.6.2.-  Quanto  alla  contestazione  inerente  le  modalita'  di
esercizio del  controllo,  legittimamente  le  sezioni  regionali  di
controllo  della  Corte  dei  conti  si   sarebbero   attenute   alle
deliberazioni della sezione  delle  autonomie,  rese  alla  luce  del
vigente  quadro  normativo  regionale  e  nazionale  di  riferimento,
facendo leva, in particolare, sul criterio dell'inerenza delle  spese
al  funzionamento  e  all'attivita'  istituzionale  dei  gruppi.   Il
controllo della Corte dei conti, poi, differirebbe da quelli  interni
effettuati da organi incardinati  nell'organizzazione  amministrativa
cui  fa  capo  l'organismo  controllato,  presentando  caratteri   di
indipendenza, neutralita' ed imparzialita'. 
    2.6.3.- In ordine alle altre  doglianze  avanzate  dalla  Regione
Piemonte, osserva il Presidente del Consiglio  dei  ministri  che  la
censura di  violazione  dell'art.  122  Cost.  sarebbe  «inquietante,
perche' postula una sorta di immunita' dei Gruppi, che se fosse  vera
dovrebbe valere non solo per il 2012, ma sempre». 
    La guarentigia costituzionale, in ogni caso,  riguarderebbe  solo
le «opinioni espresse» e i «voti dati nell'esercizio delle  funzioni»
dai consiglieri regionali, essendo totalmente estranea alle spese  da
essi sostenuti e alle loro «eventuali malversazioni». 
    Parimenti priva di pregio, secondo la difesa dello Stato, sarebbe
la lamentata violazione dell'art.  125  Cost.,  poiche'  i  controlli
abrogati erano quelli esercitati dallo «Stato-Amministrazione» e  non
quelli demandati dalla Costituzione ad  un  organo  terzo,  quale  la
Corte  dei  conti.  In  ogni  caso  il   d.l.   n.   174   del   2012
concretizzerebbe l'interpositio legislatoris richiesta dall'art.  100
Cost. 
    Infine, il motivo attinente alla violazione dell'art. 123 Cost. e
dell'art. 29 dello statuto della Regione Piemonte  sarebbe  in  primo
luogo inammissibile, concretizzando, in tesi, una mera violazione  di
legge non  deducibile  in  sede  di  conflitto.  Esso,  poi,  sarebbe
comunque infondato, poiche' l'art. 29 invocato si limita a  demandare
al consiglio regionale l'approvazione del  rendiconto  del  consiglio
medesimo (e non dei gruppi),  ma  non  esclude,  ne'  avrebbe  potuto
farlo, il controllo sui rendiconti di questi ultimi da  parte  di  un
organo esterno e imparziale, quale la Corte dei conti, operante sulla
base di una espressa previsione costituzionale (art. 100 Cost.). 
    3.- Le ricorrenti, in prossimita' dell'udienza, hanno  depositato
memorie, con cui hanno inteso in primo luogo replicare  all'eccezioni
di  inammissibilita'  sollevate  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  osservando,  quanto   al   lamentato   difetto   di   tono
costituzionale  dei  conflitti,  che  ad  essere  contestata  sarebbe
l'esistenza  in  radice  del  potere   di   controllo   relativamente
all'esercizio 2012 e che,  in  ogni  caso,  qualsivoglia  menomazione
delle competenze puo' dare la stura a conflitti intersoggettivi. 
    Le Regioni Veneto e Piemonte, poi, hanno  contestato  l'eccezione
di tardivita', dal momento  che  la  successiva  deliberazione  della
sezione delle autonomie 5 luglio 2013, n. 15, introducendo il diverso
- e non previsto - sistema del «controllo ricognitivo», avrebbe posto
nel nulla le precedenti, che si  fondavano  sul  diverso  presupposto
dell'immediata applicazione del d.l. n. 174 del 2012. 
    Secondo  la   Regione   Piemonte,   infine,   infondata   sarebbe
l'eccezione di inammissibilita' per difetto di interesse, poiche' «il
conflitto tra Stato e Regioni e' un conflitto  tra  enti,  e  ciascun
ente e' legittimato ad agire a tutela delle proprie attribuzioni, che
vengono inevitabilmente esercitate dai singoli o articolazioni». 
    Nel merito le  ricorrenti  hanno  dedotto  che,  con  la  recente
sentenza n. 39 del 2014, la Corte costituzionale  avrebbe  fortemente
ridimensionato  le  tesi  dell'Avvocatura   generale   dello   Stato.
Passaggio fondamentale di tale arresto sarebbe quello  ove  la  Corte
costituzionale avrebbe riconosciuto che il controllo esercitato dalla
Corte dei conti sui rendiconti dei gruppi consiliari e' esterno e  di
natura meramente documentale, e non puo' spingersi  sino  a  valutare
l'inerenza   delle   singole   spese   e    sindacare    il    merito
dell'utilizzazione delle somme. 
    Il conflitto in esame, invece, nascerebbe proprio  dalla  pretesa
della Corte dei conti di trasformare questo potere  in  un  controllo
analitico sulle singole spese sostenute dai  gruppi  consiliari,  con
illegittima compromissione dell'autonomia e della responsabilita' dei
consigli  regionali,  cui  la  prima  si   sarebbe   illegittimamente
sostituita. 
    Ad avviso della Regione Piemonte, infine,  l'Avvocatura  generale
dello Stato avrebbe fatto propria  un'interpretazione  eccessivamente
restrittiva della guarentigia di  cui  all'art.  122,  quarto  comma,
Cost., non estesa ai necessari  profili  di  autorganizzazione,  come
pure costantemente affermato dalla giurisprudenza costituzionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Le Regioni Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte  hanno  promosso
conflitto di attribuzione nei confronti  dello  Stato,  in  relazione
alle deliberazioni assunte  dalla  Corte  dei  conti,  sezione  delle
autonomie 5 aprile 2013, n. 12, e 5 luglio 2013, n.  15,  nonche'  di
quelle delle sezioni  regionali  di  controllo  (rispettivamente,  12
giugno 2013, n.  234,  e  10  luglio  2013,  n.  249,  della  sezione
regionale di controllo per l'Emilia-Romagna, 29 aprile 2013, n.  105,
e 13 giugno 2013, n. 160, della sezione regionale di controllo per il
Veneto e 10 luglio 2013, n. 263, della sezione regionale di controllo
per il Piemonte) con cui, in forza dell'art. 1, commi 9, 10, 11 e 12,
del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174  (Disposizioni  urgenti  in
materia di finanza e funzionamento degli enti  territoriali,  nonche'
ulteriori disposizioni in favore delle zone  terremotate  nel  maggio
2012), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,  della
legge 7 dicembre 2012, n. 213, e' stato esercitato il  controllo  sui
rendiconti dei gruppi  consiliari  regionali  relativi  all'esercizio
finanziario 2012. 
    Le ricorrenti si dolgono che la Corte dei  conti,  in  violazione
della  loro  autonomia  legislativa,  statutaria,   organizzativa   e
contabile, abbia svolto per l'esercizio in questione  un  potere  non
attribuito dalla legge, perche' il controllo delineato  dal  d.l.  n.
174 del 2012 non potrebbe che operare a  partire  dall'anno  2013,  a
seguito  dell'entrata  in  vigore  dei  criteri   individuati   dalla
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  Regioni  e  le
Province autonome di Trento e di Bolzano e recepiti con  d.P.C.m.  21
dicembre 2012. 
    Lamentano, poi, che la Corte dei conti abbia operato il controllo
sulla base di criteri da essa stessa individuati ex post rispetto  ai
fatti  di  gestione  e  senza  il  contributo   partecipativo   delle
autonomie, disapplicando le leggi regionali  vigenti  e  surrogandosi
alle competenze proprie dei consigli regionali. 
    La Regione  Piemonte  ritiene,  altresi',  che  le  deliberazioni
impugnate violino l'art. 122, quarto comma, della  Costituzione,  che
garantisce l'insindacabilita' delle opinioni espresse e dei voti dati
dai singoli consiglieri regionali, nonche' l'art. 9, comma  2,  della
legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3  (Modifiche  al  titolo  V
della parte seconda della Costituzione), che  ha  abrogato  il  primo
comma dell'art. 125 Cost. e quindi tutti i  controlli  amministrativi
sulle Regioni, e  infine  gli  artt.  123  Cost.  e  29  della  legge
regionale statutaria 4  marzo  2005,  n.  1  (Statuto  della  Regione
Piemonte),  in  forza  dei  quali   l'approvazione   dei   rendiconti
spetterebbe  al  solo  consiglio   regionale,   con   esclusione   di
qualsivoglia ingerenza da parte di organi statali. 
    2.- I giudizi, data l'identita' dell'oggetto, vanno  riuniti  per
essere decisi con unica pronunzia. 
    3.-   L'Avvocatura   generale    dello    Stato    ha    eccepito
l'inammissibilita' dei ricorsi  presentati  dalle  Regioni  Veneto  e
Piemonte, in primo luogo, perche' le ricorrenti non  hanno  impugnato
tempestivamente la deliberazione 5 aprile 2013, n.  12,  della  Corte
dei conti, sezione delle autonomie, con cui si sarebbe  stabilito  di
assoggettare a verifica i rendiconti dei gruppi  consiliari  relativi
all'esercizio 2012. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    E'   vero   che   questa   Corte   ha   ripetutamente   affermato
«l'inammissibilita'  dei  ricorsi  per  conflitto   di   attribuzione
proposti  contro   atti   meramente   consequenziali   (confermativi,
riproduttivi,  esplicativi,  esecutivi,  etc.)   rispetto   ad   atti
anteriori, non impugnati [...]» (sentenza  n.  207  del  2012;  nello
stesso senso, sentenze n. 144 del 2013 e n. 369 del 2010), ma non  e'
questo il caso in esame. 
    La questione della spettanza alla Corte dei conti del  potere  di
controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari relativi all'anno 2012
e l'individuazione dei criteri da  seguire  nel  suo  esercizio  sono
stati oggetto di una complessa valutazione  da  parte  della  sezione
delle autonomie, la quale, dopo avere affermato, con la deliberazione
5 aprile 2013, n. 12, che il controllo attribuito dal d.l. n. 174 del
2012 doveva trovare immediata  applicazione,  e'  poi  tornata  sulla
vicenda con la successiva deliberazione 5 luglio 2013, n. 15. 
    Quest'ultima, dichiaratamente adottata per risolvere i  contrasti
interpretativi  insorti  nelle  sezioni  regionali  a  seguito  della
precedente deliberazione,  ha  ribadito  l'esistenza  del  potere  di
controllo relativamente all'esercizio  2012,  ma  qualificandolo  «ad
efficacia ricognitiva» della regolarita' dei  documenti  contabili  e
inserito «in un percorso finalizzato all'applicazione  integrale  dei
nuovi controlli a decorrere dal 2013». La sezione delle autonomie  ha
poi escluso l'operativita' dell'«impianto sanzionatorio» del d.l.  n.
174 del 2012 e statuito che «le delibere gia'  emesse  dalle  Sezioni
regionali di controllo  sono  da  interpretare  in  conformita'  agli
indirizzi sopra indicati». 
    Con la deliberazione in esame,  la  Corte  dei  conti  ha  quindi
effettuato un riesame integrale della questione, configurando in modo
diverso il potere di controllo  e  la  stessa  portata  ed  efficacia
dell'attivita' gia' svolta in materia  dalle  sezioni  regionali.  La
nuova deliberazione non e' riconducibile alla  categoria  degli  atti
meramente conseguenziali ed e' sostitutiva  della  precedente:  essa,
dunque, ne rende superflua l'impugnazione. 
    3.1.- Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri il ricorso
proposto dalla Regione Veneto sarebbe inoltre  tardivo,  non  essendo
stata tempestivamente impugnata la precedente deliberazione 29 aprile
2013, n. 105,  con  cui  la  sezione  regionale  di  controllo  aveva
assegnato ai gruppi  consiliari  il  termine  di  30  giorni  per  la
regolarizzazione dei rendiconti. 
    Quanto al ricorso promosso dalla Regione  Piemonte,  l'Avvocatura
generale dello Stato deduce la tardivita'  della  impugnazione  della
deliberazione della sezione regionale di controllo 10 luglio 2013, n.
263, che ha anch'essa assegnato ai gruppi consiliari un nuovo termine
per la regolarizzazione dei  rendiconti,  non  avendo  la  ricorrente
impugnato precedenti deliberazioni di analogo tenore. 
    Le eccezioni non sono fondate. 
    Si e' gia' rilevato che, a seguito del riesame, la sezione  delle
autonomie ha stabilito, tra l'altro, che le precedenti  deliberazioni
delle  sezioni  regionali  di  controllo  andavano  interpretate   in
conformita' ai nuovi indirizzi da essa dettati. Gli atti in questione
sono stati dunque conformati in modo diverso e cio' ha comportato una
riapertura dei termini per la loro impugnazione. 
    3.2.-  L'Avvocatura  generale  dello  Stato   ha   poi   eccepito
l'inammissibilita' dei conflitti per assenza di tono  costituzionale,
dal momento che le ricorrenti contesterebbero non l'attribuzione alla
Corte dei conti del potere di controllo, relativamente  all'esercizio
2012, sui rendiconti dei gruppi consiliari, ma le mere modalita'  con
cui e' stato esercitato. 
    L'eccezione e' in parte non fondata in  fatto,  dal  momento  che
oggetto primario della contestazione delle ricorrenti e'  l'esercizio
in se' del potere di controllo per l'anno 2012,  in  assenza  di  una
valida base legale. 
    Essa, in ogni caso, e' anche infondata in  diritto,  dal  momento
che «la figura dei conflitti di attribuzione non  si  restringe  alla
sola ipotesi  di  contestazione  circa  l'appartenenza  del  medesimo
potere, che ciascuno dei soggetti contendenti rivendichi per  se'  ma
si  estende  a  comprendere  ogni  ipotesi  in  cui  dall'illegittimo
esercizio di un potere altrui consegua la menomazione di una sfera di
attribuzioni   costituzionalmente   assegnate   all'altro   soggetto»
(sentenza n. 110 del 1970). 
    3.3.- Non e' fondata neanche l'eccezione di inammissibilita'  per
intervenuta acquiescenza del conflitto promosso dalla Regione Veneto,
avendo essa recepito la normativa statale sui controlli  della  Corte
dei  conti  con  la  legge  regionale  21  dicembre   2012,   n.   47
(Disposizioni per la riduzione e il  controllo  delle  spese  per  il
funzionamento  delle  istituzioni   regionali,   in   recepimento   e
attuazione del decreto-legge 10 ottobre 2012,  n.  174  "Disposizioni
urgenti  in  materia  di   finanza   e   funzionamento   degli   enti
territoriali, nonche' ulteriori disposizioni  in  favore  delle  zone
terremotate nel maggio  2012",  convertito  con  modificazioni  dalla
legge 7 dicembre 2012, n. 213 e istituzione e disciplina del Collegio
dei revisori dei conti della Regione del Veneto). 
    Difatti,  per  giurisprudenza  costante  di  questa  Corte,  «nei
giudizi  per  conflitto  di  attribuzione  non   trova   applicazione
l'istituto   dell'acquiescenza,   data    l'indisponibilita'    delle
competenze di cui  si  controverte  in  tali  giudizi  (ex  plurimis,
sentenze n. 95 del 2003, n. 511 del 2002, n. 389 e n. 163  del  1995,
n. 191 del 1994; ordinanza n. 195 del 2004)»  (sentenza  n.  275  del
2011). 
    3.4.- E' infine non fondata l'eccezione di  inammissibilita'  per
difetto d'interesse del conflitto promosso  dalla  Regione  Piemonte,
dal  momento  che  gli  atti  impugnati  inciderebbero   sui   gruppi
consiliari, soggetti autonomi rispetto  al  consiglio  regionale,  in
quanto tali legittimati a far valere le  proprie  ragioni  di  fronte
alla giurisdizione comune. 
    Va rammentato, al riguardo, che «I gruppi consiliari  sono  stati
qualificati dalla giurisprudenza di  questa  Corte  come  organi  del
consiglio e proiezioni dei partiti politici  in  assemblea  regionale
(sentenze n. 187 del 1990 e n. 1130 del  1988),  ovvero  come  uffici
comunque necessari e strumentali alla formazione degli organi interni
del consiglio (sentenza n. 1130 del 1988)» (sentenza n. 39 del 2014).
La lamentata lesione delle prerogative dei gruppi si  risolve  dunque
in una compressione delle competenze proprie dei consigli regionali e
quindi  delle   Regioni   ricorrenti,   pertanto   legittimate   alla
proposizione del conflitto (sentenze n. 252 del 2013, n. 195 del 2007
e n. 163 del 1997). 
    4.- Nel merito i ricorsi sono fondati. 
    Tutte le ricorrenti lamentano, in primo luogo, che la  Corte  dei
conti abbia leso la loro autonomia organizzativa e contabile,  ed  in
particolare  quella  dei  consigli  regionali  e  dei   loro   gruppi
consiliari, tutelata dall'art. 121, secondo comma, Cost., esercitando
in relazione al 2012 un potere ad essa non attribuito dalla legge. 
    I commi 9, 10, 11 e 12 dell'art. 1  del  d.l.  n.  174  del  2012
detterebbero, infatti, una disciplina del  controllo  sui  rendiconti
dei  gruppi  consiliari  completa,  non   frazionabile   e   comunque
esercitabile solo  secondo  i  criteri  previsti  nelle  linee  guida
deliberate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra  lo  Stato,
le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano  e  recepite
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato  solo
il 21 dicembre 2012 ed entrato in vigore  il  17  febbraio  dell'anno
seguente. 
    L'immediata operativita' del controllo  e'  stata  affermata,  al
contrario, dalla sezione delle autonomie in ragione  dell'assenza  di
una norma transitoria contenuta nel  d.l.  n.  174  del  2012  e  sul
rilievo  che  le  leggi  regionali  vigenti  gia'  prevedevano  degli
obblighi di rendicontazione  nei  confronti  dei  consigli  regionali
ovvero di loro articolazioni. 
    Ebbene, ai sensi dell'art. 1, comma 9, del d.l. n. 174 del  2012,
il rendiconto in esame e' «strutturato secondo linee guida deliberate
dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e
le province autonome di Trento e di Bolzano e  recepite  con  decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri [...]». Il comma  11,  poi,
attribuisce alla  sezione  regionale  di  controllo  un  giudizio  di
conformita'  dei  rendiconti  medesimi  alle   prescrizioni   dettate
dall'art. 1, e quindi ai gia' detti  criteri  contenuti  nelle  linee
guida. 
    Il dettato normativo configura dunque il potere di  controllo  in
esame come condizionato alla previa individuazione dei criteri per il
suo  esercizio  e   cio'   sull'evidente   presupposto   della   loro
indispensabilita'. 
    Questa Corte, del resto, con la  sentenza  n.  39  del  2014,  ha
chiarito  che  «il  rendiconto  delle  spese  dei  gruppi  consiliari
costituisce parte necessaria del rendiconto regionale,  nella  misura
in cui le somme da tali gruppi acquisite e quelle  restituite  devono
essere conciliate con le risultanze del bilancio regionale [...].  Il
sindacato della Corte dei conti assume infatti,  come  parametro,  la
conformita'  del  rendiconto  al  modello  predisposto  in  sede   di
Conferenza,  e  deve  pertanto  ritenersi  documentale,  non  potendo
addentrarsi   nel   merito   delle   scelte   discrezionali   rimesse
all'autonomia  politica  dei   gruppi,   nei   limiti   del   mandato
istituzionale». 
    Non puo' essere accolta, infine, la tesi dell'Avvocatura generale
dello Stato, secondo  cui  l'immediata  operativita'  si  ricaverebbe
dalla circostanza dell'utilizzo dello  strumento  della  decretazione
d'urgenza, dal  momento  che  quest'ultimo  sottende  una  scelta  di
opportunita'  non  rilevante  in  questa  sede  e   logicamente   non
incompatibile  con  la  decorrenza  dell'operativita'  dei  controlli
dall'esercizio successivo all'entrata in vigore del decreto. 
    5.- Deve pertanto concludersi nel senso  che  non  spettava  allo
Stato e, per esso, alla Corte dei conti, sezione  delle  autonomie  e
sezioni regionali di controllo per le Regioni Emilia-Romagna,  Veneto
e Piemonte, adottare  le  deliberazioni  impugnate  con  cui  si  e',
rispettivamente,  indirizzato  ed   esercitato   il   controllo   sui
rendiconti dei gruppi consiliari in relazione all'esercizio 2012. 
    Le deliberazioni in questione, per l'effetto, vanno annullate. 
    6.-  Restano  assorbite  le  ulteriori  censure  sollevate  dalle
ricorrenti. 
    7.-  Non  puo'  trovare  accoglimento,   infine,   l'istanza   di
autorimessione  della  questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 1, commi 9, 10, 11 e 12, del d.l. n. 174 del 2012, avanzata
dalla Regione Veneto, poiche' in  ogni  caso  irrilevante  alla  luce
dell'esito del conflitto (sentenza n. 313 del 2013). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara che non spettava allo Stato e, per esso,  alla  Corte
dei conti, sezione  delle  autonomie,  adottare  le  deliberazioni  5
aprile 2013, n. 12, e 5 luglio 2013, n. 15, nonche'  alla  Corte  dei
conti,  sezione  regionale  di  controllo  per  l'Emilia-Romagna,  le
deliberazioni 12 giugno 2013, n. 234, e 10 luglio 2013, n. 249,  alla
Corte dei conti, sezione regionale di controllo  per  il  Veneto,  le
deliberazioni 29 aprile 2013, n. 105, e 13 giugno 2013,  n.  160,  ed
alla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Piemonte,
la  deliberazione  10  luglio  2013,  n.  263,   con   cui   si   e',
rispettivamente,  indirizzato  ed   esercitato   il   controllo   sui
rendiconti dei gruppi consiliari in relazione all'esercizio 2012; 
    2) annulla, per l'effetto, le deliberazioni suddette. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 maggio 2014. 
 
                                F.to: 
                    Gaetano SILVESTRI, Presidente 
                    Giancarlo CORAGGIO, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 15 maggio 2014. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI