N. 133 ORDINANZA 7 - 16 maggio 2014

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Impiego pubblico - Magistrati -  Trattamento  economico  -  Riduzione
  nella misura del 5% per le retribuzioni oltre i 90.000 euro e nella
  misura del 10% per  le  retribuzioni  oltre  i  150.000  euro,  nel
  periodo dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2013. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in  materia  di
  stabilizzazione  finanziaria  e   di   competitivita'   economica),
  convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.  122,
  art. 9, comma 2; decreto-legge 13 agosto 2011,  n.  138  (Ulteriori
  misure  urgenti  per  la  stabilizzazione  finanziaria  e  per   lo
  sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14  settembre
  2011, n. 148, art. 2, comma 1. 
-   
(GU n.22 del 21-5-2014 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Gaetano SILVESTRI; 
Giudici :Luigi MAZZELLA,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO,  Paolo
  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo
  GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 2,
del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di
stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'   economica),
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122,  e
dell'art. 2, comma 1,  del  decreto-legge  13  agosto  2011,  n.  138
(Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo
sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla  legge  14  settembre
2011, n. 148, promosso dal  Tribunale  amministrativo  regionale  per
l'Abruzzo, sezione staccata di Pescara, nel procedimento vertente tra
Di Florio Giampiero ed altri e il Ministero della giustizia ed altri,
con ordinanza del 10 aprile 2012, iscritta al  n.  142  del  registro
ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 33, prima serie speciale, dell'anno 2012. 
    Visto l'atto di costituzione di Bellelli Giuseppe ed altri; 
    udito nella camera di consiglio del 16  aprile  2014  il  Giudice
relatore Giuseppe Frigo. 
    Ritenuto che, con ordinanza depositata  il  10  aprile  2012,  il
Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, sezione staccata di
Pescara, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3,  23,  36,  53,
97, 101, 102,  104,  107  e  108  della  Costituzione,  questioni  di
legittimita' costituzionale: 
    a) dell'art. 9, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78
(Misure urgenti  in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di
competitivita' economica), convertito, con modificazioni, dalla legge
30 luglio 2010, n. 122, nella parte in cui prevede che,  a  decorrere
dal 1° gennaio 2011  e  sino  al  31  dicembre  2013,  i  trattamenti
economici   complessivi   dei   dipendenti,   anche   di    qualifica
dirigenziale, delle amministrazioni  pubbliche,  inserite  nel  conto
economico consolidato della  pubblica  amministrazione,  superiori  a
90.000 euro lordi annui sono ridotti del 5 per  cento  per  la  parte
eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, e del 10 per cento
per la parte eccedente 150.000 euro; 
    b) dell'art. 2, comma 1, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138
(Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo
sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla  legge  14  settembre
2011,  n.  148,  nella  parte  in  cui  stabilisce  che  la  predetta
disposizione continua ad applicarsi nei termini ivi previsti  dal  1°
gennaio 2011 al 31 dicembre 2013; 
    che  il  rimettente  premette  di  essere  investito,   in   sede
cautelare, del ricorso proposto da alcuni magistrati ordinari per  il
riconoscimento del diritto al trattamento retributivo loro  spettante
senza le decurtazioni previste dalle disposizioni censurate; 
    che, in punto di rilevanza, il giudice a quo  osserva  che  dette
previsioni normative cagionano una lesione patrimoniale «non  mediata
da alcun provvedimento  dell'Amministrazione»,  sicche'  la  relativa
declaratoria   di   illegittimita'   costituzionale    determinerebbe
l'accoglimento del ricorso, possibile anche in sede cautelare; 
    che, riguardo alla non manifesta infondatezza delle questioni, il
Tribunale  rimettente  assume   che   le   misure   stabilite   nelle
disposizioni  in  esame  si  sostanzierebbero  in  una   «prestazione
economica imposta», attuata mediante decurtazioni delle  retribuzioni
dei soli dipendenti pubblici: la diversa denominazione  del  prelievo
non muterebbe, infatti, la sostanza del sacrificio patrimoniale,  che
rappresenterebbe, per le finanze pubbliche,  «un'entrata  pecuniaria,
utilizzata per finalita' generali»; 
    che la ratio del provvedimento, collegata alla necessita'  di  un
concorso generale al contenimento  delle  spese  pubbliche  a  fronte
dell'eccezionalita'   della   situazione   economica   nazionale    e
internazionale, evocherebbe, peraltro,  i  principi  di  solidarieta'
economica e della capacita' contributiva individuale:  principi  che,
se possono rendere comprensibile la scelta di circoscrivere le misure
ai    soggetti    con    livelli    retributivi    medio-alti,    non
giustificherebbero invece la  loro  limitazione  ai  soli  dipendenti
pubblici, percettori di redditi fissi tassati alla fonte; 
    che, per questo verso, le norme censurate  violerebbero,  dunque,
gli artt. 2, 3 e 53 Cost., discriminando arbitrariamente  i  soggetti
in questione sia rispetto ai dipendenti  privati  che  ai  lavoratori
autonomi, i  quali,  a  parita'  di  reddito,  non  subiscono  alcuna
decurtazione patrimoniale; 
    che lo stesso legislatore si sarebbe, del resto,  avveduto  della
illogicita' di  tale  assetto,  tanto  da  prevedere,  con  il  testo
originario  dell'art.  2,  comma  1,  del  d.l.  n.  138  del   2011,
l'abolizione della decurtazione  stipendiale  considerata,  a  fronte
dell'introduzione di un «contributo di solidarieta'»  gravante  sulla
generalita' dei cittadini: soluzione che non  ha  trovato,  tuttavia,
l'avallo del  Parlamento,  il  quale,  in  sede  di  conversione  del
decreto-legge,   ha   confermato   l'operativita'   della   normativa
censurata; 
    che, avuto riguardo alla particolare funzione pubblica svolta dai
ricorrenti, risulterebbero lesi, inoltre, gli  artt.  97,  101,  102,
104, 107  e  108  Cost.,  in  quanto  il  trattamento  economico  dei
magistrati sarebbe volto anche a garantire l'indipendenza dell'ordine
giudiziario  da  ogni  forma  di  pressione  esterna  e,  con   essa,
l'autonomia, l'imparzialita' e la responsabilita'  nello  svolgimento
della funzione giurisdizionale; 
    che il rimettente denuncia, infine, la  violazione  dell'art.  36
Cost., in quanto  le  decurtazioni  disposte  dalle  norme  impugnate
incidono su un imponibile gia' oggetto  di  tassazione,  determinando
un'alterazione  dei  principi  di  proporzione  e  adeguatezza  degli
stipendi,  nonche'  un  «misconoscimento  della   delicatezza   della
funzione svolta»; 
    che  si  sono  costituiti  alcuni  dei  ricorrenti  nel  giudizio
principale, i  quali  hanno  chiesto  dapprima  l'accoglimento  delle
questioni e, in seguito - preso atto della  intervenuta  declaratoria
di illegittimita' costituzionale,  con  sentenza  n.  223  del  2012,
dell'art. 9, comma 2, del d.l. n. 78 del 2010 e della definizione  in
senso a loro favorevole del giudizio a quo - hanno  concluso  per  la
dichiarazione di manifesta inammissibilita' tanto della questione  di
legittimita' costituzionale del  citato  art.  9,  comma  2,  perche'
divenuta priva di oggetto; quanto della questione concernente  l'art.
2, comma 1, del d.l. n. 138 del  2011,  trattandosi  di  disposizione
meramente  ricognitiva  o  confermativa  della  precedente,  divenuta
inapplicabile a seguito della predetta declaratoria di illegittimita'
costituzionale; 
    che, in subordine, le parti private hanno rilevato  che,  qualora
la Corte decidesse nel merito quest'ultima questione,  essa  dovrebbe
essere accolta per le medesime ragioni esposte nella sentenza n.  223
del 2012; 
    che e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,  che  ha
concluso per l'infondatezza delle  questioni  e,  in  una  successiva
memoria, per la loro manifesta inammissibilita'. 
    Considerato  che  il  Tribunale  amministrativo   regionale   per
l'Abruzzo, sezione staccata di  Pescara,  dubita  della  legittimita'
costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 36, 53, 97,  101,
102, 104, 107 e 108 della Costituzione, dell'art.  9,  comma  2,  del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in  materia  di
stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'   economica),
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122,  e
dell'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 13 agosto 2011,  n.  138,
convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148,
in relazione agli interventi normativi che interessano  i  magistrati
ricorrenti nel giudizio a quo; 
    che questa Corte, con la sentenza n.  223  del  2012,  successiva
all'ordinanza di  rimessione,  ha  gia'  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 9, comma 2, del d.l. n. 78 del  2010,  nella
parte in cui dispone che a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31
dicembre  2013  i  trattamenti  economici  complessivi  dei   singoli
dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, previsti dai  rispettivi
ordinamenti, delle  amministrazioni  pubbliche,  inserite  nel  conto
economico   consolidato   della   pubblica   amministrazione,    come
individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT),  ai  sensi
del comma 3 dell'art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n.  196  (Legge
di contabilita' e finanza pubblica), superiori a  90.000  euro  lordi
annui siano ridotti del  5  per  cento  per  la  parte  eccedente  il
predetto importo fino a 150.000 euro, nonche' del 10 per cento per la
parte eccedente 150.000 euro; 
    che, per effetto di tale pronuncia, la questione di  legittimita'
costituzionale relativa al citato art. 9, comma 2, del d.l. n. 78 del
2010 e' divenuta priva di oggetto e deve essere,  quindi,  dichiarata
manifestamente inammissibile (ex plurimis, ordinanze n. 125 del  2013
e n. 303 del 2012); 
    che questa Corte ha gia' rilevato, altresi', con la  sentenza  n.
241  del  2012,  che  la  norma  dichiarata  illegittima  costituisce
l'indefettibile presupposto per l'applicazione della prima parte  del
comma 1 dell'art. 2 del d.l. n.  138  del  2011,  il  quale  -  nello
stabilire che l'art. 9, comma 2, del d.l. n. 78 del 2010 «continua ad
applicarsi nei termini  ivi  previsti»  -  reca  una  disposizione  a
carattere meramente ricognitivo o confermativo,  e  dunque  priva  di
autonomia; 
    che,  di  conseguenza,   la   dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale, in parte qua, del  citato  art.  9,  comma  2,  rende
inoperante anche l'altra disposizione oggi sottoposta a scrutinio; 
    che, pertanto, anche la questione di legittimita'  costituzionale
relativa all'art. 2, comma 1, del d.l. n. 138 del 2011 va  dichiarata
manifestamente inammissibile. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 2,  del  decreto-legge
31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia  di  stabilizzazione
finanziaria  e  di   competitivita'   economica),   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.  122,  e  dell'art.  2,
comma 1, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138  (Ulteriori  misure
urgenti per  la  stabilizzazione  finanziaria  e  per  lo  sviluppo),
convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148,
sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 36, 53, 97, 101,  102,
104, 107 e  108  della  Costituzione,  dal  Tribunale  amministrativo
regionale per l'Abruzzo, sezione staccata di Pescara, con l'ordinanza
indicata in epigrafe. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 maggio 2014. 
 
                                F.to: 
                    Gaetano SILVESTRI, Presidente 
                      Giuseppe FRIGO, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 16 maggio 2014. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI