N. 237 SENTENZA 6 - 16 ottobre 2014

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Misure urgenti per il contenimento
  della spesa per studi e incarichi di consulenza nonche' in  materia
  di pubblico impiego - Clausola di  salvaguardia  per  le  autonomie
  speciali. 
- Decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 (Disposizioni urgenti  per  il
  perseguimento di obiettivi  di  razionalizzazione  nelle  pubbliche
  amministrazioni), - convertito,  con  modificazioni,  dall'art.  1,
  comma 1, della legge 30 ottobre 2013, n. 125 - artt. 1, commi  5  e
  8, e 4, comma 10. 
-   
(GU n.44 del 22-10-2014 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giuseppe TESAURO; 
Giudici :Sabino CASSESE,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,
  Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo
  CORAGGIO, Giuliano AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1,  commi
5 e 8, e 4, comma 10, del  decreto  legge  31  agosto  2013,  n.  101
(Disposizioni  urgenti  per  il   perseguimento   di   obiettivi   di
razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 ottobre 2013,  n.
125,  promosso  dalla  Provincia  autonoma  di  Trento  con   ricorso
notificato il 30  dicembre  2013,  depositato  in  cancelleria  il  7
gennaio 2014 ed iscritto al n. 4 del registro ricorsi 2014. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del  23  settembre  2014  il  Giudice
relatore Giuliano Amato; 
    uditi gli avvocati Giandomenico  Falcon  e  Luigi  Manzi  per  la
Provincia autonoma di Trento e l'avvocato dello Stato  Marco  Corsini
per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 30 dicembre 2013 e depositato il  7
gennaio 2014, la Provincia autonoma di Trento ha  promosso  questioni
di legittimita' costituzionale degli artt. 1, commi 5 e 8, e 4, comma
10, del decreto-legge 31 agosto 2013, n.  101  (Disposizioni  urgenti
per  il  perseguimento  di  obiettivi  di   razionalizzazione   nelle
pubbliche amministrazioni), convertito, con modificazioni,  dall'art.
1, comma 1, della legge 30 ottobre 2013, n. 125, per violazione degli
artt. 79, 103 e 104 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige
(d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, recante «Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto Adige»); del  Titolo  VI  dello  statuto  speciale,  in
particolare degli artt. 79, 80 e 81, nonche' delle relative norme  di
attuazione di cui agli artt. 17, 18 e 19 del decreto  legislativo  16
marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale  e  provinciale);
degli artt. 87 e 88 dello statuto speciale,  nonche'  del  d.P.R.  15
luglio 1988, n. 305 (Norme di attuazione dello statuto  speciale  per
la regione Trentino-Alto Adige per  l'istituzione  delle  sezioni  di
controllo della Corte dei conti di Trento  e  di  Bolzano  e  per  il
personale ad esse addetto); degli artt. 8,  numero  1),  e  16  dello
statuto speciale; del decreto  legislativo  16  marzo  1992,  n.  266
(Norme di attuazione dello  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto
Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi  statali  e  leggi
regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale di  indirizzo  e
coordinamento), in particolare degli artt. 2 e 4;  degli  artt.  117,
terzo,  quarto  e  sesto  comma,  118  e  119,  primo  comma,   della
Costituzione,  in  combinato  disposto  con  l'art.  10  della  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  titolo  V  della
parte seconda della Costituzione); del principio di ragionevolezza. 
    1.1.- L'art. 1, comma 5, stabilisce che «La spesa annua per studi
e  incarichi  di  consulenza,  inclusa  quella  relativa  a  studi  e
incarichi di consulenza conferiti a  pubblici  dipendenti,  sostenuta
dalle  amministrazioni  pubbliche  inserite   nel   conto   economico
consolidato  della   pubblica   amministrazione,   come   individuate
dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi  dell'articolo
1, comma 3, della legge 31  dicembre  2009,  n.  196,  nonche'  dalle
autorita' indipendenti e dalla Commissione nazionale per le  societa'
e la borsa (CONSOB), escluse le universita', gli enti e le fondazioni
di ricerca e gli organismi equiparati, nonche' gli istituti culturali
e gli incarichi di  studio  e  consulenza  connessi  ai  processi  di
privatizzazione e alla regolamentazione del settore finanziario,  non
puo' essere superiore, per l'anno 2014, all'80 per cento  del  limite
di spesa per l'anno  2013  e,  per  l'anno  2015,  al  75  per  cento
dell'anno  2014  cosi'  come  determinato   dall'applicazione   della
disposizione di cui al comma 7 dell'articolo 6 del  decreto-legge  31
maggio 2010, n. 78, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  30
luglio 2010, n. 122. Si applicano le deroghe  previste  dall'articolo
6, comma 7, ultimo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78,
convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122». 
    1.2.- Il successivo  comma  8  dispone  che  «La  Presidenza  del
Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione  pubblica  e  il
Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  -   Dipartimento   della
ragioneria generale dello Stato dispongono almeno una volta  all'anno
visite ispettive, a cura dell'Ispettorato per la funzione pubblica  e
dei servizi ispettivi di  finanza  del  medesimo  Dipartimento  della
ragioneria generale dello Stato, al fine di  verificare  il  rispetto
dei vincoli finanziari in materia di contenimento della spesa di  cui
al  presente  articolo,  denunciando  alla   Corte   dei   conti   le
irregolarita' riscontrate». 
    1.3.- Ai sensi dell'art. 4, comma 10, del d.l. n. 101  del  2013,
invece, «Le regioni, le province autonome e gli enti  locali,  tenuto
conto del loro fabbisogno, attuano i commi 6, 7, 8 e 9  nel  rispetto
dei principi e dei vincoli ivi previsti e tenuto  conto  dei  criteri
definiti con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri  di
cui al comma 5. Per gli enti del Servizio sanitario nazionale, tenuto
conto dei vincoli assunzionali previsti dalla normativa  vigente,  si
procede all'attuazione dei commi 6, 7, 8 e 9, anche  con  riferimento
alle professionalita' del Servizio sanitario nazionale,  con  decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare entro tre mesi
dalla data di  entrata  in  vigore  del  presente  decreto-legge,  su
proposta del Ministro della  salute,  di  concerto  con  il  Ministro
dell'economia e delle finanze e  con  il  Ministro  per  la  pubblica
amministrazione,  di  intesa  con  la  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e
di Bolzano. Nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri  di
cui al precedente periodo saranno  previste  specifiche  disposizioni
per il personale dedicato alla ricerca in sanita', finalizzate  anche
all'individuazione, quali requisiti per l'accesso  ai  concorsi,  dei
titoli di studio di laurea e post laurea in  possesso  del  personale
precario nonche' per il personale medico in servizio presso il pronto
soccorso delle aziende sanitarie locali, con almeno  cinque  anni  di
prestazione   continuativa,   ancorche'   non   in   possesso   della
specializzazione in medicina e chirurgia d'accettazione e  d'urgenza.
Resta comunque salvo quanto previsto dall'articolo 10,  comma  4-ter,
del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368». 
    2.- Premette la ricorrente che la disposizione di cui all'art. 1,
comma 5, non si rivolge specificamente  alle  Province  autonome,  ma
alle amministrazioni pubbliche dell'elenco  ISTAT  e  dunque  la  sua
impugnazione ha un carattere eminentemente cautelativo. 
    3.- Tuttavia, ove dovesse ritenersi  direttamente  applicabile  e
immediatamente vincolante per la Provincia, essa violerebbe in  primo
luogo l'art.  79  dello  statuto  speciale,  in  quanto  derogherebbe
unilateralmente  a  tale  disposizione  senza  seguire  la  procedura
stabilita nell'art. 104 dello statuto medesimo. 
    Secondo la Provincia, l'art. 79 non riguarderebbe solo  il  patto
di stabilita' interno e le Province autonome non sarebbero soggette a
tutte le  norme  statali  recanti  principi  di  coordinamento  della
finanza pubblica. 
    Tali principi, infatti, costituiscono un limite  alla  competenza
concorrente di cui all'art. 117, terzo comma, Cost. L'art. 79,  comma
4, invece, ai sensi del quale «La regione e  le  province  provvedono
alle finalita' di coordinamento della finanza pubblica  contenute  in
specifiche disposizioni legislative dello Stato, adeguando la propria
legislazione ai principi costituenti limiti ai sensi degli articoli 4
e 5», non si riferirebbe ad essi, ma a norme che  abbiano  «finalita'
di coordinamento della finanza  pubblica»  e  che  dunque  non  siano
direttamente misure di finanza pubblica. 
    3.1.- La ricorrente deduce altresi' la violazione  dell'art.  79,
comma  3,  dello  statuto  speciale  in  quanto  dovrebbe  essere  la
Provincia a stabilire gli obblighi "interni" al sistema  provinciale;
sarebbe anche leso il principio dell'accordo che  governa  il  regime
dei rapporti finanziari fra Stato e Regioni  ad  autonomia  speciale,
poiche'  la  disposizione  impugnata  introdurrebbe   unilateralmente
un'ulteriore misura di coordinamento finanziario, al di  fuori  degli
strumenti previsti dall'art. 79. 
    4.- Ad avviso della difesa provinciale, inoltre, la  disposizione
impugnata, a dispetto della qualificazione operata dall'art. 1, comma
9, non avrebbe natura di principio, ma di norma di  dettaglio  e  non
lascerebbe margini di apprezzamento al legislatore locale in sede  di
attuazione, in violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    4.1.- Sarebbe inoltre lesa l'autonomia della  Provincia  autonoma
in materia di organizzazione, l'autonomia di spesa  e  la  competenza
concorrente in materia di finanza locale. 
    4.2.- Infine, qualora  l'art.  1,  comma  5,  fosse  direttamente
applicabile anche agli enti pubblici situati in Provincia di  Trento,
sarebbe violato l'art. 2 del d.lgs. n. 266  del  1992,  dato  che  la
materia di riferimento (coordinamento della finanza pubblica)  e'  di
competenza concorrente e non esclusiva statale. 
    5.- La ricorrente impugna in  via  cautelativa  anche  l'art.  1,
comma  8,  trattandosi  di  una  disposizione  che,  al  pari   della
precedente, non si rivolge specificamente  alla  Provincia  autonoma.
Nondimeno, qualora fosse ritenuta direttamente applicabile  nei  suoi
confronti, sarebbe illegittima "in  via  consequenziale",  in  quanto
prevederebbe   un   controllo   sul   rispetto    di    un    vincolo
incostituzionale. 
    5.1.- Tale  disposizione,  inoltre,  violerebbe  il  sistema  dei
rapporti tra Stato e Provincia delineato dagli artt. 87  e  88  dello
statuto speciale, nonche' dal d.P.R. n. 305 del 1988;  in  virtu'  di
tale sistema, infatti, non  sarebbe  consentito  alla  legge  statale
introdurre unilateralmente, nei confronti della  Provincia  autonoma,
controlli ad opera di organi ministeriali. 
    Cio' sarebbe confermato, in via generale, dall'art. 4,  comma  1,
del d.lgs. n. 266 del  1992,  secondo  il  quale  «Nelle  materie  di
competenza propria della regione o delle province autonome  la  legge
non puo' attribuire  agli  organi  statali  funzioni  amministrative,
comprese  quelle  di  vigilanza,  di  polizia  amministrativa  e   di
accertamento  di  violazioni  amministrative,   diverse   da   quelle
spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale e le relative  norme
di attuazione [...]». 
    5.2.- Sarebbe altresi' violato l'art. 79, comma 4, dello  statuto
speciale, il quale,  con  specifico  riferimento  al  rispetto  degli
obblighi  finanziari,  dispone   l'inapplicabilita'   alle   Province
autonome delle disposizioni statali generali. 
    5.3.-  Nel  prevedere  «visite  ispettive»  ad  opera  di  organi
ministeriali,  la  norma  impugnata   lederebbe   anche   l'autonomia
organizzativa e finanziaria della Provincia; risulterebbe,  altresi',
evidente  l'irragionevolezza  di  tale  intromissione  nell'autonomia
organizzativa, in vista di un controllo su specifiche voci di spesa. 
    6.- Con riguardo all'art. 4, comma 10, la  ricorrente  ne  deduce
l'illegittimita' costituzionale in quanto le norme da esso richiamate
non  atterrebbero  al  coordinamento  della  finanza   pubblica,   ma
all'organizzazione   amministrativa,   riguardando   l'accesso   alle
pubbliche amministrazioni. 
    Pertanto la materia di riferimento sarebbe di competenza primaria
della Provincia, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost., qualora
ritenuto piu'  favorevole  dell'art.  8,  numero  1),  dello  statuto
speciale, con la conseguenza che la Provincia  incontrerebbe  i  soli
limiti di cui all'art. 117, primo comma, Cost. 
    La disposizione impugnata,  invece,  obbligando  le  Province  ad
attuare «i commi 6, 7, 8 e 9 nel rispetto dei principi e dei  vincoli
ivi previsti e tenuto conto dei criteri definiti con il  decreto  del
Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  di  cui   al   comma   5»,
introdurrebbe limiti diversi da quelli  costituzionalmente  previsti,
sia se riferiti alla potesta' primaria delle Province  autonome,  sia
se riferiti alla potesta' residuale. 
    6.1.- Quanto alle  singole  disposizioni  richiamate  dal  citato
comma 10, il comma 6 richiede il  «rispetto  del  limite  finanziario
fissato dall'art. 35, comma 3-bis, del decreto legislativo  30  marzo
2001, n. 165, a garanzia dell'adeguato accesso dall'esterno,  nonche'
dei vincoli assunzionali previsti dalla legislazione vigente». 
    In materia di  organizzazione,  tuttavia,  le  Province  autonome
avrebbero competenza piena e non sarebbero soggette ne' alle  singole
norme del d.lgs. n. 165  del  2001,  ne'  ai  «vincoli  assunzionali»
previsti dalla legislazione vigente, in quanto norme di dettaglio  in
materia di coordinamento della finanza pubblica. 
    6.1.1.- Il rinvio a tali  vincoli,  oltre  a  ledere  l'autonomia
legislativa della Provincia in materia organizzativa, lederebbe anche
la sua autonomia amministrativa; quanto alle procedure  regolate  dai
commi da 6 a 9, sarebbe lesa la sua autonomia  di  spesa;  quanto  ai
vincoli  posti  a  carico  degli  enti  locali,  la  sua   competenza
concorrente in materia di finanza locale. 
    6.2.- Il comma 7, ponendo una  preferenza  per  le  assunzioni  a
tempo indeterminato con contratti di  lavoro  a  tempo  parziale,  in
relazione alle procedure di cui al comma  6,  sarebbe  una  norma  di
dettaglio che lederebbe l'autonomia amministrativa della Provincia. 
    6.3.- Il comma 9 violerebbe il principio dell'accordo, in  quanto
estenderebbe alla Provincia l'art. 9, comma 28, del decreto-legge  31
maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in  materia  di  stabilizzazione
finanziaria e di competitivita' economica), in assenza delle forme di
concertazione previste dallo statuto. 
    6.4.- Il richiamo ai criteri stabiliti dal d.P.C.m. previsto  dal
comma 5,  infine,  introdurrebbe  un  limite  da  parte  di  un  atto
sub-legislativo e dunque violerebbe il divieto  di  fonti  secondarie
statali nelle materie provinciali. 
    7.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  si  e'  costituito  in
giudizio chiedendo che  le  questioni  prospettate  siano  dichiarate
infondate. 
    7.1.- Secondo l'Avvocatura, infatti, l'art. 1, comma  5,  non  si
applicherebbe immediatamente alle Regioni e alle  Province  autonome,
ma conterrebbe solo  un  principio  di  coordinamento  della  finanza
pubblica. 
    In ogni caso non si  tratterebbe  di  una  disposizione  che  non
lascerebbe alle Regioni alcun margine  di  apprezzamento,  in  quanto
l'obbligo di ridurre le spese per incarichi di  studio  e  consulenza
potrebbe  essere  osservato  con   una   pluralita'   di   interventi
alternativi o cumulativi, quali la riduzione del numero di  incarichi
in tutti i settori; la totale abolizione di incarichi che  riguardano
specifiche  materie;  la  diminuzione  dei  compensi  a  favore   dei
beneficiari. 
    7.2.- Non  sarebbe  pertanto  illegittimo  neppure  il  comma  8,
essendo tale disposizione collegata in modo diretto al comma 5. 
    7.3.- Quanto all'art.  4,  comma  10,  le  relative  censure  non
sarebbero fondate alla luce della giurisprudenza  costituzionale  che
ha qualificato come principio di coordinamento della finanza pubblica
l'articolo 17, comma 10, del decreto-legge  1°  luglio  2009,  n.  78
(Provvedimenti anticrisi, nonche' proroga  di  termini),  convertito,
con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 3  agosto  2009,
n. 102, finalizzato  alla  stabilizzazione  dei  lavoratori  pubblici
precari. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Provincia autonoma di Trento, con ricorso notificato il 30
dicembre 2013 e depositato il 7 gennaio 2014, ha impugnato gli  artt.
1, commi 5 e 8, e 4, comma 10, del decreto-legge 31 agosto  2013,  n.
101 (Disposizioni  urgenti  per  il  perseguimento  di  obiettivi  di
razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 ottobre 2013,  n.
125, per violazione degli artt. 79, 103 e 104 dello statuto  speciale
per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972,  n.  670,  recante
«Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali  concernenti
lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige»); del Titolo VI dello
statuto speciale, in particolare degli artt. 79,  80  e  81,  nonche'
delle relative norme di attuazione di cui agli artt. 17, 18 e 19  del
decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione  dello
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige  in  materia  di  finanza
regionale e provinciale); degli artt. 87 e 88 dello statuto speciale,
nonche' del d.P.R. 15 luglio 1988, n. 305 (Norme di attuazione  dello
statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige per l'istituzione
delle sezioni di controllo della Corte  dei  conti  di  Trento  e  di
Bolzano e per il personale ad esse addetto); degli  artt.  8,  numero
1), e 16 dello statuto speciale; del  decreto  legislativo  16  marzo
1992, n. 266 (Norme di  attuazione  dello  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto Adige concernenti  il  rapporto  tra  atti  legislativi
statali e leggi regionali e provinciali, nonche' la potesta'  statale
di indirizzo e coordinamento), in particolare  degli  artt.  2  e  4;
degli artt. 117, terzo, quarto e sesto comma, 118 e 119, primo comma,
della Costituzione, in combinato disposto con l'art. 10  della  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  titolo  V  della
parte seconda della Costituzione); del principio di ragionevolezza. 
    2.- L'art. 1, comma 5, riguarda la spesa per studi e incarichi di
consulenza  sostenuta  dalle  amministrazioni  pubbliche  dell'elenco
ISTAT e prevede che venga ulteriormente decurtata, per gli anni  2014
e 2015, rispetto ai limiti derivanti dall'applicazione  dell'art.  6,
comma 7, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in
materia  di   stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'
economica), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 30 luglio 2010, n. 122. 
    3. - Tale disposizione  e'  impugnata  dalla  ricorrente  solo  a
titolo  cautelativo,  per  l'ipotesi   in   cui   dovesse   ritenersi
direttamente  applicabile  alla  Provincia  autonoma  di  Trento,  in
ragione del riferimento alle  amministrazioni  pubbliche  dell'elenco
ISTAT. 
    3.1.- In tal caso, ad avviso della difesa provinciale, sarebbe in
contrasto con l'art. 79 dello statuto speciale, perche' introdurrebbe
unilateralmente una misura di coordinamento della  finanza  pubblica,
senza il previo accordo con la Provincia e dunque in violazione della
procedura rinforzata prevista dall'art. 104 dello statuto. 
    3.2.- Si tratterebbe, inoltre, di una norma di dettaglio, che non
lascerebbe al legislatore provinciale alcun margine di  apprezzamento
in sede di sua attuazione. 
    4.- Le questioni relative all'art. 1, comma 5, non sono fondate. 
    4.1.- Il d.l. n. 101 del 2013, all'art.  12-bis,  stabilisce  che
«Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano il
proprio ordinamento alle disposizioni  di  principio  desumibili  dal
presente  decreto  ai  sensi  dell'art.  117,  terzo   comma,   della
Costituzione, dei rispettivi statuti speciali e delle relative  norme
di attuazione» (comma  1);  e  che  «Sono  fatte  salve  le  potesta'
attribuite alle regioni a statuto speciale ed alle province  autonome
di Trento e di  Bolzano  dai  rispettivi  statuti  speciali  e  dalle
relative norme di attuazione, nonche' ai sensi degli articoli 2 e  10
della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3» (comma 2). 
    Tale clausola di salvaguardia esclude la immediata cogenza  delle
disposizioni di principio poste dal decreto, imponendo  piuttosto  un
obbligo di adeguamento ad esse in capo alla Provincia. 
    Nella specie, e' questa la natura dell'art. 1, comma 5, il quale,
pertanto, non ha applicazione  diretta  alla  Provincia  autonoma  di
Trento, con conseguente non fondatezza delle  relative  questioni  di
legittimita' costituzionale. 
    Cio' e'  conforme  alla  costante  giurisprudenza  costituzionale
sull'art. 6 del d.l. n. 78 del 2010. Secondo la Corte, infatti,  tale
disposizione «stabilisce  principi  di  coordinamento  della  finanza
pubblica, in base all'art. 117, terzo comma, Cost. (sentenze n. 221 e
n. 36 del 2013, n. 262, n. 217, n. 211 e n. 139  del  2012)»  e  «non
lede l'autonomia finanziaria di Regioni e Province a statuto speciale
(art. 119 Cost. e Titolo VI dello statuto del  Trentino-Alto  Adige)»
(sentenza n. 72 del 2014). Tra questi principi, in particolare, vi e'
quello posto dal comma 7, che impone di contenere le spese per  studi
ed incarichi di consulenza entro il 20% del tetto raggiunto nel 2009. 
    Dell'art. 6, comma 7, l'impugnato art. 1, comma  5,  riflette  la
medesima natura di  norma  di  principio,  sia  perche'  esibisce  un
contenuto normativo analogo, ponendo anch'esso l'obbligo di  limitare
le spese per  studi  e  incarichi  di  consulenza  entro  determinate
percentuali del limite previsto per gli anni precedenti; sia  perche'
si presenta anche funzionalmente connesso all'art.  6,  comma  7,  in
quanto  i  tagli  previsti  sono  rapportati  ai  limiti   di   spesa
determinati proprio dall'applicazione di quest'ultima disposizione. 
    5.- La ricorrente ha impugnato a titolo cautelativo anche  l'art.
1,  comma  8,  che  affida  ad  organi  ministeriali  il  compito  di
effettuare visite ispettive per verificare il  rispetto  dei  vincoli
finanziari in materia di contenimento della spesa,  denunciando  alla
Corte dei conti le irregolarita' riscontrate. 
    5.1.-  Ad   avviso   della   ricorrente,   questa   disposizione,
nell'ipotesi in cui dovesse ritenersi direttamente  applicabile  alla
Provincia autonoma di Trento, sarebbe costituzionalmente  illegittima
«in via consequenziale», in  quanto  prevederebbe  un  controllo  sul
rispetto di un vincolo incostituzionale. 
    5.2.- Essa, inoltre, violerebbe il sistema dei rapporti tra Stato
e Provincia quale delineato dallo statuto speciale e dalle  norme  di
attuazione, che non consentirebbe alla legge  statale  di  introdurre
unilateralmente, a carico  della  Provincia  autonoma,  controlli  ad
opera di organi ministeriali. 
    5.3.- Sarebbe anche violato l'art. 79,  comma  4,  dello  statuto
speciale, il quale,  con  specifico  riferimento  al  rispetto  degli
obblighi  finanziari,  dispone   l'inapplicabilita'   alle   Province
autonome delle disposizioni statali generali. 
    5.4.- Sarebbe infine lesa l'autonomia organizzativa e finanziaria
della Provincia autonoma. 
    6.- Le questioni relative all'art. 1, comma 8, non sono  fondate,
nei termini di seguito precisati. 
    6.1.- Questa Corte ha dichiarato l'illegittimita'  costituzionale
di norme che attribuivano ad apparati ispettivi  dell'amministrazione
centrale  poteri  di   verifica   sul   complesso   delle   attivita'
amministrative e finanziarie degli enti territoriali (sentenze n.  39
del 2014 e n. 219 del 2013). 
    Siffatte previsioni, infatti, eccedono  i  limiti  del  legittimo
intervento del legislatore statale, in quanto attribuiscono «non gia'
ad un organo magistratuale terzo quale la  Corte  dei  conti,  bensi'
direttamente al Governo un potere  di  verifica  sull'intero  spettro
delle attivita'  amministrative  e  finanziarie  degli  enti  locali,
sottraendolo, in tal modo, illegittimamente all'ambito riservato alla
potesta'  normativa  di  rango  primario  delle  ricorrenti   Regioni
autonome» (sentenza n. 39 del 2014). 
    6.2.- Con specifico riguardo alle Province autonome di  Trento  e
di Bolzano, poi, questa Corte ha riconosciuto la  spettanza  ad  esse
del  potere  ispettivo  sulle  Unita'  sanitarie  locali,  in  quanto
riconducibile al piu' ampio potere di vigilanza, con  la  conseguente
esclusione di un controllo aggiuntivo  da  parte  del  Ministero  del
tesoro (sentenze n. 182 del 1997 e n. 228 del 1993). 
    6.3.- E' bensi' vero che l'impugnato art. 1, comma 8, circoscrive
tali verifiche al rispetto, da parte della  Provincia  autonoma,  dei
vincoli finanziari in materia di contenimento  della  spesa  previsti
dal d.l. n.  101  del  2013  e  non  le  estende  all'intero  spettro
dell'attivita'  amministrativa  e   finanziaria   della   ricorrente;
nondimeno, tale disposizione, ove applicata alla Provincia  autonoma,
sarebbe in contrasto con l'art. 4 del d.lgs.  n.  266  del  1992,  ai
sensi del quale, nelle materie di competenza propria della Regione  o
delle Province autonome, la legge non  puo'  attribuire  agli  organi
statali  funzioni  amministrative,  compresa  quella  di   vigilanza,
diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale  e
le relative norme di attuazione. 
    6.4.- L'art. 1, comma 8, pertanto, non puo' ritenersi applicabile
alla ricorrente in forza della clausola di cui  all'art.  12-bis,  la
quale fa salve le  potesta'  attribuite  alle  Regioni  ad  autonomia
speciale e alle Province autonome  dai  rispettivi  statuti  e  dalle
relative norme di attuazione  (comma  2)  e  dunque  esclude  che  la
Provincia autonoma di Trento sia tenuta ad attuare norme del  decreto
che interferirebbero con tali potesta'. 
    7.- L'art. 4, comma 10, stabilisce che «Le regioni,  le  province
autonome e gli enti locali, tenuto conto del loro fabbisogno, attuano
i commi 6, 7, 8 e 9 nel rispetto  dei  principi  e  dei  vincoli  ivi
previsti e tenuto conto dei  criteri  definiti  con  il  decreto  del
Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 5». 
    7.1.- La ricorrente lamenta  l'illegittimita'  costituzionale  di
questa disposizione, perche' le norme da essa richiamate, riguardando
l'accesso  alle  pubbliche  amministrazioni,  non   atterrebbero   al
coordinamento   della   finanza   pubblica,   ma   all'organizzazione
amministrativa   e   introdurrebbero   limiti   diversi   da   quelli
costituzionalmente    previsti,    in    violazione    dell'autonomia
legislativa, amministrativa e di spesa della Provincia autonoma. 
    8.- Neppure le questioni relative  all'art.  4,  comma  10,  sono
fondate. 
    9.- Tale disposizione richiama alcuni commi del medesimo articolo
che dettano una disciplina volta a ridurre il  precariato,  limitando
l'utilizzo di  personale  temporaneo  e  favorendone,  con  procedure
parzialmente riservate, la stabilizzazione. 
    9.1.- In particolare, il comma 6 prevede la possibilita'  per  le
pubbliche  amministrazioni  di  bandire  procedure  concorsuali,  per
assunzioni a  tempo  indeterminato  di  personale  non  dirigenziale,
riservate a soggetti che abbiano svolto un certo periodo di  servizio
(almeno tre anni) a tempo determinato. 
    Questa  Corte  ha  qualificato  come  principio  fondamentale  di
coordinamento il limite -  cui  il  comma  6  fa  rinvio  -  previsto
dall'art. 1,  comma  558,  della  legge  27  dicembre  2006,  n.  296
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello  Stato  -  legge  finanziaria   2007),   che   ammetteva   alla
stabilizzazione soltanto personale non dirigenziale che  avesse  gia'
maturato tre anni di servizio alla data di entrata  in  vigore  della
medesima legge n. 296 del 2006 (in servizio in quel  momento  o  alla
luce del  lavoro  svolto  nell'ambito  del  quinquennio  precedente),
ovvero  che  fosse  destinato  a  maturarli  in  forza  di  contratti
stipulati prima del 29 settembre 2006 (sentenza n. 277 del 2013). 
    9.2.- Il successivo comma  7  pone  il  criterio  generale  della
preferenza per le assunzioni con contratti a tempo parziale. 
    Questa Corte, nello scrutinare una  disposizione  dal  tenore  in
parte analogo, che sanciva un criterio di priorita' «per l'attuazione
dei   processi   assunzionali   consentiti»,   disponendo   che    le
amministrazioni pubbliche interessate  attingessero  prioritariamente
ai lavoratori a  tempo  determinato  in  regime  di  proroga,  «salva
motivata indicazione concernente gli specifici profili  professionali
richiesti», ha rilevato come «Nel dare un'indicazione in  termini  di
"priorita'"  rispetto  ai  lavoratori  da   assumere,   infatti,   il
legislatore statale non pone vincoli rigidi, ma lascia  alle  singole
amministrazioni la scelta in ordine alle assunzioni da  operare,  con
la  sola  richiesta  di  motivazione,  ove  necessitino  di   profili
professionali specifici. Pertanto, non si  tratta  di  una  norma  di
dettaglio, ma di una norma  che  prescrive  un  criterio  generale  e
impone di motivare le eventuali determinazioni regionali difformi  da
tale criterio» (sentenza n. 89  del  2014).  Il  comma  7,  pertanto,
presenta la medesima natura di principio del comma 6,  con  il  quale
peraltro  si  trova  in  rapporto  di  stretta  connessione,  essendo
preordinato a realizzarne meglio le finalita'. 
    9.3.- Il  comma  8,  a  sua  volta,  stabilisce  che  le  Regioni
predispongano un elenco di lavoratori socialmente utili e di  giovani
inoccupati dal  quale  gli  enti  territoriali  che  hanno  vuoti  in
organico possano attingere per assunzioni a tempo indeterminato. 
    Anche   questa    disposizione,    essendo    finalizzata    alla
stabilizzazione  dei  lavoratori  precari,  e'  stata  legittimamente
adottata dallo Stato nell'esercizio della sua competenza  concorrente
in materia di coordinamento della finanza pubblica  (sentenze  n.  18
del 2013 e n. 310 del 2011). 
    9.4.- Il comma 9, infine, prevede la possibilita' di prorogare  i
contratti a tempo determinato, di cui all'art. 9, comma 28, del  d.l.
n.  78  del  2010,  per  le  pubbliche  amministrazioni  che  abbiano
programmato procedure concorsuali di stabilizzazione. 
    Questa Corte ha ripetutamente affermato che l'art. 9,  comma  28,
«pone un obiettivo generale di contenimento della spesa  relativa  ad
un vasto settore del personale, ma al contempo  lascia  alle  singole
amministrazioni la scelta circa le misure da adottare con riferimento
ad ognuna delle categorie di rapporti di  lavoro  da  esso  previsti»
(sentenza n. 61 del 2014). 
    Si tratta, dunque, di un principio di coordinamento della finanza
pubblica e il comma 9 ne riflette la medesima natura, trovandosi  con
esso in un rapporto di stretta imbricazione. 
    9.5.- I commi richiamati dalla disposizione impugnata,  pertanto,
sia per le finalita' perseguite, relative  alla  stabilizzazione  dei
lavoratori precari, sia per il loro collegamento con norme espressive
della potesta' statale in  materia  di  coordinamento  della  finanza
pubblica, sono parimenti disposizioni di  principio  e  ad  esse,  ai
sensi  della  clausola  di  cui  all'art.  12-bis,  la  Provincia  ha
l'obbligo di  adeguarsi,  mediante  la  predisposizione  delle  fonti
legislative e regolamentari necessarie alla loro attuazione. 
    9.6.- Quanto al richiamato comma 5, questa  disposizione  rimette
ad un d.P.C.m. la definizione dei criteri di razionale  distribuzione
delle  risorse  che  consentano  alle  pubbliche  amministrazioni  le
assunzioni finalizzate alla stabilizzazione dei precari.  Secondo  la
difesa provinciale, l'art. 4, comma 10, nel richiamare i  criteri  di
cui al d.P.C.m. previsto dal comma 5, violerebbe il divieto di  fonti
secondarie statali nelle materie provinciali. 
    9.6.1.- Neppure questa censura e' fondata. 
    9.6.2.- Alla luce della clausola di salvaguardia, infatti, e'  la
Provincia di Trento che deve adeguarsi all'art.  4,  comma  10.  Cio'
comporta che l'obbligo di adeguamento che grava in capo ad  essa  non
e' nei confronti del d.P.C.m. (che fra l'altro  non  risulta  neppure
adottato ed e' al momento sostituito dalla circolare n. 5/2013  della
Presidenza del Consiglio), ma  e'  nei  confronti  della  sola  fonte
legislativa e cioe' del predetto art. 4, comma 10. 
    Pertanto  il  rinvio  al  d.P.C.m.  previsto  dalla  disposizione
impugnata non opera nei confronti della Provincia, la quale  tuttavia
deve assolvere al suo obbligo di  adeguamento  fissando  con  proprio
atto interno i criteri di razionale distribuzione delle risorse. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma  5,  del  decreto-legge  31  agosto
2013, n. 101 (Disposizioni urgenti per il perseguimento di  obiettivi
di razionalizzazione nelle  pubbliche  amministrazioni),  convertito,
con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 ottobre 2013,
n. 125, promosse dalla Provincia autonoma di Trento, con  il  ricorso
indicato in epigrafe, in riferimento agli artt. 8, numero 1), 16, 79,
80, 81 e 104  dello  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige
(d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, recante «Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto Adige»); all'art. 17 del decreto legislativo  16  marzo
1992, n. 268 (Norme di  attuazione  dello  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale  e  provinciale);
all'art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n.  266  (Norme  di
attuazione  dello  statuto  speciale  per  il   Trentino-Alto   Adige
concernenti  il  rapporto  tra  atti  legislativi  statali  e   leggi
regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale di  indirizzo  e
coordinamento); agli artt. 117, terzo e quarto comma,  e  119,  primo
comma, della Costituzione; 
    2) dichiara non fondate, nei sensi  di  cui  in  motivazione,  le
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1,  comma  8,  del
d.l. n. 101 del 2013, convertito,  con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge  n.  125  del  2013,  promosse  dalla  Provincia
autonoma  di  Trento,  con  il  ricorso  indicato  in  epigrafe,   in
riferimento agli artt. 8, numero 1), 79,  comma  4,  87  e  88  dello
statuto speciale per il  Trentino-Alto  Adige;  al  Titolo  VI  dello
statuto speciale;  al  d.P.R.  15  luglio  1988,  n.  305  (Norme  di
attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto  Adige
per l'istituzione delle sezioni di controllo della Corte dei conti di
Trento e di Bolzano e per il personale ad esse addetto);  all'art.  4
del d.lgs. n. 266 del 1992; agli  artt.  117,  quarto  comma,  e  119
Cost.; al principio di ragionevolezza; 
    3) dichiara non fondate, nei sensi  di  cui  in  motivazione,  le
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma  10,  del
d.l. n. 101 del 2013, convertito,  con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge  n.  125  del  2013,  promosse  dalla  Provincia
autonoma  di  Trento,  con  il  ricorso  indicato  in  epigrafe,   in
riferimento agli artt. 8, numero 1), 16, 79, comma 3, 80 e  81  dello
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige; all'art. 17  del  d.lgs.
n. 268 del 1992; all'art. 2 del d.lgs. n. 266 del  1992;  agli  artt.
117, quarto e sesto comma, 118 e 119, primo comma, Cost. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 ottobre 2014. 
 
                                F.to: 
                    Giuseppe TESAURO, Presidente 
                      Giuliano AMATO, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 16 ottobre 2014. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI