N. 242 SENTENZA 22 - 24 ottobre 2014

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Istruzione - Requisiti necessari ai  fini  del  riconoscimento  della
  parita' degli istituti scolastici non statali. 
- Legge 10 marzo 2000, n. 62  (Norme  per  la  parita'  scolastica  e
  disposizioni sul diritto allo studio  e  all'istruzione),  art.  1,
  comma 4, lettera f). 
-   
(GU n.45 del 29-10-2014 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo Maria NAPOLITANO; 
Giudici :Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,  Giorgio
  LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta  CARTABIA,  Sergio  MATTARELLA,  Mario
  Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 4,
lettera f), della legge 10 marzo 2000, n. 62 (Norme  per  la  parita'
scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e  all'istruzione),
promosso dal Tribunale amministrativo regionale  per  il  Lazio,  nel
procedimento vertente tra l'Istituto G. Verga  di  Frattamaggiore  ed
altri ed  il  Ministero  dell'Istruzione,  dell'Universita'  e  della
Ricerca, con ordinanza del 5 aprile  2013  iscritta  al  n.  132  del
registro ordinanze del  2013,  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 2013. 
    Visto l'atto di costituzione di Silvio Duilio, nella qualita'  di
legale  rappresentante  dell'Istituto  G.  Verga  di  Frattamaggiore,
nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito  nell'udienza  del  7  ottobre  2014  il  Giudice  relatore
Giuliano Amato; 
    uditi l'avvocato Carlo Rienzi  per  Silvio  Duilio  e  l'avvocato
dello Stato Stefano  Varone  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio  ha
sollevato - in riferimento  agli  artt.  3,  33,  41  e  76  Cost.  -
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  4,
lettera f), della legge 10 marzo 2000, n. 62 (Norme  per  la  parita'
scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e  all'istruzione),
il  quale  prevede,  fra  i   requisiti   necessari   ai   fini   del
riconoscimento della parita' degli istituti  scolastici,  «l'organica
costituzione di corsi  completi:  non  puo'  essere  riconosciuta  la
parita' a singole classi, tranne che in fase di istituzione di  nuovi
corsi completi, ad iniziare dalla prima classe». 
    Le censure del rimettente hanno ad  oggetto  la  disposizione  in
esame «nel combinato disposto interpretativo di cui al regolamento ex
decreto 29 novembre 2007, n. 267, art. 1, comma 6, lettere e) ed f) e
D.M. n. 83 del 10 ottobre 2008, art. 3, punto 3.4, lettera  f),  alla
luce dei commi 2 e 3 dell'art. 1, e comma 1 dell'art. 8 del d.P.R. 15
marzo 2010, n. 87 (Regolamento recante  norme  per  il  riordinamento
degli  istituti  professionali,  a  norma  dell'art.  64,  comma   4,
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con  modificazioni,
nella legge 6 agosto 2008, n. 133)». » 
    La norma  viene  censurata  nella  parte  in  cui  -  nella  fase
transitoria di passaggio al nuovo ordinamento scolastico -  introduce
per gli istituti paritari il divieto di costituire intere sezioni  ex
novo, consentendo di  costituire  solo  la  prima  classe  a  partire
dall'anno scolastico 2010/2011, e gradualmente  ciascuna  classe  per
ogni  successivo  anno,  fino  al   completamento   del   corso,   in
considerazione  della  progressiva  entrata  in  vigore   del   nuovo
ordinamento per tutte classi. 
    2.- Il TAR riferisce  di  essere  investito  della  decisione  in
ordine al ricorso proposto da un istituto  scolastico  privato  e  da
alcuni studenti lavoratori, al fine di  ottenere  l'annullamento  dei
decreti con i quali l'Ufficio scolastico regionale della Campania  ha
riconosciuto  la  parita'  scolastica  per  la  sola   prima   classe
dell'istituto ricorrente, e ha disposto  il  diniego  per  le  classi
successive, gia' attive. A sostegno  dell'impugnativa,  i  ricorrenti
hanno dedotto l'inesistenza di norme ostative al riconoscimento della
parita' scolastica anche per le classi successive alla prima, gia'  a
partire dall'anno scolastico 2010/2011. 
    Il giudice a quo evidenzia di avere accolto le istanze  cautelari
dei ricorrenti, mediante la sospensione dei provvedimenti  impugnati,
e di avere risolto un'identica questione con  le  proprie  precedenti
sentenze nn. 1233, 1234 e 1235 del 2011, nelle quali sarebbe  offerta
una lettura delle disposizioni richiamate in armonia con  i  principi
costituzionali di cui agli artt. 3, 33 e 41 Cost. 
    2.1.- E' lo stesso giudice rimettente, tuttavia, a  riferire  che
con la decisione n. 4208 del 2011, il Consiglio di Stato ha annullato
la sentenza n. 1235 del 2011 del medesimo TAR Lazio e ha  escluso  la
possibilita'  di  riconoscere  la  parita'  scolastica   per   classi
successive alla prima, laddove cio' comporti  una  scissione  fra  la
prima classe - da istituirsi ex novo secondo il nuovo ordinamento - e
le  classi  successive,  da  costituire  sulla   base   del   vecchio
ordinamento. 
    Secondo l'interpretazione fatta propria dal Consiglio  di  Stato,
il riferimento alla nozione di «corsi completi», contenuto  nell'art.
1, comma 4, lett. f), della legge n. 62  del  2000,  dovrebbe  essere
letto in relazione al  periodo  successivo,  in  cui  si  esclude  la
possibilita' di riconoscere la parita' in relazione a singole classi,
fatta salva l'ipotesi di istituzione  di  nuovi  corsi  completi.  Il
principio di gradualita' richiederebbe che l'introduzione  del  nuovo
corso di studi avvenga a partire dalla prima classe, in  base  ad  un
sistema che ammette, in  una  fase  transitoria,  la  coesistenza  di
classi «a vecchio ordinamento» e di  classi  «a  nuovo  ordinamento»,
fino al definitivo esaurimento del primo; il principio di organicita'
non consentirebbe di riconoscere la parita' a classi, successive alla
prima, costituite in base ad ordinamenti di studi  che  la  normativa
nazionale ha inteso superare. 
    2.2.- Pur non condividendo tale indirizzo interpretativo, il  TAR
evidenzia di doversi uniformare  ad  esso  -  in  quanto  costituente
diritto vivente nella fattispecie - e  di  dovere  pertanto  ritenere
legittimo il provvedimento impugnato. E tuttavia, proprio  alla  luce
della sentenza del  Consiglio  di  Stato  sopra  richiamata,  il  TAR
ritiene rilevante e non  manifestamente  infondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 4, lett. f), della  l.
n. 62 del 2000. 
    2.2.1.- Ad avviso del giudice rimettente,  il  divieto  implicito
affermato dal Consiglio di Stato nella sentenza  n.  4208  del  2011,
violerebbe in primo luogo l'art. 33 Cost., per  la  compressione  del
diritto dello studente e della famiglia di scegliere  la  scuola,  in
quanto gli studenti delle classi successive alla prima non potrebbero
scegliere il sistema scolastico paritario per  5  anni,  e  sarebbero
costretti a rivolgersi alle scuole statali. 
    2.2.2.- Il divieto determinerebbe inoltre la violazione dell'art.
3 Cost.,  introducendo  una  disparita'  di  trattamento  tra  scuole
paritarie e scuole statali, poiche' soltanto le prime subirebbero  la
preclusione in  ordine  alle  iscrizioni  di  studenti  delle  classi
successive alla prima, nonche'  tra  quegli  studenti  che  avrebbero
preferito l'istituto paritario  e  non  potranno  rivolgersi  a  tale
offerta formativa per 5 anni, e gli studenti che invece  scelgono  di
iscriversi  alle  scuole  pubbliche,   i   quali   potrebbero   farlo
liberamente. Il vincolo dell'iscrizione presso un  istituto  statale,
derivante dalla scelta interpretativa fatta propria dal Consiglio  di
Stato, determinerebbe la compressione della liberta' di scelta  dello
studente, la quale  costituisce  condizione  imprescindibile  per  la
realizzazione  del  pieno  sviluppo  della  persona  umana,   sancito
nell'art. 3, cpv., Cost. 
    2.2.3.- Il divieto implicito, ritenuto dal Consiglio di Stato, si
porrebbe altresi' in contrasto con l'art. 41 Cost.,  sacrificando  la
liberta' imprenditoriale  della  societa'  che  gestisce  la  scuola;
infatti, gli istituti scolastici  paritari  di  nuova  istituzione  -
potendo attivare soltanto  la  prima  classe  -  sarebbero  tenuti  a
predisporre un'intera struttura,  sopportando  i  costi  relativi  ai
contratti con gli insegnanti e il personale non docente,  nonche'  le
spese di gestione dei locali per ospitare  le  classi  di  un  intero
ciclo. 
    2.2.4.- Infine, il divieto implicito posto alle scuole  paritarie
violerebbe l'art. 76 Cost.  per  eccesso  di  delega,  in  quanto  si
porrebbe in contrasto con i  principi  stabiliti  dall'art.  1  della
legge 28 marzo 2003, n. 53 (Delega  al  Governo  per  la  definizione
delle norme generali sull'istruzione e dei livelli  essenziali  delle
prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale),  il
quale individua - quale obiettivo della normativa delegata  -  quello
di «favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana, nel
rispetto  dei  limiti  dell'eta'  evolutiva,   delle   differenze   e
dell'identita' di ciascuno e delle scelte educative  della  famiglia,
nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza  con
il principio di autonomia delle istituzioni scolastiche e  secondo  i
principi sanciti dalla Costituzione». Tra i valori  prefissati  dalla
legge delega sarebbe quindi ricompresa la liberta'  di  scelta  dello
studente e delle famiglie, quale espressione qualificante della sfera
di autodeterminazione dei cittadini. 
    La  norma  delegata  risulterebbe  dissonante  rispetto  a   tali
principi e quindi  viziata  per  eccesso  di  delega,  in  violazione
dell'art. 76 Cost. 
    3.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  nel
giudizio con memoria depositata il 2 luglio 2013  eccependo,  in  via
preliminare, l'inammissibilita' delle questioni  sollevate  dal  TAR,
attesa   l'inesistenza   di   un    orientamento    giurisprudenziale
consolidato, idoneo a configurare diritto vivente nella fattispecie. 
    Nel merito, l'Avvocatura dello Stato  ha  dedotto  l'infondatezza
delle censure formulate nell'ordinanza di rimessione, evidenziando in
particolare  che  il  meccanismo  di  entrata  in  vigore  dei  nuovi
ordinamenti dei corsi di studio e' del tutto analogo  per  le  scuole
statali e per quelle  paritarie:  entrambe  le  tipologie  di  scuola
possono  mantenere,  sino  ad  esaurimento,  solo  le   classi   gia'
autorizzate secondo il vecchio ordinamento di studio, mentre vige  un
divieto generale di istituire ex novo classi di questo tipo. 
    4.- Con atto depositato il 26 giugno 2013, e' intervenuto  Silvio
Duilio,  nella  qualita'  di  legale   rappresentante   dell'Istituto
scolastico Verga di Frattamaggiore,  chiedendo  l'accoglimento  della
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 4,  lett.
f), della legge n. 62 del 2000, per violazione degli artt. 3, 33,  41
e  76  Cost.  A  sostegno  della   dedotta   incompatibilita'   della
disposizione censurata con i  parametri  costituzionali  evocati,  la
difesa della parte  privata  ha  svolto  le  medesime  argomentazioni
contenute nell'ordinanza di rimessione. 
    4.1.- Con memoria depositata il  17  settembre  2014,  la  stessa
parte privata ha dedotto il  superamento  del  regime  transitorio  -
atteso l'avvenuto  esaurimento  dei  corsi  appartenenti  al  vecchio
ordinamento - e ha quindi richiesto,  in  via  subordinata,  che  sia
dichiarata la cessazione della materia del contendere e la  questione
sia  rimessa  al  giudice  a  quo,  affinche'   valuti   l'attualita'
dell'interesse alla questione. 
    4.2.- Con successiva memoria, depositata il 6  ottobre  2014,  la
stessa  parte  privata,  dopo  avere   evidenziato   l'illegittimita'
dell'attuale composizione di questa Corte, attesa la mancanza di  due
giudici di nomina parlamentare, ha  chiesto  che  sia  dichiarata  la
illegittimita'  costituzionale  degli  artt.  1  e  16  della   legge
costituzionale  11  marzo  1953,  n.  1  (Norme   integrative   della
Costituzione concernenti la Corte costituzionale), dell'art. 3  della
legge costituzionale 22 novembre 1967, n. 2 (Modificazione  dell'art.
135 della Costituzione e disposizioni sulla Corte costituzionale),  e
dell'art.  26  della  legge  25  gennaio  1962,  n.  20  (Norme   sui
procedimenti e giudizi di accusa), «e delle altre norme vigenti», per
violazione degli artt. 24, 111, 135 e 137 Cost., «nella parte in  cui
non  prevedono  un  termine  temporale  alla  mancata  nomina   della
componente parlamentare  dei  Giudici  costituzionali  e  nemmeno  la
possibilita' di nominare, in  via  alternativa,  in  caso  di  membri
dimissionari della Corte ovvero alla scadenza del mandato,  i  propri
membri  facendo  ricorso  ad  altri  sistemi,  come  le   commissioni
parlamentari, l'abbassamento  del  quorum,  la  votazione  palese,  o
l'affidamento alla stessa Corte o ad Autorita' indipendenti  nominate
con la maggioranza dei due terzi dal Parlamento  di  designare  anche
temporaneamente i Giudici mancanti». 
    In via subordinata, la difesa della  parte  privata  ha  avanzato
istanza di rinvio  della  decisione,  sino  a  data  successiva  alla
nomina, da parte del Parlamento, dei due giudici costituzionali. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio  ha
sollevato - in riferimento  agli  artt.  3,  33,  41  e  76  Cost.  -
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  4,
lettera f), della legge 10 marzo 2000, n. 62 (Norme  per  la  parita'
scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e  all'istruzione),
il  quale  prevede,  fra  i   requisiti   necessari   ai   fini   del
riconoscimento della parita' degli istituti  scolastici,  «l'organica
costituzione di corsi  completi:  non  puo'  essere  riconosciuta  la
parita' a singole classi, tranne che in fase di istituzione di  nuovi
corsi completi, ad iniziare dalla prima classe». 
    Le censure del rimettente hanno ad  oggetto  la  disposizione  in
esame «nel combinato disposto interpretativo di cui al regolamento ex
decreto 29 novembre 2007, n. 267, art. 1, comma 6, lettere e) ed f) e
D.M. n. 83 del 10 ottobre 2008, art. 3, punto 3.4, lettera  f),  alla
luce dei commi 2 e 3 dell'art. 1, e comma 1 dell'art. 8 del d.P.R. 15
marzo 2010, n. 87 (Regolamento recante  norme  per  il  riordinamento
degli  istituti  professionali,  a  norma  dell'art.  64,  comma   4,
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con  modificazioni,
nella legge 6 agosto 2008, n. 133)». 
    La norma viene  censurata  nella  parte  in  cui  -  nel  periodo
transitorio di passaggio al nuovo ordinamento scolastico -  introduce
il divieto per gli istituti paritari di costituire intere sezioni  ex
novo, consentendo di  costituire  solo  la  prima  classe  a  partire
dall'anno scolastico 2010/2011, e gradualmente  ciascuna  classe  per
ogni  successivo  anno,  fino  al   completamento   del   corso,   in
considerazione  della  progressiva  entrata  in  vigore   del   nuovo
ordinamento per tutte classi. 
    2.- In via preliminare, il Presidente del Consiglio dei  ministri
ha eccepito l'inammissibilita'  delle  questioni  formulate  dal  TAR
Lazio, attesa  l'inesistenza  di  un  orientamento  giurisprudenziale
consolidato,  idoneo  a  configurare  il  "diritto   vivente"   nella
fattispecie. 
    L'eccezione   non   e'   fondata,   perche'   la   giurisprudenza
amministrativa si  e'  ormai  fermamente  attestata  sulle  posizioni
censurate dal giudice a quo, cosi' da assumere i caratteri di un vero
e proprio diritto  vivente,  come  dimostra  una  cospicua  serie  di
decisioni del Consiglio di Stato, tutte dello stesso segno (Consiglio
di Stato 21 maggio 2013, n. 2717; Consiglio di Stato 26 ottobre 2012,
n. 5488; Consiglio di Stato 26 ottobre 2012, n.  5487;  Consiglio  di
Stato 26 giugno 2012, n. 3763; Consiglio di Stato 18 maggio 2012,  n.
2910; Consiglio di Stato 18 maggio 2012, n. 2909; Consiglio di  Stato
12 luglio 2011, n. 4208). 
    A questo riguardo va rilevato che, in presenza di un orientamento
giurisprudenziale consolidato, il giudice a quo - se e' pur libero di
non uniformarvisi e di proporre una sua diversa esegesi,  essendo  la
"vivenza" della norma una vicenda per definizione aperta, ancor  piu'
quando  si  tratti   di   adeguarne   il   significato   a   precetti
costituzionali  -  ha  alternativamente  la  facolta'   di   assumere
l'interpretazione censurata in termini  di  "diritto  vivente"  e  di
richiederne su tale presupposto il controllo  di  compatibilita'  con
parametri costituzionali (sentenze n. 191 del 2013, n. 258 e  n.  117
del 2012 e n. 91 del 2004). 
    3.- Va inoltre rilevato, sempre in  via  preliminare,  che  nella
formulazione  dell'ordinanza   di   rimessione,   le   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma  4,  lett.  f),  della
legge  n.  62  del  2000,  sono  sollevate  «nel  combinato  disposto
interpretativo» di alcune disposizioni di carattere regolamentare, ed
in particolare del d.P.R. 15 marzo 2010, n. 87  (Regolamento  recante
norme  per  il  riordino  degli  istituti  professionali,   a   norma
dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n.  112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto  2008,  n.  133);
del d.m. del  Ministero  dell'Istruzione,  dell'Universita'  e  della
Ricerca del 10 ottobre 2008, n. 83 (Linee guida per l'attuazione  del
decreto  ministeriale  contenente  la  disciplina   delle   modalita'
procedimentali per il riconoscimento della parita' scolastica  e  per
il suo mantenimento); nonche' del d.m. del Ministero dell'Istruzione,
dell'Universita' e  della  Ricerca  del  29  novembre  2007,  n.  267
(Regolamento recante «Disciplina delle modalita'  procedimentali  per
il riconoscimento della parita' scolastica e per il suo mantenimento,
ai sensi dell'articolo 1-bis, comma 2, del D.L. 5 dicembre  2005,  n.
250, convertito, con modificazioni, dalla  L.  3  febbraio  2006,  n.
27"). 
    Peraltro, la censura del giudice a quo investe in via  principale
l'art. 1, comma 4, lett. f),  della  legge  n.  62  del  2000,  fonte
normativa di  rango  primario  che  stabilisce  i  requisiti  per  il
conseguimento della parita',  mentre  le  disposizioni  regolamentari
contestualmente impugnate  contribuiscono  a  chiarire  il  contenuto
applicativo della disposizione legislativa, della quale costituiscono
specificazione; pertanto, e' solo unitamente a  quest'ultima  che  le
stesse possono rientrare nella valutazione  rimessa  a  questa  Corte
(sentenza n. 34 del 2011; sentenze n. 354 e 162 del 2008; sentenza n.
456 del 1994). 
    4.- Va inoltre disattesa  la  richiesta,  avanzata  dalla  difesa
delle parti private, di restituzione degli atti al giudice a quo, «ai
fini   della    valutazione    della    permanenza    dell'attualita'
dell'interesse», atteso il completamento del corso per il  quale  era
stata richiesta la parita'. 
    Dall'art. 21 delle norme integrative per i giudizi  davanti  alla
Corte  costituzionale   discende   infatti   che   il   giudizio   di
costituzionalita' e' autonomo rispetto al giudizio a quo,  nel  senso
che non risente delle vicende di fatto  successive  all'ordinanza  di
rimessione.  Pertanto,  la  rilevanza  della  questione  deve  essere
valutata  alla  luce  delle  circostanze   sussistenti   al   momento
dell'ordinanza di remissione, senza che assumano alcun rilievo eventi
sopravvenuti (ex multis, sentenze n. 42 del 2011; n. 354 e n. 227 del
2010; n. 272 del 2007; n. 244 del 2005; n. 24 del 2004; ordinanza  n.
270 del 2003; sentenza n. 383 del 2002). 
    5.-  Quanto  alle  istanze  avanzate  dalla  difesa  della  parte
privata, volte  all'accertamento  della  illegittimita'  dell'attuale
composizione  della   Corte   e   delle   norme   (anche   di   rango
costituzionale) che ne disciplinano il funzionamento, e'  sufficiente
rilevare che le stesse rivolgono a questa Corte richieste  del  tutto
irricevibili. 
    6.- Nel merito, le questioni non sono fondate. 
    6.1.- L'art. 1, comma 4, della legge n. 62 del 2000, prevede  una
serie di requisiti, che devono contestualmente  sussistere,  ai  fini
del  riconoscimento  della   parita'   degli   istituti   scolastici;
nell'ambito  di  tali  requisiti,  e'  prevista,   alla   lett.   f),
«l'organica istituzione di corsi completi» e la possibilita' - in via
eccezionale, nella fase di istituzione di nuovi corsi -  di  ottenere
la parita' per singole classi, ad iniziare dalla prima. 
    L'interpretazione della norma in esame deve tenere conto sia  del
riferimento alla nozione  di  "corsi  completi",  sia  dell'ulteriore
principio di "organicita'"; entrambi inducono ad  escludere  -  nella
fase transitoria  di  passaggio  dal  vecchio  al  nuovo  ordinamento
scolastico - la possibilita' del  riconoscimento  della  parita'  per
quelle  classi  che  non   possano   piu'   funzionare   sulla   base
dell'ordinamento ormai superato. 
    Va inoltre rilevato che,  al  momento  dell'avvio  della  riforma
degli   ordinamenti   scolastici   degli   istituti   superiori,   la
possibilita' di attivare solo le  classi  prime  dei  nuovi  percorsi
didattici e' stata affermata allo stesso  modo,  sia  per  le  scuole
statali, sia per le scuole non statali. 
    Risulta infatti che, con nota del 16  marzo  2010,  il  Ministero
dell'istruzione, dell'universita'  e  della  ricerca  ha  fornito  le
indicazioni, destinate alle scuole paritarie e alle  scuole  statali,
in  ordine  alla  introduzione  dei  nuovi  ordinamenti   scolastici,
stabilendo che, a partire  dall'anno  scolastico  2010/11,  tutte  le
istituzioni scolastiche paritarie, al pari delle istituzioni statali,
dovevano confluire nel nuovo ordinamento  e  potevano  attivare  solo
classi prime relative ai nuovi percorsi didattici. 
    Pertanto,  l'introduzione  del   nuovo   ordinamento   scolastico
consente - alle scuole statali, cosi' come alle  scuole  paritarie  -
l'attivazione delle sole prime classi dei nuovi percorsi; il  divieto
di attivare classi successive alla prima si applica  ad  entrambe  le
tipologie  di  istituzioni  scolastiche  e   non   determina   alcuna
disparita' di trattamento nei confronti delle  scuole  paritarie.  La
prosecuzione del percorso scolastico delle classi  gia'  funzionanti,
fino al graduale esaurimento dei corsi, viene infatti  riferita  allo
stesso modo sia alle scuole statali, sia alle scuole paritarie. 
    Ne consegue che e' solo negli istituti scolastici statali,  o  in
quelli paritari preesistenti, che puo' verificarsi una fisiologica  e
temporanea coesistenza fra le nuove classi prime del corso di  studi,
da sviluppare in conformita' al nuovo  ordinamento,  e  le  ulteriori
classi, gia' avviate secondo il vecchio corso di studi, da completare
sino al suo esaurimento. 
    Tale interpretazione della norma censurata porta ad escludere  la
sussistenza di alcuna irragionevole  disparita'  di  trattamento  nei
confronti degli istituti paritari. 
    6.2.-  Per  i  medesimi  motivi,  risulta  infondata  la  censura
relativa all'art. 33 Cost.,  atteso  che  la  ratio  del  divieto  di
istituire classi successive alla prima va  individuata  nell'esigenza
di assicurare il graduale ed organico passaggio dai vecchi  ai  nuovi
corsi di studio. 
    Infatti, il principio di organicita' sopra richiamato e' volto ad
escludere dall'ambito della parita' scolastica quegli istituti che  -
nell'indirizzare la  propria  attivita'  verso  un'offerta  formativa
ormai superata - non assicurino  la  piena  rispondenza  al  progetto
educativo della programmazione scolastica statale. 
    Ed invero puo'  escludersi  che  sussista  tale  rispondenza  per
quegli  istituti  privati,  non  ancora  paritari,  che  chiedano  il
riconoscimento della parita' non solo per il nuovo corso istituito  a
partire dalla prima classe in base al nuovo ordinamento,  ma  per  la
prosecuzione  di  corsi  gia'   avviati   in   base   all'ordinamento
previgente. 
    Cosi' individuata la ratio della norma in esame, la stessa appare
coerente con la finalita' di assicurare il  rispetto  degli  standard
qualitativi ai quali  la  scuola  paritaria  deve  rispondere  e,  in
secondo  luogo,  di  garantire  il  ruolo  riconosciuto  alle  scuole
paritarie nel sistema nazionale di istruzione pluralistico,  previsto
dall'art. 33, quarto comma, Cost. 
    6.3.-  Quanto  alla   dedotta   lesione   dell'art.   41   Cost.,
l'infondatezza della questione discende  dalla  considerazione  delle
finalita' che il  contestato  divieto  consentirebbe  di  soddisfare,
quali l'organico passaggio dai vecchi corsi di studio a quelli nuovi.
Ed invero, la  liberta'  d'iniziativa  economica  puo'  essere  anche
"ragionevolmente limitata" (art. 41, commi 2 e 3, Cost.), nel  quadro
di un bilanciamento con altri interessi costituzionalmente rilevanti. 
    6.4.- Con riferimento infine al denunciato eccesso di delega,  e'
sufficiente osservare che la  disposizione  censurata  non  e'  stata
adottata in attuazione della legge delega indicata dal giudice a quo,
che e' persino successiva (legge 28 marzo  2003,  n.  53,  Delega  al
Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei
livelli essenziali delle  prestazioni  in  materia  di  istruzione  e
formazione  professionale),  con  la  conseguenza  che  il  parametro
invocato dal rimettente risulta  del  tutto  inconferente.  Eventuali
antinomie devono essere risolte facendo ricorso agli ordinari criteri
logici applicabili alle fonti normative di pari grado, e non  tramite
l'utilizzo dell'incidente di costituzionalita'. 
    Le medesime considerazioni valgono  anche  con  riferimento  alle
disposizioni regolamentari richiamate dal rimettente, atteso  che  le
stesse,  oltre  a  non  poter  formare  oggetto  del   sindacato   di
costituzionalita' rimesso a questa Corte, non sono state neppure esse
adottate in attuazione della legge delega n. 53 del 2003. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 4, lettera f), della legge 10 marzo  2000,  n.  62
(Norme per la parita' scolastica  e  disposizioni  sul  diritto  allo
studio e all'istruzione), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 33,
41 e 76 della Costituzione, dal  Tribunale  amministrativo  regionale
per il Lazio, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 2014. 
 
                                F.to: 
                 Paolo Maria NAPOLITANO, Presidente 
                      Giuliano AMATO, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 24 ottobre 2014. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI