N. 36 ORDINANZA 11 febbraio - 12 marzo 2015

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Sanzioni  amministrative  -  Cumulo  giuridico   delle   sanzioni   -
  Limitazione ai soli illeciti per violazione  di  norme  in  materia
  previdenziale ed assistenziale. 
- Legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale),  art.
  8, secondo comma, introdotto dall'art. 1-sexies del decreto-legge 2
  dicembre 1985, n. 688 (Manovre urgenti in materia previdenziale, di
  tesoreria e di servizi delle ragionerie provinciali  dello  Stato),
   convertito, con modificazioni, dalla legge 31 gennaio 1986, n. 11. 
-   
(GU n.11 del 18-3-2015 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici  :Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Paolo  GROSSI,
  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario  Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 8,  secondo
comma, della legge 24 novembre 1981, n.  689  (Modifiche  al  sistema
penale), promosso dal Consiglio di Stato  nel  procedimento  vertente
tra G.G. e l'Istituto per la vigilanza sulle  assicurazioni  (IVASS),
con ordinanza del 15 aprile 2014, iscritta al  n.  139  del  registro
ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 37, prima serie speciale, dell'anno 2014. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio dell'11 febbraio 2015 il  Giudice
relatore Giuliano Amato. 
    Ritenuto che con ordinanza  depositata  il  15  aprile  2014,  il
Consiglio di Stato ha sollevato, in  riferimento  all'art.  3,  primo
comma, della Costituzione, questione di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 8, secondo comma, della legge  24  novembre  1981,  n.  689
(Modifiche al sistema penale) - come  modificato  dall'art.  1-sexies
del decreto-legge 2 dicembre 1985, n. 688 (Manovre urgenti in materia
previdenziale, di tesoreria e di servizi delle ragionerie provinciali
dello Stato), convertito, con modificazioni, dalla legge  31  gennaio
1986, n. 11 - nella parte in  cui  limita  la  continuazione,  ed  il
conseguente cumulo giuridico delle sanzioni, alle sole violazioni  di
leggi in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie; 
    che il Consiglio di Stato e' chiamato a  rendere  il  parere  sul
ricorso straordinario al  Presidente  della  Repubblica  proposto  da
G.G., gia' sub-agente di una compagnia di assicurazioni, al  fine  di
ottenere l'annullamento dell'ordinanza con  la  quale  il  presidente
dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (d'ora in  avanti,
IVASS) gli ha irrogato la sanzione amministrativa di 108.029,60 euro,
applicando il cumulo del minimo edittale di 1.000 euro  per  ciascuna
delle  108  violazioni  degli  artt.  117  (obbligo  di   separazione
patrimoniale, per l'omesso versamento dei premi assicurativi riscossi
su un apposito conto) e 183  (obbligo  di  correttezza)  del  decreto
legislativo 7 settembre 2005,  n.  209  (Codice  delle  assicurazioni
private); 
    che il giudice rimettente - ritenuta l'infondatezza  degli  altri
motivi di impugnazione - riferisce che, a fondamento del ricorso,  e'
stata  altresi'  denunciata  la  mancata  applicazione   del   cumulo
giuridico delle  sanzioni  e,  in  ogni  caso,  l'eccessivita'  della
sanzione; 
    che il Consiglio di Stato osserva che l'art. 8 della legge n. 689
del 1981, come modificato dall'art. 1-sexies  del  d.l.  n.  688  del
1985, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 11 del  1986,  ha
introdotto  nel  sistema  sanzionatorio  amministrativo   il   cumulo
giuridico - corrispondente a quello previsto per  le  pene  dall'art.
81, secondo comma, del codice penale - limitandolo tuttavia alle sole
violazioni  di  leggi  in  materia  di   previdenza   ed   assistenza
obbligatorie; tale limitazione  violerebbe  l'art.  3,  primo  comma,
Cost.,  in  quanto  determinerebbe   un'irrazionale   disparita'   di
trattamento tra chi commetta violazioni in  materia  previdenziale  e
assistenziale  e  chi  commetta  illeciti  amministrativi  in   altre
materie; 
    che ad avviso del Consiglio di Stato  -  mediante  un  intervento
settoriale  inserito  all'interno  della  disciplina  generale  sulla
repressione degli illeciti amministrativi  -  e'  stato  previsto  un
istituto, parimenti generale, di mitigazione delle sanzioni, qual  e'
la continuazione, limitando tuttavia il beneficio alla  sola  materia
considerata   dalla   legge   settoriale,    cosi'    immotivatamente
escludendolo  per  tutte   le   altre;   tale   limitazione   sarebbe
irrazionale, tanto  piu'  che  la  continuazione,  come  istituto  di
mitigazione delle sanzioni, in linea di principio e salvo ragionevoli
eccezioni,  sarebbe  estensibile   alla   generalita'   delle   leggi
repressive; 
    che la rilevanza della questione viene ricollegata al fatto che -
se il cumulo giuridico fosse applicabile  al  caso  di  specie  -  la
sanzione  complessiva   massima   irrogabile   sarebbe   notevolmente
inferiore  a  quella  irrogata  in  concreto;  infatti,  la  sanzione
massima, pari a 10.000 euro per ciascuna violazione,  aumentata  sino
al triplo, per effetto della continuazione,  sarebbe  pari  a  30.000
euro; pertanto, l'eventuale declaratoria di incostituzionalita' della
disposizione    censurata,    comporterebbe    l'annullamento     del
provvedimento sanzionatorio impugnato; 
    che il rimettente si dichiara consapevole del fatto che - con  le
ordinanze n. 468 del 1989 e n. 23  del  1995  -  la  questione  sopra
prospettata  e'  stata  ritenuta  manifestamente  inammissibile,  sul
rilievo  che  la  discrezionalita'  del   legislatore   precluda   un
intervento additivo  «nel  configurare  il  concorso  tra  violazioni
omogenee, o anche tra violazioni eterogenee, nonche' (e  soprattutto)
nel  predisporre  un'idonea  disciplina   organizzativa   in   ordine
all'accertamento ed alla contestazione della continuazione»; 
    che, tuttavia, la limitazione del cumulo giuridico prevista dalla
disposizione  censurata  non  sarebbe  qualificabile  in  termini  di
discrezionalita', quanto piuttosto di casualita', determinata  da  un
intervento di carattere settoriale; e d'altra parte,  ad  avviso  del
rimettente, non sarebbe comprensibile il  richiamo,  contenuto  nelle
pronunce suddette, alla necessita' di una  «disciplina  organizzativa
in ordine all'accertamento e alla contestazione della continuazione»; 
    che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la  questione  sia  dichiarata  inammissibile  e
comunque infondata; 
    che la difesa statale sottolinea come, nelle ordinanze n. 468 del
1989 e n. 23 del 1995, la Corte  abbia  gia'  valutato  la  questione
formulata  dal  Consiglio  di  Stato,  dichiarandola   manifestamente
inammissibile;  in  particolare,  e'  stata  ritenuta  di   esclusiva
competenza  del  legislatore  la  decisione  "sul  se  e  sul   come"
configurare  il  concorso  tra  violazioni  omogenee  o   anche   tra
violazioni eterogenee, nonche' nel predisporre  un'idonea  disciplina
organizzativa in ordine all'accertamento ed alla contestazione  della
continuazione; 
    che tali argomentazioni  -  ad  avviso  dell'Avvocatura  generale
dello Stato - conservano la  loro  attualita',  non  essendovi  alcun
parametro costituzionale che vincoli il legislatore  nello  stabilire
se la continuazione possa essere limitata al solo concorso  materiale
omogeneo,  o  se  viceversa  debba  essere  estesa  anche  a  plurime
violazioni eterogenee; 
    che inoltre, con riferimento alla tesi secondo  cui  non  sarebbe
consentito al legislatore  limitare  l'istituto  della  continuazione
alla  sola  legge   settoriale   della   previdenza   ed   assistenza
obbligatorie, si  osserva  che  rientra  nella  discrezionalita'  del
legislatore  l'individuazione  dell'ambito  di   applicazione   delle
disposizioni normative; 
    che  la  scelta  di  consentire  l'unificazione,  ai   fini   del
trattamento sanzionatorio, delle sole  violazioni  amministrative  in
materia  previdenziale,  non  sarebbe  affatto   irragionevole,   ne'
arbitrariamente discriminatoria, poiche' si tratta di  illeciti  che,
quasi necessariamente, riguardano una pluralita' di dipendenti; 
    che  d'altra  parte,  la   collocazione   di   tale   limitazione
nell'ambito della norma generale in tema di  illeciti  amministrativi
costituisce una scelta di mera tecnica legislativa, dalla  quale  non
si potrebbe  ricavare  la  conclusione  che  la  continuazione  degli
illeciti  amministrativi  abbia  assunto  la  qualita'  di   istituto
generale del diritto sanzionatorio. 
    Considerato che, con ordinanza depositata il 15 aprile  2014,  il
Consiglio di Stato ha sollevato, in  riferimento  all'art.  3,  primo
comma, della Costituzione, questione di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 8, secondo comma, della legge  24  novembre  1981,  n.  689
(Modifiche al sistema penale) - come  modificato  dall'art.  1-sexies
del decreto-legge 2 dicembre 1985, n. 688 (Manovre urgenti in materia
previdenziale, di tesoreria e di servizi delle ragionerie provinciali
dello Stato), convertito, con modificazioni, dalla legge  31  gennaio
1986, n. 11 - nella parte in  cui  limita  la  continuazione,  ed  il
conseguente cumulo giuridico delle sanzioni, alle sole violazioni  di
leggi in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie; 
    che il Consiglio di Stato osserva che l'art. 8 della legge n. 689
del 1981 ha introdotto nel sistema  sanzionatorio  amministrativo  il
cumulo giuridico - corrispondente  a  quello  previsto  per  le  pene
dall'art. 81, secondo comma, del codice penale - limitandolo tuttavia
alle sole violazioni di leggi in materia di previdenza ed  assistenza
obbligatorie; 
    che il giudice rimettente, nel dare  conto  della  non  manifesta
infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, denuncia
la disparita' di trattamento derivante  dalla  norma  impugnata,  che
delimita l'ambito applicativo del  cumulo  giuridico  delle  sanzioni
alle  sole  violazioni  in  materia  di  previdenza   ed   assistenza
obbligatoria, con cio' escludendolo per  tutte  le  altre  violazioni
amministrative; 
    che,  ad  avviso  del  Consiglio  di  Stato,   tale   limitazione
violerebbe l'art. 3, primo comma,  Cost.,  in  quanto  determinerebbe
un'irrazionale disparita' di trattamento tra chi commetta  violazioni
in materia previdenziale e  assistenziale  e  chi  commetta  illeciti
amministrativi in altre materie; 
    che, tuttavia, la motivazione dell'ordinanza  di  rimessione  non
contiene indicazioni sufficienti ad una completa ricostruzione  della
fattispecie a quo, necessaria al fine di valutare la rilevanza  della
questione di legittimita' costituzionale; 
    che in particolare l'ordinanza  non  chiarisce  quali  siano  gli
esatti  termini  degli  illeciti   amministrativi   contestati,   con
riferimento  alle  plurime  condotte  che   hanno   dato   luogo   al
provvedimento sanzionatorio impugnato; in  particolare,  non  vengono
fornite indicazioni  circa  le  concrete  modalita'  esecutive  delle
violazioni, con riferimento  alla  natura  eterogenea  delle  plurime
condotte,  al  contesto  temporale  in  cui  le  stesse  sono   state
realizzate e, in definitiva, alla riconducibilita' delle stesse ad un
medesimo disegno  trasgressivo,  come  richiesto  dalla  disposizione
impugnata; 
    che - alla luce del principio di  autosufficienza  dell'ordinanza
di rimessione - tale carenza costituisce motivo  di  inammissibilita'
della questione di legittimita' costituzionale, in quanto  preclusiva
della  valutazione  della  rilevanza,  non  essendo   stati   forniti
sufficienti elementi  che  consentano  di  ritenere  che  le  plurime
violazioni contestate siano riconducibili  al  modello  del  concorso
materiale e possano - in ipotesi - essere unificate sotto il  vincolo
della continuazione, come disciplinato dall'art.  8,  secondo  comma,
della legge n. 689 del 1981; 
    che, inoltre, nell'ordinanza di rimessione non si rinviene alcuna
considerazione  circa  l'applicabilita'  al  caso  in   esame   della
disciplina  stabilita  dall'art.  327  del  decreto   legislativo   7
settembre 2005, n.  209  (Codice  delle  assicurazioni  private),  il
quale,  al  comma  1,  conferisce  rilievo,  nella  disciplina  delle
attivita' assicurative, al cosiddetto "illecito seriale",  costituito
da «piu' violazioni della stessa disposizione del presente codice,  o
delle norme di attuazione, per le quali sia  prevista  l'applicazione
di sanzioni amministrative pecuniarie, attraverso una  pluralita'  di
azioni od omissioni la cui reiterazione  sia  dipesa  dalla  medesima
disfunzione dell'organizzazione dell'impresa o dell'intermediario». 
    che per queste ipotesi di concorso  materiale  -  alle  quali  si
accompagni la tempestiva e puntuale  adozione  di  misure  correttive
indicate dall'istituto  di  vigilanza  -  la  disposizione  in  esame
prevede un  particolare  trattamento  sanzionatorio,  consistente  in
«un'unica sanzione amministrativa pecuniaria, sostitutiva  di  quelle
derivanti dalle violazioni della  medesima  disposizione,  che  sara'
determinata in misura non  inferiore  ad  euro  cinquantamila  e  non
superiore ad euro cinquecentomila»; 
    che, tuttavia, il giudice a quo - nel censurare la  delimitazione
del piu' favorevole trattamento sanzionatorio alle sole violazioni in
materia di  assistenza  e  previdenza  -  non  considera  affatto  la
concreta applicabilita' del trattamento previsto dalla norma speciale
di cui all'art. 327 del d.lgs. n. 209 del  2005,  la  quale  potrebbe
essere decisiva, in relazione alle censure formulate dal ricorrente; 
    che lo stesso Istituto per la vigilanza  sulle  assicurazioni  ha
espressamente affermato - proprio con riferimento  alla  disposizione
dell'art. 327 del d.lgs. n.  209  del  2005  -  che  «Il  Codice  non
effettua alcuna distinzione in base alla tipologia della violazione e
alla sua gravita', ma fissa un range unico di sanzione per  tutte  le
categorie di illecito  ad  esso  astrattamente  riconducibili  [...]»
(Esiti della pubblica consultazione in ordine  al  Regolamento  n.  1
dell'8 ottobre 2013, concernente la procedura  di  irrogazione  delle
sanzioni amministrative pecuniarie; art. 11); 
    che, pertanto, la mancata considerazione, da parte del giudice  a
quo, di tale disciplina,  che  ha  introdotto,  sia  pure  in  chiave
settoriale e  non  sistematica,  un  particolare  regime  del  cumulo
giuridico  delle  sanzioni  in  relazione  a  plurime  violazioni  di
disposizioni  in  materia  assicurativa,   costituisce   un'ulteriore
ragione  di  inammissibilita'  della  questione,   per   l'incompleta
ricostruzione del quadro normativo di riferimento; 
    che in ogni caso, anche laddove il giudice a quo avesse  ritenuto
in concreto non applicabile la disciplina dell'art.  327  del  codice
delle assicurazioni private al caso sottoposto al suo  esame  -  cio'
che allo stato non e' possibile accertare - tuttavia una  valutazione
sistematica dell'istituto dell'illecito  seriale,  previsto  da  tale
disposizione nell'ambito della disciplina del cumulo giuridico  delle
sanzioni amministrative pecuniarie, avrebbe potuto  condurre  ad  una
diversa  conclusione  in  ordine  alla  compatibilita'  dell'art.  8,
secondo comma, della legge n. 689 del 1981 con l'art. 3 Cost. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi  avanti  alla
Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   manifestamente   inammissibile   la    questione    di
legittimita' costituzionale dell'art. 8, secondo comma,  della  legge
24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al  sistema  penale),  introdotto
dall'art.  1-sexies  del  decreto-legge  2  dicembre  1985,  n.  688,
convertito, con modificazioni, dalla legge 31 gennaio  1986,  n.  11,
sollevata, in riferimento  all'articolo  3  della  Costituzione,  dal
Consiglio di Stato, con l'ordinanza in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 febbraio 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                      Giuliano AMATO, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 12 marzo 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI