N. 81 SENTENZA 29 aprile - 15 maggio 2015

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Poteri del Consiglio regionale in regime di prorogatio -  Misure  per
  il  risanamento  dei  bilanci  delle   Aziende   Territoriali   per
  l'Edilizia Residenziale. 
- Legge della Regione Abruzzo 28 aprile  2014,  n.  25  (Integrazione
  alla L.R. 21 luglio 1999, n. 44  recante  "Norme  per  il  riordino
  degli Enti di edilizia residenziale pubblica" e modifiche alla L.R.
  25 ottobre 1996, n. 96  recante  "Norme  per  l'assegnazione  e  la
  gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e  per  la
  determinazione  dei  relativi  canoni  di   locazione");   nonche',
  specificamente, art. 1 della medesima legge regionale. 
-   
(GU n.20 del 20-5-2015 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici :Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,
  Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  della  legge  della
Regione Abruzzo 28 aprile 2014, n.  25  (Integrazione  alla  L.R.  21
luglio 1999, n. 44 recante "Norme  per  il  riordino  degli  Enti  di
edilizia residenziale pubblica" e  modifiche  alla  L.R.  25  ottobre
1996, n. 96 recante "Norme per l'assegnazione  e  la  gestione  degli
alloggi di edilizia residenziale pubblica e per la determinazione dei
relativi canoni di locazione"), nonche', specificamente, dell'art.  1
della medesima legge regionale, promosso dal Presidente del Consiglio
dei ministri con ricorso notificato il 7-8 luglio 2014, depositato in
cancelleria il 15 luglio 2014  e  iscritto  al  n.  52  del  registro
ricorsi 2014. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Abruzzo; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  28  aprile  2015  il  Giudice
relatore Daria de Pretis; 
    uditi l'avvocato dello Stato Vincenzo Rago per il Presidente  del
Consiglio dei ministri e l'avvocato Manuela de Marzo per  la  Regione
Abruzzo. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 7-8 luglio 2014, depositato  il  15
luglio 2014 e iscritto al n. 52 del registro  ricorsi  del  2014,  il
Presidente del Consiglio dei ministri  ha  impugnato  l'intero  testo
della legge della Regione Abruzzo 28 aprile 2014, n. 25 (Integrazione
alla L.R. 21 luglio 1999, n. 44 recante "Norme per il riordino  degli
Enti di edilizia residenziale pubblica"  e  modifiche  alla  L.R.  25
ottobre 1996, n. 96 recante "Norme per l'assegnazione e  la  gestione
degli  alloggi  di  edilizia   residenziale   pubblica   e   per   la
determinazione dei relativi canoni  di  locazione"),  per  violazione
dell'art. 86,  comma  3,  dello  statuto  della  Regione  Abruzzo  28
dicembre  2006,  in  riferimento  all'art.  123  della  Costituzione,
nonche' l'art. 1  della  medesima  legge  regionale,  per  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. 
    2.- Quanto  all'impugnazione  della  legge  regionale  nella  sua
interezza, il ricorrente osserva che  essa  e'  stata  approvata  dal
Consiglio regionale dopo la scadenza della legislatura, in regime  di
prorogatio, e che l'art. 86, comma 3,  dello  statuto  della  Regione
Abruzzo, nello stabilire  che  in  tale  evenienza  le  funzioni  del
Consiglio  regionale  sono  prorogate  sino  al  completamento  delle
operazioni di proclamazione degli eletti  nelle  nuove  elezioni,  ne
limita  espressamente  l'esercizio  «[...]  agli  interventi  che  si
rendono dovuti  in  base  agli  impegni  derivanti  dall'appartenenza
all'Unione  Europea,  a  disposizioni  costituzionali  o  legislative
statali o che, comunque, presentano  il  carattere  della  urgenza  e
necessita'», in armonia con la costante giurisprudenza costituzionale
che ha circoscritto la portata dei poteri dell'organo  in  prorogatio
ai soli adempimenti indifferibili e urgenti. 
    Ad avviso del ricorrente, dall'esame della  legge  impugnata  non
emergono, ne' i requisiti di indifferibilita'  e  urgenza  (come  nel
caso di leggi che approvano il bilancio  di  previsione,  l'esercizio
provvisorio o una variazione di bilancio), ne'  la  sua  qualita'  di
atto dovuto (come nel caso  di  legge  che  recepisce  una  direttiva
comunitaria direttamente vincolante per le Regioni)  o  riferibile  a
situazioni di estrema gravita', tali da non consentire un rinvio, per
non recare danno alla  collettivita'  regionale  o  al  funzionamento
dell'ente. 
    Il Consiglio regionale avrebbe  pertanto  esorbitato  dai  limiti
propri  della  sua  condizione  di  organo  in  prorogatio,  con   la
conseguenza  che  la  legge  impugnata  dovrebbe  essere   dichiarata
illegittima nella sua interezza, per violazione dell'art.  86,  comma
3, dello statuto regionale, in riferimento all'art. 123 Cost. 
    3.- Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  impugnato,
inoltre, l'art. 1 della medesima legge regionale. 
    Il comma 1 di questa disposizione ha  integrato  la  legge  della
Regione Abruzzo 21 luglio 1999, n. 44 (Norme per  il  riordino  degli
Enti di edilizia residenziale pubblica), inserendovi  l'art.  24-bis,
sotto la rubrica «ATER in condizioni di deficit strutturale», il  cui
comma 1, nel  testo  cosi'  introdotto,  prevede  quanto  segue:  «Le
Aziende Territoriali per l'Edilizia Residenziale abruzzesi dichiarate
dalla Giunta Regionale in condizioni di deficit  strutturale  secondo
le procedure di cui ai commi 2 e 3, possono destinare al  risanamento
finanziario dei rispettivi bilanci: 
    a) i proventi della vendita degli immobili di edilizia  agevolata
e convenzionata; 
    b) i proventi della vendita degli immobili di natura commerciale; 
    c) i proventi della vendita degli edifici di fatto non utilizzati
come alloggi in quanto inagibili o inabitabili; 
    d) i proventi derivanti dalla vendita di  terreni  non  destinati
alla realizzazione di edilizia sovvenzionata. 
    La parte residua e' destinata alla realizzazione di programmi  di
riqualificazione e  incremento  del  patrimonio  abitativo  pubblico.
L'utilizzo dei proventi derivanti dall'alienazione degli  alloggi  di
edilizia  residenziale  pubblica  sovvenzionata,  locati   a   canone
sociale, resta in ogni  caso  vincolato  alla  destinazione  prevista
dall'art. 4 della legge regionale 19 dicembre 2001, n. 76». 
    3.1.- La disposizione e' impugnata nella parte in cui prevede che
le Aziende Territoriali per l'Edilizia Residenziale  abruzzesi  (come
si e' visto, «ATER»), dichiarate dalla Giunta regionale in condizioni
di deficit strutturale, possono destinare al risanamento  finanziario
dei rispettivi bilanci anche i proventi della vendita degli  immobili
di edilizia agevolata e convenzionata  e  i  proventi  della  vendita
degli  edifici  di  fatto  non  utilizzati  come  alloggi  in  quanto
inagibili o inabitabili. 
    Ad avviso del ricorrente, questa previsione contrasta con  l'art.
3, comma 1, lettera a),  del  decreto-legge  28  marzo  2014,  n.  47
(Misure urgenti per  l'emergenza  abitativa,  per  il  mercato  delle
costruzioni  e  per  Expo  2015),  convertito,   con   modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 23 maggio 2014, n. 80,  sostitutivo
dell'art. 13, comma 1, del  decreto-legge  25  giugno  2008,  n.  112
(Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la  semplificazione,
la competitivita', la stabilizzazione della  finanza  pubblica  e  la
perequazione Tributaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1,
comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133, nella parte finale in cui
stabilisce che «Le risorse derivanti dalle alienazioni devono  essere
destinate   esclusivamente   a   un   programma   straordinario    di
realizzazione o di acquisto di nuovi alloggi di edilizia residenziale
pubblica e di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente». 
    Tale ultima disposizione, nello  stabilire  la  destinazione  dei
proventi delle alienazioni degli immobili di proprieta'  dei  Comuni,
degli  enti  pubblici  anche  territoriali,  nonche'  degli  Istituti
autonomi per le case popolari, comunque denominati, inciderebbe sulla
determinazione dell'offerta minima di alloggi destinati a  soddisfare
le  esigenze  dei  ceti  meno  abbienti,  che  rientra,  secondo   la
giurisprudenza costituzionale in  materia  di  edilizia  residenziale
pubblica,  nella  «determinazione  dei   livelli   essenziali   delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono  essere
garantiti su tutto il territorio nazionale», ai sensi dell'art.  117,
secondo comma, lettera m), Cost. 
    Pertanto, secondo il ricorrente la norma impugnata, che  consente
una  diversa  destinazione  dei  proventi  della  alienazione   degli
immobili, invade la competenza esclusiva dello  Stato  nella  materia
indicata. 
    4.- Con atto depositato il 13 agosto 2014, si  e'  costituita  in
giudizio la Regione Abruzzo, chiedendo che le censure  sollevate  nel
ricorso siano dichiarate inammissibili o infondate. 
    A   suo   avviso,   la   legge   impugnata   e'   nel   complesso
costituzionalmente   legittima,   perche'    contiene    disposizioni
caratterizzate da ragioni di urgenza e necessita', che devono  essere
valutate esaminando il contenuto sostanziale delle norme, anche  alla
luce dei lavori preparatori. 
    Nel caso concreto, tali  ragioni  deriverebbero  dallo  stato  di
grave deficit strutturale delle ATER, che costituisce il  presupposto
di applicazione della legge e  che  emerge  sia  dalla  relazione  di
accompagnamento sia dai lavori preparatori, cosi' da rendere evidente
la finalita' di predisporre interventi  volti  al  risanamento  dello
stato economico-finanziario di aziende pubbliche  le  quali  svolgono
funzioni di preminente rilievo sociale e si trovano in condizioni  di
incapacita' di coprire i costi  con  i  ricavi  della  gestione,  per
prevenirne il dissesto ed evitare il conseguente grave danno a carico
della collettivita' regionale. 
    4.1.- Quanto all'impugnazione dell'art. 1 della legge  in  esame,
la Regione osserva, in primo luogo, che l'alienazione del  patrimonio
di edilizia residenziale pubblica  e  la  destinazione  dei  relativi
proventi non rientra nella materia della determinazione  dei  livelli
essenziali delle prestazioni, riservata in via esclusiva  allo  Stato
dall'art. 117, secondo comma, lettera m),  Cost.,  bensi'  in  quella
della gestione del patrimonio immobiliare degli Istituti autonomi per
le case  popolari  o  degli  altri  enti  che  a  questi  sono  stati
sostituiti   ad   opera   della   legislazione   regionale,   materia
riconducibile alla  competenza  residuale  delle  Regioni,  ai  sensi
dell'art.  117,  quarto  comma,  Cost.,  secondo  la   giurisprudenza
costituzionale richiamata dallo stesso ricorrente. 
    Nemmeno sarebbe fondato il denunciato  contrasto  con  l'art.  3,
comma 1, lettera a), del d.l. n. 47 del 2014, perche' il  vincolo  di
destinazione  dei  proventi,  impresso  dalla  norma,   deve   essere
riferito,  secondo  un'interpretazione  rispettosa  della  competenza
residuale delle Regioni ai sensi dell'art. 117, quarto comma,  Cost.,
alle alienazioni degli immobili  di  edilizia  residenziale  pubblica
sovvenzionata,  locati  a  canone  sociale,  in  relazione  ai  quali
soltanto  lo  Stato  deve  garantire  l'offerta  minima,   idonea   a
soddisfare  le  esigenze  abitative  dei  ceti  meno   abbienti.   Al
contrario, la disposizione denunciata provvede sulla destinazione dei
proventi della alienazione di immobili di  edilizia  convenzionata  e
agevolata (oltre che di immobili  commerciali,  che  non  vengono  in
rilievo), i quali soddisfano esigenze abitative diverse da quelle dei
ceti meno abbienti. 
    5.-  Con  memoria  depositata  nell'imminenza  dell'udienza,   la
Regione Abruzzo  ha  ulteriormente  illustrato  le  ragioni  esposte,
ribadendo sia l'esistenza dell'urgente  necessita'  di  evitare,  con
l'approvazione della legge impugnata, il fallimento  delle  ATER  che
versano  in  stato  di  deficit  strutturale,  sia  l'assenza   della
violazione della competenza legislativa  statale,  perche'  la  norma
sulla destinazione dei proventi incide nella materia  della  gestione
del  patrimonio  immobiliare  di   edilizia   residenziale   pubblica
convenzionata e sovvenzionata, con la  precisazione  che  la  vendita
«degli edifici  di  fatto  non  utilizzati  come  alloggi  in  quanto
inagibili  o  inabitabili»,  di  cui  alla  lettera  c)  della  norma
impugnata, deve considerarsi equiparata alla  vendita  di  mere  aree
edificabili,  anch'essa  collocata  al  di   fuori   dell'ambito   di
applicazione  della  norma  statale   assunta   come   parametro   di
riferimento. 
    Infine, la Regione ha osservato che l'operativita'  dell'art.  3,
comma 1, lettera a), del d.l. n. 47 del  2014  e'  subordinata  dalla
stessa norma all'adozione di un apposito  decreto  interministeriale,
non ancora emanato, e che una bozza di tale decreto prevede  di  fare
salvi i programmi di alienazione degli alloggi anteriormente  avviati
da provvedimenti regionali, con la conseguenza  che  la  destinazione
dei  proventi  stabilita  dalla   disposizione   impugnata   dovrebbe
considerarsi  legittima,  in  quanto  la  Regione  Abruzzo  ha   gia'
approvato il piano di riequilibrio economico e finanziario della ATER
di  Chieti,  che  comprende  il  programma  di  vendite   immobiliari
destinato al ripianamento del deficit. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei  ministri  ha  impugnato,  in
primo luogo, l'intero testo della  legge  della  Regione  Abruzzo  28
aprile 2014, n. 25 (Integrazione alla L.R.  21  luglio  1999,  n.  44
recante "Norme per il riordino degli Enti  di  edilizia  residenziale
pubblica" e modifiche alla L.R. 25 ottobre 1996, n. 96 recante "Norme
per  l'assegnazione  e  la  gestione  degli   alloggi   di   edilizia
residenziale pubblica e per la determinazione dei relativi canoni  di
locazione"), per violazione dell'art.  86,  comma  3,  dello  statuto
della Regione Abruzzo 28 dicembre 2006, in riferimento  all'art.  123
della Costituzione. 
    Il ricorrente osserva che la legge impugnata e'  stata  approvata
dal Consiglio regionale dopo la scadenza della legislatura, in regime
di prorogatio, e che l'art. 86, comma 3, dello statuto della  Regione
Abruzzo, nello stabilire  che  in  tale  evenienza  le  funzioni  del
Consiglio  regionale  sono  prorogate  sino  al  completamento  delle
operazioni di proclamazione degli eletti  nelle  nuove  elezioni,  ne
limita  espressamente  l'esercizio  «[...]  agli  interventi  che  si
rendono dovuti  in  base  agli  impegni  derivanti  dall'appartenenza
all'Unione  Europea,  a  disposizioni  costituzionali  o  legislative
statali o che, comunque, presentano  il  carattere  della  urgenza  e
necessita'». 
    Ad avviso del ricorrente, dall'esame della  legge  impugnata  non
emergono, ne' i requisiti di indifferibilita' e urgenza, ne'  la  sua
qualita'  di  atto  dovuto  o  riferibile  a  situazioni  di  estrema
gravita', tali da non consentire un rinvio, per non recare danno alla
collettivita' regionale o  al  funzionamento  dell'ente,  sicche'  il
Consiglio regionale avrebbe esorbitato dai limiti  propri  della  sua
condizione di organo in prorogatio, in tal modo  violando  il  citato
parametro. 
    2.- Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha,  altresi',
impugnato l'art. 1 della stessa legge regionale n. 25 del 2014, nella
parte in cui prevede che  «Le  Aziende  Territoriali  per  l'Edilizia
Residenziale  abruzzesi  dichiarate   dalla   Giunta   Regionale   in
condizioni di deficit strutturale secondo  le  procedure  di  cui  ai
commi 2  e  3,  possono  destinare  al  risanamento  finanziario  dei
rispettivi bilanci: a) i proventi della  vendita  degli  immobili  di
edilizia agevolata e convenzionata», nonche'  «[...]  c)  i  proventi
della vendita degli edifici di fatto non utilizzati come  alloggi  in
quanto inagibili o inabitabili». 
    Ad avviso del  ricorrente,  la  disposizione  viola  l'art.  117,
secondo comma, lettera m), Cost., perche' incide nella materia  della
determinazione dell'offerta minima di alloggi destinati a  soddisfare
le esigenze dei ceti meno abbienti, che e' riservata alla  competenza
esclusiva dello Stato, rientrando nella «determinazione  dei  livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili  e  sociali
che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale». 
    L'invasione della competenza statale  deriverebbe  dal  contrasto
della norma impugnata con l'art. 3, comma  1,  del  decreto-legge  28
marzo 2014, n. 47 (Misure urgenti per l'emergenza abitativa,  per  il
mercato  delle  costruzioni  e  per  Expo  2015),   convertito,   con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 23 maggio  2014,  n.
80, la  cui  lettera  a),  modificata  in  sede  di  conversione,  ha
sostituito il comma 1 dell'art. 13 del decreto-legge 25 giugno  2008,
n.  112  (Disposizioni  urgenti  per  lo   sviluppo   economico,   la
semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della  finanza
pubblica   e   la   perequazione   tributaria),    convertito,    con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6  agosto  2008,  n.
133. La disposizione appresta misure per l'alienazione del patrimonio
residenziale pubblico, prevedendo che entro  il  30  giugno  2014  un
decreto interministeriale approvi «le procedure di alienazione  degli
immobili  di  proprieta'  dei  comuni,  degli  enti  pubblici   anche
territoriali, nonche' degli Istituti autonomi per le  case  popolari,
comunque denominati, anche in deroga  alle  disposizioni  procedurali
previste dalla legge 24 dicembre 1993, n. 560»,  e  che  «Le  risorse
derivanti dalle alienazioni devono essere destinate esclusivamente  a
un programma straordinario di realizzazione o di  acquisto  di  nuovi
alloggi  di  edilizia  residenziale  pubblica   e   di   manutenzione
straordinaria del patrimonio esistente.» 
    Tale ultima disposizione,  secondo  il  ricorrente,  determina  i
livelli essenziali  delle  prestazioni  nella  materia  dell'edilizia
residenziale  pubblica.  Pertanto  la  norma   regionale   impugnata,
consentendo una diversa destinazione dei proventi  della  alienazione
degli immobili, invaderebbe la competenza esclusiva dello Stato nella
materia indicata. 
    3.- In via preliminare, va  riconosciuta  l'ammissibilita'  della
questione proposta nei confronti dell'intera legge regionale. 
    Questa Corte ha piu' volte affermato che, mentre e' inammissibile
l'impugnazione di un'intera legge attraverso  generiche  censure  che
non consentano di individuare la questione oggetto dello scrutinio di
legittimita'   costituzionale,   e'   consentita,    al    contrario,
l'impugnativa di intere leggi caratterizzate da norme omogenee, tutte
coinvolte dalle censure medesime (ex plurimis, sentenza  n.  201  del
2008). 
    Nella fattispecie in  esame  e'  evidente  come  la  prima  delle
censure mosse dal ricorrente accomuni  tutte  le  disposizioni  della
legge impugnata, omogenee sotto il profilo della dedotta assenza  dei
presupposti  previsti  dallo  statuto  regionale  per  il   legittimo
esercizio  della  funzione  legislativa  in  regime   di   prorogatio
(sentenza  n.  44  del  2015).  Di  conseguenza,   conformemente   ai
precedenti casi in cui questa Corte e' stata chiamata a  pronunciarsi
sulla denunciata  violazione  dei  poteri  in  regime  di  prorogatio
(sentenze n.  181  del  2014  e  n.  68  del  2010),  «e'  pienamente
ammissibile che l'impugnazione riguardi l'atto  legislativo  nel  suo
testo integrale, a prescindere dal carattere dispositivo piu' o  meno
eterogeneo del suo contenuto normativo» (sentenza n. 64 del 2015). 
    4.- Nel  merito,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'intera  legge  della  Regione  Abruzzo  n.  25  del  2014,   per
violazione  dell'art.  86,  comma  3,  dello  statuto  regionale,  in
riferimento all'art. 123 Cost., e' fondata. 
    4.1.- Secondo la giurisprudenza costituzionale, l'istituto  della
prorogatio riguarda, in termini generali, fattispecie in cui  «coloro
che sono nominati a tempo  a  coprire  uffici  rimangono  in  carica,
ancorche' scaduti, fino all'insediamento dei successori» (sentenza n.
208 del 1992; nello stesso senso, sentenza n. 64 del 2015). 
    Questa Corte ha poi  chiarito,  con  specifico  riferimento  agli
organi  elettivi,  e  segnatamente   ai   Consigli   regionali,   che
«[l]'istituto della prorogatio, a differenza  della  vera  e  propria
proroga (cfr., rispettivamente, art. 61, secondo comma,  e  art.  60,
secondo comma, Cost., per quanto  riguarda  le  Camere),  non  incide
[...] sulla durata del mandato elettivo, ma riguarda solo l'esercizio
dei poteri nell'intervallo fra la scadenza, naturale o anticipata, di
tale  mandato,  e  l'entrata  in  carica  del  nuovo  organo  eletto»
(sentenza n. 196 del 2003; nello stesso senso,  sentenze  n.  44  del
2015 e n. 181 del 2014) e ha  altresi'  affermato  che  «E'  pacifico
[...] che l'istituto in esame  presuppone  la  scadenza,  naturale  o
anticipata, del mandato  del  titolare  dell'organo.  Prima  di  tale
scadenza, non vi puo' essere prorogatio» (sentenze n. 55 del 2015, n.
181 del 2014). 
    Il mandato del Consiglio regionale dell'Abruzzo e' scaduto il  14
dicembre 2013,  al  termine  del  quinquennio  di  durata  in  carica
dell'organo, decorrente dalle precedenti elezioni regionali,  che  si
erano svolte il 14 e 15 dicembre 2008. 
    Successivamente, con decreto  del  14  gennaio  2014,  n.  6,  il
Presidente della  Giunta  regionale  ha  indetto  le  nuove  elezioni
regionali per il giorno  25  maggio  2014,  nel  rispetto  di  quanto
previsto all'art. 7, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,
(Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione    finanziaria),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  15
luglio 2011, n. 111, che impone di tenere le elezioni regionali nella
data stabilita per le elezioni del Parlamento europeo, qualora  nello
stesso anno si svolgano entrambe le consultazioni elettorali. 
    La legge della Regione Abruzzo n. 25 del 2014  -  pubblicata  nel
Bollettino Ufficiale della Regione 9 maggio 2014, n. 53 ed entrata in
vigore il successivo 10 maggio - e' stata approvata nella seduta  del
Consiglio regionale del 15 aprile 2014, dunque nel  periodo  compreso
fra la scadenza del mandato del Consiglio e  la  proclamazione  degli
eletti nelle  nuove  elezioni,  avvenuta  l'11  giugno  2014,  quando
l'organo era in regime di prorogatio. 
    4.2.- Questa Corte, esaminando  analoghe  questioni,  relative  a
leggi della Regione Abruzzo approvate  dal  Consiglio  regionale  nel
medesimo periodo,  ha  ribadito  il  proprio  costante  orientamento,
secondo il quale «In questa fase, i Consigli regionali "dispongono di
poteri attenuati,  confacenti  alla  loro  situazione  di  organi  in
scadenza" (sentenza n.  468  del  1991);  pertanto,  in  mancanza  di
esplicite indicazioni contenute negli statuti,  devono  limitarsi  al
"solo esercizio delle  attribuzioni  relative  ad  atti  necessari  e
urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili".  Essi,  inoltre,
devono "comunque astenersi, al fine di  assicurare  una  competizione
libera e trasparente, da ogni intervento legislativo che possa essere
interpretato come una forma di captatio benevolentiae  nei  confronti
degli elettori" (sentenza n. 68 del 2010)» (sentenza n. 55 del 2015). 
    Ha inoltre sottolineato (sulla scorta della ricordata sentenza n.
68 del 2010) come «il quadro normativo e applicativo sia notevolmente
mutato a seguito della legge costituzionale 22 novembre  1999,  n.  1
(Disposizioni concernenti l'elezione  diretta  del  Presidente  della
Giunta regionale e l'autonomia statutaria delle Regioni).  Questa  ha
attribuito allo statuto  ordinario  la  definizione  della  forma  di
governo e l'enunciazione dei principi fondamentali di  organizzazione
e funzionamento della Regione, in armonia con la  Costituzione  (art.
123, primo comma, Cost.); e ha demandato, nel contempo, la disciplina
del  sistema  elettorale  e  dei  casi  di   ineleggibilita'   e   di
incompatibilita' allo stesso  legislatore  regionale,  sia  pure  nel
rispetto  dei  principi  fondamentali   fissati   con   legge   della
Repubblica, "che stabilisce anche la durata  degli  organi  elettivi"
(art. 122, primo comma, Cost.).  Cosicche'  -  anche  sulla  base  di
quanto successivamente previsto nella legge costituzionale 18 ottobre
2001,  n.  3  (Modifiche  al  Titolo  V  della  parte  seconda  della
Costituzione) - questa Corte ha affermato  che  "una  interpretazione
sistematica  delle  citate  nuove  norme  costituzionali  conduce   a
ritenere che la disciplina della eventuale  prorogatio  degli  organi
elettivi regionali dopo la loro scadenza o scioglimento o dimissioni,
e degli eventuali limiti dell'attivita' degli organi  prorogati,  sia
oggi fondamentalmente di competenza dello statuto della  Regione,  ai
sensi del nuovo articolo 123, come parte della disciplina della forma
di governo regionale"; e che, nel disciplinare  questo  profilo,  gli
statuti "dovranno essere in armonia con i precetti e con  i  principi
tutti ricavabili dalla Costituzione, ai sensi  dell'art.  123,  primo
comma, della Costituzione" (sentenza n. 196 del 2003; anche  sentenza
n. 304 del 2002)» (sentenza n. 64 del 2015). 
    Nella sentenza n. 44 del 2015, la  Corte  ha  poi  affermato  che
«[...] gli stessi statuti regionali,  nel  disciplinare  la  materia,
devono   rispettare   le   limitazioni   connaturate    alla    ratio
dell'istituto»,  rilevando  che  «[...]  lo  statuto  della   Regione
Abruzzo, disponendo che "le funzioni  del  Consiglio  regionale  sono
prorogate, secondo le modalita' disciplinate nel Regolamento, sino al
completamento delle operazioni di proclamazione  degli  eletti  nelle
nuove elezioni limitatamente agli interventi che si rendono dovuti in
base agli impegni derivanti dall'appartenenza all'Unione  Europea,  a
disposizioni costituzionali o legislative statali  o  che,  comunque,
presentano il carattere della urgenza e necessita'", non travalica il
principio  costituzionale  sotteso  all'istituto   della   prorogatio
poiche' legittima l'assemblea scaduta alla sola adozione degli  "atti
necessari ed  urgenti,  dovuti  o  costituzionalmente  indifferibili"
(sentenza n. 68 del 2010)». 
    Piu' precisamente, l'art. 86 dello statuto della Regione  Abruzzo
prevede, al terzo comma, che nei casi di scioglimento anticipato e di
scadenza  della  legislatura  -  e  al  di  fuori  delle  ipotesi  di
scioglimento del Consiglio regionale per gravi violazioni di legge  o
per ragioni di sicurezza nazionale o di annullamento delle elezioni -
«le funzioni del  Consiglio  regionale  sono  prorogate,  secondo  le
modalita' disciplinate nel Regolamento, sino al  completamento  delle
operazioni  di  proclamazione  degli  eletti  nelle  nuove   elezioni
limitatamente agli interventi che si  rendono  dovuti  in  base  agli
impegni   derivanti   dall'appartenenza   all'Unione    Europea,    a
disposizioni costituzionali o legislative statali  o  che,  comunque,
presentano il carattere della urgenza e necessita'» (lettera  a),  e,
al quarto comma, che, in questi casi, «le nuove elezioni sono indette
entro tre mesi secondo le modalita' definite dalla legge elettorale». 
    L'art. 141 del  citato  Regolamento  interno  per  i  lavori  del
Consiglio regionale dell'Abruzzo,  approvato  con  deliberazione  del
Consiglio regionale 12 ottobre 2010, n. 56/2, prevede a sua volta che
«in caso di scioglimento anticipato  del  Consiglio  regionale  e  di
scadenza della Legislatura i  poteri  del  Consiglio  regionale  sono
prorogati sino alla proclamazione degli eletti nelle nuove  elezioni,
limitatamente agli interventi che si  rendono  dovuti  in  base  agli
impegni   derivanti   dall'appartenenza   all'Unione    Europea,    a
disposizioni costituzionali o legislative statali  o  che,  comunque,
presentano il carattere dell'urgenza e necessita'» (comma 1),  e  che
«L'urgenza  e  la  necessita'  sono   espressamente   dichiarate   ed
adeguatamente motivate con riferimento  alle  situazioni  di  estrema
gravita' che esigono interventi immediati  ed  improcrastinabili,  la
cui adozione non puo' essere rinviata senza arrecare grave danno  per
gli interessi affidati alle cure della Regione» (comma 2). 
    Occorre  pertanto  verificare  se  il  Consiglio  regionale   sia
intervenuto con  un  atto  che  costituisce  adempimento  di  impegni
derivanti  dall'appartenenza  all'Unione  europea,  da   disposizioni
costituzionali o legislative  statali  o  che  e'  caratterizzato  da
urgenza  e  necessita',  come  previsto  dalla  citata   disposizione
statutaria. 
    Nel caso in esame, la natura di atto dovuto nei  sensi  delineati
non emerge, ne' dal contenuto della legge,  ne'  da  altri  elementi,
sicche' resta da esaminare se sussiste il  requisito  dell'urgenza  e
della necessita'. 
    Non e' inutile ricordare che questa Corte,  nello  scrutinare  la
legittimita'  costituzionale  di  altre  leggi  regionali   abruzzesi
approvate dal Consiglio regionale nel corso del precedente periodo di
prorogatio e nella vigenza del testo originario  dell'art.  86  dello
statuto regionale (che non esprimeva alcun limite  all'esercizio  dei
poteri  dell'organo  in  tale  fase),  ha  affermato  che  i   limiti
connaturali all'istituto della prorogatio  «[...],  ove  appunto  non
espressi  dalla  disciplina  statutaria,  potrebbero  successivamente
essere  definiti  tramite  apposite   disposizioni   legislative   di
attuazione dello statuto o anche semplicemente  rilevare  nei  lavori
consiliari  o  dallo  specifico  contenuto  delle   leggi   adottate»
(sentenza n. 68 del 2010). 
    Ora che i limiti sono espressi dalla disciplina statutaria,  puo'
sorgere il dubbio se sia possibile  continuare  a  desumere  il  loro
rispetto dal contenuto della  legge  o  dai  lavori  preparatori,  in
assenza di un'espressa dichiarazione e di  una  adeguata  motivazione
sull'urgenza e necessita' dell'intervento, che la legge impugnata non
contempla, a dispetto della richiamata norma del Regolamento  interno
dei lavori del Consiglio regionale. 
    Tuttavia, la mancanza di espresse dichiarazioni e motivazioni non
osta  all'accertamento  nel  merito  di  tale   requisito,   giacche'
l'urgenza e  necessita'  della  legge  deve  in  ogni  caso  emergere
oggettivamente dal contenuto delle disposizioni  impugnate,  anche  a
prescindere dall'esistenza di simili elementi formali,  i  quali,  in
caso contrario, rischierebbero di  trasformarsi  in  vere  e  proprie
formule sacramentali. 
    In questo quadro, i lavori preparatori possono tuttora fungere da
valido ausilio per lo scrutinio che la Corte e' chiamata a eseguire. 
    4.3.- La  legge  impugnata  si  articola  in  una  pluralita'  di
disposizioni. 
    L'art. 1 inserisce nella legge regionale n. 44 del 1999 un  nuovo
articolo 24-bis, sotto la rubrica  «ATER  in  condizioni  di  deficit
strutturale», che e' suddiviso in cinque commi.  La  disposizione  si
prefigge lo  scopo  di  favorire  il  risanamento  finanziario  delle
«Aziende Territoriali per l'Edilizia Residenziale abruzzesi» (come si
e' visto, «ATER») che  si  trovano  in  una  condizione  di  «deficit
strutturale», dichiarata dalla Giunta  regionale,  su  istanza  delle
aziende interessate, sulla base di una procedura che tiene  conto  di
alcuni parametri economici (rapporto tra il volume complessivo  delle
spese di personale sostenute a vario titolo e il  volume  complessivo
dei  ricavi  delle  vendite  e  delle  prestazioni  come   desumibili
dall'ultimo bilancio approvato, superiore al 70 per  cento;  rapporto
tra le anticipazioni di  tesoreria  non  rimborsate  al  31  dicembre
dell'esercizio precedente a quello di presentazione della istanza e i
ricavi delle vendite e delle prestazioni, superiore al 100 per cento;
sussistenza di altri debiti per un  ammontare  superiore  al  50  per
cento dei ricavi e delle vendite e delle prestazioni, come desumibili
dall'ultimo  bilancio  approvato),  i  quali,  se  contemporaneamente
integrati,   costituiscono   un   chiaro   sintomo   di    gravi    e
incontrovertibili condizioni di squilibrio (art.  24-bis,  comma  2).
Nel caso di accertamento della condizione di  «deficit  strutturale»,
gli  organi  amministrativi  della  ATER  decadono,  e'  nominato  un
Commissario e viene risolto anticipatamente il  contratto  di  lavoro
del suo direttore, senza alcun indennizzo o  compenso  (art.  24-bis,
commi 3 e 4). Entro sessanta  giorni  dalla  nomina,  il  Commissario
redige un piano di riequilibrio finanziario ed economico riferito  ad
almeno un triennio, che  prevede  una  rigorosa  rivisitazione  delle
spese, o, se  non  sussistono  le  condizioni  per  il  riequilibrio,
propone alla Giunta la liquidazione dell'azienda (art. 24-bis,  comma
5). 
    Per raggiungere lo scopo perseguito, la legge consente alle  ATER
in condizioni di dichiarato «deficit  strutturale»  di  destinare  al
risanamento dei loro bilanci i proventi della vendita degli  immobili
di edilizia agevolata  e  convenzionata,  degli  immobili  di  natura
commerciale, degli edifici di fatto non utilizzati  come  alloggi  in
quanto inagibili o inabitabili, nonche'  dei  terreni  non  destinati
alla realizzazione di edilizia sovvenzionata, con la precisazione che
la parte  residua  di  tali  proventi  deve  essere  destinata  «alla
realizzazione di  programmi  di  riqualificazione  e  incremento  del
patrimonio  abitativo  pubblico»,  e  che  «L'utilizzo  dei  proventi
derivanti dall'alienazione degli  alloggi  di  edilizia  residenziale
pubblica sovvenzionata, locati a canone sociale, resta in  ogni  caso
vincolato  alla  destinazione  prevista  dall'art.  4   della   legge
regionale 19 dicembre 2001, n. 76» (art. 24-bis, comma 1). 
    L'art. 2 della legge impugnata stabilisce un  limite  massimo  al
trattamento retributivo dei dirigenti e  dei  direttori  delle  ATER,
fissandolo in un ammontare  pari  al  trattamento  economico  annuale
complessivo massimo spettante, rispettivamente,  ai  dirigenti  e  ai
direttori della Regione Abruzzo (comma 1), e  prevede  che  l'importo
eventualmente superiore non concorra a formare l'imponibile fiscale e
previdenziale e sia acquisito dalle ATER  per  il  miglioramento  dei
saldi di bilancio  ovvero  per  il  finanziamento  dei  programmi  di
manutenzione degli alloggi assegnati per finalita' sociali (comma 2). 
    Infine, l'art. 3 introduce modifiche all'art. 36, commi  1  e  4,
lettera  a),  della  legge  regionale  n.  96  del  1996  (Norme  per
l'assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale e
pubblica e per la determinazione dei relativi canoni  di  locazione),
spostando dal 30 giugno 2013 al 15 aprile 2014 la data entro la quale
e' consentita, a coloro che occupano  senza  titolo  un  alloggio  di
edilizia residenziale pubblica per almeno un mese  anteriore  a  tale
data, l'assegnazione dell'alloggio medesimo, nel rispetto  di  quanto
previsto dal precedente art.  13,  comma  3,  della  legge  regionale
appena citata. 
    4.4.- Dall'esame dei  lavori  preparatori  al  disegno  di  legge
emerge che le ATER abruzzesi versano da molto tempo in una situazione
di  grave  difficolta'  economica  e  finanziaria,  a  motivo   della
strutturale insufficienza dei proventi delle vendite e dei canoni  di
locazione degli alloggi a coprire i costi generali di gestione, oltre
che per effetto della annosa crisi economica generale del Paese. 
    Il requisito della necessita' e dell'urgenza,  che  legittima  il
Consiglio regionale  a  esercitare  i  propri  poteri  in  regime  di
prorogatio, evoca l'esigenza che l'intervento normativo sia  adottato
nell'immediatezza della grave  situazione  alla  quale  esso  intende
porre rimedio, perche' diversamente verrebbero travalicati  i  limiti
connaturati all'istituto della prorogatio, che implicano non soltanto
la gravita' della situazione che forma  oggetto  dell'intervento,  ma
anche la sua improcrastinabilita', come e' espressamente previsto dal
richiamato  art.  141  del  Regolamento  interno  per  i  lavori  del
Consiglio regionale. 
    Nella fattispecie l'indicato requisito non sussiste, in  mancanza
di  elementi,  tratti  dal  contenuto  della  legge  o   dai   lavori
preparatori, da cui desumere che la  procedura  di  accertamento  del
"deficit strutturale" delle  ATER,  che  costituisce  il  presupposto
della  dismissione  del  loro  patrimonio  di  edilizia  residenziale
pubblica a fini di ripianamento delle perdite di bilancio, sia  stata
introdotta per la necessita' di  intervenire,  con  un  provvedimento
improcrastinabile, immediatamente  dopo  l'insorgenza  di  una  grave
situazione di difficolta' economica e finanziaria di tali enti. 
    Esaminata da questo angolo visuale, la legge impugnata detta  una
disciplina generale delle procedure di accertamento della  condizione
di stabile squilibrio economico-finanziario delle ATER regionali, che
modifica l'assetto organizzativo e gestionale di tali  enti,  nonche'
la devoluzione del loro patrimonio  immobiliare  al  risanamento  del
deficit. Una disciplina, dunque, che giunge  ad  integrare  le  norme
sull'organizzazione delle ATER, incidendo su situazioni gia' da tempo
connotate  da  gravita',  in  presenza  delle  quali   il   Consiglio
regionale, allorche' era nella pienezza dei suoi  poteri,  non  aveva
ravvisato quell'urgenza  e  quella  necessita'  di  intervenire,  che
ravvisa invece dopo la scadenza della legislatura, quando si trova in
regime di prorogatio. Ne' e'  dato  di  rinvenire  elementi  o  fatti
sopravvenuti che possano giustificare un'emergenza nuova. 
    Alle medesime conclusioni si deve giungere con riguardo a  quanto
previsto agli artt. 2 e 3 della legge impugnata,  rispettivamente  in
tema di trattamento retributivo dei dirigenti e dei  direttori  delle
ATER e di proroga del termine per regolarizzare  l'occupazione  senza
titolo degli alloggi pubblici mediante  l'assegnazione  dell'alloggio
occupato. Nemmeno per tali previsioni e' possibile  individuare  quei
requisiti dell'urgenza e della necessita', nei sensi sopra delineati,
che soli  ne  avrebbero  giustificato  l'approvazione  da  parte  del
Consiglio regionale in regime di prorogatio. 
    Proprio per i suoi contenuti,  invece,  l'intervento  legislativo
nel suo complesso si presta a essere interpretato come una  forma  di
captatio benevolentiae nei confronti degli elettori, dalla  quale  il
Consiglio   regionale,   secondo    la    ricordata    giurisprudenza
costituzionale (ex plurimis, sentenza n. 68 del 2010), avrebbe dovuto
comunque astenersi al fine di assicurare una  competizione  libera  e
trasparente. 
    Alla luce delle  considerazioni  esposte,  l'intera  legge  della
Regione Abruzzo n. 25 del 2014, risultando in  contrasto  con  l'art.
123 Cost., in relazione all'evocata  norma  statutaria,  deve  essere
dichiarata costituzionalmente illegittima. 
    5.- La specifica censura proposta nei confronti dell'art. 1 della
medesima legge regionale rimane assorbita. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  della   legge   della
Regione Abruzzo 28 aprile 2014, n.  25  (Integrazione  alla  L.R.  21
luglio 1999, n. 44 recante "Norme  per  il  riordino  degli  Enti  di
edilizia residenziale pubblica" e  modifiche  alla  L.R.  25  ottobre
1996, n. 96 recante "Norme per l'assegnazione  e  la  gestione  degli
alloggi di edilizia residenziale pubblica e per la determinazione dei
relativi canoni di locazione"). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 29 aprile 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                     Daria de PRETIS, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 15 maggio 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI