N. 85 SENTENZA 15 aprile - 15 maggio 2015

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Esecuzione forzata - Pignoramento di  somme  di  danaro  giacenti  su
  conti correnti  bancari  o  postali  -  Emolumenti  provenienti  da
  crediti di lavoro e pensionistici. 
- Decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per  la
  crescita, l'equita' e  il  consolidamento  dei  conti  pubblici)  -
  convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 22
  dicembre 2011, n. 214 - art. 12, comma 2, che ha inserito il  comma
  4-ter, lettera c), dell'art. 2 del decreto-legge 13 agosto 2011, n.
  138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria  e
  per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma
  1, della legge 14 settembre 2011, n.  148;  decreto-legge  2  marzo
  2012, n. 16 (Disposizioni urgenti  in  materia  di  semplificazioni
  tributarie, di efficientamento e potenziamento delle  procedure  di
  accertamento) - convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma
  1, della legge 26 aprile 2012, n. 44 - art. 3, comma 5, lettera b). 
-   
(GU n.20 del 20-5-2015 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici  :Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Paolo  GROSSI,
  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario  Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  12,  comma
2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201  (Disposizioni  urgenti
per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei  conti  pubblici),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  22
dicembre 2011, n. 214, che ha inserito il comma  4-ter,  lettera  c),
dell'art. 2 del decreto-legge  13  agosto  2011,  n.  138  (Ulteriori
misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  14
settembre 2011, n. 148 e  dell'art.  3,  comma  5,  lettera  b),  del
decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di
semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento  delle
procedure di accertamento), convertito, con modificazioni,  dall'art.
1, comma 1, della legge 26 aprile 2012, n. 44,  aggiuntivo  dell'art.
72-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973,
n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle  imposte  sul  reddito),
promosso dal Tribunale ordinario  di  Lecce,  sezione  distaccata  di
Galatina, nel procedimento vertente tra M.G.  ed  altro  e  T.A.  con
ordinanza del 12 febbraio 2014,  iscritta  al  n.  193  del  registro
ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 46, prima serie speciale, dell'anno 2014. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 15  aprile  2015  il  Giudice
relatore Aldo Carosi. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il  Tribunale  ordinario  di  Lecce,  sezione  distaccata  di
Galatina, con ordinanza del 12 febbraio 2014, ha sollevato  questione
di  legittimita'  costituzionale   dell'art.   12,   comma   2,   del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni  urgenti  per  la
crescita,  l'equita'  e  il  consolidamento  dei   conti   pubblici),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  22
dicembre 2011, n. 214, che ha inserito il comma  4-ter,  lettera  c),
dell'art. 2 del decreto-legge  13  agosto  2011,  n.  138  (Ulteriori
misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  14
settembre 2011, n. 148, per violazione  degli  artt.  38  e  3  della
Costituzione, nella parte in cui non  ha  previsto  che  siano  fatte
salve le limitazioni in materia di pignoramento di cui  all'art.  545
del codice di procedura civile, e dell'art. 3, comma 5,  lettera  b),
del decreto-legge 2  marzo  2012,  n.  16  (Disposizioni  urgenti  in
materia  di  semplificazioni   tributarie,   di   efficientamento   e
potenziamento  delle  procedure  di  accertamento),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 26 aprile  2012,  n.
44, che ha introdotto l'art. 72-ter (Limiti  di  pignorabilita')  nel
decreto del Presidente della Repubblica 29  settembre  1973,  n.  602
(Disposizioni sulla  riscossione  delle  imposte  sul  reddito),  per
violazione degli artt. 3 e 38 Cost., nella parte in cui  non  prevede
l'applicazione dei limiti individuati da tale disposizione  anche  ai
crediti sorti inter privatos. 
    Riferisce il giudice a quo che la questione e' sorta  nell'ambito
di  una  procedura  esecutiva  promossa  da  due  creditori   privati
cittadini per un credito di alcune migliaia di euro. 
    Si legge nell'ordinanza di rimessione  che  i  creditori  avevano
richiesto il pignoramento presso terzi, ai sensi dell'art. 546, comma
l, del codice di procedura civile, delle somme depositate a qualsiasi
titolo su conti, certificati di deposito,  libretti  di  risparmio  o
equipollenti intestati al debitore presso vari  istituti  di  credito
aventi sede in Galatina, citando l'esecutato ed i  suddetti  istituti
di credito per l'udienza  prevista  dall'art.  547  cod.  proc.  civ.
Riferisce il giudice rimettente che il pignoramento aveva dato  esito
positivo  unicamente  con  riferimento  all'indennita'   mensile   di
disoccupazione, periodicamente  accreditata  dall'Istituto  nazionale
della previdenza sociale su un conto corrente intestato al  debitore.
Questi, opponendosi all'esecuzione ai sensi dell'art. 615,  comma  2,
cod.  proc.  civ.,  si  costituiva   in   giudizio   ed   evidenziava
nell'occasione vari profili di  incostituzionalita'  della  procedura
esecutiva. 
    Il giudice a quo, nell'ordinanza del 12  febbraio  2014,  osserva
che sebbene da tempo la pignorabilita'  delle  retribuzioni  e  delle
pensioni sia disciplinata  nel  rispetto  del  principio  consolidato
della limitazione  delle  pretese  creditorie  entro  precisi  limiti
percentuali (ordinariamente corrispondenti  ad  un  quinto  del  loro
importo), in ragione di  consolidati  orientamenti  giurisprudenziali
(sono richiamate varie decisioni di giudici di merito  e  la  recente
sentenza della Corte di cassazione, sezione lavoro, 9  ottobre  2012,
n. 17178) tali limiti verrebbero meno quando  i  predetti  emolumenti
confluiscano in un conto corrente bancario o postale, in  quanto,  si
troverebbe    affermato,    la    somma    perderebbe    l'originaria
qualificazione,  confondendosi  nella   liquidita'   indistinta   che
costituisce il credito del correntista nei confronti della  banca  e,
come tale, completamente aggredibile da parte di un  creditore  terzo
che provveda a pignorare  i  conti  correnti  del  lavoratore  o  del
pensionato, piuttosto che sottoporre a pignoramento  il  credito  che
questi vanti per retribuzioni o per pensioni presso il proprio datore
di lavoro o presso l'istituto previdenziale erogatore. 
    Solo infatti nel caso di pignoramento eseguito presso  il  datore
di lavoro, prosegue il rimettente, varrebbero le limitazioni suddette
previste per i crediti da lavoro o da pensione, che invece verrebbero
meno qualora le somme corrispondenti  siano  confluite  in  un  conto
corrente bancario. 
    Il giudice a quo riferisce che l'unico, parziale, rimedio a  tale
inconveniente potrebbe  rinvenirsi  nella  soluzione  individuata  da
alcuni giudici di merito secondo i quali la natura  privilegiata  del
rateo pensionistico permarrebbe anche se esso sia accreditato  su  un
conto corrente o su un libretto di deposito, purche'  la  natura  del
credito sia immediatamente riconoscibile per denominazione ed importo
e purche' non vi siano, all'attivo, voci diverse dall'accredito della
pensione ovvero prelievi subito  dopo  il  deposito  della  somma,  a
titolo  di  pensione  (e'  citata  una  pronuncia  del  Tribunale  di
Sulmona). 
    Il Tribunale di Lecce osserva che la questione, gia' presente con
il diffondersi dell'accredito volontario sul conto corrente,  sarebbe
divenuta di particolare attualita' con l'entrata in vigore  dell'art.
12, comma 2,  del  d.l.  n.  201  del  2011,  nel  testo  in  seguito
modificato dalla legge n. 214 del 2011, il quale ha inserito il comma
4-ter all'art. 2 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138  (Ulteriori
misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  14
settembre 2011, n. 148 che quindi [nel testo vigente]  cosi'  recita:
«lo stipendio, la pensione, i  compensi  comunque  corrisposti  dalle
pubbliche amministrazioni centrali e locali e dai loro enti,  in  via
continuativa a prestatori d'opera e ogni altro tipo di  emolumento  a
chiunque destinato, di importo superiore a mille euro, debbono essere
erogati con strumenti di pagamento elettronici bancari o postali, ivi
comprese  le  carte  di  pagamento  prepagate  e  le  carte  di   cui
all'articolo 4 del decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78,  convertito,
con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio  2010,
n. 122. Il limite di importo di cui al periodo precedente puo' essere
modificato con decreto del Ministero dell'economia e  delle  finanze.
Dal limite di importo di cui al primo periodo sono  comunque  escluse
le somme corrisposte a titolo di tredicesima mensilita'». 
    Secondo il rimettente tale disposizione,  consentendo  la  totale
apprensione dei proventi della pensione una volta versati  nel  conto
corrente, violerebbe l'art. 38 Cost. che, nel sancire il diritto  dei
lavoratori, in caso di infortunio, malattia, invalidita', vecchiaia e
disoccupazione involontaria, a  che  siano  preveduti  ed  assicurati
mezzi adeguati alle loro esigenze di vita, vorrebbe che sia garantita
loro la corresponsione di un minimum  vitale,  il  cui  ammontare  e'
riservato all'apprezzamento del legislatore (e'  citata  la  sentenza
della Corte costituzionale n. 22 del 1969). Il giudice a quo richiama
anche la giurisprudenza della Corte costituzionale piu'  recente,  ed
in particolare la sentenza n.  506  del  2002  (confermata  anche  da
pronunce successive: sentenze n. 444 del 2005, n. 256 del 2006  e  n.
183 del 2009) con la quale e' stata ammessa la  pignorabilita'  delle
pensioni sia pubbliche che private - nella consueta misura del quinto
- per ogni credito, ma con esclusione di quella parte  corrispondente
al minimo vitale necessario per  il  pensionato.  Parimenti  dovrebbe
ritenersi, secondo il  Tribunale  di  Lecce,  per  le  indennita'  di
disoccupazione, ancorche' con  specifico  riferimento  al  limite  di
pignorabilita' di un quinto  dell'emolumento,  tenuto  conto  che  lo
stesso art. 38 Cost. le menziona assieme alle pensioni. 
    L'art. 12, comma 2, del d.l. n. 201  del  2011,  come  convertito
dalla legge n. 214 del 2011, violerebbe inoltre l'art. 3 Cost.  sotto
il  profilo  della  ragionevolezza,   in   quanto   paleserebbe   una
difformita' di trattamento (subita dall'esecutato) - determinatasi  a
seguito dell'entrata in vigore  della  norma  impugnata,  in  ragione
della scelta del creditore tra  l'aggressione  del  credito  eseguito
presso il datore di lavoro o presso l'ente previdenziale od invece il
pignoramento delle medesime somme presso l'istituto di credito,  dopo
il loro accredito  sul  conto  corrente,  trattandosi  -  secondo  il
Tribunale di Lecce  -  di  situazioni  sostanzialmente  identiche  ma
disciplinate in modo ingiustificatamente diverso. 
    Per il medesimo ordine di considerazioni secondo il Tribunale  di
Lecce anche l'art. 3, comma 5, del d.l. n. 16 del  2012,  convertito,
con modificazioni, dall'art, 1, comma 1, della legge n. 44 del  2012,
laddove ha aggiunto, nel d.P.R.  n.  602  del  1973,  in  materia  di
pignoramento presso terzi  disposto  dall'agente  della  riscossione,
l'art. 72-ter («1. Le somme dovute a titolo di stipendio, di  salario
o di altre indennita' relative al rapporto di lavoro  o  di  impiego,
comprese quelle dovute  a  causa  di  licenziamento,  possono  essere
pignorate dall'agente della riscossione in misura pari ad  un  decimo
per importi fino a 2.500 euro e in  misura  pari  a  un  settimo  per
importi superiori a 2.500 euro e non superiori a 5.000 euro. 2. Resta
ferma la misura di cui all'articolo 545, quarto comma, del codice  di
procedura civile, se le  somme  dovute  a  titolo  di  stipendio,  di
salario o di altre indennita' relative al rapporto  di  lavoro  o  di
impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, superano  i
cinquemila euro»), violerebbe gli artt.  3  e  38  Cost.,  in  quanto
avrebbe ristretto il principio generale di impignorabilita'  relativa
dell'emolumento solo ai rapporti  debitori  sorti  nei  confronti  di
Equitalia s.p.a., e non anche in quelli inter privatos. 
    Conclude quindi il Tribunale di Lecce che  «poiche'  entrambe  le
disposizioni possono incidere  sulle  questioni  che  interessano  il
contenzioso in essere tra i signori M. G. e M. S. e il sig. T. A., e'
necessario verificare se, in ipotesi di ritenuta applicabilita'  tout
court delle norme anche alle questioni in esame, le stesse  risultino
effettivamente coerenti con i summenzionati  principi  sanciti  dalla
Costituzione». 
    2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la Corte dichiari manifestamente inammissibili o
comunque infondate le questioni sollevate dal Tribunale di Lecce. 
    Osserva innanzi tutto  il  patrocinio  erariale  che  il  giudice
rimettente  si  e'  dato   carico   di   evidenziare   il   contrasto
giurisprudenziale esistente in ordine all'interpretazione delle norme
censurate ed ha anche rilevato che la giurisprudenza di  merito  piu'
recente (Tribunale di Sulmona, marzo 2013, citata dal rimettente,  ed
anche ordinanza del Tribunale di  Savona,  2  gennaio  2014)  avrebbe
offerto una soluzione interpretativa diversa  da  quella  prospettata
dalla Corte di cassazione ma, nondimeno, il  giudice  rimettente  non
avrebbe   poi   esperito   il   doveroso   tentativo   di   ricercare
un'interpretazione   costituzionalmente   orientata    delle    norme
applicabili, sicche' la questione dovrebbe  ritenersi  manifestamente
inammissibile. 
    Osserva  inoltre  l'Avvocatura  generale  dello  Stato   che   il
contemperamento tra le due opposte esigenze  di  lotta  all'evasione,
limitazione della circolazione  del  contante,  tutela  del  credito,
perseguita  con  l'introduzione  di  criteri  piu'  stringenti  nella
tracciabilita'  dei  pagamenti  anche   da   parte   della   pubblica
amministrazione, e il valore solidaristico sociale sotteso ai  limiti
di pignorabilita', dovrebbe ritenersi riservato alla  competenza  del
legislatore, cosi' come dovrebbe ritenersi che  spetti  parimenti  al
legislatore decidere quale sia l'entita' del minimum non  aggredibile
da parte di creditori anche nel caso  in  cui  le  prestazioni  siano
accreditate  sul  conto  corrente  bancario,  in   quanto   solo   il
legislatore potrebbe operare una scelta, bilanciando le  esigenze  di
tutela del credito assicurate dall'art. 47 Cost.  e  di  garanzia  di
mezzi adeguati alle esigenze di vita, assicurati dall'art.  38  Cost.
(e' richiamata la sentenza della  Corte  costituzionale  n.  506  del
2002). 
    Per tali  motivi,  prosegue  la  difesa  erariale,  la  questione
sarebbe  inammissibile  perche'  si  richiederebbe  alla   Corte   di
pronunciare   una   sentenza   additiva,   laddove   le   alternative
ipotizzabili per contemperare le diverse esigenze sarebbero  varie  e
comunque  rimesse  alla  scelta  discrezionale  del  legislatore  (e'
richiamata la sentenza n. 259  del  2006);  espone  in  proposito  la
Presidenza del Consiglio che il pignoramento della somma  accreditata
sul  conto   corrente   ed   avente   finalita'   nella   prestazione
previdenziale potrebbe essere limitato con modalita' diverse,  quali,
a mero titolo  esemplificativo,  prevedendo  l'esclusione  dal  saldo
attivo del conto corrente, al momento del pignoramento, di un importo
corrispondente  all'accreditamento  di   una   o   piu'   prestazioni
pensionistiche, oppure mediante la  ricostruzione  del  saldo  attivo
entro un determinato periodo che  precede  il  pignoramento,  tenendo
conto di tutti gli accreditamenti  e  di  tutti  gli  addebiti  ed  i
prelievi, al fine di stabilire la composizione del  saldo  stesso  e,
quindi, escludere dalla  pignorabilita'  l'importo  che  trova  causa
nella   prestazione   previdenziale,    oppure    ancora,    mediante
l'introduzione di una limitazione  forfettaria  della  pignorabilita'
delle somme accreditate su  conto  corrente,  quando  questo  sia  in
qualunque misura alimentato da somme erogate a titolo di pensione. 
    In conclusione, non potendo la Corte intervenire nella  sfera  di
discrezionalita' politica del legislatore (sono citate, ex multis, le
sentenze n. 134 del 2002 e n. 316 del 2008),  secondo  il  Presidente
del Consiglio dei ministri la questione di costituzionalita' dovrebbe
essere dichiarata inammissibile. 
    Con specifico riferimento  alla  questione  di  costituzionalita'
dell'art. 3, comma 5, del d.l. n.16 del 2012,  nel  testo  introdotto
dalla legge di conversione n. 44  del  2012,  osserva  il  patrocinio
erariale che la stessa dovrebbe ritenersi inammissibile  per  difetto
di rilevanza, in quanto la disposizione non sarebbe applicabile  alla
fattispecie  concreta,  disciplinando  la  diversa  fattispecie   del
cosiddetto pignoramento esattoriale. Semmai, conclude  il  Presidente
del Consiglio dei ministri, il giudice a quo avrebbe dovuto sollevare
la questione di legittimita' costituzionale dell'art. l del d.P.R.  5
gennaio 1950, n.  180  (Approvazione  del  testo  unico  delle  leggi
concernenti  il  sequestro,  il  pignoramento  e  la  cessione  degli
stipendi,  salari  e  pensioni   dei   dipendenti   dalle   Pubbliche
Amministrazioni), ed individuare nella disposizione di  cui  all'art.
3, comma 5, lettera b), della legge  n.  44  del  2012,  introduttiva
dell'art. 72-ter del d.P.R. n. 602 del 1973, il tertium comparationis
per evidenziare una eventuale disparita' di trattamento. Ma, anche in
tal caso, secondo l'interveniente, la  questione  dovrebbe  ritenersi
infondata  in  quanto  tale  norma  disciplina  il  caso  particolare
dell'esecuzione esattoriale con la quale si procede per  il  recupero
di crediti erariali (e previdenziali) e quindi sarebbe  comprensibile
che il  legislatore  abbia  scelto  di  fissare  limiti  quantitativi
all'azione esecutiva che  potrebbero  non  ricorrere  nell'esecuzione
mobiliare avente per oggetto crediti sorti tra privati, in  relazione
ai  quali  dovrebbe  ritenersi  che  rientri  nella  discrezionalita'
politica del legislatore la decisione  di  modulare  diversamente  la
pignorabilita' dello stipendio e della pensione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il  Tribunale  ordinario  di  Lecce,  sezione  distaccata  di
Galatina, ha sollevato, con l'ordinanza  in  epigrafe,  questioni  di
legittimita'  costituzionale   degli   artt.   12,   comma   2,   del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni  urgenti  per  la
crescita,  l'equita'  e  il  consolidamento  dei   conti   pubblici),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  22
dicembre 2011, n. 214, che ha inserito il comma  4-ter,  lettera  c),
dell'art. 2 del decreto-legge  13  agosto  2011,  n.  138  (Ulteriori
misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  14
settembre 2011, n. 148, e 3, comma 5, lettera b), del decreto-legge 2
marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni
tributarie, di efficientamento e  potenziamento  delle  procedure  di
accertamento) - convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,
della legge 26 aprile 2012, n. 44 - in riferimento agli artt. 3 e  38
[recte: 38, secondo comma] Cost. 
    Il giudice rimettente, in  funzione  di  giudice  dell'esecuzione
mobiliare, nel corso di una procedura promossa da due privati avverso
un loro debitore per un credito di alcune migliaia di euro, riferisce
di esser stato chiamato ad esaminare una  richiesta  di  pignoramento
dei saldi dei conti correnti riconducibili al debitore presso  alcuni
istituti di credito locali. Il pignoramento  aveva  dato  come  unico
esito la presenza di un saldo attivo presso  uno  degli  istituti  di
credito  chiamati  a  rendere  la   "dichiarazione   di   quantita'".
L'esecutato, proponendo opposizione ai sensi dell'art. 615 del codice
di procedura civile, sosteneva che il suddetto conto  corrente  fosse
alimentato esclusivamente dal periodico accredito dell'indennita'  di
disoccupazione. 
    Il giudice a quo osserva che sebbene da  tempo,  per  effetto  di
ripetute decisioni di questa Corte, abbia assunto generale e pacifica
valenza la previsione di una limitata pignorabilita' dei crediti  per
redditi di lavoro o  di  pensione,  ordinariamente  contenuta  in  un
quinto del loro ammontare (al netto delle ritenute,  con  l'ulteriore
esclusione della parte riconducibile al cosiddetto minimum vitale per
i soli redditi da pensione), nondimeno tali limitazioni - ritenute da
questa  Corte  frutto  di  un  bilanciamento  tra  le  ragioni  della
generalita' dei creditori e le esigenze di vita dei lavoratori e  dei
pensionati secondo le prescrizioni poste rispettivamente dagli  artt.
36 e 38 Cost. - verrebbero meno  allorquando  le  somme,  frutto  dei
suddetti redditi, siano versate in conti correnti bancari o  postali.
Cio'  a  seguito  di  orientamenti  consolidati  in  dottrina  ed  in
giurisprudenza (ribaditi  di  recente  dalla  Corte  di  cassazione),
secondo cui le somme, una volta versate  in  conto,  perderebbero  la
loro  originaria  qualificazione,  confondendosi   nella   liquidita'
indistinta costituente il credito del correntista nei confronti della
banca ed, in quanto tale, completamente aggredibile senza limitazione
alcuna da parte del terzo creditore. 
    Il rimettente evidenzia che tale situazione si sarebbe  aggravata
con l'entrata in vigore dell'art. 12, comma 2, del d.l.  n.  201  del
2011, come convertito dalla legge n. 214 del 2011, che ha inserito il
comma 4-ter dell'art. 2 del d.l. n. 138  del  2011,  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge n. 148 del 2011,  il
quale avrebbe imposto che il pagamento dei redditi  da  lavoro  o  da
pensione  superiori  all'importo  mensile  di  mille   euro   avvenga
esclusivamente con accredito su conti  correnti  bancari  o  postali,
libretti  di  deposito,   carte   prepagate,   carte   istituzionali,
eliminando radicalmente la  possibilita'  di  pagamento  in  contanti
nelle  mani  dell'avente  diritto.   Secondo   il   rimettente   tale
disposizione  violerebbe  l'art  38  Cost.,  in  quanto  verrebbe   a
frustrare la finalita' di assicurare  al  pensionato  mezzi  adeguati
alle esigenze di vita. 
    Ad avviso del giudice a quo sarebbe violato anche l'art. 3  Cost.
sotto il profilo della ragionevolezza, in quanto la  norma  impugnata
consentirebbe, a fronte  della  medesima  percezione  di  redditi  da
lavoro  o  da  pensione,   di   rendere   vano   ogni   limite   alla
pignorabilita', consentendo al creditore di pignorare per intero  gli
importi corrispondenti, una volta che essi siano  versati  in  conto,
allorquando questi preferisca promuovere il  pignoramento  dei  conti
presso gli istituti di credito, piuttosto che quello dei  crediti  da
lavoro o da pensione  presso  i  datori  di  lavoro  o  gli  istituti
erogatori. 
    Per lo stesso ordine di argomentazioni,  il  Tribunale  di  Lecce
dubita della legittimita' costituzionale, in riferimento ai  medesimi
parametri, dell'art. 3, comma 5, lettera b), del d.l. n. 16 del 2012,
come convertito dalla legge n. 44 del 2012, che ha introdotto  l'art.
72-ter (Limiti di pignorabilita') nel decreto  del  Presidente  della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla  riscossione
delle  imposte  sul  reddito),  nella  parte  in  cui   non   prevede
l'applicazione dei limiti individuati da tale disposizione  anche  ai
crediti sorti inter privatos. 
    In proposito il rimettente evidenzia che con la  norma  impugnata
il legislatore avrebbe recentemente introdotto piu' stringenti limiti
alla pignorabilita' degli emolumenti derivanti da redditi di lavoro o
di  pensione,  restringendone  tuttavia  l'operativita'   alle   sole
"esecuzioni esattoriali"  senza  consentirne  l'applicabilita'  anche
alle procedure esecutive dove il creditore agente in  executivis  sia
un soggetto privato e non Equitalia spa. 
    E' intervenuto  in  giudizio  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  deducendo  la  manifesta  inammissibilita'  o,   comunque,
l'infondatezza  delle  questioni   di   legittimita'   costituzionale
sollevate dal Tribunale di Lecce. 
    Secondo l'Avvocatura generale  dello  Stato  il  rimettente,  pur
avendo evidenziato l'esistenza di un diverso orientamento nella  piu'
recente giurisprudenza di merito, nondimeno non avrebbe poi  esperito
il    doveroso    tentativo    di    ricercare     un'interpretazione
costituzionalmente orientata  delle  norme  applicabili,  sicche'  le
questioni dovrebbero ritenersi manifestamente inammissibili. 
    Ad  avviso  dell'intervenuto,  le  questioni  sarebbero  comunque
inammissibili perche' si richiederebbe a questa Corte di  pronunciare
una  sentenza  additiva,  laddove  le  alternative  ipotizzabili  per
contemperare le diverse esigenze di lotta  all'evasione,  limitazione
della circolazione del contante, tutela del credito  (perseguita  con
l'introduzione di criteri piu' stringenti  nella  tracciabilita'  dei
pagamenti anche da parte della pubblica amministrazione) ed il valore
solidaristico sociale sotteso ai limiti di  pignorabilita'  sarebbero
varie e rimesse alla scelta discrezionale del legislatore. 
    Secondo la difesa  erariale  dovrebbe  ritenersi  che  spetti  al
legislatore decidere quale sia l'entita' del minimum non  aggredibile
da parte dei creditori anche nel caso in cui i proventi da  lavoro  o
da pensione siano accreditati su un conto corrente,  un  libretto  di
deposito, od un altro sistema di moneta elettronica, in  quanto  solo
il legislatore potrebbe operare la scelta, bilanciando le esigenze di
tutela del credito presidiate dall'art. 47 Cost.  e  di  garanzia  di
mezzi adeguati alle esigenze di vita, assicurati dall'art.  38  Cost.
Con riguardo poi alla questione  di  costituzionalita'  dell'art.  3,
comma 5, lettera b), del d.l. n. 16 del 2012,  nel  testo  modificato
dalla legge di conversione n. 44 del 2012, l'intervenuto osserva  che
la stessa dovrebbe ritenersi inammissibile per difetto di  rilevanza,
in quanto la disposizione non sarebbe  applicabile  alla  fattispecie
concreta,  disciplinando  la  diversa  fattispecie  del  pignoramento
nell'ambito dell'esecuzione esattoriale. 
    2.- Per la  valutazione  delle  questioni  sollevate  si  rendono
opportune alcune premesse al fine di inquadrare il contesto normativo
e giurisprudenziale in cui si inseriscono le norme censurate. 
    Anzitutto,  occorre  precisare  che   l'indennita'   mensile   di
disoccupazione rientra tra le  prestazioni  previdenziali  assimilate
alle pensioni sotto il profilo delle tutele assicurate  dall'art.  38
Cost. 
    L'operativita' di tali tutele si e' tradotta nel diritto positivo
anche nella predisposizione di deroghe al regime  dell'espropriazione
forzata quando quest'ultima viene rivolta ai crediti da pensione o da
emolumenti assimilati. Per  le  ragioni  successivamente  specificate
tali deroghe sono tassative e non possono operare  al  di  la'  delle
situazioni giuridiche per le quali vengono espressamente previste. 
    Le norme limitative della  pignorabilita'  delle  retribuzioni  e
degli emolumenti assimilati sono contenute, insieme ad altre  ipotesi
di deroga, nell'art. 545 cod. proc. civ. - come modificato  dall'art.
27 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in  materia
di istituzione del giudice unico di primo grado)  il  quale  dispone:
«Non possono essere pignorati i crediti alimentari,  tranne  che  per
cause di alimenti, e sempre con l'autorizzazione del  presidente  del
tribunale o di un giudice da lui delegato e per la parte dal medesimo
determinata mediante decreto. Non possono  essere  pignorati  crediti
aventi per oggetto sussidi di grazia o  di  sostentamento  a  persone
comprese  nell'elenco  dei  poveri,   oppure   sussidi   dovuti   per
maternita', malattie o funerali da casse di assicurazione, da enti di
assistenza o da istituti di beneficenza. Le somme dovute dai  privati
a titolo di stipendio, di salario o di altre indennita'  relative  al
rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute  a  causa  di
licenziamento, possono essere pignorate per crediti alimentari  nella
misura autorizzata dal presidente del tribunale o da  un  giudice  da
lui delegato. Tali somme possono essere pignorate nella misura di  un
quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, ed
in eguale misura per ogni  altro  credito.  Il  pignoramento  per  il
simultaneo concorso delle cause  indicate  precedentemente  non  puo'
estendersi oltre alla  meta'  dell'ammontare  delle  somme  predette.
Restano in ogni caso ferme le altre limitazioni contenute in speciali
disposizioni di legge». 
    Con riguardo alle  pensioni  ed  agli  emolumenti  assimilati  il
principio della limitazione della pignorabilita' in termini  analoghi
a  quelli  previsti  dall'art.  545  cod.  proc.  civ.   ha   trovato
specificazione  nell'ambito  pubblico  attraverso  il   decreto   del
Presidente della Repubblica 5 gennaio 1950, n. 180 (Approvazione  del
testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il  pignoramento  e
la cessione degli stipendi, salari e pensioni  dei  dipendenti  dalle
Pubbliche Amministrazioni). Cio' per effetto di un percorso normativo
e giurisprudenziale complesso, fortemente influenzato dalle pronunzie
di questa Corte, piu' volte chiamata in causa dai giudici di merito e
dalla Corte di cassazione. 
    In origine l'art. 1 di detto decreto poneva un  divieto  assoluto
di  sequestrabilita',  pignorabilita'  e  cedibilita'  di   stipendi,
sussidi, pensioni ed altri compensi assimilati. L'art. 2, in  via  di
eccezione,  ammetteva  la  pignorabilita'   e   sequestrabilita'   di
retribuzioni, pensioni, indennita' ed assegni equivalenti sino ad  un
terzo in caso di crediti per causa di alimenti; fino ad un quinto per
debiti sorti verso lo Stato od altri enti derivanti dal  rapporto  di
lavoro; fino ad  un  quinto  per  tributi  dovuti  allo  Stato,  alle
Province o ai Comuni. 
    In esito ad un iter giurisprudenziale piuttosto  articolato,  che
non e' il caso di riproporre in questa sede se non con richiamo  alle
pronunzie piu' significative in tema (sentenze n. 183  del  2009,  n.
256 del 2006, n. 444 del 2005, n. 506 e n. 468 del 2002 e n.  55  del
1991; ordinanze n. 315 del 1999 e n. 447 del 1994), questa  Corte  e'
pervenuta alla dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  delle
norme che ponevano un  assoluto  divieto  alla  pignorabilita'  delle
pensioni erogate dall'Istituto  nazionale  della  previdenza  sociale
(art. 128 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935,  n.  1827,  recante
«Perfezionamento  e  coordinamento   legislativo   della   previdenza
sociale» ed art. 69 della legge  30  aprile  1969,  n.  153,  recante
«Revisione degli ordinamenti pensionistici  e  norme  in  materia  di
sicurezza sociale»), limitando l'impignorabilita' assoluta alla  sola
parte necessaria per  soddisfare  le  esigenze  minime  di  vita  del
pensionato. Nel contempo questa Corte ha riconosciuto  tale  criterio
valevole anche per le pensioni del "settore pubblico" ed ha precisato
che la limitazione della pignorabilita' per i crediti da pensione non
puo'  consistere  nella  sottrazione  alle  pretese   dei   creditori
dell'intera somma spettante, ma solo di quella  parte  necessaria  ad
assicurare mezzi adeguati alle esigenze di vita  dei  pensionati,  in
conformita'  al  precetto  dell'art.  38,  secondo  comma,  Cost.  La
necessita' di garantire questo minimum vitale  puo'  giustificare  la
compressione del diritto di rivalsa dei creditori sulla  pensione  ma
il  sacrificio  non  puo'  essere  assoluto,   bensi'   proporzionato
all'entita'  funzionale  ad  assicurare  il  rispetto  del   disposto
costituzionale. 
    2.1.- Mentre il corretto bilanciamento dei valori in gioco  -  la
tutela del pensionato e le ragioni dei creditori insoluti - e'  stato
affermato nel senso che l'esclusione della pignorabilita' dei crediti
da pensione non puo' riguardare l'intera somma, bensi' la sola  parte
necessaria ad assicurare mezzi adeguati alle  esigenze  di  vita  dei
pensionati  (mentre  per  la  parte  restante  valgono  gli  ordinari
limiti), analoga operazione ermeneutica non e'  stata  possibile  con
riguardo alla fattispecie venuta in questa  sede  all'evidenza  della
Corte, la quale riguarda le somme transitate dal  soggetto  erogatore
dell'indennita'  di  disoccupazione  al  conto  corrente  dell'avente
diritto. 
    Secondo il consolidato orientamento  della  Corte  di  cassazione
«nessuna  preclusione  o  limitazione  sussiste,   in   ordine   alla
sequestrabilita'   e   pignorabilita'   di    tali    somme,    ormai
definitivamente  acquisite  dal  dipendente  e  confluite   nel   suo
patrimonio, sia che esse si trovino nel suo diretto possesso, sia che
esse risultino depositate a suo nome presso banche  ed  assoggettate,
quindi, alla disciplina dell'art. 1834 cod. civ.» (da  ultimo,  Corte
di cassazione, sezione lavoro, sentenza 9 ottobre  2012,  n.  17178).
Dunque, i limiti della pignorabilita' concernono i crediti per  causa
di pensioni o redditi  assimilati,  ma  non  le  somme  che  ne  sono
oggetto, una volta erogate dal soggetto obbligato. Nel  caso  in  cui
l'accredito dei ratei della pensione  o  dei  trattamenti  assimilati
venga effettuato, come di frequente avviene,  su  un  conto  corrente
bancario  o  un  libretto  di  risparmio,  gli  accrediti  stessi  si
confondono con il resto delle somme ivi giacenti. 
    Con il versamento in conto  si  verifica,  infatti,  l'estinzione
(pro rata) del rapporto obbligatorio corrente tra il pensionato ed il
terzo debitore del trattamento economico. Il denaro versato in conto,
seguendo l'ordinario regime dei beni fungibili, secondo le regole del
deposito irregolare (art. 1782  cod.  civ.),  diviene  di  proprieta'
dell'istituto di credito (artt. 1834 e 1852 e  seguenti  cod.  civ.),
con contestuale nascita  di  un  diverso  rapporto  obbligatorio  tra
l'istituto di  credito  ed  il  depositario  o  correntista,  che  si
compendia nel diritto a richiedere in ogni momento  il  saldo  attivo
risultante dal conto e per il  quale  non  sono  previsti  limiti  di
pignorabilita'  dipendenti  dalle  cause  che  diedero  origine  agli
accrediti.  Da  tale  disciplina  deriva  quindi  la   pignorabilita'
indistinta delle  somme  giacenti  sul  conto  corrente,  secondo  il
principio generale dell'art. 2740 cod. civ. 
    In definitiva, il pignoramento del  conto  corrente  concerne  il
credito del correntista verso la banca per quanto risulta  dal  saldo
delle rimesse effettuate sul conto stesso. 
    Impregiudicato lo scrutinio  di  ammissibilita'  delle  questioni
proposte, appare di tutta evidenza che, allo stato della legislazione
e della  giurisprudenza,  la  tutela  del  fondamentale  diritto  del
pensionato di veder garantiti i mezzi adeguati alle esigenze di  vita
attraverso la fruizione del  vitalizio  di  cui  e'  titolare  appare
caratterizzata  quantomeno  da  disomogeneita'  e,  nella   specifica
fattispecie di contratto di conto  corrente,  dall'assenza  di  norme
idonee  a  garantire  l'impignorabilita'  di   quella   parte   della
prestazione previdenziale che vale - come piu' volte  specificato  da
questa Corte - ad assicurare al  pensionato  i  mezzi  adeguati  alle
esigenze di vita costituzionalmente garantite (ex plurimis,  sentenze
n. 468 del 2002 e n. 160 del 1974). 
    Dal   disomogeneo   contesto   normativo   e    giurisprudenziale
precedentemente  richiamato  prende  spunto  il  giudice  a  quo  per
sottoporre allo scrutinio di  questa  Corte  la  norma  che  ha  reso
obbligatorio il versamento sul conto  corrente  dell'indennita'  (con
cio' rendendo inevitabile la sottoposizione  degli  interi  ratei  al
pignoramento) e di quella che ha garantito alle sole fattispecie  dei
crediti  erariali  una  limitata  pignorabilita'   degli   emolumenti
pensionistici. 
    3.-  Alla  luce  delle  esposte   premesse,   la   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 2, del  d.l.  n.  201
del 2011, come convertito  dalla  legge  n.  214  del  2011,  che  ha
inserito il comma 4-ter  dell'art.  2  del  d.l.  n.  138  del  2011,
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  n.
148  del  2011,  in  riferimento  agli  artt.  3  e  38   Cost.,   e'
inammissibile, poiche' il giudice rimettente  e'  incorso  in  errore
nell'individuazione della norma censurata. 
    Infatti, egli non deve fare applicazione,  nel  caso  di  specie,
della norma impugnata - volta ad assicurare misure  di  tutela  della
sicurezza sociale e di  contrasto  alla  criminalita'  organizzata  -
bensi' delle  disposizioni  in  tema  di  conto  corrente,  le  quali
comportano - alla stregua della giurisprudenza  teste'  richiamata  -
l'assenza di  limiti  al  generale  principio  della  responsabilita'
patrimoniale di cui all'art. 2740 cod. civ. 
    E' in base a tale generale principio che, in assenza di eccezioni
tassative di legge, non risulta  possibile  garantire  le  necessita'
primarie del pensionato soggetto a pignoramento delle somme esistenti
sul proprio conto corrente. 
    L'art. 12,  comma  2,  non  ha,  quindi,  inciso  sulla  tematica
inerente alla soggezione al pignoramento  delle  somme  giacenti  sul
conto  corrente,  in  relazione  alla  quale  e'  costante  in  senso
affermativo la  giurisprudenza  della  Corte  di  cassazione,  ma  ha
soltanto  acutizzato,  in   via   di   fatto,   il   problema   della
pignorabilita' indiscriminata degli emolumenti provenienti da crediti
di lavoro e pensionistici, una volta transitati nel  conto  corrente,
dal momento che ha reso obbligatorio detto transito.  D'altra  parte,
la cessazione della situazione di impignorabilita' gia' in precedenza
conseguiva all'avvenuta erogazione di detti  emolumenti,  quand'anche
riscossi in contanti dall'avente titolo. 
    Non puo' comunque sostenersi, come sembra ritenere il rimettente,
che le ipotesi di impignorabilita' dei crediti  da  pensione  possano
estendersi, attraverso  l'interpretazione  giuridica  o  un'eventuale
pronuncia additiva di questa Corte, alla disciplina del  pignoramento
sul conto corrente. Cio' per due distinti ordini di motivi: i  limiti
alla pignorabilita' dei beni del debitore sono deroghe  al  principio
generale della responsabilita' patrimoniale, tassativamente  previste
dalla legge e, per questo  motivo,  non  suscettibili  di  estensione
analogica;  un'eventuale  pronuncia  additiva  di  questa  Corte  non
potrebbe essere a "rime obbligate", dal momento  che  il  credito  da
pensione e' situazione giuridica profondamente diversa dal credito di
conto corrente e  che,  conseguentemente,  l'indefettibile  principio
costituzionale  di  tutela  del  fine  solidaristico  (di   garantire
l'emancipazione  dal  bisogno  del  pensionato)  non   puo'   trovare
soluzione obbligata attraverso l'automatica riproduzione di una norma
appartenente ad un contesto giuridico diverso. 
    In definitiva, l'art. 545 cod. proc. civ. e gli artt. 1 e  2  del
d.P.R. n. 180 del 1950 non possono fungere da tertia comparationis al
fine di rimuovere il vulnus del vigente sistema di tutela sociale  in
riferimento all'art. 38, secondo comma, Cost. 
    Come gia' rilevato, la tutela delle condizioni di vita minime del
pensionato non e' automaticamente  identificabile  con  le  modalita'
previste  dalle  suddette  norme,  le   quali   sono   specificamente
parametrate  al  particolare  rapporto  giuridico  tra  il   soggetto
erogatore della pensione ed  il  beneficiario,  ma  ben  puo'  essere
esercitata attraverso strumenti diversi e - con riguardo al  caso  di
specie - piu' appropriati in  relazione  ai  caratteri  del  rapporto
contrattuale tra correntista ed istituto bancario o postale. 
    3.1.- Se il credito per il saldo del conto  corrente,  nonostante
sia stato alimentato da rimesse pensionistiche, non gode, allo  stato
della  legislazione,  dell'impignorabilita'  parziale   relativa   ai
crediti da pensione, cio' non puo' precludere in radice la tutela dei
principali bisogni collegati  alle  esigenze  di  vita  del  soggetto
pignorato. 
    In  definitiva,  la  tutela   dell'interesse   costituzionalmente
protetto dall'art.  38  Cost.  non  puo'  ritenersi  suscettibile  di
compressione, in modo assoluto o comunque sproporzionato, per effetto
della penalizzante combinazione delle regole giuridiche inerenti alla
struttura  del  contratto  di  conto  corrente   bancario   e   della
responsabilita' patrimoniale. 
    In tale contesto l'individuazione e le modalita' di  salvaguardia
della parte di pensione  necessaria  ad  assicurare  al  beneficiario
mezzi  adeguati  alle  sue  esigenze  di  vita  e'   riservata   alla
discrezionalita' del legislatore, il quale, come  di  seguito  meglio
precisato, non puo' sottrarsi al compito di razionalizzare il vigente
quadro normativo in coerenza con i  precetti  dell'art.  38,  secondo
comma, Cost. 
    4.- Anche la questione dell'art. 3, comma 5, lettera b), del d.l.
n. 16 del 2012, come convertito dalla legge n. 44 del 2012, - che  ha
introdotto  l'art.  72-ter  nel  d.P.R.  n.  602  del   1973   -   e'
inammissibile. 
    Il rimettente si duole del fatto che tale  disposizione  non  sia
applicabile al giudizio principale - il cui oggetto non  e'  peraltro
ascrivibile alla riscossione coattiva di tributi  -  sollecitando  la
Corte ad estenderlo alle procedure esecutive ordinarie. 
    A prescindere dall'obiettiva difficolta' di rinvenire all'interno
della medesima disposizione  la  norma  identificabile  come  tertium
comparationis e quella da dichiarare costituzionalmente  illegittima,
la censura proposta risulta priva di rilevanza, poiche' il rimettente
- per sua stessa  ammissione  -  non  deve  fare  applicazione  della
disciplina in questione. 
    Una norma simile a quella auspicata dal giudice  a  quo  -  della
quale lo stesso non si e' avveduto avendo richiamato la  formulazione
originaria dell'art. 72-ter, come introdotta con l'art. 3,  comma  5,
lettera b), del d.l. n. 16 del 2012 nel testo modificato dalla  legge
di conversione - e' stata inserita proprio  nel  corpo  dello  stesso
art. 72-ter, quale comma 2-bis, dall'art. 52, comma  1,  lettera  f),
del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per  il
rilancio dell'economia) - convertito, con modificazioni, dall'art. 1,
comma 1, della legge 9 agosto 2013, n. 98 - secondo cui «Nel caso  di
accredito delle somme di cui ai  commi  1  e  2  sul  conto  corrente
intestato al debitore,  gli  obblighi  del  terzo  pignorato  non  si
estendono all'ultimo emolumento accreditato allo stesso  titolo».  La
sua applicazione, tuttavia, e' espressamente limitata -  come  emerge
dalla stessa relazione di accompagnamento ai  lavori  parlamentari  -
alla riscossione coattiva dei tributi. 
    5.- Se l'aberratio ictus del  rimettente  in  ordine  alle  norme
censurate nel presente  giudizio  comporta  l'inammissibilita'  delle
questioni proposte, non puo' sottacersi che il  principio  di  tutela
del pensionato di cui all'art. 38, secondo comma,  Cost.  soffre,  in
relazione  al  quadro   normativo   illustrato,   gravi   limitazioni
suscettibili   di   comprimerlo    oltre    i    limiti    consentiti
dall'ordinamento costituzionale. 
    La combinazione di diverse norme, pure dirette a garantire valori
importanti quali la tutela delle ragioni di credito e  l'effettivita'
della responsabilita' patrimoniale, ha generato, nel caso di  specie,
interrelazioni che rendono incoerente il  sistema  delle  garanzie  a
favore del pensionato. 
    Pur disponendo di ampia discrezionalita' nella scelta del tipo di
tutela delle condizioni minime di sostentamento del pensionato tra le
molteplici ipotizzabili, il legislatore ha determinato una situazione
che pregiudica la fruizione  di  un  diritto  sociale  incomprimibile
quando i mezzi destinati a tal fine per la  semplice  confluenza  nel
conto  corrente  bancario  o  postale,  perdono   il   carattere   di
indisponibilita' in relazione a misure cautelari ed espropriative. 
    E' specificamente sotto tale profilo di incompletezza del sistema
di tutela del pensionato che l'attuale situazione  normativa  risulta
incompatibile con il precetto contenuto nell'art. 38, secondo  comma,
Cost. 
    Il vulnus riscontrato e la necessita' che l'ordinamento  si  doti
di un rimedio effettivo per assicurare condizioni di vita  minime  al
pensionato, se non inficiano - per  le  ragioni  gia'  esposte  -  la
ritenuta inammissibilita' delle questioni e se  non  pregiudicano  la
«priorita' di valutazione da parte del legislatore  sulla  congruita'
dei mezzi per  raggiungere  un  fine  costituzionalmente  necessario»
(sentenza n. 23 del 2013),  impongono  tuttavia  di  sottolineare  la
necessita' che lo stesso  legislatore  dia  tempestiva  soluzione  al
problema individuato nella presente pronuncia. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 12, comma 2, del  decreto-legge  6  dicembre
2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita,  l'equita'  e  il
consolidamento dei conti pubblici),  convertito,  con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n.  214,  che  ha
inserito il comma 4-ter, lettera c), dell'art. 2 del decreto-legge 13
agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la  stabilizzazione
finanziaria  e  per  lo  sviluppo),  convertito,  con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge  14  settembre  2011,  n.  148,  in
riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione. 
    2)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 5, lettera b), del decreto-legge  2
marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni
tributarie, di efficientamento e  potenziamento  delle  procedure  di
accertamento), convertito, con modificazioni, dall'art. 1,  comma  1,
della legge 26 aprile 2012, n. 44, in riferimento agli artt. 3 e  38,
secondo comma, Cost. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 aprile 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                       Aldo CAROSI, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 15 maggio 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI