N. 88 ORDINANZA 29 aprile - 15 maggio 2015

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Reati tributari - Omesso versamento dell'IVA - Fatti commessi sino al
  17 settembre 2011  -  Soglia  di  punibilita'  inferiore  a  quelle
  stabilite per la dichiarazione infedele e l'omessa dichiarazione. 
- Decreto legislativo 10 marzo 2000,  n.  74  (Nuova  disciplina  dei
  reati in materia di imposte sui redditi e sul  valore  aggiunto,  a
  norma dell'articolo 9 della legge 25 giugno  1999,  n.  205),  art.
  10-ter. 
-   
(GU n.20 del 20-5-2015 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici :Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,
  Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 10-ter  del
decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei  reati
in materia di imposte sui redditi e  sul  valore  aggiunto,  a  norma
dell'articolo 9 della legge 25 giugno 1999,  n.  205),  promosso  dal
Tribunale ordinario di Milano nel procedimento  penale  a  carico  di
V.M. con ordinanza del 18  dicembre  2013,  iscritta  al  n.  62  del
registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 2014. 
    Udito nella camera di consiglio del 29  aprile  2015  il  Giudice
relatore Giuseppe Frigo. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 18 dicembre  2013,  il  Tribunale
ordinario di Milano ha sollevato, in  riferimento  all'art.  3  della
Costituzione,  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
10-ter del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina
dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto,  a
norma dell'articolo 9 della legge 25  giugno  1999,  n.  205),  nella
parte in cui, limitatamente ai fatti commessi sino  al  17  settembre
2011, prevede per il delitto di omesso  versamento  dell'imposta  sul
valore aggiunto (IVA) una soglia di punibilita'  inferiore  a  quelle
stabilite per  i  delitti  di  dichiarazione  infedele  e  di  omessa
dichiarazione dagli artt. 4 e 5  del  medesimo  decreto  legislativo,
prima delle modifiche operate dal decreto-legge 13  agosto  2011,  n.
138 (Ulteriori misure urgenti per la  stabilizzazione  finanziaria  e
per lo sviluppo),  convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  14
settembre 2011, n. 148; 
    che il giudice a quo premette di essere  investito  del  processo
penale nei confronti di una persona  imputata  del  delitto  previsto
dalla norma censurata, per avere omesso, quale legale  rappresentante
di una societa' in nome collettivo, di versare l'IVA risultante dalla
dichiarazione per l'anno 2008 -  pari  ad  euro  67.878  -  entro  il
termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo di imposta
successivo (27 dicembre 2009); 
    che  il   rimettente   dubita,   peraltro,   della   legittimita'
costituzionale dell'art. 10-ter del d.lgs.  n.  74  del  2000,  nella
parte in cui, tramite il richiamo al precedente art. 10-bis,  prevede
per il delitto contestato una soglia  di  rilevanza  penale  di  euro
50.000; 
    che prima delle modifiche introdotte dal d.l. n.  138  del  2011,
gli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 74 del 2000 prevedevano,  infatti,  che
la dichiarazione infedele e l'omessa dichiarazione  fossero  punibili
solo  qualora  l'imposta  evasa  superasse,   rispettivamente,   euro
103.291[,38] ed euro 77.468[,53]; 
    che, di conseguenza, qualora l'imputato nel giudizio  a  quo,  in
luogo di presentare regolarmente la dichiarazione IVA per l'anno 2008
e non versare l'imposta dovuta in base ad essa (euro 67.878),  avesse
presentato una dichiarazione infedele o avesse omesso  di  presentare
la  dichiarazione,  non  avrebbe  commesso  alcun   reato,   giacche'
l'ammontare dell'imposta evasa sarebbe  rimasta  al  di  sotto  delle
soglie di punibilita' stabilite per tali ipotesi: le  attuali  soglie
di punibilita' dei delitti di cui agli artt. 4 e 5 del d.lgs.  n.  74
del 2000 - ridotte dal d.l. n. 138 del 2011, rispettivamente, ad euro
50.000 e ad euro 30.000 - sono, infatti, applicabili  ai  soli  fatti
commessi dopo l'entrata in vigore  della  legge  di  conversione  del
citato decreto-legge (17 settembre 2011); 
    che  la  convenienza,  per  il  contribuente,  di   omettere   la
dichiarazione o  di  presentarla  in  modo  infedele,  piuttosto  che
presentarla regolarmente e non provvedere al  pagamento  dell'imposta
dovuta, ove l'ammontare di questa fosse superiore ad euro  50.000  ma
non ad euro 77.468[,53] e ad euro 103.291[,38], si risolverebbe in un
trattamento  discriminatorio,  contrastante  con  il   principio   di
eguaglianza (art. 3 Cost.); 
    che  l'omessa   dichiarazione   e   la   presentazione   di   una
dichiarazione  infedele   costituiscono,   infatti,   condotte   piu'
insidiose  e  di  piu'  difficile  accertamento  rispetto  a  quella,
maggiormente  trasparente,   contestata   all'imputato,   il   quale,
rappresentando regolarmente la propria posizione fiscale,  ha  omesso
il versamento dell'importo dichiarato; 
    che la rilevata discrasia non  potrebbe  essere,  d'altra  parte,
giustificata con la discrezionalita' del legislatore, che e'  infatti
intervenuto con il d.l. n. 138 del  2011  per  ridurre  i  limiti  di
rilevanza penale dei fatti descritti dagli artt. 4 e 5 del d.lgs.  n.
74 del 2000 ad un importo, rispettivamente, pari e inferiore a quello
previsto dalla norma censurata; 
    che la questione sarebbe, altresi', rilevante nel giudizio a quo,
giacche'  dal  suo  accoglimento   deriverebbe   il   proscioglimento
dell'imputato. 
    Considerato che il  Tribunale  ordinario  di  Milano  dubita,  in
riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,   della   legittimita'
costituzionale dell'art. 10-ter  del  decreto  legislativo  10  marzo
2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in  materia  di  imposte  sui
redditi e sul valore aggiunto, a norma dell'articolo 9 della legge 25
giugno 1999, n. 205), nella parte  in  cui,  limitatamente  ai  fatti
commessi sino al 17 settembre 2011, prevede per il delitto di  omesso
versamento dell'imposta sul  valore  aggiunto  (IVA)  una  soglia  di
punibilita' (euro 50.000) inferiore a quelle stabilite per i  delitti
di dichiarazione infedele e di omessa dichiarazione dagli artt. 4 e 5
del medesimo decreto legislativo, prima delle modifiche  operate  dal
decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la
stabilizzazione finanziaria  e  per  lo  sviluppo),  convertito,  con
modificazioni,   dalla   legge   14   settembre    2011,    n.    148
(rispettivamente, euro 103.291,38 ed euro 77.648,53); 
    che, successivamente all'ordinanza di  rimessione,  questa  Corte
e', peraltro, gia' intervenuta nei sensi  auspicati  dal  rimettente,
dichiarando costituzionalmente illegittima, con la sentenza n. 80 del
2014, la norma censurata «nella parte  in  cui,  con  riferimento  ai
fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l'omesso versamento
dell'imposta sul  valore  aggiunto,  dovuta  in  base  alla  relativa
dichiarazione annuale, per importi non superiori, per ciascun periodo
d'imposta, ad euro 103.291,38»; 
    che, dunque, la questione deve essere  dichiarata  manifestamente
inammissibile per sopravvenuta mancanza  di  oggetto,  in  quanto,  a
seguito della sentenza ora citata, la norma censurata e'  stata  gia'
rimossa dall'ordinamento, in parte qua, con  efficacia  ex  tunc  (ex
plurimis, ordinanze n. 28 del 2015, n. 272 e n. 206 del 2014, n.  321
del 2013). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 10-ter del decreto  legislativo
10 marzo 2000, n. 74  (Nuova  disciplina  dei  reati  in  materia  di
imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a  norma  dell'articolo  9
della legge 25  giugno  1999,  n.  205),  sollevata,  in  riferimento
all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Milano  con
l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 29 aprile 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                      Giuseppe FRIGO, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 15 maggio 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI