N. 137 ORDINANZA 10 giugno - 7 luglio 2015

Giudizio sull'ammissibilita' di ricorso per conflitto di attribuzione
tra poteri dello Stato. 
 
Giurisdizione  domestica  -  Controversie  concernenti  il   rapporto
  d'impiego dei dipendenti del Senato  -  Conflitto  sollevato  dalla
  Corte di cassazione, sezioni unite civili, nei confronti del Senato
  della Repubblica. 
- Deliberazione con la quale il Senato della Repubblica ha  approvato
  gli articoli da 72 a 84 del Titolo II (Contenzioso) del Testo unico
  delle  norme  regolamentari  dell'Amministrazione  riguardanti   il
  personale del Senato della Repubblica. 
-   
(GU n.28 del 15-7-2015 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Marta CARTABIA; 
Giudici :Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,
  Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,  Silvana
  SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio per  conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello
Stato, sorto a seguito della deliberazione con  la  quale  il  Senato
della Repubblica ha approvato gli articoli da 72 a 84 del  Titolo  II
(Contenzioso)   del   Testo   unico   delle    norme    regolamentari
dell'Amministrazione  riguardanti  il  personale  del  Senato   della
Repubblica, promosso dalla Corte di cassazione, sezioni unite civili,
con ordinanza-ricorso depositata in cancelleria il 20  gennaio  2015,
ed iscritta al n. 1 del registro conflitti  tra  poteri  dello  Stato
2015, fase di ammissibilita'. 
    Udito nella camera di consiglio del 10  giugno  2015  il  Giudice
relatore Giuliano Amato. 
    Ritenuto che la Corte di cassazione, sezioni  unite  civili,  con
ordinanza  del  19  dicembre  2014,   ha   sollevato   conflitto   di
attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti  del  Senato  della
Repubblica, in riferimento alla deliberazione degli articoli da 72  a
84  del  Titolo  II  (Contenzioso)  del  Testo  unico   delle   norme
regolamentari  dell'Amministrazione  riguardanti  il  personale   del
Senato della Repubblica, nella parte in cui precludono l'accesso  dei
dipendenti del Senato alla tutela giurisdizionale in riferimento alle
controversie di lavoro insorte con l'amministrazione del Senato; 
    che,  ritenendo  tali  atti   lesivi   di   proprie   prerogative
costituzionali e lamentando,  in  particolare,  la  violazione  degli
artt.  3,  primo  comma,  24,  primo  comma,  102,   secondo   comma,
quest'ultimo  in  combinato   disposto   con   la   VI   disposizione
transitoria, 108, secondo comma, e 111, primo e secondo comma,  della
Costituzione,  la  Corte  di  cassazione  ha  promosso  il   presente
conflitto; 
    che, in via subordinata,  il  conflitto  e'  stato  sollevato  in
riferimento alla parte in cui le  medesime  norme  regolamentari  non
consentono,   contro   le   decisioni   pronunciate   dagli    organi
giurisdizionali  previsti  da  tali  disposizioni,  il   ricorso   in
cassazione per violazione di legge, ai sensi dell'art.  111,  settimo
comma, Cost.; 
    che la Corte di cassazione premette  di  essere  investita  della
decisione in ordine al  ricorso  proposto,  ai  sensi  dell'art.  111
Cost.,  da  un  dipendente  del  Senato,  per  l'annullamento   della
decisione, resa il 29  settembre  2011,  in  grado  di  appello,  dal
Consiglio di garanzia del  Senato,  nell'ambito  di  un  giudizio  di
ottemperanza relativo ad una controversia di lavoro; 
    che,  ad  avviso  delle  sezioni  unite,  le  disposizioni  degli
articoli da 72  a  84  del  Testo  unico  delle  norme  regolamentari
dell'Amministrazione  riguardanti  il  personale  del  Senato   della
Repubblica  attribuiscono   al   Senato   l'autodichia   sui   propri
dipendenti,  ossia  il  potere  di  giudicare  in  via  esclusiva   e
definitiva i ricorsi avverso gli  atti  e  i  provvedimenti  adottati
dall'amministrazione di quel ramo del Parlamento  nei  confronti  dei
propri  dipendenti,  con  conseguente  esclusione  del  sindacato  di
qualsiasi giudice esterno in ordine alle controversie  che  attengono
al loro stato ed alla loro carriera giuridica ed economica; 
    che la Corte di cassazione osserva che tale autodichia  preclude,
inoltre, la possibilita' del ricorso straordinario ai sensi dell'art.
111,  settimo  comma,  Cost.,  poiche'  le  pronunce  rese  in  grado
d'appello dal Consiglio di garanzia - come quella impugnata nel  caso
in esame - non sono ricorribili per cassazione (Corte di  cassazione,
sezioni unite civili, 19 novembre 2002, n. 16267, e 23  aprile  1986,
n. 2861); sarebbe solo possibile l'impugnazione per  revocazione  con
ricorso proposto  alla  stessa  Commissione  di  garanzia,  ai  sensi
dell'art. 83 del medesimo testo unico; 
    che si tratterebbe,  quindi,  di  un  sistema  tutto  interno  di
risoluzione del contenzioso, sfornito di un fondamento costituzionale
diretto, ed avente base legale di natura derivata, in quanto previsto
dalla  normativa  subprimaria  regolamentare  del  Senato,  la  quale
costituisce  esercizio  dell'autonomia   riconosciuta   alle   Camere
dall'art. 64, primo comma, Cost.; 
    che,  in  quanto  riconducibile  alla  normativa   regolamentare,
l'autodichia in materia di controversie di lavoro del personale delle
Camere non puo' essere  oggetto  di  controllo  di  costituzionalita'
nella forma del giudizio incidentale (sentenze n. 120 del 2014  e  n.
154 del 1985); 
    che, in particolare, viene richiamata  la  sentenza  n.  120  del
2014, con cui  questa  Corte  ha  affermato  che  -  per  ricostruire
l'ambito di competenza riservato ai  regolamenti  parlamentari  -  e'
possibile  il  conflitto  di  attribuzione  tra  poteri,  laddove  il
superamento di tale ambito ridondi in invasione o turbativa di  altro
potere dello Stato, quale  quello  giudiziario,  che  e'  espressione
della garanzia generale  alla  tutela  giurisdizionale,  riconosciuta
come diritto fondamentale; 
    che, quanto al merito  del  conflitto,  la  Corte  di  cassazione
evidenzia  che,  con   riferimento   all'autodichia   relativa   alle
controversie  dei  dipendenti  del  Senato,  l'invasione  del  potere
giurisdizionale, nella forma della  menomazione  o  della  turbativa,
sarebbe di duplice portata: una piu' generale,  in  riferimento  agli
artt.  3,  primo  comma,  24,  primo  comma,  102,   secondo   comma,
quest'ultimo  in  combinato   disposto   con   la   VI   disposizione
transitoria, 108, secondo comma, e 111, primo e secondo comma, Cost.;
l'altra piu' specifica, in riferimento agli artt. 111, settimo comma,
e 3, primo comma, Cost.; 
    che, in  particolare,  all'attuale  ricorrente  sarebbe  precluso
l'accesso alla giustizia, non  essendogli  consentito  -  in  ragione
della sussistente autodichia del Senato - adire il giudice comune; ad
avviso della Corte  di  cassazione,  questo  profilo  di  invasivita'
sarebbe rilevante poiche', se fosse rimossa l'autodichia del  Senato,
si riespanderebbe la giurisdizione comune,  con  la  conseguenza  che
l'attuale ricorso per cassazione sarebbe si'  inammissibile,  ma  per
una ragione diversa  e  logicamente  successiva  rispetto  a  quella,
prioritaria, dell'assoluto difetto di giurisdizione; 
    che, d'altra parte, in una prospettiva piu' limitata e dedotta in
via subordinata, la Corte di  cassazione  sostiene  che,  laddove  si
ritenesse legittima  la  configurazione  degli  organi  di  giustizia
interna del Senato come giudici speciali, rileverebbe la  preclusione
dell'accesso al sindacato di legittimita'  nella  forma  del  ricorso
straordinario,  ai  sensi  dell'art.  111,  settimo  comma,  Cost.  e
dell'art. 360, quarto comma, del  codice  di  procedura  civile,  con
conseguente ingiustificato trattamento differenziato (art.  3,  primo
comma,  Cost.);  questo  piu'  circoscritto  profilo  di  invasivita'
sarebbe rilevante poiche', ove fosse  rimossa  tale  preclusione,  si
riespanderebbe la possibilita' di esperire il  ricorso  straordinario
per cassazione avverso le decisioni  in  ultimo  grado,  o  in  grado
unico,  degli  organi  di  giustizia  interna  del  Senato,  con   la
conseguenza che sarebbe ammissibile l'attuale ricorso per  cassazione
e pertanto le censure di violazione di legge,  mosse  dal  ricorrente
all'impugnata pronuncia del Consiglio di garanzia,  potrebbero  -  in
ipotesi - essere esaminate nel merito; 
    che l'autodichia del Senato sarebbe in contrasto con il principio
di  eguaglianza  (art.  3,  primo  comma,  Cost.),  alla   luce   del
riconoscimento a "tutti" della facolta' di agire in giudizio  per  la
tutela dei propri diritti  e  interessi  legittimi  (art.  24,  primo
comma, Cost.); osserva  la  Corte  di  cassazione  che  l'eguaglianza
davanti alla legge, come canone generale e principio fondamentale, si
specifica come eguaglianza nell'accesso alla tutela  giurisdizionale,
quale diritto inviolabile; 
    che, d'altra  parte,  dovrebbe  escludersi  che  l'autonomia  del
Senato, che certamente ha  una  posizione  guarentigiata  in  ragione
della centralita' e della primazia del Parlamento, possa  bilanciare,
fino a comprimerlo del tutto, il diritto alla tutela  giurisdizionale
del personale dipendente; 
    che la Corte  di  cassazione  denuncia,  inoltre,  la  violazione
dell'art. 102, secondo comma, Cost., il  quale  esclude  che  possano
essere  istituiti  giudici  straordinari  o  giudici  speciali;  tale
parametro dovrebbe essere letto congiuntamente alla  VI  disposizione
transitoria, ai sensi della quale, entro cinque anni dall'entrata  in
vigore della Costituzione, si procede  alla  revisione  degli  organi
speciali di giurisdizione all'epoca esistenti; 
    che la Commissione contenziosa ed il Consiglio di garanzia, quali
giudici delle controversie dei dipendenti del Senato, si  porrebbero,
rispetto  alla  giurisdizione  ordinaria,  come   giudici   speciali,
istituiti dopo l'entrata in vigore della Costituzione; 
    che il difetto di revisione degli organi di autodichia del Senato
si  risolverebbe  anche  nella  violazione   dell'art.   111   Cost.,
recentemente novellato,  quanto  al  principio  del  giusto  processo
(primo comma) e quanto alla  necessita'  che  il  contraddittorio  si
svolga davanti ad un giudice terzo e imparziale (secondo comma),  non
potendo ritenersi rispettoso di tali canoni un processo che si svolga
dinanzi ad un giudice incardinato in una delle parti; per  la  stessa
ragione,    non    sarebbe    soddisfatto    neppure    il     canone
dell'"indipendenza" dei giudici speciali, prescritto  dall'art.  108,
secondo comma, Cost.; 
    che il carattere chiuso e circoscritto del sistema di  autodichia
del Senato precluderebbe la possibilita'  del  ricorso  straordinario
che, invece, il settimo  comma  dell'art.  111  Cost.  riconosce  nei
confronti di ogni sentenza che, ove non impugnabile altrimenti,  puo'
essere  censurata  per  violazione  di  legge;  garanzia  questa  che
costituisce proiezione del principio di  eguaglianza  e  non  sarebbe
suscettibile di una deroga  per  la  giurisdizione  degli  organi  di
autodichia del Senato; 
    che dalla compressione del diritto  alla  tutela  giurisdizionale
deriverebbe la lesione di un diritto fondamentale; nel  ribadire  che
la  verifica  di   compatibilita'   con   i   principi   fondamentali
dell'assetto costituzionale e di  tutela  dei  diritti  umani  e'  di
esclusiva competenza della  Corte  costituzionale,  viene  richiamata
quella recente giurisprudenza che  ha  confermato,  con  riguardo  al
diritto di accesso  alla  giustizia,  che  il  rispetto  dei  diritti
fondamentali, cosi' come l'attuazione di  principi  inderogabili,  e'
assicurato dalla funzione di garanzia che spetta alla stessa Corte; 
    che, pertanto, ad avviso della Corte di cassazione,  i  dubbi  di
compatibilita' costituzionale delle  disposizioni  regolamentari  che
prevedono tale sistema di autodichia - e  soprattutto  la  denunciata
lesione del diritto alla tutela giurisdizionale in capo al dipendente
del  Senato,  qual  e'  l'odierno   ricorrente   -   determinerebbero
l'invasione o la turbativa del  potere  giudiziario  della  Corte  di
cassazione, la quale sarebbe impedita nell'esercizio del sindacato di
legittimita' domandato dal ricorrente; 
    che le sezioni unite chiedono,  quindi,  di  dichiarare  che  non
spettava al Senato deliberare gli articoli da 72 a 84 del Testo unico
delle  norme  regolamentari   dell'Amministrazione   riguardanti   il
personale del Senato della Repubblica, nella parte in cui -  violando
gli artt. 3, primo  comma,  24,  primo  comma,  102,  secondo  comma,
quest'ultimo  in  combinato   disposto   con   la   VI   disposizione
transitoria, 108, secondo comma, e 111, primo e secondo comma,  della
Costituzione - precludono l'accesso dei dipendenti  del  Senato  alla
tutela giurisdizionale  nelle  controversie  di  lavoro  insorte  con
l'amministrazione  di  quel  ramo  del  Parlamento;  ovvero,  in  via
subordinata, nella parte in cui - violando  gli  artt.  111,  settimo
comma, e 3, primo  comma,  Cost.  -  non  consentono  il  ricorso  in
cassazione per violazione di legge, ai sensi dell'art.  111,  settimo
comma,  Cost.,  contro  le   decisioni   pronunciate   dagli   organi
giurisdizionali previste da tali disposizioni. 
    Considerato che la Corte di cassazione, sezioni unite civili, con
ordinanza  del  19  dicembre  2014,   ha   sollevato   conflitto   di
attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti  del  Senato  della
Repubblica, in riferimento alla deliberazione degli articoli da 72  a
84  del  Titolo  II  (Contenzioso)  del  Testo  unico   delle   norme
regolamentari  dell'Amministrazione  riguardanti  il  personale   del
Senato della Repubblica, nella parte in cui precludono l'accesso  dei
dipendenti del Senato alla tutela giurisdizionale in riferimento alle
controversie di lavoro insorte con l'amministrazione del Senato; 
    che,  ritenendo  tali  atti   lesivi   di   proprie   prerogative
costituzionali e lamentando,  in  particolare,  la  violazione  degli
artt.  3,  primo  comma,  24,  primo  comma,  102,   secondo   comma,
quest'ultimo  in  combinato   disposto   con   la   VI   disposizione
transitoria, 108, secondo comma, e 111, primo e secondo comma,  della
Costituzione,  la  Corte  di  cassazione  ha  promosso  il   presente
conflitto; 
    che,  in  via  subordinata,  il  conflitto  viene  sollevato   in
riferimento alla parte in cui le  medesime  norme  regolamentari  non
consentono,   contro   le   decisioni   pronunciate   dagli    organi
giurisdizionali  previsti  da  tali  disposizioni,  il   ricorso   in
cassazione per violazione di legge ai sensi  dell'art.  111,  settimo
comma, Cost.; 
    che, in questa fase del giudizio, questa  Corte  e'  chiamata,  a
norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo  1953,
n. 87 (Norme sulla  costituzione  e  sul  funzionamento  della  Corte
costituzionale), a deliberare, senza contradditorio,  se  il  ricorso
sia ammissibile in quanto vi sia «materia  di  un  conflitto  la  cui
risoluzione spetti alla sua competenza»,  sussistendone  i  requisiti
soggettivo e  oggettivo  e  restando  impregiudicata  ogni  ulteriore
questione anche in punto di ammissibilita'; 
    che, a  tale  fine,  nel  caso  in  esame  non  rileva  la  forma
dell'ordinanza  rivestita  dall'atto  introduttivo,  bensi'  la   sua
rispondenza ai contenuti richiesti dall'art. 37 della legge n. 87 del
1953 e dall'art. 24, comma 1, delle norme integrative per  i  giudizi
davanti alla Corte costituzionale (ex plurimis, sentenza n.  315  del
2006; ordinanze n. 271 e n. 161 del 2014; n. 296 e n. 151  del  2013,
n. 229 del 2012, n. 402 del 2006 e n. 129 del 2005); 
    che, in ordine al termine per proporre ricorso, questa  Corte  ha
gia' avuto occasione di affermare che «non esiste alcun  termine  per
sollevare i conflitti di attribuzione tra poteri, ed  ha  individuato
la ratio di questa mancanza nell'esigenza - avvertita dal legislatore
in ragione del livello precipuamente politico-costituzionale  di  tal
genere di controversie - di favorirne  al  massimo  la  composizione,
svincolandola dall'osservanza di termini di decadenza»  (sentenze  n.
58 del 2004 e n. 116 del 2003; ordinanza n. 61 del 2000); 
    che, sotto il profilo del requisito soggettivo,  va  riconosciuta
la legittimazione della Corte di cassazione a sollevare conflitto  di
attribuzione   tra   poteri   dello   Stato,   in    quanto    organo
giurisdizionale,  in  posizione  di  indipendenza  costituzionalmente
garantita, competente a dichiarare definitivamente  la  volonta'  del
potere cui appartiene nell'esercizio delle funzioni attribuitegli (ex
plurimis, ordinanze n. 40 del 2015, n. 69 e n. 14 del  2013,  n.  313
del 2011); 
    che, parimenti, deve essere riconosciuta  la  legittimazione  del
Senato della Repubblica ad essere parte del presente conflitto, quale
organo competente a dichiarare in modo  definitivo  la  volonta'  del
potere cui appartiene (ex plurimis, ordinanze n. 271 del 2014; n. 142
del 2011); 
    che, per quanto attiene al profilo oggettivo, la Corte ricorrente
lamenta   la   lesione   della   propria   sfera   di   attribuzioni,
costituzionalmente garantita, in conseguenza di un esercizio ritenuto
illegittimo, per inesistenza dei  relativi  presupposti,  del  potere
spettante  al   Senato   della   Repubblica   di   deliberare   norme
regolamentari che precludano l'accesso  dei  propri  dipendenti  alla
tutela giurisdizionale in riferimento alle  controversie  di  lavoro;
ovvero, in via subordinata, nella parte  in  cui  non  consentano  il
ricorso in cassazione per violazione di legge ai sensi dell'art. 111,
settimo comma, Cost. contro le  decisioni  pronunciate  dagli  organi
giurisdizionali previsti da tali disposizioni; 
    che, dunque, esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione
spetta alla competenza di questa Corte; 
    che, ai sensi dell'art. 37, quarto comma, della legge n.  87  del
1953, va disposta la  notificazione  del  ricorso  e  della  presente
ordinanza anche alla Camera dei deputati,  stante  l'identita'  della
posizione costituzionale dei due rami  del  Parlamento  in  relazione
alle questioni di principio da trattare (ordinanze n. 327, n.  241  e
n. 104 del 2011; n. 211 del 2010; n. 8 del 2008; n. 186 e n. 185  del
2005; n. 178 del 2001; n. 102 del 2000; n. 470 del 1995). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara ammissibile, ai sensi dell'art.  37  della  legge  11
marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della
Corte costituzionale), il conflitto di attribuzione tra poteri  dello
Stato, proposto dalla Corte di cassazione, sezioni unite civili,  nei
confronti del Senato della Repubblica  con  l'ordinanza  indicata  in
epigrafe; 
    2) dispone: 
    a) che la cancelleria di questa Corte dia immediata comunicazione
della presente ordinanza alla Corte di cassazione; 
    b) che il ricorso e la presente ordinanza,  siano  notificati,  a
cura della ricorrente, al Senato della Repubblica e alla  Camera  dei
deputati, in persona dei rispettivi Presidenti, entro il  termine  di
sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto  a),  per  essere
successivamente depositati,  con  la  prova  dell'avvenuta  notifica,
nella cancelleria di questa Corte entro il termine di  trenta  giorni
dall'ultima notificazione, a norma dell'art. 24, comma 3, delle norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 giugno 2015. 
 
                                F.to: 
                     Marta CARTABIA, Presidente 
                      Giuliano AMATO, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 7 luglio 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI