N. 138 ORDINANZA 10 giugno - 7 luglio 2015

Giudizio sull'ammissibilita' di ricorso per conflitto di attribuzione
tra poteri dello Stato. 
 
Giurisdizione domestica - Controversie  concernenti  il  rapporto  di
  impiego dei dipendenti del Segretariato generale  della  Presidenza
  della Repubblica - Conflitto sollevato dalla Corte  di  cassazione,
  sezioni  unite  civili,  nei   confronti   del   Presidente   della
  Repubblica. 
- Deliberazione da parte del Presidente della Repubblica degli  artt.
  1 e seguenti del decreto  presidenziale  26  luglio  1996,  n.  81,
  integrato dal decreto  presidenziale  9  ottobre  1996,  n.  89,  e
  modificato dal decreto presidenziale 30 dicembre 2008, n. 34. 
-   
(GU n.28 del 15-7-2015 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Marta CARTABIA; 
Giudici :Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,
  Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,  Silvana
  SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio per  conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello
Stato, sorto a seguito della deliberazione da  parte  del  Presidente
della Repubblica degli artt. l e seguenti del  decreto  presidenziale
26 luglio 1996, n. 81, integrato dal decreto presidenziale 9  ottobre
1996, n. 89, e modificato dal decreto presidenziale 30 dicembre 2008,
n. 34, promosso dalla Corte di cassazione, sezioni unite civili,  con
ordinanza-ricorso depositata in cancelleria il 5  febbraio  2015,  ed
iscritta al n. 2 del registro conflitti tra poteri dello Stato  2015,
fase di ammissibilita'. 
    Udito nella camera di consiglio del 10  giugno  2015  il  Giudice
relatore Giuliano Amato. 
    Ritenuto che con ordinanza-ricorso del 19 gennaio 2015, la  Corte
di cassazione,  sezioni  unite  civili,  ha  sollevato  conflitto  di
attribuzione tra poteri dello  Stato  nei  confronti  del  Presidente
della Repubblica, in riferimento alla deliberazione degli artt.  l  e
seguenti del decreto presidenziale 26 luglio 1996, n. 81, concernente
l'istituzione presso il Segretariato generale della Presidenza  della
Repubblica di un Collegio giudicante di primo grado e di un  Collegio
di   appello,   decreto   successivamente   integrato   dal   decreto
presidenziale 9  ottobre  1996,  n.  89,  e  modificato  dal  decreto
presidenziale  30  dicembre  2008,  n.  34,  recante  la   disciplina
concernente  il  Collegio  giudicante  e  il  Collegio   di   appello
competenti a  decidere  sui  ricorsi  presentati  dal  personale  del
Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, nella  parte
in cui tali atti precludono l'accesso dei dipendenti del Segretariato
della Presidenza della  Repubblica  alla  tutela  giurisdizionale  in
riferimento alle controversie di lavoro insorte con l'amministrazione
di appartenenza; 
    che,  in  via  subordinata,  il  conflitto  viene  sollevato   in
riferimento alla parte in cui le  medesime  norme  regolamentari  non
consentono,   contro   le   decisioni   pronunciate   dagli    organi
giurisdizionali  previsti  da  tali  disposizioni,  il   ricorso   in
cassazione per violazione di legge, ai sensi dell'art.  111,  settimo
comma, della Costituzione; 
    che la Corte di cassazione  ha  promosso  il  presente  conflitto
poiche'   ritiene   tali   atti   lesivi   di   proprie   prerogative
costituzionali, lamentando in particolare la violazione  degli  artt.
3, primo comma, 24, primo comma, 102, secondo comma, quest'ultimo  in
combinato disposto con la VI  disposizione  transitoria,  108,  primo
comma, e 111, primo comma, della Costituzione; 
    che  le  sezioni  unite  premettono  di  essere  investite  della
decisione in ordine al  ricorso  proposto,  ai  sensi  dell'art.  111
Cost.,  da  alcuni  dipendenti  del   Segretariato   generale   della
Presidenza della Repubblica, per l'annullamento della decisione, resa
il 17 aprile 2012, dal Collegio di  appello  della  Presidenza  della
Repubblica,  nell'ambito  di  un  giudizio  promosso   dai   medesimi
dipendenti, al fine di ottenere il riconoscimento di somme maturate a
titolo di indennita', nell'ambito del rapporto di  lavoro  intercorso
con il Segretariato generale della Presidenza della Repubblica; 
    che viene richiamata, in primo luogo, la sentenza  del  17  marzo
2010, n. 6529, con la quale la stessa Corte di cassazione, a  sezioni
unite, ha affermato che il potere della Presidenza  della  Repubblica
di riservare, mediante regolamento, alla propria  cognizione  interna
le controversie in materia di impiego  del  personale  ha  fondamento
costituzionale indiretto ed e' stato in concreto esercitato -  con  i
regolamenti emanati con i decreti presidenziali 24 luglio e 9 ottobre
del 1996 - in modo da assicurare la precostituzione,  l'imparzialita'
e l'indipendenza  dei  collegi  previsti  per  la  risoluzione  delle
suddette controversie, condizioni queste che  presidiano  l'esercizio
della giurisdizione  ordinaria,  secondo  i  principi  fissati  dalla
Costituzione e dalla Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (di seguito, «CEDU» o
«Convenzione»), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e  resa
esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848; 
    che in questo contesto, evidenzia  la  Corte  di  cassazione,  e'
quindi intervenuta la sentenza n. 120 del  2014,  con  cui  la  Corte
costituzionale, dopo avere ritenuto  inammissibile  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  del  regolamento   del   Senato   della
Repubblica, nella parte in cui attribuisce a quel ramo del Parlamento
il potere di giudicare  in  via  esclusiva  e  definitiva  i  ricorsi
avverso gli atti e i provvedimenti adottati nei confronti dei  propri
dipendenti, ha affermato che la  questione  dell'estensione  e  della
legittimita' dell'autodichia per i rapporti di lavoro dei  dipendenti
e per i rapporti con i terzi puo', in linea di principio,  dar  luogo
ad un conflitto di attribuzione tra poteri, ai  sensi  dell'art.  134
Cost.; e' questa la sede, infatti, in cui e' possibile ristabilire il
confine,  che  si  ritenga  violato,  tra  i  poteri   legittimamente
esercitati dalle Camere nella loro sfera di competenza e  quelli  che
competono ad altri, cosi' assicurando il rispetto  dei  limiti  delle
prerogative e del principio di legalita',  che  e'  alla  base  dello
Stato di diritto; 
    che la Corte di cassazione ritiene che gli  elementi  di  novita'
delineati dalla Corte  costituzionale  debbano  trovare  applicazione
anche con riguardo all'autodichia della Presidenza  della  Repubblica
in materia di controversie con i propri dipendenti, disciplinate  dal
decreto  presidenziale  n.  81  del  1996,  integrato   dal   decreto
presidenziale n. 89 del 1996, e modificato dal decreto  presidenziale
n. 34 del 2008, emanati in base alla legge 9  agosto  1948,  n.  1077
(Determinazione dell'assegno e della dotazione del  Presidente  della
Repubblica e istituzione del Segretariato generale  della  Presidenza
della Repubblica); 
    che  si  osserva,  in  particolare,  che  gli  organi  giudicanti
previsti dai regolamenti parlamentari sono stati  ritenuti  idonei  a
soddisfare  le  condizioni  di  precostituzione,   imparzialita'   ed
indipendenza previste dall'art. 6 della CEDU, come interpretate dalla
Corte di Strasburgo con la sentenza 28 aprile 2009, Savino  ed  altri
contro Italia; 
    che, sebbene la fonte diretta  dell'autodichia  della  Presidenza
della Repubblica non sia assimilabile  ai  regolamenti  parlamentari,
anche i decreti presidenziali sopra richiamati - non essendo atti con
forza di legge - non sarebbero censurabili nell'ambito di un giudizio
incidentale di costituzionalita', ma non potrebbero essere  sottratti
ad un controllo di costituzionalita' nella  forma  del  conflitto  di
attribuzione tra poteri dello Stato; 
    che, anche nella fattispecie in esame,  sarebbe  determinante  la
ricostruzione dell'ambito  di  competenza  riservato  ai  regolamenti
aventi ad oggetto l'organizzazione della Presidenza della  Repubblica
e sarebbe possibile il conflitto di attribuzione tra poteri,  laddove
il superamento di detto ambito si traduca in invasione o turbativa di
altro  potere  dello  Stato,  quale  quello   giudiziario,   che   e'
espressione  della  garanzia  generale  alla  tutela  giurisdizionale
riconosciuta come diritto fondamentale; 
    che, ad avviso delle sezioni unite, anche per la Presidenza della
Repubblica deve prevalere la «grande regola» dello Stato di  diritto;
riguardo ad essa, il rispetto dei diritti  fondamentali,  cosi'  come
l'attuazione  dei  principi  inderogabili,  sono   assicurati   dalla
funzione  di  garanzia  assegnata  alla  Corte  costituzionale,   che
costituisce  la  sede  naturale  nella  quale  trovano  soluzione  le
questioni relative alla  delimitazione  degli  ambiti  di  competenza
riservati dei poteri dello Stato; 
    che, quanto al merito  del  conflitto,  la  Corte  di  cassazione
ravvisa l'illegittimita' costituzionale delle disposizioni in  esame,
sotto  il  profilo  della  menomazione   o   turbativa   del   potere
giurisdizionale, nel contrasto con gli  artt.  3,  primo  comma,  24,
primo comma, 102, secondo comma, quest'ultimo in  combinato  disposto
con la VI disposizione transitoria, 108 primo comma, 111 primo comma,
Cost., e l'altra piu'  specifica,  in  riferimento  agli  artt.  111,
settimo comma, e 3, primo comma, Cost.; 
    che, in particolare, agli  attuali  ricorrenti  sarebbe  precluso
l'accesso alla giustizia, non essendo loro consentito  -  in  ragione
dell'autodichia  della  Presidenza  della  Repubblica  -   adire   la
giurisdizione comune, sia essa ordinaria che speciale;  la  rilevanza
di questo profilo di invasivita' risiede nella circostanza che  -  se
fosse rimossa l'autodichia della Presidenza  della  Repubblica  -  la
giurisdizione  comune  si  riespanderebbe,  venendo  meno  l'assoluto
difetto di giurisdizione; 
    che, d'altra parte, in una prospettiva piu' limitata e dedotta in
via  subordinata,  la  Corte  di  cassazione  sostiene  che,  ove  si
ritenesse legittima  la  configurazione  degli  organi  di  giustizia
interna della Presidenza  della  Repubblica  come  giudici  speciali,
rileverebbe la preclusione dell'accesso al sindacato di  legittimita'
nella forma del ricorso straordinario ai sensi dell'art. 111, settimo
comma, Cost. e dell'art. 360, quarto comma, del codice  di  procedura
civile,  con  conseguente  ingiustificato  trattamento  differenziato
(art. 3, primo comma, Cost.); 
    che  tale  piu'  circoscritto  profilo  di  invasivita'   sarebbe
rilevante  in  quanto,  ove  fosse  rimossa  tale   preclusione,   si
riespanderebbe la possibilita' di esperire il  ricorso  straordinario
per cassazione avverso le decisioni  in  ultimo  grado,  o  in  grado
unico, degli organi  di  giustizia  interna  della  Presidenza  della
Repubblica, con la  conseguenza  che  sarebbe  ammissibile  l'attuale
ricorso per cassazione e le censure di violazione di legge, mosse dai
ricorrenti  all'impugnata  pronuncia   del   Collegio   di   appello,
potrebbero - in ipotesi - essere esaminate nel merito; 
    che l'autodichia della Presidenza  della  Repubblica  sarebbe  in
contrasto con il principio  di  eguaglianza  (art.  3,  primo  comma,
Cost.), alla luce del riconoscimento  a  "tutti"  della  facolta'  di
agire in giudizio per  la  tutela  dei  propri  diritti  e  interessi
legittimi  (art.  24,  primo  comma,  Cost.);  osserva  la  Corte  di
cassazione che l'eguaglianza davanti alla legge, come canone generale
e principio fondamentale, si specifica come eguaglianza  nell'accesso
alla tutela giurisdizionale, quale diritto inviolabile; 
    che, d'altra parte, dovrebbe  escludersi  che  l'autonomia  della
Presidenza  della  Repubblica,  che  certamente  ha   una   posizione
guarentigiata di alto profilo costituzionale, possa bilanciare,  fino
a comprimerlo del tutto, il diritto alla tutela  giurisdizionale  del
personale dipendente; 
    che la Corte  di  cassazione  denuncia,  inoltre,  la  violazione
dell'art. 102, secondo comma, Cost., che esclude che  possano  essere
istituiti giudici straordinari o  giudici  speciali;  tale  parametro
dovrebbe essere letto congiuntamente alla VI disposizione transitoria
la quale prescrive che, entro  cinque  anni  dall'entrata  in  vigore
della Costituzione, si proceda alla revisione degli  organi  speciali
di giurisdizione all'epoca esistenti; 
    che il Collegio giudicante di  primo  grado  ed  il  Collegio  di
appello,  quali  giudici  delle  controversie  dei   dipendenti   del
Segretariato  generale  della   Presidenza   della   Repubblica,   si
porrebbero,  rispetto  alla  giurisdizione  ordinaria,  come  giudici
speciali, istituiti dopo l'entrata in vigore della Costituzione; 
    che - anche riconoscendo che i giudici istituiti  con  i  decreti
presidenziali   soddisfano   le    esigenze    di    precostituzione,
imparzialita' ed indipendenza, richieste dall'art.  6  della  CEDU  e
dall'art. 108,  secondo  comma,  Cost.  -  ricorrerebbe  comunque  la
violazione dell'art. 111, settimo comma, Cost.; 
    che, infatti, il carattere chiuso e circoscritto del  sistema  di
autodichia  della  Presidenza  della  Repubblica   precluderebbe   la
possibilita' del ricorso straordinario che, invece, il settimo  comma
dell'art. 111 Cost. riconosce nei confronti  di  ogni  sentenza,  non
impugnabile altrimenti; garanzia questa  che  costituisce  proiezione
del principio di eguaglianza e non sarebbe suscettibile di una deroga
per la giurisdizione degli  organi  di  autodichia  della  Presidenza
della Repubblica; 
    che, anche laddove si riconosca ad essi  natura  giurisdizionale,
la qualificazione come autodichia di questa giurisdizione, articolata
in  due  gradi  e  con  la  possibilita'   di   un'impugnazione   per
revocazione,  escluderebbe  ogni  permeabilita'  della  giurisdizione
ordinaria; 
    che, d'altra parte, se la normativa  regolamentare  e'  sottratta
all'ordinario controllo  di  costituzionalita'  in  via  incidentale,
sarebbe altresi' preclusa l'interpretazione adeguatrice  del  giudice
comune, il quale realizza una sorta di sindacato diffuso in chiave di
filtro di ammissibilita' dell'incidente di costituzionalita'; 
    che, ad avviso delle sezioni unite, tale compressione del diritto
alla tutela  giurisdizionale  determina  la  lesione  di  un  diritto
fondamentale; nel ribadire che la verifica di  compatibilita'  con  i
principi fondamentali dell'assetto costituzionale  e  di  tutela  dei
diritti umani e' di esclusiva competenza della Corte  costituzionale,
viene richiamata quella recente giurisprudenza che ha confermato, con
riguardo al diritto di accesso alla giustizia, che  il  rispetto  dei
diritti   fondamentali,   cosi'   come   l'attuazione   di   principi
inderogabili, e' assicurato dalla funzione  di  garanzia  che  spetta
alla stessa Corte; 
    che, pertanto, ad avviso della Corte di cassazione,  i  dubbi  di
compatibilita' costituzionale delle  disposizioni  regolamentari  che
prevedono tale sistema di autodichia - e  soprattutto  la  denunciata
lesione del diritto alla tutela giurisdizionale in capo ai dipendenti
del  Segretariato  generale  della  Presidenza  della  Repubblica   -
determinerebbero   l'invasione   o   la    turbativa    del    potere
giurisdizionale della Corte di cassazione, la quale sarebbe  impedita
nell'esercizio  del   sindacato   di   legittimita'   domandato   dai
ricorrenti; 
    che le sezioni unite chiedono,  quindi,  di  dichiarare  che  non
spettava al Presidente della Repubblica  deliberare  gli  artt.  1  e
seguenti del decreto presidenziale n.  81  del  1996,  integrato  dal
decreto presidenziale n.  89  del  1996,  e  modificato  dal  decreto
presidenziale n. 34 del 2008, nella parte in cui - violando gli artt.
3, primo comma, 24, primo comma, 102, secondo comma, quest'ultimo  in
combinato disposto con la VI  disposizione  transitoria,  108,  primo
comma,  e  111,  primo  comma,  Cost.  -  precludono  l'accesso   dei
dipendenti  del  Segretariato   generale   della   Presidenza   della
Repubblica alla tutela giurisdizionale nelle controversie  di  lavoro
insorte con lo stesso; ovvero, in via subordinata, nella parte in cui
- violando gli artt. 111, settimo comma, e 3, primo  comma,  Cost.  -
non consentono il ricorso in cassazione per violazione di  legge,  ai
sensi dell'art.  111,  settimo  comma,  Cost.,  contro  le  decisioni
pronunciate   dagli   organi   giurisdizionali   previsti   da   tali
disposizioni. 
    Considerato che la Corte di cassazione, sezioni unite civili, con
ordinanza del 19 gennaio 2015, ha sollevato conflitto di attribuzione
tra poteri dello Stato nei confronti del Presidente della Repubblica,
in riferimento alla  deliberazione  degli  artt.  l  e  seguenti  del
decreto  presidenziale   26   luglio   1996,   n.   81,   concernente
l'istituzione presso il Segretariato generale della Presidenza  della
Repubblica di un Collegio giudicante di primo grado e di un  Collegio
di   appello,   decreto   successivamente   integrato   dal   decreto
presidenziale 9  ottobre  1996,  n.  89,  e  modificato  dal  decreto
presidenziale  30  dicembre  2008,  n.  34,  recante  la   disciplina
concernente  il  Collegio  giudicante  e  il  Collegio   di   appello
competenti a  decidere  sui  ricorsi  presentati  dal  personale  del
Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, nella  parte
in cui tali atti precludono l'accesso dei dipendenti del Segretariato
generale   della   Presidenza   della    Repubblica    alla    tutela
giurisdizionale in riferimento alle controversie  di  lavoro  insorte
con l'amministrazione di appartenenza; 
    che,  in  via  subordinata,  il  conflitto  viene  sollevato   in
riferimento alla parte in cui le  medesime  norme  regolamentari  non
consentono,   contro   le   decisioni   pronunciate   dagli    organi
giurisdizionali  previsti  da  tali  disposizioni,  il   ricorso   in
cassazione per violazione  di  legge,  ai  sensi  dell'articolo  111,
settimo comma, della Costituzione; 
    che la Corte di cassazione  ha  promosso  il  presente  conflitto
poiche'   ritiene   tali   atti   lesivi   di   proprie   prerogative
costituzionali, lamentando in particolare la violazione  degli  artt.
3, primo comma, 24, primo comma, 102, secondo comma, quest'ultimo  in
combinato disposto con la VI  disposizione  transitoria,  108,  primo
comma, e 111, primo comma, Cost.; 
    che, in questa fase del giudizio, questa  Corte  e'  chiamata,  a
norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo  1953,
n. 87 (Norme sulla  costituzione  e  sul  funzionamento  della  Corte
costituzionale), a deliberare, senza contradditorio,  se  il  ricorso
sia ammissibile in quanto vi sia «materia  di  un  conflitto  la  cui
risoluzione spetti alla sua competenza»,  sussistendone  i  requisiti
soggettivo e  oggettivo  e  restando  impregiudicata  ogni  ulteriore
questione, anche in punto di ammissibilita'; 
    che, a  tale  fine,  nel  caso  in  esame  non  rileva  la  forma
dell'ordinanza  rivestita  dall'atto  introduttivo,  bensi'  la   sua
rispondenza ai contenuti richiesti dall'art. 37 della legge n. 87 del
1953 e dall'art. 24, comma 1, delle norme integrative per  i  giudizi
davanti alla Corte costituzionale (ex plurimis, sentenza n.  315  del
2006; ordinanze n. 271 e n. 161 del 2014; n. 296 e n. 151  del  2013,
n. 229 del 2012, n. 402 del 2006 e n. 129 del 2005); 
    che, in ordine al termine  per  proporre  ricorso,  la  Corte  ha
ritenuto che  non  sia  previsto  un  termine  finale  per  sollevare
conflitti di attribuzione tra poteri, data l'esigenza, avvertita  dal
legislatore, «di favorirne al massimo la composizione»  (sentenza  n.
116 del 2003; ordinanza n. 366 del 2008); 
    che, sotto il profilo del requisito soggettivo,  va  riconosciuta
la legittimazione della Corte di cassazione a sollevare conflitto  di
attribuzione   tra   poteri   dello   Stato,   in    quanto    organo
giurisdizionale,  in  posizione  di  indipendenza  costituzionalmente
garantita, competente a dichiarare definitivamente  la  volonta'  del
potere cui appartiene nell'esercizio delle funzioni attribuitegli (ex
plurimis, ordinanze n. 40 del 2015, n. 286 del 2014, n. 69 del  2013,
n. 313 del 2011); 
    che,  parimenti,  va   riconosciuta   la   legittimazione   della
Presidenza della Repubblica ad essere parte del conflitto  (ordinanza
n. 198 del 2005); 
    che, per quanto attiene al profilo oggettivo, la Corte ricorrente
lamenta   la   lesione   della   propria   sfera   di   attribuzioni,
costituzionalmente garantita, in conseguenza di un esercizio ritenuto
illegittimo, per inesistenza dei  relativi  presupposti,  del  potere
spettante  alla  Presidenza  della  Repubblica  di  deliberare  norme
regolamentari che precludano l'accesso  dei  propri  dipendenti  alla
tutela giurisdizionale in riferimento alle  controversie  di  lavoro;
ovvero, in via subordinata, nella parte  in  cui  non  consentano  il
ricorso in cassazione per violazione di  legge,  ai  sensi  dell'art.
111, settimo comma, Cost.,  contro  le  decisioni  pronunciate  dagli
organi giurisdizionali previsti da tali disposizioni; 
    che, dunque, esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione
spetta alla competenza di questa Corte. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara ammissibile, ai sensi dell'art.  37  della  legge  11
marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della
Corte costituzionale), il conflitto di attribuzione tra poteri  dello
Stato,  proposto  dalla  Corte  di  cassazione  nei   confronti   del
Presidente della Repubblica con l'ordinanza indicata in epigrafe; 
    2) dispone: 
    a) che la cancelleria di questa Corte dia immediata comunicazione
della presente ordinanza alla Corte di cassazione; 
    b) che il ricorso e la presente ordinanza,  siano  notificati,  a
cura della ricorrente,  al  Presidente  della  Repubblica,  entro  il
termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui  al  punto  a),
per  essere  successivamente  depositati,  con  prova   dell'avvenuta
notifica, nella cancelleria di  questa  Corte  entro  il  termine  di
trenta giorni previsto dall'art. 24, comma 3, delle norme integrative
per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 giugno 2015. 
 
                                F.to: 
                     Marta CARTABIA, Presidente 
                      Giuliano AMATO, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 7 luglio 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI