N. 155 SENTENZA 12 maggio - 15 luglio 2015

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Disposizioni  varie  per  il  consolidamento   dei   conti   pubblici
  [istituzione e disciplina dell'Imposta  municipale  propria  (IMU);
  riduzione del Fondo perequativo; riduzione e soppressione del Fondo
  sperimentale  di  riequilibrio;  riduzione   e   soppressione   dei
  trasferimenti erariali ai Comuni della Regione  siciliana  e  della
  Regione Sardegna; istituzione e disciplina del tributo comunale sui
  rifiuti  e  sui  servizi  (TARES);   istituzione   del   Fondo   di
  solidarieta' comunale]. 
- Decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per  la
  crescita, l'equita' e  il  consolidamento  dei  conti  pubblici)  -
  convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 22
  dicembre 2011, n. 214 - artt. 13  e  14,  comma  13-bis;  legge  24
  dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del  bilancio
  annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilita' 2013), art.
  1, commi 380, 383 e 387. 
-   
(GU n.29 del 22-7-2015 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici  :Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Paolo  GROSSI,
  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario  Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 13  e  14,
comma  13-bis,  del  decreto-  legge  6   dicembre   2011,   n.   201
(Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il  consolidamento
dei conti pubblici),  convertito,  con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214 e  dell'art.  1,  commi
380, 383 e 387, della legge 24 dicembre 2012,  n.  228  (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -
Legge  di  stabilita'  2013),  promossi  nell'ordine  dalla   Regione
autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, dalla Regione siciliana, dalla
Regione autonoma  Sardegna,  dalla  Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia, e poi ancora  dalla  Regione  autonoma  Valle  d'Aosta/Vallee
d'Aoste, dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e dalla Regione
autonoma Sardegna, con ricorsi notificati il 23-28, il 25, il 24,  il
25 febbraio 2012, il 19-22, il 27 e il 26 febbraio  2013,  depositati
in cancelleria il 29 febbraio, il 1°, il 2 e il 5 marzo 2012,  il  25
febbraio, il 4 e l'8 marzo 2013, rispettivamente iscritti ai nn.  38,
39, 47 e 50 del registro ricorsi 2012 ed ai  nn.  24,  32  e  41  del
registro ricorsi 2013. 
    Visti gli atti di costituzione (di cui  due  fuori  termine)  del
Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  12  maggio  2015  il  Giudice
relatore Aldo Carosi; 
    uditi gli  avvocati  Francesco  Saverio  Marini  per  la  Regione
autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, Marina Valli  per  la  Regione
siciliana,  Massimo  Luciani  per  la  Regione   autonoma   Sardegna,
Giandomenico Falcon per  la  Regione  autonoma  Friul-Venezia  Giulia
nonche' gli avvocati dello Stato Maria  Elena  Scaramucci  e  Stefano
Varone per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con quattro  distinti  ricorsi,  la  Regione  autonoma  Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste  (reg.  ric.  n.  38  del  2012),  la  Regione
siciliana (reg. ric. n. 39 del 2012), la  Regione  autonoma  Sardegna
(reg. ric. n. 47 del  2012)  e  la  Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia (reg. ric. n. 50 del  2012)  hanno  impugnato,  tra  le  altre
disposizioni, gli artt. 13 e 14, comma 13-bis,  del  decreto-legge  6
dicembre  2011,  n.  201  (Disposizioni  urgenti  per  la   crescita,
l'equita' e il consolidamento dei conti  pubblici),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n.
214. 
    Con ricorsi successivi, la Regione autonoma Valle  d'Aosta/Vallee
d'Aoste  (reg.  ric.  n.  24   del   2013),   la   Regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia (reg.  ric.  n.  32  del  2013)  e  la  Regione
autonoma Sardegna (reg. ric. n. 41 del 2013) hanno impugnato, tra  le
altre disposizioni, l'art. 1, commi 380, 383 e 387,  della  legge  24
dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - Legge di  stabilita'  2013),  che
hanno parzialmente modificato o ribadito le disposizioni  oggetto  di
impugnazione con i primi ricorsi. 
    2.- L'art. 13 del d.l. n. 201 del  2011,  come  convertito,  dopo
aver stabilito al comma 1 che «L'istituzione dell'imposta  municipale
propria e' anticipata, in via  sperimentale,  a  decorrere  dall'anno
2012, ed e' applicata in tutti i comuni del territorio nazionale fino
al 2014 in base agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 14  marzo
2011, n. 23, in quanto compatibili, ed alle disposizioni che seguono.
Conseguentemente  l'applicazione  a  regime  dell'imposta  municipale
propria e' fissata al 2015.», dispone  che:  a)  «E'  riservata  allo
Stato la quota di imposta  pari  alla  meta'  dell'importo  calcolato
applicando alla base imponibile di tutti gli immobili,  ad  eccezione
dell'abitazione principale e delle  relative  pertinenze  di  cui  al
comma 7, nonche' dei fabbricati rurali ad uso strumentale di  cui  al
comma 8, l'aliquota di base di cui al comma 6, primo  periodo  [...].
La quota di imposta risultante e' versata allo Stato  contestualmente
all'imposta municipale propria. Le detrazioni previste  dal  presente
articolo, nonche' le detrazioni e le riduzioni di aliquota deliberate
dai comuni non si applicano alla  quota  di  imposta  riservata  allo
Stato  di  cui  al  periodo  precedente.   Per   l'accertamento,   la
riscossione, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso
si applicano le disposizioni vigenti in materia di imposta municipale
propria. Le attivita'  di  accertamento  e  riscossione  dell'imposta
erariale sono svolte dal comune al quale spettano le  maggiori  somme
derivanti dallo svolgimento delle  suddette  attivita'  a  titolo  di
imposta, interessi e sanzioni»  (comma  11);  b)  «Sono  abrogate,  a
decorrere  dal  1º  gennaio  2012,  le  seguenti   disposizioni:   a.
l'articolo 1 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito  con
modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126» (comma 14, lettera
a); c) «Il fondo sperimentale di riequilibrio,  come  determinato  ai
sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e
il fondo perequativo, come determinato ai sensi dell'articolo 13  del
medesimo decreto legislativo n.  23  del  2011,  ed  i  trasferimenti
erariali dovuti ai comuni della Regione  Siciliana  e  della  Regione
Sardegna variano in ragione delle differenze del gettito  stimato  ad
aliquota di base derivanti dalle  disposizioni  di  cui  al  presente
articolo. In caso di incapienza ciascun comune versa all'entrata  del
bilancio dello Stato le somme  residue.  Con  le  procedure  previste
dall'articolo 27 della  legge  5  maggio  2009,  n.  42,  le  regioni
Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonche' le  Province  autonome
di Trento e di Bolzano, assicurano il recupero  al  bilancio  statale
del predetto maggior gettito stimato dei comuni ricadenti nel proprio
territorio. Fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui allo
stesso articolo 27, a valere  sulle  quote  di  compartecipazione  ai
tributi erariali, e' accantonato un importo pari al  maggior  gettito
stimato di cui al precedente  periodo.  L'importo  complessivo  della
riduzione del recupero di cui al presente comma e'  pari  per  l'anno
2012 a 1.627 milioni di euro, per l'anno 2013 a  1.762,4  milioni  di
euro e per l'anno 2014 a 2.162 milioni di euro» (comma 17). 
    L'art. 13, comma 11, e' stato dapprima  modificato  dall'art.  4,
comma  5,  lettera  g),  del  decreto-legge  2  marzo  2012,  n.   16
(Disposizioni urgenti in materia di  semplificazioni  tributarie,  di
efficientamento e potenziamento  delle  procedure  di  accertamento),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  26
aprile 2012, n. 44 - nel senso che per  gli  immobili  posseduti  dai
Comuni nel  loro  territorio  non  e'  dovuta  la  quota  di  imposta
riservata allo Stato e non si applica il successivo comma 17 - e  poi
abrogato a decorrere dal 1° gennaio  2013  dall'art.  1,  comma  380,
lettera h), della legge n. 228 del 2012, mentre  la  lettera  a)  del
medesimo comma ha specificamente soppresso la riserva erariale. 
    L'art. 14 del d.l. n. 201 del 2011, dopo  aver  disposto  che  «A
decorrere dal 1° gennaio 2013 e' istituito  in  tutti  i  comuni  del
territorio nazionale il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, a
copertura dei costi relativi al  servizio  di  gestione  dei  rifiuti
urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento,  svolto  in
regime di privativa dai comuni,  e  dei  costi  relativi  ai  servizi
indivisibili dei comuni» (comma 1) e che «Alla tariffa determinata in
base alle disposizioni di cui ai commi da 8  a  12,  si  applica  una
maggiorazione pari a 0,30 euro per metro quadrato,  a  copertura  dei
costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni, i  quali  possono,
con deliberazione del consiglio comunale, modificare  in  aumento  la
misura della maggiorazione fino a 0,40  euro,  anche  graduandola  in
ragione della tipologia dell'immobile e della zona  ove  e'  ubicato»
(comma 13), stabilisce che  «A  decorrere  dall'anno  2013  il  fondo
sperimentale di riequilibrio, come determinato ai sensi dell'articolo
2  del  decreto  legislativo  14  marzo  2011,  n.  23,  e  il  fondo
perequativo, come determinato ai sensi dell'articolo 13 del  medesimo
decreto legislativo n. 23  del  2011,  ed  i  trasferimenti  erariali
dovuti ai comuni della Regione Siciliana  e  della  Regione  Sardegna
sono ridotti in misura  corrispondente  al  gettito  derivante  dalla
maggiorazione standard di cui al comma 13 del presente  articolo.  In
caso di incapienza ciascun  comune  versa  all'entrata  del  bilancio
dello Stato le somme residue. Con le procedure previste dall'articolo
27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le regioni Friuli-Venezia Giulia
e Valle d'Aosta, nonche' le Province autonome di Trento e di Bolzano,
assicurano il recupero  al  bilancio  statale  del  predetto  maggior
gettito  dei  comuni   ricadenti   nel   proprio   territorio.   Fino
all'emanazione delle norme di attuazione di cui allo stesso  articolo
27, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, e'
accantonato un importo pari al maggior gettito di cui  al  precedente
periodo» (comma 13-bis). 
    L'art. 14 del d.l. n. 201  del  2011  ha  subito  dapprima  delle
modifiche - ma non nel censurato  comma  13-bis  -  e  poi  e'  stato
abrogato dall'art. 1, comma 704, della legge 27 dicembre 2013, n. 147
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge  di  stabilita'  2014),  con  decorrenza  dal  1°
gennaio 2014. 
    Per l'anno 2013  e  per  le  Regioni  ordinarie  ed  insulari  la
riduzione  dei  Fondi  e  dei  trasferimenti  prevista  dalla   norma
impugnata e' stata sostituita da una  diretta  riserva  erariale  del
maggior  gettito  TARES  ad  opera  dell'art.  10,   comma   2,   del
decreto-legge 8 aprile 2013,  n.  35  (Disposizioni  urgenti  per  il
pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione,  per  il
riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonche' in  materia
di  versamento  di  tributi  degli  enti  locali),  convertito,   con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6  giugno  2013,  n.
64. 
    L'art. 1, comma 380, della legge n. 228 del  2012,  «Al  fine  di
assicurare la spettanza ai Comuni del gettito dell'imposta municipale
propria, di cui all'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.
201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011,  n.
214, per gli anni 2013 e 2014», a decorrere dal 1° gennaio  2013:  a)
ha soppresso (lettera a) la riserva erariale della meta' del  gettito
dell'imposta municipale propria (IMU),  abrogando  anche  l'art.  13,
comma 11, del d.l. n. 201 del 2011, che la prevedeva (lettera h);  b)
ha istituito il  Fondo  di  solidarieta'  comunale  (lettera  b),  al
contempo  sopprimendo  (lettera   e)   il   Fondo   sperimentale   di
riequilibrio - con contestuale abrogazione (lettera h)  dell'art.  2,
comma 3, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n.  23  (Disposizioni
in materia di federalismo Fiscale Municipale), che lo prevedeva -  ed
i trasferimenti erariali ai Comuni della Regione  siciliana  e  della
Regione autonoma Sardegna; c) ha riservato allo Stato il gettito  IMU
derivante dagli immobili ad uso  produttivo,  calcolato  all'aliquota
standard  dello  0,76  per  cento  (lettera  f);   d)   ha   ribadito
l'applicabilita' dell'art. 13, comma 17, del d.l. n. 201 del 2011, ma
limitatamente alle Regioni autonome  Friuli-Venezia  Giulia  e  Valle
d'Aosta nonche' alle Province autonome (lettera h);  e)  ha  previsto
che gli importi relativi, tra l'altro, alla lettera f) possano essere
modificati a seguito della verifica del gettito IMU per il  2012,  da
effettuarsi presso la Conferenza  Stato-citta'  ed  autonomie  locali
(lettera i). 
    L'art. 1, comma 380,  della  legge  n.  228  del  2012  e'  stato
dapprima modificato dall'art. 10, comma  4-quater,  lettera  a),  del
d.l. n. 35 del 2013, che ha inciso sulla lettera f),  sostanzialmente
escludendo dalla riserva alcune tipologie di immobili ed  attribuendo
le attivita' di accertamento e riscossione relative agli immobili  ad
uso produttivo classificati nel gruppo  catastale  D  ai  Comuni,  ai
quali spettano le maggiori somme derivanti  dallo  svolgimento  delle
suddette attivita' a titolo di  imposta,  interessi  e  sanzioni.  In
seguito, il medesimo comma 380 ha subito marginali  modificazioni  ad
opera dell'art. 1, comma 729, della legge n. 147 del 2013. 
    Il successivo comma 383 del medesimo articolo della legge n.  228
del 2012 prevede che la verifica del gettito IMU dell'anno 2012,  «di
cui al comma 6-bis dell'articolo 9 del decreto-legge 10 ottobre 2012,
n. 174», avviene utilizzando anche i dati relativi alle aliquote e ai
regimi  agevolativi  deliberati  dai  singoli   Comuni   e   raccolti
dall'Istituto per la finanza e l'economia locale  (IFEL)  nell'ambito
dei propri  compiti  istituzionali  sulla  base  di  una  metodologia
concordata con il Ministero dell'economia e delle finanze. 
    Infine, l'art. 1, comma 387, della  legge  n.  228  del  2012  ha
apportato delle modifiche all'art. 14 del d.l. n. 201  del  2011,  ma
non nel meccanismo previsto dal comma 13-bis ivi contenuto. 
    3.- La  Regione  autonoma  Valle  d'  Aosta  /Vallee  d'Aoste  ha
impugnato gli artt. 13, commi 11 e 17, quarto periodo,  e  14,  comma
13-bis, quarto periodo, del d.l. n. 201 del 2001 in riferimento  agli
artt. 3, comma 1, lettera f), 12, 48-bis e 50,  quinto  comma,  della
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per  la
Valle d'Aosta) ed in relazione all'art. 1 del decreto legislativo  22
aprile 1994, n. 320 (Norme di attuazione dello statuto speciale della
regione Valle d'Aosta) ed agli articoli da  2  a  8  della  legge  26
novembre 1981, n. 690 (Revisione dell'ordinamento  finanziario  della
regione Valle d'Aosta), nonche' in riferimento agli artt. 117,  comma
terzo, Cost. e 10 della legge costituzionale 18 ottobre  2001,  n.  3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), ed al
principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost. 
    3.1.- In primo  luogo,  sul  presupposto  che  l'IMU  sostituisca
l'imposta  sul  reddito  delle  persone  fisiche  (IRPEF),   per   la
componente immobiliare, e le relative addizionali  e  che  l'art.  2,
comma 1, della  legge  n.  690  del  1981  attribuisca  alla  Regione
autonoma Valle d'Aosta il gettito dell'imposta di nuova  istituzione,
riservandone una quota all'erario, l'art. 13, comma 11, del  d.l.  n.
201 del 2011 violerebbe gli artt. 48-bis e 50,  quinto  comma,  dello
statuto e l'art. 1 del d.lgs. n. 320 del 1994, in quanto  inciderebbe
sull'ordinamento finanziario regionale unilateralmente e non  con  il
procedimento regolato dallo statuto, ponendosi altresi' in  contrasto
con l'art. 8, secondo comma, della legge n. 690 del 1981 che, in tema
di possibile riserva erariale del gettito di  tributi  devoluti  alla
Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, esige l'intesa con  il
Presidente della stessa. 
    La   norma,   infine,   violerebbe   il   principio   di    leale
collaborazione, espresso dagli artt. 5  e  120  Cost.,  che  dovrebbe
sovraintendere i rapporti tra lo Stato e le autonomie regionali,  non
essendo  previsto  alcun  coinvolgimento   della   ricorrente   nella
definizione dell'ammontare della quota di riserva. 
    In secondo luogo, la ricorrente censura gli artt. 13, comma 17, e
14,  comma  13-bis,  del  d.l.   n.   201   del   2011,   in   quanto
l'accantonamento da essi previsto avrebbe determinato unilateralmente
una riduzione delle entrate che segnatamente gli articoli da  2  a  7
della legge n. 690 del 1981 le garantiscono, con  cio'  violando  gli
artt. 48-bis e 50, quinto comma, dello statuto ed 1 del d.lgs. n. 320
del 1994, cosi' come dedotto in merito all'art.  13,  comma  11,  del
medesimo decreto-legge. Inoltre, risulterebbe violato il principio di
leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost., il cui rispetto
sarebbe   tanto   piu'   necessario   nell'ambito    materiale    del
«coordinamento della finanza pubblica» di cui agli artt.  117,  terzo
comma, Cost.  e  10  della  legge  cost.  n.  3  del  2001  a  tutela
dell'autonomia finanziaria che deriva alla  Regione  dagli  artt.  3,
primo comma, lettera f), 12,  48-bis  e  50  dello  statuto  e  dalla
normativa di attuazione. La violazione risulterebbe  enfatizzata  dal
fatto   che,   sebbene   l'accantonamento   previsto    operi    fino
all'emanazione delle norme di attuazione di  cui  all'art.  27  della
legge 5  maggio  2009,  n.  42  (Delega  al  Governo  in  materia  di
federalismo  fiscale,   in   attuazione   dell'articolo   119   della
Costituzione), l'art. 28, comma 4,  del  d.l.  n.  201  del  2011  ha
abrogato il termine per l'adozione della normativa d'attuazione. 
    3.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri si e' costituto in
giudizio, deducendo preliminarmente l'inammissibilita'  del  ricorso,
in quanto non verrebbe  offerta  una  precisa  interpretazione  delle
disposizioni censurate e mancherebbe uno specifico riferimento  delle
stesse ai parametri costituzionali indicati, evocati promiscuamente. 
    Nel  merito,  ad  avviso  del  resistente,  l'IMU,  sostituendosi
all'imposta comunale sugli immobili (ICI),  ne  avrebbe  la  medesima
natura e non intercetterebbe l'autonomia finanziaria  delle  Regioni,
afferendo ai rapporti tra Stato e Comuni. Inoltre, la riserva di  una
quota - cosi' come l'accantonamento di cui agli artt. 13, comma 17, e
14, comma 13-bis, del d.l. n. 201 del  2011  -  sarebbe  giustificata
dalle  esigenze  di   risanamento   della   finanza   pubblica,   che
consentirebbero la temporanea compressione dell'autonomia finanziaria
regionale. 
    3.3.-  In  data  11  giugno  2013,  la  Regione  autonoma   Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste  ha  depositato  una  memoria,  reiterando  le
censure  mosse  con  l'atto  introduttivo,  ed  evidenziando  che  la
sussistenza delle  esigenze  prioritarie  indicate  dallo  Stato  non
consentirebbe comunque di derogare alle condizioni previste dall'art.
8 della legge n. 690 del  1981;  inoltre,  il  meccanismo  introdotto
dalle norme  censurate  sarebbe  stato  reiterato  in  piu'  riprese,
nonche'  rafforzato  da  successive  disposizioni  statali,  il   che
dimostrerebbe come le misure non abbiano carattere temporaneo. 
    3.4.- In data 18 marzo 2014,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha depositato  una  memoria,  in  cui  evidenzia  l'avvenuta
abrogazione dell'art. 13, comma 11, del d.l. n. 201 del  2011  -  che
avrebbe trovato applicazione nell'anno 2012 - ad opera  dell'art.  1,
comma 380, lettera h), della legge n. 228 del 2012. 
    Le  questioni  proposte  andrebbero  dichiarate  inammissibili  o
infondate, in quanto la ricorrente non avrebbe chiarito come le norme
censurate si coordinino con l'art. 14, commi 2, 3 e 4, del d.lgs.  n.
23 del 2011, istitutivo  dell'IMU,  disposizioni  che  prevedono  una
clausola di salvaguardia per le autonomie speciali che esercitano  le
funzioni di finanza locale - espressamente richiamata dagli artt. 13,
comma 17, e 14, comma 13-bis - e che, comunque,  garantirebbero  alle
Regioni  a  statuto  speciale  la   neutralita'   finanziaria   della
sostituzione  dei  precedenti   tributi.   Peraltro,   l'applicazione
dell'art. 14, comma 13-bis, del d.l. n. 201 del  2011  sarebbe  stata
confermata dall'art. 10, comma 2, lettera d), del d.l. n 35 del 2013,
che, non essendo stato impugnato, renderebbe  la  relativa  questione
inammissibile. 
    3.5.- In data 21 aprile 2015, il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha depositato un'ulteriore memoria in cui, oltre a  ribadire
le ragioni di  inammissibilita'  e,  comunque,  di  infondatezza  del
ricorso, sostiene che l'IMU non sia un'imposta sostitutiva dell'IRPEF
nel senso inteso dall'art. 2, primo comma, della  legge  n.  690  del
1981, configurando un presupposto d'imposta del  tutto  nuovo  ed  al
contempo attenuando quello dell'IRPEF per la  componente  immobiliare
restrittivamente selezionata. Da  cio'  conseguirebbe  l'infondatezza
delle censure mosse all'art. 13, comma 11, del d.l. n. 201  del  2011
nonche', in via derivata, di quelle relative al successivo comma  17,
in cui il recupero mediante accantonamento riguarderebbe  il  maggior
gettito IMU di cui la Regione,  responsabile  della  finanza  locale,
indirettamente beneficerebbe, legittimando la  compensazione  con  le
quote di compartecipazione al gettito degli altri  tributi  erariali.
Analogo argomento varrebbe per l'art. 14, comma 13-bis, del  medesimo
d.l. n. 201 del 2011, relativo al gettito del  tributo  comunale  sui
rifiuti e sui servizi (TARES). 
    4.- La Regione siciliana ha impugnato gli artt. 13 e 14 del  d.l.
n. 201 del 2011 in riferimento agli artt. 14, lettera o), 36, 37 - in
relazione all'art. 2 del decreto del Presidente della  Repubblica  26
luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione
siciliana  in  materia  finanziaria)  -  e  43  del   regio   decreto
legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto  della
Regione siciliana), convertito nella legge costituzionale 26 febbraio
1948, n. 2, nonche' in riferimento agli artt. 81, 119, quarto  comma,
Cost. e 10 della legge cost. n. 3 del 2001 ed al principio  di  leale
collaborazione. 
    4.1.-  In  primo  luogo,  contrastando  con  gli  obbiettivi   di
attuazione statutaria, gli artt. 13 e 14 del d.l. n.  201  del  2011,
globalmente considerati, in quanto  immediatamente  applicabili  alla
Regione  siciliana,  violerebbero  l'art.  43  dello  statuto  -  che
attribuisce ad una commissione  paritetica  la  determinazione  delle
norme di  attuazione  -  ed  il  principio  di  leale  collaborazione
esplicitato dalle procedure di cui all'art. 27 della legge n. 42  del
2009, il cui previo esperimento non e' stato previsto. 
    Inoltre, l'art. 13 del d.l. n. 201 del 2011 violerebbe gli  artt.
36 e 37 dello statuto e  2  delle  norme  di  attuazione  in  materia
finanziaria,  in  quanto  l'IMU,  entrata  asseritamente  priva   del
carattere della novita', e' imposta in parte sostitutiva  di  tributi
di spettanza regionale mentre il suo gettito, anche per detta  parte,
viene attribuito ai Comuni e, pro quota, riservato  allo  Stato,  con
conseguente  depauperamento  delle   finanze   della   ricorrente   e
squilibrio tra i complessivi bisogni regionali ed i mezzi  per  farvi
fronte.  Risulterebbe  altresi'  violato  il   principio   di   leale
collaborazione. 
    Nel prevedere e disciplinare - anche in presenza di modifiche  in
aumento o in diminuzione disposte dai Comuni - la riserva  all'erario
di una quota del gettito dell'IMU, il comma 11  del  citato  art.  13
determinerebbe altresi' un depauperamento delle casse  comunali,  con
conseguenti oneri per la Regione  siciliana,  che  dovrebbe  assumere
ulteriori e diverse competenze rispetto a quelle di cui all'art.  14,
lettera o), dello statuto senza esperimento della  procedura  di  cui
all'art. 43 dello stesso. Di qui la violazione  di  detti  parametri.
Inoltre, risulterebbe violato l'art. 119,  quarto  comma,  Cost.,  in
quanto lo Stato, dopo aver trasferito ai  Comuni  risorse  regionali,
finirebbe per riappropriarsene,  sottraendole  loro  senza  prevedere
misure idonee a far fronte agli ammanchi, onerando la  Regione  della
contribuzione alla finanza degli enti locali. 
    Analoghe censure vengono mosse all'art. 13, comma 17, del d.l. n.
201 del 2011, salvo precisarsi che gli artt. 81, 119,  quarto  comma,
Cost. e 10 della legge cost. n.  3  del  2001  sarebbero  violati  in
quanto ne' la Regione ne' i Comuni potrebbero esercitare  le  proprie
funzioni in ragione della carenza di risorse finanziarie  determinata
dalla disposizione. 
    Infine, l'art. 14,  comma  13-bis,  del  d.l.  n.  201  del  2011
violerebbe gli artt. 119, quarto comma, e 81 Cost. nonche' l'art.  10
della legge  cost.  n.  3  del  2001,  in  quanto  la  riduzione  dei
trasferimenti determinata dalla norma lederebbe le attribuzioni degli
enti locali, gravati dall'onere di fornire un contributo  all'erario,
con  riverbero  negativo  sulla   Regione,   che   dovrebbe   farsene
corrispondentemente carico. Inoltre, sarebbero violati gli artt.  14,
lettera  o),  e  43  dello  statuto,  in  mancanza  di  vaglio  della
Commissione paritetica sulle  nuove  funzioni  attribuite  ai  Comuni
siciliani. 
    4.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri si  e'  costituito
in giudizio -  con  memoria  depositata  fuori  termine  -  deducendo
preliminarmente l'inammissibilita'  delle  questioni,  in  quanto  la
ricorrente non avrebbe dimostrato che le  norme  abbiano  determinato
una complessiva insufficienza dei mezzi finanziari a sua disposizione
per l'adempimento dei propri compiti istituzionali. 
    Nel  merito,  ad  avviso  del  resistente,  nell'esercizio  della
propria competenza esclusiva in  materia  tributaria  il  legislatore
statale ben potrebbe porre in essere  interventi  che  comportino  un
minor gettito per le Regioni senza per questo dover prevedere  misure
compensative.  Peraltro,  l'art.   13,   comma   17,   ridurrebbe   i
trasferimenti erariali ai Comuni - la cui finanza  sarebbe  ancora  a
carico dello Stato, diversamente dalle altre autonomie speciali -  in
misura corrispondente al maggior gettito IMU, con la conseguenza  che
non vi sarebbe alcuno squilibrio,  considerato  anche  che  i  Comuni
trattengono  anche  i  frutti  dell'attivita'   di   accertamento   e
riscossione dell'imposta erariale. 
    Inoltre, l'entrata prevista dalla normativa censurata avrebbe  il
carattere della  novita',  atteso  che  non  si  realizzerebbe  senza
l'intervento  legislativo   in   esame   che,   riconducibile   anche
all'armonizzazione dei bilanci pubblici  ed  al  coordinamento  della
finanza pubblica  e  del  sistema  tributario,  giustificherebbe  una
temporanea compressione dell'autonomia delle Regioni, anche a statuto
speciale, in nome del risanamento finanziario dello Stato in  armonia
con  i  principi  di  solidarieta'  nazionale.  Tali   considerazioni
varrebbero anche quanto all'art. 14, comma 13-bis, del  d.l.  n.  201
del 2011. 
    5.- La Regione autonoma Sardegna ha impugnato gli artt. 13 e  14,
comma 13-bis, del d.l. n. 201 del 2011 in riferimento agli artt. 3, 7
e 8 della legge  costituzionale  26  febbraio  1948,  n.  3  (Statuto
speciale per la Sardegna), ed agli artt. 3, 5, 117 e  119  Cost.  (in
combinato disposto con l'art. 10 della legge cost. n.  3  del  2001),
nonche' in relazione all'art. 8  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 19 giugno 1979, n. 348 (Norme di attuazione dello  statuto
speciale per la Sardegna in riferimento alla legge 22 luglio 1975, n.
382 e al decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio  1977,  n.
616). 
    5.1.- Anzitutto la Regione autonoma Sardegna  censura  l'art.  13
del d.l. n. 201 del 2011 nella sua interezza, in  quanto,  stabilendo
l'applicazione immediata dell'IMU in tutti i  Comuni  del  territorio
nazionale senza rispettare - come originariamente previsto  dall'art.
14, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 23 del  2011  -  le  peculiarita'  dei
sistemi finanziari delle autonomie speciali e l'invarianza di gettito
delle loro entrate, violerebbe gli artt. 7 e  8  dello  statuto,  che
garantiscono alla Regione un'adeguata autonomia  finanziaria,  e  gli
artt. 117 e 119 Cost. (in combinato  disposto  con  l'art.  10  della
legge cost. n. 3 del 2001),  che  ne  confermerebbero  la  tutela  ed
attribuirebbero alla ricorrente competenza legislativa concorrente in
materia di  «coordinamento  della  finanza  pubblica  e  del  sistema
tributario». Inoltre, la disposizione violerebbe gli artt.  3,  primo
comma, lettera b), e  7  dello  statuto  -  che  assegnerebbero  alla
Regione competenza legislativa esclusiva in materia di finanza locale
- nonche'  l'art.  8  del  d.P.R.  n.  348  del  1979  di  attuazione
statutaria - che attribuirebbe alla Regione un consistente margine di
autonomia nella materia interessata dall'art.  13  -  in  quanto  non
lascerebbe alcun ambito di autonoma  regolamentazione  di  un  tipico
tributo locale. Ancora, l'art. 13 violerebbe l'art. 3,  primo  comma,
lettera b), dello statuto -  in  quanto  determinerebbe  una  lesione
dell'autonomia finanziaria degli enti  locali,  cui  corrisponderebbe
quella della relativa competenza normativa regionale - e gli artt.  7
e  8  dello  statuto,  in  quanto  l'inadeguato  finanziamento  delle
autonomie locali - conseguente al mancato  rispetto  delle  procedure
previste dalla legge n. 42 del 2009 e  dal  d.lgs.  n.  23  del  2011
nonche'   all'esclusione   della   compensazione   statale   per   la
soppressione  dell'ICI  -  comprometterebbe  l'autonomia  finanziaria
regionale, costretta a far fronte  al  depauperamento  delle  risorse
comunali.   Infine,   l'anticipazione   dell'IMU   escluderebbe    la
compensazione  statale  ai  Comuni  per  la   soppressione   dell'ICI
sull'abitazione  principale,  cosi'  pregiudicando  i  bilanci  delle
autonomie speciali e dei rispettivi enti locali in violazione,  oltre
che dei parametri precedenti per i profili dedotti, anche degli artt.
5 e 117, terzo e quarto  comma,  Cost.  (in  combinato  disposto  con
l'art. 10 della legge  cost.  n.  3  del  2001),  che  riconoscono  e
promuovono  le  autonomie  locali  ed  attribuiscono   alle   Regioni
competenza legislativa concorrente in materia di  armonizzazione  dei
bilanci pubblici e di coordinamento della finanza pubblica. 
    Inoltre, la Regione censura specificamente l'art. 13,  comma  11,
del d.l. n. 201 del 2011 in quanto, essendosi  sostituita  un'imposta
(l'IRPEF per la componente immobiliare) al  cui  gettito  la  Regione
compartecipava per i sette decimi  con  una  di  analogo  presupposto
impositivo dal cui  gettito  la  ricorrente  e'  esclusa,  violerebbe
l'art.  8  dello  statuto,   che   attribuisce   alla   Regione   una
partecipazione maggioritaria alle entrate che lo  Stato  intenderebbe
riservarsi con la norma censurata,  e  l'art.  7  dello  statuto,  in
quanto   la   compartecipazione   alle   entrate   sarebbe   elemento
consustanziale e necessario all'autonomia finanziaria.  In  tal  modo
risulterebbero violati anche gli artt. 117 e 119 Cost. (in  combinato
disposto con l'art.  10  della  legge  cost.  n.  3  del  2001),  che
confermano l'autonomia finanziaria  delle  Regioni  ed  attribuiscono
loro  competenza  concorrente  in  materia  di  «coordinamento  della
finanza pubblica e del sistema tributario». Inoltre, l'art. 13, comma
11, del d.l. n.  201  del  2011,  nella  parte  in  cui  prevede  che
«accertamento e riscossione dell'imposta  erariale  sono  svolte  dal
comune  al  quale  spettano  le  maggiori   somme   derivanti   dallo
svolgimento delle suddette attivita' a titolo di imposta, interessi e
sanzioni», violerebbe l'art. 8 dello statuto, in  quanto  la  Regione
sarebbe  esclusa  dal  relativo  gettito  senza  che  sia   integrata
l'eccezione alla compartecipazione regionale alle entrate erariali di
spettanza di altri enti pubblici (art. 8,  primo  comma,  lettera  m,
dello statuto), atteso che la spettanza allo Stato  della  meta'  del
gettito   dell'IMU   non   potrebbe   venir    meno    sol    perche'
l'amministrazione non riesce ad incassare l'importo in via  ordinaria
e deve attivare un successivo procedimento di recupero del credito. 
    La ricorrente censura specificamente anche l'art. 13,  comma  17,
del d.l. n. 201 del 2011 - oltre che per violazione dei parametri  (e
sotto i profili) evocati a proposito dell'art. 13 nella sua interezza
- anche per contrasto con l'art. 3 Cost. in  combinato  disposto  con
gli artt. 3, 7 e 8 dello statuto, in quanto discriminerebbe gli  enti
locali sardi (e siciliani) rispetto a quelli delle altre Regioni, che
continuerebbero a beneficiare, oltre che del gettito dell'IMU,  anche
dei trasferimenti statali eventualmente previsti da altre norme. 
    Infine, la Regione censura l'art. 14, comma 13-bis, del  d.l.  n.
201 del 2011. La norma violerebbe anzitutto gli artt. 3, primo comma,
lettera b), e 7 dello  statuto,  attributivi  alla  ricorrente  della
competenza legislativa esclusiva in materia di  finanza  locale,  sia
perche' inciderebbe in un ambito competenziale che non  apparterrebbe
al legislatore  statale  sia  perche'  il  meccanismo  normativamente
previsto   non   verrebbe   attuato   attraverso   il    procedimento
collaborativo previsto dall'art. 27 della legge n. 42 del 2009 e  dal
d.lgs.  n.  23  del  2011.  La   disposizione   impugnata,   inoltre,
contrasterebbe con l'art. 3, primo comma, lettera b), dello  statuto,
in quanto determinerebbe una lesione dell'autonomia finanziaria degli
enti locali, cui corrisponderebbe quella  della  relativa  competenza
normativa regionale. Infine, la norma censurata violerebbe gli  artt.
3, 117, 119 Cost. (anche in combinato disposto con  l'art.  10  della
legge cost. n. 3 del 2001) e 7 e 8 dello statuto, sia  in  quanto  il
ridotto finanziamento delle  autonomie  locali  relativo  al  maggior
gettito  derivante  dalla  TARES  si  riverbererebbe   sull'autonomia
finanziaria regionale, costretta a far fronte al  mancato  incremento
delle risorse comunali con uno  specifico  sostegno  finanziario  sia
perche' discriminerebbe ingiustificatamente gli enti locali sardi  (e
siciliani)  -  gli  unici   direttamente   attinti   dal   meccanismo
compensativo  introdotto  dalla  norma,  a  differenza  delle   altre
autonomie speciali - rispetto a quelli delle altre Regioni,  anche  a
statuto ordinario, le quali continuerebbero a beneficiare, oltre  che
del gettito della maggiorazione tariffaria prevista dal comma 13  del
medesimo art. 14, anche dei trasferimenti statali previsti  da  altre
norme. 
    5.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  si  e'  costituito  in
giudizio, eccependo preliminarmente  l'inammissibilita'  del  ricorso
perche' la Regione non dimostrerebbe che l'intervento  statale  abbia
comportato una complessiva insufficienza dei mezzi  finanziari  della
Regione.  Le  censure  sarebbero  poi  infondate  per   le   medesime
argomentazioni illustrate nella difesa avverso il ricorso n.  39  del
2012 della Regione siciliana. 
    5.3.- In data 16 ottobre 2012, la Regione  autonoma  Sardegna  ha
depositato due memorie di  identico  contenuto,  in  cui,  dopo  aver
negato   che   l'emergenza   finanziaria   consenta    di    derogare
all'ordinamento costituzionale, sostiene di non essersi doluta  della
complessiva insufficienza dei mezzi  finanziari  a  disposizione  ne'
della  disciplina  dell'IMU  da   parte   del   legislatore   statale
nell'esercizio della competenza attribuitagli dall'art. 117,  secondo
comma, lettera e), Cost., ma della violazione di ambiti competenziali
esclusivi o concorrenti da parte dell'art. 13 del  d.l.  n.  201  del
2011, che non avrebbe lasciato alla Regione alcun ambito di  autonoma
regolamentazione di un tipico tributo locale. La ricorrente, inoltre,
ribadisce che la riserva allo Stato della meta' del gettito  dell'IMU
- non essendo destinata ai Comuni - rientrerebbe nel generale  regime
di compartecipazione alle entrate erariali, cosi' come gli  interessi
e le sanzioni derivanti dalla relativa attivita'  di  accertamento  e
riscossione. La Regione, inoltre, a proposito degli artt.  13,  comma
17, e 14, comma 13-bis, del d.l.  n.  201  del  2011  evidenzia  come
l'assunto del resistente - secondo cui la diversa disciplina  dettata
per i Comuni sardi e siciliani si  giustificherebbe  in  ragione  del
fatto che per essi, diversamente che nelle altre Regioni autonome, la
finanza locale e' ancora a carico dell'erario - non  spiegherebbe  la
discriminazione rispetto ai Comuni delle Regioni a statuto ordinario.
Inoltre,  i  Comuni  sardi   vedrebbero   ridotti   i   finanziamenti
diversamente dalle altre Regioni a statuto speciale,  che  potrebbero
mantenerli al medesimo livello. 
    5.4.- In data 16 ottobre 2012, il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  ha  depositato  una  memoria  dove   sostiene   che   l'IMU
sperimentale rappresenterebbe un'imposta diversa da quella «a regime»
prevista dagli artt. 8 e 9 del d.lgs. n. 23  del  2011  e  svincolata
dalle procedure di cui al successivo  art.  14,  il  cui  comma  3  -
secondo il quale «Nelle regioni a statuto speciale e  nelle  province
autonome che esercitano le funzioni in materia di finanza locale,  le
modalita' di applicazione delle disposizioni  relative  alle  imposte
comunali istituite con  il  presente  decreto  sono  stabilite  dalle
predette autonomie speciali in conformita' con i rispettivi statuti e
le relative  norme  di  attuazione»  -  peraltro  non  sarebbe  stato
applicabile  alla  ricorrente,  che  in  concreto  non  eserciterebbe
funzioni in materia di finanza locale. L'IMU, inoltre, costituirebbe,
analogamente all'ICI - il cui rimborso continua ad essere  operato  a
beneficio dei Comuni delle autonomie speciali  in  virtu'  di  quanto
disposto dall'art. 4, comma 5, lettera m), del decreto-legge 2  marzo
2012, n. 16  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di  semplificazioni
tributarie, di efficientamento e  potenziamento  delle  procedure  di
accertamento), convertito, con modificazioni, dall'art. 1,  comma  1,
della legge 26 aprile 2012,  n.  44,  secondo  diverse  modalita'  in
ragione del concreto esercizio delle funzioni in materia  di  finanza
locale - un  tributo  proprio  derivato  la  cui  disciplina  sarebbe
esercizio della competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi
dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. Peraltro, la  manovra
sarebbe a saldi invariati per gli enti locali con riferimento sia  al
gettito dell'IMU che a quello  della  TARES.  Infine,  non  avrebbero
pregio  le  doglianze  relative  all'attivita'  di   accertamento   e
riscossione dei Comuni, vertendosi in  materia  di  imposte  comunali
proprie. 
    5.5.- In data 18 marzo 2014,  la  Regione  autonoma  Sardegna  ha
depositato una memoria,  in  cui  ribadisce  di  essere  titolare  di
competenza legislativa esclusiva in materia di «finanza locale»,  con
la conseguenza  che  avrebbe  trovato  applicazione  anche  nei  suoi
confronti, oltre alla clausola di salvaguardia di  cui  all'art.  14,
comma 2 (sulla neutralita' finanziaria), del d.lgs. n. 23  del  2011,
istitutivo dell'IMU, anche quella di cui al successivo comma 3 (sulle
modalita'  applicative).  Nell'esercizio  della  propria   competenza
legislativa in materia di «sistema tributario» (ex art. 117,  secondo
comma, lettera e, Cost.) e di «coordinamento del sistema  tributario»
(ex art. 117, terzo comma, Cost.) il legislatore non  avrebbe  potuto
sopprimere gli spazi di autonomia gia'  riconosciuti  con  le  citate
disposizioni, con la conseguenza che l'art. 13 del d.l.  n.  201  del
2011 violerebbe i parametri statutari (artt. 7 e 8 dello  statuto)  e
costituzionali  (art.   119   Cost.)   che   presidiano   l'autonomia
finanziaria  regionale.  Detti  spazi  di  autonomia  non   sarebbero
sufficientemente salvaguardati dal ripristino della compensazione per
il  gettito  dell'ICI  sull'abitazione  principale.  Ne'  la  pretesa
equivalenza di gettito  per  i  Comuni  garantirebbe  quella  per  la
Regione,  che  perderebbe  la  compartecipazione  all'IRPEF  per   la
componente immobiliare. 
    A proposito dell'art. 14, comma 13-bis, la Regione evidenzia  che
il  recupero  del  maggior  gettito  non  avverrebbe  attraverso   le
procedure previste dall'art. 27 della legge n. 42 del 2009, come  per
le altre  autonomie  speciali  (esclusa  la  Regione  siciliana),  ma
attraverso la riduzione dei trasferimenti ai  Comuni,  nonostante  la
competenza legislativa esclusiva  in  materia  di  «finanza  locale».
Inoltre, la ricorrente patirebbe anche gli effetti della  diminuzione
del Fondo  sperimentale  di  riequilibrio  e  del  Fondo  perequativo
comunale, i quali opererebbero anche a vantaggio  degli  enti  locali
sardi,  come  desumibile  dall'indistinta  clausola  di  salvaguardia
contenuta nell'art. 14 del d.lgs. n. 23 del  2011  che  ha  istituito
detti fondi. 
    5.6.- In data 21 aprile 2015, la  Regione  autonoma  Sardegna  ha
depositato un'ulteriore memoria, in  cui,  oltre  a  riepilogare  gli
argomenti gia' spesi a sostegno dell'impugnativa ed a ribattere  alle
difese erariali, si sofferma in particolare sull'assenza di spazi  di
manovra rimessi all'autonomia regionale  in  un  settore  di  diretta
incidenza  sulla  finanza  locale  e  sulla  pretesa  discriminazione
realizzata in danno dei Comuni sardi (e siciliani) rispetto a  quelli
delle altre Regioni. 
    6.- La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha impugnato l'art.
13, commi 11, 14, lettera a), e 17, terzo, quarto e quinto periodo, e
l'art. 14, comma 13-bis, in riferimento agli artt. 48, 49, 51, 53, 63
e 65 della legge  costituzionale  31  gennaio  1963,  n.  1  (Statuto
speciale per  la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia)  ed  in  relazione
all'art. 4 del decreto del Presidente  della  Repubblica  23  gennaio
1965, n. 114  (Norme  di  attuazione  dello  Statuto  speciale  della
Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di  finanza  regionale),  ed
all'art. 6, comma 2, del decreto legislativo 2  gennaio  1997,  n.  8
(Norme  di  attuazione  dello  statuto  speciale   per   la   regione
Friuli-Venezia Giulia recanti modifiche ed  integrazioni  al  decreto
del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1965, n. 114,  concernente
la finanza regionale), nonche' in riferimento agli  artt.  3  e  119,
primo, secondo e quarto comma, Cost.,  al  principio  di  neutralita'
finanziaria espresso dall'art. 1, comma 159, della legge 13  dicembre
2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - legge di stabilita' 2011)», ed al principio
consensuale. 
    6.1.-  Poiche'  l'IMU  sostituisce  l'IRPEF  per  la   componente
immobiliare e le relative addizionali, la riserva  allo  Stato  della
meta' del gettito disposta dall'art. 13, comma 11, del  d.l.  n.  201
del 2011 sarebbe elusiva della spettanza alla Regione dei sei  decimi
del gettito dell'IRPEF, prevista dall'art. 49,  primo  comma,  numero
1), dello statuto, e della spettanza delle  addizionali  sui  tributi
erariali  che  le  leggi  statali  attribuiscano  agli  enti  locali,
prevista dall'art. 51, secondo comma, dello statuto. Detti  parametri
risulterebbero  violati  a  seguito  dell'avocazione  allo  Stato  di
risorse riscosse a  titolo  di  tributo  erariale  corrispondenti  al
gettito di tributi spettanti alla Regione pro  quota  o  interamente.
Ove si valorizzasse la natura di tributo locale dell'IMU, l'art.  51,
secondo comma, dello statuto risulterebbe comunque violato, in quanto
anche  il  gettito  dei  tributi  propri   che   le   leggi   statali
attribuiscono agli enti locali spetta alla Regione, mentre per  meta'
viene riservato allo Stato senza che ne  sussistano  gli  estremi  ai
sensi dell'art. 4 del d.P.R. n. 114 del  1965  -  la  destinazione  a
spese che siano nuove e specifiche - e  dell'art.  6,  comma  2,  del
d.lgs. n. 8 del 1997, ossia l'accordo tra Governo e Regione. 
    Inoltre, poiche' l'art. 13, comma 11, del d.l. n.  201  del  2011
dispone che «accertamento e riscossione  dell'imposta  erariale  sono
svolte dal comune al quale spettano le maggiori somme derivanti dallo
svolgimento delle suddette attivita' a titolo di imposta, interessi e
sanzioni», esso violerebbe l'art. 53, quarto comma, dello  statuto  -
secondo cui intese tra  Regione  e  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze «definiscono i necessari  indirizzi  e  obiettivi  strategici
relativi all'attivita' di accertamento  dei  tributi  nel  territorio
della Regione, la quale e' svolta attraverso  i  conseguenti  accordi
operativi con le Agenzie fiscali» -  in  quanto  la  norma  censurata
regolerebbe direttamente l'accertamento nel  territorio  provinciale.
Sotto un ulteriore profilo, la norma contrasterebbe altresi' con  gli
artt.  49  e  51,  secondo  comma,  dello  statuto,  in  quanto,  non
trattandosi del gettito di nuove entrate, ma di quello  derivante  da
un piu' rigoroso accertamento degli obblighi tributari  preesistenti,
esso spetterebbe alla Regione, sia che si valorizzi la corrispondenza
dell'IMU  con  l'IRPEF  per  la  componente  immobiliare  e  con   le
addizionali sia che si valorizzi la natura di tributo locale. 
    La Regione censura anche l'art. 13, comma  14,  lettera  a),  del
d.l. n. 201 del 2011, in quanto, abrogando l'art. 1 del decreto-legge
27 maggio 2008, n. 93  (Disposizioni  urgenti  per  salvaguardare  il
potere di acquisto delle famiglie),  convertito,  con  modificazioni,
dall'art.  1,  comma  1,  della  legge  24  luglio  2008,   n.   126,
escluderebbe il rimborso ai Comuni - tramite la Regione -  del  minor
gettito dell'ICI dovuto all'esclusione  dell'imposta  sull'abitazione
principale, infliggendo cosi' un ulteriore taglio delle  risorse  del
sistema regionale necessarie per  il  finanziamento  delle  «funzioni
normali»  dei  Comuni.  Ne  risulterebbe   pregiudicata   l'autonomia
finanziaria della Regione, con conseguente violazione degli artt.  48
e 49 dello statuto e dell'art. 119, primo, secondo  e  quarto  comma,
Cost.,  che  tale  autonomia  assicurano.   Cio'   avverrebbe   senza
compensazione  alcuna,  violando   il   principio   di   «neutralita'
finanziaria» espresso dall'art. 1, comma 159, della legge n. 220  del
2010, cui andrebbe riconosciuto valore interpretativo dello  statuto,
ed il principio  consensuale  che  informerebbe  di  se'  i  rapporti
finanziari tra Stato e Regioni speciali. Queste ultime risulterebbero
trattate in maniera deteriore rispetto a quelle  ordinarie  -  i  cui
Comuni non perderebbero  la  compensazione  dell'ICI  sull'abitazione
principale, confluita nel fondo sperimentale di  riequilibrio  -  con
conseguente violazione dell'art. 3 Cost. 
    La ricorrente censura inoltre l'art. 13, comma 17,  del  d.l.  n.
201 del 2011, che  determinerebbe  l'acquisizione  allo  Stato  dalla
Regione dell'importo  pari  alla  differenza  tra  la  quota  IMU  di
spettanza comunale e le previgenti  entrate  comunali.  Tale  importo
sarebbe maggiore ove tra queste ultime si includesse solo il  gettito
dei  tributi  comunali  (l'ICI)  e  non  anche  delle  altre  entrate
tributarie sostituite dall'IMU (sei  decimi  dell'IRPEF  sui  redditi
immobiliari ed addizionali regionale e comunale) e delle risorse  che
pervenivano ai Comuni tramite la Regione (art. 1, comma 4,  del  d.l.
n. 93 del 2008). In tal modo la norma violerebbe gli artt.  49  dello
statuto e 4 del d.P.R. n. 114 del 1965 e 6, comma 2, del d.lgs.  n  8
del  1997,  in  quanto  verrebbero  avocate  allo  Stato  risorse  di
spettanza provinciale al di fuori dei casi previsti. Cio' sia ove  si
consideri  la  sottrazione  delle   risorse   regionali   frutto   di
compartecipazione all'IRPEF fondiaria e di  addizionale  sia  ove  si
consideri che la Regione debba assicurare allo Stato il recupero  del
maggior gettito attraverso  le  proprie  risorse  ordinarie.  Analogo
vulnus all'art. 49 dello statuto ed  all'intero  sistema  finanziario
regionale determinerebbe l'accantonamento previsto dal quarto periodo
della disposizione impugnata,  incidendo  sull'utilizzabilita'  delle
risorse. Ancora, la norma violerebbe gli artt. 63 e 65 dello statuto,
perche' si pretenderebbe di derogare ai precedenti artt. 49 e 51  con
una fonte primaria ordinaria. Infine, sarebbe violato l'art. 65 dello
statuto, perche' l'art. 13, comma 17, terzo periodo, pretenderebbe di
vincolare unilateralmente il contenuto delle norme di attuazione. 
    Uno specifico profilo di illegittimita' interesserebbe l'art. 13,
comma 17, quinto periodo, irragionevole nell'aprioristica  stima  del
recupero per un  importo  fisso  senza  meccanismi  di  conguaglio  o
rimborso e contrario al principio consensuale in materia  di  finanza
delle Regioni a statuto speciale. 
    In ultimo, la ricorrente impugna l'art. 14, comma 13-bis, terzo e
quarto periodo, del d.l. n. 201 del 2011 il  quale  prevedendo  -  in
ragione di un incremento di gettito della TARES -  un  meccanismo  di
acquisizione al bilancio dello Stato  analogo  a  quello  contemplato
dall'impugnato art. 13, comma 17, terzo e quarto periodo, viene fatto
oggetto dei medesimi motivi di censura  in  riferimento  agli  stessi
parametri. 
    6.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  si  e'  costituito  in
giudizio - con  memoria  depositata  fuori  termine  -  chiedendo  il
rigetto delle censure proposte dalla ricorrente. 
    Ad avviso del  resistente,  l'IMU  sperimentale  rappresenterebbe
un'imposta diversa da quella «a regime» prevista dagli artt.  8  e  9
del d.lgs. n. 23 del 2011 che costituirebbe, analogamente all'ICI, un
tributo proprio derivato la cui disciplina  sarebbe  esercizio  della
competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'art.  117,
secondo comma, lettera e), Cost. 
    La manovra - che determinerebbe  saldi  invariati  per  gli  enti
locali con riferimento sia al gettito dell'IMU  che  a  quello  della
TARES - non sarebbe lesiva, in quanto  ben  potrebbe  determinare  la
riduzione nelle  disponibilita'  finanziarie  della  Regione  con  il
limite di non  renderle  insufficienti  per  l'adempimento  dei  suoi
compiti; limite il cui superamento dovrebbe essere  dimostrato  dalla
Regione, che, nonostante i mezzi per farlo, non  avrebbe  assolto  al
relativo onere. Infine, non avrebbero pregio  le  doglianze  relative
all'attivita' di accertamento e riscossione dei Comuni, vertendosi in
materia di imposte comunali proprie. 
    Il  Presidente   del   Consiglio   evidenzia   inoltre   che   la
compensazione statale per la  soppressione  dell'ICI  sull'abitazione
principale  e'  stata  ripristinata  a  beneficio  dei  Comuni  delle
autonomie speciali in virtu' di quanto disposto dall'art. 4, comma 5,
lettera m), del d.l. n. 16 del 2012,  secondo  diverse  modalita'  in
ragione del concreto esercizio delle funzioni in materia  di  finanza
locale. 
    6.3.- In data 16 ottobre 2012, la Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia ha depositato una memoria in  cui  evidenzia  che  l'art.  13,
comma 14, lettera a), del d.l. n. 201 del 2011 e' stato modificato in
modo rilevante dall'art. 4, comma 5, lettera m), del d.l. n.  16  del
2012, modifica che farebbe venire meno la materia del  contendere  in
relazione a questa specifica disposizione impugnata. 
    6.4.- In data 17 marzo 2014, la Regione ha depositato una memoria
in cui, evidenzia che l'art. 13, comma 11 - gia' modificato dall'art.
4, comma 5, lettera g), del d.l. n. 16 del 2012 - e'  stato  abrogato
dall'art. 1, comma 380, lettera h), della  legge  n.  228  del  2012.
Cio', tuttavia, non comporterebbe la  cessazione  della  materia  del
contendere, in quanto la norma impugnata avrebbe trovato applicazione
nel 2012. Secondo la Regione, anche l'abrogazione  dell'art.  14  del
d.l. n. 201 del 2011, da parte dell'art. 1, comma 704, della legge n.
147 del 2013, non inciderebbe sui termini della questione, in  quanto
la norma avrebbe trovato applicazione nel 2013. 
    6.5.-  In  data  21  aprile  2015,  la  Regione   ha   depositato
un'ulteriore memoria, ribadendo l'intangibilita' -  neppure  mediante
accantonamento -  della  compartecipazione  al  gettito  dei  tributi
erariali  garantita  dallo  statuto   di   autonomia   e   l'avvenuta
applicazione, nell'anno 2013, del censurato art.  14,  comma  13-bis,
del d.l. n. 201 del 2011. 
    7.- Con ricorso  n.  24  del  2013,  la  Regione  autonoma  Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste ha impugnato l'art. 1, comma 380, lettera  h),
della legge n. 228 del 2012,  in  riferimento  agli  artt.  3,  primo
comma, lettera f), 48-bis, e 50, quinto comma, dello  statuto  ed  in
relazione agli articoli da 2 a 7 della legge n. 690 del 1981, nonche'
in riferimento agli artt. 5, 117, terzo comma, 119 e  120  Cost.,  in
combinato disposto con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. 
    7.1.- Sul presupposto di  essere  tenuta  a  tempo  indeterminato
(nelle more dell'emanazione della normativa attuativa di cui all'art.
27 della legge n. 42 del 2009) ad accantonare importi, a valere sulle
quote di compartecipazione ai  tributi  erariali,  corrispondenti  al
maggior gettito IMU ad aliquota base percepito dai Comuni valdostani,
la ricorrente lamenta la violazione degli artt.  48-bis,  50,  quinto
comma, dello statuto e da 2 a 7 della legge n. 690 del 1981, perche',
ribadendo l'applicabilita' dell'art. 13, comma 17, del  d.l.  n.  201
del 2011, l'art. 1, comma 380, lettera h), della  legge  n.  228  del
2012 determinerebbe, in via unilaterale e  senza  il  rispetto  dello
speciale  procedimento  statutario,  una  riduzione  delle  quote  di
compartecipazione regionale ai tributi erariali.  Risulterebbe  cosi'
violata altresi' l'autonomia finanziaria regionale, garantita,  oltre
che dai parametri menzionati, anche dall'art. 3, primo comma, lettera
f), dello statuto e dagli artt. 117, terzo comma,  e  119  Cost.,  in
combinato disposto con l'art. 10 della legge cost.  n.  3  del  2001.
Infine,  prescindendo  dalla  «tecnica  dell'accordo»  nei   rapporti
finanziari tra lo Stato e le Regioni a  statuto  speciale,  la  norma
violerebbe il principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e
120 Cost. 
    7.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  si  e'  costituito  in
giudizio, sostenendo  l'infondatezza  delle  censure  proposte  dalla
ricorrente. Dopo aver evidenziato che  l'art.  1,  comma  380,  della
legge n. 228 del 2012 avrebbe eliminato la quota di riserva  erariale
sul gettito IMU - con conseguente devoluzione dell'intero gettito  ai
Comuni, eccetto quello derivante dagli immobili  ad  uso  produttivo,
mantenuto  allo  Stato  -  e  soppresso  il  Fondo  sperimentale   di
riequilibrio nonche' i trasferimenti erariali alla Regione  siciliana
ed alla Regione autonoma Sardegna, il resistente sostiene che  simili
innovazioni sarebbero  irrilevanti  per  le  autonomie  speciali  che
esercitano le funzioni in materia di finanza locale. In  particolare,
esse non sarebbero riguardate dal  Fondo  di  solidarieta'  comunale,
sostitutivo  di   quello   di   riequilibrio   nonche'   dei   citati
trasferimenti erariali ed alimentato con una quota  del  gettito  IMU
comunale, stabilita con accordo in sede di Conferenza Stato-citta' ed
autonomie locali recepito in  apposito  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri. Viceversa,  per  le  autonomie  speciali  che
esercitano le funzioni in materia di finanza locale continuerebbe  ad
operare il meccanismo  dell'accantonamento  provvisorio  del  maggior
gettito IMU - al netto dell'IRPEF per  la  componente  immobiliare  e
delle relative  addizionali  -  rispetto  alla  previgente  ICI,  con
recupero da attuarsi attraverso una  procedura  legittima  in  quanto
realizzata con le modalita' previste dall'art. 27 della legge  n.  42
del 2009 ed a fronte  di  maggiori  entrate  comunali,  dunque  senza
depauperamento del sistema finanziario  regionale.  La  riserva  allo
Stato del gettito derivante dagli  immobili  ad  uso  produttivo  non
necessiterebbe dei presupposti richiesti dalle  norme  di  attuazione
statutaria, essendo riconducibile ad un meccanismo  di  compensazione
della rinuncia alla quota erariale del gettito IMU, analogamente alla
soppressione  del  Fondo   sperimentale   di   riequilibrio   e   dei
trasferimenti  erariali  alla  Regione  siciliana  ed  alla   Regione
autonoma Sardegna. 
    8.-  Con  ricorso  n.  32   del   2013,   la   Regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia ha impugnato i commi 380, lettere b), f), h) ed
i), e 383 dell'art. 1 della legge n. 228  del  2012,  in  riferimento
agli artt. 4, numero 1-bis), 48, 49, 51, secondo comma, 54, 63  e  65
dello  statuto  speciale;  in  relazione  all'art.  9   del   decreto
legislativo 2 gennaio 1997, n. 9 (Norme di attuazione  dello  statuto
speciale  per  la  regione  Friuli-Venezia  Giulia  in   materia   di
ordinamento degli  enti  locali  e  delle  relative  circoscrizioni),
all'art. 4 del d.P.R. n. 114 del  1965,  all'art.  6,  comma  2,  del
d.lgs. n. 8 del 1997, al principio di  «neutralita'  finanziaria»  di
cui all'art. 1, comma 159, della legge n. 220 del  2010;  nonche'  in
riferimento  al  principio  di  leale  collaborazione,  a  quello  di
certezza ed agli artt. 3, 97, 119, primo,  secondo  e  quarto  comma,
Cost. 
    8.1.- Sul presupposto che l'art. 1, comma 554, delle legge n. 228
del 2012 non ne  escluda  l'applicabilita'  alle  Regioni  a  statuto
speciale, le lettere b) - solo in via cautelativa, per il caso in cui
il Fondo di solidarieta' comunale sia alimentato anche con una  quota
del gettito IMU spettante ai Comuni friulani, esclusi dalla  relativa
ripartizione ai sensi del successivo  comma  382  -  f)  ed  h),  cui
sarebbe collegata la lettera i), dell'art. 1, comma 380, della  legge
n. 228 del 2012 violerebbero anzitutto gli artt.  4,  numero  1-bis),
49, 51, secondo comma, e 54 dello statuto nonche' l'art. 9 del d.lgs.
n. 9 del 1997, in quanto, poiche' l'IMU sostituisce  l'IRPEF  per  la
componente  immobiliare  e  le  addizionali  regionali  o   comunali,
attribuirebbero allo Stato risorse di spettanza regionale (pro quota,
ex art. 49 dello statuto, o interamente, ex art. 51,  secondo  comma,
dello statuto) o che rappresentano una  componente  essenziale  della
finanza comunale, con ripercussioni sulla  responsabilita'  regionale
in materia (ex artt. 54 dello statuto e 9 del d.lgs. n. 9 del  1997).
Inoltre,  le  stesse  norme   contrasterebbero   con   il   principio
dell'accordo che  regolerebbe  i  rapporti  finanziari  tra  Stato  e
Regioni a statuto speciale. Le lettere f) ed h) del citato comma  380
violerebbero  altresi'  il  principio  di  «neutralita'  finanziaria»
espresso dall'art. 1, comma 159, della legge n. 220 del  2010  -  cui
andrebbe riconosciuto valore interpretativo dello statuto - in quanto
regolerebbero un nuovo tributo, sostituendolo ad altri  preesistenti,
con il risultato di  spostare  risorse  dal  sistema  regionale  allo
Stato. 
    Le lettere b) ed h) del comma 380  violerebbero  l'art.  3  Cost.
perche' solo i Comuni di alcune Regioni ad  autonomia  speciale,  tra
cui la ricorrente (legittimata ad  evocare  il  parametro  in  quanto
responsabile della finanza locale),  subirebbero  l'esclusione  dalla
ripartizione del fondo di solidarieta' e l'avocazione allo Stato  del
maggior gettito tributario ad essi destinato. 
    La lettera f) del comma 380, segnatamente, violerebbe  gli  artt.
49, primo comma, numero 1), e 51,  secondo  comma,  dello  statuto  -
perche' avocherebbe allo Stato risorse riscosse a titolo  di  tributo
erariale corrispondenti a tributi spettanti in parte o  integralmente
alla Regione - o il solo art. 51, secondo comma, dello  statuto,  ove
si valorizzasse la natura di tributo locale dell'IMU, il cui gettito,
quale tributo proprio, spetterebbe comunque alla  Regione.  Peraltro,
non sussisterebbero gli estremi per la riserva erariale  del  gettito
ai sensi dell'art. 4, primo comma, del  d.P.R.  n.  114  del  1965  -
mancando il requisito della destinazione  alla  copertura  di  spese,
tantomeno nuove e specifiche - o dell'art. 6, comma 2, del d.lgs.  n.
8 del 1997, norma che non avrebbe portata generale e  che,  comunque,
presupporrebbe  un  accordo  con  la  Regione.  La  norma  violerebbe
altresi' il principio di leale  collaborazione  ed,  in  particolare,
quello consensuale che domina le relazioni finanziarie tra lo Stato e
le Regioni a statuto speciale. In via subordinata,  la  disposizione,
prevedendo una riserva  erariale  del  gettito  tributario  derivante
dalla particolare categoria degli immobili produttivi, determinerebbe
forti sperequazioni  tra  i  Comuni  a  seconda  della  tipologia  di
immobili presenti nel loro territorio, in violazione del principio di
ragionevolezza di cui all'art.  3  Cost.,  ed  effetti  negativi  sui
bilanci comunali, in contrasto con il principio  del  buon  andamento
dell'amministrazione di cui all'art.  97  Cost.,  profili  deducibili
dalla Regione in quanto competente in materia di finanza locale. 
    La lettera i) del comma 380, consentendo la modifica dell'importo
relativo  alla  lettera  f),  renderebbe  incerto  il  contenuto   di
quest'ultima, in violazione del principio della certezza del  diritto
- profilo di illegittimita' costituzionale che  la  Regione  potrebbe
lamentare in ragione della  sua  competenza  in  materia  di  finanza
locale - ed, in virtu' del collegamento, sarebbe affetta dai medesimi
vizi di incostituzionalita' denunciati con riguardo alla lettera f). 
    La  lettera  h)  del  comma  380,  segnatamente,  violerebbe   il
principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. -  con  riverbero
sull'autonomia finanziaria  locale  e  regionale  -  in  quanto,  non
chiarendo a quali entrate comunali raffrontare  il  gettito  IMU,  al
fine del calcolo del maggior gettito previsto dal richiamato art. 13,
comma 17, del d.l. n. 201 del 2011,  renderebbe  incerte  le  risorse
disponibili  ed  impossibile  un'adeguata  programmazione.  La  norma
violerebbe inoltre gli artt. 49 e 51, secondo comma, dello statuto, 4
del d.P.R. n. 114 del 1965 e 6, comma 2, del d.lgs. n.  8  del  1997,
sia che il meccanismo di cui al citato art. 13, comma  17,  determini
l'avocazione allo Stato di risorse di spettanza regionale a titolo di
compartecipazione  all'IRPEF  per  la  componente  immobiliare  e  di
addizionali,  sia  che  esso  imponga  alla  Regione  di   assicurare
all'erario il recupero del maggior gettito con  le  risorse  ad  essa
affluite  in  applicazione  delle  disposizioni   statutarie   e   di
attuazione. La deroga che la norma  pretenderebbe  di  realizzare  ai
citati parametri la porrebbe in contrasto anche con gli artt. 63 e 65
dello  statuto,  quest'ultimo  anche  per  la  pretesa  normativa  di
vincolare   unilateralmente   il   contenuto    delle    disposizioni
d'attuazione. Ancora, il meccanismo di cui al citato art.  13,  comma
17, violerebbe gli artt. 48 e 49 dello statuto e l'art.  119,  primo,
secondo e quarto comma, Cost., infliggendo  un  rilevante  taglio  di
risorse al sistema finanziario regionale - ossia quelle rappresentate
dalla componente immobiliare dell'IRPEF, le relative addizionali e la
compensazione dell'esenzione dall'ICI per l'abitazione  principale  -
destinate al finanziamento delle «funzioni normali» dei Comuni, anche
in violazione  del  principio  di  «neutralita'  finanziaria»  ed  il
principio consensuale nei rapporti  finanziari  tra  lo  Stato  e  le
Regioni a statuto speciale. Inoltre, risulterebbe  violato  l'art.  3
Cost., sia in  quanto  il  meccanismo  in  considerazione  colpirebbe
compartecipazioni ed addizionali di cui solo  le  Regioni  a  statuto
speciale disporrebbero sia perche' i Comuni di quelle  ordinarie  non
perderebbero la compensazione  dell'ICI  sull'abitazione  principale,
confluita   nel   fondo   sperimentale   di    riequilibrio.    Anche
l'accantonamento previsto dall'art. 13, comma 17, del d.l. n. 201 del
2011 violerebbe  l'art.  49  dello  statuto,  in  quanto  le  risorse
regionali sarebbero  previste  per  essere  effettivamente  impiegate
nello svolgimento  delle  funzioni  costituzionali.  Infine,  sarebbe
irragionevole  la  quantificazione  in  un   importo   fisso,   senza
possibilita' di conguaglio o rimborso, del recupero  che  la  Regione
sarebbe chiamata ad assicurare, in contrasto, altresi', con  il  gia'
evocato principio consensuale. 
    La ricorrente censura anche l'art. 1, comma 383, della  legge  n.
228 del 2012, in quanto la prevista verifica del gettito dell'IMU del
2012, utilizzando anche i dati relativi alle aliquote  ed  ai  regimi
agevolativi  deliberati   dai   singoli   Comuni,   produrrebbe   una
rideterminazione, a posteriori e con  diverse  modalita'  di  calcolo
rispetto alla stima  ad  aliquota  base,  del  maggior  gettito,  che
potrebbe comportare minori disponibilita' rispetto a quelle  valutate
nell'impostazione dei bilanci degli  enti  interessati,  violando  il
principio di certezza e l'autonomia finanziaria degli enti locali  e,
di conseguenza, della  Regione,  competente  in  materia  di  finanza
locale. 
    8.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  si  e'  costituito  in
giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso proposto dalla ricorrente. 
    Anzitutto il resistente nega che la lettera b) del  citato  comma
380 sia applicabile  alla  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia,
atteso che, ai sensi dell'art. 1, comma 380, lettera d), numero 5), i
criteri  di  formazione  e  riparto  del  fondo,  da  definirsi   con
successivo  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri,
dovrebbero  tener  conto  della  diversa  incidenza   delle   risorse
soppresse dalla lettera e) sulle risorse complessive per l'anno 2012,
ossia del Fondo  sperimentale  di  riequilibrio,  destinato  ai  soli
Comuni  delle  Regioni  a  statuto  ordinario,  e  dei  trasferimenti
erariali ai Comuni siciliani  e  sardi,  con  conseguente  esclusione
delle autonomie speciali che esercitano le  funzioni  in  materia  di
finanza locale. 
    Evidenziato, poi, come l'IMU sia  un  tributo  proprio  derivato,
istituito  e  regolato  dalla  legge  statale  nell'esercizio   della
competenza esclusiva di cui all'art. 117, secondo comma, lettera  e),
Cost. che consentirebbe allo Stato di modificare il  proprio  sistema
tributario, anche sopprimendo o  sostituendo  tributi  esistenti,  il
resistente nega che la lettera f) del comma  380  dia  luogo  ad  una
riserva erariale  che  debba  rispettare  i  requisiti  richiesti  al
riguardo dalle norme di attuazione  statutaria,  atteso  che,  da  un
lato, si tratterebbe di un meccanismo di compensazione degli  effetti
negativi  della  rinuncia  alla  quota  di  meta'  del  gettito   IMU
precedentemente prevista dall'art. 13, comma 11, del d.l. n. 201  del
2011 e, dall'altro, essa  inciderebbe  su  risorse  che,  altrimenti,
sarebbero state  di  spettanza  dei  Comuni  e  non  attribuite  alla
Regione, come presupposto dalle norme che disciplinano le ipotesi  di
riserva erariale. 
    Quanto alla lettera h) del comma 380, il resistente nega che essa
abbia determinato un depauperamento  delle  risorse  delle  autonomie
speciali - circostanza che, peraltro, la  ricorrente  avrebbe  dovuto
dimostrare - in  quanto,  nell'ambito  di  una  manovra  con  effetto
finanziario neutrale cui e' seguito il ripristino  dei  trasferimenti
compensativi ai Comuni delle Regioni  a  statuto  speciale  correlati
all'esenzione dell'ICI sull'abitazione  principale,  l'accantonamento
provvisorio dovrebbe avvenire al netto dei tributi assorbiti dall'IMU
ed il successivo recupero verrebbe eseguito secondo importi, tempi  e
modalita'  decise  dalle  autonomie  medesime.  Cio'   senza   alcuna
disparita' di trattamento rispetto alle altre Regioni, il  meccanismo
di recupero ed accantonamento essendo  stato  semplicemente  adeguato
alla circostanza  che  alcune  autonomie  speciali,  diversamente  da
altre, esercitano concretamente  le  funzioni  di  finanza  locale  e
potrebbero rivalersi, con le modalita' preferite, nei  confronti  dei
Comuni. 
    Quanto all'art. 1, comma 383, della legge n.  228  del  2012,  il
resistente sostiene che esso mira a scorporare dal  gettito  riscosso
dai Comuni la quota dovuta  alla  manovrabilita'  sulle  aliquote  da
parte dei medesimi, in modo da far si' che detta quota non incida  su
trasferimenti o accantonamenti. 
    8.3.- In data 17 marzo 2014, la Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia, sottolineata l'irrilevanza delle modifiche apportate al comma
380 dall'art. 1, comma 729, della legge n. 147 del 2013 e ribadite le
censure svolte in ricorso, evidenzia come la riserva erariale di  una
parte del gettito IMU incida su risorse di  spettanza  regionale  sia
perche'  essa  sostituisce  tributi  compartecipati  sia  perche'  la
Regione ha la responsabilita' complessiva della finanza locale. 
    8.4.- In data 18 marzo 2014,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha depositato una memoria, in cui, sottolineate le modifiche
apportate alla lettera f) del comma 380 dall'art. 10, comma 4-quater,
lettera a), del d.l. n. 35 del 2013, evidenzia come  il  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri  13  novembre  2013  (Fondo  di
solidarieta' comunale in attuazione dell'articolo 1, comma 380, della
legge  24  dicembre  2012,  n.  228),  abbia  espressamente  limitato
l'applicabilita' del fondo sperimentale  di  riequilibrio  ai  Comuni
delle Regioni ordinarie, della  Regione  siciliana  e  della  Regione
autonoma Sardegna. Il resistente sostiene inoltre che, in un contesto
di grave  crisi  economica,  il  legislatore  possa  discostarsi  dal
modello consensualistico  nella  determinazione  delle  modalita'  di
concorso delle autonomie speciali alle manovre di finanza pubblica. 
    8.5.-  In  data  21  aprile  2015,  la  Regione   ha   depositato
un'ulteriore memoria in cui: prende atto di  quanto  affermato  dalla
controparte   circa   l'inapplicabilita'   alla   Regione    autonoma
Friuli-Venezia Giulia della  lettera  b)  del  censurato  comma  380;
sostiene  l'ammissibilita'  della  censura  rivolta  alle  successive
lettere f) ed h),  ribadendo  quanto  gia'  dedotto  ed  evidenziando
l'intangibilita'  -   neppure   mediante   accantonamento   -   della
compartecipazione al gettito dei  tributi  erariali  garantita  dallo
statuto di autonomia; richiama le considerazioni  svolte  a  sostegno
dell'impugnativa dell'art. 1, comma 383, della legge n. 228 del 2012. 
    9.- Con ricorso n. 41 del 2013, la Regione autonoma  Sardegna  ha
impugnato l'art. 1, commi 380 e 387, della legge n. 228 del  2012  in
riferimento agli artt. 3, comma 1, lettera b), 7 e 8 dello statuto ed
agli artt. 117 e 119 Cost. 
    9.1.- La Regione impugna l'art. 1, comma 380, della legge n.  228
del 2012 in quanto, seppur modificando  il  regime  precedente,  gia'
censurato con il ricorso di cui al reg.  ric.  n.  47  del  2012,  lo
confermerebbe. La disposizione violerebbe gli artt. 3,  primo  comma,
lettera b) - che attribuirebbe alla ricorrente  competenza  esclusiva
in  materia  di  finanza  locale  -  7  e  8  dello  statuto  -   che
garantirebbero alla Regione un'adeguata autonomia finanziaria - e 117
e  119  Cost.  -  che,  oltre  a  confermarla,  attribuirebbero  alla
ricorrente  la  competenza  legislativa  concorrente  in  materia  di
«coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario» -  in
quanto non lascerebbe alcun margine di autonoma regolamentazione  del
tributo per adattarlo alle particolarita' regionali. 
    La  lettera  f)   del   citato   comma   380,   in   particolare,
contrasterebbe con l'art. 8, primo comma, lettera m), dello  statuto,
in quanto prevederebbe una riserva erariale del  gettito  tributario,
per sette decimi spettante alla Regione. 
    Quest'ultima censura altresi' il successivo comma 387, in quanto,
modificando i criteri di calcolo e le modalita'  di  pagamento  e  di
riscossione   della   TARES,   lascerebbe   intatto   il   meccanismo
disciplinato dall'art. 14 del  d.l.  n.  201  del  2011  -  anch'esso
impugnato dalla ricorrente con il ricorso iscritto al reg. ric. n. 47
del 2012 - per cui le modifiche non risulterebbero  satisfattive.  La
nuova disposizione violerebbe gli artt. 3, primo comma, lettera b), e
7 dello statuto, in quanto sarebbe dettata in  una  materia  (finanza
locale) di competenza  esclusiva  della  Regione,  escludendone  ogni
forma di intervento, e, con  riferimento  al  maggior  gettito  della
TARES, determinerebbe una riduzione nel finanziamento  comunale,  con
riverbero  sull'autonomia  finanziaria  regionale,  costretta  a  far
fronte al mancato incremento delle risorse degli enti locali. 
    Infine, risulterebbe altresi' violato l'art.  117,  terzo  comma,
Cost., in quanto  la  disciplina  del  tributo  non  lascerebbe  alla
ricorrente margini di adattamento alle particolarita' regionali. 
    9.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  si  e'  costituito  in
giudizio,  chiedendo  il  rigetto  del  ricorso  con   argomentazioni
difensive  analoghe  a  quelle  formulate  con  riguardo  al  ricorso
iscritto al reg. ric. n. 24 del 2013 proposto dalla Regione  autonoma
Valle d'Aosta. Con specifico riferimento al comma 387, il  resistente
si limita a rilevare  come  esso  non  sarebbe  oggetto  di  autonome
censure  e  la  competenza  legislativa  concorrente  in  materia  di
«coordinamento della  finanza  pubblica  e  del  sistema  tributario»
legittimerebbe la norma censurata. 
    9.3.- In data 18 marzo 2014,  la  Regione  autonoma  Sardegna  ha
depositato una memoria,  in  cui  ribadisce  di  essere  titolare  di
potesta' legislativa esclusiva in materia di finanza locale,  sebbene
non  abbia  beneficiato  dell'attribuzione  di  ulteriori  spazi   di
autonomia  in  detto  ambito  competenziale,  diversamente  da  altre
autonomie speciali. La  ricorrente,  inoltre,  nega  che  la  riserva
erariale del gettito IMU derivante dagli immobili produttivi serva  a
compensare l'esclusione di quella precedentemente prevista  dall'art.
13, comma 11, del d.l. n. 201 del 2011,  a  tal  fine  essendo  stata
ridotta la dotazione del Fondo sperimentale di riequilibrio dall'art.
1, comma 119, della legge n. 228 del 2012. 
    Tale riduzione, peraltro,  a  suo  avviso  potrebbe  pregiudicare
anche gli enti locali sardi e, di conseguenza,  la  Regione  autonoma
Sardegna - che avrebbe  gia'  perso,  con  la  Regione  siciliana,  i
trasferimenti erariali - in quanto nulla escluderebbe che il fondo in
questione debba operare anche nei confronti delle autonomie speciali. 
    9.4.- In data 21 aprile 2015, la  Regione  autonoma  Sardegna  ha
depositato un'ulteriore memoria dal tenore  parzialmente  coincidente
con quello della memoria depositata  in  pari  data  con  riferimento
all'impugnativa degli artt. 13  e  14  del  d.l.  n.  201  del  2011,
ribadendo altresi' gli argomenti gia' svolti a sostegno delle censure
specificamente rivolte all'art. 1, commi 380 e 387,  della  legge  n.
228 del 2012. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con un primo gruppo di  ricorsi  la  Regione  autonoma  Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste  (reg.  ric.  n.  38  del  2012),  la  Regione
siciliana (reg. ric. n. 39 del 2012), la  Regione  autonoma  Sardegna
(reg. ric. n. 47 del  2012)  e  la  Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia (reg. ric. n. 50 del  2012)  hanno  impugnato,  tra  le  altre
disposizioni, gli artt. 13 e 14, comma 13-bis,  del  decreto-legge  6
dicembre  2011,  n.  201  (Disposizioni  urgenti  per  la   crescita,
l'equita' e il consolidamento dei conti  pubblici),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n.
214. 
    1.1.- In particolare, la Regione  autonoma  Valle  d'Aosta/Vallee
d'Aoste ha impugnato gli artt. 13, commi 11 e 17, quarto  periodo,  e
14, comma 13-bis, quarto  periodo,  del  d.l.  n.  201  del  2001  in
riferimento agli artt. 3, comma 1,  lettera  f),  12,  48-bis  e  50,
quinto comma, della legge  costituzionale  26  febbraio  1948,  n.  4
(Statuto speciale per la Valle d'Aosta) ed in  relazione  all'art.  1
del decreto legislativo 22 aprile 1994, n. 320 (Norme  di  attuazione
dello statuto speciale della Regione Valle d'Aosta), ed agli articoli
da  2  a  8  della  legge  26  novembre  1981,  n.   690   (Revisione
dell'ordinamento  finanziario  della  regione  Valle   d'Aosta);   in
riferimento agli artt. 117, comma  terzo,  della  Costituzione  e  10
della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo
V della parte seconda della Costituzione), ed al principio  di  leale
collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost. 
    La Regione siciliana ha impugnato gli artt. 13 e 14 del  d.l.  n.
201 del 2011 in riferimento agli artt. 14, lettera o), 36,  37  -  in
relazione all'art. 2 del decreto del Presidente della  Repubblica  26
luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione
siciliana  in  materia  finanziaria)  -  e  43  del   regio   decreto
legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto  della
Regione siciliana), convertito nella legge costituzionale 26 febbraio
1948, n. 2; agli artt. 81 e 119, quarto comma, Cost. e 10 della legge
cost. n. 3 del 2001 ed al principio di leale collaborazione. 
    La Regione autonoma Sardegna ha impugnato  gli  artt.  13  e  14,
comma 13-bis, del d.l. n. 201 del 2011, in riferimento agli artt.  3,
7 e 8 della legge costituzionale 26  febbraio  1948,  n.  3  (Statuto
speciale per la Sardegna), ed agli artt. 3, 5, 117 e  119  Cost.  (in
combinato disposto con l'art. 10 della legge cost. n.  3  del  2001),
nonche' in relazione all'art. 8  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 19 giugno 1979, n. 348 (Norme di attuazione dello  statuto
speciale per la Sardegna in riferimento alla legge 22 luglio 1975, n.
382 e al decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio  1977,  n.
616). 
    La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha impugnato l'art. 13,
commi 11, 14, lettera a), e 17, terzo, quarto  e  quinto  periodo,  e
l'art. 14, comma 13-bis, del d.l. n. 201 del 2011 in riferimento agli
artt. 48, 49, 51, 53, 63 e 65 della legge costituzionale  31  gennaio
1963, n. 1 (Statuto speciale per la Regione  Friuli-Venezia  Giulia);
in relazione all'art. 4 del decreto del Presidente  della  Repubblica
23 gennaio 1965, n. 114 (Norme di attuazione dello  Statuto  speciale
della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di finanza regionale),
ed all'art. 6, comma 2, del decreto legislativo 2 gennaio 1997, n.  8
(Norme  di  attuazione  dello  statuto  speciale   per   la   regione
Friuli-Venezia Giulia recanti modifiche ed  integrazioni  al  decreto
del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1965, n. 114,  concernente
la finanza regionale); in riferimento agli  artt.  3  e  119,  primo,
secondo e quarto comma, Cost., nonche' al  principio  di  neutralita'
finanziaria espresso dall'art. 1, comma 159, della legge 13  dicembre
2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - Legge di stabilita' 2011) ed  al  principio
consensuale. 
    1.1.1.- L'art. 13 del d.l. n. 201 del 2011 ha anticipato  in  via
sperimentale, a decorrere dall'anno 2012, l'istituzione  dell'Imposta
municipale propria (IMU) - prevista dall'art. 8, comma 1, del decreto
legislativo  14  marzo  2011,  n.  23  (Disposizioni  in  materia  di
federalismo  Fiscale  Municipale),   in   sostituzione   dell'imposta
comunale sugli  immobili  (ICI)  e  dell'imposta  sul  reddito  delle
persone fisiche  (IRPEF)  e  delle  relative  addizionali  dovute  in
relazione  ai  redditi  fondiari  relativi  ai  beni  non  locati   -
apportandovi significative modifiche. 
    1.1.2.- Alcune ricorrenti censurano anzitutto l'art. 13 nella sua
interezza, in quanto adottato senza il loro  coinvolgimento  (Regione
siciliana e Regione autonoma Sardegna) e senza lasciare alcun margine
di intervento, nonostante si ricada, secondo  la  prospettazione,  in
ambiti materiali in  cui  sussisterebbe  una  competenza  legislativa
regionale, quantomeno concorrente (Regione autonoma Sardegna). 
    1.1.3.- Le censure di cui ai ricorsi si appuntano poi  sul  comma
11 di detto articolo, in base al quale,  tra  l'altro,  e'  riservata
allo Stato la quota di imposta pari alla meta' dell'importo calcolato
applicando alla base imponibile  di  tutti  gli  immobili  l'aliquota
dello 0,76 per cento (salvo  alcune  eccezioni)  e  le  attivita'  di
accertamento e riscossione  della  quota  erariale  sono  svolte  dal
Comune  al  quale  spettano  le  maggiori   somme   derivanti   dallo
svolgimento delle suddette attivita' a titolo di imposta, interessi e
sanzioni. Il  citato  comma  11,  dapprima  marginalmente  modificato
dall'art. 4, comma 5, lettera g), del decreto-legge 2 marzo 2012,  n.
16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di
efficientamento e potenziamento delle procedure  di  accertamento)  -
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  26
aprile 2012, n. 44 - e' stato abrogato, con decorrenza dal 1° gennaio
2013, ad opera dell'art. 1, comma 380, lettera  h),  della  legge  24
dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilita' 2013), avendo
trovato applicazione solo nell'anno 2012. 
    Tutte le ricorrenti lamentano segnatamente l'illegittimita' della
riserva, asseritamente  prevista  in  violazione  delle  prescrizioni
statutarie relative alle compartecipazioni regionali al  gettito  dei
tributi erariali e senza che sussistano i requisiti che consentono di
derogare all'ordinario regime di devoluzione. 
    Piu' in particolare: la Regione autonoma Valle d'Aosta assume  la
violazione dell'art. 2, comma 1, lettera a), della legge n.  690  del
1981, secondo cui  «E'  attribuito  alla  regione  Valle  d'Aosta  il
gettito delle sotto indicate  imposte  erariali  sul  reddito  e  sul
patrimonio percette nel territorio regionale, nonche'  delle  imposte
sostitutive: a)  imposta  sul  reddito  delle  persone  fisiche»;  la
Regione siciliana deduce la violazione dell'art. 2, primo comma,  del
d.P.R. n. 1074 del 1965,  secondo  cui  «Ai  sensi  del  primo  comma
dell'articolo 36 dello Statuto della Regione siciliana, spettano alla
Regione siciliana, oltre le entrate tributarie da  essa  direttamente
deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito
del suo territorio, dirette  o  indirette,  comunque  denominate,  ad
eccezione delle nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato
con apposite leggi alla  copertura  di  oneri  diretti  a  soddisfare
particolari  finalita'  contingenti  o   continuative   dello   Stato
specificate nelle  leggi  medesime»;  la  Regione  autonoma  Sardegna
lamenta il contrasto con l'art. 8, primo comma, dello  statuto,  alla
cui stregua «Le entrate della regione sono costituite: a)  dai  sette
decimi del gettito delle imposte sul reddito delle persone fisiche  e
sul reddito delle persone giuridiche riscosse  nel  territorio  della
regione; b) dai nove decimi del gettito delle imposte sul  bollo,  di
registro, ipotecarie, sul  consumo  dell'energia  elettrica  e  delle
tasse sulle concessioni governative  percette  nel  territorio  della
regione; c) dai cinque  decimi  delle  imposte  sulle  successioni  e
donazioni riscosse nel territorio della regione; d) dai  nove  decimi
dell'imposta di fabbricazione  su  tutti  i  prodotti  che  ne  siano
gravati, percetta nel territorio della regione; e)  dai  nove  decimi
della quota fiscale dell'imposta  erariale  di  consumo  relativa  ai
prodotti dei monopoli dei tabacchi consumati nella  regione;  f)  dai
nove decimi del gettito dell'imposta sul valore aggiunto generata sul
territorio regionale da determinare sulla base dei consumi  regionali
delle famiglie rilevati annualmente dall'ISTAT; g) dai canoni per  le
concessioni idroelettriche; h) da imposte e tasse sul  turismo  e  da
altri tributi propri che la regione  ha  facolta'  di  istituire  con
legge in armonia con i principi del sistema tributario  dello  Stato;
i) dai  redditi  derivanti  dal  proprio  patrimonio  e  dal  proprio
demanio; l) da contributi straordinari dello  Stato  per  particolari
piani di opere pubbliche e di trasformazione fondiaria; m) dai  sette
decimi di tutte le entrate erariali, dirette  o  indirette,  comunque
denominate, ad  eccezione  di  quelle  di  spettanza  di  altri  enti
pubblici»;  la  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  assume  la
violazione dell'art. 49 dello statuto,  secondo  cui  «Spettano  alla
Regione  le  seguenti  quote  fisse   delle   sottoindicate   entrate
tributarie erariali riscosse nel territorio della Regione stessa:  1)
sei  decimi  del  gettito  dell'imposta  sul  reddito  delle  persone
fisiche; 2) quattro decimi  e  mezzo  del  gettito  dell'imposta  sul
reddito delle persone giuridiche; 3) sei  decimi  del  gettito  delle
ritenute alla fonte di cui agli artt. 23, 24, 25 e 29 del  D.P.R.  29
settembre 1973, n. 600,  ed  all'art.  25-bis  aggiunto  allo  stesso
decreto del Presidente della Repubblica con l'art.  2,  primo  comma,
del D.L. 30 dicembre 1982, n.  953,  come  modificato  con  legge  di
conversione 28 febbraio 1983,  n.  53;  4)  9,1  decimi  del  gettito
dell'imposta   sul   valore   aggiunto,   esclusa   quella   relativa
all'importazione,  al  netto  dei  rimborsi   effettuati   ai   sensi
dell'articolo 38-bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e successive
modificazioni; 5)  nove  decimi  del  gettito  dell'imposta  erariale
sull'energia elettrica, consumata nella regione; 6) nove  decimi  del
gettito dei canoni per le concessioni idroelettriche; 7) 9,19  decimi
del gettito della quota  fiscale  dell'imposta  erariale  di  consumo
relativa ai  prodotti  dei  monopoli  dei  tabacchi  consumati  nella
regione; 7-bis) il 29,75 per  cento  del  gettito  dell'accisa  sulle
benzine ed il 30,34 per cento del  gettito  dell'accisa  sul  gasolio
consumati nella regione per uso  autotrazione.  La  devoluzione  alla
regione Friuli-Venezia  Giulia  delle  quote  dei  proventi  erariali
indicati nel presente articolo viene effettuata al netto delle  quote
devolute ad altri enti ed istituti». 
    Risulterebbe quindi pregiudicata -  unilateralmente  e  senza  il
rispetto  delle  procedure  di  modifica  statutaria  -   l'autonomia
finanziaria delle autonomie speciali, chiamate altresi'  a  sopperire
al depauperamento delle risorse a disposizione dei Comuni,  anche  in
violazione dei parametri statutari  che  sottraggono  allo  Stato  la
responsabilita' della finanza locale, affidata agli enti ad autonomia
differenziata. 
    La Regione autonoma Sardegna e la Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia censurano il comma 11 anche nella parte in  cui,  direttamente
ed   unilateralmente,   coinvolge   il   Comune   nell'attivita'   di
accertamento e riscossione della quota  del  tributo  riservata  allo
Stato,  attribuendogli  il  ricavato,  al  contempo  sottratto   alla
devoluzione impressa dallo statuto. 
    1.1.4.-  La  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia,  inoltre,
censura specificamente il comma 14, lettera a), del citato  art.  13,
in quanto, abrogando l'art. 1 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93
(Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di  acquisto  delle
famiglie), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della
legge 24 luglio 2008, n. 126 - il  quale,  a  fronte  dell'esclusione
dell'ICI sull'abitazione principale, prevedeva che ai singoli  Comuni
fosse rimborsato il relativo  minor  gettito  -  avrebbe  concorso  a
ridurre  le  risorse  destinate  al  finanziamento   delle   funzioni
comunali, con pregiudizio dell'autonomia finanziaria regionale ed  in
contrasto con il cosiddetto principio di  neutralita'  e  con  quello
consensualistico, che presidierebbe ai rapporti tra Stato  e  Regioni
autonome.  Queste  ultime,  inoltre,  riceverebbero  un   trattamento
deteriore rispetto  a  quelle  ordinarie,  che  non  perderebbero  la
compensazione del  minor  gettito  ICI,  con  conseguente  violazione
dell'art. 3 Cost. 
    Poiche' l'art. 4, comma 5, lettera m), del d.l. n. 16 del 2012 ha
ripristinato il  rimborso  in  questione  -  cosi'  come  evidenziato
dall'Avvocatura generale dello Stato - la ricorrente  ritiene  essere
sopravvenuta la cessazione della materia del contendere. 
    1.1.5.- Tutte le ricorrenti censurano inoltre  il  comma  17  del
citato  art.  13.  Esso  prevede  che  il   Fondo   sperimentale   di
riequilibrio ed il Fondo perequativo - fondi il cui riparto  alimenta
i Comuni delle Regioni a statuto ordinario - nonche' i  trasferimenti
erariali dovuti ai Comuni della Regione  siciliana  e  della  Regione
autonoma Sardegna vengano ridotti in misura corrispondente al maggior
gettito IMU ad aliquota di base attribuito ai Comuni medesimi e  che,
in caso di insufficienza, ciascuno  di  essi  versi  all'entrata  del
bilancio dello Stato  le  somme  residue.  Per  le  Regioni  autonome
Friuli-Venezia  Giulia  e  Valle  d'Aosta  nonche'  per  le  Province
autonome la  disposizione  prevede  che,  con  le  procedure  di  cui
all'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega  al  Governo  in
materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della
Costituzione), esse assicurino il recupero al  bilancio  statale  del
predetto maggior gettito dei Comuni ricadenti nel proprio  territorio
e, fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui all'art.  27,
che  sia  accantonato  un  pari  importo  a  valere  sulle  quote  di
compartecipazione   ai   tributi   erariali.   La   disposizione   in
considerazione  quantifica  infine  il  maggior  gettito  oggetto  di
recupero. 
    L'art. 1, comma 380, della legge n. 228 del 2012 ha  soppresso  i
trasferimenti erariali ai Comuni  della  Regione  siciliana  e  della
Regione autonoma Sardegna ed il Fondo sperimentale  di  riequilibrio,
abrogando anche la norma che lo istituiva. 
    1.1.6.- Tutte  le  ricorrenti  sostanzialmente  deducono  che  il
meccanismo,  unilateralmente  previsto,  determinerebbe  l'avocazione
allo Stato di risorse loro spettanti per prescrizione  statutaria  al
di fuori delle  ipotesi  di  legittima  riserva  erariale,  anche  in
violazione  delle  previsioni  dello  statuto  che   contemplano   le
procedure di modifica del regime finanziario ivi stabilito. 
    Al riguardo, i parametri che si assumono violati  coincidono  con
quelli  evocati  a  proposito  dell'impugnazione  del  comma  11  del
medesimo art. 13, con la precisazione che la Regione  autonoma  Valle
d'Aosta richiama l'intero art. 2  della  legge  n.  690  del  1981  -
secondo cui «E' attribuito alla  regione  Valle  d'Aosta  il  gettito
delle sotto indicate imposte erariali sul reddito  e  sul  patrimonio
percette nel territorio regionale, nonche' delle imposte sostitutive:
a) imposta sul reddito delle persone fisiche; b) imposta sul  reddito
delle societa'; c) ritenute su interessi e redditi  da  capitale;  d)
ritenute d'acconto sui dividendi;  e)  ritenute  sui  premi  e  sulle
vincite; f) imposta sulle successioni e donazioni» - nonche' le altre
disposizioni   della    medesima    legge    che    contemplano    le
compartecipazioni regionali al gettito di tributi  erariali.  Tra  di
esse, vengono in rilievo, in particolare, l'art. 3 della legge n. 690
del 1981, secondo cui «1. Sono attribuite alla regione Valle  d'Aosta
le quote di gettito delle sotto indicate  tasse  e  imposte  erariali
sugli affari percette nel territorio  regionale:  a)  i  nove  decimi
dell'imposta di registro; b) i nove decimi dell'imposta di bollo;  c)
i nove decimi delle imposte ipotecarie; d) i nove decimi delle  tasse
sulle concessioni governative. 2. E' altresi' attribuito alla regione
Valle d'Aosta l'intero  gettito  dell'imposta  sul  valore  aggiunto,
compresa quella relativa  all'importazione,  al  netto  dei  rimborsi
effettuati ai sensi dell'articolo 38-bis del decreto  del  Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni,
determinato  assumendo  a  riferimento  i  consumi  finali   rilevati
nell'ultimo triennio disponibile. [...] 4. Sono, altresi', attribuiti
alla regione Valle d'Aosta i nove decimi dei canoni, qualora riscossi
dallo Stato, per le concessioni di derivazione di acque  pubbliche  a
scopo idroelettrico di cui all'ultimo comma  dell'articolo  12  della
legge costituzionale 26 febbraio  1948,  n.  4,  recante  lo  Statuto
speciale», e l'art. 4 della medesima  legge,  secondo  cui  «1.  Sono
attribuite alla regione Valle d'Aosta le quote di gettito delle sotto
indicate imposte  percette  nel  territorio  regionale:  a)  l'intero
gettito dell'accisa sull'energia elettrica; b) i  nove  decimi  delle
accise  sugli  spiriti  e  sulla  birra;  c)  i  nove  decimi   della
sovrimposta di confine, inclusa quella sugli oli  minerali.  2.  Sono
inoltre attribuite alla regione Valle d'Aosta  le  quote  di  gettito
delle  sotto  indicate  imposte  e  proventi  erariali  afferenti  il
territorio regionale: a) l'intero gettito dell'accisa sulla  benzina,
sugli oli da gas, sui gas petroliferi liquefatti e sul  gas  naturale
per autotrazione, erogati dagli impianti di distribuzione situati nel
territorio  della  Regione,  e  dell'accisa  sugli  stessi  per   uso
combustibile da  riscaldamento,  nonche'  delle  accise  sugli  altri
prodotti energetici immessi in consumo da  depositi  fiscali  ubicati
nella Regione per qualunque uso; b) l'intero  gettito  delle  imposte
sulle assicurazioni diverse da quelle corrisposte sui  premi  per  la
responsabilita' civile derivante dalla  circolazione  dei  veicoli  a
motore; c) l'intero gettito delle imposte sugli intrattenimenti; d) i
nove decimi dei proventi del lotto, al netto delle  vincite  e  delle
somme necessarie alle spese di organizzazione e gestione  del  gioco;
e) l'intero gettito dell'accisa  sui  tabacchi.  3.  Sono,  altresi',
attribuiti alla regione Valle d'Aosta i nove decimi di tutte le altre
entrate  tributarie  erariali,  comunque  denominate,  percette   nel
territorio regionale, ad  eccezione  di  quelle  relative  ai  giochi
pubblici. [...]». 
    La Regione autonoma Sardegna  lamenta  altresi'  l'ingiustificata
discriminazione  che  essa  subirebbe  sia  rispetto  alle  autonomie
speciali del nord sia rispetto alle Regioni a statuto ordinario,  che
continuerebbero a beneficiare di altri eventuali trasferimenti. 
    Secondo la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, inoltre, anche
la  quantificazione  del  maggior  gettito  da   recuperare   sarebbe
illegittima,  in  quanto  irragionevole  e  contraria  al   principio
consensualistico. 
    1.1.7.- Infine, con il  primo  gruppo  di  ricorsi,  le  medesime
autonomie speciali censurano l'art. 14, comma 13-bis, del d.l. n. 201
del 2011. L'art. 14 del citato decreto-legge istituisce, a  decorrere
dal 1° gennaio 2013, in tutti i Comuni del territorio  nazionale,  il
tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), a  copertura  dei
costi relativi al servizio di  gestione  dei  rifiuti  urbani  e  dei
rifiuti assimilati avviati allo smaltimento. 
    Il comma 13-bis dell'art. 14 prevedeva un  meccanismo  del  tutto
analogo a quello previsto dal precedente art. 13, comma  17,  con  la
precisazione  che  il   maggior   gettito   TARES   cui   parametrare
rispettivamente  la  riduzione  dei  Fondi  e  dei  trasferimenti   e
l'ammontare dell'accantonamento e del recupero  e'  quello  derivante
dalla  maggiorazione  standard  (di  euro  0,30)  della  tariffa   da
applicare, maggiorazione prevista dal comma 13 dello stesso articolo.
Per l'anno 2013 e per le autonomie ordinarie ed insulari la riduzione
dei Fondi e dei trasferimenti e'  stata  sostituita  da  una  diretta
riserva erariale del maggior gettito TARES  ad  opera  dell'art.  10,
comma 2, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (Disposizioni urgenti
per il pagamento dei debiti scaduti della  pubblica  amministrazione,
per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali,  nonche'  in
materia di versamento di tributi degli enti locali), convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6  giugno  2013,  n.
64. 
    L'intero art. 14 e' stato successivamente abrogato  dall'art.  1,
comma 704, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge  di
stabilita' 2014), con decorrenza dal 1° gennaio 2014, avendo  trovato
applicazione solo nell'anno 2013 nei  termini  di  cui  all'art.  10,
comma 2, del d.l. n. 35 del 2013. 
    Le ricorrenti propongono avverso il citato art. 14, comma 13-bis,
censure analoghe a quelle mosse all'art. 13, comma 17,  del  medesimo
decreto-legge. 
    2.- Con un ulteriore gruppo di ricorsi, la Regione autonoma Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste  (reg.  ric.  n.  24  del  2013),  la  Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia (reg.  ric.  n.  32  del  2013)  e  la
Regione autonoma Sardegna (reg. ric. n. 41 del 2013) hanno impugnato,
tra le altre disposizioni, l'art. 1, commi  380,  383  e  387,  della
legge n. 228 del 2012. 
    2.1.- In  particolare,  la  Regione  autonoma  Valle  d'Aosta  ha
impugnato l'art. 1, comma 380, lettera h), della  legge  n.  228  del
2012, in riferimento agli artt. 3, primo comma, lettera f), 48-bis  e
50, quinto comma, dello statuto ed in relazione agli articoli da 2  a
7 della legge n. 690 del 1981, nonche' in riferimento  agli  articoli
5, 117, comma terzo, 119 e  120  Cost.,  in  combinato  disposto  con
l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. 
    La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha  impugnato  i  commi
380, lettere b), f), h) ed i), e 383 dell'art. 1 della legge  n.  228
del 2012, in riferimento agli artt. 4, numero  1-bis),  48,  49,  51,
secondo comma, 54, 63 e  65  dello  statuto  speciale;  in  relazione
all'art. 9 del decreto legislativo 2 gennaio 1997,  n.  9  (Norme  di
attuazione dello  statuto  speciale  per  la  regione  Friuli-Venezia
Giulia in materia di ordinamento degli enti locali e  delle  relative
circoscrizioni), all'art. 4 del d.P.R. n. 114 del 1965,  all'art.  6,
comma 2, del d.lgs. n. 8  del  1997,  al  principio  di  «neutralita'
finanziaria» di cui all'art. 1, comma 159, della  legge  n.  220  del
2010; nonche' in riferimento al principio di leale collaborazione,  a
quello di certezza ed agli artt. 3, 97, 119, primo, secondo e  quarto
comma, Cost. 
    La Regione autonoma Sardegna ha impugnato l'art. 1, commi  380  e
387, della legge n. 228 del 2012 in riferimento agli artt.  3,  comma
1, lettera b), 7 e 8 dello statuto speciale  della  Regione  autonoma
Sardegna ed agli artt. 117 e 119 Cost. 
    2.1.1.- L'art. 1, comma 380, della  legge  n.  228  del  2012  ha
soppresso (lettera a) la riserva erariale della meta' del gettito IMU
di cui all'art. 13, comma 11, del d.l. n. 201 del 2011; ha  istituito
il  Fondo  di  solidarieta'  comunale  (lettera   b),   al   contempo
sopprimendo (lettera e) il Fondo sperimentale di  riequilibrio  ed  i
trasferimenti erariali ai Comuni  della  Regione  siciliana  e  della
Regione autonoma Sardegna; ha riservato allo  Stato  il  gettito  IMU
derivante dagli immobili ad uso  produttivo,  calcolato  all'aliquota
standard  dello   0,76   per   cento   (lettera   f);   ha   ribadito
l'applicabilita' dell'art. 13, comma 17, del d.l. n. 201 del 2011, ma
limitatamente alle Regioni autonome  Friuli-Venezia  Giulia  e  Valle
d'Aosta nonche'  alle  Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano
(lettera h); ha previsto che gli importi relativi, tra l'altro,  alla
lettera f) possono essere modificati a  seguito  della  verifica  del
gettito IMU per il 2012, da effettuarsi presso la  Conferenza  Stato,
citta' e autonomie locali (lettera i).  Il  censurato  comma  380  ha
subito marginali modifiche ad opera  dell'art.  10,  comma  4-quater,
lettera a), del d.l. n.  35  del  2013  e  successivamente  ad  opera
dell'art. 1, comma 729, della legge n. 147 del 2013. 
    2.1.2.- Le censure delle ricorrenti, per motivi analoghi a quelli
precedentemente indicati, si appuntano  prevalentemente  sulla  nuova
riserva erariale di cui  alla  lettera  f)  e  sulla  conferma,  alla
lettera h), del meccanismo di accantonamento e recupero gia' previsto
dall'art. 13, comma 17, del d.l. n. 201 del 2011. La Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia censura altresi' in via cautelativa la  lettera
b), ove si ritenesse che essa debba contribuire all'alimentazione del
Fondo di nuova istituzione senza  partecipare  al  relativo  riparto,
nonche' le lettere f) ed i) in ragione della sperequazione tra Comuni
e con le altre Regioni e delle incertezze  in  ordine  alle  concrete
disponibilita' finanziarie che determinerebbero. 
    2.1.3.- La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia  censura  anche
l'art. 1, comma  383,  della  legge  n.  228  del  2012,  che  indica
ulteriori  criteri  da  impiegare  nella  verifica  del  gettito  IMU
dell'anno 2012, in  quanto  potrebbe  determinare  a  posteriori  una
minore disponibilita' di risorse per la finanza locale, in violazione
dei principi di certezza del  diritto  e  dell'autonomia  finanziaria
locale. 
    2.1.4.- La  Regione  autonoma  Sardegna,  infine,  censura  anche
l'art. 1,  comma  387,  della  legge  n.  228  del  2012,  in  quanto
modificherebbe solo criteri di calcolo e  modalita'  di  pagamento  e
riscossione  della  TARES  e  non  anche  il  meccanismo  contemplato
dall'art. 14, comma 13-bis, del d.l. n. 201 del  2011,  autonomamente
censurato, onde l'asserita  necessita'  di  impugnare  la  norma  non
satisfattiva  per  le  medesime  ragioni  dedotte  a   sostegno   del
precedente ricorso. 
    3.- I ricorsi  vertono  sulle  medesime  disposizioni  e  pongono
problematiche analoghe, sicche' ne appare opportuna  la  riunione  ai
fini di una decisione congiunta, riservando a  separate  pronunce  la
decisione  delle  questioni  vertenti  sulle  altre  norme  con  essi
impugnate. 
    4.- Preliminarmente, deve essere dichiarata  cessata  la  materia
del  contendere  sulla  questione  di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 13, comma 14,  lettera  a),  del  d.l.  n.  201  del  2011,
proposta dalla Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  in  quanto,
abrogando l'art. 1 del d.l. n. 93 del  2008  -  il  quale,  a  fronte
dell'esclusione dell'ICI sull'abitazione principale, prevedeva (comma
4) che ai singoli Comuni fosse rimborsato il relativo minor gettito -
avrebbe concorso a ridurre  ulteriormente  le  risorse  destinate  al
finanziamento delle funzioni comunali, con pregiudizio dell'autonomia
finanziaria regionale ed in contrasto con il cosiddetto principio  di
neutralita' e  con  quello  consensualistico,  che  presidierebbe  ai
rapporti tra Stato e Regioni autonome. 
    Relativamente   alle   autonomie   speciali,   i   rimborsi    in
considerazione sono stati ripristinati, a distanza di circa due  mesi
dalla soppressione, dall'art. 4, comma 5, lettera m), del d.l. n.  16
del 2012, il quale ha modificato l'art. 13,  comma  14,  lettera  a),
introducendo un'eccezione all'abrogazione  ivi  prevista:  l'art.  1,
comma 4, del d.l. n. 93 del 2008, «che continua ad applicarsi  per  i
soli comuni ricadenti nei territori delle regioni a statuto  speciale
e delle province autonome di Trento e di Bolzano». 
    La modifica,  intervenuta  dopo  un  breve  lasso  temporale,  e'
pienamente   satisfattiva   delle   pretese   della   ricorrente    e
l'affermazione del venir meno della materia del contendere (contenuta
nella memoria illustrativa depositata dalla  Regione  il  16  ottobre
2012),  «in  quanto  proveniente   dalla   stessa   parte,   titolare
dell'interesse ad impugnare la norma in sede di giudizio  in  via  di
azione» (sentenza n. 144 del 2014), risulta sufficiente a determinare
detto esito processuale  in  ordine  alla  questione  proposta  dalla
predetta Regione. 
    5.- Come in  precedenza  evidenziato,  nelle  more  del  giudizio
alcune delle disposizioni impugnate sono state modificate. 
    Si tratta di modificazioni  marginali,  che  non  incidono  sulle
censure svolte  dalle  ricorrenti  ed,  in  forza  del  principio  di
effettivita' della tutela costituzionale delle parti nei  giudizi  in
via di azione (da ultimo, sentenza n.  77  del  2015),  impongono  di
trasferire le originarie questioni sul testo modificato. 
    L'art. 13, comma 11,  e  l'art.  14,  comma  13-bis,  sono  stati
abrogati dopo aver trovato applicazione  rispettivamente  negli  anni
2012 e 2013, circostanza che impedisce una declaratoria di cessazione
della materia del contendere con riferimento alle relative  questioni
di legittimita' costituzionale. 
    6.- Al fine di un migliore inquadramento delle  censure  proposte
dalle ricorrenti  nel  presente  giudizio,  e'  opportuno  premettere
alcune considerazioni circa la novita' delle stesse  con  riferimento
alle precedenti questioni venute all'esame di questa Corte in tema di
relazioni finanziarie tra Stato ed autonomie  speciali,  nonche'  una
sintetica  ricognizione  dello   specifico   contesto   normativo   e
giurisprudenziale afferente alle stesse. 
    6.1.- Con riguardo alla peculiarita' delle fattispecie  in  esame
occorre anzitutto precisare che le norme impugnate non  attengono  al
concorso delle autonomie  speciali  al  patto  di  stabilita'  ed  al
perseguimento degli  obiettivi  finanziari  di  matrice  comunitaria.
Infatti,  i  punti  da  dirimere  nella  presente  controversia   non
riguardano «la legittimita' della determinazione unilaterale da parte
dello Stato del  contributo  di  ciascuna  autonomia  speciale  [alla
finanza pubblica], l'oggetto dell'accordo in relazione  alla  pretesa
predeterminazione unilaterale, l'assenza o  il  mancato  rispetto  di
criteri obiettivi ed imparziali per il riparto del concorso  tra  gli
enti territoriali» (sentenza n. 19 del 2015). Le questioni in  esame,
d'altro canto, non possono neppure  essere  semplicemente  inquadrate
nell'ambito del contenzioso di  natura  tributaria  che  concerne  la
riserva  allo  Stato  del  maggior  gettito  derivante  da  episodici
interventi  normativi  operati  su  tributi   erariali   oggetto   di
compartecipazione, per i quali il giudizio  di  costituzionalita'  si
limita a verificare se la singola disposizione sia o meno  rispettosa
degli statuti speciali e delle  norme  di  attuazione  (ex  plurimis,
sentenza n. 241 del 2012). 
    Nei presenti giudizi, come  di  seguito  meglio  evidenziato,  le
norme censurate, pur sprovviste dell'adeguato reciproco coordinamento
e dell'organicita' propria delle riforme ordinamentali, producono  un
risultato incidente sul nucleo del sistema della fiscalita' locale in
ragione della sommatoria dei loro effetti e dell'impatto  finanziario
che realizzano. 
    6.2.- E' opportuno poi sottolineare come un  rapido  esame  della
disciplina finanziaria delle autonomie speciali  sia  sufficiente  ad
individuare,   quale    connotato    tipico    della    stessa,    la
compartecipazione  ai   tributi   erariali   afferenti   al   proprio
territorio. Ogni statuto elenca i  tributi  erariali  dei  quali  una
quota  percentuale  e'   attribuita   alla   Regione,   le   aliquote
eventualmente differenziate per ciascun tipo di tributo, il  criterio
di computo, le modalita' di attribuzione.  Talune  specificazioni  di
dettaglio  sono  rimesse,  poi,  alle   norme   di   attuazione.   Le
compartecipazioni possono essere considerate tributi  regionali  solo
ai fini della devoluzione del gettito. Non  sono  regionali,  invece,
per quanto riguarda  struttura  e  fonti  normative  di  regolazione:
istituzione, soggetti passivi, base imponibile, sanzioni, contenzioso
sono disciplinati dalla legislazione statale. 
    In ogni  caso,  si  puo'  dire  che  il  tratto  distintivo  piu'
rilevante dell'autonomia  speciale  sta  proprio  nell'entita'  della
devoluzione del gettito delle  entrate  tributarie  che  risponde  al
principio secondo il  quale  i  tributi  erariali  rimangono  per  la
maggior parte sul territorio a cui sono riferibili. 
    Proprio in conformita' a tale assunto, disposizioni di  carattere
generale - nel caso della Regione siciliana (art. 2, primo comma, del
d.P.R. n. 1074 del 1965) - o  "residuali"  -  nel  caso  delle  altre
autonomie  speciali   (con   l'eccezione   della   Regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia) -  attribuiscono  alle  Province  autonome  di
Trento e di Bolzano (art. 75, comma 1, lettera  g,  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  31  agosto  1972,  n.   670,   recante
«Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali  concernenti
lo statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige», nella misura
di nove decimi), alla Regione autonoma Valle d'Aosta (art.  4,  terzo
comma, della legge n. 690 del 1981, nella misura di nove  decimi)  ed
alla Regione autonoma Sardegna (art. 8, primo comma, lettera m, dello
statuto, nella misura di sette decimi) la compartecipazione  a  tutte
le altre entrate tributarie erariali non  altrimenti  indicate  nello
statuto o nelle relative norme di attuazione. 
    Ben quattro dei cinque statuti speciali vigenti (art. 63,  quinto
comma, dello statuto speciale della  regione  Friuli-Venezia  Giulia,
art. 54, quinto comma, dello statuto speciale per la  Sardegna;  art.
50, quinto comma, dello statuto speciale per la Valle  d'Aosta;  art.
104,  primo  comma,  del  testo  unico  delle  leggi   costituzionali
concernenti lo statuto speciale per il Trentino Alto Adige) prevedono
- per le  disposizioni  in  materia  finanziaria  -  una  particolare
disciplina, la quale consente che le norme statutarie possano  essere
modificate attraverso una legge ordinaria statale, il  cui  contenuto
sia stato oggetto di accordo tra lo  Stato  e  l'autonomia  speciale.
Detta procedura pattizia e' ormai diventata  parte  integrante  della
dimensione costituzionale dello Stato riguardo ai rapporti finanziari
con le autonomie speciali, in ragione delle  semplificate  e  spedite
modalita'  che   rendono   flessibile   la   dinamica   delle   fonti
costituzionali in un settore fortemente  influenzato  dall'intrinseca
mutevolezza della materia. A questo  specifico  profilo  delle  fonti
normative  statutarie  si  e'  ispirato,  come  di   seguito   meglio
specificato, l'art. 27 della legge n. 42 del 2009 nell'individuare  i
criteri per porre in essere una  revisione  delle  norme  finanziarie
uniforme  e  coerente  con  la  generale  riforma  della   fiscalita'
territoriale. 
    6.3.- Nel corso della XVI legislatura sono intervenute  modifiche
all'ordinamento degli enti territoriali che hanno  riguardato  -  tra
l'altro - l'attuazione dei principi  del  federalismo  fiscale  nelle
Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome. Le procedure  e
i criteri di modifica sono in particolare, fissati dall'art. 27 della
legge n. 42 del 2009. 
    Quest'ultimo dispone, tra l'altro, che «1. Le regioni  a  statuto
speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel  rispetto
degli statuti speciali, concorrono al conseguimento  degli  obiettivi
di perequazione e di solidarieta'  ed  all'esercizio  dei  diritti  e
doveri da essi derivanti [...] secondo criteri e modalita'  stabiliti
da norme di attuazione dei rispettivi statuti, da  definire,  con  le
procedure previste dagli statuti medesimi, e secondo il principio del
graduale  superamento  del  criterio  della  spesa  storica  di   cui
all'articolo 2, comma 2, lettera m). 2. Le norme di attuazione di cui
al comma  1  tengono  conto  della  dimensione  della  finanza  delle
predette regioni e province autonome rispetto alla  finanza  pubblica
complessiva, delle funzioni da esse effettivamente esercitate  e  dei
relativi oneri, anche in considerazione degli  svantaggi  strutturali
permanenti, ove ricorrano, dei costi dell'insularita' e  dei  livelli
di reddito pro capite che caratterizzano  i  rispettivi  territori  o
parte di essi, rispetto a quelli corrispondentemente sostenuti per le
medesime funzioni dallo Stato, dal complesso delle regioni e, per  le
regioni e province autonome che esercitano le funzioni in materia  di
finanza locale, dagli enti locali. Le medesime  norme  di  attuazione
disciplinano altresi' le specifiche modalita' attraverso le quali  lo
Stato assicura il conseguimento  degli  obiettivi  costituzionali  di
perequazione e di solidarieta' per le regioni a  statuto  speciale  i
cui  livelli  di  reddito  pro  capite  siano  inferiori  alla  media
nazionale, ferma restando la copertura del fabbisogno standard per il
finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti  i
diritti civili e sociali di  cui  all'articolo  117,  secondo  comma,
lettera m),  della  Costituzione,  conformemente  a  quanto  previsto
dall'articolo 8, comma 1, lettera b),  della  presente  legge.  [...]
Inoltre, le predette norme, per la parte di  propria  competenza:  a)
disciplinano il coordinamento tra le  leggi  statali  in  materia  di
finanza pubblica e le corrispondenti leggi regionali e provinciali in
materia, rispettivamente, di finanza regionale e provinciale, nonche'
di finanza locale nei casi in cui  questa  rientri  nella  competenza
della regione a statuto speciale o provincia autonoma; b) definiscono
i principi fondamentali di coordinamento del sistema  tributario  con
riferimento  alla  potesta'  legislativa  attribuita  dai  rispettivi
statuti alle regioni a statuto speciale e alle province  autonome  in
materia di tributi regionali, provinciali e locali [...]. 7. Al  fine
di assicurare il rispetto delle  norme  fondamentali  della  presente
legge e dei  principi  che  da  essa  derivano,  nel  rispetto  delle
peculiarita' di ciascuna regione a statuto  speciale  e  di  ciascuna
provincia autonoma, e' istituito presso la Conferenza permanente  per
i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di  Trento
e di Bolzano, in attuazione del principio di leale collaborazione, un
tavolo di confronto tra il  Governo  e  ciascuna  regione  a  statuto
speciale e ciascuna provincia autonoma, costituito dai Ministri per i
rapporti con le regioni, per le riforme per il  federalismo,  per  la
semplificazione normativa, dell'economia e delle  finanze  e  per  le
politiche europee nonche' dai  Presidenti  delle  regioni  a  statuto
speciale e delle province autonome. Il tavolo individua linee  guida,
indirizzi e strumenti per assicurare  il  concorso  delle  regioni  a
statuto  speciale  e  delle  province  autonome  agli  obiettivi   di
perequazione e di solidarieta' e per  valutare  la  congruita'  delle
attribuzioni  finanziarie   ulteriori   intervenute   successivamente
all'entrata in vigore degli statuti, verificandone la coerenza con  i
principi di cui alla presente legge  e  con  i  nuovi  assetti  della
finanza pubblica [...]». 
    L'art. 14 del d.lgs. n. 23 del 2011 -  recante  «Disposizioni  in
materia di federalismo Fiscale Municipale» - aggiunge,  tra  l'altro,
ai precetti della legge di delega i seguenti: «[...] 2.  Al  fine  di
assicurare la  neutralita'  finanziaria  del  presente  decreto,  nei
confronti delle regioni a statuto speciale  il  presente  decreto  si
applica nel rispetto dei rispettivi statuti e in conformita'  con  le
procedure previste dall'articolo 27 della  citata  legge  n.  42  del
2009, e in particolare: a) nei casi in cui, in base alla legislazione
vigente, alle regioni a statuto speciale spetta una compartecipazione
al gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche  ovvero  al
gettito degli altri tributi  erariali,  questa  si  intende  riferita
anche al gettito della cedolare secca di cui all'articolo 3; b)  sono
stabilite  la  decorrenza  e  le  modalita'  di  applicazione   delle
disposizioni di cui all'articolo 2 nei confronti dei  comuni  ubicati
nelle regioni  a  statuto  speciale,  nonche'  le  percentuali  delle
compartecipazioni di cui alla lettera a); con riferimento all'imposta
municipale propria di cui all'articolo 8 si  tiene  conto  anche  dei
tributi da  essa  sostituiti.  3.  [...].  Alle  [Regioni  a  statuto
speciale e alle province  autonome]  spettano  le  devoluzioni  e  le
compartecipazioni  al  gettito  delle  entrate  tributarie   erariali
previste dal  presente  decreto  nelle  misure  e  con  le  modalita'
definite dai rispettivi statuti speciali e dalle  relative  norme  di
attuazione per i medesimi tributi  erariali  o  per  quelli  da  essi
sostituiti. [...]  In  materia  di  limite  massimo  della  pressione
fiscale complessiva, la Conferenza permanente  per  il  coordinamento
della finanza pubblica [...]  monitora  gli  effetti  finanziari  del
presente decreto legislativo al fine di  garantire  il  rispetto  del
predetto limite, anche con riferimento alle  tariffe,  e  propone  al
Governo le eventuali misure correttive». 
    Dalla lettura della legge n. 42 del 2009 e del decreto  attuativo
in tema  di  federalismo  fiscale  municipale  teste'  richiamato  si
evincono elementi importanti ai fini  della  presente  decisione:  a)
conferma del metodo pattizio  quale  strumento  indefettibile,  anche
sotto  il  profilo  procedurale,  nella  disciplina  delle  relazioni
finanziarie  tra  Stato  e  autonomie  speciali;  b)   principio   di
neutralita' nella rideterminazione delle  attribuzioni  fiscali  alle
autonomie  speciali  da  attuare  secondo  il  canone   della   leale
collaborazione; c) finalita' di razionalizzazione e perequazione  del
meccanismo rideterminativo del riparto  fiscale;  d)  criterio  guida
della "sostituzione" dei tributi  per  assicurare  il  nuovo  riparto
della fiscalita' territoriale. 
    In definitiva, si tratta  di  criteri  guida  per  realizzare  il
necessario  bilanciamento  tra  le  ragioni  di  salvaguardia   delle
autonomie speciali, quelle di realizzazione del federalismo  solidale
e quelle di tutela degli equilibri di bilancio, intesi questi  ultimi
come riferiti sia alle singole autonomie che al sistema della finanza
pubblica allargata. 
    Quanto al profilo sub a), occorre poi precisare che,  anche  alla
luce di quanto argomentato a proposito  della  dinamica  delle  fonti
delle autonomie speciali, l'art. 27 della legge  n.  42  del  2009  -
ancorche'  non  goda  di  rango  costituzionale  -  e'   disposizione
assolutamente  coerente  con  l'ordinamento  finanziario  di   queste
ultime. In definitiva esso dispone «una vera e  propria  "riserva  di
competenza alle norme di attuazione degli statuti"  speciali  per  la
modifica  della  disciplina  finanziaria  degli  enti  ad   autonomia
differenziata (sentenza n. 71 del 2012), cosi' da configurarsi  quale
autentico presidio procedurale della specialita' finanziaria di  tali
enti» (sentenza n. 241 del 2012). 
    Quanto al profilo sub b), e' da sottolineare come il principio di
neutralita' finanziaria operi all'interno delle relazioni tra Stato e
Regioni in due direzioni: da un lato, comporta che la riforma fiscale
non modifichi gli assetti  della  finanza  pubblica  allargata  e  la
coerenza  con  i  limiti  della  pressione  fiscale  complessivamente
stabiliti; dall'altro, impone che  la  rideterminazione  dei  tributi
oggetto di compartecipazione da parte delle  autonomie  speciali  non
riduca  le  risorse  disponibili  in  modo  da  pregiudicare  assetti
organizzativi ed esercizio delle funzioni  consolidatisi  all'interno
delle autonomie stesse. Per quel che riguarda il canone  della  leale
collaborazione, il legislatore ne prevede l'attuazione attraverso  un
apposito tavolo di confronto tra il  Governo  e  ciascuna  Regione  a
statuto  speciale  e  Provincia   autonoma   presso   la   Conferenza
Stato-Regioni (tavolo istituito con d.P.C.m. 6 agosto  2009)  con  il
compito di individuare le linee guida  per  la  partecipazione  delle
autonomie  speciali,  secondo  le  norme  attuative  dei   rispettivi
statuti,  agli  obiettivi  della  legge  di  delega  sul  federalismo
fiscale. 
    Infine, per quel che riguarda l'obiettivo di razionalizzazione  e
perequazione del riparto del gettito fiscale, il legislatore  prevede
la  possibilita',  ad  invarianza  finanziaria  complessiva,  di  una
riduzione della porzione di  spettanza  delle  autonomie  speciali  -
peraltro accompagnata da un'opposta possibilita'  di  incremento  nel
caso di autonomie speciali svantaggiate -, la  quale,  tuttavia,  non
puo'  pregiudicare,  attraverso  un   decremento   sproporzionato   e
sostanzialmente  ablativo,  il  principio  della  "sostituzione"  dei
tributi erariali nuovi rispetto ai vecchi. 
    6.4.- A ben vedere, l'art. 27 della legge n. 42 del 2009 e l'art.
14 del d.lgs. n. 23 del 2011, individuando criteri  procedimentali  e
sostanziali per una proporzionata  modificazione  dell'assetto  delle
relazioni finanziarie inerenti al riparto fiscale  -  necessaria  per
effetto della riforma avviata dalla stessa legge n. 42 del 2009  che,
modificando ed innovando importanti fattispecie tributarie oggetto di
tali relazioni,  fa  si'  che  dette  fattispecie  non  trovino  piu'
automatico riscontro con le  vigenti  prescrizioni  degli  statuti  -
realizzano, nella loro combinazione, un  bilanciamento  dei  principi
costituzionali di  tutela  della  autonomia  finanziaria  degli  enti
territoriali a statuto speciale con l'equilibrio finanziario  di  cui
agli articoli 81 e 97, primo  comma,  Cost.,  come  introdotto  dalla
sopravvenuta novella. 
    7.- Alla luce delle esposte considerazioni, e malgrado  lo  Stato
si sia discostato dal procedimento pattizio, tutte le questioni  sono
inammissibili. 
    Premesso che non e' in dubbio la vigenza della parte  finanziaria
degli Statuti delle autonomie ricorrenti,  in  relazione  alla  quale
sono formulate  tutte  le  censure,  la  mancata  specificazione  dei
criteri attraverso cui determinare la titolarita' dei  nuovi  tributi
non consente di enucleare parametri utili per una  pronuncia  a  rime
obbligate. 
    Infatti, le riforme  in  materia  fiscale  oggetto  del  presente
giudizio, le quali si sono rapidamente succedute  in  breve  periodo,
non sono contrassegnate  da  caratteri  del  tutto  omogenei  con  le
fattispecie  tributarie  evocate  negli  statuti  e  nelle  norme  di
attuazione bensi' da elementi nuovi, solo in parte  sovrapponibili  o
confrontabili (si pensi - ad esempio - ai rapporti tra IMU  ed  IRPEF
per  quel  che  riguarda  la  componente  patrimoniale).  Senza   una
mediazione legislativa capace di assicurare  un  confronto  idoneo  a
verificare l'applicazione dei criteri di neutralita', perequazione  e
sostituzione sanciti dall'art. 27 della legge n. 42 del 2009 ai  fini
del bilanciamento dei rapporti finanziari sopravvenuti alla  riforma,
lo scrutinio di  legittimita'  delle  norme  impugnate  non  potrebbe
essere svolto in modo proficuo. Esso puo' essere indirizzato solo  al
procedimento legislativo adottato  ma  non  alle  modalita'  con  cui
avrebbero dovuto  essere  bilanciati  i  dialettici  interessi  della
neutralita' finanziaria, della sostituzione, della perequazione e del
dimensionamento delle entrate fiscali di competenza  delle  autonomie
speciali. 
    In assenza  di  un  procedimento  di  riequilibrio  in  grado  di
assicurare la proporzione tra risorse fiscali attribuite  e  funzioni
effettivamente esercitate ed il raggiungimento degli altri  obiettivi
fissati dalla riforma fiscale, uno scrutinio meramente formale svolto
in riferimento ai parametri statutari vigenti condurrebbe a risultati
non  appropriati  in  relazione  al  bilanciamento   tra   i   valori
costituzionali potenzialmente antagonisti,  fermo  rimanendo  che  le
norme statutarie devono  costituire  un  indefettibile  parametro  di
riferimento   per   la   composizione   degli   interessi   coinvolti
dall'impatto della riforma fiscale. 
    Valutare le  censure  senza  tener  conto  del  mancato  percorso
normativo  previsto  dall'art.  27  della  legge  n.  42   del   2009
comporterebbe peraltro, anche in caso di parziale accoglimento  delle
stesse,   non   solo   un   potenziale   effetto    irragionevolmente
discriminante tra le  stesse  autonomie  interessate,  ma  anche  uno
squilibrio nell'ambito della finanza pubblica allargata in quanto  lo
Stato - sia pure violando lo  schema  legislativo  presupposto  -  ha
riallocato nel proprio bilancio le somme in contestazione per un arco
temporale che, complessivamente inteso, supera ormai il triennio. Se,
come di  seguito  meglio  precisato,  questa  violazione  del  canone
procedimentale non puo' sottrarre in modo definitivo  alle  autonomie
speciali risorse eventualmente necessarie per assicurare l'equilibrio
tra entrate fiscali e funzioni esercitate,  nondimeno  il  rimedio  a
tale violazione non puo' consistere nel diretto  accoglimento  o  nel
potenziale rigetto, conseguente al raffronto tra le  norme  impugnate
ed i parametri statutari, poiche',  tra  l'altro,  esso  investirebbe
risorse  gia'  impiegate  dallo  Stato  per  la  copertura  di  spese
afferenti ai decorsi esercizi. 
    Tuttavia il procedimento legislativo unilaterale  adottato  dallo
Stato non e' rispettoso del principio di  leale  collaborazione  come
espresso dall'art. 27, che  prevede  «una  permanente  interlocuzione
[...] tra lo Stato e le autonomie  speciali  per  quanto  attiene  ai
profili  perequativi  e  finanziari  del  federalismo  fiscale  [...]
secondo il principio di leale collaborazione» (sentenza  n.  201  del
2010), dettando a tal fine un  percorso  di  indefettibili  relazioni
bilaterali e multilaterali. 
    7.1.- In definitiva, la ritenuta inammissibilita' delle questioni
deriva  dall'impossibilita'  per  questa  Corte  di  esercitare   una
supplenza,  dettando  relazioni  finanziarie  alternative  a   quelle
adottate dallo  Stato  in  difformita'  dallo  schema  costituzionale
precedentemente  richiamato,   considerato   che   il   compito   del
bilanciamento tra i valori contrapposti della tutela delle  autonomie
speciali  e  dell'equilibrio  di  bilancio  grava  direttamente   sul
legislatore, mentre a questa Corte spetta valutarne a  posteriori  la
correttezza. 
    Cio' non comporta tuttavia che gli effetti distorsivi conseguenti
al mancato rispetto dello schema pattizio possano consolidarsi in  un
contesto non conforme ne' alla salvaguardia delle autonomie  speciali
ne' agli equilibri della finanza pubblica. 
    A differenza di quanto  accaduto,  sempre  con  riferimento  alle
autonomie  speciali,  per  il  concorso  al  rispetto  del  patto  di
stabilita' e degli obiettivi di finanza pubblica concordati  in  sede
europea nell'ambito della manovra di stabilita', la  cui  unilaterale
determinazione trova ragione nella tempistica della manovra stessa  e
nella temporaneita' di tale soluzione (sentenza n. 19 del 2015),  nel
caso in esame il riassetto fiscale  generale  ed  il  susseguirsi  di
norme mutevoli e non sufficientemente coordinate  tra  loro  viene  a
determinare  uno  scenario  che  non  costituisce  ne'  una   manovra
provvisoria   suscettibile   di   consolidamento,   come   nel   caso
precedentemente evocato, ne' un'operazione  servente  agli  equilibri
complessivi di finanza pubblica. Infatti,  il  mancato  rispetto  del
principio di leale  collaborazione  ha  prodotto  una  situazione  di
potenziale  squilibrio   tra   le   entrate   cosi'   unilateralmente
rideterminate ed il  fabbisogno  di  spesa  storicamente  consolidato
delle autonomie  speciali.  In  sostanza,  il  mancato  aggiornamento
secondo i canoni di legge delle norme riguardanti le entrate  fiscali
delle autonomie speciali ha finito per indebolire  le  ragioni  della
specialita' nel loro complesso. 
    Se l'art. 27 della legge n. 42 del 2009 prevede  che  le  entrate
tributarie, fermo restando il principio di  tendenziale  assegnazione
del  gettito  su  base  territoriale,  non  siano  esonerate  da   un
ragionevole dimensionamento in conformita' a criteri di utilizzazione
ispirati all'economicita' ed alla solidarieta' finanziaria  e  se  e'
gia' stato affermato che gli statuti non  assicurano  alle  autonomie
speciali  «una  garanzia  quantitativa  di  entrate,   cosicche'   il
legislatore statale  puo'  sempre  modificare,  diminuire  o  persino
sopprimere   i   tributi   erariali,   senza   che   cio'    comporti
[automaticamente]   una   violazione    dell'autonomia    finanziaria
regionale»  (sentenza  n.  97   del   2013),   le   possibilita'   di
dimensionamento incontrano tuttavia dei limiti. 
    Vale  in   proposito   il   principio,   gia'   affermato   nella
giurisprudenza di  questa  Corte,  secondo  il  quale  «nel  caso  di
abolizione di tributi erariali  il  cui  gettito  era  devoluto  alla
Regione, o di complesse operazioni di riforma e  di  sostituzione  di
tributi [...] possono aversi, senza violazione costituzionale,  anche
riduzioni di risorse per la Regione,  purche'  non  tali  da  rendere
impossibile lo svolgimento delle sue funzioni. Cio' vale  tanto  piu'
in presenza di un sistema di  finanziamento  che  non  e'  mai  stato
interamente e organicamente coordinato con il riparto delle funzioni,
cosi'  da  far  corrispondere  il  piu'   possibile,   come   sarebbe
necessario, esercizio di funzioni e relativi oneri finanziari  da  un
lato, disponibilita' di risorse, in termini  di  potesta'  impositiva
(correlata alla capacita' fiscale della collettivita'  regionale),  o
di devoluzione di  gettito  tributario,  o  di  altri  meccanismi  di
finanziamento, dall'altro» (sentenza n.  138  del  1999  e,  piu'  di
recente, sentenza n. 241 del 2012). 
    Ne consegue che il  principio  di  proporzionalita'  tra  risorse
delle autonomie speciali e funzioni da esse  esercitate  deve  essere
tenuto al riparo da mutamenti legislativi - come quelli  in  esame  -
strutturati in modo tale da turbare l'equilibrio  di  bilancio  delle
singole autonomie speciali. 
    Quest'ultimo  puo'   essere   realizzato   solo   attraverso   un
consapevole contraddittorio  tra  Stato  ed  autonomie,  in  modo  da
consentire che l'eventuale riallocazione delle  risorse  fiscali  non
provochi squilibrio o grave compressione delle funzioni regionali, ma
si realizzi nel  modo  piu'  efficace  in  relazione  agli  interessi
dialettici della valorizzazione  degli  enti  a  statuto  speciale  e
dell'equilibrio della finanza pubblica. 
    7.2.- In ogni caso, non risulta rispettato da parte  dello  Stato
il metodo pattizio sotto il profilo sia procedurale che  sostanziale,
per  effetto  dell'adozione  di  norme,  tendenzialmente  dirette   a
sottrarre  una  parte  delle  competenze  tributarie  spettanti  alle
ricorrenti senza correlate misure riequilibratrici. 
    E' opportuno in proposito evidenziare  come  -  conformemente  al
costante orientamento di questa Corte - solo il metodo paritetico (da
cui scaturiscono le norme finanziarie degli  statuti  e  le  relative
norme  di  attuazione)  determini   «i   contenuti   storico-concreti
dell'autonomia regionale» e quindi ponga «un limite superato il quale
si determinerebbero conseguenze  non  controllabili  relativamente  a
quell'equilibrio  complessivo  dell'ordinamento  cui  le   norme   di
attuazione  [e  l'autonomia  speciale   che   le   giustifica]   sono
preordinate» (sentenza n.  213  del  1998).  Per  questo  motivo,  la
riforma in materia di federalismo fiscale non puo'  -  attraverso  la
concatenazione di norme potenzialmente  riduttive  delle  risorse  di
spettanza  delle  autonomie  speciali  -  comprimere,  con  modalita'
indirette e senza contraddittorio in ordine alla sostenibilita' delle
stesse,  le  condizioni  particolari  di   autonomia   previste   dai
rispettivi statuti. 
    Le stesse autonomie  speciali  sono,  comunque,  titolari  di  un
potere di iniziativa per un  esame  partecipe,  insieme  allo  Stato,
delle questioni di comune rilevanza in tema di relazioni  finanziarie
ed alla conseguente evoluzione normativa in senso conforme ai  canoni
costituzionali. 
    Nel descritto contesto, infatti, la dialettica degli interessi in
rilievo non puo' limitarsi al confronto bilaterale in quanto,  se  e'
vero che le autonomie  speciali  sono  caratterizzate  anche  da  una
specialita' interna al loro genere e che quest'ultima puo' comportare
diversi criteri qualitativi  e  quantitativi  di  attribuzione  delle
risorse fiscali, le categorie  economico-finanziarie  di  riferimento
per   un   eventuale   processo   di   riequilibrio   devono   essere
necessariamente omogenee ed il piu' possibile condivise, in  modo  da
perseguire un armonico processo di composizione, idoneo  a  mantenere
gli standard funzionali gia' raggiunti, senza pregiudicare i  bilanci
pubblici con una pressione fiscale e di spesa non tollerabile per  la
collettivita' intesa nel suo complesso. 
    7.3.-  E'  infine  da  sottolineare  come  lo  stesso   principio
dell'equilibrio di bilancio comporti che  le  parti  -  anzitutto  lo
Stato - debbano concordare  relazioni  finanziarie  nelle  quali  sia
tenuto conto anche  degli  eventuali  vulnera  causati  alle  finanze
regionali da un riparto delle  risorse  stesse  non  ponderato  nelle
forme costituzionalmente corrette. 
    Detto   principio   impone   «al   legislatore   di    provvedere
tempestivamente al  fine  di  rispettare  il  vincolo  costituzionale
dell'equilibrio di bilancio, anche in senso dinamico (sentenze n.  40
del 2014, n. 266 del 2013, n. 250 del 2013, n. 213 del 2008,  n.  384
del 1991 e n. 1 del 1966) [...] cio' anche  eventualmente  rimediando
ai rilevati vizi della disciplina tributaria in esame»  (sentenza  n.
10  del  2015).  Essendo  strettamente  connesso  al   principio   di
continuita'  del  bilancio,  essenziale  per  garantire   nel   tempo
l'equilibrio economico, finanziario e patrimoniale, esso puo'  essere
applicato  anche  ai  fini  della  tutela  della   finanza   pubblica
allargata, consentendo in sede pattizia di rimodulare  in  modo  piu'
appropriato le relazioni finanziarie anche con  riguardo  ai  decorsi
esercizi. 
    Questa  Corte  ha,   infatti,   precisato   che   «lo   strumento
dell'accordo serve a determinare nel loro complesso punti controversi
o indefiniti delle relazioni finanziarie tra Stato e Regioni, sia  ai
fini del raggiungimento degli obiettivi di  finanza  pubblica  [...],
sia al fine di evitare  che  il  necessario  concorso  delle  Regioni
comprima oltre i limiti consentiti l'autonomia  finanziaria  ad  esse
spettante. Cio' anche modulando le regole di  evoluzione  dei  flussi
finanziari dei singoli  enti,  in  relazione  alla  diversita'  delle
situazioni esistenti  nelle  varie  realta'  territoriali.  [...]  Il
contenuto degli accordi [...] puo'  e  deve  riguardare  anche  altri
profili di natura contabile quali, a titolo esemplificativo, le fonti
di entrata fiscale, la cui  compartecipazione  sia  quantitativamente
controversa, [...] la ricognizione globale o  parziale  dei  rapporti
finanziari tra i due  livelli  di  governo  e  di  adeguatezza  delle
risorse rispetto alle funzioni svolte o  di  nuova  attribuzione,  la
verifica di congruita' di  dati  e  basi  informative  finanziarie  e
tributarie, eventualmente conciliandole quando risultino  palesemente
difformi, ed altri elementi finalizzati  al  percorso  di  necessaria
convergenza verso gli obiettivi [di finanza pubblica]»  (sentenza  n.
19 del 2015). 
    In conformita' a tale assunto, peraltro, la Regione Trentino-Alto
Adige/Südtirol e le Province autonome di Trento e  di  Bolzano  hanno
sottoscritto - seppur  in  epoca  successiva  all'introduzione  delle
norme censurate - un accordo plurilaterale in data 28  ottobre  2014.
Tale accordo - che al punto 5  prevede  espressamente  l'attribuzione
provinciale del maggior gettito IMU contemplato  dall'impugnato  art.
13, comma 17, del d.l. n. 201 del 2011 - e' stato recepito, ai  sensi
e per gli effetti di cui all'art.  104  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto Adige), dall'art. 1, commi 407 - 413,  della  legge  23
dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge di stabilita' 2015). In tal
modo, come espressamente indicato dal  citato  comma  407,  la  nuova
disciplina delle relazioni finanziarie tra lo  Stato  e  le  predette
autonomie e' stata trasfusa nello statuto speciale ed in particolare,
con riferimento alla statuizione relativa all'art. 13, comma 17,  del
d.l. n. 201 del  2011,  nell'art.  79,  comma  4-bis,  dello  statuto
Trentino-Alto Adige. 
    8.- L'inerzia del legislatore statale nella ricerca di un  quadro
complessivo   di   relazioni   finanziarie   conforme   al    dettato
costituzionale ed allo stesso disegno della legge n. 42 del  2009  ha
determinato  una   situazione   che   puo'   pregiudicare   l'assetto
economico-finanziario delle autonomie speciali nella  misura  in  cui
non assicuri la congruenza  tra  l'attribuzione  di  risorse  fiscali
successivamente alla riforma del 2011 e  le  funzioni  effettivamente
attribuite ed esercitate dalle stesse autonomie speciali. 
    L'indefettibile urgenza che l'ordinamento si doti di disposizioni
legislative idonee ad assicurare l'armonizzazione di tale  dialettico
contesto, se non consente di superare - per le ragioni gia' esposte -
la  ritenuta  inammissibilita'  delle  questioni,   in   quanto   non
pregiudica la «priorita' di  valutazione  da  parte  del  legislatore
sulla congruita' dei mezzi per raggiungere un fine costituzionalmente
necessario»  (sentenza  n.  23  del   2013),   impone   tuttavia   di
sottolineare l'esigenza che le parti,  e  lo  Stato  in  particolare,
diano tempestiva soluzione al  problema  individuato  nella  presente
pronuncia  attraverso  un  comportamento  leale  in  sede   pattizia,
concretamente diretto ad assicurare regole appropriate per il futuro.
Cio' nel rispetto dei vincoli di sistema, assicurando in tal modo  un
ottimale riparto delle risorse fiscali. 
    Vale in proposito, ancor piu' che per il concorso delle Regioni a
statuto speciale agli obiettivi del patto di stabilita',  il  vincolo
di metodo gia' richiamato nella sentenza n. 19 del 2015. Infatti,  se
l'adozione  unilaterale  in  via  provvisoria  dei  criteri  per   la
disciplina  delle  pertinenti  relazioni  finanziarie   puo'   essere
giustificata  in  quel  caso  dalla  tempistica  della   manovra   di
stabilita', in quello di specie il protrarsi dell'anomala  situazione
precedentemente  illustrata  pone   in   essere   un   ingiustificato
sacrificio «della sfera di competenza  costituzionalmente  attribuita
alla Regione e [la] violazione, per l'effetto, del principio di leale
collaborazione (sentenza n. 179 del 2012)» (sentenza n. 39 del 2013),
al quale va posto immediato rimedio. 
    9.- Alla luce delle considerazioni che precedono, le questioni di
legittimita' costituzionale degli artt. 13 e 14 del d.l. n.  201  del
2011 e 1, commi 380, 383 e 387, della legge n. 228  del  2012  devono
essere dichiarate inammissibili. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata a separate pronunce la decisione delle altre  questioni
di legittimita' costituzionale promosse con  i  ricorsi  indicati  in
epigrafe; 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara cessata la materia del contendere sulla questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 14, lettera  a),  del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni  urgenti  per  la
crescita,  l'equita'  e  il  consolidamento  dei   conti   pubblici),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  22
dicembre 2011, n. 214, promossa dalla Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia con il ricorso indicato in epigrafe; 
    2)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 13, commi 11 e 17, quarto periodo,  e  14,
comma 13-bis, quarto periodo, del d.l.  n.  201  del  2001,  promosse
dalla Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste  con  il  ricorso
indicato in epigrafe; 
    3)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 13 e 14 del d.l. n. 201 del 2001, promosse
dalla Regione siciliana con il ricorso indicato in epigrafe; 
    4)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 13 e 14, comma 13-bis, del d.l. n. 201 del
2001,  promosse  dalla  Regione  autonoma  Sardegna  con  il  ricorso
indicato in epigrafe; 
    5)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 13, commi 11 e 17, terzo, quarto e  quinto
periodo, e l'art. 14,  comma  13-bis,  del  d.l.  n.  201  del  2001,
promosse dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia con il  ricorso
indicato in epigrafe; 
    6)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 380, lettera  h),  della  legge  24
dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge  di  stabilita'  2013),
promossa dalla Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste  con  il
ricorso indicato in epigrafe; 
    7)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 380, lettere b), f), h)  ed  i),  e
383, della legge n. 228 del 2012,  promosse  dalla  Regione  autonoma
Friuli-Venezia Giulia con il ricorso indicato in epigrafe; 
    8)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 380 e 387, della legge n.  228  del
2012,  promosse  dalla  Regione  autonoma  Sardegna  con  il  ricorso
indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 maggio 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                       Aldo CAROSI, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 15 luglio 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI