N. 197 SENTENZA 22 settembre - 9 ottobre 2015

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Enti locali  -  Applicabilita',  "nelle  more  dell'attuazione  della
  riforma  dell'ente  Provincia",  della  legislazione  regionale  in
  materia elettorale, di organi di governo e di funzioni fondamentali
  degli enti locali. Conferma della disciplina vigente. 
- Legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 9 marzo 2012, n.
  3 (Norme urgenti in materia di autonomie locali), art. 1, commi 1 e
  2. 
-   
(GU n.41 del 14-10-2015 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici :Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,
  Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi  1
e 2, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 9 marzo
2012, n. 3 (Norme urgenti in materia di autonomie  locali),  promosso
dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  il
14-17 maggio 2012, depositato in cancelleria il  21  maggio  2012  ed
iscritto al n. 78 del registro ricorsi 2012. 
    Visto   l'atto   di   costituzione   della    Regione    autonoma
Friuli-Venezia Giulia; 
    udito nell'udienza pubblica del  22  settembre  2015  il  Giudice
relatore Nicolo' Zanon; 
    uditi l'avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente  del
Consiglio dei  ministri  e  l'avvocato  Giandomenico  Falcon  per  la
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso spedito per la  notifica  il  14  maggio  2012  e
depositato nella cancelleria di questa Corte il successivo 21  maggio
2012 (reg. ric. n. 78 del 2012),  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha promosso, in riferimento all'art. 117, terzo  comma,  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,
commi 1 e 2, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia
9 marzo 2012, n. 3 (Norme urgenti in materia di autonomie locali). 
    La disposizione impugnata  interviene  in  materia  di  autonomie
locali, dettando norme sulla competenza della Regione a proposito  di
legislazione elettorale, organi di governo  e  funzioni  fondamentali
degli enti locali. Essa stabilisce, al comma 1,  che  in  conformita'
all'art. 4, primo comma, numero 1-bis), della legge costituzionale 31
gennaio 1963, n. 1 (Statuto  speciale  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia), e agli artt. 2 e 8 del decreto legislativo 2  gennaio  1997,
n. 9 (Norme di attuazione  dello  statuto  speciale  per  la  regione
Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento degli enti  locali  e
delle relative circoscrizioni), al fine di valorizzare gli  strumenti
di autonomia normativa e le forme di rappresentanza  delle  comunita'
locali, perseguendo il  contenimento  e  la  razionalizzazione  della
spesa pubblica,  nella  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  si
applica  -  nelle  more  dell'attuazione  della   riforma   dell'ente
Provincia   nell'ambito   dell'ordinamento   costituzionale   -    la
legislazione regionale in materia elettorale, sugli organi di governo
e sulle funzioni fondamentali dei  Comuni,  delle  Province  e  delle
Citta' metropolitane. Al comma 2, aggiunge che, fino  al  recepimento
nell'ordinamento  regionale  della  riforma   costituzionale   appena
ricordata, sono confermate  le  vigenti  modalita'  di  elezione,  la
formazione e la composizione degli organi di  governo  dei  Comuni  e
delle  Province  del  Friuli-Venezia  Giulia,  nonche'  le   funzioni
comunali e provinciali e le relative modalita' di esercizio. 
    1.1.- Ad avviso del ricorrente, le norme  impugnate,  disponendo,
«nelle  more  dell'attuazione  della  riforma  dell'ente  Provincia»,
l'applicazione della legislazione regionale  in  materia  elettorale,
nonche' di organi di governo  e  funzioni  fondamentali  dei  Comuni,
delle Province e delle Citta' metropolitane, e confermando le vigenti
modalita' di elezione, formazione  e  composizione  degli  organi  di
governo  e  la  legislazione  in  materia  di  funzioni  comunali   e
provinciali, si porrebbero in contrasto con i  principi  fondamentali
di coordinamento della finanza pubblica posti dall'art. 23, commi  da
16 a 20-bis, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201  (Disposizioni
urgenti per la crescita, l'equita'  e  il  consolidamento  dei  conti
pubblici), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della
legge 22 dicembre 2011, n. 214, violando conseguentemente l'art. 117,
terzo comma, Cost. 
    Osserva  infatti  l'Avvocatura  generale  dello  Stato   che   il
richiamato art. 23  del  d.l.  n.  201  del  2011,  come  convertito,
dispone, tra l'altro, la riduzione dei costi di  finanziamento  delle
Province, fissando  limiti  al  numero  dei  consiglieri  provinciali
(comma 16), disciplinando le modalita' di elezione degli  organi  con
rinvio alla legge statale (commi 16 e 17). La stessa norma  prevedeva
che, per gli organi provinciali da rinnovare  entro  il  31  dicembre
2012, si procedesse,  in  attesa  della  legislazione  statale  sulle
relative  modalita'  di  elezione,  alla  nomina  di  un  commissario
straordinario in applicazione dell'art. 141 del  decreto  legislativo
18 agosto 2000, n. 267  (Testo  unico  delle  leggi  sull'ordinamento
degli enti locali),  disponendo,  nel  contempo,  una  proroga  degli
organi provinciali da rinnovare in data  successiva  al  31  dicembre
2012. Il comma 20-bis del richiamato art. 23 prevede, infine, che  le
Regioni a statuto speciale  adeguassero  i  propri  ordinamenti  alle
disposizioni summenzionate entro sei mesi dall'entrata in vigore  del
decreto-legge in questione. 
    Da cio'  -  ad  avviso  del  ricorrente  -  seguirebbe  che,  nel
configurare la trasformazione delle  amministrazioni  provinciali  in
enti di secondo livello, l'art. 23 del d.l. n.  201  del  2011,  come
convertito, avrebbe dettato norme di principio di coordinamento della
finanza  pubblica,  applicabili  sull'intero   territorio   nazionale
«nell'ottica di una diversa organizzazione degli enti locali connessa
alla  riduzione  della  spesa  pubblica»,  rispetto  alle  quali   le
disposizioni impugnate si porrebbero in insanabile contrasto. 
    Al  riguardo,  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  richiama  la
giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  che  ha   costantemente
affermato l'estensione dei  principi  fondamentali  di  coordinamento
della finanza pubblica anche alle Regioni a statuto speciale  e  alle
Province autonome (sono menzionate le sentenze n. 289 e  n.  190  del
2008 e n. 169 e n. 82 del 2007). 
    1.2.- In particolare, secondo il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  il  censurato  comma  1  dell'art.  1  della  legge   reg.
Friuli-Venezia  Giulia  n.  3  del  2012,  prevedendo,   nelle   more
dell'attuazione della  riforma  dell'ente  Provincia,  l'applicazione
della legislazione regionale in  materia  elettorale,  nonche'  sugli
organi di governo e sulle funzioni fondamentali  degli  enti  locali,
detterebbe modalita' di  elezione  e  di  composizione  degli  organi
provinciali difformi da quelle dell'art. 23, commi 16 e 17, del  d.l.
n. 201 del 2011, come convertito, i quali  prevedono  rispettivamente
che il consiglio provinciale sia  «composto  da  non  piu'  di  dieci
componenti eletti dagli organi  elettivi  dei  Comuni  ricadenti  nel
territorio della Provincia» e che il Presidente della  Provincia  sia
«eletto dal Consiglio provinciale tra i suoi  componenti  secondo  le
modalita' stabilite dalla legge statale». 
    1.3.- E' impugnato anche il comma 2 dell'art. 1 della legge  reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 3 del 2012, il quale, confermando le vigenti
modalita' di elezione, la formazione e la composizione  degli  organi
di  governo  degli  enti  locali,  nonche'  le  funzioni  comunali  e
provinciali e le relative modalita' di esercizio, determinerebbe  una
proroga a tempo  indeterminato  della  vigente  disciplina  regionale
organizzativa delle Province, ponendosi in tal modo in contrasto  con
l'art. 23, comma 20, del citato d.l. n. 201 del 2011, che dispone, da
un lato, il commissariamento  delle  Province  i  cui  organi  devono
essere rinnovati entro il 31  dicembre  2012  (data  entro  la  quale
avrebbe dovuto intervenire la nuova legge elettorale), e, dall'altro,
la proroga per i soli organi provinciali che devono essere  rinnovati
in data successiva al 31 dicembre 2012. 
    Ne  conseguirebbe  che,  pur   avendo   la   Regione   competenza
legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali, le
disposizioni  censurate  si  porrebbero  in  contrasto   con   quelle
contenute  nell'art.  23  del  decreto-legge  piu'   volte   evocato,
considerate come norme-parametro  interposte,  le  quali,  contenendo
scelte sulla composizione degli organi di governo della  Provincia  e
limitando il  numero  dei  consiglieri  provinciali,  costituirebbero
principi di coordinamento della finanza  pubblica.  Al  riguardo,  e'
richiamata la  giurisprudenza  costituzionale  che  ha  affermato  la
legittimita' degli interventi del legislatore statale volti a imporre
vincoli puntuali alle politiche di bilancio delle Regioni, al fine di
assicurare l'equilibrio unitario della finanza  pubblica  complessiva
(sentenze n. 284 e n. 237 del 2009). 
    Nel  rassegnare  le  proprie  conclusioni,  la   difesa   statale
asserisce  che  le  norme   impugnate,   determinando   l'«avocazione
integrale   alla   legislazione   regionale   della   materia   della
riorganizzazione delle Province», esorbiterebbero dalla competenza in
materia  di  «ordinamento  degli  enti  locali   e   delle   relative
circoscrizioni»  attribuita  alla  Regione  autonoma   Friuli-Venezia
Giulia dai gia'  ricordati  art.  4,  numero  1-bis),  dello  statuto
speciale e artt. 2 e 8 delle relative norme di attuazione in  materia
di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni. 
    2.- Con atto depositato nella cancelleria di questa Corte  il  22
giugno 2012,  si  e'  costituta  nel  presente  giudizio  la  Regione
autonoma  Friuli-Venezia  Giulia,  chiedendo  che  il   ricorso   sia
dichiarato inammissibile o infondato. 
    3.- Con memoria del 24 aprile 2014, depositata nella  cancelleria
di questa Corte  il  successivo  28  aprile,  la  resistente  Regione
autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  ha  preliminarmente   eccepito   la
«radicale  inammissibilita'»  del  ricorso,  atteso  che   la   Corte
costituzionale, con la sentenza n. 220 del 2013, ha  dichiarato,  tra
l'altro, l'illegittimita' costituzionale «dell'art. 23, commi 14, 15,
16, 17, 18, 19 e 20, del d.l. n.  201  del  2011»,  nonche',  in  via
consequenziale, «dell'art. 23, comma 20-bis,  del  d.l.  n.  201  del
2011», vale a dire di  tutte  le  disposizioni  evocate  a  parametro
interposto nel presente giudizio. 
    3.1.- Stante l'effetto retroattivo della richiamata  sentenza  n.
220 del 2013 in relazione alle questioni  che  non  risultino  ancora
giuridicamente concluse, conseguirebbe, ad avviso  della  resistente,
che l'impugnazione proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri
risulterebbe priva di alcun parametro sulla cui base  effettuare  una
valutazione di legittimita' costituzionale. 
    Al conseguente esito di inammissibilita'  del  presente  giudizio
non osterebbe - sempre secondo la Regione autonoma -  la  circostanza
che, con la legge 7 aprile 2014, n.  56  (Disposizioni  sulle  citta'
metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni),  e'
stata  introdotta  una  disciplina  ispirata  ai  medesimi   principi
organizzativi che gia' caratterizzavano le disposizioni del  d.l.  n.
201 del 2011, considerate parametro interposto nel ricorso statale. 
    Infatti, anche a prescindere da ogni  valutazione  sull'effettiva
corrispondenza   tra   le   disposizioni   sopravvenute   e    quelle
originariamente   evocate   a   parametro,   sarebbe   decisiva    la
considerazione che «non vi puo' essere  continuita'  alcuna  tra  una
disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima (sia pure  per
una ragione attinente alla non utilizzabilita' della fonte  normativa
mediante la quale le norme erano  state  disposte)  ed  una  seguente
disposizione, che pure  in  ipotesi  ne  riproducesse  il  contenuto,
utilizzando altra fonte». Al riguardo, e' richiamata la  sentenza  n.
167 del 2004 della  Corte  costituzionale,  con  la  quale  e'  stata
dichiarata inammissibile la questione di legittimita'  costituzionale
degli artt. 1, commi  1  e  2,  2  e  3  della  legge  della  Regione
Emilia-Romagna  25  novembre  2002,  n.  30  (Norme  concernenti   la
localizzazione  degli  impianti  fissi  per   l'emittenza   radio   e
televisiva e di impianti  per  la  telefonia  mobile),  promossa  dal
Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento  all'art.  117,
terzo comma, Cost., e in relazione agli artt. 3, commi 1 e  2,  e  5,
del decreto legislativo 4 settembre 2002, n. 198 (Disposizioni  volte
ad   accelerare   la   realizzazione    delle    infrastrutture    di
telecomunicazioni strategiche per la modernizzazione  e  lo  sviluppo
del Paese, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 21  dicembre
2001,  n.  443),  per  sopravvenuta  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale delle disposizioni contenute nel  decreto  legislativo
evocato a parametro interposto in quel giudizio. 
    Ad avviso  della  resistente,  una  ipotetica  trasposizione  del
parametro interposto violerebbe altresi' il diritto di  difesa  della
Regione. 
    3.2.- Nel merito,  secondo  la  Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia, il ricorso sarebbe comunque infondato, non essendo la Regione
tenuta   in   alcun   modo   ad   adeguarsi   a   norme    dichiarate
costituzionalmente illegittime. 
    4.- Nell'imminenza dell'udienza pubblica del 20 maggio  2014,  il
Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato istanza di rinvio
della trattazione del ricorso, al fine di valutare la permanenza  del
proprio interesse alla relativa definizione. 
    Tale istanza, con l'accordo  della  Regione  autonoma,  e'  stata
accolta ed il giudizio, di conseguenza, e'  stato  rinviato  a  nuovo
ruolo. 
    5.- In prossimita' della successiva udienza pubblica, fissata per
il 22 settembre 2015, la  difesa  della  Regione  ha  depositato  una
memoria, in data 31 agosto 2015, insistendo affinche' il ricorso  sia
dichiarato inammissibile, o comunque, nel merito, infondato. 
    Oltre a confermare quanto gia' esposto nel  precedente  atto,  la
difesa regionale sottolinea che la  Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia, in seguito all'instaurazione del giudizio, ha disciplinato la
materia delle elezioni degli  organi  delle  Province  con  la  legge
regionale  14  febbraio  2014,  n.  2  (Disciplina   delle   elezioni
provinciali e modifica all'articolo 4 della  legge  regionale  3/2012
concernente le centrali di committenza), in corrispondenza con quanto
poi previsto dall'art. 1, commi 54 e seguenti, della legge statale n.
56 del 2014. La Regione avrebbe, dunque, anticipato la  conformazione
dell'ordinamento  regionale  ai  principi  della  legge   da   ultimo
menzionata,   che,   per   altro,   concedeva   alle   Regioni,   per
l'adeguamento, dodici mesi dalla data della sua  entrata  in  vigore.
Tale circostanza - ad avviso della difesa regionale  -  rafforzerebbe
l'impossibilita' di utilizzare i principi della legge n. 56 del  2014
quale parametro interposto di legittimita', in sostituzione di quelli
espressi nella normativa  dichiarata  costituzionalmente  illegittima
con la sentenza n. 220 del 2013. 
    Osserva, infine, la difesa regionale,  ancora  a  sostegno  della
declaratoria di inammissibilita' del ricorso, che la sentenza  citata
da ultimo ha  dichiarato,  in  via  consequenziale,  l'illegittimita'
costituzionale del comma 20-bis dell'art. 23  del  d.l.  n.  201  del
2011, come convertito, con la specifica motivazione che  esso  poneva
«un obbligo di adeguamento degli ordinamenti delle Regioni speciali a
norme incompatibili con la Costituzione»: venuto meno  tale  obbligo,
non  vi  sarebbe  parametro  interposto  idoneo  a  giustificare   la
declaratoria di incostituzionalita' delle disposizioni impugnate,  le
quali avrebbero semplicemente disposto che le elezioni  regionali  si
svolgessero,  nel  periodo  della  sua   vigenza,   nel   solo   modo
costituzionalmente legittimo, proprio alla luce della decisione sopra
citata. 
    6.- All'udienza  pubblica  del  22  settembre  2015  l'Avvocatura
generale dello  Stato,  a  nome  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, ha confermato la  permanenza  del  proprio  interesse  alla
trattazione del ricorso. La Regione autonoma Friuli Venezia-Giulia ha
ribadito le argomentazioni contenute negli scritti difensivi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha   promosso
questione  di  legittimita'  costituzionale,   in   via   principale,
dell'art. 1,  commi  1  e  2,  della  legge  della  Regione  autonoma
Friuli-Venezia Giulia 9 marzo 2012, n. 3 (Norme urgenti in materia di
autonomie  locali),  denunciandone  il  contrasto  con   i   principi
fondamentali di coordinamento della finanza pubblica posti  dall'art.
23, commi da 16 a 20-bis, del decreto-legge 6 dicembre 2011,  n.  201
(Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il  consolidamento
dei conti pubblici),  convertito,  con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214,  e,  conseguentemente,
con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 
    La disposizione impugnata  interviene  in  materia  di  autonomie
locali, dettando norme sulla competenza della Regione a proposito  di
legislazione elettorale, organi di governo  e  funzioni  fondamentali
degli enti locali. Al comma 1, essa stabilisce che -  in  conformita'
all'art. 4, primo comma, numero 1-bis) della legge costituzionale  31
gennaio 1963, n. 1 (Statuto  speciale  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia), e agli artt. 2 e 8 del decreto legislativo 2  gennaio  1997,
n. 9 (Norme di attuazione  dello  statuto  speciale  per  la  regione
Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento degli enti  locali  e
delle relative circoscrizioni), al fine di valorizzare gli  strumenti
di autonomia normativa e le forme di rappresentanza  delle  comunita'
locali, perseguendo il  contenimento  e  la  razionalizzazione  della
spesa pubblica - nella  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  si
applica, nelle more dell'attuazione della riforma dell'ente Provincia
nell'ambito   dell'ordinamento   costituzionale,   la    legislazione
regionale in materia elettorale, sugli  organi  di  governo  e  sulle
funzioni fondamentali dei  Comuni,  delle  Province  e  delle  Citta'
metropolitane.  Al  comma  2,  aggiunge  che,  fino  al   recepimento
nell'ordinamento  regionale  della  riforma   costituzionale   appena
ricordata, sono confermate  le  vigenti  modalita'  di  elezione,  la
formazione e la composizione degli organi di  governo  dei  Comuni  e
delle  Province  del  Friuli-Venezia  Giulia,  nonche'  le   funzioni
comunali e provinciali e le relative modalita' di esercizio. 
    Attraverso questa disciplina,  e  in  particolare  confermando  -
«nelle more della attuazione della  riforma  dell'ente  Provincia»  -
l'applicabilita' sul territorio regionale delle vigenti modalita'  di
elezione, formazione e composizione degli organi di governo  e  della
legislazione in  materia  di  funzioni  comunali  e  provinciali,  la
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia avrebbe dettato  modalita'  di
elezione e di  composizione  degli  organi  provinciali  difformi  da
quelle dell'art. 23, commi 16 e 17, del d.l. n. 201  del  2011,  come
convertito, i quali  prevedevano  rispettivamente  che  il  consiglio
provinciale fosse «composto da non piu' di  dieci  componenti  eletti
dagli organi elettivi  dei  Comuni  ricadenti  nel  territorio  della
Provincia» e che il Presidente  della  Provincia  fosse  «eletto  dal
Consiglio provinciale tra i  suoi  componenti  secondo  le  modalita'
stabilite dalla legge statale». A tali  disposizioni  avrebbe  invece
dovuto conformarsi anche la Regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia,
in quanto il comma 20-bis del richiamato art.  23  prevedeva  che  le
Regioni a statuto speciale  adeguassero  i  propri  ordinamenti  alle
disposizioni summenzionate entro sei mesi dall'entrata in vigore  del
decreto stesso. 
    In  relazione  al  comma  2  dell'art.   1   della   legge   reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 3 del 2012, il  ricorrente  ha  assunto  che
tale disposizione, determinando una  proroga  a  tempo  indeterminato
della vigente disciplina regionale, si poneva in contrasto con l'art.
23, comma 20,  del  d.l.  n.  201  del  2011,  come  convertito,  che
disponeva, da un lato,  il  commissariamento  delle  Province  i  cui
organi avrebbero dovuto essere rinnovati entro il  31  dicembre  2012
(data entro la quale avrebbe dovuto essere approvata la  nuova  legge
elettorale), e, dall'altro, prevedeva una proroga per i  soli  organi
provinciali che avrebbero dovuto essere rinnovati in data  successiva
al 31 dicembre 2012. 
    2.- La questione e' inammissibile. 
    2.1.- La sentenza n. 220 del 2013 di questa Corte  ha  dichiarato
costituzionalmente illegittimi, per violazione dell'art. 77 Cost.,  i
commi da 14 a 20  dell'art.  23  del  d.l.  n.  201  del  2011,  come
convertito. 
    In tale sentenza, in estrema sintesi, questa  Corte  ha  rilevato
come le norme citate apportassero radicali modifiche alla  disciplina
in tema di funzioni delle Province, limitandole al solo  indirizzo  e
coordinamento delle  attivita'  dei  Comuni,  e  in  tema  di  organi
provinciali, eliminando la Giunta, prevedendo che  il  Consiglio  sia
composto da non piu' di dieci membri eletti dagli organi elettivi dei
Comuni e disponendo che il Presidente della Provincia sia eletto  dal
Consiglio provinciale. E ha osservato che una riforma cosi' ampia  di
una  parte  del  sistema  delle   autonomie   locali,   destinata   a
ripercuotersi  sull'intero  assetto  degli  enti  esponenziali  delle
comunita' territoriali, riconosciuti e garantiti dalla  Costituzione,
risulta incompatibile, logicamente e giuridicamente, con lo strumento
della decretazione d'urgenza. 
    In via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo
1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale),    la    sentenza    ricordata     ha     dichiarato
costituzionalmente illegittimo anche l'art.  23,  comma  20-bis,  del
citato d.l. n. 201 del 2011, che obbligava  le  Regioni  speciali  ad
adeguare i propri ordinamenti alle disposizioni di cui ai  precedenti
commi da 14 a 20, nei sei mesi successivi alla  data  di  entrata  in
vigore del suddetto decreto-legge. 
    La  sentenza   n.   220   del   2013   ha   pertanto   dichiarato
costituzionalmente  illegittime  tutte  le  disposizioni  evocate   a
parametro interposto - contenenti, nella prospettiva del  ricorrente,
principi di coordinamento della finanza pubblica -  la  cui  asserita
lesione, da parte delle  disposizioni  regionali  impugnate,  avrebbe
infine comportato la violazione dell'art. 117, comma terzo, Cost. 
    2.2.- All'udienza pubblica del  22  settembre  2015  l'Avvocatura
generale dello Stato, pur  affermando  la  permanenza  dell'interesse
alla decisione del ricorso, non ha fornito alcun  argomento  utile  a
contrastare le allegazioni della Regione resistente. 
    Quest'ultima   ha   correttamente   rilevato   che,   in   virtu'
dell'effetto retroattivo della richiamata sentenza n. 220 del 2013 in
relazione alle questioni ancora pendenti, l'impugnazione proposta dal
Presidente del Consiglio dei ministri risulta inammissibile,  perche'
priva di alcun parametro sulla cui base effettuare una valutazione di
legittimita' costituzionale. 
    L'esito  conseguente  di  inammissibilita'  della  questione,  in
particolare, non e' impedito dalla circostanza che, con  la  legge  7
aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle  citta'  metropolitane,  sulle
province, sulle unioni e fusioni di comuni), e' stata introdotta  una
disciplina ispirata a principi organizzativi  che  potrebbero  essere
ritenuti analoghi a quelli che gia' caratterizzavano le  disposizioni
del d.l. n. 201  del  2011,  come  convertito,  elevate  a  parametro
interposto nel ricorso statale. A prescindere da  qualunque  indagine
sull'effettiva corrispondenza  tra  le  disposizioni  sopravvenute  e
quelle  originariamente  indicate  quali  norme  interposte,  nessuna
continuita' normativa puo' sussistere tra le disposizioni del d.l. n.
201 del  2011  dichiarate  costituzionalmente  illegittime  e  quelle
successive della legge n. 56 del 2014,  poiche'  la  declaratoria  di
illegittimita'  costituzionale  delle  prime  ne  ha  comportato   la
rimozione con effetto ex tunc. 
    Neppure ipotizzabile  e'  percio'  un  eventuale  utilizzo  delle
disposizioni di cui alla legge n. 56 del 2014 quali  norme  parametro
sopravvenute: utilizzo, peraltro, nemmeno prospettato dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,   e   del   resto   possibile,   secondo   la
giurisprudenza di questa Corte, unicamente laddove le disposizioni di
principio evocate a parametro interposto siano  state  abrogate,  nel
corso del giudizio, e quindi trasfuse, in  pendenza  di  questo,  con
contenuto sostanzialmente inalterato, in un successivo atto normativo
(sentenze n. 34 del 2012, n. 12 del 2007 e n. 274 del 2003). 
    Nel  presente  caso,   invece,   la   dichiarata   illegittimita'
costituzionale delle disposizioni del d.l.  n.  201  del  2011,  come
convertito, la cui violazione ridonderebbe, secondo il ricorrente, in
lesione dell'art. 117, terzo comma, Cost., ha inciso radicalmente sui
termini  della  questione  proposta,  privandola  di  uno  dei   suoi
requisiti essenziali, cosi' da renderla inammissibile (negli identici
termini, sentenza n. 167 del 2004). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 2, della  legge  della  Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia 9 marzo 2012, n. 3 (Norme  urgenti  in
materia di autonomie locali), promossa dal Presidente  del  Consiglio
dei  ministri,  in  riferimento  all'art.  117,  terzo  comma,  della
Costituzione e in relazione all'art. 23, commi da 16  a  20-bis,  del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni  urgenti  per  la
crescita,  l'equita'  e  il  consolidamento  dei   conti   pubblici),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  22
dicembre 2011, n. 214, con il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 settembre 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                      Nicolo' ZANON, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 9 ottobre 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI