N. 215 SENTENZA 7 ottobre - 5 novembre 2015

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Energia - Opere concernenti linee e impianti elettrici sino a 150.000
  volt - Esenzione dall'autorizzazione per le varianti  di  tracciato
  che non superino i 500 metri. 
- Legge della Regione Veneto 22 ottobre 2014, n. 30  (Modifica  della
  legge regionale 6 settembre 1991, n. 24 "Norme in materia di  opere
  concernenti linee e impianti elettrici sino a 150.000 volt"),  art.
  1, comma 1. 
-   
(GU n.45 del 11-11-2015 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici :Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,
  Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,
della legge della Regione Veneto 22 ottobre  2014,  n.  30  (Modifica
della legge regionale 6 settembre 1991, n. 24 "Norme  in  materia  di
opere concernenti linee e impianti elettrici sino a  150.000  volt"),
promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  ricorso
notificato il 22-24 dicembre 2014, depositato in  cancelleria  il  30
dicembre 2014 ed iscritto al n. 93 del registro ricorsi 2014. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  6  ottobre  2015  il  Giudice
relatore Daria de Pretis; 
    uditi l'avvocato dello Stato Filippo Bucalo per il Presidente del
Consiglio dei ministri  e  l'avvocato  Luigi  Manzi  per  la  Regione
Veneto. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 22-24 dicembre 2014, depositato  il
30 dicembre 2014 e iscritto al n. 93 del registro ricorsi  del  2014,
il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l'art. 1, comma 1,
della legge della Regione Veneto 22 ottobre  2014,  n.  30  (Modifica
della legge regionale 6 settembre 1991, n. 24 "Norme  in  materia  di
opere concernenti linee e impianti elettrici sino a  150.000  volt"),
per violazione dell'art. 1-sexies del decreto-legge 29  agosto  2003,
n. 239 (Disposizioni urgenti per  la  sicurezza  e  lo  sviluppo  del
sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza  di  energia
elettrica), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 27 ottobre 2003, n. 290, e dell'art. 117, secondo  comma,
lettera s), della Costituzione. 
    La norma ha  sostituito  il  comma  6  dell'art.  2  della  legge
regionale 6 settembre 1991, n. 24, con  il  seguente:  «6.  Non  sono
soggette  all'obbligo  dell'autorizzazione  le  modifiche  di   linee
esistenti  per  variazioni  di  tracciato  inferiore  a  500  m.,  le
trasformazioni di linee con conduttori nudi in linee con cavo  aereo,
gli  adeguamenti  alle  tensioni  di  esercizio  normalizzate  e   le
sostituzioni dei componenti, a condizione  che  tali  interventi  non
comportino  variazioni  alla  natura  del  progetto   precedentemente
approvato  ne'  incremento  della  potenza  gia'  autorizzata  e  non
ricadano in zone soggette a tutela dei beni culturali e del paesaggio
ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e  successive
modificazioni. E' in ogni caso fatto salvo l'obbligo di progettazione
tecnica e relativo collaudo». 
    Osserva il ricorrente che tale nuova  disposizione  regionale  ha
inserito nella previgente disciplina relativa  a  tutte  le  linee  e
impianti   elettrici   sino   a   150.000    volt    una    esenzione
dall'autorizzazione (oltre  che  per  interventi  di  manutenzione  o
sostituzione di componenti, anche) per tutte la varianti di tracciato
che non superino i 500 metri. 
    Sennonche', ove tale esenzione fosse ritenuta  applicabile  anche
agli elettrodotti facenti parte della Rete di trasmissione  nazionale
(RTN), la disposizione regionale si porrebbe in contrasto con  l'art.
1-sexies del d.l. n. 239 del 2003. Tale articolo, infatti, stabilisce
che la costruzione e l'esercizio  degli  elettrodotti  facenti  parte
della  rete  nazionale  di  trasporto  dell'energia  elettrica   sono
soggetti ad autorizzazione unica  rilasciata  dall'autorita'  statale
(comma 1) e non di quella  regionale;  prevede  altresi'  l'esenzione
dall'autorizzazione per alcune ipotesi di interventi sostitutivi e di
manutenzione degli elettrodotti (in particolare, quelli  «consistenti
nella riparazione, nella rimozione e nella sostituzione di componenti
di linea, quali, a titolo esemplificativo, sostegni, conduttori, funi
di guardia, catene, isolatori, morsetteria,  sfere  di  segnalazione,
impianti di terra, con elementi di caratteristiche analoghe, anche in
ragione delle  evoluzioni  tecnologiche»),  ma  senza  ricomprendervi
anche le varianti di tracciato (comma 4-quinquies). 
    Secondo il ricorrente, anche nella eventualita' in cui  la  norma
impugnata si riferisse ai soli elettrodotti non facenti  parte  della
RTN, la stessa si porrebbe comunque  in  contrasto  con  l'art.  117,
secondo comma, lettera s),  Cost.,  in  relazione  all'Allegato  III,
lettera z), e all'Allegato IV, punto  7.,  lettera  z),  della  Parte
seconda del decreto legislativo 3  aprile  2006,  n.  152  (Norme  in
materia ambientale), secondo cui le linee (elettrodotti) non  facenti
parte della rete elettrica  di  trasmissione  nazionale  con  potenza
superiore  a  100.000  volt  rientrano  nei  progetti  di  competenza
regionale da assoggettare a valutazione di impatto ambientale (VIA) o
a verifica di assoggettabilita' a VIA, a seconda della lunghezza  del
tracciato (rispettivamente, se superiore a 10 km oppure se  superiore
a 3 km);  nonche'  in  relazione  all'Allegato  III,  lettera  ag,  e
all'Allegato IV, punto 8., lettera t), della Parte seconda del d.lgs.
n. 152 del 2006, secondo cui le modifiche o estensioni  dei  medesimi
progetti sopra citati sono soggetti rispettivamente a  VIA  («ove  la
modifica o l'estensione di  per  se'  sono  conformi  agli  eventuali
limiti stabiliti  nel  presente  allegato»),  oppure  a  verifica  di
assoggettabilita' a VIA (nei casi in cui gli  stessi  «possono  avere
notevoli ripercussioni negative sull'ambiente»). 
    Dalle disposizioni statali  appena  richiamate  conseguirebbe  il
principio per cui le variazioni di  tracciato,  sia  pure  di  scarsa
entita'   (inferiori   a   500   metri),   non   potrebbero    essere
aprioristicamente  escluse  da   qualsiasi   forma   di   valutazione
ambientale, in quanto lo  specifico  contesto  localizzativo  oggetto
della  variante  di  tracciato  potrebbe  determinare  situazioni  di
incompatibilita' con la tutela ambientale (si fa l'esempio  dei  siti
di importanza comunitaria, cosiddetti SIC, e delle zone  speciali  di
conservazione,  cosiddette  ZSC).  Di  contro,  la  norma   regionale
impugnata,  disponendo  una  generalizzata  deroga   all'obbligo   di
autorizzazione per le modifiche di tracciato inferiori  a  500  metri
(con l'unica condizione che «tali interventi [...]  non  ricadano  in
zone soggette a tutela dei beni culturali e del  paesaggio  ai  sensi
del  decreto  legislativo  22  gennaio  2004,  n.  42  e   successive
modificazioni»),  avrebbe  indebitamente  ristretto   il   campo   di
applicazione della disciplina in materia di  valutazione  di  impatto
ambientale, violando di conseguenza la potesta' legislativa esclusiva
dello Stato in materia di «tutela dell'ambiente». 
    2.- Il 19 febbraio 2015 si e' costituita in giudizio  la  Regione
Veneto, eccependo preliminarmente l'inammissibilita' del ricorso,  in
quanto la disposizione impugnata sarebbe in  parte  qua  riproduttiva
della precedente disciplina regionale  (mai  oggetto  in  passato  di
impugnazione avanti la Corte costituzionale), la quale gia' escludeva
l'obbligo del provvedimento autorizzatorio in caso  di  modifiche  di
linee esistenti per variazioni di tracciato inferiore a 500 metri. 
    La novella, infatti, si  limiterebbe:  a  estendere  l'esclusione
dall'obbligo di autorizzazione  alle  «trasformazioni  di  linee  con
conduttori nudi in linee con cavo aereo»; a potenziare i limiti  alla
deroga autorizzatoria, prevedendo un generale divieto  di  incremento
della potenza gia' autorizzata e facendo sempre  salvo  l'obbligo  di
progettazione  tecnica  e  relativo  collaudo;   a   rettificare   il
riferimento anacronistico alla legge sui  beni  culturali  del  1939,
sostituendolo con il richiamo al decreto legislativo 22 gennaio 2004,
n.  42  (Codice  dei  beni  culturali  e  del  paesaggio,  ai   sensi
dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137). 
    Cosicche',  non   essendoci   stata   alcuna   «soluzione   della
continuita' precettiva», l'impugnazione da parte dello Stato  di  una
norma regionale riproduttiva di una norma  previgente  mai  impugnata
dovrebbe dichiararsi inammissibile. Difetterebbe persino  l'interesse
del Presidente del Consiglio dei ministri a coltivare l'impugnazione,
dal momento che, qualora la questione  di  costituzionalita'  venisse
accolta, rivivrebbe la norma regionale previgente avente il  medesimo
contenuto precettivo tacciato oggi di  illegittimita',  per  di  piu'
privo della tutela aggiuntiva assicurata  ai  valori  ambientali  dal
testo attualmente in vigore (sotto forma di obblighi di progettazione
e di collaudo, di divieto di incremento di potenza  e  rispetto  alla
sopravvenuta legislazione vincolistica). 
    Nel merito, secondo la Regione le questioni di  costituzionalita'
sollevate sarebbero comunque infondate. 
    Con riguardo al primo motivo di incostituzionalita', essa critica
l'erroneo presupposto interpretativo da cui avrebbe preso le mosse il
ricorso.  La  piana  esegesi  della  norma  impugnata  consentirebbe,
infatti, di escludere dal suo ambito di applicazione gli elettrodotti
facenti parte della RTN, senza alcuna  possibilita'  di  interferenza
con le competenze statali (contemplate dall'invocato  art.  1-sexies,
comma l, del d.l. n. 239 del 2003). 
    Quanto  alla  seconda  questione   sollevata,   l'interpretazione
costituzionalmente orientata della legge regionale gia'  di  per  se'
garantirebbe la piena applicabilita'  delle  norme  statali  relative
alla  valutazione  d'impatto  ambientale,  anche  in  assenza  di  un
espresso richiamo ad esse. Dovrebbe, sul  punto,  valorizzarsi  anche
l'«evoluzione storico-normativa della disciplina in parola», la quale
sarebbe «sempre stata improntata ad una applicazione  rispettosa  del
dettato costituzionale e  della  disciplina  statale  in  materia  di
tutela dell'ambiente». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato  l'art.
1, comma 1, della legge della Regione Veneto, 22 ottobre 2014, n.  30
(Modifica della legge regionale 6 settembre 1991,  n.  24  "Norme  in
materia di opere  concernenti  linee  e  impianti  elettrici  sino  a
150.000 volt"), articolando due ordini di censure  di  illegittimita'
costituzionale. 
    Nella parte  in  cui  ha  introdotto,  con  riguardo  alle  opere
concernenti  linee  e  impianti  elettrici  sino  a   150.000   volt,
un'esenzione dall'autorizzazione per le varianti di tracciato che non
superino i 500 metri, la norma regionale si porrebbe in contrasto con
l'art.  1-sexies  del  decreto-legge   29   agosto   2003,   n.   239
(Disposizioni urgenti per la sicurezza  e  lo  sviluppo  del  sistema
elettrico  nazionale  e  per  il  recupero  di  potenza  di   energia
elettrica), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 27 ottobre 2003, n. 290, il quale stabilisce che, per  la
costruzione e l'esercizio degli elettrodotti facenti parte della rete
nazionale  di  trasporto  dell'energia  elettrica,  la  competenza  a
rilasciare l'autorizzazione e' dell'autorita' statale e  non  prevede
alcuna esenzione per le varianti di tracciato. 
    La  stessa  disposizione  impugnata,  inoltre,   disponendo   una
generalizzata deroga all'obbligo di autorizzazione per  le  modifiche
di tracciato che non  superino  i  500  metri,  avrebbe  operato  una
indebita restrizione del campo di applicazione  della  disciplina  in
materia di valutazione di impatto ambientale (VIA),  ponendosi  cosi'
in contrasto  con  l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  della
Costituzione,  in  relazione   all'Allegato   III,   lettera   z)   e
all'Allegato IV, punto  7.,  lettera  z),  della  Parte  seconda  del
decreto  legislativo  3  aprile  2006,  n.  152  (Norme  in   materia
ambientale), nonche' in relazione all'Allegato  III,  lettera  ag,  e
all'Allegato IV, punto  8.,  lettera  t),  della  Parte  seconda  del
medesimo d.lgs. n. 152 del 2006. 
    2.- In via pregiudiziale, la Regione resistente eccepisce che  il
ricorso sarebbe tardivo in quanto,  pur  formalmente  rivolto  contro
l'art. 1, comma 1, della  legge  reg.  Veneto  n.  30  del  2014,  di
modifica del comma 6 dell'art. 2 della  legge  regionale  n.  24  del
2014, in realta' colpirebbe  tale  ultima  norma  in  parti  che  non
sarebbero  state  toccate  dalle  modifiche  apportate  dalla   legge
regionale oggi impugnata. 
    L'eccezione e' infondata. 
    Il fatto che la disposizione originaria modificata da quella  ora
oggetto di censura non sia stata a suo tempo  impugnata  dallo  Stato
non rileva, poiche' - anche senza considerare la circostanza  che  la
modifica presenta  comunque  un  contenuto  di  novita'  -  la  nuova
disposizione ha l'effetto di reiterare, con la novazione della fonte,
la lesione  da  cui  deriva  l'interesse  a  ricorrere  dello  Stato.
L'omessa impugnazione da  parte  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri di precedenti norme regionali,  analoghe  alle  disposizioni
oggetto  di  ricorso,   non   ha   rilievo,   dato   che   l'istituto
dell'acquiescenza non e' applicabile  nel  giudizio  di  legittimita'
costituzionale in via principale (si vedano, ex plurimis, sentenze n.
124 del 2015, n. 139 del 2013, n. 71 del 2012 e n. 187 del 2011). Ne'
rileva  l'argomento  sollevato  dalla  Regione  Veneto,  secondo  cui
l'accoglimento della questione di legittimita' costituzionale farebbe
comunque rivivere la norma previgente avente  il  medesimo  contenuto
precettivo tacciato oggi di illegittimita'. Il giudizio  promosso  in
via   principale,   infatti,   «colpisce   il   testo    legislativo,
indipendentemente dagli effetti concretamente prodotti» (sentenza  n.
195 del 2015). 
    3.-  La   prima   questione   di   legittimita'   costituzionale,
concernente la violazione della potesta' dello Stato  di  autorizzare
la costruzione e l'esercizio di  elettrodotti  «facenti  parte  della
rete nazionale di trasporto», e' formulata tramite la  mera  denuncia
della violazione di una norma statale  interposta  (l'art.  1-sexies,
comma l, del d.l. n.  239  del  2003),  senza  che  sia  indicata  la
competenza legislativa di cui quest'ultima sarebbe espressione ed  e'
quindi inammissibile. 
    Ai fini dell'ammissibilita'  della  censura,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri avrebbe invece dovuto  illustrare  le  ragioni
per le quali  la  disposizione  invocata  sarebbe  espressiva  di  un
principio fondamentale  e  la  materia,  attribuita  alla  competenza
legislativa concorrente dello  Stato  e  delle  Regioni,  alla  quale
sarebbe riconducibile. 
    Peraltro, anche volendo considerare riferito  alla  questione  in
esame il  parametro  costituzionale  nell'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), della Cost., evocato  nel  contesto  argomentativo  della
seconda questione di costituzionalita',  relativa,  come  si  vedra',
alla ritenuta indebita restrizione del campo  di  applicazione  della
disciplina in  materia  di  valutazione  di  impatto  ambientale,  si
tratterebbe comunque  di  un  riferimento  erroneo.  Pur  convergendo
infatti, nella  fattispecie  normativa  oggetto  dello  scrutinio  di
costituzionalita', interessi di varia natura, come  quelli  attinenti
alla «tutela dell'ambiente» e al «governo del  territorio»,  in  essa
appare centrale il  profilo  afferente  alla  regolamentazione  e  al
controllo delle attivita' di realizzazione della  rete  elettrica  in
vista  di  un  efficiente  approvvigionamento  dei   diversi   ambiti
territoriali. E' dunque corretto ritenere che si verta nella materia,
attribuita alla  potesta'  legislativa  concorrente,  riguardante  la
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»  (art.
117, comma terzo, Cost.). 
    Per  quanto  esposto,  il  primo   mezzo   di   impugnazione   e'
inammissibile per mancata (sentenza n.  51  del  2006)  o,  comunque,
erronea individuazione del parametro costituzionale (sentenza n.  285
del 2005). 
    4.- L'Avvocatura generale dello Stato  lamenta  altresi'  che  il
denunciato art. 1, comma 1, della legge reg. Veneto n. 30  del  2014,
disponendo una generalizzata deroga all'obbligo di autorizzazione per
le modifiche di tracciato inferiori  a  500  metri,  avrebbe  operato
un'indebita restrizione del campo di applicazione della disciplina in
materia  di  valutazione  di  impatto  ambientale,  con   conseguente
violazione dell'art. 117, comma secondo, lettera s), Cost. 
    La questione e' fondata. 
    L'obbligo di sottoporre il progetto alla procedura di VIA o,  nei
casi previsti, alla preliminare verifica di assoggettabilita' a  VIA,
rientra nella materia della «tutela ambientale» (sentenze n. 234 e n.
225 del 2009), e  rappresenta  nella  disciplina  statale,  anche  in
attuazione  degli  obblighi  comunitari,  un  livello  di  protezione
uniforme che si impone sull'intero territorio  nazionale,  pur  nella
concorrenza di altre materie di competenza regionale (tra  le  altre,
sentenze n. 120 del 2010, n. 249 del 2009 e n. 62 del 2008), comprese
la  «produzione»,  il  «trasporto»  e  la  «distribuzione   nazionale
dell'energia» (sentenza n. 88 del 2009). 
    L'art. 20, comma 1, lettera b),  del  d.lgs.  n.  152  del  2006,
estende  la  verifica  di  assoggettabilita'  ai  progetti  «inerenti
modifiche dei progetti elencati  negli  allegati  II  che  comportino
effetti negativi apprezzabili per l'ambiente, nonche' quelli  di  cui
all'allegato IV secondo le modalita' stabilite dalle Regioni e  dalle
Province autonome, tenendo conto dei commi  successivi  del  presente
articolo». 
    Tra i progetti  sottoposti  alla  verifica  di  assoggettabilita'
attribuiti alla competenza delle Regioni e delle Province autonome di
Trento e di Bolzano  si  annoverano,  nell'Allegato  IV  della  Parte
seconda del d.lgs. n. 152 del 2006, oltre  agli  «elettrodotti  aerei
esterni per il trasporto di  energia  elettrica,  non  facenti  parte
della rete elettrica di trasmissione nazionale, con tensione nominale
superiore a 100 KV e con tracciato di lunghezza  superiore  a  3  km»
(punto 7., lettera z), anche le «modifiche o estensioni  di  progetti
di  cui  all'Allegato  III  o  all'Allegato  IV   gia'   autorizzati,
realizzati o in fase di realizzazione,  che  possono  avere  notevoli
ripercussioni negative sull'ambiente (punto 8., lettera t). 
    Nella logica del legislatore statale,  dunque,  la  modifica  del
tracciato  degli  elettrodotti,  anche  di  scarsa  entita',  non  e'
aprioristicamente esclusa da qualsiasi forma di controllo preventivo,
bensi' e' assoggettata ad una prognosi  da  effettuare  di  volta  in
volta sulle ripercussioni negative che possano nuocere allo specifico
contesto  territoriale  interessato   dall'opera   (si   pensi,   per
l'appunto,  ai  siti  di  importanza  comunitaria  ovvero  alle  zone
speciali di conservazione). 
    La  legge  regionale  impugnata  invece,  contemplando  tra   gli
interventi esenti da preventiva autorizzazione o da denuncia tutte le
varianti di tracciato degli impianti elettrici esistenti inferiori  a
500 metri,  a  prescindere  dal  loro  concreto  impatto  sui  valori
ambientali, ha l'effetto  di  sottrarre  automaticamente  tali  opere
anche alla valutazione d'impatto ambientale, la quale costituisce  un
subprocedimento   che   necessariamente   si   innesta   (quale   suo
«presupposto o parte integrante»: si veda l'art. 29 del d.lgs. n. 152
del  2006)  nel  procedimento  (principale)   di   autorizzazione   o
approvazione (si veda, per un caso analogo, la sentenza  n.  120  del
2010, punto 1.2. del Considerato in diritto). La circostanza  che  la
valutazione  d'impatto  ambientale  non   possa   esplicarsi   quando
l'attivita'  sia  resa  "libera",  nel  senso  di  sottratta  a   una
preventiva autorizzazione, esclude che possa essere seguita  la  tesi
interpretativa suggerita dalla difesa regionale, secondo la quale  la
norma impugnata presupporrebbe gia' la  «piena  applicabilita'  della
normativa statale in materia di tutela dell'ambiente, pur in  assenza
di un espresso richiamo». 
    La    disposizione    regionale     impugnata     e'     pertanto
costituzionalmente  illegittima  nella  parte  in  cui   ha   escluso
dall'obbligo dell'autorizzazione le modifiche di linee esistenti  per
variazioni di tracciato inferiore a 500 metri. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,
della legge della Regione Veneto 22 ottobre  2014,  n.  30  (Modifica
della legge regionale 6 settembre 1991, n. 24 "Norme  in  materia  di
opere concernenti linee e impianti elettrici sino a  150.000  volt"),
limitatamente alle  parole  «le  modifiche  di  linee  esistenti  per
variazioni di tracciato inferiore a 500 m.,»; 
    2)  dichiara  inammissibile  la   questione   di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge della Regione Veneto
22 ottobre 2014, n. 30 (Modifica della legge  regionale  6  settembre
1991, n. 24 "Norme in materia di opere concernenti linee  e  impianti
elettrici  sino  a  150.000  volt"),  promossa  dal  Presidente   del
Consiglio  dei  ministri,  in  riferimento  all'art.   1-sexies   del
decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239  (Disposizioni  urgenti  per  la
sicurezza e lo sviluppo del sistema  elettrico  nazionale  e  per  il
recupero di potenza di energia elettrica), con il ricorso indicato in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 ottobre 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                     Daria de PRETIS, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 5 novembre 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI