N. 133 SENTENZA 19 aprile - 10 giugno 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Impiego pubblico - Abrogazione  dell'istituto  del  trattenimento  in
  servizio dei dipendenti civili dello Stato (art. 16 del  d.lgs.  n.
  503 del 1992) - Disposizioni transitorie derogatorie. 
- Decreto-legge  24  giugno  2014,  n.  90  (Misure  urgenti  per  la
  semplificazione e la trasparenza amministrativa e per  l'efficienza
  degli uffici giudiziari) - convertito, con modificazioni, dall'art.
  1, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 114, - art. 1, commi  1,
  2 e 3. 
-   
(GU n.24 del 15-6-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo
  CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,
  Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi  1,
2 e 3, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la
semplificazione e la trasparenza amministrativa  e  per  l'efficienza
degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, dall'art. 1,
comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 114, promossi  dal  Tribunale
amministrativo  regionale  della  Lombardia  con  ordinanza  del   20
novembre    2014,    dal    Tribunale    amministrativo     regionale
dell'Emilia-Romagna con ordinanza del 27 novembre 2014, dal Consiglio
di  Stato  con  ordinanza  del  29  aprile  2015  e   dal   Tribunale
amministrativo regionale del Lazio  con  ordinanza  del  17  novembre
2015, rispettivamente iscritte ai nn.  30,  61  e  144  del  registro
ordinanze 2015 e al n. 19 del registro ordinanze  2016  e  pubblicate
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn.  11,  16  e  33,  prima
serie  speciale,  dell'anno  2015  e  n.  6,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2016. 
    Visti gli atti di costituzione di S.P., M.A. e M.S., nonche'  gli
atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  19  aprile  2016  il  Giudice
relatore Silvana Sciarra; 
    uditi gli avvocati Cecilia Martelli per S. P. e per  M.S.,  Mario
Sanino per M.A. e gli avvocati dello Stato Gianni De Bellis e Ruggero
Di Martino per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Il  Tribunale  amministrativo  regionale  della   Lombardia,
sezione terza, con ordinanza del 20 novembre 2014  (r.o.  n.  30  del
2015), il Tribunale amministrativo  regionale  per  l'Emilia-Romagna,
sezione prima, con ordinanza del 27 novembre 2014  (r.o.  n.  61  del
2015), il Consiglio di Stato, sezione prima,  con  ordinanza  del  29
aprile 2015 (r.o. n. 144 del  2015)  e  il  Tribunale  amministrativo
regionale del Lazio, sezione prima, con  ordinanza  del  17  novembre
2015 (r.o. n. 19 del 2016),  hanno  sollevato,  in  via  incidentale,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2 e 3,
del decreto-legge 24 giugno  2014,  n.  90  (Misure  urgenti  per  la
semplificazione e la trasparenza amministrativa  e  per  l'efficienza
degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, dall'art. 1,
comma 1, della legge 11 agosto 2014,  n.  114,  in  riferimento  agli
artt. 3, sotto il profilo della irragionevolezza e sotto il  profilo,
rispettivamente, della irragionevole  disparita'  di  trattamento  di
fattispecie eguali e dell'irragionevole eguaglianza di trattamento di
fattispecie diverse, 33, sesto comma, 77, secondo  comma,  81,  terzo
comma,  97,  primo  e  secondo  comma,  e  117,  primo  comma,  della
Costituzione, in relazione agli artt. 1, 2 e 6,  paragrafo  1,  della
direttiva 27 novembre 2000, n. 2000/78/CE  (Direttiva  del  Consiglio
che stabilisce un quadro generale per la parita'  di  trattamento  in
materia di occupazione e di condizioni di lavoro). 
    2.-  Il  Tribunale  amministrativo  regionale  della   Lombardia,
sezione terza,  espone  di  dover  decidere  sulla  legittimita'  del
provvedimento,   con   cui   il    Consiglio    di    amministrazione
dell'Universita' degli studi di Milano ha respinto la  richiesta  del
ricorrente di rimanere  in  servizio  per  un  ulteriore  biennio,  a
decorrere dal 1° novembre 2014, nonche' del decreto del Rettore del 4
dicembre 2013, n. 15813, che ha disposto il collocamento a riposo del
ricorrente a partire dal 1°  novembre  2014,  e  di  tutti  gli  atti
presupposti e consequenziali e comunque  connessi.  Il  TAR  lombardo
ritiene di dover fare applicazione dell'art. 1, comma 1, del d.l.  n.
90 del 2014, che, eliminando in radice l'istituto  del  trattenimento
in   servizio,   compromette   la   stessa   possibilita'   giuridica
dell'azione: la mancanza della norma che istituisce  e  qualifica  la
posizione giuridica soggettiva farebbe venire  meno  in  radice  ogni
parametro giuridico per la decisione del merito. 
    Tanto  premesso  il  TAR  Lombardia  dubita  della   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 1, del d.l. n. 90 del  2014,  nella
parte in cui abolisce l'istituto del trattenimento in servizio, anche
per i docenti e i ricercatori universitari, anzitutto per  violazione
dell'art. 77, secondo comma, Cost. Il preambolo del d.l.  n.  90  del
2014, che peraltro contiene disposizioni eterogenee,  prive  di  ogni
attinenza  con  la  materia  disciplinata,  non  darebbe  conto   dei
presupposti di necessita' e  di  urgenza  che  imponevano  l'adozione
della  disciplina  impugnata  con  lo  strumento  del  decreto-legge,
soprattutto in considerazione  del  breve  arco  temporale  trascorso
dalla sentenza n. 83 del 2013  della  Corte  costituzionale,  che  e'
intervenuta sul trattenimento in servizio dei docenti universitari. 
    Sarebbe,  poi,  violato  anche  l'art.  3  Cost.  in  quanto   la
disposizione censurata  detterebbe  una  disciplina  irragionevole  e
lesiva dell'affidamento dei  consociati  nella  sicurezza  giuridica.
L'esigenza di attuare il ricambio generazionale non sarebbe, infatti,
idonea a giustificare una disciplina che preclude all'amministrazione
la valutazione discrezionale dei  presupposti  del  trattenimento  in
servizio, anche in relazione alle proprie  esigenze  organizzative  e
funzionali, e che  vanifica  il  legittimo  affidamento  riposto  dai
dipendenti pubblici nel protrarsi  della  permanenza  in  servizio  a
causa dell'eliminazione improvvisa  e  arbitraria  dell'istituto  del
trattenimento. 
    La disciplina  impugnata  lederebbe,  inoltre,  il  principio  di
autonomia delle universita', in contrasto con l'art. 33, sesto comma,
Cost. 
    Infine,  il  TAR  Lombardia  censura  l'art.  1,  comma  1,   per
violazione dell'art. 97  Cost.  L'esigenza  di  attuare  il  ricambio
generazionale non risulterebbe bilanciata con  quella,  riconducibile
al buon andamento dell'amministrazione,  di  mantenere  in  servizio,
peraltro per un arco di tempo limitato, docenti in grado di  dare  un
positivo contributo per la particolare esperienza acquisita,  secondo
le enunciazioni di principio della citata sentenza  n.  83  del  2013
della Corte costituzionale. 
    2.1.- Nel giudizio si e' costituito il  ricorrente  del  giudizio
principale, che  si  e'  associato  alle  argomentazioni  prospettate
nell'ordinanza di rimessione. 
    La parte ricorda che l'art. 1, comma 2, del d.l. n. 90  del  2014
salvaguarda soltanto fino  al  31  ottobre  2014  o  fino  alla  loro
scadenza, se prevista in data anteriore, i trattenimenti in  servizio
gia' disposti al momento dell'entrata in vigore del decreto-legge (25
giugno 2014) e dispone la revoca dei trattenimenti in  servizio  gia'
disposti, ma non ancora efficaci al momento  dell'entrata  in  vigore
del decreto-legge. 
    La  disciplina,  recata  dal  decreto-legge,  contravverrebbe  ai
principi di affidamento, di sicurezza giuridica  e  di  certezza  del
diritto,   tutelati   anche   dalle   fonti   comunitarie:    invero,
l'abrogazione delle disposizioni del decreto legislativo 30  dicembre
1992, n. 503 (Norme per il riordinamento  del  sistema  previdenziale
dei lavoratori privati e pubblici,  a  norma  dell'articolo  3  della
legge 23 ottobre 1992, n. 421) sarebbe avvenuta in maniera improvvisa
e arbitraria, senza tenere nel debito conto  l'affidamento  legittimo
di chi aveva gia' presentato la domanda di permanenza in servizio. 
    Il legislatore avrebbe dovuto prevedere una transizione  graduale
dalla  pregressa  disciplina  a  quella  nuova,  senza  frustrare  le
aspettative legittimamente maturate dagli interessati. 
    La  scelta  legislativa  di  attuare  il  ricambio  generazionale
sarebbe «sbilanciata e sproporzionata», in quanto non terrebbe  conto
in maniera adeguata delle ripercussioni negative sul  buon  andamento
della  pubblica  amministrazione  e   sulla   tutela   dell'autonomia
universitaria e  si  tradurrebbe  in  una  disciplina  irragionevole,
sfornita di una valida ragione giustificatrice. 
    Ad  inficiare  la   legittimita'   della   normativa   censurata,
concorrerebbe anche la carenza dei presupposti  di  straordinarieta',
necessita' e urgenza (art. 77, secondo comma, Cost.):  la  disciplina
del trattenimento in servizio sarebbe, infatti,  eterogenea  rispetto
alle   materie   regolate    dal    decreto-legge    (semplificazione
amministrativa,  trasparenza  e  correttezza   nelle   procedure   di
affidamento dei contratti pubblici, semplificazione del  procedimento
amministrativo e del processo civile). 
    2.2.- Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, e ha concluso per la declaratoria  di  manifesta  infondatezza
della questione sollevata dal TAR Lombardia. 
    La disciplina, introdotta nel 2014, si riprometterebbe  non  solo
di   favorire   il    ricambio    generazionale    nelle    pubbliche
amministrazioni, ma anche di ottenere risparmi di spesa,  apprestando
il necessario sostegno  all'occupazione.  A  fronte  di  rapporti  di
durata, che  possono  essere  modificati  in  senso  sfavorevole  nel
rispetto del canone di ragionevolezza, non  potrebbe  reputarsi  leso
alcun affidamento legittimo. La scelta normativa, a dire della difesa
statale, e'  stata  attuata  in  maniera  ragionevole,  contemperando
l'esigenza   di   assicurare   l'avvicendamento   del   personale   e
l'equilibrio tra le entrate e le spese (art. 81 Cost.) con l'esigenza
di tutelare i  diritti  fondamentali  dei  dipendenti  pubblici,  che
beneficiano di un congruo periodo di transizione. 
    La difesa  statale  non  ravvisa  alcuna  lesione  dell'autonomia
universitaria: il legislatore, difatti, nel  perseguire  interessi  e
finalita' di rilievo costituzionale ben potrebbe  imporre  vincoli  e
limiti all'esercizio di tale autonomia. 
    Non sussisterebbe infine alcuna violazione dell'art. 77 Cost.:  i
requisiti di necessita'  e  di  urgenza  sarebbero  confermati  anche
dall'impellente esigenza, tratteggiata nella  relazione  illustrativa
del disegno di legge, di «favorire il ricambio generazionale,  in  un
momento di crisi del sistema economico nel suo complesso e di  blocco
delle assunzioni». 
    3.- Il  Tribunale  amministrativo  regionale  dell'Emilia-Romagna
premette  di  essere  stato  adito  da  un   avvocato   dello   Stato
dell'Avvocatura distrettuale di Bologna, per ottenere  l'annullamento
del provvedimento di collocamento a riposo anticipato,  adottato  dal
Presidente del Consiglio dei ministri in attuazione  della  legge  11
agosto 2014, n. 114, che aveva ridotto il trattenimento  in  servizio
dal 31 dicembre 2015 (data originariamente prevista dal  d.l.  n.  90
del 2014, prima della conversione) al 31 ottobre 2014. Il  rimettente
precisa, altresi', che il trattenimento in  servizio  del  ricorrente
era stato originariamente disposto con il decreto del Presidente  del
Consiglio dei ministri 24 dicembre 2012, n. 8433, fino al  21  aprile
2018, data di compimento del 75° anno di eta', in forza dell'art. 16,
comma 1-bis,  del  d.lgs.  n.  503  del  1992,  come  successivamente
modificato. 
    Il TAR rileva, inoltre, di aver accolto l'istanza di  sospensione
cautelare del provvedimento, con ordinanza n. 527 del 2014,  adottata
nella medesima camera  di  consiglio  nella  quale  ha  sollevato  la
questione di legittimita' costituzionale. 
    In punto di rilevanza, il rimettente ne argomenta la  sussistenza
segnalando che l'art. 1, comma 2, del  d.l.  n.  90  del  2014,  come
convertito,  e'  l'unica  norma  richiamata  ed  applicata   con   il
provvedimento  impugnato,  cosicche'  l'eventuale  dichiarazione   di
illegittimita'   costituzionale   della    medesima    determinerebbe
l'illegittimita' del provvedimento e avrebbe l'effetto  di  rimuovere
l'ostacolo normativo al perdurare degli  effetti  del  gia'  disposto
trattenimento in servizio. La natura cautelare del giudizio nel quale
la  questione  di  legittimita'  costituzionale  e'   sollevata   non
influirebbe negativamente sulla rilevanza della medesima, dato che la
potestas iudicandi del giudice a  quo  non  deve  ritenersi  esaurita
allorquando la concessione della misura cautelare sia fondata, quanto
al fumus boni iuris, sulla non manifesta infondatezza della questione
stessa. 
    Nel merito,  il  TAR  Emilia-Romagna  dubita  della  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 2, del d.l. n. 90  del  2014,  come
convertito, «nella parte in cui riduce soltanto fino  al  31  ottobre
2014, per gli avvocati dello Stato, il trattenimento in servizio gia'
disposto con formale provvedimento», in primo  luogo  per  violazione
dell'art. 97 Cost. La scelta operata dal  legislatore  con  la  norma
censurata sarebbe sbilanciata e sproporzionata,  perche',  senza  che
sia possibile effettuare alcun ricambio generazionale, non si farebbe
carico delle ripercussioni  negative  che  potrebbero  derivarne  sul
principio  di  buon  andamento  della  pubblica  amministrazione.  La
drastica riduzione del periodo di permanenza in servizio, fino al  31
ottobre 2014, avvenuta in agosto e solo in sede  di  conversione  del
d.l. n. 90 del 2014, non avrebbe consentito  neanche  di  avviare  la
procedura concorsuale di reclutamento dei nuovi avvocati dello Stato,
per i tempi tecnici amministrativi necessari. 
    L'art.  1,  comma  2,  violerebbe,  inoltre,  il  principio   del
legittimo affidamento sotto il profilo del difetto di  ragionevolezza
e della lesione del principio di eguaglianza, ponendosi in  contrasto
con l'art. 3 Cost. L'affidamento in un congruo termine del periodo di
trattenimento in servizio, gia' consolidatosi con i provvedimenti  di
permanenza in servizio e garantito fino al  31  dicembre  2015  anche
nell'ambito della nuova disciplina di cui al d.l.  n.  90  del  2014,
sarebbe stato  totalmente  frustrato  dal  collocamento  a  riposo  a
decorrere dal 31 ottobre 2014, disposto soltanto nel mese  di  agosto
in sede di conversione del  predetto  decreto-legge  ad  opera  della
legge 11 agosto 2014, n. 114. 
    L'art. 3  Cost.  sarebbe,  inoltre,  violato  per  disparita'  di
trattamento, in  relazione  al  regime  stabilito  dal  comma  3  del
medesimo art. 1 del  d.l.  n.  90  del  2014,  come  convertito,  con
riguardo  al  trattenimento  in  servizio  dei  magistrati  ordinari,
amministrativi, contabili e militari, in possesso  dei  requisiti  di
cui all'art. 16 del d.lgs. n. 503 del 1992, alla data di  entrata  in
vigore del predetto d.l. n. 90 del 2014, garantito fino alla data del
31 dicembre 2015. 
    Esso, infine, colliderebbe anche con  l'art.  117,  primo  comma,
Cost. in relazione agli artt. 1, 2 e 6, paragrafo 1, della  direttiva
n. 2000/78/CE, come  interpretati  dalla  Corte  di  giustizia  nella
sentenza 6 novembre  2012,  in  causa  C-286/12,  Commissione  contro
Ungheria.  Infatti,  la  drastica  riduzione  della   permanenza   in
servizio, con un preavviso di poco piu' di due mesi,  sarebbe  lesiva
del  principio  di  proporzionalita'  e   dell'affidamento   che   il
dipendente ripone  nell'efficacia  dei  provvedimenti  amministrativi
gia' adottati nei suoi confronti. 
    3.1.- Nel  giudizio  dinanzi  alla  Corte  costituzionale  si  e'
costituito il ricorrente nel giudizio principale, chiedendo  che  sia
dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2,  del
d.l. n. 90 del 2014, come convertito,  «nella  parte  in  cui  riduce
soltanto  fino  al  31.10.2014  per  gli  avvocati  dello  Stato   il
trattenimento in servizio degli  stessi  gia'  disposto  con  formale
provvedimento». 
    Il ricorrente nel  giudizio  principale  sostiene  che  la  norma
censurata, in applicazione della quale egli avrebbe subito «una sorta
di licenziamento con  preavviso  minimo»,  contrasti  con  il  valore
costituzionale del legittimo affidamento e della sicurezza giuridica,
in assenza di dimostrate  e  specifiche  esigenze  pubbliche  atte  a
giustificare una simile lesione. 
    Nella specie, infatti, il preteso risparmio di spesa  conseguente
all'introduzione  della  normativa  denunciata  sarebbe  inesistente,
dovendosi valutare il  predetto  risparmio  nella  prospettiva  della
finanza pubblica  allargata.  In  tale  prospettiva  emergerebbe  che
l'operazione di ricambio generazionale  realizzata  con  l'avvio  del
trattamento di quiescenza e l'avvio di nuove  assunzioni,  lungi  dal
realizzare un  risparmio,  determinerebbe  un  aumento  della  spesa,
dovendosi versare all'avvocato in  uscita  una  pensione  equivalente
allo stipendio ed in aggiunta pagare all'avvocato in entrata  giovane
il nuovo stipendio. 
    A   cio'   si   aggiungerebbe   la   considerazione   dell'intima
contraddittorieta' di una normativa di bilancio recante  due  manovre
dagli effetti opposti: da un lato, "licenziare"  prima  del  previsto
magistrati  ed  avvocati  dello  Stato  ex  d.l.  n.  90  del   2014;
dall'altro,  trattenere   in   servizio   gli   impiegati   pubblici,
allungandone la vita lavorativa, con l'evidente conseguenza di pagare
stipendi accresciuti da notevole anzianita'. 
    Il   ricambio   generazionale   non    costituirebbe    un'idonea
giustificazione,  considerato  che  non  rappresenterebbe  un  valore
costituzionale  tale  da  consentire  di  sacrificare  il   legittimo
affidamento e la  sicurezza  giuridica.  Esso  non  sarebbe  comunque
impedito dalla permanenza in servizio di pochi avvocati dello  Stato,
quanto piuttosto dalla vigente normativa sul blocco delle assunzioni. 
    Quanto,  poi,  alla  dedotta  disparita'  di  trattamento  con  i
magistrati, senza  ragionevole  giustificazione,  il  ricorrente  nel
giudizio  principale   ne   argomenta   la   fondatezza   richiamando
all'attenzione la circostanza che essa si pone in  contrasto  con  il
vigente sistema normativo contraddistinto dalla  equiparazione  degli
avvocati dello Stato  ai  magistrati,  come  confermato  dal  recente
decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  132   (Misure   urgenti   di
degiurisdizionalizzazione ed  altri  interventi  per  la  definizione
dell'arretrato  in  materia  di  processo  civile),  convertito,  con
modificazioni, dall'art 1 comma 1 della legge 10  novembre  2014,  n.
162, che  ha  contestualmente  provveduto  a  ridurre  le  ferie  dei
magistrati e degli avvocati dello Stato (art. 16) in una  prospettiva
di accelerazione del servizio giustizia. 
    Quanto, infine, alla censura di violazione dell'art.  117,  primo
comma, Cost., in relazione agli artt. 1, 2 e 6,  paragrafo  1,  della
direttiva n. 2000/78/CE del Consiglio, come interpretati dalla  Corte
di giustizia nella sentenza  6  novembre  2012,  in  causa  C-286/12,
Commissione  contro  Ungheria,  la  difesa  della  parte  privata  ne
conferma la fondatezza, ravvisando  nella  normativa  denunciata  una
disparita' di trattamento direttamente fondata  sull'eta'.  Anche  in
tal caso, come in quello oggetto  della  richiamata  decisione  della
Corte  di  giustizia,  tale  discriminazione  si  determinerebbe  per
effetto della riduzione del limite di eta'  precedentemente  previsto
per il collocamento a riposo, in danno  degli  avvocati  dello  Stato
ultrasettantenni  destinatari  di  uno  specifico  provvedimento   di
collocamento a riposo al compimento del 75° anno di eta'. 
    3.2.- E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la Corte dichiari  manifestamente  infondata  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1,  comma  2,  del
d.l. n. 90 del 2014, come convertito. 
    La difesa statale premette che l'istituto  del  trattenimento  in
servizio, introdotto dall'art. 16 del d.lgs. n. 503 del 1992,  si  e'
posto come eccezione  o  regime  derogatorio  rispetto  all'ordinario
limite di eta' per la permanenza in servizio nell'ambito dell'impiego
pubblico. Sulla richiamata previsione, gia' profondamente  modificata
da successivi interventi normativi, ha inciso l'art. 1 del d.l. n. 90
del 2014, che, al comma 1, ha abrogato tutte le disposizioni inerenti
al trattenimento in servizio, mentre  al  comma  2  ha  inserito  una
disposizione transitoria, volta a far salvi fino al 31 ottobre 2014 i
trattenimenti in servizio in essere alla data dell'entrata in  vigore
del medesimo decreto-legge e a prevedere la revoca di quelli disposti
ma non ancora efficaci alla medesima  data,  consentendo  la  proroga
fino al 31 dicembre 2015 dei trattenimenti in servizio, anche ove non
ancora disposti, dei soli magistrati, al  fine  di  salvaguardare  la
funzionalita' degli uffici giudiziari. 
    Secondo la difesa statale una simile disciplina sarebbe  volta  a
realizzare sia il ricambio  generazionale,  sia  il  risparmio  nella
spesa e il sostegno all'occupazione, nel corso  di  una  grave  crisi
economica internazionale. La cessazione dal servizio del personale di
eta' elevata consentirebbe di conseguire notevoli risparmi di  spesa,
tenuto conto che a tale personale  spetta  un  trattamento  economico
molto piu'  elevato  rispetto  a  quello  dei  nuovi  assunti  e  che
libererebbe posti nelle dotazioni organiche e risorse da destinare  a
nuove assunzioni. La ragionevolezza della scelta normativa troverebbe
conferma  nella  progressivita'  dell'intervento,  assicurata   dalla
previsione di un congruo periodo transitorio per tutti  i  dipendenti
pubblici e di un maggior periodo di  proroga  per  i  magistrati,  in
considerazione delle loro specifiche funzioni. 
    Neanche la censura inerente alla violazione dell'art. 3 Cost. per
irragionevole disparita' di trattamento degli  avvocati  dello  Stato
rispetto  ai  magistrati  sarebbe  fondata,  non  essendo   possibile
invocare  una  completa   assimilazione   tra   la   funzione   della
magistratura e quella dell'avvocatura dello Stato. 
    Del pari infondata sarebbe la censura di violazione dell'art.  97
Cost.,  in  quanto  la  norma   censurata   non   avrebbe   intaccato
l'organizzazione  degli   uffici,   ne'   il   principio   di   buona
amministrazione,  da  valutare   con   riguardo   all'amministrazione
complessivamente intesa, non con riguardo a sue singole componenti. 
    Infine, la difesa statale ritiene che  sia  priva  di  fondamento
anche la dedotta violazione dell'art. 117,  primo  comma,  Cost.,  in
relazione agli artt. 1, 2  e  6,  paragrafo  1,  della  direttiva  n.
2000/78/CE. Non sarebbe stata, infatti, operata dalla norma censurata
alcuna discriminazione, essendo essa rivolta a tutto il personale  in
servizio presso le pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma
2, del decreto legislativo 30 marzo  2001,  n.  165  (Norme  generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche) e non soltanto agli avvocati dello Stato. Neppure  sarebbe
pertinente il richiamo alla  sentenza  della  Corte  di  giustizia  6
novembre 2012, in causa C-286/12, Commissione  contro  Ungheria.  Nel
caso di  specie,  la  norma  censurata  non  inciderebbe  sui  limiti
dell'eta' pensionabile, ma sopprimerebbe una facolta' di  proroga  da
considerare  eccezione  alla  regola,  in  tema  di  limiti  di  eta'
pensionabile,  che  spetta  al  legislatore  prevedere   e   che   si
caratterizzava quale ipotesi  sempre  piu'  eccezionale,  soprattutto
dopo  le  modifiche  normative  degli  ultimi  anni,  ispirate   alla
necessita' di contenimento della spesa pubblica. 
    4.- Il Consiglio di Stato premette di essere stato adito in  sede
consultiva nell'ambito del ricorso straordinario al Presidente  della
Repubblica proposto da un avvocato dello Stato  nei  confronti  della
Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri,  del   Ministro   per   la
semplificazione e la pubblica amministrazione e dell'Avvocatura dello
Stato avverso il provvedimento di collocamento a riposo  a  decorrere
dal 15 marzo 2015 e la connessa comunicazione di insuscettibilita' di
valutazione della sua domanda di trattenimento in  servizio  fino  al
75° anno di eta' per effetto dell'entrata in vigore dell'art.  1  del
d.l. n. 90 del 2014, come modificato dalla legge  di  conversione  n.
114 del 2014. 
    La prima sezione del Consiglio di Stato,  con  parere  interinale
reso  in  sede  cautelare,  sospesa  l'efficacia  dei   provvedimenti
impugnati,  chiedeva  all'Amministrazione  competente  di  provvedere
sulla domanda di trattenimento in servizio del ricorrente in base  al
regime precedente  all'entrata  in  vigore  della  normativa  di  cui
all'art. 1 del d.l.  n.  90  del  2014  e  della  relativa  legge  di
conversione.  La  medesima  sezione  ritiene  che  la  questione   di
legittimita' costituzionale del citato art. 1, commi 1, 2  e  3,  del
d.l. n. 90 del 2014, come modificato dalla legge  n.  114  del  2014,
nella parte in cui ha abrogato l'art. 16 del d.lgs. n. 503 del  1992,
sia rilevante e non manifestamente infondata. 
    In punto di  rilevanza,  la  sezione  ritiene  che  la  questione
sollevata nel corso della fase cautelare del procedimento per ricorso
straordinario, ai sensi dell'art. 13, primo comma, terzo periodo, del
decreto del Presidente della Repubblica 24  novembre  1971,  n.  1199
(Semplificazione   dei   procedimenti   in   materia    di    ricorsi
amministrativi), inserito dall'art.  69,  comma  1,  della  legge  18
giugno 2009, n.  69  (Disposizioni  per  lo  sviluppo  economico,  la
semplificazione, la competitivita' nonche'  in  materia  di  processo
civile), sia rilevante ai fini dell'emissione del parere. Infatti,  i
provvedimenti impugnati sono espressamente fondati sulle disposizioni
di cui all'art. 1, commi 1, 2 e 3, del d.l.  n.  90  del  2014,  come
convertito, disposizioni  che  rilevano  nella  parte  in  cui  hanno
abrogato  la  previsione  della  facolta'   dell'Amministrazione   di
trattenere in servizio i dipendenti civili dello Stato e  degli  enti
pubblici non  economici  (comma  1)  e,  in  via  subordinata,  hanno
disciplinato i trattenimenti in servizio degli avvocati  dello  Stato
nell'ambito della generalita' dei dipendenti e non nell'ambito  delle
categorie di personale di cui all'art.  1  della  legge  19  febbraio
1981, n. 27 (Provvidenze per il personale  di  magistratura),  (comma
3). 
    Nel  merito,  il  Consiglio  di  Stato   solleva   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2 e 3, del d.l.  n.
90 del 2014, come convertito, nella parte in cui, abrogando l'art. 16
del d.lgs. n. 503 del 1992, dispone al 31 ottobre 2014 la  cessazione
dal trattenimento in servizio oltre il limite di eta' degli  avvocati
dello Stato e, subordinatamente, non fissa la data di cessazione  del
trattenimento in servizio per gli avvocati dello Stato al 31 dicembre
2015, anzitutto per violazione dell'art. 81, terzo comma, Cost. 
    L'introduzione delle disposizioni di cui all'art. 1 del  d.l.  n.
90 del 2014,  come  convertito,  che  hanno  stabilito  l'abrogazione
dell'istituto del trattenimento  in  servizio  e,  con  le  modifiche
apportate in sede  di  conversione,  hanno  ampliato  il  novero  dei
dipendenti pubblici cui  si  applica  la  specifica  disciplina,  non
sarebbe stata corredata dalla realizzazione di tutti gli  adempimenti
necessari  a  garantire  l'esatta  quantificazione  e  la   credibile
copertura degli oneri finanziari da esse derivanti. 
    La  norma  denunciata,  infatti,  nel   disporre   l'eliminazione
dell'istituto del trattenimento in servizio,  comporterebbe  maggiori
spese per l'anticipo dell'erogazione della pensione e dei trattamenti
di fine servizio, rispetto a  quelle  originariamente  calcolate  dal
Governo e riportate al comma 6  del  medesimo  art.  1.  Quest'ultima
disposizione, nonostante le modificazioni introdotte dalla  legge  di
conversione  abbiano  significativamente  ampliato  le  categorie  di
dipendenti pubblici cui  si  applica  la  specifica  disciplina,  con
conseguente aumento delle spese, non ha subito modificazioni, in  tal
modo violando l'obbligo di copertura delle spese. 
    L'introduzione delle disposizioni di cui all'art. 1 del  d.l.  n.
90  del  2014,  come   convertito,   pur   attenendo   alla   materia
pensionistica e del pubblico impiego,  non  sarebbe  stata  corredata
dalla realizzazione di tutti gli adempimenti prescritti dall'art. 17,
comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di  contabilita'
e finanza pubblica),  come  risulterebbe  confermato  dalla  Nota  di
lettura n. 57, redatta dal Servizio del bilancio del Senato, dedicata
appunto all'impugnato art. 1. In quest'ultima si  segnalava  che:  la
quantificazione della  "maggiore  spesa"  derivante  dall'abrogazione
dell'istituto del trattenimento in servizio non era stata  aggiornata
al 2014 e non teneva quindi conto dell'effettivo numero dei  soggetti
coinvolti dalle nuove disposizioni; le previsioni di  spesa  riferite
nel prospetto allegato  alla  relazione  tecnica  governativa  e  poi
riprodotte nel comma 6 dell'art. 1 riguardavano solo  il  quinquennio
2014-2018, nonostante si riconoscesse  che  gli  oneri  in  questione
sussistevano anche per gli anni  successivi,  sicche'  non  risultava
assolto l'obbligo  di  indicare  le  proiezioni  finanziarie,  almeno
decennali.  Erroneamente  si  indicava  che   l'anticipazione   della
cessazione dal servizio del personale della scuola alla data  del  31
agosto 2014 non avrebbe avuto  alcun  effetto  finanziario;  la  tesi
della  "neutralita'"  finanziaria  delle  modifiche  riguardanti  gli
avvocati dello Stato, che secondo il Governo sarebbe stata compensata
dal differimento al 31 dicembre 2015 del collocamento  a  riposo  dei
magistrati i cui provvedimenti di mantenimento  in  servizio  non  si
erano ancora perfezionati, non era sostenuta da elementi di supporto.
Si denunciava, altresi', il mancato  computo  delle  ulteriori  spese
derivanti dall'anticipazione al  31  ottobre  2014  della  cessazione
della disciplina per i richiami, di cui agli  artt.  992  e  993  del
decreto legislativo 15 marzo 2010,  n.  66  (Codice  dell'ordinamento
militare);  l'assenza   di   qualsiasi   indicazione   di   copertura
finanziaria,  dopo  la  riscrittura  del  comma  5  dell'art.  1  che
disciplina la facolta' di  risoluzione  anticipata  del  rapporto  di
lavoro o del contratto individuale anche del personale dirigenziale. 
    Il raffronto tra i costi dell'eliminazione del  trattenimento  in
servizio e i  risparmi  da  destinare  alle  assunzioni  rivelerebbe,
inoltre, il contrasto della richiamata disciplina con il criterio  di
economicita'  che,  ai  sensi  dell'art.  97,  primo   comma,   Cost.
costituisce un vincolo ineludibile alla capacita' e  alla  condizione
della spesa  delle  amministrazioni  pubbliche,  i  cui  esborsi  non
possono  eccedere   le   risorse   effettivamente   disponibili.   In
particolare, la tabella riportata nella parte della Nota  di  lettura
n. 57 del Servizio del bilancio del Senato relativa  all'art.  1  del
d.l. n. 90 del 2014, evidenzierebbe che, nel raffronto  fra  maggiori
costi per pensioni e per trattamento di fine servizio e risparmi  per
spese   correnti   stipendiali   conseguenti   all'abrogazione    del
trattenimento  in  servizio,  emergerebbero  non  gia'  "risparmi  da
cessazione"  che  possano  liberare  somme   spendibili   per   nuove
assunzioni, bensi' un consistente  disavanzo  passivo  per  l'erario,
pari a complessivi 467,3 milioni di euro netti. A tale  aggravio  per
la finanza dovrebbe aggiungersi il mancato  introito  dei  contributi
previdenziali  dei  dipendenti  interessati   al   trattenimento   in
servizio, i cui versamenti non sarebbero utili a incrementare la loro
posizione pensionistica, avendo gia' quasi tutti raggiunto il massimo
conseguibile. 
    Altra censura e' proposta in  riferimento  all'art.  97,  secondo
comma,  Cost.  in  quanto  la  drastica  riduzione  del  periodo   di
trattenimento in servizio, operata solo in sede  di  conversione  del
d.l. n. 90 del 2014, rispetto al testo originario del  medesimo  d.l.
n. 90 del 2014, in particolare per la categoria degli avvocati  dello
Stato, per i quali la durata del trattenimento  in  servizio  era  di
cinque anni, inciderebbe negativamente sull'efficiente andamento  dei
servizi dell'Avvocatura dello  Stato.  Tale  misura  si  porrebbe  in
contrasto con le esigenze organizzative e funzionali di quest'ultima,
privando l'amministrazione di risorse umane peculiari non  facilmente
rinvenibili nei  tempi  immediati  e  cancellando  l'affidamento  dei
dipendenti nella sicurezza giuridica. 
    La normativa censurata  contrasterebbe,  inoltre,  con  l'art.  3
Cost., per difetto di  ragionevolezza.  Essa,  infatti,  sebbene  sia
dichiaratamente volta a  favorire  il  ricambio  generazionale  nelle
pubbliche  amministrazioni,  si  porrebbe   in   contrasto   con   la
previsione, contenuta nell'art. 3 del medesimo d.l. n. 90  del  2014,
del blocco delle assunzioni, della necessita' dell'autorizzazione per
le assunzioni di cui all'art. 35, comma 4,  del  d.lgs.  n.  165  del
2001, nonche' con la disciplina del turn over ivi stabilita. 
    Essa tratterebbe, inoltre, irragionevolmente allo stesso modo gli
avvocati dello Stato, il cui trattenimento in servizio  era  previsto
per cinque anni, oltre il  limite  di  eta'  per  il  collocamento  a
riposo, e la generalita' dei dipendenti  pubblici,  per  i  quali  il
trattenimento era previsto per due anni, in vista  dell'obiettivo  di
garantire il buon andamento e l'efficienza dell'amministrazione. Cio'
anche tenuto conto della circostanza che in percentuale il numero dei
dipendenti che cessano dal servizio varia in  modo  notevole  fra  le
generalita'  dei  dipendenti  e  gli  avvocati  dello  Stato.   Altra
violazione  dell'art.  3   Cost.   si   profilerebbe,   infine,   per
l'irragionevole disparita' di  trattamento  fra  gli  avvocati  dello
Stato e i magistrati. 
    4.1.- Nel  giudizio  innanzi  alla  Corte  costituzionale  si  e'
costituito il ricorrente nel giudizio principale, chiedendo  che  sia
dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale,  per  violazione  degli
artt. 3, 81 e 97 Cost., dell'art. 1, commi 1, 2 e 3, del d.l.  n.  90
del 2014, come convertito, nella parte in cui dispone al  31  ottobre
2014 la cessazione del trattenimento in servizio oltre il  limite  di
eta' degli avvocati dello Stato e, subordinatamente, non fissa al  31
dicembre 2015 la data del trattenimento in servizio per gli  avvocati
dello Stato cosi' come previsto per i magistrati  della  stessa  eta'
del ricorrente dall'art. 18 del decreto-legge 27 giugno 2015,  n.  83
(Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale  civile
e   di   organizzazione    e    funzionamento    dell'amministrazione
giudiziaria), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 6 agosto 2015, n. 132. 
    4.2.- E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la Corte  dichiari  inammissibile  e/o  comunque
infondata la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
commi 1, 2 e 3, del d.l. n. 90 del 2014, come convertito. 
    Con riguardo alla dedotta violazione dell'art. 81,  terzo  comma,
Cost., la difesa statale ne sostiene l'infondatezza, alla luce  delle
seguenti considerazioni. 
    Anzitutto le modifiche apportate al testo originario del d.l.  n.
90 del 2014 con  la  legge  di  conversione  non  sarebbero  tali  da
modificare l'impatto delle  disposizioni  contenute  nell'art.  1  in
termini finanziari, in specie sugli oneri  indicati  al  comma  6.  I
minori oneri correlati alla mancata abolizione del  trattenimento  in
servizio dei magistrati,  i  cui  provvedimenti  di  mantenimento  in
servizio con riferimento allo stesso  periodo  non  si  erano  ancora
perfezionati,  sarebbero  idonei  a  compensare  i   maggiori   oneri
discendenti dalle modifiche che hanno interessato gli avvocati  dello
Stato, la cui consistenza numerica e' assai contenuta nell'ambito del
comparto di riferimento. 
    A cio' si aggiungerebbe  la  considerazione  che  l'anticipazione
della cessazione per mancato trattenimento in servizio del  personale
appartenente al settore scolastico dal 31 ottobre 2014 al  31  agosto
2014 sarebbe priva di  effetti  finanziari.  L'ipotesi  avanzata  dal
Servizio del  bilancio  del  Senato,  secondo  cui  con  l'originario
termine del 31 ottobre 2014 il personale in questione sarebbe restato
in servizio sino al 31 agosto 2015, non  sarebbe  sostenuta  ne'  dal
carattere  perentorio  della  disposizione  di   legge,   ne'   dalla
considerazione che, nel comparto scuola,  e'  notoriamente  possibile
ricorrere  a  personale  con  contratti  di  natura  temporanea   per
garantire la continuita' didattica in caso di assenza del titolare. 
    Quanto, poi, ai richiami in servizio previsti dagli artt.  922  e
923 del d.lgs. n. 66 del 2010, essi si riferirebbero a personale gia'
collocato in quiescenza e transitato nella posizione ausiliaria,  per
cui  l'abolizione  di  siffatti  richiami  non  determinerebbe  alcun
incremento di spesa previdenziale, ne' a titolo di  pensione,  ne'  a
titolo di trattamenti di fine servizio. 
    La circostanza che la  quantificazione  della  spesa  conseguente
all'abrogazione dell'istituto del trattenimento in servizio sia stata
effettuata su dati desunti dal conto annuale del 2012  e  quindi  non
aggiornati risulterebbe irrilevante, considerato che nel  predisporre
la relazione tecnica di accompagnamento ad un provvedimento di legge,
la   quantificazione   degli   effetti   finanziari   si    baserebbe
inevitabilmente su processi di stima.  Nella  specie,  le  unita'  di
personale interessate dal provvedimento  che  abroga  l'istituto  del
trattenimento in servizio sono state desunte dal conto annuale di cui
al d.lgs. n. 165 del 2001. Nel periodo in cui il d.l. n. 90 del  2014
e' stato predisposto, il conto annuale piu' aggiornato era quello del
2012. Ne' vi sarebbero elementi per  sostenere  che,  trattandosi  di
dati relativi al 2012 e non al 2014, la quantificazione  degli  oneri
sia  sottostimata,  ben  potendo  essersi  verificata  la  condizione
opposta e cioe' che il personale interessato  dal  provvedimento  sia
stato inferiore a quello presente in servizio nel 2012. 
    Ne' risulterebbe violato l'obbligo di  inserire  nella  relazione
tecnica  un  quadro  analitico  di  proiezioni   finanziarie   almeno
decennali, prescritto dall'art. 17 della legge n. 196  del  2009,  in
quanto, a margine della tabella relativa agli anni 2014-2018, sarebbe
chiaramente indicato che dopo  l'anno  2018  gli  oneri  mostrano  un
andamento decrescente in particolare per il  progressivo  venir  meno
dell'impatto in termini di maggiori  erogazioni  per  anticipo  delle
liquidazioni   per   trattamenti   di   fine   servizio.    Pertanto,
l'indicazione degli oneri e la relativa copertura si  proietterebbero
ben oltre il decennio. 
    Quanto alla censura di violazione del principio  di  economicita'
di cui all'art. 97 Cost., la difesa  statale  ritiene  che  la  norma
censurata operi nel pieno rispetto delle esigenze di buon  andamento,
efficienza ed economicita' di gestione proprio perche' finalizzata  a
porre  le  condizioni  per  l'immissione  di  risorse  giovani  e  al
contenimento della spesa pubblica, senza per questo comprimere  altri
valori tutelati dalla Costituzione, in primis il diritto al lavoro. 
    Quanto, poi, alla censura attinente  alla  pretesa  "drasticita'"
della riduzione del periodo di trattenimento in servizio, che sarebbe
secondo il giudice rimettente lesiva dell'affidamento dei  dipendenti
nella sicurezza giuridica, la difesa statale osserva che  il  rilievo
non sarebbe pertinente rispetto al  caso  sottoposto  al  vaglio  del
giudice a quo, in  quanto  all'epoca  dell'entrata  in  vigore  della
disposizione abrogativa del  trattenimento  in  servizio  (25  giugno
2014), il ricorrente avvocato dello Stato (che avrebbe compiuto il 14
marzo 2015 il settantesimo anno di eta') aveva chiesto, ma non ancora
ottenuto il provvedimento di trattenimento in servizio,  tant'e'  che
oggetto del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica  era
proprio la comunicazione dell'Avvocatura generale dello  Stato  circa
l'insuscettibilita' di valutazione della sua domanda di trattenimento
in servizio per effetto della sopravvenuta abrogazione dell'istituto. 
    Posto  che  rientra  nella   discrezionalita'   del   legislatore
determinare le  modalita'  di  svolgimento  del  rapporto  di  lavoro
pubblico, e che nei rapporti di durata il mutamento delle circostanze
di fatto puo' indurre legittimamente il legislatore a modificarne  in
modo  sfavorevole   la   disciplina,   senza   per   questo   violare
l'affidamento nella  sicurezza  giuridica,  nel  caso  di  specie  il
legislatore avrebbe valutato in modo non  irragionevole  le  esigenze
organizzative  e  funzionali  dell'amministrazione,  considerata   la
necessita'  di  realizzare  il  preminente  e  urgente  obiettivo  di
contenimento  della  spesa  pubblica  unitamente  al  ricambio  e  al
ringiovanimento del personale. 
    Con  riguardo,  infine,  alle  censure  proposte  in  riferimento
all'art. 3 Cost., la difesa  statale  rileva  anzitutto  che  non  vi
sarebbe alcuna contraddizione  tra  la  finalita'  di  promuovere  il
ricambio   generazionale   che   e'   alla   base    dell'abrogazione
dell'istituto  del  trattenimento  in  servizio   e   l'esigenza   di
salvaguardare  gli  equilibri  della  finanza  pubblica  sottesa   al
permanere  della  normativa  limitativa  del  turn  over.  La   ratio
dell'art. 1 del d.l.  n.  90  del  2014  sarebbe  proprio  quella  di
favorire politiche di ricambio generazionale in un momento  di  crisi
del sistema economico nel suo complesso e di limitare le facolta'  di
assunzione. 
    Peraltro, proprio nella prospettiva di perseguire nel  modo  piu'
efficace siffatta finalita'  di  aumentare  le  unita'  di  personale
assumibili  -  ricorda  l'Avvocatura  generale  dello  Stato   -   il
legislatore, con l'art. 3, comma 1, del medesimo d.l. n. 90 del 2014,
ha modificato, a decorrere dall'anno 2014, il previgente  regime  del
turn over basato sul doppio vincolo relativo alla  percentuale  delle
unita' cessate nell'anno precedente (cosiddetto limite  capitario)  e
alla  percentuale  di  risparmi  da  cessazione  (cosiddetto   limite
finanziario), mantenendo solo quest'ultimo, seppure nel rispetto  dei
saldi tendenziali di finanza pubblica. 
    Egualmente infondata sarebbe la  censura  relativa  alla  pretesa
disparita' di trattamento degli  avvocati  dello  Stato  rispetto  ai
magistrati, per i quali e' prevista  una  differente  disciplina  del
periodo transitorio (art. 1, comma 3,  del  d.l.  n.  90  del  2014).
Quest'ultima, infatti, troverebbe giustificazione in  necessita'  del
tutto peculiari dei rispettivi uffici giudiziari  ed  in  particolare
nell'esigenza  di  consentire  agli  organi  di   autogoverno   delle
magistrature di disporre del tempo necessario  per  far  fronte  alle
ricadute della nuova  disciplina  sul  buon  andamento  degli  uffici
medesimi. Tali necessita' sarebbero alla base dell'ulteriore  proroga
degli effetti del trattenimento in servizio prevista per i magistrati
ordinari e contabili dal d.l. n. 83 del 2015, come convertito. 
    5.- Il TAR Lazio premette di essere chiamato a pronunciarsi sulla
richiesta di annullamento del provvedimento di collocamento a  riposo
e sulla connessa comunicazione di  insuscettibilita'  di  valutazione
della domanda di trattenimento in servizio fino al 75° anno  di  eta'
per effetto dell'entrata in vigore dell'art. 1 del  d.l.  n.  90  del
2014,  come  modificato  dall'art.  1,  comma  1,  della   legge   di
conversione n. 114 del 2014, a seguito della trasposizione davanti  a
se  medesimo  del  giudizio  originariamente   oggetto   di   ricorso
straordinario  al  Presidente  della   Repubblica,   in   conseguenza
dell'opposizione, proposta ai sensi dell'art. 10,  primo  comma,  del
d.P.R. n. 1199  del  1971  e  dell'art.  48,  comma  1,  del  decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44  della
legge 18 giugno 2009,  n.  69,  recante  delega  al  Governo  per  il
riordino del processo amministrativo), dalla Presidenza del Consiglio
dei ministri, dal Ministro  per  la  semplificazione  e  la  pubblica
amministrazione e dall'Avvocatura dello Stato. 
    Il rimettente precisa di aver dichiarato, con  separata  sentenza
parziale,  l'ammissibilita'  dell'atto  di  opposizione  al   ricorso
straordinario al Presidente  della  Repubblica  e  della  conseguente
trasposizione dinanzi a se' del relativo giudizio, in  considerazione
dell'alternativita'  piena  operante  tra  ricorso  straordinario  al
Presidente  della  Repubblica  e  ricorso  giurisdizionale  e   della
prevalenza della disciplina dell'art. 10 del d.P.R. n. 1199 del  1971
nel testo ora in  vigore,  prevalenza  dovuta  sia  al  carattere  di
specialita' della norma sull'opposizione, sia  alla  circostanza  che
essa e' norma fondante  del  rapporto  fra  ricorso  straordinario  e
ricorso   giurisdizionale.   Egli   rileva   che   il   rapporto   di
alternativita' postula che qualsiasi parte, diversa  dal  ricorrente,
possa optare per  il  rimedio  giurisdizionale,  che  offre  maggiori
garanzie rispetto al ricorso straordinario e che, pertanto, anche  la
fase cautelare deve essere  rimessa  alla  valutazione  del  giudice.
Spetta al medesimo  giudice  amministrativo,  pertanto,  valutare  il
rilievo delle eccezioni di costituzionalita' proposte. 
    Poste  tali  premesse  il  TAR   rileva   che,   nella   presente
fattispecie,  la  sospensione  del  procedimento  disposta  in   sede
straordinaria riguardava solo quel procedimento e non poteva incidere
sulla  legittimazione  a  proporre  l'autonomo  giudizio  avanti   al
giudice,  mediante  atto  di  opposizione  e  relativa  costituzione.
Pertanto, il TAR ritiene, in quanto investito  della  piena  potestas
iudicandi,   di   dover   esaminare   ex   novo   la   questione   di
costituzionalita' come dedotta dal ricorrente. 
    In punto di rilevanza, il rimettente segnala che i  provvedimenti
impugnati  si   fondano   sostanzialmente   sull'applicazione   della
normativa sopravvenuta di cui all'art. 1 del d.l.  n.  90  del  2014,
come convertito, per cui anche sotto tale aspetto sarebbe evidente la
rilevanza della questione in esame che, se fondata, porterebbe a  una
pronuncia direttamente incidente sui provvedimenti impugnati. 
    Quanto  alla  non  manifesta  infondatezza  delle  questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2 e 3, del d.l.  n.
90 del 2014, come convertito, il rimettente  afferma  di  condividere
gli argomenti della prima sezione del Consiglio di Stato che  si  era
espressa in sede consultiva, e solleva le  questioni  negli  identici
termini. 
    5.1.- Nel  giudizio  innanzi  alla  Corte  costituzionale  si  e'
costituito il ricorrente nel giudizio principale, chiedendo  che  sia
dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale,  per  violazione  degli
artt. 3, 81 e 97 Cost., dell'art. 1, commi 1, 2 e 3, del d.l.  n.  90
del 2014, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della
legge n. 114 del 2014, nella parte in cui dispone al 31 ottobre  2014
la cessazione del trattenimento in servizio oltre il limite  di  eta'
degli avvocati dello Stato  e,  subordinatamente,  non  fissa  al  31
dicembre 2015 la data del trattenimento in servizio per gli  avvocati
dello Stato cosi' come previsto, per i magistrati della  stessa  eta'
del ricorrente, dall'art. 18 del d.l. n. 83 del 2015, nel testo della
legge di conversione n. 135 del 2015. 
    5.2.- E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la Corte  dichiari  inammissibile  e/o  comunque
infondata la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
commi 1, 2 e 3, del d.l. n. 90 del 2014, come convertito dalla  legge
n. 114  del  2014,  sulla  base  dei  medesimi  argomenti  svolti  in
relazione al giudizio di cui all'ordinanza n. 144 del 2015. 
    5.3.- Nell'imminenza  dell'udienza  pubblica  il  ricorrente  nel
giudizio  principale  (che  e'  il  medesimo  del  giudizio  di   cui
all'ordinanza di rimessione n. 144 del 2015), ha depositato  memoria,
confermando le conclusioni gia' esposte  nell'atto  di  costituzione,
sulla base di argomenti analoghi a quelli svolti nelle  ordinanze  di
rimessione. 
    6.- All'udienza  pubblica  le  parti  hanno  insistito  chiedendo
l'accoglimento delle conclusioni svolte nelle memorie scritte. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con quattro distinte ordinanze, il  Tribunale  amministrativo
regionale della Lombardia, sezione terza (r.o. n. 30  del  2015),  il
Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna, sezione prima
(r.o. n. 61 del 2015), il Consiglio di Stato, sezione prima (r.o.  n.
144 del 2015) ed il Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio,
sezione prima (r.o. n. 19  del  2016),  dubitano  della  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2  e  3,  del  decreto-legge  24
giugno 2014, n. 90  (Misure  urgenti  per  la  semplificazione  e  la
trasparenza  amministrativa   e   per   l'efficienza   degli   uffici
giudiziari), convertito, con modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 11 agosto 2014,  n.  114,  nella  parte  in  cui  dispone
l'abrogazione  dell'istituto  del  trattenimento  in   servizio   dei
dipendenti civili dello Stato, disciplinato dall'art. 16 del  decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 (Norme per il riordinamento  del
sistema previdenziale dei lavoratori  privati  e  pubblici,  a  norma
dell'articolo  3  della  legge  23  ottobre  1992,  n.   421),   come
successivamente  modificato  (comma  1),  e   detta   la   disciplina
transitoria (commi 2 e 3). 
    Le disposizioni richiamate sono censurate  per  violazione  degli
artt. 33, sesto  comma,  e  77,  secondo  comma,  della  Costituzione
(censura sollevata solo nell'ordinanza n. 30 del 2015 con riferimento
al comma 1), all'art. 117, primo comma, Cost. (censura sollevata solo
nell'ordinanza iscritta al r.o. n. 60  del  2015  in  riferimento  al
comma 2), agli artt. 81,  terzo  comma,  e  97,  primo  comma,  Cost.
(censura riferita a tutti e tre i commi dell'art. 1  nelle  ordinanze
iscritte al r.o. n. 144 del 2015 e al r.o. n. 19 del 2016) ed  infine
agli artt. 3 e  97,  secondo  comma,  Cost.  (censure  proposte,  con
diversa formulazione, in tutte le ordinanze di rimessione). 
    1.1.-  La  comunanza  delle   disposizioni   censurate,   nonche'
l'identita' di alcuni dei parametri  costituzionali  invocati  e  dei
profili e delle argomentazioni  utilizzate  comporta  che  i  giudizi
vengano riuniti e decisi con unica pronuncia. 
    2.- Preliminarmente, occorre dichiarare l'inammissibilita'  della
questione di legittimita' costituzionale sollevata dal TAR  Lombardia
(r.o. n. 30 del 2015), nei confronti dell'art. 1, comma 1,  del  d.l.
n. 90 del 2014, in riferimento all'art. 33, sesto comma,  Cost.,  per
mancanza di un'adeguata motivazione sulla non manifesta  infondatezza
(da ultimo, ordinanza n. 93 del 2016; anche ordinanze n. 112 e n.  52
del 2015). 
    Il  rimettente  si  limita,  infatti,  a  denunciare  la  lesione
dell'autonomia universitaria garantita dall'art. 33  Cost.  ad  opera
dell'abolizione  dell'istituto  del  trattenimento  in  servizio,  in
maniera apodittica, senza fornire alcuna motivazione sul modo in  cui
siffatta lesione si sarebbe determinata. 
    3.-  Con  la  sola  eccezione  di  quanto  dichiarato  al   punto
precedente, con riguardo alle censure svolte in riferimento  all'art.
33 Cost., non sussistono ulteriori profili  di  inammissibilita'  che
impediscano a questa Corte l'esame nel merito delle  altre  questioni
sollevate con le citate quattro ordinanze. 
    3.1.-  Quanto  alla  rilevanza  delle  questioni  sollevate   con
l'ordinanza iscritta al r.o. n. 30 del 2015 nei  confronti  dell'art.
1, comma 1, del citato d.l. n. 90  del  2014,  il  TAR  Lombardia  la
motiva,  in  maniera  non  implausibile.   Il   rimettente   richiama
all'attenzione la circostanza che il trattenimento  in  servizio  non
era  stato  ancora  disposto,  poiche'   la   domanda   del   docente
universitario  ricorrente   era   stata   respinta.   Pertanto,   per
pronunciarsi  sulla  legittimita'  del  provvedimento,  con  cui   il
Consiglio di amministrazione dell'Universita' degli studi  di  Milano
ha respinto la richiesta del ricorrente di rimanere in servizio,  non
avrebbe potuto far altro che applicare proprio  la  disposizione  che
elimina l'istituto del trattenimento in servizio. 
    3.2.-  Nessun  profilo  di  inammissibilita'   per   difetto   di
motivazione sulla rilevanza si prospetta con riguardo alle  questioni
sollevate nelle altre tre ordinanze (iscritte al r.o. n. 60 e n.  144
del 2015 e  r.o.  n.  19  del  2016).  In  tutte  si  afferma  -  con
argomentazioni non implausibili - che i provvedimenti  impugnati  (di
collocamento a riposo) si fondano, o sono direttamente incisi,  dalle
disposizioni censurate, che devono essere  applicate  nei  rispettivi
giudizi,  cosicche'  l'eventuale  dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale delle medesime  ridonderebbe  sulla  legittimita'  dei
predetti provvedimenti. 
    Anche in relazione ai giudizi nell'ambito dei  quali  sono  state
adottate le ordinanze di rimessione n. 144 del 2015 e n. 19 del 2016,
la rilevanza delle questioni sollevate nei confronti dei commi 2 e  3
dell'art. 1 del d.l. n. 90  del  2014  risulta  motivata  in  maniera
sufficiente e plausibile. 
    Chiamati a pronunciarsi sulla legittimita' di un provvedimento di
collocamento a riposo di un avvocato dello Stato, adottato a  seguito
della conversione in legge del d.l. n.  90  del  2014,  i  rimettenti
ragionevolmente assumono di dover applicare la nuova  disciplina  del
trattenimento in servizio nel suo complesso, considerato che  muovono
le loro censure alla  disciplina,  come  modificata  dalla  legge  di
conversione, proprio nella parte  in  cui  accomuna  la  sorte  degli
avvocati dello Stato alla generalita' dei pubblici dipendenti  (comma
2) e non  estende  anche  agli  avvocati  dello  Stato,  come  invece
accadeva  nel  testo  originario  del  decreto-legge,  la  disciplina
transitoria "derogatoria" per i magistrati, di cui al comma 3. 
    Sulla scorta dei medesimi argomenti  si  superano  i  profili  di
inammissibilita',  inerenti  alla  pretesa   inapplicabilita'   delle
disposizioni censurate, recanti la  disciplina  transitoria,  profili
eccepiti  dall'Avvocatura  generale   dello   Stato   con   specifico
riferimento alla  censura  (prospettata  nelle  richiamate  ordinanze
iscritte al r.o. n. 144 del 2015  e  al  r.o.  n.  19  del  2016)  di
violazione  dell'art.  97,  secondo  comma,  Cost.,   relativa   alla
"drasticita'"  della  riduzione  del  periodo  di  trattenimento   in
servizio, operata solo in sede di conversione  del  d.l.  n.  90  del
2014, rispetto al testo originario del medesimo d.l. n. 90 del  2014,
in particolare per la categoria degli avvocati dello Stato. 
    3.3.- Nessun ostacolo si pone all'ammissibilita' delle  questioni
di legittimita' costituzionale proposte con le ordinanze iscritte  al
r.o n. 61 e n. 144 del 2015 e al r.o. n. 19 del 2016 per il fatto che
nei tre giudizi, nell'ambito dei quali le stesse ordinanze sono state
adottate, le questioni sono sollevate nella  fase  cautelare.  Questa
Corte ha  costantemente  sostenuto  che  la  potestas  iudicandi  del
giudice a quo non puo' ritenersi esaurita quando la concessione della
misura cautelare sia fondata, quanto al fumus boni iuris,  sulla  non
manifesta    infondatezza    della    questione    di    legittimita'
costituzionale.  In  tal  caso,  si  deve  ritenere   provvisoria   e
temporanea la sospensione dell'efficacia del provvedimento impugnato,
fino  alla  ripresa  del  giudizio  cautelare  dopo  l'incidente   di
legittimita' costituzionale (sentenza n. 83 del  2013;  nello  stesso
senso, di recente, sentenza n. 200 del 2014). 
    3.4.- Anche con riguardo alle questioni sollevate con l'ordinanza
iscritta al r.o. n. 144 del 2015 dal Consiglio  di  Stato,  adito  in
sede consultiva in relazione a un ricorso straordinario al Presidente
della Repubblica, non si profilano ragioni di inammissibilita'. 
    3.4.1.-  Dopo  le  significative  modifiche  apportate  a  questo
istituto dall'art. 69, comma 1, della legge 18  giugno  2009,  n.  69
(Disposizioni per  lo  sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la
competitivita' nonche' in materia di processo civile),  e'  acclarata
la legittimazione del Consiglio di Stato  a  sollevare  questioni  di
legittimita'  costituzionale  in   sede   di   parere   sul   ricorso
straordinario al Presidente della  Repubblica  (sentenza  n.  73  del
2014). 
    3.4.2.-  Ne'  l'ammissibilita'  delle  questioni   proposte   dal
Consiglio di Stato con l'ordinanza iscritta al r.o. n. 144 del  2015,
nell'ambito  del  giudizio  inerente  al  ricorso  straordinario   al
Presidente della Repubblica, e' inficiata dalla  circostanza  che  il
giudizio,   a   seguito   dell'opposizione   delle    amministrazioni
interessate, e' stato  trasposto  dinanzi  al  TAR  Lazio,  ai  sensi
dell'art.  48  del  decreto  legislativo  2  luglio  2010,   n.   104
(Attuazione dell'articolo 44 della  legge  18  giugno  2009,  n.  69,
recante  delega   al   governo   per   il   riordino   del   processo
amministrativo).   Sebbene,   a    seguito    della    trasposizione,
l'amministrazione e il Consiglio di Stato si vedano spogliati di ogni
potere decisionale e il relativo giudizio divenga improcedibile, cio'
non incide in alcun modo sull'ordinanza con cui lo  stesso  Consiglio
di Stato ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, prima
della trasposizione del giudizio nella sede giurisdizionale. Prevale,
in questo caso, il principio dell'ininfluenza delle vicende  relative
al giudizio principale (ivi compresa l'improcedibilita',  cosi'  come
l'estinzione   dello   stesso)   sul   giudizio    di    legittimita'
costituzionale, che sia stato  -  come  nella  specie  -  ritualmente
promosso, principio espresso dall'art. 18 delle norme integrative per
i giudizi davanti alla Corte costituzionale, nel testo approvato il 7
ottobre  2008.  In  virtu'  di  tale  principio,   il   giudizio   di
legittimita'  costituzionale,  «una  volta  iniziato  in  seguito  ad
ordinanza di rinvio del giudice rimettente  non  e'  suscettibile  di
essere influenzato da successive  vicende  di  fatto  concernenti  il
rapporto dedotto nel processo che lo ha occasionato» (sentenza n. 274
del 2011), neppure ove il giudizio principale, nell'ambito del  quale
sia stato promosso il giudizio di  legittimita'  costituzionale,  sia
estinto (da ultimo, sentenza n. 236 del 2015). 
    3.5.- A cio'  si  lega  la  considerazione  che  neppure  per  le
questioni sollevate con l'ordinanza iscritta al r.o. n. 19  del  2016
dal  TAR  Lazio,  a  seguito   della   trasposizione   del   giudizio
originariamente promosso  con  ricorso  straordinario  al  Presidente
della Repubblica, si profilano problemi di inammissibilita'. 
    L'autonomia e l'indipendenza dei due rimedi (quello straordinario
e quello giurisdizionale) e  l'alternativita'  fra  i  medesimi  sono
circostanze  tali  da  consentire  a  qualsiasi  parte,  diversa  dal
ricorrente, di optare per il rimedio giurisdizionale. Il TAR ritiene,
pertanto, con motivazione puntuale  e  non  implausibile,  di  essere
investito della piena potestas iudicandi e di poter sollevare ex novo
questione di legittimita' costituzionale delle eccezioni dedotte  dal
ricorrente, sulla base di una sua autonoma valutazione. 
    4.- Sgombrato il campo da ogni profilo  di  inammissibilita',  si
puo' procedere all'esame nel merito delle questioni sollevate con  le
quattro ordinanze indicate in epigrafe. 
    4.1.-  Il  TAR  Lombardia  (r.o.  n.  30   del   2015)   censura,
preliminarmente, l'art. 1, comma 1, del d.l. n. 90  del  2014,  nella
parte in cui abolisce l'istituto del trattenimento in servizio, anche
per i docenti e i ricercatori universitari, per violazione  dell'art.
77, secondo comma, Cost., per carenza dei presupposti di necessita' e
di urgenza. Il preambolo del d.l. n. 90 del 2014 farebbe  riferimento
a  finalita'  e  ambiti  privi  di  ogni  attinenza  con  la  materia
disciplinata, e non darebbe conto dei presupposti di necessita' e  di
urgenza che imponevano l'adozione della disciplina impugnata  con  lo
strumento del decreto-legge. 
    4.1.1.- La questione non e' fondata. 
    L'eliminazione del trattenimento in servizio disposta dalla norma
censurata si inserisce nel quadro delle misure volte a  «favorire  la
piu' razionale  utilizzazione  dei  dipendenti  pubblici»,  finalita'
richiamata espressamente nel preambolo del  decreto-legge  in  esame,
dunque non estranea al contenuto e alla materia del medesimo  decreto
(sentenza n. 171 del 2007; da ultimo, ordinanza n. 72 del 2015). Essa
costituisce un primo intervento, peraltro puntuale e circoscritto, di
un processo laborioso, destinato a dipanarsi  in  un  arco  temporale
piu' lungo, volto a realizzare il ricambio generazionale nel settore.
Come tale, essa e' strumentale a una  «piu'  razionale  utilizzazione
dei  dipendenti  pubblici»  e  non  contraddice   la   «straordinaria
necessita' ed urgenza» di provvedere sul punto,  posta  a  fondamento
dell'adozione del decreto-legge in esame (sentenza n. 313 del  2010).
Tali indicazioni sono sufficienti  per  escludere  l'ipotesi  -  alla
quale e' limitato il sindacato sulla legittimita' dell'adozione di un
decreto-legge da  parte  del  Governo  -  di  «evidente  carenza  del
requisito della straordinarieta' del caso di necessita' ed urgenza di
provvedere» (sentenza n. 93 del 2011). 
    4.2.- Il TAR Emilia-Romagna (r.o. n. 61 del 2015)  censura,  poi,
in particolare, l'art. 1, comma 2, del decreto-legge  in  esame,  nel
testo modificato dalla legge di conversione 11 agosto 2014,  n.  114,
nella parte in cui, per effetto  della  modifica  introdotta  con  la
medesima, fissa «soltanto fino al 31 ottobre 2014  per  gli  avvocati
dello Stato il trattenimento in servizio degli stessi  gia'  disposto
con formale provvedimento», con un "preavviso" di poco  piu'  di  due
mesi. Questa disposizione, cancellando ogni riferimento agli avvocati
dello Stato dal novero  dei  soggetti  beneficiari  della  disciplina
transitoria  "derogatoria",  contenuta  nel  comma   3,   del   testo
originario del d.l. n. 90 del 2014, si porrebbe in contrasto  con  il
principio  di  proporzionalita'  e  lederebbe  l'affidamento  che  il
dipendente ripone  nell'efficacia  dei  provvedimenti  amministrativi
gia' adottati nei suoi confronti, in violazione degli artt. 1, 2 e 6,
paragrafo  1,  della  direttiva  27  novembre  2000,  n.   2000/78/CE
(Direttiva del Consiglio che stabilisce un  quadro  generale  per  la
parita' di trattamento in materia di occupazione e di  condizioni  di
lavoro), come interpretati dalla Corte di giustizia  con  sentenza  6
novembre 2012, in causa  C-286/12,  Commissione  contro  Ungheria,  e
quindi in contrasto con l'art. 117, primo comma, Cost. 
    4.2.1.- La questione non e' fondata. 
    La sentenza della Corte di giustizia, richiamata dal  rimettente,
non e' rilevante ai fini dello scrutinio di  costituzionalita'  della
normativa censurata. In tale pronuncia, resa riguardo a  disposizioni
di legge adottate dall'Ungheria che avevano anticipato bruscamente  e
considerevolmente (da  70  a  62  anni)  i  limiti  di  eta'  per  il
pensionamento di giudici, procuratori e notai, senza prevedere misure
transitorie idonee a tutelare il legittimo affidamento delle  persone
interessate, la Corte di giustizia ne ha ravvisato il  contrasto  con
la direttiva n.  2000/78/CE,  che  vieta  le  discriminazioni  basate
sull'eta' (art. 6, paragrafo  1),  in  assenza  di  un  principio  di
proporzionalita'. 
    L'ambito  di  operativita'  della  normativa  denunciata  non  e'
sovrapponibile a quello della normativa ungherese, visto che la norma
censurata  non  incide  sui   limiti   dell'eta'   pensionabile,   ma
sull'istituto del trattenimento in servizio. 
    Quest'ultimo,  originariamente  disciplinato  dall'art.  16   del
d.lgs. n. 503 del 1992, che riconosceva ai  dipendenti  civili  dello
Stato e degli enti pubblici non economici un vero e  proprio  diritto
potestativo a permanere in servizio per il periodo indicato, e' stato
profondamente  modificato  gia'  dal  comma  7   dell'art.   72   del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112  (Disposizioni  urgenti  per  lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della  legge  6
agosto 2008, n. 135, che l'ha completamente rimodellato e configurato
come  mero  interesse  da  far  valere  mediante   apposita   istanza
all'amministrazione,  libera,  «in   base   alle   proprie   esigenze
organizzative e funzionali, di accogliere la richiesta  in  relazione
alla particolare esperienza professionale acquisita  dal  richiedente
in determinati o specifici  ambiti  ed  in  funzione  dell'efficiente
andamento dei servizi» (Consiglio di Stato, sezione  sesta,  sentenze
30 maggio 2014, n. 2816 e 24 ottobre 2013, n. 5147). Circoscritto  da
limiti sempre piu' rigorosi (in base anche all'art. 9, comma 31,  del
decreto-legge 31 maggio 2010,  n.  78,  recante  «Misure  urgenti  in
materia  di   stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'
economica», convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 30 luglio 2010, n. 122),  questo  istituto  emerge  anche
dalla giurisprudenza  amministrativa  come  eccezione  rispetto  alla
regola del collocamento a riposo, in  considerazione  delle  generali
esigenze di contenimento della spesa (Consiglio Stato, sezione sesta,
sentenza 6 agosto 2013, n. 4104). 
    L'abrogazione del trattenimento in servizio  appare  dunque  come
l'ultimo tassello di un disegno legislativo volto  a  ridimensionarne
l'ambito di operativita'. 
    Le finalita' di ricambio generazionale, insite nella normativa in
esame, rientrano nell'ambito delle «legittime finalita'  di  politica
del lavoro», che non  danno  seguito  a  discriminazioni  sulla  base
dell'eta', secondo la citata direttiva (paragrafo 1 dell'art. 6).  In
questa direzione si e' coerentemente orientata la Corte di  giustizia
dell'Unione  europea,  che  ha   riconosciuto   ampi   margini   alla
discrezionalita' dei legislatori nazionali  (ex  plurimis,  Corte  di
giustizia, sentenza 21 luglio 2010, in  cause  C-159/10  e  C-160/10,
Fuchs e Köhler). 
    I lavori preparatori della legge di conversione del  d.l.  n.  90
del 2014 mostrano che l'accesso dei giovani al lavoro pubblico  e  il
contenimento della spesa si  atteggiano  quali  finalita'  legittime,
tali da temperare  la  pretesa  eccessiva  drasticita'  delle  misure
adottate, senza incrinare la tutela dell'affidamento. 
    L'assunto del rimettente si fonda sul presupposto  che  il  testo
originario del  decreto-legge  adottato  il  24  giugno  2014  avesse
generato un affidamento in ordine al trattenimento in servizio  degli
avvocati dello Stato fino al 31 dicembre 2015, poi leso dalla  brusca
anticipazione, operata  dalla  legge  di  conversione  adottata  l'11
agosto 2014, alla data del 31 ottobre 2014. 
    Sia  la  circostanza  della   "degradazione"   del   diritto   al
trattenimento in servizio a mero interesse, dovuta  a  una  normativa
progressivamente    restrittiva,     confermata     dall'applicazione
giurisprudenziale,  sia   la   considerazione   che   la   previsione
dell'estensione del trattenimento fino alla data del 31 dicembre 2015
era  contenuta  in  un  decreto-legge,  di  per  se',  provvedimento,
soggetto a modifiche  in  sede  di  conversione,  in  ordine  a  casi
straordinari di necessita' e urgenza, impediscono di ritenere che  un
affidamento nella prosecuzione del servizio fino  alla  data  del  31
dicembre 2015 possa essersi consolidato e che quest'ultimo sia  stato
illegittimamente ed eccessivamente compresso dall'anticipazione della
cessazione dal servizio. 
    4.3.- Il Consiglio di Stato (r.o. n. 144  del  2015)  ed  il  TAR
Lazio (r.o. n. 19  del  2016)  sollevano  questione  di  legittimita'
costituzionale dei  primi  tre  commi  dell'art.  1,  anzitutto,  per
violazione dell'art. 81, terzo comma, Cost. 
    L'introduzione delle disposizioni di cui all'art. 1 del  d.l.  n.
90 del 2014,  come  convertito,  che  hanno  stabilito  l'abrogazione
dell'istituto del trattenimento  in  servizio  e,  con  le  modifiche
apportate in sede  di  conversione,  hanno  ampliato  il  novero  dei
dipendenti pubblici cui  si  applica  la  specifica  disciplina,  pur
attenendo alla materia  pensionistica  e  del  lavoro  pubblico,  non
sarebbe stata corredata dalla realizzazione di tutti gli  adempimenti
necessari  a  garantire  l'esatta  quantificazione  e  la   credibile
copertura degli oneri finanziari da esse derivanti, in  specie  degli
adempimenti prescritti dall'art. 17, comma 3, della legge 31 dicembre
2009, n. 196 (Legge di contabilita' e finanza). 
    4.3.1.- La questione non e' fondata. 
    Questa Corte ha avuto occasione, di recente, di affermare che «il
principio di analitica copertura finanziaria - espresso dall'art. 81,
terzo comma, Cost., come formulato dalla legge  costituzionale  n.  1
del 2012 e previsto dall'art. 17 della legge n. 196  del  2009  -  ha
natura di  precetto  sostanziale,  cosicche'  ogni  disposizione  che
comporta conseguenze finanziarie di  carattere  positivo  o  negativo
deve  essere  corredata  da  un'apposita  istruttoria  e   successiva
allegazione degli effetti previsti e  della  relativa  compatibilita'
con le risorse disponibili» (sentenza n. 224  del  2014).  In  questa
prospettiva la legge n. 196 del 2009, nella parte in  cui  prescrive,
all'art. 17, quale  presupposto  per  la  copertura  finanziaria,  la
previa  quantificazione  della  spesa  o  dell'onere,   lo   fa   per
«l'evidente motivo che  non  puo'  essere  assoggettata  a  copertura
un'entita' indefinita» (sentenza n. 181 del 2013). 
    Come  risulta  sia  dai  lavori  preparatori   della   legge   di
conversione sia dalla Nota di lettura n. 57, redatta dal Servizio del
bilancio del Senato, dedicata all'impugnato art. 1, tali  indicazioni
sono state rispettate. L'adozione delle misure contenute nell'art.  1
del d.l.  n.  90  del  2014,  come  convertito,  e'  corredata  dalla
relazione tecnica prescritta dall'art. 17 della legge n. 196 del 2009
e contiene anche il quadro  analitico  delle  proiezioni  finanziarie
almeno decennali, prescritto dal citato  art.  17.  A  margine  della
tabella relativa agli anni 2014-2018, e'  chiaramente  indicato  che,
dopo l'anno 2018, gli oneri mostrano un andamento decrescente, per il
progressivo venir meno delle maggiori erogazioni dovute  all'anticipo
delle liquidazioni per trattamenti di fine servizio.  Inoltre,  dalla
relazione tecnica risulta che le modifiche apportate dalla  legge  di
conversione non incidono sugli oneri indicati dal comma 6 dell'art. 1
del medesimo decreto-legge. I minori oneri correlati, con riferimento
al periodo indicato, alla mancata  abolizione  del  trattenimento  in
servizio dei magistrati,  i  cui  provvedimenti  di  mantenimento  in
servizio non risultavano perfezionati, sono  idonei  a  compensare  i
maggiori oneri discendenti dalle modifiche che hanno interessato  gli
avvocati dello Stato,  la  cui  consistenza  numerica  e',  peraltro,
piuttosto contenuta nell'ambito del comparto di riferimento. 
    Poiche' gli adempimenti prescritti dall'art. 17  della  legge  n.
196 del 2009 sono stati soddisfatti, i conteggi svolti  in  relazione
alla spesa e  le  previsioni  effettuate  non  appaiono  implausibili
(sentenza  n.  214  del  2012),  con  conseguente  esclusione   della
violazione dell'obbligo di copertura finanziaria. 
    4.4.-  Ulteriore   profilo   di   illegittimita'   costituzionale
denunciato dal Consiglio di Stato e dal TAR Lazio nei confronti delle
disposizioni introdotte dall'art. 1, commi 1, 2 e  3,  e'  costituito
dalla violazione dell'art. 97, primo comma, Cost. e del  criterio  di
economicita' ivi introdotto per effetto della legge costituzionale 20
aprile 2012,  n.  1  (Introduzione  del  principio  del  pareggio  di
bilancio nella Carta costituzionale), criterio  gia'  previsto  dalla
legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia  di  procedimento
ammistrativo e di diritto di accesso  ai  documenti  amministrativi),
che pone un vincolo ineludibile sulla capacita'  e  sulla  condizione
della spesa delle Amministrazioni  pubbliche,  per  non  eccedere  le
risorse effettivamente disponibili. 
    La Nota di lettura n. 57 del Servizio  del  bilancio  del  Senato
mostrerebbe,  tra  l'altro,  che  quel  criterio   costituzionalmente
rilevante risulterebbe violato, se si raffrontassero i  costi  dovuti
all'eliminazione del  trattenimento  in  servizio  e  i  risparmi  da
destinare alle assunzioni. 
    4.4.1.- Anche tale questione deve essere dichiarata non fondata. 
    L'introduzione del primo comma dell'art. 97 Cost. («Le  pubbliche
amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento  dell'Unione  europea,
assicurano l'equilibrio dei bilanci e la  sostenibilita'  del  debito
pubblico»), per effetto della legge di revisione costituzionale n.  1
del  2012,  ha  coinciso  con  l'inserimento  dell'obbligo,  per   le
amministrazioni pubbliche, di rispettare  l'equilibrio  di  bilancio.
Quest'ultimo si risolve nel "criterio di  economicita'"  secondo  cui
l'azione delle pubbliche amministrazioni  deve  perseguire  i  propri
obiettivi, garantendo il buon  andamento  e  l'imparzialita'  con  il
minimo dispendio di risorse. Tale criterio, come peraltro gli  stessi
rimettenti  precisano  -  anche  se  con  riguardo  alla  censura  di
violazione dell'art. 81, terzo comma, Cost. - e' simmetrico  rispetto
all'"equilibrio  di  bilancio",  legato   all'andamento   del   ciclo
economico. La sua valutazione, pertanto, non puo' essere costretta in
una dimensione temporale limitata, ma deve svolgersi in riferimento a
un arco temporale  sufficientemente  ampio,  tale  da  consentire  la
realizzazione degli obiettivi in una situazione di debito sostenibile
e di tendenziale "armonia" fra entrate e uscite. 
    L'obiettivo perseguito mediante  l'abolizione  dell'istituto  del
trattenimento in servizio, come risulta dai  lavori  preparatori,  e'
quello di «promuovere il ricambio generazionale nel settore di lavoro
pubblico, nonche' di favorire risparmi di  spesa  con  l'abbattimento
del monte stipendiale derivante dalla sostituzione di lavoratori piu'
anziani, cui normalmente spettano livelli retributivi  piu'  elevati,
con personale di  nuova  assunzione  e  quindi  meno  costoso».  Tale
risultato  e'  atteso  nel  lungo  periodo,   nonostante   la   prima
applicazione delle  misure  mostri  un  difficile  bilanciamento  fra
maggiori spese per anticipo  dell'erogazione  delle  pensioni  e  dei
trattamenti di fine  servizio  e  corrispondenti  risparmi  derivanti
dalle cessazioni dal servizio. Come indicato nella relazione tecnica,
che fa partire dal 2018 il progressivo calo degli oneri connessi alla
nuova disciplina, l'attuazione delle misure in esame appare idonea  a
agevolare risparmi da cessazione capaci  di  liberare  risorse  nuove
spendibili  per  l'auspicato  ricambio  generazionale  in  un   lasso
temporale piu' ampio. 
    4.5.- Tutti i rimettenti deducono la violazione  dell'  art.  97,
secondo comma, Cost. 
    Il TAR Lombardia censura il comma 1 dell'art. 1 del decreto-legge
in esame, nella parte in cui abolisce l'istituto del trattenimento in
servizio anche per i docenti e i ricercatori universitari. 
    Sostiene che l'esigenza di attuare il ricambio generazionale  non
sarebbe  bilanciata  con  quella,  riconducibile  al  buon  andamento
dell'amministrazione, di mantenere in servizio, peraltro per un  arco
di tempo limitato, docenti in grado di dare  un  positivo  contributo
per la particolare esperienza acquisita, secondo le  enunciazioni  di
principio della sentenza n. 83 del 2013. 
    Il  TAR  Emilia-Romagna  assume  che  la   scelta   operata   dal
legislatore con il comma 2 dell'art. 1  del  medesimo  decreto-legge,
nel testo modificato dalla legge di conversione, «nella parte in  cui
riduce soltanto fino al 31  ottobre  2014,  per  gli  avvocati  dello
Stato,  il  trattenimento  in  servizio  gia'  disposto  con  formale
provvedimento», sarebbe sbilanciata e sproporzionata. Senza  che  sia
possibile effettuare alcun ricambio  generazionale,  non  si  farebbe
carico delle ripercussioni  negative  che  potrebbero  derivarne  sul
principio  di  buon   andamento   della   pubblica   amministrazione,
considerato che la drastica riduzione del periodo  di  permanenza  in
servizio, fino al 31 ottobre 2014, avvenuta in agosto e solo in  sede
di conversione del d.l. n. 90 del 2014,  non  avrebbe  consentito  di
avviare la procedura concorsuale di reclutamento dei  nuovi  avvocati
dello Stato, nel rispetto dei tempi tecnici necessari. 
    Infine, il Consiglio di  Stato  e  il  TAR  Lazio  censurano  per
violazione dell'art. 97, secondo comma, Cost., l'art. 1, commi 1, 2 e
3, del d.l. n. 90 del 2014, come  convertito,  nella  parte  in  cui,
abrogando l'art. 16 del d.lgs. n. 503 del 1992, dispone al 31 ottobre
2014 la cessazione dal trattenimento in servizio oltre il  limite  di
eta' degli avvocati dello Stato e, in subordine, non fissa la data di
cessazione del trattenimento in servizio per gli avvocati dello Stato
al 31 dicembre 2015. 
    La drastica riduzione del periodo di trattenimento  in  servizio,
operata solo in sede di conversione del d.l. n. 90 del 2014, rispetto
al testo originario, in particolare per la categoria  degli  avvocati
dello Stato, per i quali la durata del trattenimento in servizio  era
di cinque anni, inciderebbe negativamente  sull'efficiente  andamento
dei servizi dell'Avvocatura dello Stato e si  porrebbe  in  contrasto
con le esigenze organizzative e funzionali della stessa.  Con  questa
misura si priverebbe l'amministrazione di risorse umane peculiari non
facilmente  rinvenibili  nei  tempi   immediati,   si   cancellerebbe
l'affidamento dei dipendenti nella sicurezza  giuridica,  poiche'  si
interverrebbe su situazioni sostanziali, fondate su leggi  precedenti
e provvedimenti gia' emanati e efficaci. 
    4.5.1.- Le richiamate questioni sono prive di fondamento. 
    L'evoluzione normativa riguardo al trattenimento in  servizio  ha
riconosciuto  -  come  si   e'   gia'   rilevato   -   la   «facolta'
all'amministrazione, in base alle proprie  esigenze  organizzative  e
funzionali, di accogliere la richiesta [di trattenimento in servizio]
in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita  dal
richiedente  in  determinati  o  specifici  ambiti  ed  in   funzione
dell'efficiente andamento dei servizi» (art. 72, comma 7, del d.l. n.
112 del 2008. Tale facolta' e' stata progressivamente circoscritta da
limiti sempre piu' rigorosi, per esigenze di  contenimento  di  spesa
(art. 9, comma 31, del d.l. n. 78 del 2010), in vista della riduzione
del numero dei beneficiari del  trattenimento  (sentenza  n.  83  del
2013),  in  linea  peraltro  con   l'orientamento   della   giustizia
amministrativa,  che  ha  ritenuto  non  configurabile   un   diritto
soggettivo alla permanenza in  servizio,  quanto  piuttosto  un  mero
interesse,     soggetto      alla      valutazione      discrezionale
dell'amministrazione (di recente,  Consiglio  Stato,  sezione  sesta,
sentenza 22 gennaio 2015, n. 239). 
    Questa Corte, gia' da tempo ha precisato che la disposizione  che
prevedeva il trattenimento  in  servizio  oltre  l'eta'  pensionabile
(art. 16 del d.lgs. n. 503 del 1992), «e' di  carattere  eccezionale»
(ordinanza n. 195 del 2000) anche perche'  comporta  «il  carico  del
trattamento di servizio attivo e  degli  oneri  riflessi,  in  genere
complessivamente maggiori [...] rispetto a quelli  connessi  a  nuove
assunzioni» (ancora ordinanza n. 195 del  2000).  Inoltre,  «il  buon
andamento  dell'amministrazione  non  puo'  dipendere   affatto   dal
mantenimento in servizio di personale che ha raggiunto  i  limiti  di
eta', subordinato esclusivamente alla domanda  del  dipendente,  come
diritto potestativo assoluto», posto che «il prolungarsi del servizio
oltre i limiti non e' sempre indice di accrescimento  dell'efficienza
organizzativa» (cosi' ancora ordinanza n. 195 del 2000). 
    Sulla base degli orientamenti espressi da questa Corte,  si  deve
affermare  la  non  fondatezza  di  tutte  le  censure  proposte   in
riferimento al secondo comma dell'art. 97  Cost.,  sia  con  riguardo
alla  disciplina  "a  regime"  (comma  1),  sia  in  relazione   alla
disciplina transitoria (commi 2 e 3). 
    L'eliminazione  del  trattenimento  in  servizio  ha  portato   a
compimento un percorso gia' avviato, per  agevolare,  nel  tempo,  il
ricambio generazionale e consentire un risparmio di spesa, anche  con
riguardo  all'amministrazione  universitaria,   in   attuazione   dei
principi di buon andamento e efficienza  dell'amministrazione,  senza
alcuna lesione dell'affidamento, in linea con l'evoluzione  normativa
e con la  giurisprudenza  della  Corte  di  giustizia  (ex  plurimis,
sentenza 7 giugno  2005,  in  causa  C-17/03,  VEMW  e  altri  contro
Directeur van de Dienst uitvoering en toezicht energiea.). 
    Non risultano pertinenti i riferimenti alla sentenza  n.  83  del
2013, richiamata dal TAR Lombardia nell'ordinanza iscritta al r.o. n.
30 del 2015, in cui  questa  Corte  aveva  accolto  la  questione  di
costituzionalita' proposta  sotto  il  profilo  della  disparita'  di
trattamento tra universitari e  altri  dipendenti  pubblici  e  della
lesione del buon andamento della pubblica  amministrazione.  In  quel
caso  si  inibiva  solo  all'universita'  ogni  margine  di  autonomo
apprezzamento delle esigenze organizzative e funzionali. Nel giudizio
di cui qui si discute, oggetto dello scrutinio, e' una disciplina  di
carattere generale, che non discrimina tra amministrazioni  pubbliche
quanto alla normativa a regime e che elimina del tutto i  margini  di
operativita', gia' angusti, del trattenimento in servizio. 
    Quanto, poi, alla disciplina transitoria (commi 2 e 3),  relativa
agli avvocati dello Stato, si richiamano le  osservazioni  svolte  in
relazione alla denunciata  violazione  dell'art.  117,  primo  comma,
Cost. (si veda, supra, punto 4.2.1.). La realizzazione dell'obiettivo
del ricambio generazionale non e' immediata, poiche' presuppone  atti
preparatori  all'espletamento  dei  concorsi.  Queste  procedure  non
avrebbero potuto trovare attuazione nel breve  tempo  intercorso  fra
l'anticipazione della cessazione dal servizio  degli  avvocati  dello
Stato (dal 31  dicembre  2015  al  31  ottobre  2014)  e  l'effettiva
cessazione dei medesimi (agosto 2014 - ottobre 2014). 
    Si deve  anche  escludere  la  pretesa  lesione  dell'affidamento
connessa alla drastica anticipazione della  cessazione  dal  servizio
per le ragioni gia' in precedenza esposte  (si  veda  pag.  25  righe
8-16). 
    4.6.- Anche in riferimento all'art. 3 Cost.  tutti  i  rimettenti
svolgono specifiche censure, sotto il profilo della  irragionevolezza
della disciplina. 
    Il TAR Lombardia censura l'art. 1, comma 1, in quanto  detterebbe
una disciplina irragionevole, lesiva dell'affidamento dei  consociati
nella sicurezza giuridica, considerato che l'esigenza di  attuare  il
ricambio generazionale non puo' essere addotta come  unica  ratio  di
una  disciplina  che  preclude  all'amministrazione  la   valutazione
discrezionale dei presupposti del trattenimento in servizio, anche in
relazione alle proprie esigenze organizzative e funzionali, e  tenuto
conto che l'eliminazione improvvisa e  arbitraria  dell'istituto  del
trattenimento in servizio vanifica il legittimo  affidamento  riposto
dai dipendenti pubblici nel protrarsi della permanenza in servizio. 
    Il TAR Emilia-Romagna assume invece che la disciplina transitoria
prevista dal comma 2 dell'art. 1 a seguito della conversione in legge
del d.l. n.  90  del  2014  violerebbe  il  principio  del  legittimo
affidamento sotto il profilo  del  difetto  di  ragionevolezza  e  di
eguaglianza con particolare riferimento agli  avvocati  dello  Stato.
L'affidamento in un congruo termine del periodo di  trattenimento  in
servizio dei predetti, gia'  consolidatosi  con  i  provvedimenti  di
permanenza in servizio e garantito fino al  31  dicembre  2015  anche
nell'ambito della nuova disciplina di cui al d.l.  n.  90  del  2014,
sarebbe stato  totalmente  frustrato  dal  collocamento  a  riposo  a
decorrere dal 31 ottobre 2014, disposto soltanto nel mese  di  agosto
in sede di conversione del  predetto  decreto-legge  ad  opera  della
legge dell'11 agosto 2014, n. 114. 
    Il Consiglio di Stato e il TAR Lazio, infine, denunciano i  primi
tre commi dell'art. 1 per difetto di ragionevolezza della  disciplina
in essi contenuta. Quest'ultima, sebbene sia dichiaratamente volta  a
favorire il ricambio generazionale nelle  pubbliche  amministrazioni,
si porrebbe in contrasto con la previsione, contenuta nell'art. 3 del
medesimo d.l. n. 90 del 2014,  del  blocco  delle  assunzioni,  della
necessita' dell'autorizzazione per le assunzioni di cui all'art.  35,
comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001, nonche' con  la  disciplina  del
turn over ivi stabilita. 
    4.6.1.- Le questioni non sono fondate. 
    Quanto alle censure di irragionevolezza della disciplina a regime
e  di  quella  transitoria,  ritenute  lesive  dell'affidamento   dei
consociati nella sicurezza giuridica, devono essere qui richiamate le
osservazioni appena svolte a proposito  della  denunciata  violazione
dell'art. 97, secondo comma, Cost. (si veda al punto 4.5.1.). 
    Quanto alla pretesa contraddittorieta' della normativa censurata,
rispetto a altre norme contenute nel medesimo  decreto-legge  (l'art.
3, in materia di blocco delle assunzioni, contraddirebbe  il  preteso
perseguimento del ricambio generazionale  mediante  l'abolizione  del
trattenimento   in   servizio),   occorre    anzitutto    soffermarsi
sull'effettivo contenuto di tale articolo. 
    Intitolato «Semplificazione e flessibilita' nel turn over»,  esso
provvede a "contingentare" le assunzioni del personale  con  riguardo
agli anni 2014-2018. Nel 2014 la facolta'  di  assumere  e'  limitata
alla circostanza che la spesa sia pari al  20  per  cento  di  quella
relativa al personale di ruolo cessato  nell'anno  precedente.  Negli
anni successivi tale limitazione  si  riduce  fino  a  consentire  il
completo "sblocco" delle assunzioni alla data del 2018. 
    Questa disciplina risulta, pertanto, coerente con l'obiettivo del
ricambio generazionale sotteso all'abolizione  del  trattenimento  in
servizio, all'interno di una programmazione articolata nel tempo. 
    La ratio dell'art. 1 del  d.l.  n.  90  del  2014  e'  quella  di
favorire politiche di ricambio generazionale  a  fronte  della  crisi
economica.  Gli  effetti   positivi   attesi   dall'abrogazione   del
trattenimento in servizio sono connessi alla necessita' di realizzare
progressivi risparmi da cessazione che, in relazione  al  regime  del
turn over, alimenterebbero  le  risorse  utilizzabili  per  le  nuove
assunzioni. 
    Il collocamento a riposo  del  personale  gia'  beneficiario  del
trattenimento in servizio consentirebbe l'immediata disponibilita' di
risorse per l'indizione di  nuove  procedure  concorsuali  e  per  il
successivo reclutamento di nuovo personale. 
    4.7.- Ulteriori censure sono svolte  in  riferimento  all'art.  3
Cost. per irragionevole  disparita'  di  trattamento  di  fattispecie
omogenee e irragionevole eguaglianza di  trattamento  di  fattispecie
diverse. 
    In particolare, il TAR Emilia-Romagna, il Consiglio di Stato e il
TAR Lazio censurano i commi 1, 2 e 3 dell'art. 1 per  l'irragionevole
disparita'  di  trattamento  fra  gli  avvocati  dello  Stato   e   i
magistrati,  ordinari,  amministrativi,  contabili  e  militari,   in
possesso alla data di entrata in vigore del d.l. n. 90 del  2014  dei
requisiti di cui all'art. 16 del d.lgs. n. 503 del 1992, per i  quali
il trattenimento in servizio e'  garantito  fino  alla  data  del  31
dicembre 2015. 
    Solo il Consiglio di Stato e il TAR Lazio contestano  che  l'art.
1, commi 1, 2 e 3, tratti  irragionevolmente  allo  stesso  modo  gli
avvocati dello Stato, il cui trattenimento in servizio  era  previsto
per cinque anni oltre il limite di eta' per il collocamento a riposo,
e  la  generalita'  dei  dipendenti  pubblici,   per   i   quali   il
trattenimento era previsto per due anni, in vista  dell'obiettivo  di
garantire il  buon  andamento  e  l'efficienza  dell'amministrazione,
tenuto conto della circostanza  che  in  percentuale  il  numero  dei
dipendenti che cessano dal servizio varia in  modo  notevole  fra  le
generalita' dei dipendenti e gli avvocati dello Stato. 
    4.7.1.- Le questioni sono manifestamente infondate. 
    Occorre premettere che il  comma  3,  nel  testo  originariamente
contenuto nel d.l. n. 90  del  2014,  disponeva  che  «[a]l  fine  di
salvaguardare   la   funzionalita'   degli   uffici   giudiziari,   i
trattenimenti in servizio dei  magistrati  ordinari,  amministrativi,
contabili, militari nonche' degli avvocati dello  Stato,  sono  fatti
salvi sino al 31 dicembre 2015 o fino alla loro scadenza se  prevista
in  data  anteriore».  In  sede  di  approvazione  della   legge   di
conversione del d.l. n. 90 del 2014, e' caduta la previsione, volta a
salvaguardare i  trattenimenti  in  servizio,  anche  se  non  ancora
disposti, degli avvocati dello  Stato,  fino  al  31  dicembre  2015,
mentre e' rimasta per i magistrati. Per gli avvocati dello Stato,  in
forza delle modificazioni recate in sede di conversione,  l'efficacia
del trattenimento in servizio e' pertanto cessata anticipatamente, il
31 ottobre 2014, al pari della generalita' dei dipendenti pubblici. 
    4.7.1.1.- Dai lavori preparatori della legge di  conversione  del
d.l. n. 90 del 2014 emerge chiaramente che la disciplina  transitoria
derogatoria, contenuta nel comma 3, e' stata dettata in  vista  della
necessita' di ovviare alle «conseguenti possibili criticita'  per  il
funzionamento   regolare   degli   uffici   giudiziari»,    derivanti
dall'improvvisa cessazione dal servizio di  un  numero  rilevante  di
dipendenti. La  ratio  sottesa  a  tale  deroga  e'  dunque  inerente
esclusivamente all'organizzazione degli uffici  e  non  attiene  allo
status  dei  magistrati.  Pertanto,  la  ritenuta  equiparazione  fra
avvocati e magistrati in ordine al trattamento giuridico  non  rileva
in questa sede. Ne' la  moltiplicazione  dei  compiti  affidati  agli
avvocati dello Stato  (media-conciliazione  ex  art.  5  del  decreto
legislativo 4 marzo 2010, n. 28, recante l'«Attuazione  dell'articolo
60 della legge 18 giugno  2009,  n.  69,  in  materia  di  mediazione
finalizzata  alla   conciliazione   delle   controversie   civili   e
commerciali»; trasferimento dei giudizi in sede arbitrale ex  art.  1
del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, recante «Misure  urgenti
di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per  la  definizione
dell'arretrato  in  materia  di  processo  civile»,  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge  n.  162  del  2014;
negoziazione assistita ex art. 2 del citato d.l. n. 132 del 2014)  e'
riconducibile  alle   esigenze   di   «funzionalita'   degli   uffici
giudiziari» che hanno giustificato  l'introduzione  della  disciplina
transitoria derogatoria con  riguardo  ai  magistrati  (ulteriormente
prorogata con riguardo a categorie specifiche). 
    La  censura  di  irragionevole  disparita'  di   trattamento   e'
palesemente  priva   di   fondamento,   considerata   l'indiscutibile
eterogeneita' delle situazioni poste a raffronto,  in  linea  con  la
costante giurisprudenza costituzionale (fra le tante, sentenze n. 178
del 2015, n. 215 del 2014, n. 340 del 2004). 
    4.7.1.2.-  Anche  la  denunciata  irragionevole  eguaglianza   di
trattamento - quanto alla disciplina transitoria del trattenimento in
servizio -  degli  avvocati  dello  Stato  e  della  generalita'  dei
dipendenti pubblici si rivela manifestamente infondata. 
    I rimettenti (Consiglio di Stato e TAR  Lazio)  assumono  che  la
differenza di trattamento originariamente contemplata dal d.l. n.  90
del 2014 fra avvocati  dello  Stato  e  tutti  gli  altri  dipendenti
pubblici avrebbe dovuto essere mantenuta, «in vista dell'obiettivo di
garantire il  buon  andamento  e  l'efficienza  dell'amministrazione,
tenuto conto della circostanza  che  in  percentuale  il  numero  dei
dipendenti che cessano dal servizio varia in  modo  notevole  fra  le
generalita'  dei  dipendenti  e  gli  avvocati  dello  Stato».   Tale
argomento, assertivamente formulato, non consente a questa  Corte  di
individuare alcun profilo di irragionevolezza dell'eguale trattamento
previsto per gli avvocati dello Stato e «la generalita' dei  pubblici
dipendenti», in ordine alla disciplina transitoria del  trattenimento
in servizio. La circostanza che il numero degli avvocati dello Stato,
che cessano dal servizio, sia diverso da  quello  della  «generalita'
dei dipendenti pubblici», che egualmente cessano  dal  servizio,  non
costituisce indizio di palese eterogeneita' delle situazioni poste  a
raffronto,  poiche'  la  categoria   dei   pubblici   dipendenti   e'
genericamente indicata, senza alcuna illustrazione delle  ragionevoli
giustificazioni  poste  a  fondamento  della  pretesa  diversita'  di
trattamento. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma  1,  del  decreto-legge  24  giugno
2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e  la  trasparenza
amministrativa  e  per   l'efficienza   degli   uffici   giudiziari),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  11
agosto 2014, n. 114, sollevata, in  riferimento  all'art.  33,  sesto
comma, della Costituzione,  dal  Tribunale  amministrativo  regionale
della Lombardia, con ordinanza iscritta al r.o. n. 30 del 2015; 
    2)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1,  comma  1,  del  d.l.  n.  90  del  2014,
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  n.
114 del 2014, sollevate,  in  riferimento  agli  artt.  3,  sotto  il
profilo della irragionevolezza della disciplina, 77, secondo comma, e
97, secondo comma,  Cost.,  dal  Tribunale  amministrativo  regionale
della Lombardia, con ordinanza iscritta al r.o. n. 30 del 2015; 
    3)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1,  comma  2,  del  d.l.  n.  90  del  2014,
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  n.
114 del 2014, sollevate,  in  riferimento  agli  artt.  3,  sotto  il
profilo della irragionevolezza della disciplina, 97, secondo comma, e
117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 1, 2  e
6, paragrafo 1, della  direttiva  27  novembre  2000,  n.  2000/78/CE
(Direttiva del Consiglio che stabilisce un  quadro  generale  per  la
parita' di trattamento in materia di occupazione e di  condizioni  di
lavoro), dal Tribunale amministrativo regionale  dell'Emilia-Romagna,
con l'ordinanza iscritta al r.o. n. 61 del 2015; 
    4)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2 e 3, del d.l. n. 90 del  2014,
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  n.
114 del 2014, sollevate,  in  riferimento  agli  artt.  3,  sotto  il
profilo della irragionevolezza della disciplina, 81, terzo  comma,  e
97, primo e secondo comma,  Cost.,  dal  Consiglio  di  Stato  e  dal
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con ordinanze  iscritte
al r.o. n. 144 del 2015 e al r.o. n. 19 del 2016; 
    5) dichiara manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 1,  comma  2,  del  d.l.  n.  90  del  2014,
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  n.
114 del 2014, sollevata, in riferimento all'art. 3  Cost.,  sotto  il
profilo della irragionevole disparita' di trattamento, dal  Tribunale
amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna, con ordinanza  iscritta
al r.o. n. 61 del 2015; 
    6) dichiara manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2 e 3, del d.l. n. 90  del  2014
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  n.
114 del 2014, sollevata, in riferimento all'art. 3  Cost.,  sotto  il
profilo della irragionevole eguaglianza di trattamento, dal Consiglio
di Stato e dal Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio,  con
ordinanze iscritte al r.o. n. 144 del 2015 e al r.o. n. 19 del 2016. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 aprile 2016. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                     Silvana SCIARRA, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 10 giugno 2016. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA