N. 159 SENTENZA 4 maggio - 7 luglio 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Province e Citta' metropolitane delle Regioni a statuto  ordinario  -
  Riduzione della dotazione organica a partire dal 1° gennaio 2015  -
  Piani  di  riassetto  organizzativo,   economico,   finanziario   e
  patrimoniale - Definizione, in tale contesto,  delle  procedure  di
  mobilita' del personale interessato - Disciplina  della  permanenza
  in servizio,  dell'avvalimento  e  della  ricollocazione  di  detto
  personale  nelle  more  della  conclusione   delle   procedure   di
  mobilita'. 
- Legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione  del
  bilancio annuale e pluriennale dello Stato −  legge  di  stabilita'
  2015), art. 1, commi 421, 422, 423 e 427. 
-   
(GU n.28 del 13-7-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA, Ma Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,
  Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo'  ZANON,  Franco  MODUGNO,
  Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  commi
421,  422,  423  e  427,  della  legge  23  dicembre  2014,  n.   190
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge  di  stabilita'  2015),  promossi  dalle  Regioni
Campania, Lombardia, Puglia e Veneto, con ricorsi  notificati  il  27
febbraio-4 marzo 2015, il 26 febbraio-3 marzo 2015, il 27  febbraio-5
marzo 2015 e il 27 febbraio 2015, depositati in cancelleria il 4,  il
5, il 6 ed il 9 marzo 2015 e rispettivamente iscritti ai nn. 32,  33,
38 e 42 del registro ricorsi 2015. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 4 maggio 2016 il Giudice relatore
Giancarlo Coraggio; 
    uditi gli avvocati Beniamino Caravita di Toritto per  la  Regione
Campania, Marcello Cecchetti per la Regione Puglia, Francesco Saverio
Marini per la Regione Lombardia, Mario Bertolissi e Luigi  Manzi  per
la Regione Veneto e l'avvocato dello Stato Beatrice Gaia Fiduccia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Le Regioni  Campania,  Lombardia,  Puglia  e  Veneto,  con  i
ricorsi  indicati  in   epigrafe,   hanno   promosso   questione   di
legittimita' costituzionale avente ad oggetto - tra l'altro -  l'art.
1, commi 421, 422, 423 e 427, della legge 23 dicembre  2014,  n.  190
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge di stabilita' 2015). 
    Il comma 421 prevede  che  la  dotazione  organica  delle  Citta'
metropolitane e delle Province delle Regioni a statuto  ordinario,  a
decorrere dalla data di entrata in vigore della  legge  medesima,  e'
ridotta in misura pari al 30 e  al  50  per  cento  della  spesa  del
personale di ruolo alla data di  entrata  in  vigore  della  legge  7
aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle  citta'  metropolitane,  sulle
province, sulle unioni e  fusioni  di  comuni),  tenuto  conto  delle
funzioni attribuite ai predetti enti dalla medesima legge. 
    Il comma  422  prevede  che,  tenuto  conto  del  riordino  delle
funzioni di cui alla legge  n.  56  del  2014,  venga  individuato  -
secondo modalita' e criteri definiti nell'ambito  delle  procedure  e
degli osservatori previsti dall'accordo tra il Governo e le  Regioni,
sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative,  ai
sensi dell'art. 1, comma 91, della legge n. 56 del 2014,  concernente
l'individuazione delle funzioni di  cui  al  comma  89  dello  stesso
articolo, oggetto del riordino  e  delle  relative  competenze  -  il
personale che rimane assegnato agli enti locali di area vasta (Citta'
metropolitane e nuove Province) e quello da destinare alle  procedure
di mobilita'. 
    Il comma 423 prevede che, nel contesto delle  procedure  e  degli
osservatori di cui all'accordo previsto dall'art. 1, comma 91,  della
legge n. 56  del  2014,  sono  determinati  (con  il  supporto  delle
societa' in house delle amministrazioni centrali competenti) i  piani
di riassetto organizzativo,  economico,  finanziario  e  patrimoniale
delle  Citta'  metropolitane  e  delle  Province  e  sono,  altresi',
definite le procedure di mobilita' del personale interessato,  i  cui
criteri sono fissati con il decreto di cui all'art. 30, comma 2,  del
decreto  legislativo  30  marzo  2001,   n.   165   (Norme   generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche), disponendo altresi' che il personale  destinatario  delle
procedure di mobilita'  e'  prioritariamente  ricollocato  presso  le
Regioni e gli enti locali e in via subordinata, con le  modalita'  di
cui al comma 425, presso le amministrazioni dello Stato. 
    Il comma 427 prevede che,  nelle  more  della  conclusione  delle
procedure di mobilita' di cui ai commi da  421  a  428,  il  relativo
personale rimane in servizio presso  le  Citta'  metropolitane  e  le
Province, con possibilita' di avvalimento da parte  delle  Regioni  e
degli enti locali attraverso apposite convenzioni che  tengano  conto
del  riordino  delle  funzioni  e  con  oneri  a   carico   dell'ente
utilizzatore e che, a conclusione del processo di  ricollocazione  di
cui ai commi da 421 a 425, le Regioni e i Comuni, in caso di delega o
di altre forme, anche convenzionali, di affidamento di funzioni  alle
Citta'  metropolitane  e  alle  Province  o  ad  altri  enti  locali,
dispongono contestualmente l'assegnazione del relativo personale  con
oneri a carico dell'ente delegante o  affidante,  previa  convenzione
con gli enti destinatari. 
    2.- La Regione Campania, con il ricorso n. 32 del 2015,  impugna,
tra l'altro, l'art. 1, commi 421, 422 e 427, della legge n.  190  del
2014 per violazione degli artt. 114, 117, 118, 119 e 120, nonche' gli
artt. 3, 5 e 97 della Costituzione. 
    Le censure della ricorrente sono le seguenti: 
    - la normativa  de  qua  si  porrebbe  al  di  fuori  dell'ambito
materiale di cui all'art. 117, secondo comma , lettera p),  Cost.  ed
impedirebbe alla singola Regione, nel ruolo di  ente  rappresentativo
delle diverse istanze presenti sul proprio territorio, di  provvedere
alla allocazione delle funzioni in maniera differenziata, tenendo  in
adeguata considerazione  le  esigenze  espresse  dalla  comunita'  di
riferimento,  in   osservanza   dei   principi   di   sussidiarieta',
adeguatezza e differenziazione; 
    - le disposizioni  impugnate,  se  ricondotte  alla  materia  del
«coordinamento della finanza pubblica», non  sarebbero  qualificabili
come principio fondamentale della materia posto che, in primo  luogo,
non si limiterebbero a porre obiettivi di riequilibrio della medesima
nel senso di un transitorio contenimento complessivo,  anche  se  non
generale, della spesa corrente e, in secondo luogo, prevederebbero in
modo  esaustivo  strumenti  o  modalita'  per  il  perseguimento  dei
suddetti obiettivi; 
    - la disciplina in esame  violerebbe  gli  evocati  parametri  in
quanto disporrebbe un taglio lineare della dotazione  organica  delle
Citta' metropolitane e delle Province a priori e in maniera del tutto
indipendente dal riordino  delle  funzioni  delle  vecchie  Province,
spettante al legislatore regionale e non ancora concluso; 
    - qualora le si interpretassero come  riguardanti  esclusivamente
il personale adibito  alle  funzioni  fondamentali,  le  disposizioni
censurate violerebbero gli artt. 3,  97,  114,  117,  118  Cost.,  in
quanto disporrebbero che la  dotazione  organica  sia  esclusivamente
rivolta all'esercizio delle loro funzioni  fondamentali,  in  maniera
irragionevole  e  gravemente   lesiva   dei   poteri   regionali   di
organizzazione  delle  funzioni  degli  enti  locali  sul  territorio
regionale e dei poteri di auto-organizzazione di  questi  ultimi;  in
quanto non si limiterebbero ad una riduzione percentuale della  spesa
complessiva per il personale, ma si riferirebbero selettivamente alle
singole funzioni amministrative ai cui compiti d'ufficio il personale
di ruolo e' destinato (le sole  funzioni  fondamentali  attribuite  a
Citta' metropolitane e Province direttamente dalla legge  n.  56  del
2014), rappresentando, quindi, uno strumento  di  definizione,  oltre
che della provvista del  personale  (ai  fini  del  contenimento  dei
costi),  anche  del  disegno  organizzativo  degli  enti,  in  aperta
violazione dei poteri di auto-organizzazione degli  enti  locali;  in
quanto la collocazione del  personale  che  svolge  le  funzioni  non
fondamentali  al  di  fuori  della  dotazione  organica   complessiva
comporterebbe «anche la violazione  dei  principi  costituzionali  di
ragionevolezza della legge e di buon andamento dell'amministrazione»; 
    -  adottando  tale   interpretazione   limitata   alle   funzioni
fondamentali, sarebbe ravvisabile, altresi',  un  contrasto  con  gli
artt. 3, 97, 117, secondo comma, lettera p), 118,  secondo  comma,  e
117, sesto comma, Cost., in quanto il personale che rimane  assegnato
alle Citta' metropolitane e alle Province, sulla base del processo di
riordino delle funzioni non fondamentali,  sarebbe  collocato  al  di
fuori della dotazione organica delle  rispettive  amministrazioni  in
maniera del  tutto  irragionevole  (posto  che  la  collocazione  del
personale delle pubbliche amministrazioni al di fuori della dotazione
organica  non   costituirebbe   misura   organizzativa   adeguata   e
proporzionata per lo svolgimento di funzioni e di compiti  attribuiti
o conferiti agli enti per il normale adempimento dei  propri  compiti
istituzionali  conferiti  con  legge   regionale)   ed   in   maniera
discriminatoria   (posto   che   differenzierebbe,   in   modo    non
giustificabile,   l'organizzazione   degli   uffici   delle    Citta'
metropolitane e delle Province in base al solo titolo di conferimento
- statale  o  regionale  -  delle  funzioni  assegnate,  anziche'  in
funzione dei compiti da  svolgere  previa  verifica  degli  effettivi
fabbisogni); 
    Il comma 427, in particolare, violerebbe: 
    - l'art. 118, secondo comma,  Cost.  perche'  disporrebbe  che  i
Comuni  (oltre  che  le  Regioni)  possono  «delegare»  o  «affidare»
funzioni amministrative alle Citta' metropolitane e alle Province; 
    - gli artt. 5 e 119, primo comma, Cost.,  perche'  farebbe  venir
meno, per l'esercizio delle funzioni  e  dei  compiti  conferiti,  le
necessarie  risorse  di  personale  unitamente  alle   corrispondenti
risorse  finanziarie,  gia'  spettanti   alle   Province,   inducendo
artatamente una situazione  di  squilibrio  nei  bilanci  degli  enti
territoriali  e  perche'  limiterebbe  il  potere  delle  Regioni  di
conferire le funzioni con il conseguente trasferimento del  personale
e delle risorse necessarie alle Citta' metropolitane e alle  Province
per lo svolgimento delle funzioni medesime; 
    - gli artt. 5 e 120 Cost. nella misura in cui si discosterebbe da
quanto gia' precedentemente  determinato,  per  l'individuazione  dei
beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e  organizzative
connesse all'esercizio delle funzioni che devono  essere  trasferite,
dal decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri  26  settembre
2014  (Criteri  per  l'individuazione  dei  beni  e   delle   risorse
finanziarie,  umane,  strumentali  e   organizzative   connesse   con
l'esercizio delle funzioni provinciali), adottato previa  intesa  con
la Conferenza unificata, in forza dell'art. 1, commi 89 e  92,  della
legge n. 56 del 2014. 
    2.1.- Con memoria depositata in data 13 aprile 2016,  la  Regione
Campania sostanzialmente  ribadisce  le  proprie  argomentazioni,  in
particolare ricordando che la normativa censurata travalicherebbe  il
limite della transitorieta'  proprio  dei  principi  fondamentali  in
materia di coordinamento della finanza pubblica  e,  in  maniera  del
tutto irragionevole, disporrebbe una drastica riduzione del personale
in pendenza di un processo di riordino non ancora concluso. 
    3.- La Regione Lombardia, con il ricorso n. 33 del 2015, impugna,
tra l'altro, l'art. 1, comma 421, della legge n.  190  del  2014  per
violazione degli artt. 3, 97, 117, 118 e 119  Cost.  per  i  seguenti
motivi: 
    - realizzerebbe una indebita ingerenza  del  legislatore  statale
nella materia  «ordinamento  e  organizzazione  amministrativa  delle
Regioni e  degli  enti  locali»,  la  quale  rientra  nella  potesta'
legislativa residuale delle Regioni ai sensi  dell'art.  117,  quarto
comma, Cost.; 
    -  introdurrebbe  un  taglio  lineare  e   indiscriminato   della
dotazione organica delle Citta' metropolitane e delle  Province,  che
non tiene conto delle funzioni esercitate da tali enti, ponendoli  di
fatto nell'impossibilita' di operare in piena efficienza; 
    - opererebbe  un  taglio  drastico  del  personale  da  impiegare
nell'esercizio delle funzioni non  fondamentali,  che  in  base  alla
Costituzione spetta alla  Regione  allocare,  residuando  in  capo  a
quest'ultima unicamente l'alternativa tra riassumere le funzioni gia'
trasferite alle Province o affidarle a enti strutturalmente  inidonei
a esercitarle, operando una scelta che,  in  ogni  caso,  produrrebbe
esiti contrari rispetto sia al principio del buon  andamento  che  ai
principi di sussidiarieta', differenziazione  e  adeguatezza  di  cui
agli artt. 97 e 118 Cost.; 
    - imporrebbe una riduzione del personale in maniera identica  per
situazioni differenziate, senza tener  conto  dell'effettivo  assetto
dei diversi enti territoriali; 
    - lederebbe gravemente l'autonomia finanziaria sia  delle  Citta'
metropolitane che delle Province, imponendo  loro,  anche  alla  luce
dell'ingente risparmio di spesa imposto dal comma 418 della legge  n.
190 del 2014, oneri finanziari gravosi  e  sine  die,  in  contrasto,
quindi, anche con  il  limite  della  necessaria  transitorieta'  del
vincolo. 
    3.1.- Con  memoria  depositata  il  12  aprile  2016  sono  state
ribadite le argomentazioni gia' spese -  oltre  che  sul  difetto  di
competenza e sul mancato rispetto dei caratteri (in particolare della
natura non di dettaglio) propri dei principi fondamentali in  materia
di  coordinamento  della  finanza   pubblica   -   in   ordine   alla
irragionevolezza della disciplina censurata, anche in  considerazione
del conseguente disallineamento tra risorse e funzioni, ed  alla  sua
insuperabile distonia con la riforma predisposta dalla  legge  n.  56
del 2014 di cui dovrebbe rappresentare fase attuativa. 
    4.- La Regione Puglia, con il ricorso n. 38  del  2015,  impugna,
tra l'altro, i commi 421, 422, 423 e 427 della legge n. 190 del 2014. 
    Il comma 421 violerebbe: 
    - l'art. 117, secondo comma, lettera p), e quarto  comma,  Cost.,
in quanto  lederebbe  la  competenza  legislativa  della  Regione  in
materia  di  «organizzazione  amministrativa  degli   enti   locali»,
affidata alla competenza legislativa  residuale  delle  Regioni,  non
rientrando, la rivisitazione della pianta organica delle  Province  e
delle Citta' metropolitane, nella competenza esclusiva statale; 
    - qualora si dovesse ricondurre  la  disposizione  censurata  non
alla materia  sopra  indicata  ma  al  «coordinamento  della  finanza
pubblica», gli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo  comma,  Cost.,
posto che essa non sarebbe qualificabile come principio  fondamentale
della materia, in  quanto  conterrebbe  precetti  di  dettaglio,  che
riguardano una singola voce di spesa, e non lascerebbe alcun  margine
di operativita' alla legge regionale nella sua modulazione; 
    - gli artt. 117, terzo e quarto  comma,  e  118,  secondo  comma,
Cost., in quanto la drastica, rigida e  assolutamente  standardizzata
riduzione della pianta organica degli enti in questione coarterebbe e
lederebbe  la  discrezionalita'  legislativa  regionale  chiamata  ad
esplicarsi nel processo di riordino delle funzioni delle Province nel
rispetto dei principi di sussidiarieta' ed adeguatezza; 
    - gli artt. 118, primo e secondo  comma,  e  119,  quarto  comma,
Cost., in quanto la riduzione della  dotazione  organica  disposta  a
monte del riassetto  delle  funzioni  amministrative,  affidato  alle
leggi di ciascuna Regione dalla legge n. 56 del  2014,  precluderebbe
la realizzazione di tale riassetto  in  osservanza  dei  principi  di
sussidiarieta', adeguatezza e differenziazione (in quanto non sarebbe
possibile attribuire a  Citta'  metropolitane  e  Province  tutte  le
funzioni che alle medesime dovrebbero spettare in  base  ai  principi
menzionati, a causa della inadeguatezza della loro dotazione organica
rispetto  allo  svolgimento  delle  medesime)  e  nel  rispetto   del
principio di corrispondenza tra funzioni e risorse; 
    - gli artt. 81, ultimo comma, Cost.,  5,  comma  1,  lettera  e),
della legge costituzionale 20 aprile 2012,  n.  1  (Introduzione  del
principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale)  e  9,
comma 5, della legge 24  dicembre  2012,  n.  243  (Disposizioni  per
l'attuazione  del  principio  del  pareggio  di  bilancio  ai   sensi
dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione), perche'  -  anche
ove si  volesse  considerare  il  comma  421  attuativo  della  legge
organica n. 243 del 2012 nonche' dell'art. 5, comma  1,  della  legge
costituzionale n. 1 del 2012 - esso contrasterebbe con i  presupposti
indicati dall'art. 9, comma 5, della citata legge organica,  a  mente
della quale la legge ordinaria dello Stato puo' prevedere  «ulteriori
obblighi» agli enti territoriali solo «sulla base di criteri analoghi
a quelli previsti per le amministrazioni statali» e «tenendo conto di
parametri di virtuosita'». 
    In particolare, il  comma  422  violerebbe  l'art.  117,  secondo
comma, lettera p), e quarto comma, Cost., in quanto, in difetto di un
titolo di  competenza,  disciplinerebbe  le  procedure  di  mobilita'
relative al personale delle Citta' metropolitane e delle Province  ed
imporrebbe il rispetto di uno specifico termine per lo svolgimento di
atti concernenti tali procedure; inoltre vincolerebbe il  legislatore
regionale ad adeguarsi a un accordo adottato da un organo  collegiale
al quale le  Regioni  prendono  parte  con  altri  soggetti,  quando,
invece, la potesta' legislativa e'  assegnata  dalla  Costituzione  a
ciascuna singola Regione e non al loro insieme. 
    Il comma 423, poi, violerebbe l'art. 117, secondo comma,  lettera
p), e quarto comma, Cost.,  perche'  disciplinerebbe  in  materia  di
ordinamento degli enti locali, in difetto di un titolo di competenza,
e perche' vincolerebbe le successive leggi regionali che  ritenessero
di intervenire nel settore de  quo  ad  atti  non  legislativi  quali
l'accordo di cui al comma 91 dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014 e
il decreto di cui al comma 2 dell'art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001.
In via subordinata rispetto alla censura precedente, tale  comma,  se
inteso come  riconducibile  alla  materia  del  «coordinamento  della
finanza pubblica», violerebbe l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  in
quanto,  quale  principio  fondamentale,  rinvierebbe,  per  la   sua
attuazione, ad atti sub-legislativi (e cioe' all'accordo in  sede  di
Conferenza unificata previsto dall'art. 1, comma 91, della  legge  n.
56 del 2014 ed al decreto di cui al comma 2 dell'art. 30  del  d.lgs.
n. 165 del 2001), mentre lo Stato puo' dettare principi  fondamentali
nella materia del «coordinamento della finanza pubblica» solo tramite
norme di rango legislativo. 
    Il comma 427,  infine,  violerebbe  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera p), e quarto comma, Cost., in quanto regolerebbe  particolari
aspetti del processo di mobilita' del  personale  soprannumerario  di
Province  e  Citta'  metropolitane,  in  difetto  di  un  titolo   di
competenza. 
    4.1.- In data 13 aprile 2016  la  Regione  Puglia  ha  depositato
memoria offrendo una sintesi  riepilogativa  delle  ragioni  poste  a
fondamento del proprio ricorso. 
    5.- La Regione Veneto, con ricorso n. 42  del  2015,  censura  il
blocco dei commi da 421 a 428, per violazione: 
    - degli artt. 3 e 35 Cost., in quanto, in pendenza di un processo
di   riorganizzazione    delle    autonomie    locali,    disporrebbe
irragionevolmente  il  taglio  lineare  del  personale  prima   della
riallocazione delle funzioni amministrative provinciali e senza alcun
collegamento ad essa,  in  contraddizione  e  disarmonia  con  quanto
previsto dalla legge n. 56 del 2014, posto che non terrebbe conto  di
quale parte del personale delle singole Province  sia  effettivamente
destinato a svolgere  funzioni  fondamentali,  cosi'  comportando  la
necessita'  di  collocare  in  mobilita'  anche  personale  ad   esse
destinato, e posto che richiamerebbe la disciplina  del  collocamento
in disponibilita'  del  personale  pubblico,  cosi'  contemplando  la
possibilita' di mancato riassorbimento di tutto o parte del personale
in soprannumero; 
    - degli artt. 3, 97 e 118 Cost., in quanto disporrebbe il  taglio
lineare del personale in misura identica e standardizzata  per  tutte
le Province e le Citta' metropolitane italiane, non  calibrandolo  in
base  alle  differenti  situazioni  organizzative   rinvenibili   sul
territorio nazionale, sia con riferimento al numero ed al  costo  del
personale addetto alle funzioni provinciali (fondamentali e non), che
con riferimento al rapporto tra esigenze amministrative  di  un  dato
territorio (popolazione) e numero di dipendenti provinciali  (e  loro
costo), cosi' peraltro penalizzando le amministrazioni che hanno gia'
ottimizzato la loro struttura organizzativa e favorendo quelle ancora
ipertrofiche; ed in quanto disporrebbe il dimezzamento o la  drastica
riduzione  della  dotazione  organica   delle   Province   e   Citta'
metropolitane senza alcuna previa ed approfondita  valutazione  delle
effettive esigenze  legate  all'efficiente  attivita'  amministrativa
dell'ente, cosi'  ponendo  tali  enti  in  condizioni  di  non  poter
svolgere la propria attivita' nel rispetto del buon  andamento  della
pubblica amministrazione ed  impedendo  una  ragionata  distribuzione
delle funzioni amministrative non fondamentali - con l'individuazione
dell'ambito territoriale ottimale di esercizio per ciascuna  funzione
-  che  spetterebbe  alla  Regione,  nel  rispetto  dei  principi  di
sussidiarieta' ed adeguatezza; 
    - dell'art.  114  Cost.,  in  quanto  la  riduzione  coattiva  ed
indiscriminata della dotazione organica - costituente uno dei profili
piu' significativi e caratterizzanti della struttura organizzativa  -
determinerebbe un'ampia compromissione della «dignita' autonoma delle
Province e delle Citta' metropolitane,  quali  componenti  essenziali
della Repubblica»; 
    - dell'art. 117, commi terzo e quarto, Cost. e del  principio  di
leale  collaborazione,  in  quanto  la  significativa  riduzione  del
personale delle Citta' metropolitane  e  delle  Province  impedirebbe
alla Regione di allocare le funzioni amministrative  provinciali  non
fondamentali,  riconducibili  alle  materie  di  propria   competenza
legislativa,  in  attuazione  dei  principi  di   sussidiarieta'   ed
adeguatezza, posto che tali enti (e le Province in  particolare)  non
avrebbero a disposizione personale sufficiente; e cio'  in  contrasto
con il  percorso  di  riforma  del  sistema  delle  autonomie  locali
delineato dalla legge  n.  56  del  2014  e  concordato  in  sede  di
Conferenza unificata con l'Accordo dell'11 settembre 2014. 
    5.1.- La Regione Veneto, con memoria depositata in data 12 aprile
2016,  riafferma  l'irragionevolezza   della   disciplina   censurata
rispetto al percorso tracciato dalla legge di riforma del 2014, anche
in considerazione della mancata  differenziazione  in  considerazione
delle diverse realta' degli enti  coinvolti,  con  un  ingiustificato
effetto discriminatorio sugli  enti  di  area  vasta  piu'  virtuosi.
Ribadisce,  inoltre,  la  violazione  dell'art.  114   Cost.   e   la
illegittima invasione delle competenze legislative regionali. 
    6.- Il Presidente del Consiglio dei ministri si e' costituito  in
tutti i giudizi, svolgendo argomentazioni di analogo tenore, in punto
di inammissibilita' ed infondatezza delle questioni sollevate. 
    Innanzitutto viene eccepita la  genericita'  delle  censure,  per
mancata dimostrazione dell'insufficienza  dei  mezzi  finanziari  per
l'adempimento dei propri compiti e, con riferimento a  quelle  basate
su  parametri  extracompetenziali,   per   difetto   di   motivazione
sull'incidenza della loro  violazione  sulle  competenze  legislative
regionali. 
    Nel  merito,  viene  poi  sostenuta  la  riconducibilita'   della
normativa censurata alla materia  del  «coordinamento  della  finanza
pubblica», quale espressione di principi fondamentali  di  competenza
del legislatore, e, in parte, alla materia dell'«ordinamento civile». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Le Regioni Campania,  Lombardia,  Puglia  e  Veneto  dubitano
della legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 421, 422, 423  e
427, della legge 23  dicembre  2014,  n.  190  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge  di
stabilita' 2015) per violazione degli artt. 3, 5, 35,  81,  97,  114,
117, 118, 119 e 120 della Costituzione, nonche' dell'art. 5, comma 1,
lettera  e),  della  legge  costituzionale  20  aprile  2012,  n.   1
(Introduzione del principio del  pareggio  di  bilancio  nella  Carta
costituzionale) e 9, comma 5, della legge 24 dicembre  2012,  n.  243
(Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio
ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione). 
    Il comma 421 dispone  che  la  dotazione  organica  delle  Citta'
metropolitane e delle Province delle Regioni a statuto  ordinario,  a
decorrere dalla data di entrata in vigore della  legge  medesima,  e'
ridotta in misura pari al 30 e  al  50  per  cento  della  spesa  del
personale di ruolo alla data di  entrata  in  vigore  della  legge  7
aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle  citta'  metropolitane,  sulle
province, sulle unioni e  fusioni  di  comuni),  tenuto  conto  delle
funzioni attribuite ai predetti enti dalla medesima legge. 
    Il comma  422  prevede  che,  tenuto  conto  del  riordino  delle
funzioni di cui alla legge  n.  56  del  2014,  viene  individuato  -
secondo modalita' e criteri definiti nell'ambito  delle  procedure  e
degli osservatori previsti dall'accordo tra il Governo e le  Regioni,
sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative,  ai
sensi dell'art. 1, comma 91, della legge n. 56 del 2014,  concernente
l'individuazione delle funzioni di  cui  al  comma  89  dello  stesso
articolo, oggetto del riordino  e  delle  relative  competenze  -  il
personale che rimane assegnato a Citta' metropolitane  e  Province  e
quello da destinare alle procedure di mobilita'. 
    Il comma 423 stabilisce che, nel contesto delle procedure e degli
osservatori di cui all'accordo previsto dall'art. 1, comma 91,  della
legge  n.  56  del  2014,  sono  determinati  i  piani  di  riassetto
organizzativo, economico, finanziario  e  patrimoniale  delle  Citta'
metropolitane  e  delle  Province  e  sono,  altresi',  definite   le
procedure di mobilita' del personale interessato, i cui criteri  sono
fissati con il decreto di cui  all'art.  30,  comma  2,  del  decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165  (Norme  generali  sull'ordinamento
del  lavoro  alle  dipendenze   delle   amministrazioni   pubbliche),
disponendo, altresi', che il personale destinatario  delle  procedure
di mobilita' e' prioritariamente ricollocato presso le Regioni e  gli
enti locali e in via subordinata, con le modalita' di  cui  al  comma
425, presso le amministrazioni dello Stato. 
    Il comma 427 statuisce che, nelle more  della  conclusione  delle
procedure di mobilita' di cui ai commi da  421  a  428,  il  relativo
personale rimane in servizio presso  le  Citta'  metropolitane  e  le
Province, con possibilita' di avvalimento da parte  delle  Regioni  e
degli enti locali attraverso apposite convenzioni che  tengano  conto
del  riordino  delle  funzioni  e  con  oneri  a   carico   dell'ente
utilizzatore e che, a conclusione del processo di  ricollocazione  di
cui ai commi da 421 a 425, le Regioni e i Comuni, in caso di delega o
di altre forme, anche convenzionali, di affidamento di funzioni  alle
Citta'  metropolitane  e  alle  Province  o  ad  altri  enti  locali,
dispongono contestualmente l'assegnazione del relativo personale  con
oneri a carico dell'ente delegante o  affidante,  previa  convenzione
con gli enti destinatari. 
    2.- I  ricorsi,  aventi  ad  oggetto  le  medesime  disposizioni,
possono essere riuniti, riservando a separate pronunce  la  decisione
delle ulteriori questioni di  legittimita'  costituzionale  con  essi
promossi. 
    3.- In via preliminare, va  dichiarata  l'inammissibilita'  della
questione promossa dalla Regione Veneto per violazione degli artt.  3
e 35 Cost. 
    Deduce la ricorrente che l'art. 1, commi  da  421  a  428,  della
legge n. 190 del 2014 dispone un taglio della dotazione organica  che
comporterebbe la necessita' di collocare in mobilita' personale delle
Province, anche destinato alle funzioni fondamentali, ammettendo, tra
l'altro, la possibilita' del  mancato  riassorbimento  di  quello  in
soprannumero. 
    La censura e' priva di  motivazione  circa  la  ridondanza  delle
asserite violazioni sulle competenze ritenute lese  e  sulle  ragioni
della lamentata lesione (ex plurimis, da ultimo, sentenze n. 43 e  n.
29 del 2016; n. 251, n. 153, n. 89 e n. 13 del 2015). 
    4.- Inammissibile e' anche la questione  promossa  dalla  Regione
Puglia, avente ad oggetto il comma 421 della legge n. 190  del  2014,
per violazione degli artt. 81,  ultimo  comma,  Cost.,  5,  comma  1,
lettera e), della legge costituzionale n. 1 del 2012, e 9,  comma  5,
della legge n. 243 del 2012. 
    A parere della ricorrente,  il  comma  in  questione  -  anche  a
considerarlo attuativo della legge organica n. 243 del 2012 - sarebbe
incostituzionale  per  contrasto  con   l'art.   9,   comma   5,   di
quest'ultima, in base al quale la legge ordinaria  dello  Stato  puo'
prevedere «ulteriori obblighi» agli  enti  territoriali  solo  «sulla
base di criteri analoghi a quelli  previsti  per  le  amministrazioni
statali» e «tenendo conto di parametri di virtuosita'». 
    Anche questa censura si presenta del tutto carente di motivazione
in ordine alla ridondanza delle asserite violazioni sulle  competenze
che si presumono violate (da ultimo, sentenze  n.  43  e  n.  29  del
2016). 
    Peraltro, nel merito, la questione sarebbe infondata  in  quanto,
in presenza di una riforma globale  delle  Province  e  delle  Citta'
metropolitane, gli obblighi che ne derivano non sono comparabili  con
quelli imposti in un quadro di stabilita' dell'assetto istituzionale. 
    5.- Passando all'esame del merito, un primo gruppo di censure, in
cui e' messa in discussione direttamente la competenza statale e  per
converso prospettata la lesione di competenze regionali, puo'  essere
trattato in modo unitario anche se  formalmente  le  censure  vengono
riferite a commi diversi, in quanto non tutte  le  Regioni  impugnano
tutti i commi sopra ricordati. 
    6.- Viene dedotto in  primo  luogo  che  la  normativa  censurata
rientrerebbe nella materia «organizzazione amministrativa degli  enti
locali»,  affidata  alla  competenza  legislativa   residuale   delle
Regioni, esulando dall'alveo  della  lettera  p)  del  secondo  comma
dell'art. 117 Cost., e, in subordine, che, anche a volerla ricondurre
alla   materia   del   «coordinamento   della   finanza    pubblica»,
travalicherebbe i limiti propri dei  principi  fondamentali,  essendo
priva del carattere della transitorieta' e comprendendo  precetti  di
dettaglio, con violazione del terzo comma dell'art. 117 Cost. 
    6.1.- La prima censura non e' fondata. 
    Va premesso che la legge n. 56 del 2014  all'art.  1  disegna  il
nuovo assetto degli enti territoriali di area vasta nei suoi  aspetti
funzionali e organizzativi. Si tratta dunque di una  riforma  che  ha
una sua organicita', come riconosciuto nella sentenza n. 50 del  2015
di questa Corte. Si e' quindi  ritenuto  che  un  intervento  di  tal
genere non possa che essere riservato a livello normativo  statale  e
che in particolare vada ricondotto alla competenza esclusiva  di  cui
all'art. 117, secondo comma,  lettera  p),  Cost.  e,  con  specifico
riferimento alle Citta' metropolitane, a quella di cui  all'art.  114
Cost. 
    Ebbene,  non  c'e'  dubbio  che  la  disciplina   del   personale
costituisca uno dei passaggi fondamentali della riforma,  che  se  ne
occupa espressamente nel comma 92 dell'art. 1 della legge n.  56  del
2014. E dunque anche la normativa contenuta nei censurati commi 421 e
seguenti dell'art. 1 della legge n. 190  del  2014,  quale  passaggio
attuativo della riforma, deve farsi rientrare nella stessa competenza
esclusiva dello Stato. 
    6.2.- Quanto alla seconda censura, e' vero - come rilevato  dalle
Regioni - che alla normativa  in  esame  non  e'  estranea  anche  la
finalita' del coordinamento della finanza pubblica: cio' e' implicito
nell'impostazione stessa della riforma, in cui l'aspetto  finanziario
ha svolto fin dall'inizio un ruolo rilevante, ed  e'  particolarmente
evidente per le disposizioni in esame  volte  alla  razionalizzazione
della spesa relativa al personale. 
    Ma da cio' non puo' desumersi che una riforma di  questa  portata
possa essere ricondotta a tale materia e non - come si e' visto  -  a
quella di gran lunga prevalente degli «organi di governo  e  funzioni
fondamentali di Comuni, Province e Citta' metropolitane». 
    7.- Puo' essere trattato unitariamente anche un secondo gruppo di
censure con cui si prospetta la violazione di parametri  diversi  che
si rifletterebbero sulle competenze regionali, di cui agli  artt.  3,
5, 97, 114, 118, 119 e 120 Cost. 
    7.1.- Le Regioni sostengono  anzitutto  l'irragionevolezza  della
normativa che ha slegato la  riduzione  del  personale  dal  riordino
delle funzioni, modificando il percorso tracciato dalla legge  n.  56
del 2014 e definito dal decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri 26 settembre 2014 (Criteri per l'individuazione dei  beni  e
delle  risorse  finanziarie,  umane,  strumentali   e   organizzative
connesse con l'esercizio delle funzioni provinciali),  comunque  piu'
rispettoso delle esigenze e delle competenze delle Regioni. 
    In  particolare,  a  parere  delle  ricorrenti,  i  principi   di
funzionalita'  ed  efficienza  impongono  che  lo  spostamento  delle
risorse umane  avvenga  solo  a  seguito  della  riallocazione  delle
funzioni, permettendo cosi'  di  calibrare  le  prime  rispetto  alle
seconde. 
    7.1.1.- E' opportuno ricordare a  questo  proposito  il  contesto
fattuale e temporale in cui si colloca la normativa censurata. 
    L'art. 1 della legge n. 56 del 2014, al comma 91,  prevedeva  che
l'individuazione delle funzioni provinciali non fondamentali  oggetto
di riordino e la loro riallocazione dovesse avvenire entro tre  mesi,
previo accordo sancito nella Conferenza unificata.  Sennonche',  tale
accordo, stipulato nel  settembre  del  2014  -  e  quindi  gia'  con
ritardo, sia pur limitato, rispetto  a  quanto  previsto  dal  citato
comma 91 - non effettua direttamente gli adempimenti  previsti  e  si
limita a rilevare che essi vanno  differenziati  per  Regioni  e  che
occorre quindi demandarne il compimento a successivi atti legislativi
regionali, da adottare entro il 31 dicembre 2014. 
    Le leggi regionali,  poi,  sono  state  emanate  con  tempistiche
diverse,  ma  tutte  in  ritardo  rispetto  alla  scadenza  indicata;
inoltre, mentre alcune provvedono  compiutamente  al  riordino  delle
funzioni, altre  ne  rimandano  l'attuazione  concreta  a  interventi
successivi. 
    In  conclusione,  alla  data  di   emanazione   della   normativa
censurata, da una parte, il nuovo assetto funzionale  era  ben  lungi
dall'essere  realizzato  e,   dall'altra,   risultava   evidente   la
molteplicita' delle soluzioni previste. 
    Il legislatore statale ha dunque ritenuto necessario intervenire,
sia per  imprimere  una  spinta  acceleratoria,  sia  per  assicurare
l'uniformita' dei nuovi assetti istituzionali. 
    7.1.2.- Al riguardo, va anzitutto sottolineato che il legislatore
ha scelto di non avvalersi del potere sostitutivo, pure previsto  dal
comma 95 dell'art. 1 della legge n. 56  del  2014,  optando  per  una
soluzione meno invasiva e limitandosi a porre dei "paletti" indiretti
alla nuova aggregazione delle funzioni, attraverso  la  distribuzione
del personale e della relativa spesa. 
    Cio'  indubbiamente  ha  comportato  la  riduzione  della   sfera
decisionale delle Regioni rispetto alla  disciplina  contenuta  nella
legge n. 56 del 2014 e nel d.P.C.m. 26 settembre 2014, disciplina che
peraltro  non  puo'  certo  considerarsi  vincolante,   come   invece
sostanzialmente ritengono le ricorrenti. 
    Tuttavia  il   potere   di   intervento   delle   Regioni   sulla
individuazione  delle  funzioni  non  fondamentali   e   sulla   loro
allocazione  e'  salvaguardato  grazie  al  disposto  del  comma  427
dell'art. 1 della legge censurata, secondo il  quale,  a  conclusione
del processo di ridistribuzione  del  personale,  le  stesse  Regioni
potranno  affidare  le  funzioni   non   fondamentali   alle   Citta'
metropolitane,  alle  Province  e  agli  altri  enti  locali  tramite
apposite   deleghe   e   convenzioni,   disponendo    contestualmente
l'assegnazione del relativo personale. 
    In tal modo viene  garantita  la  possibilita'  di  assegnare  le
funzioni alla sede istituzionale che si ritiene piu'  opportuna,  sia
pure assumendosi l'onere finanziario del personale necessario al loro
esercizio. 
    7.2.- Altro  profilo  di  irragionevolezza  viene  dedotto  dalle
ricorrenti  in  relazione  al  rischio,  che  la   nuova   disciplina
comporterebbe, di non corrispondenza tra funzioni e risorse. 
    7.2.1.- Sennonche' va ricordato che la legge n. 56 del 2014 aveva
gia'  direttamente   effettuato   l'individuazione   delle   funzioni
fondamentali delle Province e di quelle delle  Citta'  metropolitane.
E' dunque, anche sulla base di tale operazione che si e' proceduto  a
quantificare le risorse umane e  materiali  necessarie  per  il  loro
esercizio. 
    Cio' porta ad escludere che vi sia stata,  come  lamentato  dalle
Regioni, una riduzione del personale aprioristica e quindi di per se'
irragionevole in quanto del tutto  slegata  dalla  valutazione  delle
funzioni. 
    7.3.-  Quanto  poi  all'assunto  che  il  taglio  del   personale
renderebbe  impossibile  lo   svolgimento   delle   stesse   funzioni
fondamentali, si tratta di una mera affermazione  non  supportata  da
alcun dato, a  parte  quello  isolato  della  Regione  Veneto,  circa
l'entita'  del  personale  addetto  alle  funzioni  fondamentali.  La
Regione, peraltro, indica percentuali fino all'80  per  cento,  senza
pero', efficacemente argomentare sulla necessita', in concreto, di un
tal numero di dipendenti - invero abnorme - per lo svolgimento  delle
funzioni fondamentali. 
    7.4.- Si basa  sulle  stesse  considerazioni  sin  qui  ricordate
l'ulteriore - inversa - censura di violazione  dell'art.  118  Cost.,
secondo cui le Regioni sarebbero costrette a tradire  i  principi  di
sussidiarieta' e adeguatezza nella riallocazione delle  funzioni  non
fondamentali, perche' condizionate dalla dotazione  organica  che  la
disciplina impugnata ha cristallizzato. 
    7.4.1.- La tesi tocca implicitamente la ragione  di  fondo  della
controversia, poiche' l'intervento dello Stato e' proprio finalizzato
ad  evitare  che  l'utilizzo  "ampio"  di  questi  principi  porti  a
conservare in capo agli enti intermedi gran parte -  o  comunque  una
porzione notevole - delle funzioni non fondamentali:  cio',  infatti,
sarebbe contraddittorio rispetto alla prospettiva in cui si muove  il
legislatore statale, che, come e' noto, e' quella della  soppressione
delle Province o quantomeno del loro ridimensionamento. 
    Ma, come si e' gia' avuto modo di rilevare, il legislatore si  e'
anche preoccupato di prevedere un  apposito  meccanismo,  nel  citato
comma 427, che permette l'allocazione in capo alle  Province  e  alle
Citta' metropolitane delle funzioni non  fondamentali  in  attuazione
del principio di sussidiarieta' e adeguatezza  di  cui  all'art.  118
Cost., sia pure imponendo l'assunzione da  parte  delle  Regioni  dei
relativi oneri finanziari, a garanzia di un utilizzo del  potere  nei
casi di stretta ed effettiva necessita'. 
    7.5.- E'  anche  non  fondata  l'ulteriore  censura  secondo  cui
sarebbe  irragionevolmente  discriminatoria  la  riduzione  in   modo
indifferenziato  della  dotazione  organica  per   tutti   gli   enti
coinvolti,  e  quindi  senza  tener  conto  delle   diverse   realta'
territoriali. 
    Le considerazioni finora svolte circa la portata della riforma  e
la  necessita'  di   una   disciplina   uniforme   rendono   evidente
l'impossibilita'   di   tener   conto   di   presunte    specificita'
territoriali; e cio' vale in particolare per la pretesa della Regione
Veneto di un trattamento diversificato per le Regioni "virtuose", per
quelle  cioe'  che  hanno  gia'  "ottimizzato   la   loro   struttura
organizzativa", anche considerando che la  disciplina  in  esame  non
risponde certo a logiche di premialita', legate invece  a  situazioni
naturalmente contingenti. 
    7.6.-  Quanto,  poi,  alla  violazione  del  principio  di   buon
andamento della pubblica amministrazione di cui  all'art.  97  Cost.,
evocato sotto il profilo del rischio di assorbimento di personale non
qualificato,  non  va  dimenticato  che  l'art.  4  del  d.P.C.M.  26
settembre 2014 prevede che le amministrazioni interessate al riordino
individuino il personale attenendosi, tra l'altro, al criterio  dello
svolgimento, in via prevalente, di compiti  correlati  alle  funzioni
oggetto di trasferimento. 
    Resta  comunque  la  possibilita'  che  ad  un  cosi'   rilevante
riassetto organizzativo-funzionale segua un'adeguata riqualificazione
del personale, ma cio' non puo' costituire ragione di  impedimento  e
tantomeno vizio di legittimita' costituzionale. 
    8.- Rimangono  infine  alcune  censure  autonome,  anch'esse  non
fondate. 
    8.1.- Non fondata per erroneita' del  presupposto  interpretativo
e' la censura della  Regione  Campania,  secondo  cui  il  comma  427
dell'art. 1 della legge n. 190  del  2014,  disponendo  che  anche  i
Comuni possono «delegare» o «affidare» funzioni  amministrative  alle
Citta' metropolitane e alle Province, si porrebbe  in  contrasto  con
l'art. 118, secondo comma, Cost., che riserva alla legge tale potere. 
    In realta', nulla del genere afferma la norma censurata, la quale
si limita a disciplinare le modalita' di  assegnazione  del  relativo
personale e, quindi, nulla lascia intendere che eventuali  iniziative
dei Comuni in tal senso non presuppongano  l'espressa  previsione  da
parte del legislatore regionale. 
    8.2.- Anche non fondata  e'  la  censura  promossa  sempre  dalla
Regione Campania, nell'eventualita' che si  interpreti  la  normativa
impugnata come riguardante esclusivamente il personale  adibito  alle
funzioni fondamentali: cosi' letta, essa  risulterebbe  in  contrasto
con gli artt. 3, 97, 114, 117 e 118 Cost. 
    Pur potendo, per costante giurisprudenza di questa Corte, trovare
ingresso, nel giudizio in via principale, questioni promosse "in  via
cautelativa ed ipotetica" sulla base di  interpretazioni  prospettate
soltanto come possibili (sentenze n. 159 del 2015, n. 298  del  2012,
n.  294  del  2005,  n.  412  del  2004   e   n.   228   del   2003),
l'interpretazione offerta dalla ricorrente non e' corretta, in quanto
la riduzione disposta dalla normativa censurata riguarda il personale
nel suo complesso, senza alcun riferimento o limitazione in base alle
funzioni cui esso e' adibito. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata  a  separate  pronunce  la  decisione  delle  ulteriori
questioni di  legittimita'  costituzionale  promosse  con  i  ricorsi
indicati in epigrafe; 
    riuniti i giudizi, 
    1)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 421, 422, 423 e 427, della legge 23
dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge  di  stabilita'  2015),
promossa, in riferimento agli artt. 3 e 35 della Costituzione,  dalla
Regione Veneto, con il ricorso indicato in epigrafe; 
    2)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 421, della legge n. 190  del  2014,
promossa, in riferimento agli artt. 81, sesto comma, Cost., 5,  comma
1, lettera e), della  legge  costituzionale  20  aprile  2012,  n.  1
(Introduzione del principio del  pareggio  di  bilancio  nella  Carta
costituzionale), e 9, comma 5, della legge 24 dicembre 2012,  n.  243
(Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio
ai sensi dell'articolo 81, sesto comma,  della  Costituzione),  dalla
Regione Puglia, con il ricorso indicato in epigrafe; 
    3)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 421, 422, 423 e 427, della legge n.
190 del 2014, promosse, in riferimento agli artt. 3, 5, 97, 114, 117,
118, 119 e 120 Cost., dalle Regioni  Campania,  Lombardia,  Puglia  e
Veneto, con i ricorsi indicati in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 maggio 2016. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                    Giancarlo CORAGGIO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 7 luglio 2016. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA