N. 186 SENTENZA 6 - 20 luglio 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Sanita'  pubblica  -  Medici  in  rapporto  di  convenzione  a  tempo
  indeterminato con l'Azienda Sanitaria provinciale - Recupero  delle
  quote rimaste insolute relative ad assistiti deceduti, trasferiti o
  irreperibili - Limitazione a dodici quote mensili. 
- Legge della  Regione  Calabria  13  giugno  2008,  n.  15,  recante
  «Provvedimento  generale  di  tipo  ordinamentale   e   finanziario
  (collegato alla manovra di finanza regionale  per  l'anno  2008  ai
  sensi dell'art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio  2002,
  n. 8)», art. 50, comma 4. 
-   
(GU n.30 del 27-7-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  50,  comma
4, della legge della Regione Calabria 13 giugno 2008, n. 15,  recante
«Provvedimento  generale  di   tipo   ordinamentale   e   finanziario
(collegato alla manovra di finanza regionale per l'anno 2008 ai sensi
dell'art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n.  8)»,
promosso dalla Corte d'appello di Reggio  Calabria  nel  procedimento
vertente tra l'Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria e  S.
F., con ordinanza del  27  novembre  2015,  iscritta  al  n.  33  del
registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 2016. 
    Udito nella camera di consiglio del  6  luglio  2016  il  Giudice
relatore Aldo Carosi. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 27 novembre 2015,  la  Corte  d'appello  di
Reggio  Calabria,  sezione  lavoro,   ha   sollevato   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 50, comma 4, della legge  della
Regione Calabria 13 giugno  2008,  n.  15  -  recante  «Provvedimento
generale di tipo ordinamentale e finanziario (collegato alla  manovra
di finanza regionale per l'anno 2008 ai sensi dell'art. 3,  comma  4,
della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8)» - in  riferimento  agli
artt. 3, primo  comma,  e  117,  secondo  comma,  lettera  l),  della
Costituzione. 
    Il rimettente riferisce che, con ricorso ai sensi  dell'art.  414
del codice di procedura civile depositato  il  21  ottobre  2010,  un
medico di medicina  generale  in  rapporto  di  convenzione  a  tempo
indeterminato con l'Azienda sanitaria  provinciale  (ASP)  di  Reggio
Calabria e prima ancora con l'Azienda sanitaria locale (ASL) n. 9  di
Locri, successivamente confluita nell'ASP, aveva adito  il  Tribunale
ordinario di Locri in funzione di giudice del lavoro, lamentando  che
nel  mese  di  dicembre  del  2009  l'ASP  gli  aveva  richiesto   la
restituzione di euro 4.111,59 relativi a quote di assistiti  deceduti
o trasferiti,  sottraendogliela  dal  credito  vantato  a  titolo  di
arretrati contrattuali per gli anni 2008-2009.  Il  ricorrente  aveva
chiesto che fosse dichiarata l'illegittimita' del recupero e comunque
della compensazione operata dall'ASP, con condanna di quest'ultima  a
restituire la somma sopra indicata ed a risarcire i  danni  ulteriori
anche a titolo di perdita di chance. Il Tribunale ordinario di  Locri
ha accolto parzialmente la domanda, condannando  l'ASP  a  restituire
alla controparte le somme trattenute in misura superiore alle  dodici
quote - cosi' come  previsto  dall'art.  12,  punto  3,  dell'Accordo
integrativo regionale dei medici di medicina generale (AIR) approvato
con delibera di Giunta regionale 8 agosto 2006,  n.  580,  pubblicata
sul Bollettino ufficiale della  Regione  Calabria  del  16  settembre
2016, che impedisce all'amministrazione,  in  caso  di  comunicazione
avvenuta oltre l'anno del trasferimento, decesso o duplicazione degli
assistiti, di ripetere piu' di dodici quote mensili -  e  dichiarando
inammissibile la domanda risarcitoria. Il  rimettente  riferisce  che
contro  tale  decisione  l'ASP  ha  proposto  appello,  al  quale  ha
resistito l'originario ricorrente. 
    Tanto premesso, il giudice  a  quo  sostiene  che  le  fonti  che
vengono in  rilievo  nella  fattispecie  al  suo  esame  sono,  oltre
all'art. 12, punto 3, dell'AIR,  l'art.  42  dell'Accordo  collettivo
nazionale per la disciplina dei rapporti con  i  medici  di  medicina
generale  ai  sensi  del  d.lgs.  n.  502  del  1992   e   successive
modificazioni e integrazioni (ACN), reso esecutivo con intesa del  23
marzo 2005 in sede di Conferenza permanente per  i  rapporti  tra  lo
Stato, le Regioni e le province  autonome  di  Trento  e  Bolzano,  e
l'art. 50 della legge reg.  Calabria  n.  15  del  2008,  oggetto  di
censura. 
    L'art. 42, comma 4, dell'ACN del 23 marzo 2005 prevede la  revoca
d'ufficio della scelta in  caso  di  morte  dell'assistito,  onerando
l'ASP di comunicare la cancellazione entro un anno dall'evento  senza
applicare alcuna sanzione in caso di superamento del termine. 
    L'art. 50, comma 4, della legge reg. Calabria  n.  15  del  2008,
stabilendo  che  «[p]er  il  recupero  delle  quote  tuttora  rimaste
insolute inerenti gli assistiti deceduti, trasferiti o  irreperibili,
trovano applicazione le disposizioni di cui al citato accordo (A.I.R)
del 2006. Le relative modalita' per la  conseguente  applicazione  da
parte  delle  Aziende  sanitarie  provinciali   sono   definite   dal
Dipartimento regionale "Tutela della Salute e Politiche  Sanitarie"».
Tale norma estenderebbe l'efficacia nel tempo dell'art. 12, punto  3,
dell'AIR del 2006, specificando che essa si applica a tutte le  quote
insolute, senza che rilevi, pertanto, se l'evento morte sia  avvenuto
prima o dopo l'entrata in vigore dell'ACN e dell'AIR. 
    1.1.- In punto  di  rilevanza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale del citato art. 50, il giudice a  quo  osserva  quanto
segue. 
    L'art. 8, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre  1992,  n.
502  (Riordino  della  disciplina  in  materia  sanitaria,  a   norma
dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), prevede che  il
rapporto tra il Servizio sanitario nazionale (SSN)  ed  i  medici  di
medicina generale e' disciplinato da convenzioni di durata  triennale
«conformi agli  accordi  collettivi  nazionali  stipulati,  ai  sensi
dell'art. 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991,  n.  412  [...]»;
norma, quest'ultima, che, a sua volta, nel  testo  vigente,  richiama
esplicitamente, fra gli altri, l'art. 40 del decreto  legislativo  30
marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche), in base al quale  (comma
3) la contrattazione collettiva nazionale disciplina anche  i  limiti
di quella integrativa e «[l]e pubbliche amministrazioni  non  possono
sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi  in
contrasto con vincoli risultanti dai contratti collettivi nazionali o
che comportino oneri non previsti negli strumenti  di  programmazione
annuale  e  pluriennale  di  ciascuna  amministrazione.  Le  clausole
difformi sono nulle e non possono essere applicate». 
    Il rimettente osserva che le conseguenze  derivanti  dal  ritardo
della comunicazione del decesso o  del  trasferimento  dell'assistito
non rientrano nell'ambito di quanto 1'ACN del 23 marzo 2005 delega in
via generale alla contrattazione decentrata; e che l'art.  42,  comma
5, dello  stesso  ACN  si  limita  a  demandare  alla  contrattazione
regionale  «modalita'  di  tutela  dei  medici   massimalisti   dalla
indisponibilita' alla acquisizione di nuove scelte dovuta  a  ritardo
nella comunicazione delle cancellazioni per morte  di  assistiti  del
proprio elenco». 
    Ad avviso del rimettente, pertanto, il  divieto  di  recupero  di
quote mensili oltre la dodicesima, previsto dall'art. 12 dell'AIR del
2006, non rientrerebbe nell'ambito della predetta «tutela»  demandata
alla contrattazione regionale. 
    L'art. 12 dell'AIR del 2006 risulterebbe, infatti, applicabile  a
tutti i medici convenzionati di medicina generale, a prescindere  dal
fatto che siano o meno massimalisti, e lo scopo della  previsione  di
cui all'art. 42, comma 5, dell'ACN del 23 marzo 2005 - come del resto
lo stesso appellato ha sostenuto in  primo  grado  -  sarebbe  semmai
quello di consentire al medico di conoscere con  precisione  e  senza
ritardo il numero di assistiti, onde potere organizzare al meglio  la
propria attivita', e non solo di consentire di  aprire  la  scelta  a
nuovi  assistiti  in  luogo  di  quelli   deceduti.   Inoltre,   tale
disposizione, nel limitare la  facolta'  di  recupero,  introdurrebbe
evidentemente un onere  aggiuntivo  per  l'amministrazione,  rendendo
inesigibili  i  compensi  maturati  oltre  l'anno,   altrimenti   non
erogabili al medico convenzionato. 
    In quanto non oggetto di delega da parte dell'ACN  del  23  marzo
2005 ed, altresi', in palese contrasto con l'art. 40  del  d.lgs.  n.
165 del 2001, la pretesa della parte appellata non  potrebbe  trovare
fondamento nell'art. 12, punto 3, dell'AIR del 2006, da  disapplicare
in quanto clausola affetta da  nullita',  ma  soltanto  nell'art.  50
della legge reg. Calabria n. 15 del  2008,  che  avrebbe  recepito  e
fatto  propria  la  disciplina  contrattuale   regionale   altrimenti
viziata. Da quanto sin qui esposto discenderebbe la  rilevanza  della
questione sollevata. 
    1.2.-   Dopo   aver   escluso   la   possibilita'   di    offrire
un'interpretazione costituzionalmente  orientata  della  disposizione
censurata, il rimettente ritiene  che  l'art.  50  della  legge  reg.
Calabria n. 15 del 2008 violi l'art. 117, secondo comma, lettera  l),
Cost., che riserva alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato la
materia dell'«ordinamento civile». In proposito richiama la  costante
giurisprudenza di questa Corte che avrebbe ricondotto a  tale  ambito
la disciplina  del  trattamento  economico  del  dipendente  pubblico
regionale, cui potrebbe accomunarsi, secondo il giudice  a  quo,  per
evidente identita' di ratio, quella del  trattamento  dei  medici  in
convenzione, il cui rapporto sarebbe a  fortiori  da  considerare  di
natura civilistica,  cosi'  come  ritenuto  dalla  giurisprudenza  di
legittimita'. 
    Con  riferimento  al  medico  in  convenzione  con  il   Servizio
sanitario regionale (SSR), il rimettente evidenzia che,  in  base  al
diritto vivente nell'interpretazione consolidata della giurisprudenza
di legittimita', gli accordi collettivi nazionali per  la  disciplina
dei rapporti con i medici  convenzionati  non  costituirebbero  fonte
negoziale diretta di regolamentazione, in quanto di per se'  inidonei
ad  inserirsi  nell'ordinamento  con  propria   forza   cogente,   ma
rappresenterebbero soltanto  la  fase  consensuale  di  un  complesso
procedimento di produzione  normativa  destinato  a  concludersi  con
l'intervento pubblico - nella forma del decreto presidenziale  -  che
avrebbe contenuto ed  efficacia  giuridica  di  fonte  di  normazione
secondaria statale,  destinata  a  valere  uniformemente  nell'intero
territorio nazionale, in un ambito precluso al legislatore regionale. 
    Diversamente, la Corte rimettente ritiene  che  non  si  potrebbe
fare nessun riferimento alla potesta' legislativa  concorrente  delle
Regioni in materia di «tutela della salute», prevista dall'art.  117,
terzo comma, Cost., in quanto, a prescindere dall'ovvio rispetto  dei
principi fondamentali posti dalla legislazione dello Stato  anche  in
tale materia, la controversia  rientrerebbe  a  pieno  titolo  in  un
ambito diverso, ossia nell'ordinamento civile. 
    2.-  Secondo  il  giudice  a  quo   la   disposizione   impugnata
violerebbe, altresi', il principio di eguaglianza di cui all'art.  3,
primo comma,  Cost.,  in  quanto  pregiudicherebbe  l'uniformita'  di
trattamento sull'intero territorio nazionale della  disciplina  posta
dall'ACN  del  23  marzo  2005,  che  prevedrebbe  la   ripetibilita'
illimitata, ai sensi dell'art. 2033 del codice civile, a  prescindere
dal ritardo nella comunicazione della variazione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Corte d'appello di Reggio  Calabria,  sezione  lavoro,  ha
sollevato questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  50,
comma 4, della legge della Regione Calabria 13  giugno  2008,  n.  15
recante «Provvedimento generale di tipo ordinamentale  e  finanziario
(collegato alla manovra di finanza regionale per l'anno 2008 ai sensi
dell'art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n.  8)»,
in riferimento agli artt. 3,  primo  comma,  e  117,  secondo  comma,
lettera l), della Costituzione. 
    Il rimettente riferisce che un medico  di  medicina  generale  in
rapporto di convenzione a tempo indeterminato con l'Azienda sanitaria
provinciale  (ASP)  di  Reggio  Calabria  aveva  adito  il  Tribunale
ordinario di Locri, in funzione di giudice del lavoro, lamentando che
nel  mese  di  dicembre  del  2009  l'ASP  gli  aveva  richiesto   la
restituzione di euro 4.111,59 relativi a quote di assistiti  deceduti
o trasferiti, deducendola dal credito vantato a titolo  di  arretrati
contrattuali per gli anni 2008-2009. Il ricorrente aveva chiesto  che
fosse dichiarata  l'illegittimita'  del  recupero  e  comunque  della
compensazione  operata  dall'ASP,  con  condanna  di  quest'ultima  a
restituire la somma indicata ed a risarcire i danni ulteriori anche a
titolo di perdita di chance.  Il  Tribunale  ordinario  di  Locri  ha
accolto parzialmente la domanda, condannando l'ASP a restituire  alla
controparte le somme trattenute in misura superiore alle dodici quote
- cosi' come previsto dall'art. 12, punto 3, dell'Accordo integrativo
regionale  dei  medici  di  medicina  generale  (AIR)  approvato  con
delibera di Giunta regionale 8 agosto 2006, n.  580,  pubblicata  sul
Bollettino ufficiale della Regione Calabria del  16  settembre  2016,
che impedisce all'amministrazione, in caso di comunicazione  avvenuta
oltre  l'anno  del  trasferimento,  decesso  o   duplicazione   degli
assistiti, di ripetere piu' di dodici quote mensili -  e  dichiarando
inammissibile la domanda risarcitoria. Contro tale decisione l'ASP ha
proposto appello, al quale ha resistito l'originario ricorrente. 
    1.1.- Espone il giudice a quo che  le  fonti  venute  in  rilievo
nella fattispecie al suo esame sono,  oltre  all'art.  12,  punto  3,
dell'AIR del 2006, l'art. 42 dell'Accordo collettivo nazionale per la
disciplina dei rapporti con i medici di medicina  generale  ai  sensi
del d.lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni e  integrazioni
(ACN), reso esecutivo con  intesa  del  23  marzo  2005  in  sede  di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  Regioni  e  le
province autonome di Trento e Bolzano, e l'art. 50 della  legge  reg.
Calabria n. 15 del 2008, oggetto di censura. 
    L'art. 42, comma 4, dell'ACN prevede la  revoca  d'ufficio  della
scelta in caso di morte dell'assistito, onerando l'ASP di  comunicare
la cancellazione entro un anno  dall'evento  senza  applicare  alcuna
sanzione in caso di superamento del termine. 
    L'art. 50, comma 4, della legge reg.  Calabria  n.  15  del  2008
stabilisce  che  «[p]er  il  recupero  delle  quote  tuttora  rimaste
insolute inerenti gli assistiti deceduti, trasferiti o  irreperibili,
trovano applicazione le disposizioni di cui all'accordo (A.I.R.)  del
16  settembre  2006.  Le  relative  modalita'  per   la   conseguente
applicazione  da  parte  delle  Aziende  sanitarie  provinciali  sono
definite dal Dipartimento regionale "Tutela della Salute e  Politiche
Sanitarie"». Tale norma estenderebbe l'efficacia nel tempo  dell'art.
12, punto 3, dell'AIR, specificando che essa si applica  a  tutte  le
quote insolute, senza che rilevi, pertanto,  se  l'evento  morte  sia
avvenuto prima o dopo l'entrata in vigore dell'ACN e dell'AIR. 
    Il rimettente osserva che le conseguenze  derivanti  dal  ritardo
della comunicazione del decesso o  del  trasferimento  dell'assistito
non rientrano nell'ambito di quanto l'ACN delega in via generale alla
contrattazione decentrata e che l'art. 42, comma 5, dello stesso  ACN
si limita a demandare alla  contrattazione  regionale  «modalita'  di
tutela  dei   medici   massimalisti   dalla   indisponibilita'   alla
acquisizione di nuove scelte dovuta  a  ritardo  nella  comunicazione
delle cancellazioni per morte di assistiti del proprio elenco». 
    Ad avviso del rimettente, pertanto, il  divieto  di  recupero  di
quote mensili oltre la dodicesima, previsto  dall'art.  12  dell'AIR,
non rientrerebbe nell'ambito della predetta "tutela"  demandata  alla
contrattazione regionale. 
    Al riguardo, rammenta il giudice a quo che l'art. 8, comma 1, del
decreto  legislativo  30  dicembre  1992,  n.  502  (Riordino   della
disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della  legge
23 ottobre 1992, n. 421), prevede che il  rapporto  tra  il  Servizio
sanitario nazionale  (SSN)  ed  i  medici  di  medicina  generale  e'
disciplinato  da  convenzioni  di  durata  triennale  «conformi  agli
accordi collettivi nazionali stipulati, ai sensi dell'art.  4,  comma
9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 [...]»; norma,  quest'ultima,
che,  a  sua  volta,   nel   testo   al   tempo   vigente,   richiama
esplicitamente, fra gli altri, l'art. 40 del decreto  legislativo  30
marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche), in base al quale  (comma
3) la contrattazione collettiva nazionale disciplina anche  i  limiti
di quella integrativa e «[l]e pubbliche amministrazioni  non  possono
sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi  in
contrasto con vincoli risultanti dai contratti collettivi nazionali o
che comportino oneri non previsti negli strumenti  di  programmazione
annuale  e  pluriennale  di  ciascuna  amministrazione.  Le  clausole
difformi sono nulle e non possono essere applicate». 
    Pertanto, secondo il rimettente, poiche' non oggetto di delega da
parte dell'ACN del 23 marzo 2005 ed, altresi',  in  palese  contrasto
con l'art. 40 del d.lgs. n. 165 del  2001,  la  pretesa  della  parte
appellata non potrebbe trovare  fondamento  nell'art.  12,  punto  3,
dell'AIR del 2006, da disapplicare  in  quanto  clausola  affetta  da
nullita', ma soltanto nell'art. 50 della legge reg.  Calabria  n.  15
del  2008,  che  avrebbe  recepito  e  fatto  propria  la  disciplina
contrattuale regionale altrimenti viziata. Da quanto sin qui  esposto
discenderebbe la rilevanza della questione sollevata. 
    1.2.- Nel merito, il giudice a quo ritiene che  l'art.  50  della
legge reg. Calabria n. 15 del 2008 violi l'art. 117,  secondo  comma,
lettera l), Cost., che riserva alla  potesta'  legislativa  esclusiva
dello  Stato  la  materia  dell'«ordinamento  civile».  In  proposito
richiama la costante giurisprudenza  di  questa  Corte,  che  avrebbe
ricondotto a tale ambito la disciplina del trattamento economico  del
dipendente pubblico regionale, cui potrebbe accomunarsi,  secondo  il
rimettente, per evidente identita' di ratio, quella  del  trattamento
dei medici in convenzione, il cui  rapporto  sarebbe  a  fortiori  da
considerare  di  natura  civilistica,  cosi'  come   ritenuto   dalla
giurisprudenza di legittimita'. 
    Il rimettente sostiene, altresi', che non si potrebbe fare nessun
riferimento alla potesta' legislativa concorrente  delle  Regioni  in
materia di «tutela  della  salute»,  prevista  dall'art.  117,  terzo
comma, Cost.,  in  quanto,  a  prescindere  dall'ovvio  rispetto  dei
principi fondamentali posti dalla legislazione dello Stato  anche  in
tale materia, la controversia  rientrerebbe  a  pieno  titolo  in  un
ambito diverso, ossia nell'«ordinamento civile». 
    Secondo il giudice a quo, la  disposizione  impugnata  violerebbe
altresi' il principio di eguaglianza di cui all'art. 3, primo  comma,
Cost.,  in  quanto  pregiudicherebbe  l'uniformita'  di   trattamento
sull'intero territorio nazionale della disciplina posta dall'ACN  del
23 marzo 2005, che prevedrebbe la ripetibilita' illimitata, ai  sensi
dell'art. 2033 del codice civile, a  prescindere  dal  ritardo  nella
comunicazione della variazione. 
    2.- Ai fini della presente decisione e'  utile  una  ricognizione
del quadro normativo che regola il rapporto convenzionale dei  medici
di medicina generale con il Servizio sanitario nazionale. 
    L'art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992 (sotto la rubrica «Disciplina
dei  rapporti  per  l'erogazione  delle  prestazioni  assistenziali»)
prevede al comma 1 che  «[i]l  rapporto  tra  il  Servizio  sanitario
nazionale, i medici di medicina  generale  e  i  pediatri  di  libera
scelta e' disciplinato da apposite convenzioni  di  durata  triennale
conformi  agli  accordi  collettivi  nazionali  stipulati,  ai  sensi
dell'articolo 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n.  412,  con
le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative
in campo nazionale [...]». 
    L'art. 40 del d.lgs. n. 165 del  2001  (alla  rubrica  «Contratti
collettivi nazionali e integrativi»), nel testo vigente  sino  al  14
novembre 2009,  antecedente  alle  modifiche  apportate  dal  decreto
legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge  4  marzo
2009, n. 15, in materia di  ottimizzazione  della  produttivita'  del
lavoro  pubblico  e  di  efficienza  e  trasparenza  delle  pubbliche
amministrazioni), stabilisce al  comma  3  che  «[l]a  contrattazione
collettiva disciplina, in coerenza con il settore privato, la  durata
dei  contratti  collettivi  nazionali  e  integrativi,  la  struttura
contrattuale e  i  rapporti  tra  i  diversi  livelli.  Le  pubbliche
amministrazioni   attivano   autonomi   livelli   di   contrattazione
collettiva  integrativa,  nel  rispetto  dei  vincoli   di   bilancio
risultanti dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di
ciascuna amministrazione». 
    Quanto alla contrattazione collettiva  integrativa,  la  medesima
disposizione dispone che essa «si svolge sulle materie e  nei  limiti
stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le
procedure negoziali che questi  ultimi  prevedono;  essa  puo'  avere
ambito territoriale e riguardare piu' amministrazioni.  Le  pubbliche
amministrazioni  non  possono  sottoscrivere   in   sede   decentrata
contratti collettivi integrativi in contrasto con vincoli  risultanti
dai  contratti  collettivi  nazionali  o  che  comportino  oneri  non
previsti negli strumenti di programmazione annuale e  pluriennale  di
ciascuna amministrazione. Le  clausole  difformi  sono  nulle  e  non
possono essere applicate». 
    L'art. 4 (in tema  di  «Assistenza  sanitaria»)  della  legge  30
dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza  pubblica),
al comma 9 - nel testo modificato dall'art. 52, comma 27, della legge
27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2003) -  a  sua
volta  istituisce  la  struttura  tecnica   interregionale   per   la
disciplina dei rapporti con il personale convenzionato con il  SSN  e
stabilisce che, «[c]on accordo in sede di Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e
di  Bolzano,  e'  disciplinato  il  procedimento  di   contrattazione
collettiva relativo ai  predetti  accordi  tenendo  conto  di  quanto
previsto dagli articoli 40, 41, 42, 46,  47,  48  e  49  del  decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165». 
    Infine, il decreto-legge 29 marzo 2004, n. 81 (Interventi urgenti
per fronteggiare situazioni di  pericolo  per  la  salute  pubblica),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  26
maggio 2004, n. 138, all'art. 2-nonies prevede che «Il contratto  del
personale sanitario a rapporto convenzionale e' garantito sull'intero
territorio nazionale da convenzioni conformi agli accordi  collettivi
nazionali  stipulati  mediante  il  procedimento  di   contrattazione
collettiva definito con l'accordo in sede  di  Conferenza  permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e  le  province  autonome  di
Trento e di Bolzano previsto dall'articolo 4, comma 9, della legge 30
dicembre 1991, n.  412,  e  successive  modificazioni.  Tale  accordo
nazionale e'  reso  esecutivo  con  intesa  nella  citata  Conferenza
permanente, di cui all'articolo 3 del decreto legislativo  28  agosto
1997, n. 281». 
    In attuazione di tale previsione, nella seduta del 23 marzo  2005
della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e
le Province autonome di Trento e Bolzano e'  stata  sancita  l'intesa
sull'ipotesi di ACN per la disciplina dei rapporti con  i  medici  di
medicina generale. 
    L'ACN del 23 marzo  2005  prevede  in  particolare  nella  «parte
prima»  (che  disciplina  l'«Inquadramento  generale»),  all'art.   2
(Livelli di contrattazione), comma 3, che «Il livello di negoziazione
regionale definisce obiettivi  di  salute,  modelli  organizzativi  e
strumenti operativi per attuarli, in coerenza con le strategie  e  le
finalita' del Servizio Sanitario Regionale,  integrando  elencazione,
incentivazione e remunerazione di compiti  con  il  perseguimento  di
obiettivi e risultati». 
    Nella «parte seconda» (che regola  la  «Disciplina  del  rapporto
convenzionale dei medici di medicina generale»), l'art. 42  («Revoche
d'ufficio») prevede, tra l'altro,  che  «[...]  4.  La  revoca  della
scelta da operarsi d'ufficio per morte dell'assistito ha effetto  dal
giorno del decesso.  L'Azienda  e'  tenuta  a  comunicare  al  medico
interessato la cancellazione per decesso tempestivamente  e  comunque
entro un anno dall'evento. 5.  Nell'ambito  degli  Accordi  regionali
possono essere concordate modalita' di tutela dei medici massimalisti
dalla indisponibilita' alla acquisizione di  nuove  scelte  dovuta  a
ritardo  nella  comunicazione  delle  cancellazioni  per   morte   di
assistiti del proprio elenco. 6.  [...]  Le  Aziende  che  aggiornano
l'archivio assistiti  utilizzando  le  informazioni  anagrafiche  dei
Comuni,  possono  procedere,  nei  casi  di  trasferimento  ad  altre
Aziende, alla revoca d'ufficio. 7. L'Azienda e' tenuta  a  comunicare
detta revoca al medico ed al cittadino interessati tempestivamente  e
comunque entro 3 mesi dall'evento. [...] 9. Le revoche conseguenti ai
cambiamenti di residenza all'interno  della  Azienda  e  tra  aziende
limitrofe sono disciplinate con accordi regionali. [...] 11. Ai  fini
degli effetti economici relativi alle revoche  d'ufficio  di  cui  al
presente  articolo,  l'Azienda  e'  tenuta  ad  inviare   al   medico
interessato, in uno con la  comunicazione  del  previsto  importo  da
ripetere, il tabulato nominativo  relativo  ai  pazienti  oggetto  di
revoca completo della causa e della decorrenza della revoca medesima.
12. Avverso alla richiesta di ripetizione il medico interessato  puo'
opporre motivato e documentato ricorso  entro  15  giorni  dalla  sua
comunicazione  ed   il   Direttore   Generale   assume   la   propria
deliberazione in merito entro 30 giorni dal ricevimento del  ricorso.
13.  Qualora  l'importo  complessivo  richiesto  dalla  Azienda   sia
superiore al 20% dell'ammontare degli emolumenti  mensili,  l'Azienda
puo' dare corso a conguaglio negativo solo in presenza di accordo  in
tal senso con il medico interessato. 14. La ripetizione delle somme o
l'applicazione del  conguaglio  negativo  hanno  corso  nella  misura
massima del 20% dei compensi mensili, al netto delle ritenute fiscali
e previdenziali, fatto salvo eventuale differente accordo, in  merito
alla modalita' di ripetizione delle somme, tra il medico  interessato
e l'Azienda». 
    Il successivo art. 43 (alla rubrica «Scelta, revoca, ricusazione.
Effetti economici») stabilisce che «1. Ai fini  della  corresponsione
dei compensi la scelta, la ricusazione  e  la  revoca  decorrono  dal
primo giorno del mese in corso o dal primo giorno del mese successivo
a seconda che intervengano entro il 15° giorno o dal 16°  giorno  del
mese. [...] 4.  Le  operazioni  di  aggiornamento  dell'elenco  degli
assistiti rispetto alla scelta e alla revoca  sono  svolte  in  tempo
reale, qualora sia realizzabile in base alla possibilita' di utilizzo
di procedure informatiche. 5. Modalita' differenti di gestione  delle
operazioni di scelta e revoca e di aggiornamento degli elenchi  degli
assistiti  e  delle  comunicazioni  ai   medici   sono   oggetto   di
contrattazione regionale». 
    2.1.- Al quadro generale della materia poc'anzi descritto  si  e'
aggiunto il gia' citato Accordo integrativo regionale dei  medici  di
medicina generale (AIR), il quale stabilisce  all'art.  12,  punto  3
(Scelta-revoca-ricusazione), che «La revoca della scelta da  operarsi
d'ufficio per trasferimento, decesso o doppioni ha effetto dal giorno
successivo  al  verificarsi  dell'evento.  L'Azienda  e'   tenuta   a
comunicare la cancellazione al medico interessato  tempestivamente  e
comunque entro un anno dall'evento. Ove dette  comunicazioni  fossero
effettuate oltre il termine dei 12 mesi, non potranno essere ripetute
somme superiori a 12 quote. Il  danno  derivante  dai  ritardi  nella
comunicazione dei dati  sopra  specificati  sara'  fatto  valere  dal
medico nei confronti dell'Azienda». 
    Il censurato art. 50, comma 4, della legge reg.  Calabria  n.  15
del 2008 stabilisce che «Per il recupero delle quote tuttora  rimaste
insolute inerenti gli assistiti deceduti, trasferiti o  irreperibili,
trovano applicazione le disposizioni di cui all'accordo  (A.I.R)  del
16  settembre  2006.  Le  relative  modalita'  per   la   conseguente
applicazione  da  parte  delle  Aziende  sanitarie  provinciali  sono
definite dal Dipartimento regionale "Tutela della Salute e  Politiche
Sanitarie"». 
    3.- Il descritto contesto  normativo  corrobora  il  giudizio  di
rilevanza effettuato dal giudice a quo, il quale osserva  che  l'art.
12, punto 3, dell'AIR del 16 settembre 2006, che prevede la  limitata
ripetibilita' delle quote  erogate  al  medico,  sarebbe  affetto  da
nullita' in  quanto  contrastante  con  la  contrattazione  nazionale
(l'ACN del 23 marzo 2005) e con l'art. 40 del d.lgs. n. 165 del 2001,
che delimita gli ambiti della contrattazione collettiva ed i rapporti
tra il  livello  di  contrattazione  nazionale  ed  i  corrispondenti
livelli regionali ed aziendali. 
    Al riconoscimento delle ragioni della ASL osterebbe, tuttavia, la
disposizione censurata, che ha conferito rango legislativo alle norme
dell'AIR contestate dall'appellante del giudizio a quo. 
    Infatti, l'accertamento della nullita' della  norma  contrattuale
integrativa consentirebbe l'applicazione dell'art.  2033  del  codice
civile  e  sarebbe  dirimente  nel  giudizio  a   quo,   poiche'   la
contrattazione   collettiva   nazionale   non   detta   limiti   alla
ripetibilita' delle quote e quindi non consente deroghe alla generale
disciplina dell'indebito  oggettivo.  Solamente  la  norma  regionale
impugnata, riproduttiva del precetto contenuto nell'art. 12, punto 3,
dell'AIR  del  16  settembre  2006,  si  frapporrebbe,  dunque,  alla
applicazione di detta disciplina. 
    4.- Alla luce di quanto premesso, la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 50, comma 4, della legge reg. Calabria n. 15
del 2008, in riferimento all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  l),
Cost. e' fondata. 
    La giurisprudenza di questa Corte ha in piu' occasioni affermato,
con riguardo ai rapporti  di  pubblico  impiego,  che  rientra  nella
materia  dell'«ordinamento  civile»  la  disciplina  del  trattamento
economico dei dipendenti pubblici (sentenze n. 211 del  2014,  n.  36
del 2013, n. 19 del 2013, n. 77 del 2011  e  n.  332  del  2010).  In
quelle occasioni, si e' precisato che, essendo stato il  rapporto  di
impiego di tali lavoratori contrattualizzato dal  d.lgs  n.  165  del
2001, la sua disciplina (ivi inclusa quella  delle  varie  componenti
della  retribuzione)  rientra  nella  materia  «ordinamento  civile»,
riservata alla competenza esclusiva  statale  (sentenze  n.  290  del
2012, n. 339 e n. 77  del  2011).  Infatti,  il  rapporto  di  lavoro
pubblico «[...] essendo stato "privatizzato" ai sensi dell'art. 2 del
decreto legislativo n.  165  del  2001,  e'  retto  dalla  disciplina
generale dei rapporti di lavoro tra privati ed e', percio',  soggetto
alle regole che garantiscono l'uniformita' di tale tipo di  rapporti»
(sentenza n. 95 del 2007; nello stesso  senso  sentenza  n.  189  del
2007). 
    In tale ambito rientra nell'«ordinamento  civile»  la  disciplina
della fase dell'adempimento del rapporto di lavoro, cui si  applicano
gli istituti  uniformi  del  diritto  privato,  senza  che  la  legge
regionale possa disciplinare in difformita'  istituti  incidenti  sul
diritto delle obbligazioni (sentenza n. 265 del 2013). 
    Ebbene, la disposizione impugnata si pone  in  patente  contrasto
con il  parametro  invocato,  in  quanto  essa  incide  su  un  punto
fondamentale  della  fase  esecutiva  del  rapporto  in  convenzione,
ridisegnando i diritti ed i doveri  delle  parti  relativamente  alla
percezione (ed al trattenimento) di compensi non dovuti, relativi  ad
assistiti nel frattempo deceduti o trasferiti in altra sede. 
    4.1.- Non vi e' dubbio, infatti, che  il  rapporto  convenzionale
dei medici di medicina generale con il Servizio  sanitario  nazionale
trovi la sua disciplina innanzi tutto nell'art. 8 del d.lgs.  n.  502
del 1992, che individua, tra l'altro, i limiti  e  gli  ambiti  della
contrattazione collettiva, i  cui  esiti  sono  destinati  ad  essere
attualmente recepiti  da  "intese"  assunte  in  sede  di  Conferenza
permanente Stato-Regioni, secondo il meccanismo disciplinato dal d.l.
n. 81 del 2004. 
    Il citato art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992, unitamente  all'art.
40 del  d.lgs.  n.  165  del  2001,  individua  le  competenze  della
contrattazione  collettiva  di  "secondo  livello".  In  particolare,
l'art. 40, nel testo vigente ratione temporis, prima delle  modifiche
recate dal d.lgs. n. 150 del 2009, stabiliva che gli autonomi livelli
di  contrattazione  collettiva  integrativa  si   potevano   svolgere
solamente  sulle  materie  e  nei  limiti  stabiliti  dai   contratti
collettivi nazionali.  L'articolo  pone  il  divieto  alle  pubbliche
amministrazioni  di  sottoscrivere  in  sede   decentrata   contratti
collettivi integrativi in contrasto  con  i  vincoli  risultanti  dai
contratti collettivi nazionali o comportanti oneri non previsti negli
strumenti  di  programmazione  annuale  e  pluriennale  di   ciascuna
amministrazione, stabilendo la nullita' e la "disapplicazione"  delle
clausole eventualmente adottate in violazione di tale divieto. 
    La stessa  contrattazione  collettiva  nazionale  in  materia  di
personale sanitario a rapporto convenzionale,  fondata  sull'espressa
previsione  delle  norme  statali  precedentemente   richiamate,   e'
certamente parte dell'ordinamento civile. Essa difatti  si  inserisce
nel peculiare sistema integrato delle fonti cui la legge statale pone
un forte presidio per garantirne la necessaria uniformita'. 
    Recuperare  l'inapplicabile   clausola   dell'AIR,   affetta   da
nullita', attraverso una prescrizione legislativa regionale,  assunta
in assoluta carenza di competenza legislativa, determina di  per  se'
l'illegittimita' costituzionale della norma. 
    Rispetto alla richiamata giurisprudenza costituzionale in materia
di impiego pubblico non  esistono,  sotto  il  profilo  del  presente
giudizio, apprezzabili differenze per il rapporto  convenzionale  dei
medici di medicina generale  con  il  Servizio  sanitario  nazionale,
ascrivibile alla cosiddetta "parasubordinazione". 
    Infatti, vengono parimenti in evidenza le  medesime  esigenze  di
regolazione uniforme dei rapporti convenzionali  dei  medici  con  il
Servizio sanitario nazionale  giacche'  la  disciplina  specifica  e'
costituita da una forte integrazione tra la normativa  statale  e  la
contrattazione collettiva nazionale (con una  rigorosa  delimitazione
degli  ambiti  dell'ulteriore  contrattazione  decentrata)   con   un
limitato rinvio - ma solo per ambiti e materie ben delineati  -  alla
legislazione regionale, secondo schemi comuni agli altri settori  del
pubblico impiego. 
    Ne', di contro, pur trattandosi di  professioni  sanitarie,  puo'
ritenersi emergere per il caso di specie un concorso di  materie  con
quella concorrente della «tutela della salute» a mente dell'art. 117,
terzo comma, Cost., in quanto la disciplina dei  limiti  ai  recuperi
delle quote corrisposte sine titulo ai medici  di  medicina  generale
non involge in alcun modo l'organizzazione del servizio  sanitario  o
delle sue strutture. 
    5.-  In  definitiva,  la  norma   regionale   censurata,   avendo
introdotto nei rapporti dei  medici  convenzionati  con  il  Servizio
sanitario nazionale un meccanismo derogatorio del  generale  istituto
dell'indebito civile (art. 2033 cod. civ.), si pone in contrasto  con
l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva allo  Stato
la competenza legislativa in materia di «ordinamento civile». 
    Restano assorbite le censure formulate in riferimento all'art. 3,
primo comma, Cost. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 50,  comma  4,
della legge della Regione Calabria 13 giugno  2008,  n.  15,  recante
«Provvedimento  generale  di   tipo   ordinamentale   e   finanziario
(collegato alla manovra di finanza regionale per l'anno 2008 ai sensi
dell'art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8)». 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 luglio 2016. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                       Aldo CAROSI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 20 luglio 2016. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA