N. 195 ORDINANZA 18 maggio - 20 luglio 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Istruzione pubblica - Attribuzione di incarichi  di  insegnamento  di
  durata  non  superiore  al   quinquennio,   rinnovabili,   per   il
  soddisfacimento di esigenze  didattiche  non  temporanee  derivanti
  dalla   riforma   dei   conservatori   di   musica,    in    attesa
  dell'espletamento delle procedure concorsuali per  l'assunzione  di
  personale docente di ruolo. 
- Legge 21 dicembre 1999, n. 508 (Riforma delle  Accademie  di  belle
  arti, dell'Accademia nazionale di danza,  dell'Accademia  nazionale
  di arte drammatica,  degli  Istituti  superiori  per  le  industrie
  artistiche, dei Conservatori di musica e  degli  Istituti  musicali
  pareggiati), art. 2, comma 6. 
-   
(GU n.30 del 27-7-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 6,
della legge 21 dicembre 1999, n.  508  (Riforma  delle  Accademie  di
belle  arti,  dell'Accademia  nazionale  di   danza,   dell'Accademia
nazionale  di  arte  drammatica,  degli  Istituti  superiori  per  le
industrie artistiche, dei Conservatori di  musica  e  degli  Istituti
musicali pareggiati), promosso dal Tribunale ordinario di Trento, nel
procedimento  vertente   tra   G.M.   ed   altri   e   il   Ministero
dell'istruzione, dell'universita'  e  della  ricerca  ed  altro,  con
ordinanza del  3  dicembre  2013  iscritta  al  n.  33  del  registro
ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 13, prima serie speciale, dell'anno 2014. 
    Visti  gli  atti  di  intervento  della  Confederazione  generale
sindacale CGS gia' Confederazione GILDA-UNAM CGU,  fuori  termine,  e
del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 18  maggio  2016  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio. 
    Ritenuto che il Tribunale ordinario di Trento, con ordinanza  del
3  dicembre  2013,  nel  giudizio  promosso  da  alcuni  docenti  nei
confronti del Ministero  dell'istruzione,  dell'universita'  e  della
ricerca (MIUR) e del Conservatorio "Francesco  Antonio  Bonporti"  di
Trento,  ha  sollevato  questione  di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 2, comma 6, della legge 21 dicembre 1999, n.  508  (Riforma
delle Accademie di belle arti,  dell'Accademia  nazionale  di  danza,
dell'Accademia nazionale di arte drammatica, degli Istituti superiori
per le industrie artistiche,  dei  Conservatori  di  musica  e  degli
Istituti musicali pareggiati), prospettando la violazione degli artt.
11 e 117,  primo  comma,  della  Costituzione,  in  riferimento  alla
clausola 5, punto 1, lettera a), dell'accordo  quadro  CES,  UNICE  e
CEEP sul lavoro a  tempo  determinato,  allegato  alla  direttiva  28
giugno  1999,  n.  1999/70/CE  (Direttiva  del   Consiglio   relativa
all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato),
in quanto detta norma statale consente di  provvedere,  ai  fini  del
soddisfacimento delle esigenze didattiche  non  temporanee  derivanti
dalla legge di riforma dei Conservatori di musica, alle quali non  si
possa   far   fronte   nell'ambito   delle    dotazioni    organiche,
«esclusivamente mediante l'attribuzione di incarichi di  insegnamento
di durata non  superiore  al  quinquennio,  rinnovabili»,  in  attesa
dell'espletamento delle procedure concorsuali  per  l'assunzione  del
personale docente di ruolo,  cosi'  da  configurare  la  possibilita'
dell'utilizzazione  di  una  successione   di   contratti   a   tempo
determinato senza la previsione di tempi certi per lo svolgimento dei
concorsi; 
    che secondo il giudice a quo: 
    - tutti i ricorrenti hanno  stipulato  con  il  Conservatorio  di
Trento una pluralita' di contratti  di  lavoro  a  tempo  determinato
«fino alla nomina dell'avente  diritto»  e  che  essi  hanno  chiesto
dichiararsi la nullita' delle clausole appositive del termine  finale
nei  singoli  contratti  di  lavoro  e,  per  l'effetto,   condannare
l'amministrazione al risarcimento del danno; 
    - la  disposizione  censurata  consente  l'utilizzazione  di  una
successione di contratti, da parte della pubblica amministrazione, al
di fuori delle finalita' di cui al menzionato accordo quadro europeo; 
    - nel giudizio  principale,  era  gia'  stata  sollevata  analoga
questione, di cui veniva dichiarata la manifesta inammissibilita' con
l'ordinanza della Corte costituzionale n. 206 del 2013, atteso che «i
ricorrenti nei giudizi a quibus hanno chiesto dichiararsi la nullita'
delle clausole appositive del termine finale nei singoli contratti di
lavoro stipulati con le  rispettive  pubbliche  amministrazioni,  con
conseguente conversione dei rapporti di lavoro in contratti  a  tempo
indeterminato» e il rimettente «non considera  come,  con  previsione
generale applicabile a tutto il pubblico impiego, l'art. 36, comma 5,
del decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165  (Norme  generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche),  disponga  che,  in  ogni   caso,   "la   violazione   di
disposizioni  imperative  riguardanti  l'assunzione  o  l'impiego  di
lavoratori,  da  parte  delle  pubbliche  amministrazioni,  non  puo'
comportare  la  costituzione  di   rapporti   di   lavoro   a   tempo
indeterminato  con  le  medesime  pubbliche  amministrazioni,   ferma
restando  ogni  responsabilita'  e  sanzione"»,  con  una  incompleta
ricostruzione del quadro normativo che si riverberava sulla rilevanza
della  questione,  in  ragione   di   una   conseguente   inefficacia
dell'ipotetica pronuncia di  accoglimento  ai  fini  della  decisione
della domanda giudiziale concretamente posta al  Tribunale  ordinario
di Trento, poiche' il citato art. 36 e' stato  ritenuto  dalla  Corte
non in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost.; 
    - la norma impugnata consente di  coprire  cattedre  e  posti  di
insegnamento negli istituti considerati mediante il  conferimento  di
supplenze, potendo darsi luogo ad  una  successione  di  contratti  e
rapporti di lavoro a tempo determinato in contrasto con la  normativa
europea; 
    -  l'ordinanza,  nel  dare  conto  della  rilevanza  dell'odierna
questione, osserva che la domanda giudiziale avanzata dai ricorrenti,
anche sotto il profilo del risarcimento del danno,  alla  luce  della
normativa vigente in  tema  di  contratti  di  lavoro  del  personale
docente, dovrebbe essere respinta, in quanto i contratti  di  cui  si
controverte sono stati  stipulati  nel  rispetto  della  disposizione
rimessa all'esame della Corte; 
    -  al  personale  docente  della  scuola  non  si  applicano   le
disposizioni  del  decreto  legislativo  6  settembre  2001,  n.  368
(Attuazione della direttiva 1999/70/CE  relativa  all'accordo  quadro
sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal  CEEP  e  dal
CES), com'e' stato  confermato  dall'intervento  legislativo  di  cui
all'art. 9, comma  18,  del  decreto-legge  13  maggio  2011,  n.  70
(Semestre Europeo  -  Prime  disposizioni  urgenti  per  l'economia),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  12
luglio 2011, n. 106, il quale ha aggiunto il comma 4-bis all'art.  10
del d.lgs. n. 368 del 2001; 
    -   tale   norma   prevede   espressamente   che   sono   esclusi
dall'applicazione  del  decreto  «i  contratti  a  tempo  determinato
stipulati per il conferimento delle supplenze del  personale  docente
ed ATA, considerata la necessita' di garantire la costante erogazione
del servizio  scolastico  ed  educativo  anche  in  caso  di  assenza
temporanea del personale docente ed ATA  con  rapporto  di  lavoro  a
tempo indeterminato ed anche determinato»; 
    - i ricorrenti hanno eccepito la difformita' della disciplina del
reclutamento del personale docente a  tempo  determinato  rispetto  a
quanto stabilito dalla direttiva 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE; 
    - la direttiva,  infatti,  dopo  aver  imposto  (clausola  1)  la
creazione di un sistema di norme finalizzate a  prevenire  gli  abusi
derivanti dalla successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo
determinato, dispone (clausola 5) che gli Stati membri, per prevenire
tali abusi, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti, una
o piu' misure che prevedano ragioni obiettive per la  giustificazione
del rinnovo dei suddetti  contratti  o  rapporti,  ovvero  la  durata
massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato
successivi, ovvero il numero dei rinnovi  dei  suddetti  contratti  o
rapporti; 
    - in virtu' del primato del diritto dell'Unione europea  rispetto
ai singoli diritti nazionali, il giudice deve disapplicare  la  norma
interna che sia in  contrasto  con  quella  del  diritto  dell'Unione
europea ove questa sia  direttamente  applicabile;  diversamente,  la
disciplina da applicare rimane quella interna, salvo il  rinvio  alla
Corte costituzionale per illegittimita' della norma interna, rispetto
alla  quale  quella  sovranazionale  assume  il  rango  di  parametro
interposto; 
    - la Corte di giustizia, dopo aver  spiegato  che  la  menzionata
direttiva si applica anche ai contratti e rapporti di lavoro a  tempo
determinato  conclusi  dalle  pubbliche  amministrazioni,   ha   pure
ribadito, in piu' sentenze,  che  la  citata  clausola  5,  punto  1,
dell'accordo quadro non  e'  sufficientemente  precisa  e  non  puo',
quindi, essere direttamente invocata davanti ad un giudice  nazionale
(sentenza 15 aprile 2008, in  causa  C-268/06,  Impact;  sentenza  23
aprile 2009, nelle cause riunite da C-378/07 a  C-380/07,  Angelidaki
ed altri); 
    - si pone, dunque, la necessita'  di  valutare  se  la  normativa
italiana sia in grado di soddisfare almeno uno dei requisiti  di  cui
alla clausola 5 sopra richiamata; 
    - sotto questo profilo, e' palese  che  nell'ordinamento  interno
non vi sono ne' misure che prevedano la  durata  massima  totale  dei
rapporti di lavoro a tempo determinato  successivi,  ne'  indicazioni
sul numero dei rinnovi di tali rapporti da considerare ammissibile; 
    - occorre stabilire, percio', se sussistano almeno le  condizioni
di cui al punto 1, lettera a), della clausola 5 dell'accordo  quadro,
secondo cui devono esistere «ragioni obiettive per la giustificazione
del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti»; 
    - la Corte di giustizia, interpretando tale dettato normativo, ha
ritenuto che la  nozione  di  "ragioni  obiettive"  vada  riferita  a
circostanze  precise  e  concrete  che  distinguono  una  determinata
attivita'; circostanze che possono risultare dalla particolare natura
delle funzioni svolte con  simili  contratti  o,  eventualmente,  dal
«perseguimento di una legittima finalita' di politica sociale di  uno
Stato membro», mentre non soddisferebbe tale condizione una normativa
nazionale  che  si  limitasse  ad  autorizzare,  in   astratto,   una
successione di contratti di lavoro a tempo determinato; 
    - alla luce dell'interpretazione  di  tale  clausola  proveniente
dalla Corte di giustizia, il giudice a quo  dissente  dalla  sentenza
della Corte di cassazione, sezione lavoro, 20 giugno 2012, n.  10127,
e dalla giurisprudenza di merito che non ravvisa  nella  disposizione
oggi all'esame di questa Corte  alcun  contrasto  con  la  menzionata
clausola 5 dell'accordo quadro; 
    - e' innegabile che le ulteriori assunzioni  determinerebbero  un
aggravio della spesa pubblica, soprattutto in  relazione  al  rischio
del  cosiddetto  sovradimensionamento  dell'organico   che   potrebbe
crearsi a seguito di un calo demografico o  di  una  diminuzione  del
numero degli iscritti; ma si tratta di  stabilire  se  l'interesse  -
certamente esistente e da tutelare  -  al  contenimento  della  spesa
pubblica possa tradursi anche in una  ragione  giustificatrice  della
ripetizione di contratti di  lavoro  a  tempo  determinato;  e,  piu'
ancora, si tratta di verificare se l'obiettivo di contenimento  della
spesa si adatti alle specifiche peculiarita' del servizio scolastico; 
    - diversamente dall'art. 4, comma 1, della legge n. 124 del 1999,
la  disciplina  in  questione  non  prevede  espressamente   che   il
conferimento delle supplenze annuali, ai  fini  della  copertura  dei
posti effettivamente vacanti e  disponibili  entro  la  data  del  31
dicembre,  avvenga  «in  attesa  dell'espletamento  delle   procedure
concorsuali per l'assunzione di personale docente di ruolo»; 
    - tuttavia, il riferimento alle  «esigenze  didattiche  derivanti
dalla presente legge cui non si possa far  fronte  nell'ambito  delle
dotazioni organiche», rende evidente  che  il  loro  soddisfacimento,
mediante i contratti di lavoro a tempo determinato, avviene in attesa
dell'espletamento delle procedure concorsuali  per  l'assunzione  del
personale docente di ruolo; 
    - va richiamata l'ordinanza n. 207 del 2013, con  la  quale  sono
state sottoposte alla Corte di giustizia, in  via  pregiudiziale,  ai
sensi e per gli effetti dell'art. 267 del Trattato sul  funzionamento
dell'Unione  europea,  alcune  questioni  di  interpretazione   della
clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro
a tempo determinato, allegato alla direttiva del Consiglio 28  giugno
1999, n. 1999/70/CE; 
    che in data 8  aprile  2014  e'  intervenuto  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata
manifestamente inammissibile o comunque non fondata; 
    che in prossimita' della camera di consiglio fissata  per  il  24
giugno 2015, la trattazione delle questioni veniva  rinviata,  e  poi
fissata alla odierna camera di consiglio del 18 maggio 2016; 
    che in data 26 aprile 2016 si  e'  costituita  la  Confederazione
generale  sindacale  CGS,   gia'   Confederazione   GILDA-UNAM   CGU,
affermando  la  propria  legittimazione  a  partecipare  al  giudizio
incidentale anche se  non  costituita  nel  giudizio  a  quo,  attesa
l'incidenza  dello   stesso   sulla   propria   posizione   giuridica
soggettiva, nonche' in ragione dell'art.  64,  comma  5,  del  d.lgs.
n.165 del 2001, deducendo la fondatezza della questione. 
    Considerato che deve essere dichiarato inammissibile,  in  quanto
tardivo l'intervento della  Confederazione  generale  sindacale  CGS,
gia' Confederazione GILDA-UNAM CGU, non parte nel giudizio  a  quo  e
priva di un interesse qualificato; 
    che nelle more del giudizio incidentale, la Corte  di  giustizia,
con la sentenza 26 novembre 2014 resa nelle cause riunite C-22/13, da
C-61/13 a C-63/13 e C-418/13, Mascolo  ed  altri,  anche  sul  rinvio
pregiudiziale effettuato dalla Corte costituzionale, ha statuito: «La
clausola  5,  punto  1,  dell'accordo  quadro  sul  lavoro  a   tempo
determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell'allegato alla
direttiva 1999/70/CE del Consiglio,  del  28  giugno  1999,  relativa
all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo  determinato,
deve  essere  interpretata  nel  senso  che  osta  a  una   normativa
nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti  principali,
che  autorizzi,   in   attesa   dell'espletamento   delle   procedure
concorsuali per l'assunzione  di  personale  di  ruolo  delle  scuole
statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la
copertura di posti  vacanti  e  disponibili  di  docenti  nonche'  di
personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare  tempi
certi per l'espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo
qualsiasi possibilita',  per  tali  docenti  e  detto  personale,  di
ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un
siffatto rinnovo»; 
    che la Corte di giustizia ha, di seguito, rilevato che  «Risulta,
infatti, che tale normativa, fatte salve le necessarie  verifiche  da
parte dei giudici del rinvio, da un lato, non  consente  di  definire
criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se  il  rinnovo
di tali contratti risponda effettivamente ad un'esigenza  reale,  sia
idoneo a conseguire l'obiettivo perseguito e  sia  necessario  a  tal
fine, e,  dall'altro,  non  prevede  nessun'altra  misura  diretta  a
prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo  ad  una  successione  di
contratti di lavoro a tempo determinato»; 
    che,  secondo  il  costante  orientamento  di  questa  Corte,  «i
principi enunciati dalla Corte di giustizia, riguardo a norme oggetto
di  giudizio   di   legittimita'   costituzionale,   si   inseriscono
direttamente  nell'ordinamento  interno  con   il   valore   di   ius
superveniens, condizionando e determinando i  limiti  in  cui  quelle
norme conservano efficacia e devono essere applicate anche  da  parte
del giudice a quo» (ordinanze n. 80 del 2015, n. 124 del  2012  e  n.
216 del 2011); 
    che, nel caso di specie, questa Corte non ha disposto  il  rinvio
pregiudiziale in ordine all'interpretazione del parametro comunitario
con riguardo alla disciplina in esame, ma alla sola disciplina di cui
all'art. 4, commi  1  e  11,  della  legge  3  maggio  1999,  n.  124
(Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico); 
    che, d'altra parte,  va  considerato  che,  successivamente  alla
pronuncia dell'ordinanza di rimessione, e'  intervenuta  una  riforma
"di sistema" attraverso la legge 13 luglio 2015, n. 107 (Riforma  del
sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino
delle disposizioni legislative vigenti); 
    che, pertanto, alla stregua  delle  indicazioni  innanzi  svolte,
spetta al giudice  rimettente  la  valutazione  circa  la  perdurante
rilevanza della questione, anche in ragione della  normativa  statale
sopravvenuta. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara  inammissibile  l'intervento  della   Confederazione
generale sindacale CGS, gia' Confederazione GILDA-UNAM CGU; 
    2) ordina la restituzione degli atti al  Tribunale  ordinario  di
Trento. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 maggio 2016. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                    Giancarlo CORAGGIO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 20 luglio 2016. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA