N. 215 SENTENZA 21 settembre - 7 ottobre 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Sanita'  pubblica  -  Commissione  centrale  per  gli  esercenti   le
  professioni  sanitarie  -  Nomina  dei  componenti  di  derivazione
  ministeriale. 
- Decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato  13  settembre
  1946,  n.  233  (Ricostituzione  degli  Ordini  delle   professioni
  sanitarie e per  la  disciplina  dell'esercizio  delle  professioni
  stesse), art. 17, primo e secondo comma, lettere a), b), c), d)  ed
  e). 
-   
(GU n.41 del 12-10-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,  Mario
  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,   Silvana
  SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  17  del
decreto legislativo del Capo provvisorio  dello  Stato  13  settembre
1946, n. 233 (Ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie
e  per  la  disciplina  dell'esercizio  delle  professioni   stesse),
promossi dalla Corte di cassazione con due ordinanze del  15  gennaio
2015, rispettivamente iscritte ai nn. 63 e 72 del registro  ordinanze
2015 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 17  e
18, prima serie speciale, dell'anno 2015. 
    Visti  l'atto  di  costituzione  di  S.G.  nonche'  gli  atti  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 20 settembre 2016 e nella  camera
di consiglio del  21  settembre  2016  il  Giudice  relatore  Augusto
Antonio Barbera; 
    uditi l'avvocato Bruno Nascimbene per  S.G.  e  l'avvocato  dello
Stato Vincenzo Rago per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Corte di cassazione, con due diverse ordinanze  emesse  in
data 2 dicembre 2014, assunte in altrettanti giudizi,  ha  sollevato,
in riferimento agli articoli 108, secondo comma, 111, secondo  comma,
e 117, primo comma, della  Costituzione,  quest'ultimo  in  relazione
all'art. 6, par.1, della Convenzione per la salvaguardia dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre
1950 (ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto  1955,  n.  848,
nel  proseguo,  CEDU)  questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 17 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato
13  settembre  1946,  n.  233  (Ricostituzione  degli  Ordini   delle
professioni  sanitarie  e  per  la  disciplina  dell'esercizio  delle
professioni stesse). 
    In particolare, si dubita della legittimita' costituzionale della
norma in questione nella parte in cui, in  esito  alle  modifiche  di
dettaglio  intervenute  nel  tempo,  la  stessa  prevede  che,  della
Commissione centrale per  gli  esercenti  le  professioni  sanitarie,
organo di giurisdizione speciale chiamato a definire controversie  in
materia elettorale,  disciplinare  nonche'  inerenti  la  tenuta  dei
rispettivi albi professionali, facciano parte, tra gli  altri,  anche
due dirigenti del Ministero della salute, segnatamente  un  dirigente
amministrativo ed un dirigente di seconda fascia (medico o, a seconda
dei casi, veterinario o farmacista). 
    2.- La prima ordinanza (r.o. n. 596 del  2015)  premette  che  la
Commissione centrale per gli esercenti le professioni  sanitarie  (da
qui, Commissione) ha respinto il ricorso proposto da S.G. avverso  la
decisione del Consiglio dell'ordine  dei  medici  chirurghi  e  degli
odontoiatri di Milano di diniego  della  istanza  del  ricorrente  di
iscrizione all'albo degli odontoiatri. 
    2.1.- S.G. ha impugnato in cassazione tale decisione. 
    Con il primo motivo di ricorso, poi integrato da  una  successiva
memoria illustrativa,  ha  eccepito  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 17 del d.lgs. C.p.S. n. 233 del 1946, anche in  riferimento
o in combinato disposto con gli artt. 63, 74 e  76  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 5 aprile 1950, n. 221  (Approvazione  del
regolamento per l'esecuzione del  decreto  legislativo  13  settembre
1946, n. 233, sulla ricostituzione  degli  Ordini  delle  professioni
sanitarie  e  per  la  disciplina  dell'esercizio  delle  professioni
stesse) denunziando la violazione degli  artt.  108,  secondo  comma,
111, secondo  comma  e  117,  primo  comma,  Cost.,  quest'ultimo  in
relazione all'art. 6, par. 1, della CEDU. 
    3.- La Corte di cassazione ha condiviso solo in parte i sollevati
dubbi di legittimita' costituzionale. 
    3.1.- Il giudice a quo ha  precisato,  in  primo  luogo,  che  la
Commissione, della quale era stato  previsto  il  riordino  ai  sensi
dell'art. 2, comma 4, della legge 4 novembre 2010, n. 183 (Deleghe al
Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione  di  enti,
di congedi, aspettative e permessi,  di  ammortizzatori  sociali,  di
servizi   per   l'impiego,   di   incentivi    all'occupazione,    di
apprendistato, di occupazione femminile,  nonche'  misure  contro  il
lavoro sommerso e disposizioni  in  tema  di  lavoro  pubblico  e  di
controversie di lavoro), continua ad operare sulla base  della  norma
impugnata. 
    Tanto grazie  all'art.  15,  comma  3-bis  del  decreto-legge  13
settembre 2012,  n.  158  (Disposizioni  urgenti  per  promuovere  lo
sviluppo del Paese mediante un piu'  alto  livello  di  tutela  della
salute), aggiunto dalla legge di conversione 8 novembre 2012, n. 189,
il  quale  stabilisce  che:  «In  considerazione  delle  funzioni  di
giurisdizione speciale esercitate, la Commissione  centrale  per  gli
esercenti le  professioni  sanitarie,  di  cui  all'articolo  17  del
decreto legislativo del Capo provvisorio  dello  Stato  13  settembre
1946, n. 233, e successive modificazioni, e' esclusa dal riordino  di
cui all'articolo 2, comma quattro, della legge 4  novembre  2010,  n.
183,  e  continua  ad  operare,  sulla  base   della   normativa   di
riferimento, oltre il termine di cui all'articolo  1,  comma  2,  del
decreto-legge 28 giugno 2012, n. 89, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 7 agosto 2012, n. 132, come modificato  dal  comma  3-ter
del presente articolo». 
    3.2.- In secondo luogo, la Corte rimettente ha altresi' precisato
che la disciplina normativa di riferimento ha avuto alcune  modifiche
di dettaglio, di rilievo essenziale nell'ottica  della  questione  in
disamina. 
    3.2.1.- Nel suo portato letterale attuale, la norma  in  disamina
stabilisce, per quel che immediatamente interessa, che: 
    «Presso l'Alto Commissariato per l'igiene e la  sanita'  pubblica
e' costituita, per i professionisti di cui al presente  decreto,  una
Commissione centrale, nominata con decreto del Capo dello  Stato,  su
proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di  concerto  con
il Ministro per la grazia e giustizia, presieduta da  un  consigliere
di Stato e costituita da un membro del Consiglio superiore di sanita'
e da un funzionario dell'Amministrazione civile dell'interno di grado
non inferiore al 6°. 
    Fanno parte altresi' della  Commissione:  a)  per  l'esame  degli
affari concernenti la professione dei medici chirurghi, un  ispettore
generale medico ed otto medici chirurghi, di cui cinque  effettivi  e
tre supplenti; b) per l'esame degli affari concernenti la professione
dei veterinari, un ispettore generale veterinario e  otto  veterinari
di cui cinque effettivi e tre supplenti; c) per l'esame degli  affari
concernenti la professione dei farmacisti, un ispettore generale  per
il servizio farmaceutico e otto farmacisti, di cui cinque effettivi e
tre supplenti; d) per l'esame degli affari concernenti la professione
delle ostetriche, un ispettore generale medico e otto ostetriche,  di
cui cinque effettive e tre supplenti; e)  per  l'esame  degli  affari
concernenti la professione  di  odontoiatra,  un  ispettore  generale
medico e otto odontoiatri di cui cinque effettivi e tre supplenti. 
    I sanitari liberi professionisti indicati  nel  comma  precedente
sono designati dai Comitati  centrali  delle  rispettive  Federazioni
nazionali. [....] 
    I membri della Commissione centrale rimangono in  carica  quattro
anni e possono essere riconfermati». 
    3.2.2.- Cio' premesso, osserva la Corte rimettente che l'atto  di
nomina non assume piu' la forma  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica, ma quella del decreto del Presidente  del  Consiglio  dei
ministri in ragione di quanto previsto dall'art.  2  della  legge  12
gennaio 1991, n. 13  (Determinazione  degli  atti  amministrativi  da
adottarsi nella forma del decreto del Presidente della Repubblica.). 
    3.2.3.- Nell'ordinanza  si  precisa,  ancora,  che  l'intervenuta
costituzione del Ministero della  sanita',  prima,  e  l'istituzione,
poi,  del  Ministero  della  salute  non   solo   hanno   determinato
l'intervento di questo dicastero nella fase della formulazione  della
proposta di nomina ma  hanno  anche  comportato  che  la  scelta  dei
componenti di nomina governativa non avviene piu'  tra  i  funzionari
dell'Amministrazione civile dell'interno bensi' tra i  dirigenti  del
Ministero della salute. 
    3.2.4.- Segnala, infine, il giudice a quo, che il  portato  delle
modifiche sopra riassunte finisce per trovare immediato riscontro nel
d.P.C.m. 23 maggio 2011, recante la nomina, su proposta del Ministero
della salute e  del  Ministero  della  giustizia,  della  Commissione
centrale per il quadriennio 2011-2015,  della  quale  fanno  parte  -
oltre ad un consigliere di Stato in veste di presidente, ad un membro
designato dal Consiglio superiore  di  sanita'  e  ad  otto  sanitari
liberi professionisti (di cui  cinque  effettivi  e  tre  supplenti),
designati  dai  Comitati  centrali   delle   rispettive   Federazioni
nazionali - due dirigenti del Ministero della  salute  (un  dirigente
amministrativo di seconda fascia e un dirigente medico o,  a  seconda
della categoria interessata, veterinario o farmacista). 
    4.-  Poste  queste  premesse,  l'ordinanza   riposa   su   alcuni
presupposti interpretativi del dato normativo sottoposto a scrutinio,
consolidati da pregresse decisioni sia della stessa  Cassazione  come
anche della Corte costituzionale. 
    4.1.- Cio' avuto riguardo,  in  prima  battuta,  alla  natura  di
organo di  giurisdizione  speciale  da  ascrivere  alla  Commissione,
valutazione oggi asseverata normativamente dall'espressa  indicazione
contenuta nell'art. 15, comma 3-bis, del d.l. n. 158  del  2012  gia'
citato. 
    4.2.-   Ancora,   si   segnala,   nell'ordinanza,   la   costante
affermazione, in piu' occasioni ribadita da questa Corte, dei profili
di indipendenza e terzieta' imposti dal secondo comma  dell'art.  108
nonche'  dall'art.  111  della   Carta   Costituzionale,   non   solo
dell'ordine giudiziario nel suo  complesso  ma  anche  degli  organi,
compresi quelli speciali, che ne costituiscono espressione. 
    4.3.- Infine, la Corte rimettente assume, quale diritto  vivente,
il principio secondo  cui  il  Ministero  della  salute,  subentrato,
all'esito  delle  descritte  modifiche  di  dettaglio,  nei   compiti
originariamente attribuiti dalla normativa di  settore  al  Prefetto,
riveste il ruolo di parte nel giudizio innanzi alla Commissione. 
    4.4.- Delineati detti principi, la Corte di cassazione censura la
norma impugnata, rimeditando al fine  l'orientamento  interpretativo,
costantemente espresso in precedenza, in forza del  quale  la  stessa
Corte aveva ritenuto manifestamente infondata la medesima questione. 
    4.4.1.-  Il  giudice  a  quo  denunzia,  in  prima  battuta,   la
discrezionalita' che connota sia la  designazione  governativa,  sia,
soprattutto, la riconferma del mandato ai medesimi componenti:  l'una
e  l'altra  scelta  vengono,  infatti,  effettuate  in   assenza   di
predefiniti  parametri  oggettivi  chiamati  a  guidare   l'attivita'
dell'organo designante in parte qua. 
    4.4.2.- Per altro verso, si osserva che  lo  status  di  siffatti
componenti non muta all'esito della designazione: lungo il corso  del
relativo mandato, i componenti di  designazione  governativa  restano
collocati presso il  medesimo  dicastero  di  riferimento  il  quale,
dunque, ne continua a garantire lo stato giuridico ed economico. 
    4.4.3.- La Corte rimettente segnala, ancora, che il  rapporto  di
dipendenza con il  Ministero  di  appartenenza  mantiene  continuita'
anche con riferimento ai profili disciplinari, giacche', a differenza
di quanto previsto per gli altri componenti della Commissione, quelli
di  nomina  governativa  sono  estranei  alla   verifica   domestica,
ascritta, sul tema, alla Commissione stessa. 
    4.5.- Sulla base di tali premesse,  la  Corte  rimettente  dubita
della indipendenza dei componenti della Commissione  di  designazione
governativa. 
    Poste in discussione le modalita' di composizione dell'organo, ne
risulta inficiato l'esercizio della relativa funzione,  in  contrasto
con gli artt. 108, secondo comma, e 111, secondo comma, Cost. e  tali
argomentazioni  svelano  al  contempo  il  contrasto  tra  la   norma
censurata e la CEDU, la quale vuole che sia assicurato il diritto  di
ogni persona ad un processo equo davanti a un tribunale  indipendente
e imparziale costituito per legge. 
    Di qui anche l'evidenziato contrasto anche con l'art. 117  Cost.,
primo comma, in riferimento all'art. 6, par.1, della Convenzione. 
    4.6.- Secondo il  giudice  a  quo,  inoltre,  la  questione  deve
ritenersi  rilevante  perche'   la   sua   fondatezza   comporterebbe
l'annullamento della decisione assunta dalla  Commissione,  impugnata
con il ricorso in cassazione. 
    4.7.- Da ultimo, il Collegio rimettente da' conto  delle  ragioni
per  le  quali,  rispetto  alla  prospettazione  del  ricorrente,  ha
ritenuto di delimitare la questione sollevata nei  termini  oggettivi
sopra  rassegnati,  senza   estendere   i   dubbi   di   legittimita'
costituzionale agli artt. 63, 74 e 76 del d.P.R.  n.  221  del  1950.
Tanto per la natura, regolamentare, delle norme in  questione,  prive
di uno specifico collegamento con la disposizione oggetto di verifica
sul versante dei temi di costituzionalita' all'uopo evidenziati. 
    5.- Nel giudizio davanti alla Corte si e' costituito S.G.,  parte
ricorrente nel processo principale, chiedendo che la questione  venga
accolta nei termini esposti dalla ordinanza di rimessione e in quelli
esplicitati nel corso  del  giudizio  principale  oltre  che  con  le
memorie depositate in seno  al  presente  incidente  di  legittimita'
costituzionale. 
    Nel  ribadire,  con  ulteriori  approfondimenti  argomentativi  e
richiami alla giurisprudenza di questa Corte nonche' a  quella  della
CEDU, tutti i temi coperti dal tenore della ordinanza di  rimessione,
si segnala, altresi', nella relativa memoria di costituzione, che  la
disciplina relativa alla Commissione sarebbe anche in  contrasto  con
il diritto dell'Unione Europea e, segnatamente, con l'art.  47  della
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione. 
    Si evidenzia, ancora, da parte  della  difesa  di  S.G.,  che,  a
differenza di quanto  osservato  nella  ordinanza  di  rimessione,  i
componenti della commissione  nominati  dal  Ministero  della  salute
sarebbero non due ma tre, tale  dovendosi  considerare  anche  quello
nominato dal Consiglio superiore  della  sanita',  organo  consultivo
dello stesso Ministero. 
    Si ribadisce, infine, che nel corso  del  giudizio  principale  i
dubbi di legittimita' costituzionale  erano  stati  estesi  anche  al
tenore degli artt. 63, 74 e 76 del d.P.R. n. 221 del 1950. 
    6.- Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la questione venga respinta perche' irrilevante,
inammissibile e comunque manifestamente non fondata. 
    Tanto in ragione del costante orientamento espresso  dalla  Corte
in forza del quale la verifica costituzionale inerente i  profili  di
indipendenza e imparzialita' degli organi di  giurisdizione  speciale
guarda con indifferenza ai modi attraverso i quali si  perviene  alla
nomina dei relativi componenti mentre assumono rilievo  le  modalita'
di funzionamento degli organi stessi,  da  ritenersi  espressione  di
indipendenza in assenza di vincoli che possano determinare situazioni
esterne di soggezione anche  sostanziale  o  di  regole  che  possano
mettere in discussione l'inamovibilita' dei componenti. 
    6.1.- Con memoria depositata il 27 aprile 2016,  l'Avvocatura  ha
anche contestato la rilevanza della questione e  la  fondatezza,  nel
merito, della stessa secondo versanti di approfondimento  diversi  da
quelli originariamente prospettati. 
    In particolare, muovendo dal rilievo che la Corte  rimettente  ha
ascritto al ruolo del Ministero quale parte del procedimento  che  si
svolge innanzi la Commissione, e'  stato  evidenziato,  guardando  al
tema della rilevanza, che non risulta che alla citata amministrazione
centrale sia stato notificato l'avviso,  previsto  dall'art.  54  del
regolamento di esecuzione emanato con il  d.P.R.  n.  221  del  1950,
relativo alla pendenza del giudizio in  questione;  ne',  del  resto,
emergerebbe dagli atti che al  giudizio  principale  abbia  di  fatto
partecipato il Ministro. 
    Ancora piu' decisamente, con considerazioni  ambivalenti  perche'
destinate ad incidere sia sul tema  della  rilevanza  che  su  quello
della  fondatezza  della  questione,  si  contesta   in   radice   la
conclusione in forza della quale il Ministero  della  salute  sarebbe
parte necessaria  del  procedimento.  Affermazione,  questa,  che  si
assume non consolidata nella esperienza interpretativa  maturata  sul
tema  dal  giudice  di  legittimita',  perche'  contraddetta  da  una
decisione di segno contrario (Cass. 27 agosto 1999, n. 8995) alla cui
motivazione la difesa della parte pubblica fa puntuale riferimento  a
sostegno del relativo assunto. 
    7.- Con memoria del 6 maggio 2016 la parte privata  ha  replicato
alle argomentazioni della Presidenza del Consiglio, supportando,  con
ulteriori indicazioni argomentative, la  fondatezza  della  questione
sollevata. 
    8.- La seconda ordinanza (r.o. n. 597  del  2015)  di  rimessione
degli atti a questa Corte incide su un giudizio principale di matrice
disciplinare,  promosso  dal  Consiglio  dell'ordine  dei  medici   e
odontoiatri di Latina ai  danni  di  P.A.,  titolare  di  uno  studio
dentistico ed iscritto all'albo del citato ordine territoriale. 
    8.1.-  Sottoposto  a  sanzione  dal  Consiglio  dell'ordine,   il
professionista  ha  interposto  ricorso  innanzi   alla   Commissione
centrale, la quale ha confermato il provvedimento impugnato. 
    8.2.- Avverso tale  ultima  decisione,  detto  professionista  ha
proposto ricorso in  cassazione,  prospettando  un  unico  motivo  di
ricorso  diretto  a  contestare  le  ragioni  fondanti   l'intervento
disciplinare. 
    Di qui il giudizio di legittimita' principale che ha  dato  luogo
alla seconda questione incidentale. 
    9.- Identiche le disposizioni  sottoposte  allo  scrutinio  della
Corte, la seconda ordinanza di rimessione ripropone, pedissequamente,
il percorso argomentativo tracciato dalla prima, sopra sintetizzato. 
    10.- Nel giudizio  e'  intervenuta  l'Avvocatura  generale  dello
Stato nell'interesse della  Presidenza  del  Consiglio  ribadendo  le
difese  prospettate  in  occasione  del  primo  giudizio  incidentale
relativo alla medesima norma. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- I giudizi, aventi ad oggetto la medesima norma censurata,  in
relazione agli stessi parametri e con argomentazioni  sostanzialmente
coincidenti, vanno riuniti e decisi con un'unica pronuncia. 
    2.-  La   Corte   di   cassazione   dubita   della   legittimita'
costituzionale  dell'art.  17  del  decreto  legislativo   del   Capo
provvisorio dello Stato 13 settembre  1946,  n.  233  (Ricostituzione
degli  Ordini  delle  professioni  sanitarie  e  per  la   disciplina
dell'esercizio delle professioni stesse) in riferimento agli articoli
108, secondo comma, 111, secondo comma,  e  117,  primo  comma  della
Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art.  6,  par.  1,  della
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950  (ratificata
e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955  n.  848,  d'ora  innanzi,
CEDU). 
    Piu' precisamente, la censura concerne  i  primi  due  commi  del
citato art. 17 nella  parte  in  cui,  in  esito  alle  modifiche  di
dettaglio intervenute nel tempo,  stabilisce  che  della  Commissione
centrale per gli esercenti le professioni  sanitarie  (d'ora  in  poi
Commissione), organo di  giurisdizione  speciale  con  competenze  in
materia elettorale,  disciplinare  nonche'  inerenti  la  tenuta  dei
rispettivi albi professionali, facciano parte, tra gli  altri,  anche
due componenti scelti tra i dirigenti  del  Ministero  della  salute,
segnatamente  un  dirigente  amministrativo  del  Ministero   ed   un
dirigente  di  seconda  fascia  (medico  o,  a  seconda   dei   casi,
veterinario o farmacista). 
    3.- La Corte rimettente muove da un duplice presupposto. 
    3.1.- In primo luogo, il giudice a quo segnala che la Commissione
in disamina deve ritenersi organo di secondo grado  di  giurisdizione
speciale, in linea con quanto costantemente  affermato  dalla  stessa
Corte di cassazione e, da ultimo, con la sentenza n. 193 del 2014, da
questa Corte. 
    In particolare, la Commissione decide sulle impugnazioni proposte
avverso le decisioni assunte in primo  grado  dai  competenti  organi
professionali. 
    3.2.- Inoltre, deduce la Corte rimettente che tra i componenti di
detta Commissione, insediata presso il  Ministero  della  salute,  vi
sono  due  funzionari   inseriti   all'interno   di   tale   comparto
ministeriale e, soprattutto, che il Ministero  deve  ritenersi  parte
necessaria della fase di  giurisdizione  che  si  svolge  innanzi  la
Commissione stessa. 
    4.- La Cassazione trae spunto da tale ruolo  processuale  assunto
dal Ministero della salute  nel  relativo  contenzioso  per  dubitare
della legittimita' costituzionale delle previsione che individua  tra
i componenti della Commissione due funzionari del  citato  dicastero,
designati grazie all'apporto decisivo della amministrazione  centrale
in questione. 
    Cio', in primo  luogo,  in  ragione  della  discrezionalita'  che
colora la designazione governativa nonche' la riconferma dei medesimi
componenti alla scadenza del mandato, scelte effettuate in assenza di
predefiniti parametri oggettivi. 
    In secondo luogo, si segnala  che  tali  componenti,  durante  il
mandato, rimangono incardinati ed  espletano  funzioni  istituzionali
all'interno del Ministero  designante  il  quale,  dunque,  mantiene,
rispetto  ai  suddetti,  una  posizione  di  sovraordinazione   avuto
riguardo  agli  aspetti  giuridici,  economici  e  disciplinari   che
caratterizzano il relativo rapporto di dipendenza. 
    5.- Tali sviluppi argomentativi, secondo l'opinione  della  Corte
rimettente, portano a  dubitare  della  indipendenza  di  alcuni  dei
componenti la Commissione, con evidenti ricadute sulle  modalita'  di
composizione dell'organo e dunque  sul  conseguente  esercizio  della
relativa funzione nel rispetto dei parametri  costituzionali  offerti
dagli  artt.  108,  secondo  comma,  e  111,  secondo  comma,   della
Costituzione. 
    Del pari, le superiori considerazioni finiscono per  condurre  la
norma  censurata  su  un  binario  non  in  linea  con  la  CEDU  con
conseguente  violazione  dell'art.  117,  primo  comma,   Cost.,   in
riferimento all'art. 6, par. 1, della Convenzione. 
    6.- Le questioni preliminari rilevate dalla  difesa  della  parte
privata costituita in giudizio  sono  inammissibili;  quelle  dedotte
dall'Avvocatura nell'interesse della  Presidenza  del  Consiglio  non
sono fondate. 
    6.1.- Quanto al portato  del  petitum  fatto  oggetto  delle  due
questioni e  limitato,  dalla  Corte  rimettente,  al  solo  disposto
dell'art. 17 del d.lgs. C.p.S. n. 233  del  1946  nei  termini  sopra
rassegnati,  non  puo'  che  evidenziarsi  l'inammissibilita'   della
sollecitazione, rivolta a  questa  Corte  dalla  difesa  della  parte
privata, tesa ad estenderne il perimetro valutativo oltre il  confine
dei temi di giudizio delineati dalle due questioni in disamina. 
    Al fine e' sufficiente richiamarsi alla  costante  giurisprudenza
della  Corte  in  forza  della  quale  l'oggetto  del   giudizio   di
costituzionalita' in via incidentale  deve  ritenersi  limitato  alle
norme e ai parametri fissati nell'ordinanza di rimessione, mentre non
possono essere prese in considerazione ulteriori questioni o  profili
dedotti dalle parti, sia che siano stati eccepiti ma non fatti propri
dal giudice a quo, vuoi che siano diretti ad  ampliare  o  modificare
successivamente il contenuto delle stesse ordinanze (ex plurimis,  da
ultimo, le sentenze n. 83 del 2015; n. 94 del 2013; n. 283  e  n.  42
del 2011). 
    6.2.- Non puo', inoltre, disconoscersi  la  rilevanza  delle  due
questioni, posta invece in dubbio dalla difesa dall'Avvocatura. 
    La declaratoria di illegittimita' costituzionale rivendicata, ove
accolta, imporra' l'accoglimento dei ricorsi in  cassazione  proposti
dalle due parti private avverso le rispettive  pronunzie  rese  dalla
Commissione. 
    Le  decisioni  impugnate  innanzi  al  Giudice  di   legittimita'
risulterebbero assunte, infatti,  da  un  organo  privo,  per  scelta
legislativa  legata  alla  sua  costituzione  e   composizione,   dei
requisiti  di  indipendenza  e  imparzialita'  che  costituiscono  il
substrato indispensabile dell'esercizio del  potere  giurisdizionale.
L'assenza di indipendenza e imparzialita', anche se  riferibile  solo
ad alcuni dei componenti della Commissione, si trasferisce in termini
osmotici dai partecipi all'organo, non potendosi  consentire  che  lo
stesso eserciti  la  funzione  giurisdizionale  attraverso  dinamiche
radicalmente viziate dalla interlocuzione,  nel  percorso  che  porta
alla decisione, di soggetti privi delle  citate  caratteristiche  (si
veda in tal senso la sentenza n. 33 del  1968  relativa  alle  Giunte
provinciali amministrative in  sede  giurisdizionale).  Tanto  e'  in
grado di determinare l'illegittimita' della decisione  assunta  dalla
Commissione, rilevabile anche d'ufficio nel giudizio principale. 
    6.2.1.-   Le   superiori    considerazioni    svelano,    infine,
l'infondatezza delle tesi difensive dell'Avvocatura avuto riguardo al
tema  della  rilevanza,  basate  sulla  mancata  partecipazione   del
Ministero ai due giudizi principali. 
    Appare chiaro, infatti, che la  questione  sollevata  attiene  al
profilo  della  composizione  strutturale  della  Commissione.  Avuto
riguardo, in particolare, al  requisito  della  indipendenza,  e'  di
tutta  evidenza   che   la   stessa   deve   sussistere   nell'organo
giurisdizionale  prima  e  indipendentemente  dall'instaurazione   di
fronte ad esso di un rapporto processuale. Prescinde, in conseguenza,
dai  singoli  atteggiamenti  tenuti  dalle  parti  interessate  nella
specifica   situazione   processuale   (nel   caso,    la    concreta
partecipazione del Ministero ai due giudizi principali): e' in gioco,
infatti,  la  valutazione  dei  criteri   normativi   di   formazione
dell'organo giudicante che precedono a monte e  sono  indifferenti  a
valle rispetto alle singole scelte assunte dal Ministero  interessato
con  riferimento  alle  dinamiche  processuali  proprie  di  ciascuna
controversia. 
    7.- Nel merito, le due questioni,  identiche  nell'oggetto,  sono
fondate nei termini di seguito precisati. 
    8.- Osserva la Corte rimettente che la Commissione  centrale  per
gli esercenti le professioni sanitarie prevista dalla norma censurata
e' chiamata a svolgere funzioni decisorie in materia  di  contenzioso
elettorale, disciplinare, o inerente alla tenuta dei rispettivi  albi
professionali   (medici,    veterinari,    farmacisti,    ostetriche,
odontoiatri). 
    8.1.-  Preliminarmente   va   chiarito   che,   per   individuare
l'effettivo tenore della norma impugnata, bisogna tener  conto  delle
radicali modifiche di sistema che, pur incidendo sulle  modalita'  di
nomina dei componenti di  derivazione  governativa,  non  trovano  un
immediato riscontro nel testo oggetto di scrutinio. 
    8.1.1.- Il superiore dato letterale va riletto  considerando,  in
primo luogo,  che,  in  esito  all'istituzione  del  Ministero  della
sanita'  (oggi  Ministero  della  salute),  allo  stesso  sono  state
trasferite le competenze statali in materia di  organizzazione  delle
professioni sanitarie  originariamente  ascritte  all'amministrazione
dell'Interno, in ragione di quanto in precedenza previsto  dal  regio
decreto-legge 5  marzo  1935,  n.  184  (Nuova  disciplina  giuridica
dell'esercizio  delle  professioni   sanitarie),   nonche'   all'Alto
Commissariato per l'igiene e la sanita' pubblica  (istituito  con  il
decreto luogotenenziale 12 luglio 1945, n. 417). 
    8.1.2.- In linea con le puntuali osservazioni  rese  dalla  Corte
rimettente va, quindi, confermato che la Commissione, nominata con la
forma del decreto della Presidenza del  Consiglio  dei  ministri  (in
virtu' della previsione generale contenuta nell'art. 2 della legge 12
gennaio   1991,   n.   13,   recante   "Determinazione   degli   atti
amministrativi da adottarsi nella forma del  decreto  del  Presidente
della Repubblica"), risulta insediata non piu' presso il citato  Alto
commissariato per l'igiene e la sanita' pubblica  bensi'  all'interno
della trama organizzativa del Ministero della salute e, segnatamente,
nei quadri della direzione generale  delle  professioni  sanitarie  e
delle risorse umane del  Servizio  Sanitario  Nazionale  (cosi'  come
previsto, da ultimo,  dal  decreto  del  Ministero  della  salute  n.
8538508  del  2015,   recante   la   "Individuazione   degli   uffici
dirigenziali di livello non generale"). 
    8.1.3.- Ancora, va segnalato che i componenti  della  Commissione
di nomina governativa - alla cui designazione contribuisce in termini
evidentemente determinanti, per  ragioni  di  competenza,  il  citato
dicastero  della  salute  -  sono  tratti  da  tale  ultimo  comparto
ministeriale. 
    8.2.- In conclusione, in esito a tale sviluppo  diacronico  della
normativa di riferimento e limitando, per ora, il discorso all'organo
in questione nella sua esclusiva composizione volta alla  definizione
degli affari inerenti alla professione  odontoiatrica  (di  immediata
pertinenza dei due giudizi principali),  viene  ad  evidenza  che  lo
stesso  risulta  costituito  da  nove  membri:  il   presidente   (un
Consigliere di Stato); un membro del Consiglio superiore di  sanita';
due dirigenti, con ruoli e competenze diverse, comunque scelti tra  i
funzionari del Ministero della salute; cinque odontoiatri, componenti
effettivi (secondo comma, lettera e), della norma censurata). 
    9.-  Le  funzioni  svolte  da  detta  Commissione,   secondo   un
orientamento consolidato nella giurisprudenza di  legittimita',  sono
da considerarsi «funzioni di giurisdizione speciale» (Cass.,  sezioni
unite civili, 7 agosto 1998, n. 7753). 
    Tale  conclusione,  oltre  a  trovare  una  conferma   (di   mera
definizione e non di  disciplina)  nell'art.  15,  comma  3-bis,  del
decreto-legge n. 158 del 2012, convertito  nella  legge  n.  189  del
2012, e' stata fatta propria da questa Corte con la sentenza  n.  193
del 2014; decisione, quest'ultima, in  forza  della  quale  la  norma
censurata e' stata dichiarata  costituzionalmente  illegittima  nella
parte in  cui  non  prevedeva  la  nomina  di  membri  supplenti  che
consentano la formazione, per numero  e  categoria,  di  un  collegio
giudicante  diversamente  composto  rispetto  a  quello   che   abbia
pronunciato  una  decisione  annullata  con  rinvio  dalla  Corte  di
cassazione. 
    10.- Si pone, in coerenza, il problema della compatibilita' della
composizione  di  detta  Commissione  con  la  natura  di  organo  di
giurisdizione speciale. 
    10.1.-  E'  costante,  nella  giurisprudenza  di  questa   Corte,
l'affermazione in forza  della  quale  indipendenza  e  imparzialita'
devono    ritenersi    connotazioni    imprescindibili    dell'azione
giurisdizionale, sia essa esercitata  dalla  magistratura  ordinaria,
dagli organi di giurisdizione speciale costituzionalizzati  (ex  art.
103 Cost.: Consiglio di Stato, Corte dei conti, Tribunali  militari),
dai giudici speciali pre-costituzionali ritenuti compatibili  con  la
carta  costituzionale  (artt.  108  Cost.  e  VI  delle  disposizioni
transitorie e finali della Costituzione), dalle sezioni specializzate
della giurisdizione ordinaria, composte anche da giudici  non  togati
ex art. 102, secondo comma, Cost. (ex plurimis la sentenza n. 193 del
2014,  gia'  citata,  che  aveva  ad  oggetto  lo  stesso  organo  di
giurisdizione speciale oggetto della  attuale  disamina;  ancora,  le
sentenze n. 353 del 2002, sulla composizione del Tribunale  regionale
delle acque pubbliche e n. 262 del  2003,  sulla  composizione  della
sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura). 
    L'indicazione di principio contenuta nel secondo comma  dell'art.
101 Cost. («I giudici sono soggetti solo alla legge») deve,  infatti,
essere   indistintamente   riferibile   a   tutti   gli   organi   di
giurisdizione. 
    10.2.-   L'indipendenza,   essendo   finalizzata   ad    impedire
l'esistenza di collegamenti istituzionali destinati ad incidere sulla
autonomia decisionale del giudice, costituisce il  primo  presupposto
(cosi' la sentenza n. 128 del 1974,  a  proposito  dei  poteri  delle
autorita' portuali),  lo  strumento  imprescindibile  per  garantirne
l'imparzialita'. 
    Esclusa    l'indipendenza    dell'organo    giudicante,     viene
istituzionalmente meno, in coerenza, la possibilita' di  configurarne
l'attivita' in termini di imparzialita'. 
    10.3.- Il nucleo fondante le due questioni sottoposte nei giudizi
principali  ruota,  pertanto,  intorno  alla   lamentata   violazione
dell'art. 108, secondo comma, Cost. 
    10.3.1.- La prerogativa in disamina non puo'  -  e'  ben  vero  -
ritenersi caratterizzata da tratti identici, quale che sia il tipo di
giurisdizione  oggetto  di  valutazione:  manca  nella  Costituzione,
infatti, una nozione unitaria di indipendenza. 
    Sia l'art. 100,  terzo  comma,  riferibile  ai  giudici  speciali
assentiti dalla Costituzione, Consiglio di Stato e Corte  dei  conti,
che l'art. 108, secondo  comma,  relativo  alle  ulteriori  forme  di
giurisdizione diverse da quella ordinaria,  sono,  infatti,  norme  a
"fattispecie aperta" giacche'  dettano  solo  il  principio  generale
lasciando al legislatore  ordinario  il  compito  di  specificare  il
contenuto effettivo della relativa disciplina. 
    Del resto, come gia' evidenziato da questa Corte (sentenza n. 108
del 1962, in tema di sezioni specializzate agrarie) la definizione di
indipendenza da attagliare ai giudici speciali non puo' che risentire
delle  diversita'  delle   strutture   statali,   delle   epoche   di
riferimento, della varieta' dei tipi di giurisdizione avuto  riguardo
alla  peculiarita'  di  materia,  situazioni  soggettive  e  rapporti
oggetto della specifica attivita' decisoria. 
    10.3.2.- Va tuttavia escluso che i precetti costituzionali  sopra
indicati possano essere interpretati nel senso  dell'affidamento,  al
legislatore,  di  un'assoluta  discrezionalita'  nell'individuare   i
tratti fondanti la garanzia di  indipendenza  dei  giudici  speciali,
quasi a voler ritenere di per se'  sufficiente  la  sola  previsione,
contenuta nella Costituzione, della riserva di legge (in  termini  la
citata sentenza n. 108 del 1962). 
    Spetta, piuttosto, all'interprete, e nel caso alla  stessa  Corte
costituzionale,  individuare  e  definire  i  requisiti  minimi   che
consentano  una  verifica  di  costituzionalita'   delle   norme   di
riferimento quanto alla garanzia di indipendenza dei giudici speciali
che le stesse devono mirare ad assicurare. 
    11.- Cio' premesso, va osservato come nella stessa prospettazione
delle  due  questioni  offerta  dalla  Corte  rimettente  non   viene
contestata la particolare collocazione della  Commissione  presso  un
Ministero  di  settore,  a  differenza  di  quanto   tradizionalmente
previsto per le altre categorie professionali, che vedono ascritta la
relativa attivita' di vigilanza al Ministero della  giustizia.  Anzi,
e' a dirsi che tale collocazione sembra porsi in  sintonia  con  vari
orientamenti di dottrina e diversi progetti di riforma che  auspicano
un maggiore collegamento  con  quei  Ministeri  che,  per  competenze
specifiche, sono in grado di svolgere detta funzione di vigilanza  in
modo piu' appropriato: si veda, al fine, quanto avvenuto in  sede  di
conversione, con la legge 28  febbraio  2008,  n.  31,  del  d.l.  31
dicembre 2007, n. 248 (Proroga dei termini previsti  da  disposizioni
legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria), occasione
nella quale e' stato introdotto l'art. 24-sexies  che  ha  modificato
l'art. 29 della legge 18 febbraio  1989,  n.  56  (Ordinamento  della
professione di  psicologo),  cosi'  sostituendo  il  Ministero  della
giustizia con  quello  della  salute  per  quanto  concerne  l'Ordine
professionale degli psicologi. 
    11.1.- Ne' appare rilevante la presenza, in se'  considerata,  di
componenti  di  nomina  governativa  nella  Commissione,  incardinati
all'interno dello stesso dicastero presso il quale risulta  collocato
l'organo in disamina nonche' designati con il contributo determinante
del medesimo Ministero della salute. 
    Nell'esperienza  interpretativa  di  questa  Corte,  e'  costante
l'insegnamento in forza del quale, in linea  di  principio,  fonte  e
modalita' della nomina sono momenti non decisivi  nella  verifica  di
legittimita' costituzionale inerente ai parametri della  indipendenza
e della imparzialita',  assumendo,  piuttosto,  rilievo  centrale  il
grado  di  autonomia  che  il  legislatore  ha  garantito  all'organo
giurisdizionale  rispetto  all'autorita'  designante   nel   concreto
esercizio della funzione (per tutte si veda  la  sentenza  n.  1  del
1967, relativa alla nomina governativa dei componenti  la  Corte  dei
conti, precedente costantemente richiamato  dai  numerosi  interventi
successivi in tal senso  resi  dalla  Corte,  tra  i  quali  meritano
menzione le sentenze n. 49 del 1968, relativa alle commissioni per il
contenzioso elettorale e n. 196 del 1982, riferita  alle  commissioni
tributarie). 
    12.- Nelle  ordinanze  di  rimessione,  piuttosto,  si  porta  ad
evidenza  un  dato  che,  malgrado  la  sua   rilevanza,   e'   stato
costantemente trascurato  nei  precedenti  interventi  assunti  dalla
stessa  Corte  rimettente  sul  tema  della  indipendenza   e   della
imparzialita' della  Commissione,  sistematicamente  sfociati  in  un
giudizio di manifesta infondatezza delle questioni di volta in  volta
sollecitate dalle parti private interessate. 
    Va  rimarcato,  infatti,  che  in  piu'  occasioni   il   Giudice
remittente aveva ritenuto infondati i  dubbi  di  legittimita'  sulla
composizione della Commissione. Con le ordinanze qui considerate,  lo
si afferma espressamente, si «intende rimeditare tale orientamento». 
    12.1.- Ci si riferisce alla posizione processuale da assegnare al
Ministero  della  salute,  descritto  dalla  Corte  rimettente  quale
contraddittore necessario nel procedimento che si svolge innanzi alla
Commissione. 
    In linea con quanto osservato nelle due ordinanze di  rimessione,
e' costante l'orientamento interpretativo espresso dalla stessa Corte
di  cassazione  in  ordine  al  ruolo  di  litisconsorte   necessario
rivestito  dal  citato  Ministero  nei  procedimenti  trattati  dalla
Commissione (cfr. ex plurimis Cass. 20 luglio 2011, n.  15889;  Cass.
27 maggio 2011, n. 11755; Cass.,  Sezioni  unite  civili,  26  maggio
1998, n. 5237). Cio', del resto, in piena coerenza con  i  poteri  di
iniziativa (si vedano gli artt. 11 del d.lgs. C.p.S. n. 233 del  1946
e 38 del d.P.R. n. 221 del 1950)  e  perfino  decisori  (in  caso  di
inerzia degli organi competenti: si veda l'art. 48 del d.P.R.  citato
da ultimo, dettato in materia disciplinare, nonche' l'art. 12, stesso
testo, avuto riguardo alla  cancellazione  dall'albo)  attribuiti  al
Ministero  in  questione,  subentrato,  in  esito   alla   evoluzione
normativa  gia'  accennata,  nella  relativa  posizione  al  Prefetto
territorialmente competente. 
    Si delinea, in coerenza, un ruolo del Ministero caratterizzato da
compiti  attivi  e  di  non  indifferente  rilievo  sin  dalla   fase
amministrativa che precede la verifica di appello di competenza della
Commissione (ai sensi dell'art. 49 del d.P.R. n.  221  del  1950,  al
Ministro va data notizia della pendenza del procedimento disciplinare
dallo stesso non proposto). Ed in tale cornice sistematica, trova una
linea di continuita' l'insieme delle disposizioni normative  chiamate
a  definire  la  posizione  processuale  del  Ministero  nelle   fasi
giurisdizionali pendenti innanzi la Commissione e successivamente  in
Cassazione, nel possibile epilogo di legittimita'. 
    La conclusione rivendicata dalla Corte rimettente trova  conferma
nella prevista possibilita', per il Ministro, di adire la Commissione
per contestare le decisioni assunte  nella  fase  amministrativa  (ex
art. 53 del d.P.R.  n.  221  del  1950);  appare,  inoltre,  radicata
nell'obbligo, per il sanitario che impugna, di notificare il  ricorso
al  Ministro  (ex  art.  54   stesso   regolamento)   nonche'   nella
possibilita', per l'organo di vigilanza, di impugnare  in  cassazione
le decisioni  della  commissione  stessa  (ex  art.  68,  sempre  del
regolamento, per motivi di giurisdizione, come espressamente previsto
dall'art. 19 del d.lgs. C.p.S. n. 233 del 1946, in linea  con  l'art.
362 cod. proc. civ.; o, ancora, per violazione di legge,  secondo  la
previsione generale sancita dal settimo  comma  dell'art.  111  della
Costituzione). 
    Dati, questi ultimi, che non lasciano margini di dubbio in ordine
al necessario coinvolgimento del Ministero nel giudizio che si svolge
innanzi la Commissione. 
    12.2.- Una conclusione siffatta non trova smentita nel precedente
della Corte di cassazione (Cass. 27 agosto 1999, n.  8995)  segnalato
dalla difesa della Presidenza del Consiglio a sostegno di una diversa
interpretazione del dato normativo di riferimento. 
    Nell'occasione,  infatti,  la  Corte  di  legittimita'   ebbe   a
considerare il diverso profilo  della  pretermissione  del  Ministero
dalla  fase  amministrava  pendente  innanzi  al  competente   ordine
professionale,  in  violazione  del   disposto   dell'art.   49   del
regolamento di cui al d.P.R. n. 221 del  1950.  Vizio,  quest'ultimo,
destinato a mantenersi all'interno del solo  perimetro  afferente  la
natura amministrativa della decisione adottata dal competente  organo
professionale,  senza  evocare,  dunque,  i  principi,  di  carattere
processuale, legati al ruolo di litisconsorte necessario ascritto  al
Ministero  nelle  successive  fasi  giurisdizionali,  di   merito   e
legittimita'. Ruolo costantemente ribadito dalla stessa Corte  e  non
contraddetto dalla citata decisione. 
    13.-  La  posizione  del  Ministero,  quale  parte  del  relativo
procedimento che si svolge innanzi  alla  Commissione,  innalza,  per
forza di cose, il livello dei presidi da precostituirsi da parte  del
legislatore utili a garantire l'indipendenza e l'imparzialita'  delle
funzioni giurisdizionali esercitate dal citato organo. 
    13.1.- Cio' non porta ad affermare, va subito  chiarito,  che  da
tale coinvolgimento processuale derivi, aprioristicamente, un difetto
di indipendenza in capo ai componenti di derivazione ministeriale: la
partecipazione al giudizio della amministrazione  di  designazione  e
appartenenza di uno o piu' componenti  l'organo  giurisdizionale  non
puo'  ritenersi,  infatti,  indice  indiscusso   della   carenza   di
indipendenza e imparzialita' del decidente. 
    13.1.1.-  Va  rimarcato  infatti  che,  nei  casi  in  cui   tale
contestuale   correlazione   ha   portato   alla   declaratoria    di
illegittimita' costituzionale per la violazione del parametro di  cui
al secondo comma dell'art. 108 Cost., a  tale  soluzione  non  si  e'
pervenuto, da parte di questa Corte, solo in forza  del  collegamento
che corre tra potere di designazione, possibile  dipendenza  organica
del   componente   designato    e    partecipazione    al    giudizio
dell'amministrazione di riferimento. 
    In tali occasioni l'amministrazione coinvolta, oltre  a  prendere
parte al procedimento giurisdizionale, aveva anche reso la  decisione
oggetto di contestazione  e  contribuiva,  al  contempo,  a  comporre
l'organo giurisdizionale chiamato a definirne  l'impugnazione  (cosi'
la sentenza n. 158 del 1995, relativa alla  commissione  dei  ricorsi
contro le decisioni dell'Ufficio  italiano  brevetti  e  marchi,  che
vedeva la partecipazione  del  direttore  dell'ufficio  centrale  dei
brevetti;  ancora,  la  sentenza  n.  133  del  1963,  relativa  alle
decisioni del Ministro della marina mercantile sui  ricorsi  proposti
avverso la determinazione  delle  indennita'  di  requisizione  delle
navi). 
    Si verificava, in altre parole, una inaccettabile sovrapposizione
della  funzione  decisoria   nelle   due   fasi,   amministrativa   e
giurisdizionale,  destinata   a   mettere   radicalmente   in   crisi
l'indipendenza e l'imparzialita' di giudizio del decidente. 
    13.1.2.- Tanto non si riscontra nel caso in  disamina.  Piuttosto
va ribadito che il sistema costituzionale non rifiuta,  in  linea  di
principio, commistioni potenziali  favorite  dalla  designazione,  di
matrice governativa o  politica,  di  soggetti  chiamati  a  comporre
organi  di  giurisdizione  speciale  aventi  competenze   che   siano
destinate ad incidere su  interessi  di  rilievo  collettivo  sottesi
all'azione dell'autorita' designante. Ma, al contempo, non  puo'  non
imporre una pluralita' di presidi  -  predeterminati  ex  lege  nella
regolamentazione dei criteri di  composizione  e  costituzione  degli
organi speciali  -  che  garantiscano,  malgrado  tali  correlazioni,
l'indipendenza del  giudicante  dall'amministrazione  di  riferimento
comunque coinvolta nel relativo giudizio. E cio'  a  maggior  ragione
quando, come avviene per la Commissione di cui alla norma  sottoposta
a verifica di  legittimita'  costituzionale,  l'organo  decidente  e'
composto, sia pure in quota minima, da soggetti comunque legati  alla
pubblica amministrazione che si trovi ad essere una delle  parti  del
giudizio, in quanto gestisce o  concorre  a  gestire  un  determinato
settore di attivita' coinvolto dal relativo contenzioso (in  termini,
la gia' richiamata sentenza n. 353 del 2002, che ha avuto ad  oggetto
la nomina di un funzionario del Provveditorato alle  opere  pubbliche
quale componente del Tribunale superiore delle acque pubbliche). 
    In  siffatti  casi,  cresce,  di  pari   passo,   l'esigenza   di
determinatezza  dei  momenti  di  garanzia  attraverso  i  quali   il
legislatore   ordinario   finisce   per   assicurare   l'indipendenza
dell'organo di giurisdizione speciale. 
    14.- Il dato normativo di riferimento, in primo luogo,  non  puo'
prescindere dalla puntuale  e  rigorosa  previsione  degli  strumenti
attraverso i quali, nei termini di volta in volta ritenuti confacenti
in ragione della diversa  peculiarita'  della  singola  giurisdizione
speciale, vengano  garantiti  effettivi  momenti  di  cesura  tra  il
componente designato e l'amministrazione di  provenienza,  una  volta
che si sia provveduto alla designazione. 
    Sotto questo profilo, sono da ritenersi  decisivi  i  riferimenti
che  la  giurisprudenza  di  questa  Corte  suole  fare  allo  status
giuridico, economico e  disciplinare  dei  componenti  designati  una
volta effettuata la nomina e,  dunque,  nel  corso  del  mandato  (in
termini, oltre alla  citata  sentenza  n.  353  del  2002,  anche  la
sentenza n. 30 del 1967, resa  con  riferimento  alla  competenza  in
materia  di   contenzioso   elettorale   della   Giunta   provinciale
amministrativa composta  anche  da  funzionari  statali;  ancora,  la
sentenza n. 451 del 1989, sempre in  tema  di  componenti  la  Giunta
provinciale amministrativa, chiamata a statuire sui  tributi  locali;
la sentenza n. 164 del 1976, relativa alle competenze giurisdizionali
del Comandante di porto). 
    Intervenendo  sullo   status   del   designato,   la   previsione
legislativa   deve,   in   definitiva,   garantire   una   sorta   di
neutralizzazione   preventiva   delle   possibili    situazioni    di
condizionamento  che  possano,   anche   teoricamente,   mettere   in
discussione l'autonomia di giudizio dell'organo decidente. 
    14.1.- La stessa  fase  della  nomina  dei  soggetti  chiamati  a
comporre l'organo di giurisdizione speciale, in  genere  estranea  al
giudizio sulla indipendenza, finisce per assumere rilievo in siffatti
casi. 
    Non a caso, del resto, la Corte, nelle situazioni nelle quali  ha
avuto modo di riscontrare la sussistenza  di  importanti  profili  di
collegamento tra l'amministrazione designante e il soggetto nominato,
anche e soprattutto nel corso del mandato, ferma l'indifferenza della
fonte governativa  della  nomina,  ha  comunque  ritenuto  necessario
individuare,   a   monte,   al   momento   della   designazione,   la
predeterminazione  legislativa  di  adeguati  criteri  selettivi  dei
componenti designati rispetto alla funzione da assumere (si  veda  la
sentenza n. 177  del  1973,  relativa  alla  nomina  governativa  dei
componenti il Consiglio di Stato, i cui principi sono stati  ribaditi
anche con le sentenze n. 25 del 1976 e n.  316  del  2004  quando  la
Corte ha avuto modo  di  interessarsi  delle  vicende  relative  alla
nomina, da parte del Presidente  della  Regione  Sicilia,  di  alcuni
membri  del  Consiglio  di  giustizia  amministrativa).  Cio'   nella
convinzione che il profilo afferente l'"idoneita'"  del  designato  -
valore espressamente previsto dal secondo comma dell'art. 102  Cost.,
di fatto ribadito anche guardando  alla  nomina  dei  consiglieri  di
cassazione per meriti insigni in forza del terzo comma dell'art.  106
della Carta - rappresenta,  per  un  verso,  requisito  di  pregnanza
generale destinato ad esondare dagli argini di immediato  riferimento
normativo; per altro  verso,  strumento  di  opportuna  delimitazione
dello spazio di  discrezionalita'  del  soggetto  che  provvede  alla
nomina, rafforzando, cosi', al contempo, l'autonomia del designato. 
    14.2.- Si aggiunga, inoltre,  il  profilo  della  riconferma  del
mandato alla data della sua scadenza naturale. 
    La possibilita' di  rinnovare  l'incarico  e'  stata  considerata
dalla Corte una potenziale ragione di indebolimento dell'indipendenza
riferibile al componente perche' idonea a rappresentare  un  filo  di
collegamento  persistente  con  l'organo  competente,   destinato   a
mantenersi costante, in termini di prospettiva, lungo  l'intero  arco
temporale che connota il mandato (in termini, la sentenza n.  49  del
1968, relativa ai componenti  dei  Tribunali  amministrativi  per  il
contenzioso  elettorale  nominati  dai  Consigli  regionali  e  dalla
assemblea dei consiglieri provinciali della regione; la  sentenza  n.
25 del 1976, gia' citata;  infine,  la  sentenza  n.  281  del  1989,
relativa alla riconferma del mandato dei componenti delle Commissioni
comunali di prima istanza per i tributi locali). 
    15.- Fatte queste premesse, non puo'  non  evidenziarsi  come  la
normativa censurata non offra tali garanzie. La disciplina sottoposta
a  scrutinio  non  regge,  infatti,  l'impatto  della   verifica   di
legittimita' costituzionale  sollecitata  con  le  due  ordinanze  di
rimessione in disamina, soprattutto ove si consideri  anche  il  gia'
citato ruolo di parte assunto dal Ministero nei procedimenti trattati
dalle Commissioni. 
    I seguenti  motivi  portano  pertanto  questa  Corte  a  ritenere
fondate le questioni di legittimita' proposte. 
    15.1.- La nomina dei componenti di  matrice  ministeriale  appare
sganciata da ogni riferimento normativo che valga  preventivamente  a
determinarne l'ambito attitudinale e le competenze,  indicazioni  non
validamente surrogate dal generico riferimento alla qualifica che gli
stessi devono rivestire. 
    La discrezionalita' lasciata sul tema  all'autorita'  governativa
finisce, dunque, con l'assumere un rilievo non indifferente. 
    15.2.- La possibile conferma del mandato, anche  questa  lasciata
alla mera  discrezionalita'  dell'autorita'  designante,  costituisce
ulteriore e ancor piu'  decisivo  fattore  di  disvalore  nell'ottica
della autonomia garantita al designato nel corso del mandato. 
    15.3.- Quanto al profilo della possibile revoca, e' ben vero che,
nel caso, il  mandato  e'  normativamente  previsto  per  un  congruo
periodo di tempo e che la revoca dello stesso presuppone un  percorso
che  garantisca   comunque   il   contraddittorio   dell'interessato;
argomento, quest'ultimo, non di rado utilizzato dalla stessa Corte di
cassazione nel fondare le decisioni di manifesta infondatezza rese in
precedenza.  Ma   si   tratta   di   garanzie,   quelle   di   natura
procedimentale,  offerte  a  tutti  i  funzionari   delle   pubbliche
amministrazioni,  a  prescindere  dalle  funzioni  svolte,   comunque
caratterizzate da un  modesto  rilievo  complessivo  a  fronte  della
mancata tipizzazione legislativa delle ragioni  giustificative  della
possibile revoca. 
    15.4.- Assume decisivo rilievo, soprattutto,  la  circostanza  in
forza della quale i citati componenti rimangono incardinati, dopo  la
designazione, nella stessa amministrazione di riferimento: lo  status
economico e giuridico del dirigente scelto non muta, infatti, dopo la
nomina, nonostante la quale l'attivita' dello stesso dirigente rimane
soggetta anche al controllo disciplinare del Ministero designante. 
    16.- Emergono, dunque,  con  immediata  evidenza,  i  vincoli  di
soggezione con una delle parti del procedimento destinati a porsi  in
aperto contrasto, gia' sul piano della mera apparenza esterna, con  i
caratteri  di  indipendenza  e  imparzialita'  che  devono   colorare
l'azione giurisdizionale. 
    16.1.-  Si  consideri,  tra  tutte  le  ragioni   di   soggezione
potenzialmente in grado  di  incidere  sull'autonomia  decisoria  del
componente  e  conseguentemente  dell'organo,  quella  immediatamente
legata all'azione disciplinare. Il componente di matrice governativa,
resta, infatti, attratto, anche  per  le  condotte  legate  all'agire
della Commissione, al potere dell'amministrazione di appartenenza (ex
art. 18, lettera b), del d.lgs. C.p.S. n. 233 del 1946  che  delimita
espressamente la verifica domestica della  Commissione  sul  tema  ai
soli componenti di matrice professionale). Il che equivale a dire che
una delle parti dei giudizi trattati dalla Commissione e' legittimata
a verifiche disciplinari sul comportamento  di  uno  dei  membri  del
collegio decidente, compresi gli aspetti legati  alla  partecipazione
alla Commissione. 
    Tanto   mette   definitivamente   in    discussione    il    tema
dell'indipendenza, prerogativa posta ancora di piu' in  crisi  se  si
considera che l'azione disciplinare si potrebbe prestare a manovre di
allontanamento del soggetto interessato destinate  a  concretare  una
revoca del mandato tanto implicita quanto indebita. 
    Ipotesi, quest'ultima, destinata a porsi  in  evidente  contrasto
con il requisito della inamovibilita', ritenuto dalla Corte  presidio
di indipendenza  dell'azione  dei  giudici  speciali,  pur  dovendosi
attagliare   il   relativo   principio   alle   peculiarita'    della
giurisdizione di riferimento (si veda la sentenza n.  103  del  1964,
sulle Commissioni distrettuali delle imposte dirette; la sentenza  n.
33  del  1968,  avente   ad   oggetto   la   Giunta   giurisdizionale
amministrativa della Valle d'Aosta; la  sentenza  n.  107  del  1994,
relativa agli organi di giustizia tributaria). 
    17.-  Guardando,  infine,  al  perimetro  delineato   dalle   due
ordinanze di rimessione, va precisato  che  le  questioni,  nel  loro
portato effettivo, riguardano esclusivamente i primi due commi  della
norma censurata nelle sole parti in cui si fa riferimento alla nomina
dei componenti di derivazione ministeriale. Le ulteriori disposizioni
della  stessa  sono,  infatti,  oggettivamente  estranee  ai  rilievi
sollevati dalla Corte rimettente. 
    17.1.- Poiche', poi, i  due  giudizi  principali  involgono  temi
afferenti la professione odontoiatrica, essendo questa la derivazione
professionale  delle  due  parti  private  ricorrenti  in   sede   di
legittimita', le  questioni  devono  ritenersi  dotate  di  immediata
rilevanza limitatamente  alla  composizione  della  sola  Commissione
chiamata  a  definire  gli  oggetti  di  competenza  della   suddetta
categoria professionale. 
    La declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  e',  dunque,
destinata a cadere sul disposto del primo comma della norma censurata
(nella  parte  in  cui,  grazie  alle  modifiche  di  sistema   sopra
anticipate, viene prevista oggi la partecipazione  all'organo  di  un
dirigente di  seconda  fascia  del  Ministero  della  salute),  letto
congiuntamente alla lettera e) del secondo comma della  stessa  norma
(il  quale  si  riferisce,  per  l'appunto,  alla   categoria   degli
odontoiatri e  contiene  il  riferimento  al  secondo  componente  di
derivazione   ministeriale   scelto   all'interno   della    medesima
amministrazione centrale). 
    17.2.- E' del tutto  evidente,  tuttavia,  che  le  problematiche
rilevate  riguardano,  in  termini  certamente  analoghi,  tutte   le
categorie professionali prese in considerazione  dalla  normativa  di
riferimento: e', infatti, identico, guardando alla  formazione  della
Commissione di volta in volta competente a  seconda  della  categoria
professionale interessata, il percorso  che,  grazie  alla  combinata
lettura dei primi due commi della norma censurata, porta alla  nomina
dei due componenti scelti tra i dirigenti del Ministero della salute. 
    Seguendo la linea gia' tracciata dalla sentenza n. 193 del  2014,
ne consegue l'illegittimita', ai sensi dell'art. 27  della  legge  11
marzo 1953, n. 87, della norma censurata anche nella  parte  relativa
alle Commissioni centrali  afferenti  gli  esercenti  le  professioni
sanitarie diverse da quella odontoiatrica  (secondo  comma  dell'art.
17, lettere dalla a) alla d)  letto  congiuntamente  al  primo  comma
della stessa norma) . 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 17, primo e
secondo  comma,  lettera  e),  del  decreto  legislativo   del   Capo
provvisorio dello Stato 13 settembre  1946,  n.  233  (Ricostituzione
degli  Ordini  delle  professioni  sanitarie  e  per  la   disciplina
dell'esercizio delle professioni stesse), nelle parti in  cui  si  fa
riferimento alla nomina dei componenti di derivazione ministeriale; 
    2) dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell'art.  27  della
legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme  sulla  costituzione  e   sul
funzionamento   della   Corte    costituzionale),    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 17, primo e secondo comma, lettere  a),  b),
c) e d) del citato d.lgs. C.p.S. n. 233 del 1946, nelle parti in  cui
si  fa  riferimento  alla  nomina  dei  componenti   di   derivazione
ministeriale. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 settembre 2016. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                 Augusto Antonio BARBERA, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 7 ottobre 2016. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA