N. 222 ORDINANZA 21 settembre - 12 ottobre 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Esecuzione forzata - Pignoramento, nella  misura  di  un  quinto,  di
  somme dovute da terzi a titolo di stipendio, di salario o di  altre
  indennita' relative al rapporto di lavoro o di impiego. 
- Codice di procedura civile, art. 545, quarto comma. 
-   
(GU n.42 del 19-10-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,  Mario
  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,   Silvana
  SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 545, quarto
comma,  del  codice  di  procedura  civile,  promosso  dal  Tribunale
ordinario di Viterbo, in funzione  di  giudice  dell'esecuzione,  con
ordinanza del 2  dicembre  2015,  iscritta  al  n.  79  del  registro
ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 16, prima serie speciale, dell'anno 2016. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 21 settembre 2016 il  Giudice
relatore Aldo Carosi. 
    Ritenuto che il Tribunale ordinario di Viterbo,  in  funzione  di
giudice dell'esecuzione, con ordinanza in data 2  dicembre  2015,  ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 545,
quarto comma, del codice di procedura civile,  per  violazione  degli
artt. 1, 2, 3, 4 e 36 della Costituzione,  nella  parte  in  cui  non
prevede   l'impignorabilita'   assoluta   di   quella   parte   della
retribuzione  necessaria  a   garantire   al   lavoratore   i   mezzi
indispensabili alle sue esigenze di  vita,  e,  in  via  subordinata,
nella parte in cui non prevede le medesime limitazioni in materia  di
pignoramento di crediti tributari disposte dall'art.  72-ter  (Limiti
di pignorabilita') del decreto del  Presidente  della  Repubblica  29
settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle  imposte
sul reddito), come introdotto dall'art. 3, comma 5, lettera  b),  del
decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di
semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento  delle
procedure di accertamento), convertito, con modificazioni,  dall'art.
1, comma 1, della legge 26 aprile 2012, n. 44; 
    che, secondo quanto riferito dal giudice a quo, la  questione  e'
sorta nell'ambito  di  una  procedura  esecutiva  promossa  da  Banca
Mediolanum spa, ai  danni  del  signor  M.C.,  debitore  della  somma
complessiva di  euro  6.053,48,  oltre  alle  spese  della  procedura
esecutiva; 
    che il terzo pignorato ha reso  dichiarazione  positiva  del  suo
obbligo  di  corrispondere  al   debitore   uno   stipendio   mensile
rispettivamente di euro 600,00  (al  netto  delle  ritenute  previste
dalla legge), comprensivi di assegni familiari per euro 136,54; 
    che secondo il Tribunale rimettente si devono considerare  l'art.
22 del d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797 (Approvazione  del  testo  unico
delle norme concernenti gli assegni familiari), a mente del quale gli
«[...] assegni familiari non possono essere sequestrati, pignorati  o
ceduti se non per causa di alimenti a favore di coloro  per  i  quali
gli assegni sono corrisposti», nonche' l'art. 545, quarto comma, cod.
proc.  civ.  secondo   il   quale,   nel   disciplinare   i   crediti
impignorabili, stabilisce che «Tali somme  possono  essere  pignorate
nella misura di un quinto per  i  tributi  dovuti  allo  Stato,  alle
province e ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito»; 
    che,  pertanto,  prosegue  il  giudice  a   quo,   lo   stipendio
dell'esecutato sarebbe pignorabile fino ad un quinto, ammontante  nel
caso  di  specie  ad  euro  92,69,   per   cui   resterebbero   nella
disponibilita' del medesimo euro 370,66, non risultando agli atti che
questi disponga di altre fonti di sostentamento. Al riguardo, osserva
il Tribunale ordinario di Viterbo che se, invece,  fosse  applicabile
alla fattispecie oggetto del giudizio il  limite  indicato  dall'art.
72-ter del d.P.R. n. 602 del 1973, essendo la somma dovuta  a  titolo
di stipendio inferiore ad euro 2.500,00 mensili,  la  stessa  sarebbe
pignorabile nel limite di un decimo e non di un quinto; 
    che   il   rimettente   dubita,   quindi,   della    legittimita'
costituzionale dell'art. 545, quarto comma, cod.  proc.  civ.,  nella
parte in cui non prevede l'impignorabilita' assoluta di quella  parte
della retribuzione necessaria  a  garantire  al  lavoratore  i  mezzi
indispensabili alle sue esigenze di vita; 
    che lo stesso giudice deduce anche la violazione del principio di
eguaglianza per disparita' di trattamento sia in relazione al diverso
regime afferente al pensionato, quale consolidatosi a  seguito  della
sentenza della Corte n. 506 del 2002, sia,  in  via  subordinata,  in
relazione al regime della riscossione dei  crediti  erariali  fissato
dall'art.  72-ter  del  d.P.R.  n.  602  del  1973,  come  introdotto
dall'art.  3,  comma  5,  lettera  b),  del  d.l.  n.  16  del  2012,
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della l.  n.  44
del 2012; 
    che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei  ministri  per
eccepire la non fondatezza della questione. 
    Considerato che la questione sollevata risulta analoga  a  quella
di cui e' stata dichiarata la  non  fondatezza  in  riferimento  agli
artt. 3 e 36 della Costituzione, con sentenza di questa Corte n.  248
del 2015; 
    che tale sentenza precisava, tra l'altro, che  «la  tutela  della
certezza dei rapporti giuridici, in quanto collegata  agli  strumenti
di protezione del credito personale, non consente di negare in radice
la pignorabilita' degli emolumenti ma di attenuarla  per  particolari
situazioni la cui individuazione e' riservata  alla  discrezionalita'
del legislatore», mentre, con riguardo alla  questione  sollevata  in
riferimento  all'art.  3  Cost.,  sia  in  relazione  al  regime   di
impignorabilita' delle pensioni, sia - in via subordinata -  all'art.
72-ter del d.P.R. n. 602 del  1973,  le  argomentazioni  del  giudice
rimettente non sono state condivise «in ragione  della  eterogeneita'
dei tertia comparationis rispetto alla disposizione impugnata»; 
    che relativamente alla norma impugnata con riferimento agli artt.
1, 2 e 4 Cost., la precitata sentenza n. 248  del  2015  ha  ritenuto
l'inammissibilita' delle censure in quanto prive di un'argomentazione
esaustiva sulle ragioni del preteso contrasto con le norme invocate; 
    che  -  stante  l'identita'  di  contenuto  tra  l'ordinanza   di
rimessione oggetto della  richiamata  pronuncia  del  2015  e  quella
odierna - le  reiterate  questioni  vanno  dichiarate  manifestamente
infondata con riferimento agli artt. 3 e 36 Cost.,  e  manifestamente
inammissibile con riguardo agli artt. 1, 2 e 4 Cost., per  le  stesse
ragioni; 
    che in questo senso la Corte si e' gia' pronunciata con ordinanza
n. 70 del 2016. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara  manifestamente  inammissibile   la   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 545, quarto comma,  del  codice
di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 1,  2  e  4
della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Viterbo,  in  funzione
di giudice dell'esecuzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe; 
    2)  dichiara  la  manifesta  infondatezza  della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 545, quarto comma,  cod.  proc.
civ., sollevata,  in  riferimento  agli  artt.  3  e  36  Cost.,  dal
Tribunale   ordinario   di   Viterbo,   in   funzione   di    giudice
dell'esecuzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 settembre 2016. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                       Aldo CAROSI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 12 ottobre 2016. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA