N. 237 ORDINANZA 21 settembre - 10 novembre 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Processo penale - Richiesta di sospensione del procedimento con messa
  alla prova dell'imputato - Provvedimento del giudice. 
- Codice di  procedura  penale,  artt.  464-quater  e  464-quinquies;
  codice penale, art. 168-bis, secondo e terzo comma. 
(GU n.46 del 16-11-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,  Mario
  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,   Silvana
  SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nei  giudizi   di   legittimita'   costituzionale   degli   artt.
464-quater, commi 1 e 4, e 464-quinquies,  del  codice  di  procedura
penale, e dell'art.  168-bis,  secondo  e  terzo  comma,  del  codice
penale,  promossi  dal  Tribunale  ordinario  di  Grosseto,  con  tre
ordinanze del 10 marzo 2015, rispettivamente iscritte ai nn. 157, 158
e 159  del  registro  ordinanze  2015  e  pubblicate  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 35,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2015. 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 21 settembre 2016 il  Giudice
relatore Giorgio Lattanzi. 
    Ritenuto che, con tre ordinanze del 10  marzo  2015  di  identico
contenuto (r.o. nn. 157, 158 e 159 del 2015), il Tribunale  ordinario
di Grosseto ha sollevato, in riferimento agli  artt.  3,  111,  sesto
comma, 25, secondo comma, e 27, secondo  comma,  della  Costituzione,
una questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  464-quater,
comma 1, del codice di procedura penale,  «nella  parte  in  cui  non
prevede che il giudice, ai  fini  di  ogni  decisione  di  merito  da
assumere nel procedimento speciale di messa alla prova, proceda  alla
acquisizione e valutazione degli atti delle indagini  preliminari  di
cui gia' altrimenti non disponga, restituendoli per l'ulteriore corso
nel caso di  esito  negativo  della  pronuncia  sulla  concessione  o
sull'esito della messa alla prova»; 
    che, con  le  medesime  ordinanze,  il  Tribunale  rimettente  ha
sollevato, in riferimento all'art.  25,  secondo  comma,  Cost.,  una
seconda questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  168-bis,
secondo e terzo comma, del codice penale,  «in  quanto  prescrive  la
applicazione di sanzioni penali legalmente  indeterminate»,  nonche',
in riferimento agli artt. 97, 101 e 111, secondo  comma,  Cost.,  una
terza questione di legittimita' costituzionale dell'art.  464-quater,
comma 4, cod. proc. pen., «nella parte in  cui  prevede  il  consenso
dell'imputato quale condizione di ammissibilita', di validita'  o  di
efficacia   dei   provvedimenti   giurisdizionali   modificativi    o
integrativi del programma di trattamento»; 
    che infine il Tribunale rimettente ha sollevato,  in  riferimento
all'art.  27,  secondo  comma,  Cost.,  una   quarta   questione   di
legittimita' costituzionale degli artt.  464-quater  e  464-quinquies
cod. proc. pen., «in quanto prescrivono la irrogazione ed  esecuzione
di sanzioni penali consequenziali ad un reato  per  cui  non  risulta
pronunciata ne' di regola pronunciabile alcuna condanna definitiva  o
non definitiva»; 
    che il Tribunale rimettente in tre distinti giudizi  procede  nei
confronti di persone imputate del  reato  di  cui  all'art.  186  del
decreto legislativo 30  aprile  1992,  n.  285  (Nuovo  codice  della
strada) (r.o. n. 157 del 2015), del reato di cui agli artt. 110, 112,
primo comma, numero 4), 624 e 625, primo comma, numeri 2), 5)  e  7),
cod. pen. (r.o. n. 158 del 2015), e dei reati di cui all'art. 187 del
d.lgs. n. 285 del 1992 e all'art. 651 cod.  pen.  (r.o.  n.  159  del
2015); 
    che gli imputati hanno chiesto, ai sensi dell'art.  464-bis  cod.
proc. pen., la sospensione del procedimento con messa alla prova; 
    che, ricostruita la disciplina  dell'istituto  della  messa  alla
prova, introdotto dalla legge 28  aprile  2014,  n.  67  (Deleghe  al
Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma  del
sistema sanzionatorio. Disposizioni in  materia  di  sospensione  del
procedimento  con  messa   alla   prova   e   nei   confronti   degli
irreperibili), e ritenuto che la messa  alla  prova  consista  in  un
«trattamento  sanzionatorio   criminale   il   cui   positivo   esito
applicativo darebbe luogo alla causa di  estinzione  del  reato»,  il
Tribunale rimettente osserva come,  secondo  il  vigente  ordinamento
processuale e costituzionale,  l'irrogazione  di  qualsiasi  sanzione
penale «postul[i] l'indefettibile presupposto del  convincimento  del
giudice in ordine alla responsabilita' dell'imputato in relazione  al
reato per cui si procede»; 
    che per contro nel  procedimento  a  citazione  diretta,  in  cui
l'istanza  ex  art.  464-bis  cod.  proc.  pen.  e'  formulata  prima
dell'apertura del dibattimento, la relativa procedura si svolge  allo
stato degli atti del fascicolo del dibattimento, di modo che i  «dati
cognitivi  in  possesso  del  giudice  [...]  risulta[no]  di  regola
largamente insufficient[i]  o  inidone[i]  a  fornire  la  plausibile
rappresentazione del fatto occorrente ai fini della  formulazione  di
alcun giudizio positivo di responsabilita'»; 
    che l'ordinanza con cui il giudice del  dibattimento  dispone  la
sospensione del procedimento con  messa  alla  prova  si  tradurrebbe
percio' in «un provvedimento giurisdizionale  di  irrogazione  di  un
trattamento giuridico di diritto  penale  criminale  suscettibile  di
essere  pronunciato  sul   presupposto   di   un   convincimento   di
responsabilita' di carattere letteralmente assurdo o mendace  poiche'
implicitamente   o    esplicitamente    formulato    nonostante    la
indisponibilita' degli elementi occorrenti a stabilire se alcun fatto
sia avvenuto, come e da chi sia stato commesso  e  quale  ne  sia  la
qualificazione giuridica»; 
    che, pertanto, l'art.  464-quater,  comma  1,  cod.  proc.  pen.,
«nella parte in cui non prevede che  il  giudice,  ai  fini  di  ogni
decisione di merito da assumere nel procedimento  speciale  di  messa
alla prova, proceda alla acquisizione e valutazione degli atti  delle
indagini  preliminari  di   cui   gia'   altrimenti   non   disponga,
restituendoli per l'ulteriore corso nel caso di esito negativo  della
pronuncia sulla concessione o sull'esito della messa alla prova»,  si
porrebbe in contrasto con l'art. 3 Cost.,  «alla  stregua  del  quale
deve  ritenersi  che  le  enunciazioni  consapevolmente  incongrue  o
simulatorie  non  possono  costituire  presupposto  o  strumento   di
trattamenti giuridici»; 
    che sarebbero violati, inoltre, l'art. 111, sesto  comma,  Cost.,
non essendo assolto l'obbligo della  motivazione  del  provvedimento,
l'art. 25,  secondo  comma,  Cost.,  «alla  stregua  del  quale  deve
ritenersi che la punizione criminale puo' essere irrogata in  ragione
di un fatto previsto dalla legge come reato e non  anche  in  ragione
della  plateale  finzione   radicabile   sulla   mera   contestazione
processuale del medesimo», ed infine l'art. 27, secondo comma, Cost.,
in  quanto  il  giudizio  di   responsabilita'   dell'imputato,   che
costituisce il presupposto dell'irrogazione di una pena,  impone  una
«cognizione storica e [una] valutazione giuridica del fatto»; 
    che inoltre il giudice del dibattimento non  potrebbe  effettuare
alcuna valutazione sull'idoneita' o meno del programma di trattamento
- che, secondo la norma censurata, deve avvenire in base ai parametri
di cui all'art. 133 cod. pen. - in quanto «in tutto o in parte ignora
se,  come  e  da  chi  sia  stato  commesso»  il  reato  oggetto   di
imputazione; 
    che il Tribunale  rimettente  ritiene,  poi,  non  manifestamente
infondata, con riferimento al principio di determinatezza delle pene,
sancito dal  secondo  comma  dell'art.  25  Cost.,  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 168-bis, secondo e terzo comma,
cod. pen.; 
    che,   ad   avviso   del   rimettente,   le    norme    censurate
prescriverebbero sanzioni indeterminate, sia sul  piano  qualitativo,
potendo il trattamento a cui l'imputato viene  sottoposto  risolversi
in vincoli  conformativi  e  ablatori  della  liberta'  personale  di
diversa intensita', sia sul piano quantitativo, essendo  la  relativa
durata fissata «soltanto nel minimo (dieci giorni) in relazione  alla
sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica  utilita',  e  totalmente
indeterminata in relazione alla misura  alternativa  dell'affidamento
al servizio sociale»; 
    che questa «indeterminatezza legale» non potrebbe essere  colmata
mediante il ricorso all'applicazione analogica dell'art.  464-quater,
comma 5, cod. proc. pen., che stabilisce soltanto la  durata  massima
della sospensione del processo conseguente alla messa alla  prova,  o
dell'art. 657-bis cod. proc. pen., che stabilisce soltanto i  criteri
di ragguaglio applicabili in sede di  determinazione  della  pena  da
espiare nel caso di esito negativo della prova; 
    che  l'ordinanza  di   rimessione   censura,   altresi',   l'art.
464-quater, comma 4, cod. proc. pen., «nella parte in cui prevede  il
consenso  dell'imputato  quale  condizione  di   ammissibilita',   di
validita'  o   di   efficacia   dei   provvedimenti   giurisdizionali
modificativi o integrativi del programma di trattamento»; 
    che la norma impugnata contrasterebbe con l'art.  101  Cost.,  in
quanto «attribuisce alla volonta' dell'imputato la capacita'  sovrana
di  integrare  la  condizione   meramente   potestativa   cui   resta
insindacabilmente subordinato ogni profilo di  efficacia  formale  ed
utilita' sostanziale del provvedimento giurisdizionale di messa  alla
prova,   nonche'   [...]   dell'intera   procedura   gia'   celebrata
strumentalmente alla pronuncia del medesimo»; 
    che sarebbero violati anche «i principi  costituzionali  di  buon
andamento ed efficienza delle attivita' dei pubblici poteri (art.  97
Cost.) e [i]  principi  di  economicita'  e  ragionevole  durata  del
processo penale (art. 111 comma 2  Cost.)  nella  misura  in  cui  si
stabilisce lo svolgimento di attivita' paragiudiziarie e  giudiziarie
che, senza riguardo al  dispendio  di  tempi  e  risorse  processuali
all'uopo occorrenti, devono essere necessariamente  disimpegnate  dai
competenti pubblici uffici (prima l'ufficio esecuzione penale esterna
e poi il  giudice  procedente)  per  il  solo  fatto  che  ne  faccia
richiesta la stessa  parte  processuale  al  cui  mero  insindacabile
beneplacito, contestualmente, si attribuisce anche la prerogativa  di
deciderne a posteriori la sorte, ossia  addirittura  di  stabilire  a
piacimento se tali attivita', una  volta  che  abbiano  avuto  luogo,
siano state o meno compiute soltanto a titolo di futile  dissipazione
di tempi processuali e denari pubblici»; 
    che, da ultimo, il  giudice  a  quo  ritiene  non  manifestamente
infondata la questione di  legittimita'  costituzionale  degli  artt.
464-quater e 464-quinquies cod. proc. pen., laddove  «prescrivono  la
irrogazione ed esecuzione di sanzioni  penali  consequenziali  ad  un
reato per cui non risulta pronunciata  ne'  di  regola  pronunciabile
alcuna condanna definitiva o non definitiva»; 
    che le norme censurate contrasterebbero con  l'art.  27,  secondo
comma, Cost., «poiche' stabiliscono non tanto una violazione,  quanto
la radicale negazione della garanzia formale racchiusa nel  principio
secondo cui  l'imputato  non  puo'  essere  considerato  e  tantomeno
trattato come colpevole sino alla condanna penale definitiva»,  senza
che vi sia alcuna contrapposta  «esigenza  di  tutela  di  valori  di
dignita' costituzionale pari o superiore»; 
    che, ad avviso del Tribunale rimettente,  non  sarebbe  possibile
un'interpretazione   costituzionalmente   orientata    delle    norme
impugnate, le quali definirebbero «una mera  sequela  di  adempimenti
formali», che impegnano risorse e attivita' non  inferiori  a  quelle
occorrenti per la celebrazione del giudizio  ordinario,  peraltro  in
funzione di «mere  utilita'  erariali  (sfollamento  penitenziario  e
deflazione processuale)»; 
    che, infine, le questioni sollevate sarebbero rilevanti,  dovendo
il Tribunale rimettente  decidere  sull'idoneita'  del  programma  di
trattamento predisposto dall'ufficio di  esecuzione  penale  esterna,
«in  maniera   largamente   incompleta»,   mediante   la   «perplessa
compilazione di un modulo», sulla base dei soli  atti  del  fascicolo
per il dibattimento; 
    che e' intervenuto in tutti i giudizi il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, e ha chiesto che le questioni siano dichiarate inammissibili e
comunque non fondate; 
    che la difesa dello Stato ha  eccepito  l'inammissibilita'  delle
questioni sollevate, in primo  luogo  perche'  «pregiudicat[e]  dalle
gravi  carenze  che  inficiano  la  descrizione   della   fattispecie
sottoposta  all'esame  del   giudice   a   quo,   risultando   omessa
l'indicazione dei dati necessari per  consentire  la  verifica  della
rilevanza delle question[i] propost[e]»; 
    che  le  questione  sarebbero  inammissibili,  inoltre,   perche'
sollevate dal Tribunale rimettente «in termini ipotetici e astratti o
comunque prematuri, che le rendono non rilevanti nel giudizio a quo»; 
    che,  nel  merito,  le  questioni  sarebbero  infondate,  perche'
l'istituto della messa alla prova - peraltro  gia'  sperimentato  nel
nostro ordinamento in ambito minorile -  persegue,  accanto  a  scopi
deflativi, una finalita' riparatoria e risocializzante, rispetto alla
quale non rileva la ricostruzione del fatto di reato in tutte le  sue
componenti   oggettive   e   soggettive,   ne'   l'attribuzione    di
responsabilita'. 
    Considerato che i giudizi vertono  sulle  medesime  disposizioni,
sicche' ne appare opportuna la riunione, ai  fini  di  una  decisione
congiunta; 
    che   l'Avvocatura   generale    dello    Stato    ha    eccepito
l'inammissibilita'  delle  questioni  sollevate,  rilevando  che   le
ordinanze di rimessione non contengono alcuna indicazione,  non  solo
dei fatti di reato contestati agli imputati, ma anche  dell'esistenza
delle condizioni richieste dall'art. 168-bis del  codice  penale  per
l'applicazione della messa alla prova e  non  chiariscono  per  quale
ragione  i  programmi  di  trattamento  elaborati   dall'ufficio   di
esecuzione penale esterna, allegati alle istanze degli imputati,  non
sarebbero completi ed esaustivi; 
    che l'eccezione e' fondata; 
    che, infatti, le tre  ordinanze  di  rimessione,  non  contengono
alcuna  descrizione  dei  fatti  oggetto  dei   giudizi   a   quibus,
limitandosi ad indicare, con il  solo  numero,  le  disposizioni  che
prevedono i reati contestati agli imputati, senza neppure riportare i
relativi capi di imputazione; 
    che inoltre nulla si dice sull'esistenza, nei casi di specie, dei
requisiti  soggettivi  previsti  dall'art.  168-bis  cod.  pen.   per
l'applicazione della messa alla prova; 
    che, come  la  giurisprudenza  di  questa  Corte  ha  piu'  volte
precisato, «l'omessa o insufficiente descrizione  della  fattispecie,
non emendabile mediante la diretta lettura degli atti,  impedita  dal
principio di autosufficienza dell'atto  di  rimessione,  preclude  il
necessario controllo in punto di  rilevanza»  (sentenza  n.  338  del
2011; ordinanze nn. 196 e 55 del 2016, n. 162 del 2015 e  n.  99  del
2013); 
    che  pertanto   le   questioni   proposte   sono   manifestamente
inammissibili. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi dinanzi  alla
Corte costituzionale. 
      
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    dichiara   manifestamente   inammissibili   le    questioni    di
legittimita' costituzionale dell'art. 464-quater, comma 1, del codice
di procedura penale, in riferimento agli artt. 3, 111,  sesto  comma,
25, secondo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione; dell'art.
168-bis, secondo e terzo comma, del  codice  penale,  in  riferimento
all'art. 25, secondo comma, Cost.;  dell'art.  464-quater,  comma  4,
cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 97,  101  e  111,  secondo
comma, Cost., e degli artt. 464-quater  e  464-quinquies  cod.  proc.
pen., in riferimento all'art. 27, secondo comma, Cost., sollevate dal
Tribunale  ordinario  di  Grosseto,  con  le  ordinanze  indicate  in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 settembre 2016. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                     Giorgio LATTANZI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 10 novembre 2016. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA