N. 278 SENTENZA 9 novembre - 16 dicembre 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Contenzioso tributario - Spese del giudizio  -  Condanna  alle  spese
  nella fase cautelare. 
- Decreto legislativo 24  settembre  2015,  n.  156  (Misure  per  la
  revisione della  disciplina  degli  interpelli  e  del  contenzioso
  tributario, in attuazione degli articoli 6, comma 6, e 10, comma 1,
  lettere a) e b), della legge 11 marzo 2014, n. 23), art.  9,  comma
  1, lettera f), nella  parte  in  cui  introduce  l'art.  15,  comma
  2-quater,  del  decreto  legislativo  31  dicembre  1992,  n.   546
  (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al
  Governo contenuta nell'art. 30 della legge  30  dicembre  1991,  n.
  413). 
-   
(GU n.51 del 21-12-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 1,
lettera f), del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156 (Misure
per la revisione della disciplina degli interpelli e del  contenzioso
tributario, in attuazione degli articoli 6, comma 6, e 10,  comma  1,
lettere a) e b), della legge 11 marzo 2014, n. 23),  nella  parte  in
cui introduce l'art. 15, comma 2-quater, del decreto  legislativo  31
dicembre 1992,  n.  546  (Disposizioni  sul  processo  tributario  in
attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge
30 dicembre 1991, n.  413),  promosso  dalla  Commissione  tributaria
provinciale di Treviso nel procedimento vertente tra M.F. e l'Agenzia
delle entrate,  Direzione  provinciale  di  Treviso,  ed  altra,  con
ordinanza del  15  gennaio  2016  iscritta  al  n.  99  del  registro
ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 21, prima serie speciale, dell'anno 2016. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 9 novembre  2016  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 15 gennaio 2016, la Commissione  tributaria
provinciale  di  Treviso  ha  sollevato  questione  di   legittimita'
costituzionale,  per  violazione  dell'art.  76  della  Costituzione,
avente ad  oggetto  l'art.  9,  comma  1,  lettera  f),  del  decreto
legislativo 2015, n. 156 (Misure per la  revisione  della  disciplina
degli interpelli e del contenzioso tributario,  in  attuazione  degli
articoli 6, comma 6, e 10, comma 1, lettere a) e b), della  legge  11
marzo 2014, n. 23), nella parte in cui introduce  il  comma  2-quater
dell'art. 15 del decreto legislativo 1992, n. 546  (Disposizioni  sul
processo tributario in attuazione della delega al  Governo  contenuta
nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), il quale  dispone
che la  Commissione  tributaria  con  l'ordinanza  che  decide  sulle
istanze cautelari provvede sulle spese della relativa fase. 
    1.1.- Il giudice a quo premette di essere investito  dell'istanza
di sospensione di una cartella di pagamento ai sensi dell'art. 47 del
d.lgs. n. 546 del 1992. Espone quindi  di  aver  deciso  sull'istanza
medesima,  riservandosi  di  provvedere  sulle   spese   della   fase
cautelare, dubitando della legittimita' costituzionale della relativa
previsione legislativa. 
    Osserva, quindi, la Commissione rimettente, che  la  disposizione
censurata  sarebbe  costituzionalmente  illegittima  per   violazione
dell'art. 76 Cost., in quanto la legge delega 11 marzo  2014,  n.  23
(Delega al Governo recante disposizioni per un sistema  fiscale  piu'
equo, trasparente e orientato alla crescita) nulla prevede  in  punto
di spese cautelari. Infatti, l'art. 10, in materia di  revisione  del
contenzioso tributario, nel fissare i principi e  criteri  direttivi,
individua  l'incremento  della  funzionalita'   della   giurisdizione
tributaria,  da  perseguire,  tra  l'altro,   attraverso   interventi
riguardanti, con particolare riferimento  alle  spese  del  giudizio,
«l'individuazione di criteri di maggiore rigore nell'applicazione del
principio della soccombenza  al  fine  del  carico  delle  spese  del
giudizio, con conseguente limitazione del  potere  discrezionale  del
giudice di disporre la compensazione  delle  spese  in  casi  diversi
dalla soccombenza reciproca», senza fare alcun riferimento alle spese
della fase cautelare. 
    La norma impugnata, del resto, non rappresenterebbe  un  coerente
sviluppo logico o un ragionevole completamento dei principi e criteri
direttivi posti della  legge  delega.  Essa,  infatti,  non  potrebbe
essere collegata  ne'  all'obiettivo  posto  dalla  legge  delega  di
«rafforzamento della tutela  giurisdizionale  del  contribuente»,  in
quanto l'ordinanza cautelare non e' impugnabile; ne' all'obiettivo di
«incremento della funzionalita' della giurisdizione  tributaria»,  in
quanto  la  condanna  alle  spese  della  fase   cautelare   non   e'
immediatamente  esecutiva  e  non  potrebbe,  pertanto,  avere  alcun
effetto deterrente sulla proposizione dell'istanza cautelare. 
    2.- E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale
ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile  e  comunque
manifestamente infondata. 
    Nel  merito,  si   profilerebbe   un'omessa   motivazione   sulla
rilevanza: il giudice a quo non spiegherebbe adeguatamente per  quale
motivo intenda applicare  alla  fattispecie  in  esame  la  censurata
disposizione, la quale e' entrata in vigore in epoca successiva  alla
formulazione dell'istanza di sospensione e, peraltro,  appena  undici
giorni prima della decisione cautelare. 
    Sotto il diverso profilo del  merito,  per  l'infondatezza  della
questione deporrebbe l'ampia formulazione della legge di delega,  che
consentirebbe  al  legislatore  delegato  di  introdurre  anche   una
previsione di condanna alle spese  nella  fase  cautelare,  in  linea
peraltro con quanto previsto per  il  processo  civile  (cui  rimanda
l'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 546  del  1992,  disponendo  che  «i
giudici tributari applicano le norme  del  presente  decreto  e,  per
quanto da esse non disposto e con  esse  compatibili,  le  norme  del
codice di procedura civile») e per  il  processo  amministrativo.  La
condanna alle spese cautelari,  infatti,  e'  espressamente  prevista
dagli artt. 669-septies e 669-opties del codice di procedura civile e
dall'art. 57 del codice del processo amministrativo. 
    La previsione della condanna alle spese della fase cautelare, del
resto, rientrerebbe nel piu' generale ambito della  disciplina  delle
spese del giudizio, tanto e' vero che il giudice  tributario,  quando
decide il merito della causa, valuta se  la  gia'  disposta  condanna
alle spese della fase cautelare debba essere o meno confermata. 
    L'interveniente  si  sofferma  sulle   ulteriori   argomentazioni
sviluppate dalla Commissione rimettente, pur nella consapevolezza che
esse non costituiscono autonome questioni. Con riferimento  alla  non
impugnabilita' della condanna alle spese cautelari,  si  afferma  che
essa e' coerente con la natura non definitiva del provvedimento sulle
spese: il  giudice  tributario,  infatti,  conserva  la  facolta'  di
disporre diversamente in ordine alle spese della fase cautelare nella
sentenza che definisce il giudizio. Analoghe  considerazioni  vengono
sviluppate   in   riferimento   alla   non   immediata   esecutivita'
dell'ordinanza  che  dispone  la  condanna  alle  spese  della   fase
cautelare, sottolineando che tale caratteristica e' coerente  con  il
meccanismo sopra delineato che ne consente la revoca con la  sentenza
di merito. Infine, si nega  che  da  essa  consegua  l'esclusione  di
qualsivoglia effetto deterrente della  norma,  come  tautologicamente
affermato dal giudice a quo. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Commissione tributaria provinciale di Treviso dubita della
legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma  1,  lettera  f),  del
decreto legislativo 2015, n.  156  (Misure  per  la  revisione  della
disciplina  degli  interpelli  e  del  contenzioso   tributario,   in
attuazione degli articoli 6, comma 6, e 10, comma 1, lettere a) e b),
della legge 11 marzo 2014, n. 23), nella parte in  cui,  introducendo
il comma 2-quater dell'art. 15 del decreto legislativo 1992,  n.  546
(Disposizioni sul processo tributario in attuazione della  delega  al
Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413),
dispone che la Commissione  tributaria  con  l'ordinanza  che  decide
sulle istanze cautelari provvede sulle spese della relativa fase. 
    1.1.- A parere  della  Commissione  rimettente,  la  disposizione
censurata violerebbe l'art. 76 Cost. per eccesso di delega, in quanto
la legge 11 marzo 2014, n. 23 (Delega al Governo recante disposizioni
per un sistema  fiscale  piu'  equo,  trasparente  e  orientato  alla
crescita) nulla prevede in  punto  di  spese  della  fase  cautelare.
Difatti l'art. 10, nell'elencare  i  principi  e  criteri  direttivi,
quanto a tale profilo si limita a prevedere (al comma 1,  lettera  b,
numero  11)  «l'individuazione  di   criteri   di   maggiore   rigore
nell'applicazione del principio della soccombenza al fine del  carico
delle spese del giudizio,  con  conseguente  limitazione  del  potere
discrezionale del giudice di disporre la compensazione delle spese in
casi diversi dalla soccombenza reciproca». 
    D'altro canto - sottolinea il giudice a quo - la norma  impugnata
non rappresenterebbe un coerente sviluppo  logico  o  un  ragionevole
completamento dei principi e  criteri  direttivi  posti  dalla  legge
delega, poiche' non potrebbe essere collegata  ne'  all'obiettivo  di
«rafforzamento della tutela  giurisdizionale  del  contribuente»,  in
quanto l'ordinanza cautelare non e' impugnabile, ne' all'obiettivo di
«incremento della funzionalita' della giurisdizione  tributaria»,  in
quanto  la  condanna  alle  spese  della  fase   cautelare   non   e'
immediatamente  esecutiva  e  non  potrebbe,  pertanto,  avere  alcun
effetto deterrente sulla proposizione dell'istanza cautelare. 
    2.-  In   via   preliminare,   va   affrontata   l'eccezione   di
inammissibilita' della questione incidentale per  omessa  motivazione
sulla rilevanza, sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Secondo l'Avvocatura  dello  Stato,  il  giudice  rimettente  non
spiegherebbe adeguatamente per  quale  motivo  intenda  applicare  la
disposizione censurata, pur se  l'istanza  di  sospensione  e'  stata
formulata in data anteriore alla entrata in vigore della legge. 
    2.1.- In realta', il dato temporale  che  rileva  ai  fini  della
individuazione  della  norma  da   applicare   e'   quello   relativo
all'adozione della pronuncia cautelare, alla quale e'  immediatamente
applicabile la nuova disciplina  in  quanto  di  natura  processuale.
Trattandosi  di  un  principio  pacifico,  non  e'   necessaria   una
motivazione specifica sul punto. 
    E', poi, del tutto irrilevante la  circostanza  -  pure  eccepita
dall'Avvocatura dello Stato - che l'ordinanza  in  questione  sia  di
pochi giorni successiva all'entrata in vigore della disposizione. 
    3.- Nel merito, la questione di legittimita'  costituzionale  per
eccesso di delega non e' fondata. 
    3.1.- Secondo il  costante  orientamento  di  questa  Corte,  «la
previsione di cui all'art. 76 Cost. non osta all'emanazione, da parte
del legislatore delegato, di  norme  che  rappresentino  un  coerente
sviluppo e un completamento delle  scelte  espresse  dal  legislatore
delegante, dovendosi escludere che la funzione del primo sia limitata
ad  una  mera  scansione  linguistica  di  previsioni  stabilite  dal
secondo» (sentenza n. 194 del 2015; nello stesso senso,  sentenze  n.
146 e n. 98 del 2015). 
    In particolare va riconosciuta, in capo al legislatore  delegato,
una  «fisiologica  [...]  attivita'  normativa  di  completamento   e
sviluppo delle scelte del delegante» (sentenza n. 194 del 2015),  che
deve, pero', svolgersi nell'alveo delle scelte di fondo  operate  dal
legislatore  della  delega,  nel  pieno  rispetto  della   ratio   di
quest'ultima e  in  coerenza  con  il  complessivo  quadro  normativo
(sentenza n. 59 del 2016). 
    Nel caso in esame il  legislatore  delegato  non  ha  travalicato
questi limiti. 
    3.2.- L'art. 10, comma 1, lettera b), numero 11), della legge  n.
23 del 2014 dispone che il Governo e' delegato ad  introdurre  «norme
per il rafforzamento della tutela giurisdizionale  del  contribuente,
assicurando la terzieta'  dell'organo  giudicante,  [...]  secondo  i
seguenti principi e criteri  direttivi:  [...]  b)  incremento  della
funzionalita'  della   giurisdizione   tributaria,   in   particolare
attraverso interventi  riguardanti:  [...]  11)  l'individuazione  di
criteri di  maggior  rigore  nell'applicazione  del  principio  della
soccombenza  ai  fini  del  carico  delle  spese  del  giudizio,  con
conseguente limitazione  del  potere  discrezionale  del  giudice  di
disporre  la  compensazione  delle  spese  in  casi   diversi   dalla
soccombenza reciproca». 
    Ebbene, la scelta  del  legislatore  delegato  di  introdurre  la
condanna alle spese della  fase  cautelare  rappresenta  il  corretto
esercizio della fisiologica attivita' di riempimento che lega  i  due
livelli normativi (sentenza n. 230 del  2010),  in  coerenza  con  la
ratio della legge delega (sentenza n. 229 del 2014). 
    La previsione di liquidare le spese  della  fase  cautelare  gia'
alla chiusura di  tale  segmento  processuale,  infatti,  costituisce
un'applicazione del principio sostanziale della soccombenza  con  una
regola  piu'  rigorosa,  meramente  processuale,  che  si  limita  ad
anticipare  e  ad  evidenziare  l'incidenza  di  questa  fase   sulla
distribuzione delle spese processuali, incidenza gia'  implicita  nel
principio stesso. 
    3.3.-  Tale  anticipazione  costituisce,  inoltre,  un   naturale
sviluppo del criterio direttivo dell'«incremento della  funzionalita'
della giurisdizione tributaria» (art. 10, comma 1, lettera  b,  della
legge n. 23 del 2014), poiche' rafforza l'efficacia deterrente  della
condanna alle  spese,  favorendo  un  piu'  ragionato  esercizio  del
diritto di azione. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art.  9,  comma  1,  lettera  f),  del  decreto  legislativo  24
settembre 2015, n. 156 (Misure  per  la  revisione  della  disciplina
degli interpelli e del contenzioso tributario,  in  attuazione  degli
articoli 6, comma 6, e 10, comma 1, lettere a) e b), della  legge  11
marzo 2014, n. 23), nella parte in cui  introduce  l'art.  15,  comma
2-quater,  del  decreto  legislativo  31  dicembre   1992,   n.   546
(Disposizioni sul processo tributario in attuazione della  delega  al
Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413),
sollevata, in  riferimento  all'art.  76  della  Costituzione,  dalla
Commissione  tributaria  provinciale  di  Treviso   con   l'ordinanza
indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 novembre 2016. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                    Giancarlo CORAGGIO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 16 dicembre 2016. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA