N. 13 SENTENZA 23 novembre 2016- 19 gennaio 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Enti locali - Finanziamento  degli
  incentivi di cui ai commi 118 e 121 dell'art. 1 della legge n.  190
  del 2014 con le risorse del Fondo di rotazione gia' destinate  agli
  interventi del Piano di azione coesione e non impegnate  alla  data
  di entrata in vigore della legge stessa. 
- Decreto-legge 19  giugno  2015,  n.  78  (Disposizioni  urgenti  in
  materia  di  enti  territoriali.  Disposizioni  per  garantire   la
  continuita'  dei  dispositivi  di  sicurezza  e  di  controllo  del
  territorio. Razionalizzazione delle spese  del  Servizio  sanitario
  nazionale nonche' norme  in  materia  di  rifiuti  e  di  emissioni
  industriali) - convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,
  della legge 6 agosto 2015, n. 125 -  art. 7, comma 9-sexies. 
-   
(GU n.4 del 25-1-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio  BARBERA,
  Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  7,  comma
9-sexies, del decreto-legge  19  giugno  2015,  n.  78  (Disposizioni
urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni  per  garantire
la continuita' dei  dispositivi  di  sicurezza  e  di  controllo  del
territorio. Razionalizzazione  delle  spese  del  Servizio  sanitario
nazionale  nonche'  norme  in  materia  di  rifiuti  e  di  emissioni
industriali), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 6 agosto 2015, n. 125, promosso dalla Regione Umbria  con
ricorso notificato il 12-16 ottobre 2015, depositato  in  cancelleria
il 22 ottobre 2015 ed iscritto al n. 96 del registro ricorsi 2015. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  23  novembre  2016  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio; 
    uditi  l'avvocato  Massimo  Luciani  per  la  Regione  Umbria   e
l'avvocato dello  Stato  Gianni  De  Bellis  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il  12-16  ottobre  2015,  la  Regione
Umbria, giusta delibera della Giunta regionale  in  data  12  ottobre
2015,  n.  1147,  ha  impugnato  l'art.   7,   comma   9-sexies   del
decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni urgenti in  materia
di enti territoriali. Disposizioni per garantire la  continuita'  dei
dispositivi   di   sicurezza   e   di   controllo   del   territorio.
Razionalizzazione  delle  spese  del  Servizio  sanitario   nazionale
nonche' norme in materia di  rifiuti  e  di  emissioni  industriali),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della  legge  6
agosto 2015, n. 125, che prevede  che  «All'articolo  1,  comma  122,
della legge 23 dicembre 2014, n. 190, le parole: "alla  data  del  30
settembre 2014" sono sostituite dalle seguenti: "alla data di entrata
in vigore della presente legge"». 
    2.- Prima di formulare le censure, la ricorrente espone il quadro
normativo in cui detta disposizione si inserisce,  dando  rilievo  al
Piano di azione coesione  (PAC),  istituito  al  fine  di  accelerare
l'attuazione dei programmi cofinanziati dal Fondo europeo di sviluppo
regionale  (FESR)  (artt.  174-176  del  Trattato  sul  funzionamento
dell'Unione europea, TFUE) per il settennato 2007-2013. 
    3.- Al fine di colmare i ritardi nell'attuazione dei programmi di
spesa per il settennato 2007-2013 e di rafforzare  l'efficacia  degli
interventi, il Presidente del Consiglio dei ministri ha comunicato al
Presidente della Commissione europea e al  Presidente  del  Consiglio
europeo, l'avvio del procedimento di revisione di contributi del FESR
all'Italia. 
    La  proposta  del  Governo  veniva  valutata  favorevolmente  dal
Consiglio europeo di Bruxelles del 23-26 ottobre 2011. 
    4.- Espone la ricorrente che in conformita' a  dette  conclusioni
il  Governo  definiva,   in   accordo   con   la   Commissione,   una
riprogrammazione delle risorse dei fondi strutturali, con una diversa
percentuale della quota di cofinanziamento comunitario. Il contributo
comunitario e' stato elevato con corrispondente riduzione della quota
di cofinanziamento nazionale. 
    Per  l'impiego  delle  risorse  cosi'  liberate,  il  Governo  ha
stipulato l'accordo 3 novembre 2011, denominato «Piano Nazionale  per
il Sud: Sud 2020», con  le  Regioni  Abruzzo,  Basilicata,  Calabria,
Campania,  Molise,  Puglia,  Sardegna  e  Sicilia,   concernente   la
rimodulazione dei programmi cofinanziati dai  fondi  strutturali.  In
detto accordo, in ossequio all'art.  179  TFUE,  all'art.  119  della
Costituzione, e all'intesa raggiunta con la Commissione  europea,  il
riutilizzo delle risorse liberate dal  FESR  e'  stato  vincolato  al
principio di territorialita' (condizione 2 dell'accordo). 
    In ossequio a tale principio veniva istituito il Piano di  azione
coesione  (PAC),  inteso  ad  investire  sul  territorio  le  risorse
liberate dal FESR. 
    Successivamente, anche altre Regioni aderivano al PAC, tra cui la
Regione Umbria. 
    5.- Il procedimento di adesione della Regione Umbria al  PAC  era
cosi' scandito: a) con proposta del 4 giugno 2014 lo  Stato  italiano
chiedeva la revisione del programma FESR  2007-2013  per  la  Regione
Umbria;  b)  tale  proposta  veniva  accolta  dalla  Commissione  con
decisione 28 agosto 2014 C(2014) 6163, con la quale, a modifica della
precedente  decisione  C(2007)  4621  del  4  ottobre   2007,   viene
rideterminata  in  complessivi  euro  148.103.201,00  la   quota   di
cofinanziamento nazionale pubblico del Programma operativo  regionale
Umbria FESR 2007-2013; c) la Giunta regionale, con deliberazione  del
31 ottobre 2014, n. 1340, adottava il "programma  parallelo"  al  POR
FESR 2007-2013; d) con nota del 5 novembre 2014, prot. n. 145702,  la
Regione trasmetteva il "programma parallelo" ai componenti "Gruppo di
Azione e Coesione" del Dipartimento per lo  sviluppo  e  la  coesione
economica del Ministero dello sviluppo economico; e) con nota del  13
novembre 2014, prot. n. 10707, il Presidente del Gruppo di  Azione  e
Coesione comunicava alla Regione l'adesione al PAC  trasmettendo  «il
quadro finanziario degli interventi a titolarita'» della Regione;  f)
infine con il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del
22 dicembre 2014, n. 61, recante «Integrazione  del  finanziamento  a
carico del Fondo di rotazione di  cui  alla  legge  n.  183/1987  per
l'attuazione degli interventi previsti dal Piano di  azione  coesione
delle regioni Umbria, Abruzzo e del Ministero delle infrastrutture  e
dei trasporti nonche' rimodulazione del quadro finanziario del  Piano
di azione coesione della regione Siciliana), (Decreto  n.  61/2014)»,
il Ministero dell'economia  e  delle  finanze  destinava  le  risorse
derivanti dalla riduzione della quota di cofinanziamento statale  per
i programmi FESR 2007-2012 al PAC,  per  interventi  in  favore,  tra
l'altro, della Regione Umbria  (interventi  indicati  nel  "programma
parallelo" al POR FESR 2007-2013). 
    6.- In questo contesto interveniva l'art.  1,  comma  122,  della
legge  23  dicembre  2014,  n.  190,  recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. (Legge  di
stabilita'  2015)»,  che,  nel  testo   originario,   prevedeva   «Al
finanziamento degli incentivi di cui ai commi 118 e 121 si  provvede,
quanto a 1 miliardo di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017
e  a  500  milioni  di  euro  per  l'anno  2018,   a   valere   sulla
corrispondente riprogrammazione delle risorse del Fondo di  rotazione
di cui all'articolo 5 della  legge  16  aprile  1987,  n.  183,  gia'
destinate agli interventi del Piano  di  azione  coesione,  ai  sensi
dell'articolo 23, comma 4, della legge 12 novembre 2011, n. 183, che,
dal  sistema  di  monitoraggio  del  Dipartimento  della   Ragioneria
generale dello Stato del Ministero  dell'economia  e  delle  finanze,
risultano non ancora impegnate alla data del 30 settembre 2014». 
    Tuttavia, alla data del  30  settembre  2014  la  Regione  Umbria
ancora non aveva aderito al PAC, sicche' tale disposizione  risultava
inapplicabile ad essa, e dunque non era lesiva dei suoi  interessi  e
delle sue attribuzioni costituzionali. 
    7.- Da ultimo, pero' l'art. 7, comma 9-sexies, del d.l. n. 78 del
2015, convertito, con modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,  della
legge n. 125 del 2015, sopravvenuto  dopo  l'adesione  della  Regione
Umbria al PAC, ha novellato il citato art. 1, comma 122,  sostituendo
le parole «alla data del 30 settembre 2014», con le parole «alla data
di entrata in vigore della presente legge», ossia il 1° gennaio 2015. 
    Ne e' conseguita l'applicabilita' anche alla Regione  Umbria  del
meccanismo  di  distrazione  dei  fondi  inizialmente   destinati   a
finanziare il "programma parallelo" al POR  FESR  2007-2013,  nonche'
l'impossibilita' di dare  attuazione  agli  interventi  di  cui  alla
menzionata delibera della Giunta regionale 31 ottobre 2014, n. 1340. 
    8.- La Regione Umbria, quindi, prospetta le seguenti censure. 
    9.- Violazione degli artt. 11,  117  e  119  della  Costituzione,
anche in relazione agli artt. 175 e  176  del  TFUE,  alla  decisione
della Commissione europea del 28 agosto 2014  C(2014)  6163,  nonche'
all'accordo  Stato-Regioni  del  3  novembre  2011.  Violazione   del
principio di leale collaborazione. 
    Ad  avviso  della  Regione  Umbria,  la  disposizione  censurata,
nell'estendere l'ambito temporale di applicazione dell'art. 1,  comma
122, della legge n. 190 del 2014, ha sortito l'effetto di  sottoporre
anche le risorse destinate al cosiddetto "programma parallelo" al POR
FESR 2007-1013 (e comprese nell'ambito  del  Programma  di  azione  e
coesione) alla distrazione a favore  degli  interventi  previsti  dai
commi 118 e 121 del medesimo art. 1 della suddetta legge. 
    Cio' determinerebbe  la  violazione  dei  commi  terzo  e  quinto
dell'art. 119 Cost., che disciplinano  l'intervento  perequativo  del
legislatore statale, atteso che gli interventi statali fondati  sulla
differenziazione  tra  Regioni,  volti  a  rimuovere  gli   squilibri
economici e sociali, devono seguire le  modalita'  fissate  dall'art.
119, quinto comma, (sentenze n. 46 del 2013 e n. 284 del 2009). 
    Ne consegue (ex plurimis, sentenze n. 273 del 2013,  n.  451  del
2006, n. 107 del 2005, n. 423, n. 320, n. 49 e n. 16 del  2004),  che
sono illegittime le disposizioni di legge statale che determinano una
deviazione sia dal modello del fondo perequativo da  istituire  senza
vincoli di  destinazione  -  che  deve  essere  indirizzato  ai  soli
«territori con minore capacita'  fiscale  per  abitante»  (art.  119,
terzo comma, Cost.) - sia dalla sfera degli «interventi  speciali»  e
delle «risorse aggiuntive», che lo  Stato  destina  esclusivamente  a
«determinat[e]»  Regioni  per   finalita'   enunciate   dalla   norma
costituzionale o comunque per «scopi diversi  dal  normale  esercizio
delle loro funzioni» (art. 119, quinto comma, Cost.). 
    La norma impugnata,  inoltre,  violerebbe  l'art.  119,  terzo  e
quinto comma, Cost., in quanto darebbe luogo ad una  diminuzione  del
complesso  delle  risorse  esclusivamente   destinate   a   sostenere
interventi per lo sviluppo delle aree sottoutilizzate. 
    La sottrazione  delle  risorse  al  "programma  parallelo"  della
Regione Umbria al Piano di azione e  coesione  violerebbe  anche  gli
artt. 11, 117, primo comma, e 119 Cost., in relazione agli artt.  175
e 176 TFUE, alla decisione della Commissione europea  del  28  agosto
2014 C(2014) 6163, all'accordo «Piano nazionale per il Sud: Sud 2020»
del 3 novembre 2011. 
    In particolare, la norma impugnata violerebbe gli artt. 11 e 117,
primo comma, Cost., nella  misura  in  cui  consente  allo  Stato  di
sottrarsi agli obblighi assunti nei  confronti  dell'Unione  europea,
con  la  quale  lo  Stato  aveva  negoziato  la  diversa   quota   di
compartecipazione  ai  programmi  FESR,   impegnandosi   anche   alla
concertazione con le Regioni; e viola,  poi,  gli  artt.  117  e  119
Cost.,  in  quanto  consente  allo  Stato  di  eludere  gli  obblighi
contratti  nei  confronti  delle  Regioni  che   hanno   sottoscritto
l'accordo 3 novembre 2011 (o che  vi  hanno  aderito  successivamente
attraverso la  partecipazione  al  PAC,  come  ha  fatto  la  Regione
Umbria). 
    L'inosservanza di un accordo Stato-Regioni, infatti,  integra  la
violazione del principio di leale  collaborazione  e,  con  esso,  la
lesione ingiustificata e irragionevole delle competenze regionali, in
quanto gli accordi e  le  intese  sono  i  principali  strumenti  del
principio di leale collaborazione (sentenza n. 303 del 2003). 
    10.- Violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.,  in  relazione
agli artt. 3, 97 e  119  Cost.  Violazione  del  principio  di  leale
collaborazione. 
    La Regione aveva programmato l'impiego delle risorse in questione
con la deliberazione n.  1340  del  2014.  Parte  delle  risorse  ivi
contemplate viene invece destinata a finanziare interventi di  natura
fiscale e contributiva su scala nazionale senza  alcuna  connotazione
perequativa e di solidarieta' territoriale. 
    In tal modo, lo Stato ha esorbitato dalla competenza  concorrente
nella materia «coordinamento della finanza pubblica»,  limitata  alla
determinazione dei «principi generali» della materia. 
    La violazione delle  competenze  regionali  ex  art.  117,  terzo
comma, Cost., non si apprezza solo nella prospettiva della disciplina
della  perequazione  territoriale,  ma  anche  in  quella  del   buon
andamento dell'Amministrazione (art. 97 Cost.)  e  del  principio  di
ragionevolezza (art. 3 Cost.), in quanto la sottrazione delle risorse
pregiudica irragionevolmente la realizzazione dei progetti  contenuti
nel programma parallelo e oggetto della delibera n. 1340 del 2014. 
    Il piano di intervento, infatti, e' reso impossibile  dal  taglio
lineare e la Regione non puo' rimodulare in modo efficace la  propria
azione. 
    E' altresi' violato il principio di leale collaborazione,  atteso
che non sono state rispettate le garanzie procedimentali necessarie a
fronte di interventi riduttivi della finanza regionale. 
    11.- Violazione degli artt. 5, 117, 118 e  119  Cost.  Violazione
del principio di leale collaborazione. 
    Assume la Regione Umbria che la regolamentazione, la  gestione  e
l'esecuzione del "programma parallelo"  costituiscono  esercizio  non
solo di potesta' legislativa  regionale  concorrente,  nelle  materie
«coordinamento della  finanza  pubblica»  e  «ricerca  scientifica  e
tecnologica e sostegno dell'innovazione per i settori produttivi», ma
anche (ai sensi dell'art. 117, quarto comma,  Cost.),  nelle  materie
«formazione    professionale»,    «lavori    pubblici»,    «politiche
dell'occupazione», «trasporti e viabilita'», «assistenza sociale». 
    Aggiunge che la Regione  e'  intervenuta  con  proprie  leggi  in
questi settori al fine di porre rimedio a  situazioni  di  svantaggio
sociale e territoriale. 
    Posto,  dunque,  che  la   distrazione   delle   risorse   incide
profondamente nell'esercizio di competenze legislative regionali,  in
ossequio al principio di tutela delle  autonomie  regionali  (art.  5
Cost.) e a quello di leale collaborazione (art. 117  Cost.),  nonche'
alle  disposizioni  costituzionali   che   tutelano   le   competenze
legislative  e  amministrative  della  Regione  e  la  sua  autonomia
economico-finanziaria (artt. 117, 118,  119  Cost.),  il  legislatore
avrebbe dovuto acquisire l'intesa con le Regioni interessate. 
    12.- Violazione degli  artt.  3,  117  e  119,  Cost.,  anche  in
relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali,  ratificata  e  resa
esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848,  nonche'  al  principio
del  legittimo   affidamento,   atteso   il   carattere   retroattivo
dell'intervento legislativo statale. 
    Il principio di irretroattivita' della legge, di cui all'art.  11
delle preleggi, informa l'ordinamento giuridico non solo  nell'ambito
penale, atteso che il legislatore  puo'  emanare  norme  retroattive,
anche di interpretazione autentica, purche' la  retroattivita'  trovi
adeguata giustificazione nell'esigenza di tutelare principi,  diritti
e beni  di  rilievo  costituzionale,  che  costituiscono  altrettanti
motivi  imperativi  di  interesse  generale,  ai  sensi  della   CEDU
(sentenza n. 103 del 2013). 
    La lesione del legittimo affidamento comporta la lesione non solo
dell'art. 3 Cost., ma anche dell'art. 117,  primo  comma,  Cost.,  in
relazione agli artt. 6 e 13 della CEDU. 
    13.- Con memoria depositata il 23 novembre 2015, si e' costituito
in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha eccepito, in  via
preliminare, l'inammissibilita' del ricorso. 
    13.1.- Assume in proposito la difesa statale che la richiesta  di
revisione  del  programma  FESR  2007-2013  per  la  Regione  Umbria,
presentata dallo Stato italiano alla Commissione europea il 4  giugno
2014, era il risultato di un procedimento avviato  dall'Autorita'  di
gestione del programma, su mandato della Giunta regionale, al fine di
evitare il disimpegno automatico delle risorse, nel caso  di  mancato
raggiungimento degli stessi target di spesa. 
    La proposta tecnica di adesione al Piano nazionale  parallelo  e'
stata trasmessa dall'Autorita' di gestione in data 9 aprile 2014,  ed
ha ricevuto parere positivo da parte del  Presidente  del  Gruppo  di
azione del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione  economica  con
nota n. 3550 del 18 aprile 2014. 
    In seguito, veniva avviata la procedura di consultazione  scritta
dei membri del Comitato di sorveglianza del programma operativo  FESR
2007-2013, finalizzata  alla  revisione  del  Piano  finanziario  del
programma, conclusasi in data 12 maggio 2014 con esito positivo. 
    La proposta di  modifica  del  programma  veniva  adottata  dalla
Commissione europea con decisione del 28 agosto 2014, C(2014) 6163. 
    In ragione di cio',  ad  avviso  dell'Avvocatura  generale  dello
Stato, il presupposto su cui si fonda il ricorso (e  cioe'  che  solo
con la norma impugnata si sia  leso  l'interesse  della  Regione  per
effetto della  distrazione  di  una  parte  dei  fondi  PAC)  risulta
insussistente. 
    Gia' per effetto della legge n. 190 del 2014,  la  Regione  aveva
subito il taglio delle risorse, mentre lo spostamento al  1°  gennaio
2015 del termine indicato nell'art. 1, comma 122, della citata  legge
n. 190 del 2014, non risultava avere  avuto  alcuna  incidenza  sulle
risorse regionali. 
    Ed infatti le risorse del cofinanziamento nazionale del POR  FESR
Umbria, alla data del 30 settembre 2014 erano gia' state distolte dal
Programma operativo regionale  (POR),  per  confluire  nel  programma
parallelo del Piano di azione coesione. 
    Lo stesso decreto del Ministero dell'economia e delle finanze  n.
61  del  2014,  era  antecedente  all'approvazione  della  legge   di
stabilita'. 
    La modifica normativa impugnata, ossia la proroga del termine per
la ricognizione delle risorse impegnate, ha avuto il  solo  scopo  di
salvaguardare gli impegni giuridici assunti tra settembre e  dicembre
2014, ma non ha modificato la situazione della Regione Umbria. 
    Sussisterebbe quindi carenza di interesse al ricorso, sia perche'
la norma censurata non aggrava la situazione  della  Regione  Umbria,
sia per l'omessa impugnazione dell'art. 1, comma 122, della legge  n.
190 del 2014,  nel  testo  originario,  che  gia'  aveva  operato  la
riduzione dei fondi PAC della ricorrente. 
    13.2.- Nel merito il ricorso sarebbe infondato. 
    Le risorse in questione sono di fonte statale, e  provengono  dal
Fondo di rotazione di cui all'art. 5 della legge 16 aprile  1987,  n.
183  (Coordinamento  delle   politiche   riguardanti   l'appartenenza
dell'Italia alla Comunita' Europea  ed  adeguamento  dell'ordinamento
interno agli atti comunitari), che non si  identifica  con  il  fondo
perequativo di cui all'art. 119, terzo comma, Cost. 
    Le risorse del  Fondo  di  rotazione,  sono,  invece,  uno  degli
strumenti  finanziari  nazionali  di  cui  lo  Stato  si  avvale  per
perseguire gli obiettivi della politica di coesione territoriale,  in
aggiunta  alle  risorse  dei  fondi  strutturali  e  di  investimento
europei; in tale  contesto  rientra  nella  facolta'  del  Parlamento
modificare la dotazione del Fondo e le destinazioni delle risorse con
legge ordinaria. 
    Inoltre, le risorse nazionali ed europee, indicate nei  programmi
operativi, sono soggette a vincoli  temporali,  per  cui  il  mancato
rispetto dei target di scadenza  comporta  il  disimpegno  automatico
delle somme ivi appostate. 
    Per evitare tale disimpegno automatico e' stato adottato il Piano
di azione coesione, in accordo con la Commissione europea. 
    La disposizione impugnata e'  legittima  perche'  non  ha  inciso
arbitrariamente  sulla  consistenza  delle   risorse   destinate   ai
programmi paralleli, imponendo un taglio lineare, ma ha  disposto  la
destinazione  -  peraltro,  solo  parziale  (fino  alla   concorrenza
necessaria) - delle sole risorse non impegnate, garantendo la parita'
di trattamento tra tutte le amministrazioni interessate. 
    Non e' ravvisabile, dunque, la lesione degli artt. 119,  terzo  e
quinto comma, 97, 11 e 117, primo comma, Cost. 
    Neppure e' leso  il  principio  di  leale  collaborazione,  posta
l'evidente sussistenza della competenza  statale  a  disciplinare  il
Fondo. 
    La norma impugnata, collocandosi  nell'ambito  delle  materie  di
competenza legislativa dello  Stato,  non  incide  sull'esercizio  di
competenze legislative regionali,  e  le  risorse  non  rientrano  in
quelle disciplinate dai commi  dal  primo  al  quarto  dell'art.  119
Cost., per cui non sussiste violazione delle competenze legislative e
amministrative   delle   Regioni,   ne'    della    loro    autonomia
economico-finanziaria, e conseguentemente non sono violati gli  artt.
117, 119, 5 e 118 Cost. 
    Infine, osserva la difesa dello Stato che lo spirito della  norma
e' quello di riutilizzare risorse non spese nei tempi ragionevolmente
stabiliti, con  la  finalita'  di  promuovere  forme  di  occupazione
stabile. Dunque non  e'  ravvisabile  la  lesione  dei  principi  del
legittimo affidamento e della ragionevolezza. 
    14.- La Regione Umbria in data  21  ottobre  2016  ha  depositato
documentazione, e in data 2 novembre 2016 ha depositato memoria. 
    14.1.-   Con   la   memoria,   la   ricorrente   ha    contestato
l'inammissibilita' del ricorso per difetto di interesse,  prospettata
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,   in   quanto   al   momento
dell'adozione della legge n. 190 del 2014 le risorse  destinate  alla
Regione  Umbria  non  erano  ancora  state  impegnate  al   programma
parallelo al PAC. 
    In particolare, la Regione Umbria deduce quanto segue. 
    Non sarebbe sostenibile che l'originaria  formulazione  dell'art.
1, comma 122, della legge n. 190 del 2014 fosse gia' lesiva avendo ad
oggetto risorse che, pur se  non  ancora  stanziate  a  favore  della
Regione Umbria, risultavano gia' assegnate al Fondo di rotazione. 
    L'art. 23, comma 4, della legge 12 novembre 2011, n. 183, recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato. (Legge di stabilita' 2012)», infatti,  stabilisce  «[i]l
Fondo di rotazione di cui al comma 1 destina le risorse finanziarie a
proprio carico, provenienti da un'eventuale riduzione  del  tasso  di
cofinanziamento  nazionale  dei  programmi  dei   fondi   strutturali
2007/2013,   alla   realizzazione   di   interventi    di    sviluppo
socio-economico concordati tra le Autorita' italiane e la Commissione
europea  nell'ambito  del  processo   di   revisione   dei   predetti
programmi». 
    La legge n. 183 del 2011, quindi, prevede che detto Fondo destini
le somme recuperate dalla  riduzione  del  cofinanziamento  ai  fondi
europei a «interventi  di  sviluppo  socio-economico»,  nozione  piu'
ampia rispetto a quella  degli  "incentivi"  all'occupazione  di  cui
all'art. 1, comma 122, della legge n. 190 del 2014. 
    Alla data del 30 settembre 2014, anche se la Commissione  europea
aveva adottato il 28 agosto 2014 la decisione di modificare il regime
di cofinanziamento, quelle risorse non solo non  erano  ancora  state
specificamente destinate alla Regione  Umbria,  ma  non  erano  state
nemmeno destinate al Piano di azione coesione. Solo dal  22  dicembre
2014, quelle risorse risultano destinate  al  PAC  e  tra  le  misure
connesse agli interventi rivolti alla Regione Umbria (art. 1 del d.m.
n. 61 del 2014). 
    Ne', in proposito, puo' assumere rilievo la nota n.  2721  del  2
aprile 2015, richiamata dalla difesa dello  Stato,  come  si  evince,
altresi' dalla nota di riscontro della Regione n. 54928 del 2015. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso notificato il  12-16  ottobre  2015,  la  Regione
Umbria ha impugnato l'art. 7, comma 9-sexies,  del  decreto-legge  19
giugno  2015,  n.  78  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di   enti
territoriali.  Disposizioni  per   garantire   la   continuita'   dei
dispositivi   di   sicurezza   e   di   controllo   del   territorio.
Razionalizzazione  delle  spese  del  Servizio  sanitario   nazionale
nonche' norme in materia di  rifiuti  e  di  emissioni  industriali),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della  legge  6
agosto 2015, n. 125, che prevede  che  «All'articolo  1,  comma  122,
della legge 23 dicembre 2014, n. 190, le parole: "alla  data  del  30
settembre 2014" sono sostituite dalle seguenti: "alla data di entrata
in vigore della presente legge"». 
    1.1.- L'art. 1, comma 122, della legge 23 dicembre 2014, n.  190,
recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato.  (Legge  di  stabilita'  2015)»,  nel  testo
originario, prevedeva: «Al finanziamento degli incentivi  di  cui  ai
commi 118 e 121 si provvede, quanto a 1 miliardo di euro per ciascuno
degli anni 2015, 2016 e 2017 e a 500 milioni di euro per l'anno 2018,
a valere sulla  corrispondente  riprogrammazione  delle  risorse  del
Fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile  1987,
n. 183, gia' destinate agli interventi del Piano di azione  coesione,
ai sensi dell'articolo 23, comma 4, della legge 12 novembre 2011,  n.
183,  che,  dal  sistema  di  monitoraggio  del  Dipartimento   della
Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia  e  delle
finanze, risultano non ancora impegnate alla data  del  30  settembre
2014». 
    2.- Con la prima censura e' prospettata la violazione degli artt.
11, 117 e 119 della Costituzione, anche in relazione agli artt. 175 e
176 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea  (TFUE),  alla
decisione della Commissione europea 28 agosto 2014 C(2014) 6163,  che
ridefinisce  il  Programma  operativo  Umbria,  nonche'   all'accordo
Stato-Regioni del 3 novembre 2011 «"Piano nazionale per il  Sud:  Sud
2020"»; la violazione del principio di  leale  collaborazione;  e  la
violazione dell'art. 119, terzo  e  quinto  comma,  Cost.,  alla  cui
stregua gli interventi perequativi sono disciplinati solo  attraverso
specifici moduli legislativi e procedimentali. 
    In  particolare,  la  norma  impugnata,  nel  prevedere  che,   a
copertura degli oneri connessi agli  incentivi  previsti  dai  citati
commi 118 e 121 della legge n. 190 del  2014,  ci  si  avvalga  della
corrispondente riprogrammazione delle risorse del Fondo di  rotazione
gia' destinate agli interventi del Piano di azione coesione  (PAC)  e
non impegnate alla data di entrata in vigore della legge n.  190  del
2014, violerebbe l'art. 119, terzo e quinto comma, Cost.,  in  quanto
darebbe  luogo  ad  una  diminuzione  del  complesso  delle   risorse
esclusivamente destinate a sostenere interventi per lo sviluppo delle
aree sottoutilizzate. 
    Essa violerebbe, poi, gli artt.  11,  117,  primo  comma,  Cost.,
consentendo  allo  Stato  di  sottrarsi  agli  obblighi  assunti  nei
confronti dell'Unione europea; nonche' gli artt.  117  e  119  Cost.,
comportando l'elusione degli obblighi contratti nei  confronti  delle
Regioni che hanno sottoscritto l'accordo 3 novembre 2011  (o  che  vi
hanno aderito successivamente attraverso la  partecipazione  al  PAC,
come ha fatto la Regione Umbria), cosi' ledendo anche il principio di
leale collaborazione, dando luogo a  ingiustificata  e  irragionevole
lesione delle competenze regionali. 
    3.- Con la seconda censura e'  dedotta  la  violazione  dell'art.
117, terzo comma, Cost., in relazione agli artt. 3, 97 e 119 Cost., e
la violazione del principio di leale collaborazione. 
    La norma impugnata violerebbe l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,
esorbitando dalla competenza concorrente nella materia «coordinamento
della  finanza  pubblica»,  limitata  ai  «principi  generali»  della
materia. Tale violazione della competenza regionale, prevista dall'ex
art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  non  si  apprezzerebbe  solo  nella
prospettiva della  disciplina  della  perequazione  territoriale,  ma
anche in quella del  buon  andamento  dell'Amministrazione  (art.  97
Cost.) e del principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.), in quanto la
sottrazione  delle  risorse  pregiudicherebbe  irragionevolmente   la
realizzazione  dei  progetti  contenuti  nel  programma  parallelo  e
oggetto della delibera della Giunta regionale della Regione Umbria n.
1340 del 31 ottobre 2014. 
    Sarebbe altresi' violato il principio  di  leale  collaborazione,
non essendo state rispettate le garanzie procedimentali necessarie  a
fronte di interventi riduttivi della finanza regionale. 
    4.- Con la terza censura e' prospettata la violazione degli artt.
5, 117, 118 e 119, Cost. del principio di leale collaborazione. 
    La disposizione in esame lederebbe il principio di  tutela  delle
autonomie regionali (art. 5 Cost.) e quello di  leale  collaborazione
(art. 117 Cost.), nonche' le disposizioni costituzionali che tutelano
le competenze legislative e amministrative della  Regione  e  la  sua
autonomia economico-finanziaria (artt. 117,  118  e  119  Cost.);  il
legislatore  avrebbe  dovuto  acquisire  l'intesa  con   le   Regioni
interessate  prima   di   individuare   l'entita'   della   eventuale
distrazione di risorse, e avrebbe dovuto prevedere che  le  modalita'
di impatto di tale eventuale distrazione sui programmi  regionali  di
utilizzo di tale fondo fossero definite in base all'intesa. 
    5.- Con la quarta censura si deduce la violazione degli artt.  3,
117, e 119 Cost., dell'art. 117, primo  comma,  Cost.,  in  relazione
agli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali, ratificata e resa  esecutiva
con la legge  4  agosto  1955,  n.  848,  nonche'  al  principio  del
legittimo affidamento. 
    La norma in esame, ledendo la  competenza  legislativa  regionale
nelle  materie   di   potesta'   concorrente,   nonche'   l'autonomia
finanziaria  regionale,  violerebbe  il   principio   del   legittimo
affidamento riconosciuto e  tutelato  sia  dalla  Costituzione,  come
espressione del principio di ragionevolezza e certezza  del  diritto,
che dalla CEDU, nonche' dall'ordinamento dell'Unione europea. 
    6.- Prima di passare all'esame delle  censure,  occorre  vagliare
alcune questioni preliminari sollevate dall'Avvocatura generale dello
Stato. 
    6.1.- E' anzitutto  prospettata  l'inammissibilita'  per  mancata
tempestiva impugnazione dell'art. 1, comma 122, della  legge  n.  190
del 2014, nel testo originario, e di  carenza  di  interesse,  attesa
l'irrilevanza  della  modifica  della  data  di  applicazione   della
previsione stabilita dal citato art. 7, comma 9-sexies, del  d.l.  n.
79 del 2015. 
    In realta' - come si  vedra'  piu'  diffusamente  nell'esame  del
merito  -,  solo  la  diversa  previsione   temporale   ha   radicato
l'interesse alla impugnazione, poiche' alla data  originaria  del  30
settembre 2014 le risorse gia' destinate alla Regione non erano state
ancora acquisite al Piano di azione coesione. 
    7.- Sempre in  via  preliminare,  va  esaminata  l'ammissibilita'
delle censure prospettate con riguardo ai parametri di cui agli artt.
3 e 97 Cost. 
    La giurisprudenza costituzionale ha piu' volte affermato che  nei
giudizi in via principale le Regioni sono legittimate a denunciare la
violazione dei parametri riguardanti il  riparto  di  competenze  tra
esse e lo Stato  e  possono  evocarne  altri  soltanto  ove  la  loro
violazione comporti una compromissione delle  attribuzioni  regionali
costituzionalmente garantite (ex multis, da ultimo,  sentenza  n.  29
del 2016). 
    Nella specie le censure in questione sono adeguatamente  motivate
per dimostrare  la  ridondanza  dei  profili  di  irragionevolezza  e
violazione del buon andamento sull'autonomia organizzativa e di spesa
regionale e locale. 
    8.- Per l'esame del merito devono essere riepilogate  le  vicende
normative precedenti all'insorgere della questione. 
    9.- Con la decisione della Commissione europea del 13 luglio 2007
C(2007) 3329, veniva approvato il Quadro  di  riferimento  strategico
nazionale (QRSN) per la politica di sviluppo  2007-2013,  predisposto
dal  Dipartimento  delle  politiche   di   sviluppo   del   Ministero
dell'economia e delle finanze, di concerto con la Commissione stessa,
presentato dall'Italia in seguito a consultazioni con i  soggetti  di
cui all'art. 11 del Regolamento (CE) 11 luglio  2006,  n.  1083/2006,
recante «Regolamento del Consiglio recante disposizioni generali  sul
Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e  sul
Fondo di coesione e che abroga il regolamento (CE) n. 1260/1999». 
    I Programmi operativi  regionali  (POR)  allegati,  ai  fini  del
finanziamento sul FESR, erano ritenuti coerenti con gli obiettivi del
Piano strategico nazionale. 
    10.- Con  la  delibera  del  Comitato  interministeriale  per  la
programmazione  economica  (CIPE)  dell'11   gennaio   2011,   n.   1
(Obiettivi, criteri e modalita' di programmazione delle  risorse  per
le aree sottoutilizzate e selezione ed attuazione degli  investimenti
per i periodi 2000-2006 e 2007-2013), al  punto  7,  si  rilevava  la
necessita' di una riprogrammazione  delle  risorse  estesa  ai  fondi
comunitari. 
    Nel novembre 2011  interveniva,  pertanto,  il  Piano  di  azione
coesione (PAC), cui devono affluire le risorse liberate dal FESR. 
    10.1.- In data 9 aprile 2014 la  Regione  Umbria  trasmetteva  la
proposta tecnica di adesione al PAC e si avviava pertanto la relativa
procedura, anche in sede europea, che si concludeva  con  il  decreto
del Ministro dell'economia e delle finanze del 22 dicembre  2014,  n.
61, recante «Interazione del finanziamento  a  carico  del  Fondo  di
rotazione di cui  alla  legge  n.  183/1987  per  l'attuazione  degli
interventi previsti  dal  Piano  di  azione  coesione  delle  regioni
Umbria, Abruzzo e del Ministero delle infrastrutture e dei  trasposti
nonche' rimodulazione del quadro  finanziario  del  Piano  di  azione
coesione  della  regione  Siciliana.  (Decreto  n.   61/2014)»,   che
provvedeva all'assegnazione delle risorse gia' destinate alla Regione
Umbria in favore degli interventi previsti dal PAC. 
    10.2.- Interveniva quindi l'art. 1, comma 122, della legge n. 190
del 2014, secondo cui «Al finanziamento degli  incentivi  di  cui  ai
commi 118 e 121 si provvede [...] [con  le  risorse]  gia'  destinate
agli interventi del Piano di azione e coesione [...] che, dal sistema
di monitoraggio del  Dipartimento  della  Ragioneria  generale  dello
Stato del Ministero dell'economia  e  delle  finanze,  risultano  non
ancora impegnate alla data del 30 settembre 2014». 
    10.3.- Quest'ultimo termine e' stato poi differito con  la  norma
impugnata  (art.  7,  comma  9-sexies,  del  d.l.  n.  78  del  2015,
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  n.
125 del 2015), alla «data di entrata in vigore della presente  legge»
(1° gennaio 2015). 
    11.- La vicenda evidenzia la fondatezza della censura prospettata
con riguardo alla violazione del principio di ragionevolezza; e  cio'
comporta  l'assorbimento  di  tutte  le  altre  doglianze   volte   a
contestare in via generale  la  distrazione  delle  risorse  dal  PAC
(questa Corte, peraltro, con la sentenza n.  155  del  2016  ha  gia'
vagliato l'art. 1, comma  122,  della  legge  n.  190  del  2014,  in
relazione al parametro di cui  all'art.  119,  quinto  comma,  Cost.,
ritenendolo non costituzionalmente illegittimo). 
    12.- La irragionevolezza attiene in particolare  alla  tempistica
delineata dalla disposizione impugnata. 
    Lo spostamento in avanti del termine, da una parte,  ha  permesso
l'inclusione fra le risorse del PAC  dei  fondi  di  spettanza  della
Regione Umbria, dall'altra, ha di fatto reso impossibile alla Regione
di evitare la perdita  del  finanziamento  mediante  l'impegno  delle
risorse stesse. 
    Il differimento, pertanto, non solo ha comportato -  come  si  e'
gia' affermato - la sopravvenienza di un interesse a ricorrere  prima
inesistente (alla  data  originaria  del  30  settembre  i  fondi  di
competenza della Regione Umbria non erano ancora confluiti nel PAC  e
quindi non potevano essere sottratti),  ma  anche  la  ingiustificata
lesione di tale interesse. 
    Difatti, essendo intervenuta l'acquisizione al PAC dei  fondi  in
questione solo il 22 dicembre 2014 (data - come si  e'  visto  -  del
decreto ministeriale  n.  61),  e'  stato  materialmente  impossibile
adottare atti di impegno entro il vicinissimo 1° gennaio 2015. 
    13.- Ne consegue, con riferimento alla specifica posizione  della
Regione ricorrente, l'accoglimento della  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 7, comma 9-sexies, del d.l. n. 78 del  2015,
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  n.
125 del 2015, per violazione del principio di ragionevolezza  di  cui
all'art. 3 Cost. 
    Restano assorbite le rimanenti censure. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  7,   comma
9-sexies, del decreto-legge  19  giugno  2015,  n.  78  (Disposizioni
urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni  per  garantire
la continuita' dei  dispositivi  di  sicurezza  e  di  controllo  del
territorio. Razionalizzazione  delle  spese  del  Servizio  sanitario
nazionale  nonche'  norme  in  materia  di  rifiuti  e  di  emissioni
industriali), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 6 agosto 2015, n. 125, nei sensi e nei limiti di  cui  in
motivazione, con specifico riferimento alla Regione Umbria. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 novembre 2016. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                    Giancarlo CORAGGIO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 19 gennaio 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA