N. 45 SENTENZA 8 - 24 febbraio 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Straniero  -  Permesso  di  soggiorno  richiesto   in   relazione   a
  procedimento di emersione di lavoro irregolare - Diniego in caso di
  condanna per uno dei reati indicati nell'art. 4, comma 3, del d.lgs
  n. 286 del 1998, rientrante tra quelli previsti dall'art. 381  cod.
  proc. pen. 
-  Decreto legislativo 25 luglio 1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
  disposizioni concernenti la disciplina  dell'immigrazione  e  norme
  sulla condizione dello straniero), artt. 4, comma 3, e 5, comma 5. 
-   
(GU n.9 del 1-3-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 4,  comma
3, e 5, comma 5, del decreto  legislativo  25  luglio  1998,  n.  286
(Testo   unico   delle   disposizioni   concernenti   la   disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), promosso
dal  Tribunale  amministrativo  regionale   per   il   Piemonte   nel
procedimento vertente tra  L.O.O.  e  il  Ministero  dell'interno  ed
altro, con ordinanza del 16 novembre 2015,  iscritta  al  n.  15  del
registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell'anno 2016. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio dell'8 febbraio 2017  il  Giudice
relatore Augusto Antonio Barbera. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale per  il  Piemonte,  con
ordinanza del 16 novembre 2015, ha sollevato, in riferimento all'art.
3 della Costituzione, questione di  legittimita'  costituzionale  del
«combinato disposto» degli artt. 4,  comma  3,  e  5,  comma  5,  del
decreto legislativo  25  luglio  1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero), nella parte in  cui  non  consente
alla pubblica amministrazione di rilasciare il permesso di  soggiorno
al cittadino extracomunitario, che abbia ottenuto la regolarizzazione
della propria posizione lavorativa  irregolare,  ai  sensi  dell'art.
1-ter  del  decreto-legge  1°  luglio  2009,  n.  78   (Provvedimenti
anticrisi,   nonche'   proroga   di   termini),    convertito,    con
modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, previo accertamento
della pericolosita' sociale dello  stesso,  qualora  abbia  riportato
condanna per uno dei reati indicati  dal  citato  art.  4,  comma  3,
rientrante tra quelli previsti dall'art. 381 del codice di  procedura
penale. 
    2.- L'ordinanza di rimessione premette  che  V.Z.  ha  presentato
allo Sportello Unico  per  l'Immigrazione  (d'ora  in  poi,  SUI)  di
Torino, ai sensi del citato art. 1-ter, domanda  di  regolarizzazione
del rapporto di lavoro con  L.O.O.,  cittadino  extracomunitario.  La
procedura di emersione si e' conclusa con esito positivo ed e'  stato
emesso il chiesto nulla osta. Convocate le parti per la  stipula  del
contratto di soggiorno, ai sensi del richiamato art. 1-ter, comma  7,
il cittadino straniero ha chiesto il permesso di soggiorno per lavoro
subordinato. La domanda e' stata respinta dal Questore di Torino, con
provvedimento dell'8 marzo 2011, poiche' il richiedente ha  riportato
condanna per il reato di cui all'art.  73,  comma  5,  del  d.P.R.  9
ottobre  1990,  n.  309  (Testo  unico  delle  leggi  in  materia  di
disciplina degli stupefacenti  e  sostanze  psicotrope,  prevenzione,
cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza). Detta
condanna «assorbirebbe la valutazione di pericolosita' sociale  dello
straniero», in quanto il citato  art.  1-ter,  comma  13,  stabilisce
quale condizione  ostativa  al  rilascio  dello  stesso  permesso  la
condanna (anche con sentenza non definitiva, pure se  pronunciata  ai
sensi dell'art. 444 cod.proc.pen.) per uno dei reati  previsti  dagli
artt. 380 e 381 cod.proc.pen. Il  provvedimento  di  diniego  indica,
inoltre, che «il reato di cui si e' reso responsabile il  richiedente
rientra tra quelli espressamente  indicati  dall'art.  4  [...]  come
ostativi per l'ingresso ed il soggiorno in Italia». 
    Il cittadino straniero ha impugnato detto  provvedimento  davanti
al TAR per  il  Piemonte  e  ne  ha  chiesto  l'annullamento  (previa
sospensione  cautelare),  censurando  il  mancato   accertamento   in
concreto della pericolosita' sociale. Nel giudizio si  e'  costituito
il Ministero dell'interno, in persona del Ministro protempore, che ha
chiesto, «con  memoria  di  mero  stile»,  il  rigetto  del  ricorso.
Rigettata la domanda cautelare, all'esito della fase di merito il TAR
ha sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt.  4,
comma 3, e 5, comma 5, del d.lgs. n. 286 del 1998. 
    2.1.- Sintetizzato il processo principale, il giudice a  quo,  in
punto  di  rilevanza,  ritiene  applicabile  il   citato   «combinato
disposto», in quanto lo SUI ha rilasciato il  nulla  osta,  ai  sensi
dell'art. 1-ter, comma 7, del d.l. n.  78  del  2009  e,  quindi,  il
cittadino straniero puo' ottenere il permesso di soggiorno per lavoro
subordinato. Tuttavia, egli ha riportato la condanna  sopra  indicata
e, in  virtu'  delle  norme  censurate,  la  condanna  per  un  reato
«inerent[e] gli stupefacenti» gli impedisce  di  essere  ammesso  nel
territorio nazionale (il citato art. 4, comma 3)  e  di  ottenere  il
permesso di soggiorno (il richiamato art.  5,  comma  5),  senza  che
occorra accertarne in concreto la pericolosita' sociale.  Secondo  il
rimettente, qualora la sollevata questione fosse  giudicata  fondata,
la  pubblica  amministrazione  dovrebbe  invece  procedere  a   detto
accertamento,  con  conseguente  illegittimita'   del   provvedimento
impugnato. 
    2.2.-  Ad  avviso  del  TAR,  la  violazione  dell'art.  3  Cost.
conseguirebbe   al   «raffronto   di   due   sentenze   della   Corte
costituzionale»: le sentenze n. 148 del 2008 e n. 172  del  2012.  La
prima  ha  dichiarato  non  fondata  una  questione  di  legittimita'
costituzionale avente ad oggetto il combinato disposto degli artt. 4,
comma 3, e 5, comma 5, del d.lgs.  n.  286  del  1998,  sollevata  in
riferimento  anche  all'art.  3  Cost.,  ritenendo   che   «non   sia
manifestamente irragionevole condizionare l'ingresso e la  permanenza
dello straniero  nel  territorio  nazionale  alla  circostanza  della
mancata commissione di reati di non scarso rilievo».  La  seconda  ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale del richiamato art. 1-ter,
comma 13, lettera c), - concernente il rilascio  del  nulla  osta  ai
fini dell'emersione del lavoro irregolare -, «nella parte in  cui  fa
derivare automaticamente il rigetto dell'istanza di  regolarizzazione
del lavoratore extracomunitario dalla pronuncia nei suoi confronti di
una sentenza di condanna per uno dei reati previsti dall'art. 381 del
codice  di  procedura  penale,  senza  prevedere  che   la   pubblica
amministrazione provveda ad accertare che il medesimo rappresenti una
minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato». 
    Secondo il TAR, a seguito della sentenza  n.  172  del  2012,  il
cittadino extracomunitario che (come nel caso in esame)  ha  lavorato
irregolarmente al sostegno del bisogno familiare e  ed  ha  riportato
condanna penale per il delitto attenuato di cui all'art. 73, comma 5,
del d.P.R n. 309 del 1990, puo' ottenere (per il  passato)  il  nulla
osta all'emersione del lavoro irregolare, ma non puo'  ottenere  (per
il futuro) il permesso di soggiorno per lavoro  subordinato,  neanche
allo scopo  di  proseguire  il  rapporto  di  lavoro  (questa  volta,
regolare) presso la stessa famiglia. 
    Il reato previsto dall'art. 73, comma 5, del d.P.R.  n.  309  del
1990, nella formulazione vigente alla data della  condanna  riportata
dal ricorrente ed in quella successivamente modificata, rientra tra i
reati di cui all'art.  381,  comma  1,  cod.proc.pen.  e,  quindi,  a
seguito della sentenza di questa  Corte  n.  172  del  2012,  non  e'
automaticamente ostativo al rilascio del nulla osta per  l'emersione,
ma  lo  sarebbe  in  riferimento  all'ottenimento  del  permesso   di
soggiorno, in virtu' del combinato disposto dei  censurati  artt.  4,
comma  3,  e  5,  comma   5.   Tanto   determinerebbe   l'inevitabile
interruzione del legame virtuoso creatosi in una data famiglia  e  la
lesione dei «valori [...] difesi nella sentenza n. 172 del 2012». 
    Secondo  il  TAR,  sussisterebbe  dunque  «una   irragionevolezza
intrinseca di sistema», ancora piu' perche', ai sensi del  richiamato
art. 1-ter, comma 7, il  procedimento  oggetto  di  detta  norma  «e'
sostanzialmente unitario ed unitaria ne e' la ratio: si inizia con la
dichiarazione di emersione, fatta allo Sportello Unico dal datore  di
lavoro,  si  prosegue  con  il   rilascio   del   nulla   osta   alla
regolarizzazione, e si finisce [...] con la stipula del contratto  di
soggiorno e con il rilascio del permesso di  soggiorno,  in  modo  da
consentire al lavoratore straniero di mantenere e  di  proseguire  il
rapporto virtuoso con la  famiglia  che  lo  ha  accolto  (sia  pure,
originariamente, in modo irregolare)». 
    La presunzione assoluta di  pericolosita'  sociale  applicata  al
caso del lavoratore irregolare, ma "emerso" a seguito del nulla  osta
rilasciato ai sensi del citato  art.  1-ter,  violerebbe  inoltre  il
principio di eguaglianza (art. 3 Cost.).  Anche  sulla  scorta  della
sentenza  n.  172  del  2012,  dovrebbe  infatti  ritenersi  che  «le
presunzioni assolute, specie quando limitano un diritto  fondamentale
della  persona,  violano  il  principio  di  eguaglianza,   se   sono
arbitrarie e irrazionali». 
    2.3.- Ad avviso del TAR, non sarebbe possibile un'interpretazione
costituzionalmente  orientata  delle  norme  censurate,  «cosi'  come
applicate» alla procedura di emersione del lavoro irregolare  oggetto
del richiamato art.  1-ter.  Il  "diritto  vivente",  espresso  dalla
giurisprudenza amministrativa, a suo avviso, applicherebbe  «in  modo
rigoroso  l'ostativita'  che  deriva  dalla  lettera  del   combinato
disposto degli artt. 4, comma 3, e 5, comma 5, del d.lgs. n. 286  del
1998» (sono richiamate: TAR Puglia, Bari, sezione  seconda,  sentenza
n. 763 del 21 maggio 2015; TAR  Toscana,  Firenze,  sezione  seconda,
sentenza n. 556 del 7 aprile 2015; TRGA Trentino-Alto Adige, Bolzano,
sentenza n. 101 del 16 aprile 2014;  TAR  Piemonte,  Torino,  sezione
prima, sentenza del 5 novembre del 2014, n.  1681)  e  detta  esegesi
sarebbe impedita dalla sentenza di questa  Corte  n.  148  del  2008.
Nella fattispecie in esame, occorrerebbe «attrarre le conclusioni  di
cui  alla  sentenza  n.   172   del   2012,   riguardante   il   solo
(sub)procedimento di emersione, anche al successivo (sub)procedimento
di rilascio del permesso di soggiorno, e ritenere cosi' che l'assenza
dell'automatica  ostativita'  (della  sentenza  penale  di  condanna)
predicata per il rilascio del nulla osta alla regolarizzazione  possa
assistere anche il rilascio del  titolo  di  soggiorno  per  lavoro».
Questa interpretazione  potrebbe  essere  sostenuta  valorizzando  la
natura unitaria del procedimento oggetto dell'art.  1-ter,  comma  7,
del d.l. n. 78 del 2009, ritenendo che la finalita' dello stesso «non
possa che assistere sia il rilascio del nulla osta  sia  il  rilascio
del vero e proprio permesso di soggiorno, che altri non sono  se  non
due momenti  (sia  pure  logicamente  e  temporalmente  distinti)  di
un'unica sequenza procedimentale». Nondimeno, secondo il  rimettente,
questa interpretazione non sarebbe  confortata  dalla  lettera  delle
norme e si porrebbe in contrasto con la sentenza n. 148 del 2008. 
    2.4.- La «richiesta di "addizione"», secondo il  rimettente,  non
incontrerebbe le ragioni di inammissibilita' rilevate dalla  sentenza
n. 277 del 2014. Resterebbe, infatti, fermo il  «sistema  "bipartito"
di cui all'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998»  e  le  norme
censurate  sarebbero  integrate,  «con  il   necessario   riferimento
all'ipotesi del rilascio del permesso di soggiorno quale  conseguenza
dell'avvenuta emersione dal lavoro  irregolare  ed  alle  conclusioni
cui, in proposito, e' gia' giunta» questa Corte. 
    3.- Nel giudizio davanti alla Corte e' intervenuto il  Presidente
del Consiglio dei ministri, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale dello Stato, il  quale  ha  chiesto  che  la  questione  sia
dichiarata manifestamente inammissibile. 
    3.1.- Secondo l'interveniente, il rimettente muove dalla corretta
premessa dell'unitarieta' del procedimento in esame, confortata dalla
considerazione  che  la  richiesta  di  permesso  di   soggiorno   e'
presentata al momento della stipula del contratto di soggiorno presso
lo SUI,  che  ha  previamente  acquisito  il  parere  della  questura
sull'inesistenza di motivi ostativi  alla  concessione  dello  stesso
(art. 1-ter, comma 7, del d.l. n. 78 del  2009).  Successivamente  al
rilascio del nulla osta, il diniego del permesso di soggiorno sarebbe
possibile soltanto  qualora  sia  accertato  che  il  richiedente  ha
riportato condanne con generalita' diverse  da  quelle  in  relazione
alle quali e' stato avviato il procedimento di emersione  del  lavoro
irregolare. 
    Il  TAR  ha  correttamente  ritenuto  la  natura   unitaria   del
procedimento in  esame,  ma  avrebbe  inesattamente  riscostruito  il
quadro normativo  di  riferimento.  Alla  fattispecie  in  esame  non
sarebbe applicabile la disposizione generale del  censurato  art.  4,
comma 3, ma quella speciale recata dal citato art.  1-ter,  il  quale
stabilisce autonomamente i requisiti  per  ottenere  il  permesso  di
soggiorno. Ad avviso  dell'interveniente,  il  rinvio  contenuto  nel
censurato   art.   5,   comma   5,   in   relazione   al   lavoratore
extracomunitario emerso dal lavoro irregolare,  andrebbe  riferito  a
detto art. 1-ter, comma  13  (il  quale  stabilisce  quali  siano  le
condanne ostative al rilascio  del  nulla  osta  e  del  permesso  di
soggiorno), non all'art. 4, comma 3, del  d.lgs.  n.  286  del  1998.
L'unitarieta' del procedimento in esame comporterebbe che la  domanda
proposta nel processo principale deve  essere  decisa  tenendo  conto
della sentenza n. 172  del  2012  e,  quindi,  la  questione  sarebbe
inammissibile, per irrilevanza. Lo stesso rimettente indica, infatti,
che il provvedimento impugnato e' dell'8 marzo 2011  e,  appunto  per
questo, il TAR avrebbe dovuto applicare la norma nel testo risultante
da detta sentenza. 
    3.2.- Secondo l'Avvocatura generale, il procedimento di emersione
del lavoro irregolare (oggetto del richiamato art. 1-ter, comma 7) si
articola in due fasi, ma va considerato unitariamente,  tenuto  conto
della finalita'  del  medesimo.  In  una  prima  fase,  e'  accertata
l'ammissibilita' della  richiesta  ed  e'  acquisito  il  parere  del
questore in ordine all'inesistenza di motivi ostativi al permesso  di
soggiorno; successivamente e' stipulato il contratto di soggiorno  ed
il lavoratore extracomunitario richiede il permesso di soggiorno  per
lavoro  subordinato,  che  puo'  ottenere  una  volta  accertata   la
regolarizzazione della posizione lavorativa, in virtu' della  stipula
di detto contratto. 
    A suo avviso, il comma  7  di  quest'ultima  norma  va  letto  in
relazione al  comma  13  della  stessa,  che  stabilisce  i  casi  di
inammissibilita' della regolarizzazione. Dunque, per il  permesso  di
soggiorno da rilasciare in relazione al procedimento di emersione del
lavoro irregolare e' previsto un automatismo  ostativo  con  riguardo
esclusivamente ai reati previsti da detta  norma,  che  non  richiama
quelli indicati, ratione materiae, nel censurato  art.  4,  comma  3.
All'emersione del lavoro irregolare osta esclusivamente  la  condanna
per uno dei reati previsti dagli artt. 380  e  381  cod.proc.pen.  e,
tuttavia, a seguito della  sentenza  n.  172  del  2012,  per  quelli
riconducibili alla seconda di tali norme, il diniego e'  condizionato
all'accertamento   dell'effettiva   pericolosita'    del    cittadino
straniero. 
    In definitiva, sussiste una disciplina generale del  permesso  di
soggiorno ed una  disciplina  speciale  concernente  l'emersione  del
lavoro irregolare. Per quest'ultima, e' stata ritenuta meritevole  di
piu' intensa tutela la situazione di  coloro  i  quali  hanno  svolto
attivita' di assistenza e sostegno familiare e, quindi,  e'  previsto
l'obbligo di accertarne in  concreto  la  pericolosita'  sociale.  La
sentenza n. 172 del  2012  ha  rimarcato  la  peculiarita'  di  detta
fattispecie e  cio'  fa  anche  escludere  che  la  previsione  della
differente regolamentazione delle due situazioni sia irragionevole. 
    3.3.-  Il  carattere  unitario  del  procedimento  di  emersione,
benche' articolato in due fasi, comporta che il parere della questura
sull'inesistenza di motivi ostativi al permesso di soggiorno va  reso
facendo applicazione del citato art. 1-ter,  comma  13,  lettera  c).
Qualora  il  lavoratore  abbia  riportato  condanna  per   un   reato
riconducibile alla previsione dell'art. 381 cod.proc.pen.,  anche  se
inerente agli stupefacenti, a seguito della sentenza n. 172 del 2012,
il diniego del nulla-osta e del permesso di  soggiorno  e'  legittimo
soltanto se sia stata accertata in concreto la pericolosita'  sociale
del lavoratore extracomunitario. 
    Secondo  l'Avvocatura  generale,  la  positiva  conclusione   del
procedimento di emersione del lavoro irregolare «comporta in  se'  la
valutazione positiva sul rilascio del permesso di soggiorno,  la  cui
richiesta, a seguito di perfezionamento del  contratto  di  soggiorno
[...] non potrebbe che avere esito favorevole». Dunque,  il  giudizio
avente ad oggetto il provvedimento di diniego  adottato,  come  nella
specie, «senza che sia stato operato  dalla  questura  un  preventivo
giudizio  sull'effettiva  pericolosita'  dell'extracomunitario,   non
potrebbe che essere decis[o] in termini di illegittimita' del diniego
medesimo». Il TAR, «contraddicendo la precedentemente [...] affermata
unitarieta' della procedura di emersione del lavoro [...] irregolare»
inesattamente ritiene possibile  che  sia  rilasciato  il  nulla-osta
all'emersione, ma sia poi negato il permesso di  soggiorno  «a  causa
del  reato   automaticamente   ostativo».   Il   rimettente   avrebbe
inesattamente fatto riferimento al censurato art. 4, comma 3,  mentre
avrebbe dovuto applicare  la  «disciplina  speciale  dettata  per  il
permesso di soggiorno da rilasciare»  ai  lavoratori  extracomunitari
ammessi alla procedura di emersione e ritenere illegittimo il diniego
del permesso di soggiorno,  poiche'  e'  mancata  la  valutazione  in
concreto della pericolosita' sociale del richiedente, con conseguente
manifesta inammissibilita' della sollevata questione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte dubita,
in riferimento all'art.  3  della  Costituzione,  della  legittimita'
costituzionale del «combinato disposto» degli artt. 4, comma 3, e  5,
comma 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo  unico
delle disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e
norme sulla condizione dello straniero). Dette norme  sono  censurate
nella parte in cui impedirebbero al cittadino  extracomunitario,  che
abbia ottenuto la regolarizzazione della propria posizione lavorativa
irregolare, ai sensi dell'art. 1-ter del decreto-legge 1° luglio 2009
n.  78  (Provvedimenti  anticrisi,  nonche'  proroga   di   termini),
convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102,  di
ottenere il permesso di soggiorno, qualora abbia  riportato  condanna
per uno dei reati indicati dal citato art. 4, comma 3, rientrante tra
quelli previsti dall'art. 381 del codice di procedura  penale,  senza
che occorra previamente accertarne la pericolosita' sociale. 
    1.1.- Secondo il TAR, il ricorrente nel  giudizio  principale  ha
riportato condanna per il reato di cui  all'art.  73,  comma  5,  del
d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia  di
disciplina degli stupefacenti  e  sostanze  psicotrope,  prevenzione,
cura e riabilitazione dei relativi stati di  tossicodipendenza),  che
rientra tra quelli previsti dall'art.  381,  comma  1,  cod.proc.pen.
Egli ha presentato domanda di emersione  del  lavoro  irregolare,  ai
sensi del citato art.  1-ter,  ed  il  procedimento  si  e'  concluso
positivamente,  con  il  rilascio  del  nulla-osta  da  parte   dello
Sportello Unico per l'Immigrazione e la convocazione delle parti  per
la stipula del contratto di soggiorno. Tale condanna, in virtu' della
dichiarazione di illegittimita' costituzionale pronunciata da  questa
Corte con la sentenza n. 172 del 2012, non e', infatti,  di  per  se'
sola ostativa  al  rilascio  di  detto  nulla  osta.  In  virtu'  del
«combinato disposto» degli artt. 4, comma 3, e 5, comma 5, del d.lgs.
n. 286 del 1998,  i  quali  stabiliscono  il  cosiddetto  automatismo
espulsivo (giudicato non irragionevole dalla Corte, con  la  sentenza
n. 148 del 2008), detta condanna sarebbe invece ostativa al  rilascio
del  permesso  di  soggiorno,  senza   che   occorra   accertare   la
pericolosita' sociale del richiedente. 
    A  suo  avviso,  «il  dubbio  di  costituzionalita'  deriva   dal
raffronto» di dette sentenze. Non sarebbe, infatti,  ragionevole  che
il cittadino extracomunitario, il quale abbia riportato condanna  per
un reato riconducibile all'art. 381 cod.proc.pen., da un canto,  puo'
«ottenere (per il passato) il nulla  osta  all'emersione  dal  lavoro
irregolare», poiche', in virtu' della sentenza n. 172  del  2012,  il
rigetto   dell'istanza   di    regolarizzazione    e'    condizionato
all'accertamento  che  il  medesimo  rappresenta  una  minaccia   per
l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato.  Dall'altro,  egli  non
potrebbe invece ottenere «(per il futuro)» il permesso di  soggiorno,
a causa dell'automatismo espulsivo stabilito dalle  norme  censurate,
ritenuto non irragionevole dalla sentenza n. 148 del 2008. 
    Secondo   il   giudice   a   quo,   sussisterebbe   dunque   «una
irragionevolezza intrinseca di sistema», dato che il procedimento  di
emersione del lavoro irregolare ex art. 1-ter, comma 7, del  d.l.  n.
78 del 2009 «e' sostanzialmente unitario ed unitaria ne e' la ratio».
Nondimeno,   egli   non    ritiene    possibile    un'interpretazione
costituzionalmente orientata dei censurati artt. 4,  comma  3,  e  5,
comma  5,  «cosi'  come  applicati  alla  procedura  di   emersione»,
valorizzando la «natura  unitaria»  del  relativo  procedimento,  che
reputa impedita dal  diritto  vivente.  La  presunzione  assoluta  di
pericolosita' sociale, desunta  dalla  condanna  per  uno  dei  reati
indicati nel citato art. 4, comma 3, applicata  alla  fattispecie  di
emersione  del  lavoro  irregolare,  sarebbe  inoltre  irragionevole,
arbitraria e lesiva dell'art. 3 Cost. 
    2.- La questione e' inammissibile, essendo fondata, nei limiti  e
nei termini di seguito indicati, l'eccezione in  tal  senso  proposta
dal Presidente del Consiglio dei ministri. 
    2.1.- Il giudizio principale ha ad oggetto  il  provvedimento  di
diniego del permesso di  soggiorno,  richiesto  in  relazione  ad  un
procedimento di emersione del lavoro irregolare, ai sensi del  citato
art.  1-ter,   che,   come   indicato   dal   TAR,   «si   concludeva
positivamente».  La   premessa   dell'ordinanza,   in   ordine   alla
riconducibilita' del reato ritenuto  ostativo  a  tale  permesso  tra
quelli contemplati dall'art. 381 cod.proc.pen. ed  all'applicabilita'
di  detta  norma,  nel  testo  risultante  dalla   dichiarazione   di
illegittimita' costituzionale pronunciata dalla sentenza n.  172  del
2012,     e'     corretta.     Il      sopravvenuto      accertamento
dell'incostituzionalita' parziale della norma  costituisce,  infatti,
un profilo invalidante dell'atto che, alla data della  sentenza,  era
ancora sub judice. Nondimeno, proprio la correttezza di tale premessa
evidenzia carenze e contraddizioni della motivazione della  sollevata
questione. 
    2.2.-  Il  rimettente  formula   la   censura,   muovendo   dalla
considerazione che il procedimento di emersione del lavoro irregolare
«e' sostanzialmente unitario ed unitaria ne  e'  la  ratio»,  ma  non
approfondisce gli effetti di  tale  configurazione.  Il  TAR  avrebbe
dovuto, infatti, verificare se questa permetta  di  ritenere  che  le
cause ostative alla regolarizzazione ed i requisiti del  permesso  di
soggiorno   siano   soltanto   quelli   previsti   da   detta   norma
(distintamente rispetto alla disciplina generale), con la conseguenza
che, una volta ritenuti sussistenti i  requisiti  dell'emersione,  il
permesso di soggiorno non potrebbe essere  negato,  sulla  scorta  di
cause ulteriori e diverse e, nella fattispecie oggetto  del  giudizio
principale, senza quindi accertare in concreto la  pericolosita'  del
richiedente. 
    2.3.- Tale verifica e' imposta dalla constatazione che, anche con
riguardo alla disciplina dell'emersione del lavoro irregolare  recata
dall'art. 5 del decreto legislativo 16 luglio 2012, n.  109,  recante
«Attuazione della direttiva 2009/52/CE  che  introduce  norme  minime
relative a sanzioni e a provvedimenti  nei  confronti  di  datori  di
lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi  il  cui  soggiorno  e'
irregolare»  (alla  quale   e'   possibile   fare   riferimento,   in
considerazione della  sostanziale  identita'  della  regolamentazione
stabilita da questa norma e dal citato art. 1-ter),  un  orientamento
della giurisprudenza amministrativa ha ritenuto che «il  procedimento
di emersione (...) e' comunque unico» e regolamentato  esclusivamente
dalla «disciplina speciale» (TAR  Piemonte,  Torino,  sezione  prima,
sentenza 16 aprile 2014, n. 612; in  senso  sostanzialmente  analogo,
con riguardo ai requisiti dell'emersione  in  riferimento  al  citato
art. 1-ter,  TAR  Piemonte,  Torino,  sezione  seconda,  sentenza  12
febbraio 2016, n. 193). 
    Secondo questo indirizzo, la disciplina dell'emersione «fissa  in
via autonoma le condizioni di accesso alla procedura di sanatoria per
emersione, di cui il permesso  di  soggiorno  costituisce  uno  degli
snodi  indefettibili».  E'  dunque  «nel  suddetto,  speciale  ambito
normativo - da intendersi conchiuso - che vanno individuate,  in  via
esclusiva, le ragioni ostative (all'emersione, ma anche) al  rilascio
del titolo di soggiorno, senza che, una volta esaurito il primo snodo
(emersione),    sia    possibile     smarrire     il     nesso     di
pregiudizialita'/dipendenza che lega ad esso le ulteriori fasi di  un
procedimento complesso ma sostanzialmente  unitario»  (TAR  Campania,
Napoli,  sezione  sesta,  sentenza   15   luglio   2015,   n.   3778;
analogamente, tra le altre,  TAR  Campania,  Napoli,  sezione  sesta,
sentenza 16 gennaio 2015, n. 334).  Peraltro,  alcune  pronunce,  che
pure hanno ritenuto l'autonomia dei procedimenti (di emersione  e  di
rilascio  del  permesso  di  soggiorno),  hanno  tuttavia   rimarcato
l'esistenza    tra    gli    stessi     di     un     rapporto     di
«presupposizione/conseguenzialita'», ponendo in rilievo  le  ricadute
del primo sul secondo  (TAR  Lazio,  Roma,  sezione  seconda  quater,
sentenza 7 febbraio 2013, n. 1373; si veda anche Consiglio di  Stato,
sezione terza, sentenza 14 novembre 2012, n. 5736, secondo  cui,  «il
permesso di soggiorno che consegue all'emersione  altro  non  e'  che
l'effetto dell'emersione stessa»). 
    Detta configurazione e' stata desunta anche dalla  considerazione
che non sarebbe altrimenti giustificabile la previsione da parte  del
citato art. 1-ter (nel comma 13) delle cause ostative alla  procedura
di emersione e (nel comma 7) della previa acquisizione da parte dello
SUI del «parere della questura sull'insussistenza di motivi  ostativi
al rilascio del permesso di soggiorno», ai  fini  della  stipula  del
contratto di  soggiorno,  mentre  la  specificita'  della  disciplina
dell'emersione e' stata puntualmente sottolineata dalla  sentenza  n.
172 del 2012. 
    2.4.- La motivazione dell'ordinanza  di  rimessione  e'  altresi'
contraddittoria e lacunosa, nella parte in cui il rimettente sostiene
di non potere offrire un'interpretazione costituzionalmente orientata
delle norme censurate. Secondo  il  giudice  a  quo,  questa  sarebbe
possibile  valorizzando  la  «gia'  rilevata  natura   unitaria   del
procedimento» dell'art. 1-ter, comma 7, che reputa tuttavia  impedita
dalla mancanza di «riscontri  sicuri  nel  testo  della  legge»,  dal
diritto vivente e dalla sentenza n. 148 del 2008. 
    2.5.- La pressoche' contestuale affermazione  e  negazione  della
natura unitaria del procedimento evidenzia, gia' da sola, un  profilo
di insuperabile contraddizione, anche perche' la seconda proposizione
risulta   enunciata   in   modo   assertivo,   senza   darsi   carico
dell'orientamento   della   giurisprudenza   amministrativa    dianzi
richiamato. 
    2.6.- La deduzione in ordine all'asserita esistenza di un diritto
vivente, nei termini indicati dall'ordinanza di  rimessione,  neppure
e'  corretta.  Il  TAR  non   ha,   infatti,   considerato   che   la
praticabilita' di un'interpretazione costituzionalmente orientata  va
verificata in riferimento non alle norme censurate, bensi' al  citato
art. 1-ter (che disciplina l'emersione del lavoro  irregolare),  allo
scopo di stabilire  se,  come  puntualmente  dedotto  dall'Avvocatura
generale, quest'ultimo regolamenti  in  modo  autonomo,  completo  ed
esaustivo il  procedimento,  anche  con  riguardo  ai  requisiti  del
permesso di soggiorno. 
    Al riguardo, va rilevato che  all'indirizzo  richiamato  dal  TAR
(non correttamente, come  precisato  di  seguito,  e  tutt'altro  che
prevalente), secondo il quale e' applicabile  il  censurato  art.  4,
comma  3,  al  permesso   di   soggiorno   richiesto   in   relazione
all'emersione del lavoro irregolare, si contrappone  un  orientamento
che, anche a seguito della sentenza n. 172 del  2012,  reputa  invece
che  le  cause  ostative  alla  regolarizzazione  siano  quelle  sole
stabilite dalle norme che  disciplinano  (distintamente  ed  in  modo
completo) il procedimento  di  emersione  del  lavoro  irregolare.  A
quest'ultimo  vanno  ricondotte  le  sentenze  che  hanno  negato  il
cosiddetto automatismo espulsivo anche nel caso di  condanna  per  il
reato dell'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del  1990  (in  quanto
riconducibile tra quelli previsti dall'art. 381  cod.proc.pen.),  sia
pure in relazione alla disciplina della regolarizzazione  del  lavoro
oggetto dell'art. 5, comma 13, del d.lgs. n. 109  del  2012  (tra  le
altre, TAR Lombardia, Milano, sezione  seconda,  sentenza  21  luglio
2016, n. 1481; TAR Toscana,  Firenze,  sezione  seconda,  sentenza  4
maggio 2015, n. 703; TAR Campania, Napoli, sezione sesta, sentenza 16
gennaio 2015, n. 312; TAR Piemonte, Torino, sezione  prima,  sentenza
16 aprile 2014, n. 612). Quest'ultima norma,  come  sopra  accennato,
stabilisce infatti una disciplina che, nei profili qui rilevanti,  e'
sostanzialmente omologa a quella  prevista  dal  citato  art.  1-ter,
comma 13, e cio' rende utilmente richiamabile tale orientamento. 
    2.7.- Il rimettente  non  ha  dunque  adeguatamente  motivato  la
premessa interpretativa, incorrendo in lacune  e  contraddizioni  che
minano la  valutazione  in  ordine  alla  rilevanza  della  sollevata
questione (per tutte, ordinanze n. 136 del 2016 e n. 362 del 2010). 
    Inoltre, non ha compiutamente dato  conto  dell'esistenza  di  un
diritto vivente, nei termini dallo stesso  ipotizzati,  come  sarebbe
stato invece necessario (tra le piu' recenti, sentenze n.  240  e  n.
203 del 2016, ordinanza n. 177  del  2016).  Il  TAR  si  e'  infatti
limitato a richiamare quattro sentenze, ma ben tre di queste  neppure
riguardano il rilascio del permesso  di  soggiorno  in  relazione  al
procedimento di emersione del lavoro irregolare  (TAR  Puglia,  Bari,
sezione seconda, sentenza  21  maggio  2015,  n.  763;  TAR  Toscana,
Firenze, sezione seconda,  sentenza  7  aprile  2015,  n.  556;  TRGA
Trentino-Alto Adige, Bolzano, sentenza 16 aprile 2014, n. 101) e  non
ha affatto preso in considerazione  l'ulteriore,  dianzi  richiamato,
indirizzo della giurisprudenza amministrativa. 
    Pertanto, neppure e' corretto l'assunto del  giudice  a  quo,  in
ordine all'esistenza di un diritto vivente che lo  avrebbe  costretto
necessariamente  verso  l'esegesi  che  egli  sospetta   affetta   da
incostituzionalita' (ordinanza n.  194  del  2012),  con  conseguente
inadempimento  dell'onere  di  sperimentare  la   praticabilita'   di
un'interpretazione costituzionalmente orientata (per tutte,  sentenza
n. 203 del 2016). 
    La sollevata questione e', pertanto, inammissibile. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale degli artt. 4, comma 3, e  5,  comma  5,  del  decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo  unico  delle  disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla  condizione
dello  straniero),  sollevata,  in  riferimento  all'art.   3   della
Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte,
con l'ordinanza in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 febbraio 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                 Augusto Antonio BARBERA, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 24 febbraio 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA