N. 58 ORDINANZA 22 febbraio - 17 marzo 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Procedimento   amministrativo   -   Obbligo   di   motivazione    dei
  provvedimenti amministrativi - Possibilita' di  integrazione  della
  motivazione in sede processuale. 
- Legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento
  amministrativo   e   di   diritto   di   accesso    ai    documenti
  amministrativi), dell'art. 21-octies, comma 2, primo periodo. 
-   
(GU n.12 del 22-3-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  21-octies,
comma 2, primo periodo, della legge 7  agosto  1990,  n.  241  (Nuove
norme in materia di  procedimento  amministrativo  e  di  diritto  di
accesso ai documenti amministrativi), promosso dalla Corte dei conti,
sezione giurisdizionale per la Regione  siciliana,  nel  procedimento
vertente tra A.B. e l'Istituto  nazionale  della  previdenza  sociale
(INPS), con ordinanza del 19 gennaio 2015, iscritta  al  n.  103  del
registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 2015. 
    Visti  l'atto  di  costituzione  dell'INPS  nonche'   l'atto   di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  22  febbraio  2017  il  Giudice
relatore Daria de Pretis; 
    uditi l'avvocato Filippo Mangiapane per l'INPS e l'avvocato dello
Stato Pietro Garofoli per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 19 gennaio  2015,  la  Corte  dei
conti, sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, ha sollevato
questione di legittimita' costituzionale dell'art.  21-octies,  comma
2, primo periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove  norme  in
materia di procedimento amministrativo e di  diritto  di  accesso  ai
documenti amministrativi), in riferimento agli artt. 3, 97, 24, 113 e
117, primo comma, della Costituzione; 
    che la questione, cosi' prospettata, e'  stata  sollevata  in  un
processo avente ad oggetto la domanda di annullamento  dell'atto  con
cui  la  Direzione  provinciale  del  Tesoro  ha  comunicato  ad  una
pensionata l'avvio di un procedimento di recupero,  sui  ratei  della
pensione percepita, di somme indebitamente erogate; 
    che nel giudizio  la  ricorrente  lamentava  l'impossibilita'  di
comprendere  le  ragioni  di  fatto  e  di  diritto  della   disposta
ripetizione; 
    che  il  giudice  a  quo,  sul  presupposto  che   la   Direzione
provinciale del Tesoro (e successivamente l'Istituto nazionale  della
previdenza sociale (INPS),  subentrato  nel  rapporto  sostanziale  e
processuale)  avrebbe  fornito  in  corso  di  giudizio   motivazioni
integrative della impugnata comunicazione, dubita della  legittimita'
costituzionale dell'art. 21-octies,  secondo  comma,  primo  periodo,
della legge n. 241 del 1990, nella misura in  cui  tale  disposizione
consente l'integrazione in sede  processuale  della  motivazione  del
provvedimento amministrativo  anche  dopo  un  rilevante  periodo  di
tempo; 
    che, secondo  la  Corte  rimettente,  la  norma  si  porrebbe  in
contrasto: con gli artt. 24, 97 e 113 Cost.,  costituendo,  l'obbligo
di motivazione dei provvedimenti amministrativi,  un  corollario  dei
principi di buon andamento e di  imparzialita'  dell'amministrazione,
in quanto consente al destinatario del provvedimento che ritenga lesa
una propria situazione giuridica di far  valere  la  relativa  tutela
giurisdizionale, senza che assuma alcuna  rilevanza  al  riguardo  la
natura discrezionale o vincolata dell'atto;  con  l'art.  117,  primo
comma,  Cost.,  in  quanto  la  norma  contravverrebbe  ai   principi
dell'ordinamento  comunitario  come  interpretati  dalla   Corte   di
giustizia dell'Unione europea,  la  quale  avrebbe  sempre  affermato
l'impossibilita' di integrare  la  motivazione  di  un  provvedimento
amministrativo nel corso del processo; con l'art.  3  Cost.,  per  la
disparita' di trattamento che ne conseguirebbe, in termini di  tutela
giurisdizionale, tra atti derivati dalla normativa comunitaria e atti
esclusivamente  interni;  con  il  principio  della  separazione  dei
poteri,  in  quanto   consentirebbe   al   giudice   di   sostituirsi
all'amministrazione integrando la motivazione dell'atto; 
    che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la  questione  sia  dichiarata  inammissibile  e
comunque infondata; 
    che nel suo intervento il Presidente del Consiglio  dei  ministri
eccepisce, in punto di rilevanza,  che  le  regole  sul  procedimento
amministrativo sarebbero inapplicabili a fattispecie come  quella  in
esame, riguardanti un'attivita' paritetica nell'ambito della quale la
consistenza  della  posizione  soggettiva  azionata  e'  di   diritto
soggettivo; 
    che   la   fattispecie   in   esame    prescinderebbe    comunque
dall'applicazione dell'art. 21-octies della legge n. 241 del 1990, in
quanto l'obbligo di motivazione non potrebbe ritenersi violato quando
le ragioni del provvedimento siano chiaramente intuibili  sulla  base
della sua parte dispositiva  e  si  verta  in  ipotesi  di  attivita'
vincolata; 
    che per gli atti vincolati la  motivazione  non  corrisponderebbe
alla logica, fatta propria  anche  dall'art.  296  del  Trattato  sul
funzionamento  dell'Unione  europea  (TFUE),  di  esplicitare  l'iter
formativo e le ragioni della scelta discrezionale, ma si  limiterebbe
a indicare i presupposti fattuali e le norme di riferimento; 
    che, anche se si volesse ritenere che la fattispecie in esame  va
valutata alla luce dell'art. 21-octies della legge n. 241  del  1990,
la questione prospettata risulterebbe comunque infondata,  in  quanto
il meccanismo dettato dalla norma non altera in alcun modo il diritto
di difesa, ne' arreca un pregiudizio  alle  ragioni  sostanziali  del
ricorrente,  collegandosi  invece  alla  carenza  di  interesse   del
ricorrente  stesso  a  ottenere  l'annullamento  di   un   atto   che
l'amministrazione potrebbe  successivamente  reiterare  con  identico
contenuto; 
    che nel giudizio si e'  costituito  l'INPS,  anch'esso  eccependo
l'inammissibilita' della questione. 
    Considerato che, con ordinanza n. 92 del 2015, questa Corte si e'
gia'  pronunciata  nel  senso  della  manifesta  inammissibilita'  su
un'ordinanza  di  rimessione   della   Corte   dei   conti,   sezione
giurisdizionale per la Regione siciliana, di tenore testuale  analogo
e concernente una fattispecie del tutto sovrapponibile  a  quella  in
esame; 
    che la sostanziale identita' delle  questioni  e  delle  relative
argomentazioni, gia' valutate  nella  richiamata  pronuncia,  conduce
alle medesime conclusioni, dalle quali questa Corte non  ritiene  che
vi siano ragioni per discostarsi; 
    che pertanto la questione deve essere  dichiarata  manifestamente
inammissibile: per difetto di motivazione sulla rilevanza, in  quanto
la rimettente non spiega se e come ritiene superabile  l'impostazione
giurisprudenziale   che   esclude   l'incidenza   delle    violazioni
procedimentali sul rapporto obbligatorio di fonte legale,  avente  ad
oggetto  prestazioni  pensionistiche;  per  mancato  esperimento  del
tentativo d'interpretazione conforme a Costituzione, dal momento che,
secondo un diffuso orientamento della giurisprudenza  amministrativa,
«il difetto di motivazione nel provvedimento non puo' essere in alcun
modo assimilato alla violazione di norme procedimentali o ai vizi  di
forma, costituendo la motivazione del provvedimento  il  presupposto,
il  fondamento,  il  baricentro  e  l'essenza  stessa  del  legittimo
esercizio del potere amministrativo (art. 3 della legge  n.  241  del
1990)  e,  per  questo,  un   presidio   di   legalita'   sostanziale
insostituibile, nemmeno mediante il  ragionamento  ipotetico  che  fa
salvo, ai sensi dell'art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241  del
1990, il provvedimento affetto dai cosiddetti vizi  non  invalidanti»
(Consiglio di Stato, sezione terza, 7 aprile 2014, n. 1629);  nonche'
per l'uso improprio dello strumento del vaglio  di  costituzionalita'
per avallare una certa interpretazione della norma censurata. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  21-octies,  comma  2,  primo
periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di
procedimento amministrativo e di  diritto  di  accesso  ai  documenti
amministrativi), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 97, 24,  113
e 117, primo  comma,  della  Costituzione,  dalla  Corte  dei  conti,
sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, con l'ordinanza  in
epigrafe. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                     Daria de PRETIS, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 17 marzo 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA