N. 243 ORDINANZA 24 ottobre - 24 novembre 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Imposte e tasse - Regioni sottoposte ai piani di rientro dai  deficit
  sanitari in  caso  di  mancato  raggiungimento  degli  obiettivi  -
  Incremento di 0,30  punti  percentuali  dell'addizionale  regionale
  all'IRPEF rispetto al livello delle aliquote vigenti. 
- Legge 23 dicembre  2009,  n.  191,  recante  «Disposizioni  per  la
  formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  (legge
  finanziaria 2010)», art. 2, comma 86; decreto legislativo 6  maggio
  2011, n. 68, recante  «Disposizioni  in  materia  di  autonomia  di
  entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonche'
  di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard  nel  settore
  sanitario», art. 6, comma 10. 
-   
(GU n.48 del 29-11-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giorgio LATTANZI, Marta  CARTABIA,  Mario  Rosario  MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  2,  comma
86, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante  «Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge
finanziaria 2010)», e dell'art. 6, comma 10, del decreto  legislativo
6 maggio 2011, n. 68, recante «Disposizioni in materia  di  autonomia
di entrata delle  regioni  a  statuto  ordinario  e  delle  province,
nonche' di determinazione dei costi e  dei  fabbisogni  standard  nel
settore sanitario», promosso dalla Commissione tributaria provinciale
di Campobasso, nel procedimento  vertente  tra  Francesco  Mancini  e
l'Agenzia delle entrate, Direzione provinciale - Ufficio controlli di
Campobasso, ed altra, con ordinanza del 5 novembre 2015  iscritta  al
n.  7  del  registro  ordinanze  2016  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n.  4,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2016. 
    Visti l'atto di costituzione di Francesco Mancini, nonche' l'atto
di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nella udienza pubblica  del  24  ottobre  2017  il  Giudice
relatore Marta Cartabia; 
    uditi l'avvocato Francesco Mancini per se medesimo  e  l'avvocato
dello Stato Gianna Maria De Socio per il Presidente del Consiglio dei
ministri. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 5 novembre 2015 (r.o.  n.  7  del
2016),  la  Commissione  tributaria  provinciale  di  Campobasso   ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma
86, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante  «Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge
finanziaria 2010)», e dell'art. 6, comma 10, del decreto  legislativo
6 maggio 2011, n. 68, recante «Disposizioni in materia  di  autonomia
di entrata delle  regioni  a  statuto  ordinario  e  delle  province,
nonche' di determinazione dei costi e  dei  fabbisogni  standard  nel
settore sanitario», per violazione degli artt.  24,  53  e  97  della
Costituzione; 
    che  il  giudice  rimettente  premette  di  essere  stato   adito
dall'avvocato Francesco Mancini, in proprio e quale difensore  di  se
stesso,  avverso  il  silenzio-rifiuto  opposto  dall'Agenzia   delle
entrate, Direzione provinciale - Ufficio controlli di  Campobasso,  e
dalla Regione Molise all'istanza di restituzione della somma di  euro
295,  versata  dal  ricorrente  a  titolo  di  addizionale  regionale
all'imposta sul reddito delle  persone  fisiche  (IRPEF)  per  l'anno
2013, addizionale aumentata a norma del censurato art. 2,  comma  86,
della legge n. 191 del 2009; 
    che,   risolte   alcune   questioni   preliminari   e    ritenuta
inammissibile una delle eccezioni  di  illegittimita'  costituzionale
del ricorrente, a proposito  delle  altre  eccezioni  la  Commissione
tributaria provinciale osserva, in punto di rilevanza, che lo  stesso
ricorrente  ha  avanzato  la  pretesa  al  rimborso  sul  presupposto
dell'illegittimita' costituzionale delle disposizioni sopra indicate,
chiedendo esplicitamente a tal fine (sia pure in via subordinata)  la
rimessione degli atti alla Corte costituzionale; 
    che,  espone  il  giudice  a  quo,  con  l'art.  50  del  decreto
legislativo  15  dicembre  1997,  n.  446  (Istituzione  dell'imposta
regionale sulle  attivita'  produttive,  revisione  degli  scaglioni,
delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef  e  istituzione  di  una
addizionale  regionale  a  tale  imposta,  nonche'   riordino   della
disciplina dei tributi  locali),  e'  stata  istituita  l'addizionale
regionale  all'IRPEF,  determinata  in   applicazione   dell'aliquota
stabilita  dalla  Regione  di  residenza  di  ciascun   contribuente,
originariamente fissata nello  0,5  per  cento  con  possibilita'  di
incremento fino all'1 per cento; 
    che, in seguito, l'art. 2, comma 86, della legge n. 191 del  2009
ha disposto che  «[l]'accertato  verificarsi,  in  sede  di  verifica
annuale, del mancato raggiungimento  degli  obiettivi  del  piano  di
rientro, con conseguente determinazione di  un  disavanzo  sanitario,
comporta, oltre all'applicazione delle misure previste dal comma 80 e
ferme restando le misure eventualmente scattate ai  sensi  del  comma
83,  l'incremento  nelle  misure  fisse  di  0,15  punti  percentuali
dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attivita' produttive e  di
0,30 punti percentuali dell'addizionale all'IRPEF rispetto al livello
delle aliquote vigenti, secondo le procedure  previste  dall'articolo
1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311,  come  da  ultimo
modificato dal comma 76 del presente articolo»; 
    che l'art. 6, comma 10, del d.lgs. n. 68  del  2011  dispone  che
«[r]estano fermi  gli  automatismi  fiscali  previsti  dalla  vigente
legislazione nel settore sanitario nei casi di squilibrio  economico,
nonche' le disposizioni in  materia  di  applicazione  di  incrementi
delle aliquote fiscali per le regioni sottoposte ai piani di  rientro
dai deficit sanitari»; 
    che, con riguardo a  tale  disciplina,  sarebbero  manifestamente
infondate le eccezioni di illegittimita' costituzionale sollevate dal
ricorrente in relazione al principio di eguaglianza di cui all'art. 3
Cost. (la differenza nei trattamenti impositivi tra i cittadini delle
diverse Regioni sarebbe naturale conseguenza dell'autonomo potere  di
ciascuna Regione di determinare, nei  limiti  stabiliti  dalla  legge
statale, le aliquote della  propria  addizionale  all'IRPEF)  e  alla
riserva di legge di cui all'art. 23  Cost.  (correttamente  la  legge
dello  Stato  avrebbe  affidato  ad  organi  amministrativi   tecnici
l'accertamento   della   sussistenza   delle   condizioni   per    la
maggiorazione    dell'addizionale    regionale     all'IRPEF,     «in
considerazione della complessita' dell'accertamento  per  individuare
gli adempimenti necessari per il rientro dal deficit sanitario»); 
    che, invece, non manifestamente infondate sarebbero le  eccezioni
sollevate in relazione al principio della capacita' contributiva,  di
cui all'art. 53 Cost., in base al quale  ogni  cittadino  avrebbe  il
dovere di concorrere alle spese necessarie per la comunita', ma «solo
per la soddisfazione del  benessere  generale  e  collettivo  che  si
consegue quando i servizi erogati  dagli  enti  preposti  a  tutti  i
cittadini posseggono livelli di efficienza e  tempestivita'  tali  da
produrre situazioni di benessere qualitativo diffuso, assicurando una
vita dignitosa e decorosa per la persona»; in relazione  ai  principi
di buon andamento e imparzialita' della pubblica amministrazione,  di
cui all'art. 97 Cost., i quali  esigerebbero  che  l'imposizione  sia
improntata «alla massima semplicita' di normazione  ed  alla  agevole
conoscenza dei criteri di controllo affinche' siano evitati  sperperi
dannosi  e  sia  sempre  perseguito  il  bene  e  l'interesse   della
comunita'»; nonche'  in  relazione  al  diritto  di  difesa,  di  cui
all'art. 24 Cost.  (specificamente  attuato,  in  ambito  tributario,
dalla legge 27 luglio 2000, n. 212, recante «Disposizioni in  materia
di statuto dei diritti del contribuente»), il  quale  sancirebbe  «la
piena  contestabilita'  della  pretesa  impositiva  che  deve  essere
garantita  dal  rispetto  dell'obbligo  del  contraddittorio,   della
motivazione   dei   provvedimenti   impositivi   e    della    tutela
giurisdizionale»; 
    che,  in  particolare,  l'art.  53  Cost.  sarebbe  violato,  per
l'assenza di collegamento tra la capacita' contributiva dei cittadini
e l'aggravio dell'imposizione, il  quale  non  discenderebbe  da  una
maggiore domanda o necessita' di  assistenza  sanitaria,  bensi'  dal
bisogno di ripianare disavanzi dovuti a cattiva amministrazione; 
    che cio'  sarebbe  dimostrato  sia  dalle  misure  previste  come
conseguenza dell'inadeguatezza dei piani di rientro dai  commi  73  e
seguenti dell'art. 2 della legge n.  191  del  2009,  le  quali  sono
coerenti con una accertata cattiva gestione, ma non  con  un  aumento
della domanda di assistenza, sia dal comma 84 dello  stesso  art.  2,
laddove, per il caso di inadempimento al piano di  rientro  da  parte
del   commissario   ad   acta,   indipendentemente   dalle    ragioni
dell'inadempimento, attribuisce al Consiglio dei ministri  il  potere
di adottare gli atti necessari; 
    che, nel caso della Regione Molise,  la  cattiva  amministrazione
della sanita'  sarebbe  anche  comprovata,  in  concreto,  da  alcuni
rilievi formulati dal Procuratore regionale della  Corte  dei  conti,
sezione  giurisdizionale  per  il   Molise,   nella   relazione   per
l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2015; 
    che    le    norme    censurate,    pertanto,    costringerebbero
illegittimamente «i cittadini a pagare un maggiore  tributo,  per  la
colpa  (o  il  dolo)  dei  soggetti  che  amministrano  il   servizio
sanitario, e ad essere, inoltre, penalizzati per  le  deficienze  del
servizio  ed   il   maggiore   costo   dello   stesso»,   attribuendo
all'equilibrio  finanziario  una  tutela  di  cui  esso  non  sarebbe
meritevole  di  per  se',  ma  «solo  in  quanto   strumentale   alla
realizzazione della efficienza e continuita' dei servizi pubblici che
erogano prestazioni di sicurezza sociale, come quello della  sanita'»
(e' citata, in particolare, la  sentenza  della  Corte  di  Giustizia
dell'Unione europea 23 maggio 2000, causa C-104/98, Buchner e altri); 
    che l'art. 97 Cost. - il  quale  imporrebbe  una  amministrazione
trasparente del denaro pubblico  e,  per  quanto  concerne  le  norme
tributarie, la conoscibilita' dei criteri selettivi  di  controllo  e
nei controlli - sarebbe violato  perche'  il  mancato  raggiungimento
degli obiettivi dei piani di rientro sarebbe un «parametro del  tutto
discrezionale», rimesso alla valutazione  di  organi  tecnici,  senza
contraddittorio; 
    che, in particolare, la mera disamina del verbale della  riunione
congiunta del  Tavolo  tecnico  per  la  verifica  degli  adempimenti
regionali e del Comitato  permanente  per  la  verifica  dei  livelli
essenziali di assistenza, tenutasi (per quanto  riguarda  la  Regione
Molise) il 21 novembre 2013,  dimostrerebbe  il  «palese  eccesso  di
tecnicismo» e il «difetto di motivazione», con conseguente violazione
dei  principi  di  collaborazione  e  buona  fede  nei  rapporti  tra
contribuente  e  amministrazione,  per  di  piu'   con   difetto   di
imparzialita' di quest'ultima, la quale sarebbe partecipe  tanto  del
giudizio tecnico sullo stato di avanzamento  del  piano  di  rientro,
quanto della gestione commissariale; 
    che l'art. 24  Cost.  sarebbe  violato  perche'  il  contribuente
inciso dalla maggiorazione  dell'aliquota  non  potrebbe  intervenire
nelle valutazioni dei tavoli tecnici, ne' contestarle, in  violazione
del «c.d. diritto di contestare le tasse ingiuste», il quale dovrebbe
essere  garantito   «dagli   obblighi   della   motivazione   e   del
contraddittorio nonche' della tutela giurisdizionale», come affermato
dalla giurisprudenza europea (sono citate le sentenze della Corte  di
Giustizia dell'Unione  europea  18  dicembre  2008,  causa  C-349/07,
Soprope', e 3 luglio 2014, cause riunite C-129/13 e C-130/13,  Kamino
International Logistics e Datema Hellmann Worldwide Logistics)  e  da
quella italiana di legittimita'; 
    che non sarebbe sufficiente la tutela indiretta assicurata  dalla
partecipazione dei rappresentanti regionali alle decisioni dei tavoli
tecnici, «attesa  la  evidente  incompatibilita'  degli  stessi  che,
avendo  formulato  i  piani  [di  rientro],  non  possono  di   certo
avvertirne i limiti e le inadeguatezze», e inoltre  perche'  la  loro
condizione  di  soggetti  politici  li  rende,   «in   quanto   tali,
interessati   a   deresponsabilizzarsi   per   non    esporsi    alla
impopolarita'»; 
    che, da ultimo, il rimettente cita  la  «remota,  ma  pur  sempre
attuale, affermazione» della Corte costituzionale (nella sentenza  n.
111 del 1979, recte: del 1997), secondo cui il controllo della  Corte
stessa consiste in un giudizio sull'uso ragionevole, o meno,  che  il
legislatore abbia fatto dei  suoi  poteri  discrezionali  in  materia
tributaria,  «al  fine  di  verificare  la  coerenza  interna   della
struttura dell'imposta con il suo presupposto economico, come pure la
non arbitrarieta' dell'entita' dell'imposizione»; 
    che, con atto depositato il 9 febbraio  2016,  si  e'  costituito
l'avvocato  Francesco  Mancini,  chiedendo  che   le   questioni   di
legittimita' costituzionale siano accolte; 
    che, ripercorsi i  termini  delle  argomentazioni  esposte  dalla
Commissione tributaria provinciale, in relazione all'art. 53 Cost. la
parte privata conviene che e' irriducibile al principio di  capacita'
contributiva   la   «indiscriminata   ed   automatica   applicazione,
d'imperio, dell'aliquota massima di addizionale regionale  all'Irpef,
a carico  di  cittadini  la  cui  maggiore  forza  economica  sarebbe
paradossalmente  data  dall'inefficienza  del  sistema  sanitario  di
appartenenza»; 
    che tale situazione non  sarebbe  in  alcun  modo  riferibile  ai
contribuenti, i quali sono  anzi  penalizzati  da  un  servizio  meno
efficiente e piu' costoso, mentre  lo  stesso  art.  2,  commi  73  e
seguenti, della legge n. 191 del 2009 gia'  contemplerebbe  «sanzioni
dirette e proprie», le  quali  incidono  sui  soggetti  dell'apparato
amministrativo coinvolti nel grave disavanzo sanitario; 
    che, pertanto, qualunque  interpretazione  si  dia  del  concetto
della capacita' contributiva, l'assenza di  quest'ultima,  nel  caso,
risulterebbe altrettanto chiara, che se l'imposizione fosse correlata
a fattori quali, ad esempio, «il deficit dei  bilanci  dei  trasporti
pubblici regionali, l'inadeguatezza  delle  entrate  derivanti  dalla
gestione del  patrimonio  immobiliare  locale,  oppure  il  tasso  di
evasione fiscale o di criminalita' di una regione»; 
    che un'imposizione siffatta non sarebbe compatibile nemmeno con i
principi  di  cui  all'art.  97  Cost.,  anche  per  il  difetto   di
imparzialita' delle amministrazioni coinvolte e, segnatamente,  delle
strutture commissariali, perche' si verifica, anche  in  Molise,  una
commistione  tra  le  funzioni  di  gestione  e  quelle   prodromiche
all'imposizione e inoltre perche'  il  mancato  raggiungimento  degli
obiettivi di rientro e' sempre anche imputabile, almeno sotto  alcuni
profili, a queste strutture; 
    che,  a  tale  ultimo  proposito,  si  determinerebbe,  anzi,  il
risultato paradossale per  cui  nelle  Regioni  «piu'  virtuose»  gli
amministratori,  liberi  di  decidere  in  merito  alle  addizionali,
sarebbero esposti alla  impopolarita'  di  scelte  discrezionali  non
gradite ai contribuenti, mentre nelle Regioni  «bocciate  dai  Tavoli
Tecnici»  gli   amministratori   godrebbero   «di   una   sostanziale
(irragionevole ed  immeritata)  deresponsabilizzazione,  asimmetrica,
antagonistica  e   contraddittoria   rispetto   agli   obiettivi   di
prossimita', di decentramento  dei  poteri  e  delle  responsabilita'
impositivi,  di  buon  andamento  ed  imparzialita'  della   Pubblica
Amministrazione»; 
    che, in relazione all'art. 24 Cost., la difesa  privata  osserva,
in particolare, che «il cittadino  molisano  non  ha  la  concreta  e
compiuta possibilita' di contrastare la legittimita' e la  fondatezza
della pretesa [impositiva], in quanto non dispone di alcuno strumento
per verificare la fonte dell'obbligazione tributaria, id  est,  nella
fattispecie,  l'effettivita'   del   mancato   raggiungimento   degli
obiettivi di rientro dal disavanzo sanitario», il che  distinguerebbe
la situazione in esame da  tutte  le  altre  forme  di  tassazione  e
dall'intero «panorama tributario»; 
    che, con atto depositato il 16 febbraio 2016, e'  intervenuto  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le  questioni  di
legittimita'  costituzionale   siano   dichiarate   inammissibili   o
manifestamente infondate; 
    che,   riassunti   i   termini   delle   questioni,   la   difesa
dell'interveniente sottolinea anzitutto come le  norme  censurate  si
collochino in un quadro composito, in  cui  interventi  articolati  e
sistematici,  operanti  su  piani  diversi  e  basati  su   strumenti
eterogenei, convergono verso la finalita' di un graduale  risanamento
dei disavanzi sanitari regionali; 
    che alcune di queste  misure  «potrebbero  ritenersi  ispirate  a
finalita'   sanzionatorie,   collegate   all'esercizio   di    poteri
sostitutivi  dello  Stato  in  relazione  ai   casi   di   violazione
sistematica degli  obblighi  derivanti  dai  principi  della  finanza
pubblica»,  mentre  altre,  segnatamente  di  carattere   tributario,
rispondono   all'esigenza   di   sostenere   contemporaneamente    il
ripianamento del disavanzo e il mantenimento dei  livelli  essenziali
di assistenza; 
    che la questione sollevata in relazione all'art. 53 Cost. sarebbe
infondata, perche' l'aggravio dell'imposizione non sarebbe scollegato
da esigenze di assistenza sanitaria della popolazione regionale,  ma,
essendo previsto per tutti i casi di disavanzo, anche non generati da
cattiva  amministrazione,  servirebbe   ad   assicurare   i   livelli
essenziali di assistenza e, quindi, la continuita' delle  prestazioni
sanitarie, oltre che comunque alla copertura  delle  spese  derivanti
dalla gestione pregressa; 
    che le censure di cui  agli  artt.  97  e  24  Cost.,  incentrate
sull'assenza di meccanismi  di  partecipazione  dei  contribuenti  al
procedimento  di  valutazione  del   mancato   raggiungimento   degli
obiettivi dei piani di rientro, sarebbero  inammissibili  perche'  il
procedimento suddetto non e' regolato dalle norme  in  questione,  ma
dall'art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2005)» (come modificato  dall'art.  2,
comma 76, della legge n. 191 del 2009), il quale non e' bersaglio  di
alcuna censura; 
    che,  comunque,  nel  merito  le  censure   sono   manifestamente
infondate,   perche',   come   rilevato   dalla   giurisprudenza   di
legittimita' (e'  citata  la  sentenza  della  Corte  di  cassazione,
Sezioni unite civili, 9 dicembre 2015, n. 24823),  il  principio  del
contraddittorio  non  permea   tutti   i   settori   dell'ordinamento
nazionale,  sicche'  non   esiste   un   obbligo   generalizzato   di
contraddittorio in seno al  procedimento  amministrativo,  mentre  lo
stesso diritto dell'Unione europea, che pure prevede un tale obbligo,
lo  fa  solo  con  riguardo  ai  procedimenti   per   l'adozione   di
provvedimenti  lesivi  delle  situazioni   giuridiche   dei   singoli
individui (art. 41, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata
a Strasburgo il 12 dicembre 2007) e, nel caso, il procedimento per la
valutazione del grado di attuazione del piano di rientro non possiede
questa finalita', avendo invece come protagonisti gli organi  tecnici
incaricati di esaminare gli adempimenti  regionali  e  servendo  alla
verifica  di  dati  e  situazioni   oggettive,   non   esclusivamente
preordinate all'imposizione fiscale; 
    che, con atto depositato il 16 maggio 2017, l'avvocato  Francesco
Mancini ha formulato una «istanza di trattazione della causa»; 
    che, con memoria  depositata  il  3  ottobre  2017,  l'Avvocatura
generale dello Stato ha insistito  per  il  rigetto  delle  questioni
sollevate,  riproponendo  argomenti  e  riferimenti   sostanzialmente
corrispondenti a quelli dell'atto di intervento; 
    che,  con  riguardo  alla  questione  sollevata  in   riferimento
all'art. 53 Cost., la difesa dell'interveniente aggiunge che le norme
sospettate d'illegittimita' costituzionale si limitano  a  introdurre
una maggiorazione dell'aliquota dell'addizionale regionale all'IRPEF,
lasciando per il resto inalterata la struttura del tributo; 
    che il divario tra  l'imposizione  cosi'  incrementata  e  quella
applicabile nelle Regioni "virtuose"  sarebbe  «insito  nello  stesso
federalismo fiscale», previsto  nel  vigente  Titolo  V  della  Parte
seconda della  Costituzione,  e  resterebbe  contenuto  entro  valori
compatibili con il principio della capacita' contributiva; 
    che, inoltre, il prelievo  in  questione  non  e'  esclusivamente
destinato a coprire un disavanzo finanziario (giacche' serve anche ad
assicurare  la  continuita'  dell'assistenza  sanitaria  e  dei  suoi
livelli  essenziali)  e,  quand'anche  lo  fosse,  non   per   questo
risulterebbe  estraneo  al  concetto  di  «spesa  pubblica»,  di  cui
all'art. 53 Cost., a proposito del quale la difesa statale sottolinea
altresi' il rilievo  costituzionale  dell'«interesse  fiscale»  e  la
discrezionalita' che spetta al  legislatore,  anche  secondo  recenti
ricostruzioni dottrinali; 
    che, con riguardo alla censura sollevata in relazione all'art. 97
Cost., l'Avvocatura generale dello Stato rimarca come la  valutazione
sul conseguimento degli  obiettivi  di  rientro  avvenga  in  base  a
parametri oggettivi e misurabili, quali i  dati  di  bilancio,  e  in
contraddittorio con la Regione. 
    Considerato  che  la  Commissione   tributaria   provinciale   di
Campobasso, ha sollevato  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 2, comma 86, della legge 23 dicembre 2009, n. 191,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2010)», e dell'art. 6, comma  10,  del
decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68,  recante  «Disposizioni  in
materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto  ordinario  e
delle province, nonche' di determinazione dei costi e dei  fabbisogni
standard nel settore sanitario», per violazione degli artt. 24, 53  e
97 della Costituzione; 
    che, alla luce della descrizione  del  giudizio  a  quo  e  degli
argomenti sulla rilevanza, nonche' dei punti in cui si  sovrappongono
gli  ambiti  applicativi  delle  due   disposizioni   sospettate   di
illegittimita' costituzionale, si deve ritenere che esse siano  state
censurate nella parte in cui, rispettivamente, prevedono e confermano
che  l'accertamento,  in  sede  di  verifica  annuale,  del   mancato
raggiungimento degli obiettivi del piano di rientro, con  conseguente
determinazione di un disavanzo sanitario, comporta un  incremento  di
0,30 punti percentuali dell'addizionale regionale all'IRPEF  rispetto
al livello delle aliquote vigenti; 
    che, nei confronti di tale normativa, la  Commissione  tributaria
provinciale solleva tre ordini di questioni; 
    che, in primo luogo, il giudice rimettente ritiene violato l'art.
53 Cost.,  perche'  mancherebbe  un  collegamento  tra  la  capacita'
contributiva dei cittadini e l'aggravio  dell'imposizione,  il  quale
non discenderebbe da una maggiore domanda o necessita' di  assistenza
sanitaria, bensi' esclusivamente dal bisogno di  ripianare  disavanzi
dovuti a cattiva amministrazione; 
    che tale questione e' manifestamente infondata; 
    che, in proposito, dirimente e' il rilievo che  la  normativa  in
questione  interviene  sulla  disciplina  dell'addizionale  regionale
all'IRPEF esclusivamente sotto il profilo dell'aliquota,  intimamente
connesso alla determinazione dell'entita'  dell'onere  tributario  e,
pertanto, rimesso all'ampia discrezionalita' del legislatore, con  il
limite della non arbitrarieta' o irrazionalita' delle relative scelte
(ex plurimis, sentenze n. 10 del 2015, n. 116 del 2013,  n.  223  del
2012 e n. 111 del 1997, nonche' le ordinanze n. 23 del 2005,  n.  449
del 1998 e n. 352 del 1995); 
    che, nel caso, tale limite non puo' ritenersi  superato,  poiche'
l'incremento annuale, riferito a una fonte di gettito destinato  alla
Regione,  si  colloca  nel  contesto  di  una  «complessa  procedura»
(sentenza n. 278 del 2014) e di un'ampia serie di  misure,  le  quali
dipendono da una  situazione  oggettiva  di  rilevante  e  perdurante
disavanzo nel principale comparto  di  spesa  regionale  e  mirano  a
risanare la gestione del servizio per assicurare, contemporaneamente,
la tutela della salute e il coordinamento della finanza  pubblica  e,
in ultima analisi, per garantire i livelli essenziali  di  assistenza
(si vedano tra l'altro, oltre a quella gia' citata,  le  sentenze  n.
192, n. 190, n. 106 e n. 14 del 2017, n. 266 del 2016, n. 110 e n. 85
del 2014, n. 219 e n. 51 del 2013); 
    che non e' condivisibile il  rilievo  secondo  cui  il  disavanzo
dipende esclusivamente da condotte dolose  o  colpose  imputabili  ai
responsabili del servizio  sanitario,  giacche'  ben  piu'  complesse
possono essere le cause della situazione ed e' per questo che, al suo
ricorrere, la legge  prevede  una  pluralita'  di  conseguenze,  solo
alcune delle quali riguardano la sfera  dei  singoli  amministratori,
mentre altre, come quella  in  esame,  hanno  funzioni  di  carattere
essenzialmente finanziario; 
    che la Commissione tributaria provinciale denuncia  altresi'  una
violazione dell'art. 97  Cost.,  perche'  il  mancato  raggiungimento
degli obiettivi dei piani di rientro costituirebbe un  parametro  del
tutto discrezionale, rimesso  alla  valutazione  di  organi  tecnici,
senza  possibilita'  di  contraddittorio  per  il  contribuente   ne'
garanzie di imparzialita'  della  pubblica  amministrazione;  nonche'
dell'art. 24 Cost., perche'  il  contribuente  non  puo'  intervenire
nelle valutazioni dei competenti tavoli tecnici, ne' contestarle,  in
assenza  di  adeguate  garanzie  di   motivazione,   contraddittorio,
corretto  uso  delle  presunzioni  e  imparzialita'  della   pubblica
amministrazione; 
    che entrambe le questioni sono manifestamente inammissibili,  per
plurime  ragioni,  ivi  comprese  quelle   eccepite   dall'Avvocatura
generale dello Stato, assorbenti di ogni ulteriore considerazione; 
    che, infatti, l'ordinanza  di  rimessione  -  pur  trovandosi  di
fronte  a  una  materia  regolata  da  un  articolato  intreccio   di
provvedimenti legislativi succedutisi  nel  tempo  (a  partire  dalla
legge  30  dicembre  2004,  n.  311,  recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale  e  pluriennale  dello  Stato  (legge
finanziaria 2005)») e  di  atti,  ivi  richiamati,  della  Conferenza
Stato-Regioni (a partire dall'intesa sancita il 23 marzo 2005) -  non
si pone il problema di  identificare  compiutamente  le  fonti  della
disciplina,  in  particolare,  degli  organi  preposti  a  verificare
l'attuazione dei piani di rientro, delle procedure applicabili a  tal
fine e del regime giuridico dei relativi atti; 
    che, di conseguenza, l'ordinanza rivolge le proprie censure verso
norme che non riguardano  alcuno  di  questi  profili,  in  luogo  di
chiedersi   in   quali   termini,    costituzionalmente    obbligati,
occorrerebbe intervenire sulla pertinente disciplina organizzativa  e
procedimentale, per porre rimedio ai difetti lamentati; 
    che, dunque, la Commissione tributaria  provinciale  ricostruisce
in modo lacunoso il quadro normativo (fra le molte, ordinanze n.  88,
n. 55, n. 11 del 2017, n. 247, n. 136 e  n.  33  del  2016),  con  il
risultato di  indirizzare  le  proprie  censure  verso  un  bersaglio
erroneo (fra le molte, sentenza n. 35 del 2017; ordinanze n. 182,  n.
153 e n. 140  del  2016)  e  di  formulare  un  petitum  incongruente
rispetto alle argomentazioni sviluppate (fra le molte, sentenze n. 32
del 2016, n. 247 e n. 210 del 2015; ordinanza n. 47 del 2016). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 86, della legge 23  dicembre  2009,
n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale
e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)», e  dell'art.  6,
comma 10, del decreto legislativo  6  maggio  2011,  n.  68,  recante
«Disposizioni in materia di autonomia  di  entrata  delle  regioni  a
statuto ordinario e delle province,  nonche'  di  determinazione  dei
costi e dei fabbisogni standard  nel  settore  sanitario»,  sollevata
dalla Commissione tributaria provinciale di Campobasso in riferimento
all'art. 53 della Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe; 
    2)  dichiara  manifestamente  inammissibili   le   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 86, della legge n. 191
del 2009 e dell'art. 6, comma 10, del decreto legislativo n.  68  del
2011,  sollevate  dalla   Commissione   tributaria   provinciale   di
Campobasso in riferimento agli artt. 97 e 24 Cost.,  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe; 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 ottobre 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                      Marta CARTABIA, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 24 novembre 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA