N. 252 SENTENZA 11 ottobre - 6 dicembre 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica -  Disciplina  delle  operazioni  di
  indebitamento e di investimento delle Regioni e degli enti locali -
  Definizione, con decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri
  d'intesa con la Conferenza unificata, dei criteri  e  modalita'  di
  attuazione,  ivi  incluse  le  modalita'   attuative   del   potere
  sostitutivo dello Stato. 
- Legge 12 agosto 2016, n. 164  (Modifiche  alla  legge  24  dicembre
  2012, n. 243, in materia di equilibrio dei bilanci delle regioni  e
  degli enti locali), art. 2, comma 1, lettere a) e c). 
-   
(GU n.50 del 13-12-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Augusto   Antonio   BARBERA,   Giulio
  PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma  1,
lettere a) e c), della legge 12 agosto 2016, n. 164  (Modifiche  alla
legge 24 dicembre 2012, n. 243, in materia di equilibrio dei  bilanci
delle regioni e degli enti locali), promossi dalle Province  autonome
di  Bolzano  e  di  Trento,  dalle  Regioni  autonome   Trentino-Alto
Adige/Südtirol  e  Friuli-Venezia  Giulia,  dalle   Regioni   Veneto,
Lombardia e Liguria, con ricorsi notificati il 27 ottobre-2 novembre,
il 28 ottobre, il 28  ottobre-2  novembre  ed  il  28  ottobre  2016,
depositati in cancelleria il 31 ottobre, il 4 e il 7  novembre  2016,
ed iscritti ai numeri da 68 a 74 del registro ricorsi 2016. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  dell'11  ottobre  2017  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio; 
    uditi  gli  avvocati  Renate  von  Guggenberg  per  la  Provincia
autonoma di Bolzano, Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di
Trento e per  le  Regioni  autonome  Trentino-Alto  Adige/Südtirol  e
Friuli-Venezia Giulia, Fabio Cintioli  per  le  Regioni  Lombardia  e
Liguria, Ezio Zanon per la Regione Veneto e  l'avvocato  dello  Stato
Gianni De Bellis per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Provincia autonoma di Bolzano, con ricorso spedito per  la
notificazione il 27 ottobre 2016 e depositato  nella  cancelleria  di
questa Corte  il  31  ottobre  2016,  giusta  delibera  della  Giunta
provinciale n. 1137 del 18 ottobre 2016, adottata in via d'urgenza ai
sensi dell'art. 54, comma 7,  del  d.P.R.  31  agosto  1972,  n.  670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali  concernenti
lo Statuto speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige),  ratificata  dal
Consiglio provinciale con delibera n. 13  del  25  ottobre  2016,  ha
impugnato, tra l'altro, l'art. 2, comma 1, lettera c), della legge 12
agosto 2016, n. 164 (Modifiche alla legge 24 dicembre 2012,  n.  243,
in materia di equilibrio dei  bilanci  delle  regioni  e  degli  enti
locali), che sostituisce il comma 5 della legge 24 dicembre 2012,  n.
243 (Disposizioni per l'attuazione  del  principio  del  pareggio  di
bilancio ai sensi dell'art. 81,  sesto  comma,  della  Costituzione),
prevedendo  che:  «Con  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, da adottare d'intesa  con  la  Conferenza  unificata,  sono
disciplinati criteri e modalita' di attuazione del presente articolo,
ivi incluse le  modalita'  attuative  del  potere  sostitutivo  dello
Stato, in caso di inerzia o ritardo da parte delle  regioni  e  delle
province autonome di Trento e di Bolzano. Lo schema  del  decreto  e'
trasmesso alle Camere per l'espressione del parere delle  commissioni
parlamentari competenti per i profili  di  carattere  finanziario.  I
pareri  sono  espressi  entro  quindici  giorni  dalla  trasmissione,
decorsi i quali il decreto puo' essere comunque adottato». 
    2.- La ricorrente ricorda che il testo previgente  dell'art.  10,
comma 5, della legge n. 243 del 2012,  prevedeva:  «Con  decreto  del
Presidente del Consiglio  dei  ministri,  adottato  d'intesa  con  la
Conferenza permanente per il coordinamento  della  finanza  pubblica,
sono disciplinati criteri e  modalita'  di  attuazione  del  presente
articolo». 
    La Corte costituzionale, con la  sentenza  n.  88  del  2014,  ha
dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  di  tale  disposizione,
nella parte in cui non prevede la parola «tecnica»,  dopo  le  parole
«criteri e  modalita'  di  attuazione»  e  prima  delle  parole  «del
presente articolo». 
    3.-    La    doglianza    della    Provincia    autonoma    verte
sull'introduzione, quale oggetto del decreto, anche  delle  modalita'
attuative  del  potere  sostitutivo  e   sulla   soppressione   della
precisazione del carattere tecnico della normativa attuativa. 
    4.- Nel ricorso  e'  richiamata  l'affermazione  contenuta  nella
sentenza n. 88 del 2014 in ordine al previgente  art.  10,  comma  5,
citato: «Poiche', peraltro, il comma censurato si limita a  stabilire
che il decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri  disciplina
criteri e modalita' di attuazione dell'art. 10,  e'  con  riferimento
agli altri commi del medesimo articolo che va individuato l'effettivo
spazio precettivo nel quale esso e' chiamato a muoversi». 
    La Provincia autonoma, quindi, rileva che il contenuto precettivo
del novellato comma 5, in relazione a quanto previsto dai commi 3 e 4
del medesimo art. 10, anch'essi novellati  dalla  legge  n.  164  del
2016, pone in evidenza profili di illegittimita' costituzionale. 
    5.- Il testo originario del comma 3, dell'art. 10 stabiliva:  «Le
operazioni di indebitamento di cui al comma 2 sono  effettuate  sulla
base  di  apposite  intese   concluse   in   ambito   regionale   che
garantiscano, per l'anno di riferimento, l'equilibrio della  gestione
di cassa finale del complesso degli enti territoriali  della  regione
interessata,   compresa   la   medesima   regione,   come    definito
dall'articolo 9, comma 1, lettera a). A tal fine, ogni anno i comuni,
le province e le citta'  metropolitane  comunicano  alla  regione  di
appartenenza ovvero alla provincia autonoma di appartenenza,  secondo
modalita' stabilite con il decreto del Presidente del  Consiglio  dei
ministri di cui al comma 5 del presente articolo, il saldo  di  cassa
di cui all'articolo 9, comma 1, lettera a), che l'ente locale prevede
di  conseguire,  nonche'  gli  investimenti  che  intende  realizzare
attraverso  il  ricorso  all'indebitamento  o  con  i  risultati   di
amministrazione degli esercizi precedenti. Ciascun ente  territoriale
puo' in ogni caso ricorrere all'indebitamento nel limite delle  spese
per  rimborsi  di  prestiti  risultanti  dal  proprio   bilancio   di
previsione». 
    Il nuovo testo dell'art. 10, comma 3,  della  legge  n.  243  del
2012, prevede: «Le operazioni di indebitamento di cui al comma 2 e le
operazioni  di  investimento  realizzate  attraverso  l'utilizzo  dei
risultati  di  amministrazione   degli   esercizi   precedenti   sono
effettuate sulla base di apposite intese concluse in ambito regionale
che garantiscano, per l'anno di riferimento, il rispetto del saldo di
cui all'articolo 9, comma 1, del complesso  degli  enti  territoriali
della regione interessata, compresa la medesima regione». 
    6.- La Provincia autonoma espone che  il  confronto  tra  le  due
disposizioni evidenzia la soppressione del secondo  periodo,  con  la
conseguenza di un ampliamento dell'oggetto del decreto  attuativo  in
ordine alle modalita' di conclusione  delle  intese  regionali  e  di
limiti del ricorso all'indebitamento. 
    7.- Il testo originario  del  comma  4  dell'art.  10  stabiliva:
«Qualora, in sede di rendiconto, non sia rispettato  l'equilibrio  di
cui al comma 3,  primo  periodo,  il  saldo  negativo  concorre  alla
determinazione  dell'equilibrio  della  gestione  di   cassa   finale
dell'anno  successivo  del  complesso  degli   enti   della   regione
interessata, compresa la medesima regione, ed e'  ripartito  tra  gli
enti che non hanno rispettato il saldo previsto». 
    Il testo novellato del suddetto art. 10, comma  4,  prevede:  «Le
operazioni di indebitamento di cui al comma  2  e  le  operazioni  di
investimento  realizzate  attraverso  l'utilizzo  dei  risultati   di
amministrazione degli  esercizi  precedenti,  non  soddisfatte  dalle
intese di cui al comma 3, sono effettuate sulla  base  dei  patti  di
solidarieta' nazionali. Resta fermo il  rispetto  del  saldo  di  cui
all'articolo 9, comma 1, del complesso degli enti territoriali». 
    8.- La Provincia autonoma espone che  il  confronto  tra  le  due
disposizioni evidenzia la persistenza in fatto della fattispecie gia'
oggetto della  disciplina  previgente  dell'art.  10,  comma  4,  che
pertanto potra' essere oggetto del potere attuativo, e non e'  chiaro
tra quali enti dovrebbero essere stipulati i  patti  di  solidarieta'
nazionale. 
    9.- Pertanto, la norma impugnata non limita alla mera  attuazione
tecnica la portata dispositiva del decreto, ed estende l'oggetto  del
decreto alle modalita' di attuazione del potere sostitutivo  statale,
in caso di inerzia o  di  ritardo  delle  Regioni  e  delle  Province
autonome. 
    10.- Sussisterebbe, quindi, la violazione dell'art. 5,  comma  2,
lettera  b),  della  legge  costituzionale  20  aprile  2012,  n.   1
(Introduzione del principio del  pareggio  di  bilancio  nella  Carta
costituzionale), che, nel riservare a legge rinforzata la  disciplina
della  «facolta'   dei   Comuni,   delle   Province,   delle   Citta'
metropolitane, delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di
Bolzano di ricorrere all'indebitamento, ai sensi  dell'articolo  119,
sesto comma, secondo periodo,  della  Costituzione,  come  modificato
dall'articolo 4 della  presente  legge  costituzionale»,  esclude  la
possibilita' di un intervento normativo statale con fonte  secondaria
di natura regolamentare, se  non  per  meri  contenuti  tecnici,  con
violazione  anche  del  giudicato  costituzionale  (art.  136   della
Costituzione), in quanto nella sostanza  ripristina  una  legge  gia'
dichiarata illegittima. 
    11.- Altro profilo di censura  e'  delineato  in  relazione  agli
ambiti di competenza regionale (recte:  provinciale),  in  violazione
dell'art. 117, sesto comma, Cost., in combinato disposto  con  l'art.
10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001,  n.  3  (Modifiche  al
titolo V della parte seconda della Costituzione), e  con  l'art.  54,
numero 2, dello statuto di autonomia. 
    12.- La Provincia autonoma di Bolzano: a) e' dotata di  autonomia
finanziaria (Titolo VI dello statuto);  b)  in  relazione  agli  enti
locali del territorio regionale ha potesta' esclusiva in  materia  di
finanza locale (artt. 80 e 81  dello  statuto)  e  ha  il  potere  di
provvedere a definire le modalita' di ricorso all'indebitamento degli
stessi; c) ha il coordinamento della  finanza  pubblica  provinciale,
che comprende la finanza locale  e  i  correlativi  provvedimenti  di
controllo (artt. 80, come modificato, e 81  dello  statuto;  art.  16
dello statuto; artt. 17 e 18 del decreto legislativo 16  marzo  1992,
n. 268, recante «Norme di attuazione dello Statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale  e  provinciale»;
art. 79 dello statuto, in particolare commi 3 e 4;  art.  54,  n.  5,
dello statuto; art. 2 del d.P.R.  28  marzo  1975,  n.  473,  recante
«Norme di attuazione dello Statuto per la regione Trentino-Alto Adige
in materia di finanza locale»); d) rinviene negli artt.  8  e  9,  in
relazione agli artt. 4 e 5  dello  statuto,  i  limiti  alla  propria
potesta' legislativa. 
    Inoltre, per la Provincia autonoma, ai sensi degli artt.  2  e  4
del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266  (Norme  di  attuazione
dello Statuto speciale per  il  Trentino-Alto  Adige  concernenti  il
rapporto  tra  atti  legislativi  statali   e   leggi   regionali   e
provinciali,   nonche'   la   potesta'   statale   di   indirizzo   e
coordinamento), sono vincolanti solo le disposizioni di legge  e  non
quelle di fonte secondaria, ed e'  escluso  l'esercizio  di  funzioni
amministrative statali in materie di competenza provinciale. 
    13.- Profili di illegittimita' costituzionale permarrebbero anche
considerando il decreto del Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
come atto di indirizzo  e  coordinamento,  nella  parte  in  cui  non
prevede un diretto coinvolgimento della Provincia autonoma,  ma  solo
quello della Conferenza unificata, cosi' ledendo l'art. 3 del  d.lgs.
n. 266 del 1992. 
    14.- Con specifico riferimento alla devoluzione al decreto  delle
modalita' attuative del potere  sostitutivo  dello  Stato,  la  norma
censurata violerebbe gli artt. 120, secondo comma, ultimo periodo,  e
117, quinto comma, Cost., non facendo la norma riferimento ad  alcuno
dei   presupposti   costituzionali   che   giustificano   il   potere
sostitutivo, anche in relazione all'art. 3  Cost.,  con  riguardo  al
profilo della ragionevolezza, del divieto di  arbitrarieta'  e  della
certezza del diritto, e ledendo in  modo  ingiustificato  l'autonomia
legislativa che non e' soggetta al potere regolamentare  dello  Stato
(artt. 8 e 9, in relazione agli artt. 4 e 5, dello statuto), e quella
amministrativa. 
    Inoltre, la  normativa  di  attuazione  statutaria  contiene  una
specifica disciplina relativa all'esercizio  del  potere  sostitutivo
statale in  relazione  all'adempimento  di  obblighi  comunitari  che
comprendono  anche  quelli  relativi  all'equilibrio  di  bilancio  e
all'inadempimento (art. 8  del  d.P.R.  19  novembre  1987,  n.  526,
recante «Estensione alla Regione Trentino-Alto Adige ed alle province
autonome di Trento e  Bolzano  delle  disposizioni  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616»). 
    15.-  Infine,  osserva  la  Provincia,  che  anche  se  la  norma
impugnata fosse ricondotta al coordinamento della  finanza  pubblica,
la stessa violerebbe l'art. 117,  terzo  e  sesto  comma,  Cost.  (in
combinato disposto con l'art. 10 della legge cost. n.  3  del  2001),
che richiedono la  fonte  normativa  statale  e  limitano  il  potere
regolamentare  alle  materie  di   competenza   legislativa   statale
esclusiva. 
    16.- La Provincia autonoma di Trento, previa deliberazione  della
Giunta provinciale n.  1813  del  18  ottobre  2016,  ratificata  dal
Consiglio provinciale con delibera n. 9, in data 3 novembre 2016, con
il ricorso  spedito  per  la  notificazione  il  28  ottobre  2016  e
depositato nella cancelleria di questa  Corte  il  4  novembre  2016,
iscritto al n. 69 del reg. ric.  2016,  ha  impugnato,  tra  l'altro,
l'art. 2, comma 1, lettera c), della legge n. 164 del 2016. 
    17.- La doglianza della Provincia autonoma verte  sulla  disposta
rimessione ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di
dettare criteri e  modalita'  attuative  dello  stesso  articolo  10,
nonche' di dettare le  modalita'  attuative  del  potere  sostitutivo
dello Stato. 
    18.- La ricorrente richiama la sentenza  n.  88  del  2014  e  la
relativa declaratoria di illegittimita' costituzionale e  rileva  che
la novella non prevede  piu'  il  carattere  tecnico  del  decreto  e
introduce un nuovo oggetto dello stesso  costituito  dalle  modalita'
attuative del potere sostitutivo statale. 
    19.- Un primo gruppo di censure investe la  mancata  precisazione
del carattere meramente tecnico del potere  attuativo  conferito,  la
cui legittimita' va vagliata in relazione ai commi 3 e 4 del medesimo
art. 10, come novellati, secondo il dictum della sentenza n.  88  del
2014. 
    20.- Secondo la Provincia autonoma di Trento  l'eliminazione  nel
testo novellato del comma 3 dell'art. 10 del secondo periodo  estende
l'oggetto del decreto, in relazione alle operazioni di  indebitamento
e di investimento, ad un compito  attuativo  ampio  e  indeterminato,
rendendo necessaria la precisazione del suo carattere tecnico. 
    21.- In relazione al comma 4 dell'art. 10, osserva la  ricorrente
che la fattispecie oggetto del precedente testo, non piu'  riprodotta
nella novella, persiste nei fatti, per cui la  stessa  potra'  essere
oggetto del generale potere attuativo attribuito al decreto.  Inoltre
non risulta chiaro, in relazione alla Provincia autonoma  di  Trento,
tra quali enti dovrebbero essere stipulati i  patti  di  solidarieta'
nazionale e quale contenuto dovrebbero avere. 
    22.- Da cio' discenderebbe la mancata mera  portata  tecnica  del
decreto, con la violazione dell'art. 5, comma 2,  lettera  b),  della
legge cost. n. 1 del 2012, che  esclude  l'intervento  normativo  con
fonte secondaria di natura regolamentare, se non per  meri  contenuti
tecnici, e del giudicato costituzionale ex art. 136  Cost.  Ne'  tale
vizio puo' intendersi sanato  dalla  previsione  dell'intesa  con  la
Conferenza unificata e non piu' con la Conferenza permanente  per  il
coordinamento della finanza pubblica. 
    23.- Vi sarebbe, altresi',  la  lesione  delle  ordinarie  regole
statutarie e costituzionali sul rapporto tra le fonti  statali  e  la
specifica autonomia delle Province autonome di Trento e di Bolzano  e
della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol. 
    24.- L'art. 117, sesto comma, Cost.,  in  relazione  all'art.  10
della legge cost. n. 3 del 2001,  limita  la  potesta'  regolamentare
dello Stato alle materie  rimesse  alla  competenza  esclusiva  dello
stesso. 
    25.-   Risulterebbe   violata   l'autonomia   finanziaria   della
ricorrente come tutelata dal Titolo VI dello  statuto  di  autonomia,
con una diretta ricaduta sulla  disciplina  dell'indebitamento  della
stessa Provincia sia in relazione a quello dei Comuni che degli  enti
locali provinciali. 
    Con riguardo all'indebitamento della Provincia, gli artt. 74 e 79
dello  statuto  non  prevedono  altri  limiti  che  quelli  da   essi
determinati,   anche   con   espresso   riferimento   al    "rispetto
dell'equilibrio dei relativi bilanci ai sensi dell'art.  24  dicembre
2012, n. 243", ed ostano, pertanto, ad una  disciplina  regolamentare
statale che sarebbe in contraddizione con quanto previsto dagli artt.
2, 3 e 4 del d.lgs.  n.  266  del  1992,  che  limita  il  dovere  di
adeguamento  della  Regione  e  delle  Province  autonome  alla  sola
legislazione e non alle fonti secondarie, e che persino per gli  atti
di indirizzo e  coordinamento  impongono  un  coinvolgimento  diretto
della Regione e delle Province autonome, per quanto attiene alla loro
compatibilita' con  lo  statuto  speciale  e  le  relative  norme  di
attuazione. 
    Con riguardo all'indebitamento degli enti locali  del  territorio
regionale,  la  disciplina  regolamentare  statale   contraddice   la
generale titolarita' della responsabilita' finanziaria posta in  capo
alle Province autonome dall'art. 79, comma 4, e dagli artt. 80  e  81
dello  statuto  speciale,  che  conferiscono  ad  essa  la   potesta'
legislativa primaria in materia di finanza locale, in  tutti  i  suoi
aspetti. 
    26.- Un secondo  gruppo  di  censure  riguarda  l'estensione  del
potere  attuativo  alla  disciplina  delle   modalita'   del   potere
sostitutivo, atteso che, in primo luogo, la  regolazione  del  potere
sostitutivo non puo' avvenire mediante regole tecniche. 
    Osserva  la  ricorrente  che  dette   modalita'   attuative   non
rinvengono, in particolare nella legge cost. n. 1  del  2012,  alcuna
disciplina specifica. 
    Con riguardo all'indebitamento non vi sarebbe alcuna  fattispecie
a cui collegare modalita' attuative del potere, ne'  puo'  costituire
fattispecie  il  cenno  all'inerzia  o  al  ritardo  delle   Regioni,
attenendo cio' al presupposto di qualunque potere sostitutivo. 
    Sussisterebbe, pertanto, la  violazione  dell'art.  120,  secondo
comma, Cost., sia con riguardo all'assenza  del  riferimento  ad  una
fattispecie che ne possa integrare i presupposti,  sia  in  relazione
alla sostituzione  delle  necessarie  procedure  legislative  con  il
rinvio ad un mero decreto attuativo del Presidente del Consiglio  dei
ministri. 
    Analoghe  censure   varrebbero   con   riguardo   all'invocazione
dell'art. 117, quinto comma, Cost., per l'assenza dei  presupposti  e
delle procedure legislative dallo stesso previste. 
    Il conferimento ad un atto normativo del potere  esecutivo  della
definizione di un potere sostitutivo e delle modalita'  di  esercizio
violerebbe l'art. 117, terzo  e  sesto  comma,  Cost.  (in  combinato
disposto con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001),  nonche'  il
principio di legalita' sostanziale, l'art. 3 Cost., sotto il  profilo
della ragionevolezza e del divieto di arbitrarieta' e della  certezza
del diritto. 
    Sussisterebbe, altresi', la lesione  dei  principi  di  autonomia
legislativa,  amministrativa  e   finanziaria   in   relazione   alle
disposizioni che ne costituiscono il fondamento: 
    - artt. 8 e 9 dello statuto  quanto  alla  potesta'  legislativa,
art.  16  del  medesimo   statuto   con   riferimento   all'autonomia
amministrativa; 
    -  Titolo  VI   dello   statuto   con   riguardo   alle   materie
dell'organizzazione,  del  bilancio,  dell'esercizio   dell'autonomia
finanziaria e della finanza locale; 
    - artt. 2 e 4 del d.lgs.  n.  266  del  1992,  che  escludono  la
soggezione della Provincia autonoma ad atti regolamentari dello Stato
nella disciplina delle proprie materie. 
    27.- La Regione  autonoma  Trentino-Alto  Adige/Südtirol,  previa
deliberazione del Consiglio regionale n. 28 del 13 ottobre 2016,  con
ricorso spedito per la notificazione il 28 ottobre 2016 e  depositato
nella cancelleria di questa Corte il 4 novembre 2016,  ha  impugnato,
tra l'altro, l'art. 2, comma 1, lettera c), della legge  n.  164  del
2016. 
    La Regione prospetta censure e argomentazioni analoghe  a  quelle
della Provincia autonoma di Trento, sopra riportate,  rilevando  come
anche  rispetto  alla  Regione  non  appare  chiaro  tra  quali  enti
dovrebbero essere stipulati i patti di solidarieta'. 
    Cosi' deduce la lesione dell'art.  117,  terzo,  quinto  e  sesto
comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 10 della legge cost.
n. 3 del 2001, che limita la potesta' regolamentare dello Stato  alle
materie di competenza legislativa  esclusiva,  e  all'art.  3  Cost.,
sotto il profilo della ragionevolezza e del divieto di  arbitrarieta'
e della certezza del diritto. 
    Sarebbero  violati,  in  particolare,  i  principi  di  autonomia
legislativa,  amministrativa  e   finanziaria   in   relazione   alle
disposizioni che ne costituiscono il rispettivo fondamento: 
    - artt. 74 e 79 dello statuto con riguardo all'indebitamento; 
    - artt. 4, 5 e 6 dello statuto per la potesta' legislativa; 
    - art. 16 con riferimento all'autonomia amministrativa; 
    -  Titolo  VI  dello   statuto,   in   relazione   alle   materie
dell'organizzazione,  del  bilancio,  dell'esercizio   dell'autonomia
finanziaria e della finanza locale; 
    - artt. 2, 3 e 4 del d.lgs. n. 266 del 1992. 
    28.-  La   Regione   autonoma   Friuli-Venezia   Giulia,   previa
deliberazione della Giunta regionale n. 1987 del 21 ottobre 2016, con
ricorso spedito per la notificazione il 28 ottobre 2016 e  depositato
nella cancelleria di questa Corte il 4 novembre  2016,  ha  impugnato
l'art. 2, comma 1, lettera a),  della  legge  n.  164  del  2016  che
modifica il comma 3  dell'art.  10  della  legge  n.  243  del  2012,
prevedendo che: «Le operazioni di indebitamento di cui al comma  2  e
le operazioni di investimento realizzate  attraverso  l'utilizzo  dei
risultati  di  amministrazione   degli   esercizi   precedenti   sono
effettuate sulla base di apposite intese concluse in ambito regionale
che garantiscano, per l'anno di riferimento, il rispetto del saldo di
cui all'articolo 9, comma 1, del complesso  degli  enti  territoriali
della regione interessata, compresa la medesima regione». 
    29.- Nell'impugnare detta norma, la Regione autonoma  ricorda  di
avere censurato con il medesimo ricorso  anche  l'art.  1,  comma  1,
lettera b), primo periodo, della legge n. 164 del 2016,  nella  parte
in cui introduce il comma 1-bis all'art. 9 della  legge  n.  243  del
2012, escludendo l'utilizzo del  saldo  di  amministrazione  ai  fini
dell'equilibrio del bilancio regionale, presumibilmente,  per  essere
lo stesso riversato e  contabilizzato  nel  conto  consolidato  delle
amministrazioni pubbliche ai fini della rendicontazione europea. 
    30.- La disposizione di cui all'art.  2,  comma  1,  lettera  a),
della legge n. 164 del 2016, e' censurata in quanto vincola ad intese
l'utilizzo dell'avanzo di amministrazione dell'esercizio  precedente,
che e' un elemento patrimoniale della Regione  gia'  illegittimamente
escluso  dalle  entrate  finali   che   possono   essere   prese   in
considerazione ai fini dell'equilibrio di bilancio della Regione. 
    Tale avanzo, venendo sottratto alla  piena  disponibilita'  della
Regione autonoma, cessa di essere una componente del patrimonio della
stessa a dispetto di quanto e' rappresentato nei propri rendiconti. 
    Cio' integra una violazione dell'autonomia finanziaria  regionale
(artt. 48, 49 e 51 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n.  1,
recante: «Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia», art.
119, primo, secondo e sesto comma, Cost., se piu' favorevole ai sensi
dell'art. 10 della  legge  cost.  n.  3  del  2001)  e  della  stessa
autonomia politica dell'ente. 
    L'art. 48 dello statuto costruisce la finanza dell'ente come  una
finanza propria della Regione autonoma; l'art.  49  attribuisce  alla
medesima Regione quote dei tributi erariali; l'art. 51  individua  le
altre entrate della Regione. 
    Risulta, pertanto, violato anche  il  principio  dell'accordo  in
applicazione del metodo pattizio che regola i rapporti finanziari tra
la Regione e lo Stato. 
    La norma censurata non puo'  trovare  giustificazione  in  quanto
stabilito  dall'art.  119,  ultimo  comma,  Cost.,  che  richiede  il
rispetto dell'equilibrio di bilancio del complesso degli enti ai fini
del ricorso all'indebitamento, poiche' essa condiziona  non  solo  le
operazioni  di  indebitamento  ma  anche  quelle  di  investimento  e
finalizza l'avanzo dell'amministrazione  alla  sola  copertura  delle
spese di investimento. 
    In ragione dell'art. 10 della legge cost. n. 3 del  2001,  l'art.
119, ultimo comma, Cost. non potrebbe trovare applicazione  in  malam
partem ad essa ricorrente, poiche' l'art. 52  dello  statuto  prevede
regole speciali per l'indebitamento, che la  facoltizza  ad  emettere
prestiti da essa garantiti. 
    31.- La Regione Liguria e la Regione Lombardia,  previa  delibera
di autorizzazione delle rispettive Giunte regionali, hanno impugnato,
tra l'altro, con autonomi ricorsi spediti per la notificazione il  28
ottobre 2016 e depositati nella cancelleria  di  questa  Corte  il  4
novembre 2016, l'art. 2, comma 1, lettera c), della legge n. 164  del
2012, che ha sostituito l'art. 10, comma 5, della legge  n.  243  del
2012, in riferimento all'art. 117, sesto comma,  5  e  114  Cost.,  e
all'art. 5, comma 1 (recte: comma 2), lettera b), della  legge  cost.
n. 1 del 2012. 
    Le Regioni ricorrenti hanno prospettato analoghe censure. 
    32.- Dopo avere richiamato la  sentenza  n.  88  del  2014,  esse
deducono che il nuovo comma 5 dell'art. 10 della  legge  n.  243  del
2012  mantiene  le  medesime   illegittimita'   costituzionali   gia'
censurate dal Giudice delle Leggi. 
    Cio' non solo sotto un  carattere  formale,  non  conservando  la
specificazione del carattere tecnico del  decreto,  ma  anche  da  un
punto di vista sostanziale, verificando la  natura  del  d.P.C.m.  in
relazione agli adempimenti ad esso riservati dai  commi  2  e  3  del
medesimo art. 10. 
    33.- Cosi' il novellato comma 3 ha eliminato ogni riferimento  al
d.P.C.m., il quale tuttavia, in ragione di quanto stabilito al  comma
5, disciplina tutti gli adempimenti previsti nell'articolo 10. 
    34.- Il nuovo comma 4 elimina la previsione del riparto del saldo
negativo  tra  gli  enti  territoriali  inadempienti,  apparentemente
sanando l'illegittimita' rilevata nella sentenza n. 88 del 2014. 
    Tuttavia, nella  misura  in  cui  prevede  che  «resta  fermo  il
rispetto del saldo di cui all'art. 9, comma 1», del  complesso  degli
enti territoriali, sottintende e rimette al d.P.C.m.  il  compito  di
definire criteri e modalita' per garantire  tale  rispetto  da  parte
della Regione. 
    35.- Pertanto, sussiste la violazione dell'art. 117, sesto comma,
Cost., nella parte in cui la norma impugnata consente allo  Stato  di
adottare regolamenti in  una  materia  concorrente,  nella  quale  la
potesta'   regolamentare   spetta   alla    Regione,    atteso    che
l'indebitamento  va  ricondotto  al   coordinamento   della   finanza
pubblica. 
    Sussiste, altresi', la violazione dell'art. 5, comma  2,  lettera
b), della legge cost. n.  1  del  2012,  che  assegna  ad  una  legge
ordinaria rinforzata la disciplina dell'indebitamento delle Regioni. 
    L'esclusione della previsione della natura tecnica del decreto ne
avalla il contenuto discrezionale. 
    Ne' la previsione  dell'adozione  di  intese  con  la  Conferenza
unificata  puo'  sanare  tale  illegittimita',  atteso  che   permane
l'attribuzione della disciplina attuativa dell'indebitamento  ad  una
fonte di natura regolamentare, anziche' a legge rinforzata. 
    36.-  La  Regione  Veneto,  previa  deliberazione  della   Giunta
regionale n. 1717 del 26 ottobre 2016, con  ricorso  spedito  per  la
notificazione il 28 ottobre 2016 e depositato  nella  cancelleria  di
questa Corte il 7 novembre 2016, ha impugnato l'art. 2 della legge n.
164 del 2016, per la violazione degli artt. 117,  sesto  comma,  118,
119 e 81, sesto comma, Cost., nonche' dell'art. 5, comma  2,  lettera
b), della legge cost. n. 1 del 2012. 
    Le censure, tuttavia, si incentrano  sulle  modifiche  introdotte
all'art. 10, comma 5, della legge n. 243 del 2012, e dunque sul comma
1, lettera c) del suddetto art. 2. 
    Assume la ricorrente che la novella dei commi 3 e 4 del  suddetto
art. 10 determina un'ampiezza del decreto attuativo in contrasto  con
quanto statuito dalla sentenza n. 88 del 2014  e  in  violazione  dei
suddetti parametri costituzionali e dell'art. 5, comma 2, della legge
cost. n. 1 del 2012. 
    37.- La Regione premette che la legge n. 243 del 2012, modificata
dalla norma impugnata, e'  legge  rinforzata  in  ragione  di  quanto
stabilito dall'art. 81, sesto comma,  Cost.  Il  rinvio  ad  un  atto
regolamentare elude l'obbligo previsto da tale disposizione in quanto
attribuisce al d.P.C.m. il compito di disciplinare i criteri volti ad
assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese dei  bilanci  e  la
sostenibilita'. 
    Ricorda, quindi, come con la sentenza  n.  88  del  2014  si  era
ritenuta illegittima l'attribuzione, al decreto attuativo di  cui  al
comma 5 dell'art. 10, di una potesta' di natura discrezionale  e  non
meramente tecnica. 
    Tale illegittimita' sarebbe rinnovata dalla novella,  poiche'  il
d.P.C.m. dovra' disciplinare le modalita', le condizioni e pur  anche
i  contenuti  quantitativi  e  qualitativi  delle  intese   regionali
relative alle operazioni  di  indebitamento  assunte  per  finanziare
spese di investimento e alle operazioni  di  investimento  realizzate
attraverso l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi
precedenti. Inoltre per le ipotesi non rientranti  nell'ambito  delle
menzionate intese, occorrera' far riferimento a patti di solidarieta'
nazionale, il cui contenuto verosimilmente sara'  conformato  proprio
dal d.P.C.m. in questione. 
    Il d.P.C.m. sarebbe diretto a disciplinare non solo le ipotesi di
indebitamento, ma anche la diversa fattispecie  delle  operazioni  di
investimento  realizzate  attraverso  l'utilizzo  dei  risultati   di
amministrazione degli  esercizi  precedenti,  che  non  puo'  formare
oggetto di una  disciplina  regolatoria  affidata  a  una  fonte  sub
legislativa, ledendo l'autonomia politica, gestoria, amministrativa e
finanziaria delle Regioni, con conseguente violazione degli artt. 118
e 119 Cost. 
    Ne' tali illegittimita' sono sanate dalla previsione  dell'intesa
in sede di Conferenza unificata. 
    38.-  In  tutti  i  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  rappresentato  e   difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato. 
    39.- La difesa dello Stato, nel dedurre la non  fondatezza  delle
questioni, ha svolto le seguenti considerazioni. 
    Esclude che la novellazione del comma  3  dell'art.  10,  che  ha
incluso  nelle  intese  le  operazioni   che   prevedono   l'utilizzo
dell'avanzo di bilancio e ha superato  il  riferimento  al  saldo  di
cassa finale (in coerenza con le  modifiche  apportate  all'art.  9),
cosi' alterando i contenuti della disposizione originaria. 
    Le censure ritenute fondate dalla  Corte  costituzionale  con  la
sentenza n. 88 del 2014 non possono essere riferite al novellato art.
10, comma 4, poiche' relative ad un meccanismo non piu' previsto. 
    Il nuovo testo del comma 4 disciplina  i  patti  di  solidarieta'
nazionale gestiti dallo Stato, che non interferiscono e non  incidono
sull'autonomia  regionale,  in  quanto  diretti  ad   introdurre   un
ulteriore elemento di flessibilita' nella disciplina  dell'equilibrio
di bilancio, per attribuire  agli  enti  locali  la  possibilita'  di
realizzare ulteriori operazioni di investimento  finanziate  mediante
il  ricorso  al  debito  e  l'utilizzo  dell'avanzo  degli   esercizi
precedenti, non soddisfatte dalle intese regionali. 
    L'adesione degli  enti  territoriali  ai  patti  di  solidarieta'
nazionale  e'  facoltativa   ed   interviene   solo   successivamente
all'esperimento della procedura d'intesa  gestita  dalla  Regione  di
appartenenza. 
    Afferma inoltre il Governo che la  composizione  degli  interessi
che  afferiscono  ai  patti   di   solidarieta'   nazionale   e'   da
ricomprendere nell'ambito del coordinamento della finanza pubblica, e
che il contenuto del d.P.C.m. non debba necessariamente avere  natura
meramente tecnica. 
    Sussiste  la  possibilita'   di   ricorrere   al   conflitto   di
attribuzione e comunque il carattere discrezionale del  decreto  puo'
essere  vagliato  solo  dopo  l'adozione  dello  stesso,  essendo  in
precedenza il sospetto  di  illegittimita'  costituzionale  privo  di
attualita' ed effettivita'. 
    Il potere di controllo sostitutivo di cui all'art. 10,  comma  5,
della legge n. 243 del 2012, e' finalizzato a garantire l'attivazione
nella gestione delle intese, dato il carattere cruciale delle  stesse
per il finanziamento della spesa per investimenti, e trova fondamento
nell'art. 120, secondo comma, Cost. 
    I previsti criteri e modalita'  attuativi  sono  da  disciplinare
previa intesa in sede di Conferenza unificata. 
    40.- Le Province autonome di Trento  e  di  Bolzano,  la  Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia,  la  Regione  autonoma  Trentino-Alto
Adige/Südtirol e la Regione Veneto, hanno depositato memorie  con  le
quali insistono nell'accoglimento  dei  ricorsi.  In  particolare  la
Provincia autonoma  di  Trento,  la  Regione  autonoma  Trentino-Alto
Adige/Südtirol  e  la  Regione  Veneto,  hanno  ricordato  come   sia
intervenuto il  d.P.C.m.  di  attuazione  21  febbraio  2017,  n.  21
(Regolamento recante criteri e modalita' di attuazione  dell'articolo
10, comma 5, della legge 24 dicembre 2012,  n.  243,  in  materia  di
ricorso all'indebitamento da parte delle regioni e degli enti locali,
ivi incluse le  modalita'  attuative  del  potere  sostitutivo  dello
Stato, in caso di inerzia o ritardo da parte delle  regioni  e  delle
province autonome di Trento e di Bolzano), che  all'art.1,  comma  4,
sancisce: «Fermo restando il rispetto del saldo di  cui  all'articolo
9, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, del complesso degli
enti territoriali delle regioni o delle province  autonome,  compresa
la medesima  regione  o  provincia  autonoma,  alle  regioni  e  alle
province autonome che esercitano le funzioni in  materia  di  finanza
locale in via esclusiva  le  disposizioni  del  presente  decreto  si
applicano compatibilmente con gli  statuti  speciali  e  le  relative
norme di attuazione, nonche' con gli accordi con lo Stato in  materia
di finanza pubblica. Restano fermi gli obblighi di  comunicazione  di
cui al comma 9 dell'articolo 2,  riferiti  al  complesso  degli  enti
territoriali delle regioni  o  delle  province  autonome,  nei  tempi
concordati con le predette autonomie speciali». 
    Tuttavia per l'ambiguita' che persiste nel testo del  regolamento
insistono nella declaratoria di illegittimita'  costituzionale  delle
norme impugnate. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Riservata a separate pronunce la decisione  dell'impugnazione
delle  altre  disposizioni  della  legge  12  agosto  2016,  n.   164
(Modifiche alla legge  24  dicembre  2012,  n.  243,  in  materia  di
equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali), vengono in
esame, in questa sede, le sole questioni relative all'art.  2,  comma
1, lettere a) e c), della medesima legge n. 164  del  2016,  promosse
dalle Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  dalla  Regione
autonoma  Trentino-Alto  Adige/Südtirol,   dalla   Regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia e dalle Regioni Lombardia, Liguria e Veneto. 
    In considerazione della parziale identita' delle norme denunciate
e delle censure proposte, i  sette  giudizi,  come  sopra  delineati,
devono essere riuniti per essere trattati congiuntamente e decisi con
un'unica pronuncia. 
    2.- Il vaglio  delle  questioni  di  legittimita'  costituzionale
sollevate in relazione a queste disposizioni, che modificano i  commi
3 e 5 dell'art. 10 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni
per l'attuazione del principio del  pareggio  di  bilancio  ai  sensi
dell'art. 81, sesto  comma,  della  Costituzione),  rende  necessario
tratteggiare il sistema  normativo  in  cui  esse  si  collocano  con
riguardo sia alla disciplina  precedente  che  a  quella  intervenuta
successivamente. 
    3.- Occorre prendere  le  mosse  dalla  legge  costituzionale  20
aprile 2012,  n.  1  (Introduzione  del  principio  del  pareggio  di
bilancio  nella  Carta  costituzionale)  che,  come   e'   noto,   ha
riformulato gli artt. 81, 97, 117 e 119 della Costituzione. 
    3.1.- La legge  e'  sostanzialmente  attuativa  del  patto  "Euro
Plus", approvato dai Capi di Stato e di Governo della zona euro  l'11
marzo 2011 e condiviso dal Consiglio europeo il 24-25 marzo 2011. Con
esso gli Stati membri si sono impegnati ad adottare  misure  volte  a
perseguire  gli  obiettivi   della   sostenibilita'   delle   finanze
pubbliche, della competitivita', dell'occupazione e della  stabilita'
finanziaria, e in particolare a recepire nella legislazione nazionale
le regole di  bilancio  dell'Unione  europea  fissate  nel  patto  di
stabilita' e crescita, ferma restando «"la facolta' di  scegliere  lo
specifico  strumento  giuridico  nazionale"  cui  ricorrere,  purche'
avente «"una natura vincolante e sostenibile  sufficientemente  forte
(ad esempio costituzione o normativa quadro)" e tale da "garantire la
disciplina di bilancio a livello  sia  nazionale  che  subnazionale"»
(sentenza n. 88 del 2014). 
    A sua volta, la direttiva relativa ai requisiti per i  quadri  di
bilancio degli  Stati  membri  (direttiva  2011/85/UE  del  Consiglio
dell'8 novembre 2011), cui si  e'  data  attuazione  con  il  decreto
legislativo  4  marzo  2014,  n.  54  (Attuazione   della   direttiva
2011/85/UE relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati
membri), ha stabilito regole  minime  comuni  atte  a  garantire  una
disciplina uniforme di bilancio negli Stati  membri.  In  particolare
nell'art. 5 si prevede che «Ciascuno Stato membro si dota  di  regole
di  bilancio  numeriche  specifiche  che  promuovano   effettivamente
l'osservanza dei suoi obblighi derivanti dal TFUE nel  settore  delle
politiche di bilancio, nell'ambito di una prospettiva pluriennale per
l'intera amministrazione pubblica». 
    Infine, con il Trattato sulla  stabilita',  sul  coordinamento  e
sulla governance nell'Unione economica e monetaria (meglio noto  come
Fiscal Compact), sottoscritto a Bruxelles il 2 marzo 2012 e in vigore
dal 1° gennaio 2013, ratificato in Italia  con  la  legge  23  luglio
2012, n. 114 (Ratifica ed esecuzione del Trattato  sulla  stabilita',
sul  coordinamento  e  sulla  governance  nell'Unione   economica   e
monetaria tra il Regno del Belgio,  la  Repubblica  di  Bulgaria,  il
Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica
di Estonia, l'Irlanda, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la
Repubblica francese, la Repubblica italiana, la Repubblica di  Cipro,
la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania,  il  Granducato
di Lussemburgo, l'Ungheria, Malta,  il  Regno  dei  Paesi  Bassi,  la
Repubblica  d'Austria,  la  Repubblica  di  Polonia,  la   Repubblica
portoghese, la Romania, la  Repubblica  di  Slovenia,  la  Repubblica
slovacca, la Repubblica di  Finlandia  e  il  Regno  di  Svezia,  con
Allegati, fatto a Bruxelles il 2 marzo  2012),  come  gia'  ricordato
nella sentenza n. 88 del 2014, «gli  Stati  contraenti,  all'art.  3,
comma 2, si sono  impegnati  a  recepire  le  regole  del  "patto  di
bilancio" "tramite disposizioni vincolanti e di natura  permanente  -
preferibilmente costituzionale - o il cui rispetto fedele e' in altro
modo rigorosamente garantito lungo tutto  il  processo  nazionale  di
bilancio"». Con il Trattato le parti contraenti  si  impegnavano,  in
particolare, ad introdurre  ed  applicare,  tra  l'altro,  la  regola
secondo cui il bilancio della pubblica amministrazione deve essere in
pareggio o in avanzo. Ai sensi del Protocollo n. 12 (Procedura per  i
disavanzi  eccessivi)  del  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione
europea, particolarmente significativa e' l'affermazione secondo  cui
per   pubblica   amministrazione    si    intende,    fra    l'altro,
l'amministrazione statale, regionale o locale. 
    3.2.- Le  modifiche  alla  Costituzione  rispondono  dunque  alle
finalita' e agli obblighi previsti in sede europea e  nella  sostanza
comportano l'introduzione del principio dell'equilibrio tra entrate e
spese, riferito non al singolo ente  ma  al  complesso  di  tutte  le
pubbliche amministrazioni. 
    3.3.- Vengono in rilievo anzitutto gli artt. 81 e 119 Cost., come
novellati. 
    Quanto al  primo,  il  sesto  comma,  nella  nuova  formulazione,
afferma per il «complesso delle pubbliche amministrazioni» i principi
dell'equilibrio  di  bilancio   tra   entrate   e   spese   e   della
sostenibilita' del debito,  riservando  ad  una  legge,  approvata  a
maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, il potere  di
stabilire, oltre che il contenuto della legge di bilancio, «le  norme
fondamentali e i criteri volti ad assicurare»  l'implementazione  dei
due principi. 
    Nell'art. 119 Cost., poi, al primo comma, dopo il  riconoscimento
dell'autonomia finanziaria di entrata e di spesa di Comuni, Province,
Citta'  metropolitane  e  Regioni,  e'  stata  aggiunta  la  seguente
specificazione: «nel rispetto dell'equilibrio dei relativi  bilanci»,
nonche'  l'inciso:  «e  concorrono  ad  assicurare  l'osservanza  dei
vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione
europea».  Al  secondo  periodo  del  sesto  comma,  secondo  cui  le
autonomie «possono ricorrere all'indebitamento  solo  per  finanziare
spese di investimento», e'  stato  poi  aggiunto  l'inciso:  «con  la
contestuale definizione di piani di ammortamento e a  condizione  che
per il complesso  degli  enti  di  ciascuna  Regione  sia  rispettato
l'equilibrio di bilancio». 
    A proposito di quest'ultima disposizione, nei lavori parlamentari
della legge costituzionale (Relazione delle Commissioni permanenti  I
e V della Camera presentata alla Presidenza il 21 febbraio 2012),  si
chiarisce che il principio del pareggio di  bilancio  viene  riferito
alla singola autonomia territoriale, ma che, con la novella del sesto
comma,  assume  rilievo   l'equilibrio   complessivo   dell'aggregato
regionale degli enti locali, atteso che il debito e'  possibile  solo
se compensato  dall'equilibrio  del  contesto  regionale  di  cui  il
singolo ente fa parte; l'indebitamento non solo deve finanziare spese
di investimento, ma  e'  condizionato,  oltre  che  alla  contestuale
definizione di piani di ammortamento, al rispetto di tale equilibrio. 
    4.- E' alla luce di questo principio fondamentale che vanno lette
le ulteriori modifiche introdotte dalla legge costituzionale n. 1 del
2012. 
    In particolare, il nuovo primo comma dell'art. 97 Cost.,  secondo
cui «Le pubbliche  amministrazioni,  in  coerenza  con  l'ordinamento
dell'Unione  europea,  assicurano  l'equilibrio  dei  bilanci  e   la
sostenibilita' del debito pubblico», rinvia ad una  nozione  unitaria
di pubblica amministrazione. 
    L'art. 117 Cost., a sua volta, e' stato modificato, sancendo  che
la materia «armonizzazione dei bilanci pubblici» rientra negli ambiti
di competenza  legislativa  esclusiva  statale  e  non  piu'  -  come
nell'originario riparto competenziale - nelle materie  di  competenza
concorrente tra lo Stato e le  Regioni.  Ed  e'  bene  ricordare  che
questa Corte ha costantemente affermato  che  di  regola  i  principi
fondamentali fissati dalla legislazione dello  Stato,  nell'esercizio
della  competenza  di  coordinamento  della  finanza   pubblica,   si
applicano anche ai  soggetti  ad  autonomia  speciale  (ex  plurimis,
sentenze n. 46 del 2015, n. 54 del 2014, n. 30 del 2012, n.  229  del
2011, n. 120 del 2008, n. 169 e n. 82 del 2007, n. 417 del  2005,  n.
353 e n. 36 del 2004), in quanto essi  sono  funzionali  a  prevenire
disavanzi     di     bilancio,     a     preservare      l'equilibrio
economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche e
anche a garantire l'unita' economica della Repubblica, come richiesto
dai principi costituzionali e dai vincoli derivanti dall'appartenenza
dell'Italia all'Unione europea. 
    5.- A chiusura del sistema, il comma 2, lettera b), dell'art.  5,
della legge cost. n. 1 del 2012 rimette ad una  legge  rinforzata  la
disciplina della facolta' dei Comuni, delle  Province,  delle  Citta'
metropolitane, delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di
Bolzano di ricorrere all'indebitamento, ai sensi dell'art. 119, sesto
comma, secondo periodo, Cost., come novellato. 
    A questa legge e' anche affidata la individuazione di  una  serie
di elementi, tra cui le norme  fondamentali  e  i  criteri  volti  ad
assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese dei  bilanci  e  la
sostenibilita'   del   debito   del   complesso    delle    pubbliche
amministrazioni,  e  in  particolare  il  contenuto  della  legge  di
bilancio dello Stato, e le modalita' attraverso le quali gli enti  in
questione concorrono alla sostenibilita'  del  debito  del  complesso
delle pubbliche amministrazioni. 
    6.- In effetti la legge rinforzata poi emanata,  la  n.  243  del
2012, ha disciplinato,  al  Capo  IV,  l'applicazione  del  principio
dell'equilibrio complessivo tra entrate e spese nei  confronti  delle
Regioni e degli enti locali (artt. da 9 a  12),  fissando  la  regola
nuova  -  rispetto  al  previgente  patto   di   stabilita'   -   del
raggiungimento di un unico saldo, che  deve  essere  "non  negativo",
precisando inoltre, all'art. 9, comma  1,  che  la  regola  contabile
dell'equilibrio di bilancio si applica anche alle Regioni  a  statuto
speciale e alle Province autonome; e, all'art. 10, comma  1,  che  le
condizioni  di  ricorso  all'indebitamento  si  applicano  anche  nei
confronti delle autonomie speciali. 
    7.- Questa legge e' stata poi modificata dalla legge n.  164  del
2016,  con  riguardo  sia  all'art.  9  che  all'art.  10,  articolo,
quest'ultimo, in cui rientrano le norme impugnate. 
    7.1.- Rilevanti sono,  peraltro,  anche  le  modifiche  apportate
all'art. 9 della legge n.  243  del  2012,  attesa  la  loro  portata
generale: 
    - l'art. 1, comma 1, lettera a), nel modificare  il  comma  1  di
tale articolo, ha sostituito i quattro saldi di riferimento  ai  fini
dell'equilibrio dei bilanci delle Regioni e  degli  enti  locali  ivi
previsti (un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa,
tra le entrate finali e le spese finali, e un saldo non negativo,  in
termini di competenza e di cassa, tra le entrate correnti e le  spese
correnti, incluse le quote di capitale delle rate di ammortamento dei
prestiti) con un unico saldo non negativo, in termini di  competenza,
tra le  entrate  finali  e  le  spese  finali.  Pertanto  sono  stati
soppressi gli obblighi di pareggio per la cassa e le spese correnti; 
    - l'art.1, comma 1, lettera b), della legge n. 164  del  2016  ha
poi introdotto, nello stesso art. 9, il comma 1-bis,  con  cui  viene
specificato quali sono le entrate finali e le spese finali che devono
essere prese in considerazione ai fini della determinazione del saldo
non negativo. 
    7.2.- Quanto alle disposizioni che qui direttamente  interessano,
l'art. 2 della legge n. 164 del 2016 ha modificato l'art. 10, commi 3
e  4,  della  legge  n.  243  del  2012,   concernenti   il   ricorso
all'indebitamento da parte delle Regioni e degli  enti  locali  e  le
operazioni di investimento; nonche' il comma 5, relativo  al  decreto
al quale sono rimessi criteri e modalita' di attuazione dell'articolo
medesimo e modalita'  di  attuazione  del  potere  sostitutivo  dello
Stato. 
    La lettera a) del comma 1 dell'art. 2 della legge n. 164 del 2016
ha sostituito il comma 3, il quale, nella  versione  originaria,  nel
primo periodo, disponeva che «Le operazioni di indebitamento  di  cui
al comma 2 sono effettuate sulla base di apposite intese concluse  in
ambito  regionale  che  garantiscano,  per  l'anno  di   riferimento,
l'equilibrio della gestione di cassa finale del complesso degli  enti
territoriali della regione interessata, compresa la medesima regione,
come definito dall'articolo 9, comma 1, lettera a)». 
    La  modifica  introdotta  subordina  all'acquisizione  di  intese
regionali, che garantiscano il rispetto del saldo di cui all'art.  9,
comma 1 (come novellato), della legge n. 243 del 2012, le  operazioni
di indebitamento  e  quelle  di  investimento  realizzate  attraverso
l'utilizzo  dei   risultati   di   amministrazione   degli   esercizi
precedenti. Dunque, in  modo  coerente  con  le  modifiche  apportate
all'art. 9, viene meno il riferimento al saldo di cassa finale;  come
pure sono soppressi gli ultimi due periodi del testo originario. 
    L'art. 2, comma 1, lettera  b),  della  legge  n.  164  del  2016
sostituisce il comma 4 dell'art. 10 della legge n. 243 del  2012  nei
termini seguenti: «Le operazioni di indebitamento di cui al comma 2 e
le operazioni di investimento realizzate  attraverso  l'utilizzo  dei
risultati  di  amministrazione   degli   esercizi   precedenti,   non
soddisfatte dalle intese di cui al comma  3,  sono  effettuate  sulla
base dei patti di solidarieta' nazionali. Resta fermo il rispetto del
saldo di cui all'articolo  9,  comma  1,  del  complesso  degli  enti
territoriali». 
    L'art. 2, comma 1, lettera  c),  della  legge  n.  164  del  2016
sostituisce il comma 5 dell'art. 10 della legge n. 243 del 2012  come
segue: «Con decreto del Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  da
adottare d'intesa con  la  Conferenza  unificata,  sono  disciplinati
criteri e modalita' di attuazione del presente articolo, ivi  incluse
le modalita' attuative del potere sostitutivo dello Stato, in caso di
inerzia o ritardo da parte delle regioni e delle province autonome di
Trento e di Bolzano. Lo schema del decreto e' trasmesso  alle  Camere
per  l'espressione  del   parere   delle   commissioni   parlamentari
competenti per i profili di  carattere  finanziario.  I  pareri  sono
espressi entro quindici giorni dalla trasmissione, decorsi i quali il
decreto puo' essere comunque adottato». 
    Il testo originario dell'art. 10, comma 5, della legge n. 243 del
2012, su cui e' intervenuta la sentenza n. 88 del 2014 -  di  cui  in
seguito -, prevedeva: «Con decreto del Presidente del  Consiglio  dei
Ministri, adottato d'intesa  con  la  Conferenza  permanente  per  il
coordinamento della finanza pubblica,  sono  disciplinati  criteri  e
modalita' di attuazione del presente articolo». 
    8.- Venendo al merito delle questioni sollevate, in  primo  luogo
vanno vagliate quelle proposte dalla Provincia autonoma  di  Bolzano,
dalla Provincia  autonoma  di  Trento,  dalla  Regione  Trentino-Alto
Adige/Südtirol, dalla Regione  Liguria,  dalla  Regione  Lombardia  e
dalla Regione  Veneto  (quest'ultima  Regione  ha  cosi'  specificato
l'impugnazione proposta in generale in  relazione  all'art.  2  della
legge n. 164 del 2016), in relazione all'art. 2, comma 1, lettera c),
della legge n. 164 del 2016, che modifica l'art. 10, comma  5,  della
legge n. 243 del 2012. 
    8.1.- Le Province autonome di Trento e di Bolzano  e  la  Regione
Trentino-Alto Adige/Südtirol denunciano che la  mancata  affermazione
normativa del carattere tecnico del decreto, come ritenuto necessario
dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 88 del 2014, e'  lesiva
del giudicato costituzionale. 
    8.2.-  Inoltre,  tutte  le  ricorrenti  assumono  che   le   loro
competenze, provinciali e regionali, escluderebbero l'esercizio della
potesta' regolamentare ai sensi dell'art. 117,  sesto  comma,  Cost.,
attesa, altresi', la riserva di legge rinforzata di cui  all'art.  5,
comma 2, lettera b), della legge cost. n. 1 del 2012. 
    In particolare la Provincia autonoma  di  Bolzano,  la  Provincia
autonoma di Trento, la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol,
nel complesso, denunciano la violazione dell'art. 5, comma 2, lettera
b), della legge cost. n. 1 del 2012, che, nel prevedere l'adozione di
legge rinforzata, esclude la possibilita' di un intervento  normativo
statale con fonte secondaria di natura regolamentare, se non per meri
contenuti tecnici, con lesione  anche  del  giudicato  costituzionale
(art.  136  della  Costituzione),  in  quanto  nella  sostanza  viene
ripristinata una legge gia' dichiarata illegittima.  Ne'  tale  vizio
puo' intendersi sanato dalla previsione dell'intesa con la Conferenza
unificata  e  non  piu'  con  la   Conferenza   permanente   per   il
coordinamento della finanza pubblica. 
    8.3.- Le Province autonome di Trento e di Bolzano  e  la  Regione
autonoma Trentino-Alto  Adige/Südtirol,  nel  complesso,  prospettano
anche la lesione degli ambiti di competenza provinciali e  regionali,
in violazione dell'art. 117, terzo comma, e sesto  comma,  Cost.,  in
combinato disposto  con  l'art.  10  della  legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte  seconda  della
Costituzione), e con l'art. 54, numero 2), del d.P.R. n. 670 del 1972
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali  concernenti
lo statuto speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige),  che  limita  la
potesta'  regolamentare  dello  Stato  alle  materie   rimesse   alla
competenza esclusiva dello stesso; degli artt. 4, 5, 6, 8, 9 16,  54,
numero 5),  e  delle  disposizioni  contenute  nel  Titolo  VI  dello
statuto; dell'art. 2 del d.P.R. 28  marzo  1975,  n.  473  (Norme  di
attuazione dello  statuto  per  la  regione  Trentino-Alto  Adige  in
materia  di  finanza  locale);  degli  artt.  17  e  18  del  decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello  statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e
provinciale) e degli artt. 2, 3 e 4 del decreto legislativo 16  marzo
1992, n. 266 (Norme di  attuazione  dello  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto Adige concernenti  il  rapporto  tra  atti  legislativi
statali e leggi regionali e provinciali, nonche' la potesta'  statale
di indirizzo e coordinamento). 
    8.4.- Anche la Regione Liguria, la Regione Lombardia e la Regione
Veneto hanno dedotto la violazione dell'art. 5, comma 2, lettera  b),
della legge cost. n. 1 del 2012, e, nel complesso, degli artt. 5, 81,
sesto comma, 114, 117,  sesto  comma,  118,  119  Cost.,  poiche'  il
d.P.C.m., dovendo disciplinare non solo le ipotesi di  indebitamento,
ma anche la diversa  fattispecie  delle  operazioni  di  investimento
realizzate attraverso l'utilizzo  dei  risultati  di  amministrazione
degli esercizi precedenti, violerebbe l'autonomia politica, gestoria,
amministrativa e finanziaria delle Regioni. 
    8.5.- In secondo luogo, le  Province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano e la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol contestano
la  rimessione  al  decreto  delle  modalita'  attuative  del  potere
sostitutivo dello Stato, mancando il fondamento normativo primario. 
    8.6.- Nell'insieme, le Province autonome di Trento e di  Bolzano,
e la Regione autonoma Trentino-Alto  Adige/Südtirol,  prospettano  la
violazione degli artt. 120, secondo comma,  in  particolare  l'ultimo
periodo, e 117, terzo, quinto e  sesto  comma,  Cost.  (in  combinato
disposto con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001), non  facendo
la norma riferimento ad alcuno  dei  presupposti  costituzionali  che
giustificano il potere sostitutivo (gia' disciplinato dall'art. 8 del
d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526,  recante  «Estensione  alla  regione
Trentino-Alto Adige ed alle province autonome  di  Trento  e  Bolzano
delle disposizioni del decreto del  Presidente  della  Repubblica  24
luglio 1977, n. 616»), anche  in  relazione  all'art.  3  Cost.,  con
riguardo  ai   profili   della   ragionevolezza,   del   divieto   di
arbitrarieta' e della certezza del diritto. 
    La norma lederebbe in modo ingiustificato l'autonomia legislativa
delle ricorrenti, che non e' soggetta al potere  regolamentare  dello
Stato (artt. 8 e 9, in relazione agli  artt.  4  e  5  dello  statuto
regionale), nonche' quella amministrativa, in relazione alle  materie
dell'organizzazione,  del  bilancio,  dell'esercizio   dell'autonomia
finanziaria (art. 16 dello statuto regionale), e quella finanziaria. 
    9.- La  questione  proposta  in  relazione  alla  violazione  del
giudicato costituzionale non e' fondata. 
    10.- Va ricordato al riguardo  che  la  disposizione,  nella  sua
precedente  formulazione,  e'  stata  dichiarata   costituzionalmente
illegittima, con la sentenza n. 88 del 2014, «nella parte in cui  non
prevede la parola "tecnica", dopo le parole "criteri e  modalita'  di
attuazione" e prima delle parole "del presente articolo"». 
    10.1.- La Corte ha anzitutto escluso la violazione dei  parametri
relativi alla competenza regionale,  affermando  che  il  riferimento
deve essere all'art. 5, comma 2, lettera b), della legge cost.  n.  1
del 2012, il quale  prevede  l'adozione  di  una  disciplina  statale
attuativa. Quest'ultima non e' in alcun  modo  limitata  ai  principi
generali, e  il  suo  contenuto  deve  essere  eguale  per  tutte  le
autonomie a garanzia dell'omogeneita'  dei  trattamenti,  connaturata
alla logica della riforma, atteso che i vincoli generali  in  materia
di indebitamento devono valere «in modo uniforme per tutti gli  enti,
[e pertanto] solo lo Stato  puo'  legittimamente  provvedere  a  tali
scelte [...]. I vincoli imposti alla finanza  pubblica,  infatti,  se
hanno come primo destinatario lo Stato, non possono  non  coinvolgere
tutti i soggetti istituzionali che concorrono alla formazione di quel
"bilancio consolidato delle pubbliche amministrazioni"  in  relazione
al quale va verificato il rispetto  degli  impegni  assunti  in  sede
europea e sovranazionale». 
    Da tutto cio' la sentenza deduce l'esistenza di  una  riserva  di
legge rinforzata  e  quindi  la  necessita'  di  verificare  l'ambito
operativo del decreto in  questione,  poiche'  «se  e'  indubbiamente
corretto, infatti,  il  rilievo  delle  ricorrenti,  secondo  cui  la
disciplina della materia e' affidata dalla legge cost. n. 1 del  2012
alla legge rinforzata, e' anche vero che la natura  stessa  dell'atto
legislativo esclude che esso debba  farsi  carico  di  aspetti  della
disciplina che richiedono  solo  apporti  tecnici,  cosicche'  questa
Corte ha affermato la legittimita' di un tal genere di disciplina con
riferimento al parametro di cui all'art. 117, sesto comma, Cost.». 
    Sulla base di tali premesse, la sentenza ha ritenuto che  per  il
comma 3 dell'art. 10, relativo alle  operazioni  d'indebitamento,  il
decreto  aveva  solo  il  compito  di  stabilire  le   modalita'   di
comunicazione del saldo di cassa e degli investimenti che s'intendono
realizzare, con la conseguenza che il suo ambito era  quello  tecnico
del coordinamento informativo e statistico  di  competenza  esclusiva
dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera r, Cost.), non  venendo
cosi' in rilievo profili di  discrezionalita'.  Quanto  al  comma  4,
invece, poiche'  veniva  rimessa  al  decreto,  in  caso  di  mancato
rispetto  dell'equilibrio  del  bilancio  regionale   allargato,   la
ripartizione  del  saldo   negativo   tra   gli   enti   territoriali
inadempienti, esso comportava l'esercizio  di  un  potere  di  natura
discrezionale. 
    Di qui l'illegittimita' della norma impugnata nella parte in  cui
veniva riservato  al  decreto  un  compito  attuativo  non  meramente
tecnico. 
    11.- Secondo questa Corte (sentenza  n.  350  del  2010):  «[...]
perche' vi sia violazione del giudicato costituzionale, e' necessario
che una norma ripristini o preservi l'efficacia  di  una  norma  gia'
dichiarata incostituzionale» e che in particolare  «le  decisioni  di
accoglimento hanno per destinatario il legislatore stesso,  al  quale
e' quindi precluso non solo  il  disporre  che  la  norma  dichiarata
incostituzionale conservi la propria efficacia, bensi' il  perseguire
e raggiungere, "anche  se  indirettamente",  esiti  corrispondenti  a
quelli gia' ritenuti lesivi della Costituzione». 
    Nel caso di specie la pronuncia additiva della sentenza n. 88 del
2014 e' stata adottata dopo una verifica del concreto atteggiarsi del
decreto (carattere tecnico o discrezionale) in relazione al contenuto
precettivo dei precedenti commi dell'art. 10,  contenuto  che  quindi
assume un valore determinante. Ne consegue che  in  presenza  di  una
significativa modifica di quest'ultimo, anche in relazione al diverso
contesto determinato dalla novellazione dell'art.  9,  non  sussiste,
sia sotto il profilo sostanziale che  formale,  il  ripristino  o  la
conservazione    del    significato    della     norma     dichiarata
costituzionalmente illegittima. 
    12.- La questione, dunque, non e' fondata. 
    13.- La seconda questione, sollevata da tutte le ricorrenti,  sia
pure con diverse censure in ragione del diverso status di  autonomia,
pone il problema della riconducibilita'  della  disciplina  in  esame
alla potesta' legislativa esclusiva dello  Stato,  quale  presupposto
della potesta' regolamentare ex art. 117, sesto comma, Cost., e della
necessita' di un carattere meramente tecnico. 
    14.- La questione e' fondata. 
    15.- Come si e' chiarito nella sentenza n. 88 del 2014, i commi 3
e 4 della legge n. 243 del 2012 alla cui attuazione e'  destinato  il
regolamento, trovano fondamento costituzionale nell'art. 5, comma  2,
lettera b), della  legge  cost.  n.  1  del  2012,  che  prevede  una
disciplina  statale  attuativa  da  adottare  con  legge  rinforzata,
cosicche' e' da escludere che lo Stato possa  esercitare  in  materia
una potesta' regolamentare integrativa e non meramente tecnica. 
    Come nel caso precedente, pertanto, occorre procedere  al  vaglio
dei commi in questione per verificare  la  portata  della  disciplina
affidata al regolamento. 
    Ebbene, quanto al comma 3, non vi e' dubbio  che  il  riferimento
alle intese in termini cosi' generali potrebbe comportare l'esercizio
di un potere tanto di natura  meramente  tecnica,  quanto  di  natura
discrezionale. E' anzi da presumere che la  novita'  e  la  rilevanza
dell'istituto esigano una disciplina caratterizzata  per  la  maggior
parte da scelte discrezionali. 
    Nel comma 4 il riferimento e' ai patti di solidarieta' nazionale,
da porre in essere qualora  la  cessione  o  la  richiesta  di  spazi
finanziari, finalizzati  ad  investimenti  da  realizzare  attraverso
l'utilizzo  dei   risultati   di   amministrazione   degli   esercizi
precedenti, non sia stata soddisfatta  dalle  intese,  e  cio'  senza
ulteriori specificazioni. Anche questo istituto, dunque, richiede una
disciplina di dettaglio, che  potrebbe  costituire  esercizio  di  un
potere  tanto  di  natura  meramente  tecnica,   quanto   di   natura
discrezionale. 
    Come nel caso precedente cio' impone di riservare al  decreto  un
compito attuativo meramente tecnico  per  ricondurre  a  legittimita'
costituzionale la norma impugnata. 
    16.- Il comma 5 dell'art. 10 della legge  n.  243  del  2012,  e'
pertanto  costituzionalmente  illegittimo  nella  parte  in  cui  non
prevede la parola «tecnica», dopo le parole «criteri e  modalita'  di
attuazione» e prima delle parole «del presente articolo». 
    17.- Va, in proposito, ribadito  che  il  discrimine  fra  i  due
profili e il relativo vaglio  di  legittimita'  costituzionale  hanno
modo di  spiegarsi  adeguatamente  nelle  sedi  competenti,  poiche',
qualora il decreto dovesse esorbitare dai limiti tracciati, incidendo
cosi' sulle prerogative delle  autonomie  speciali,  resta  ferma  la
possibilita' «di esperire i rimedi consentiti  dall'ordinamento,  ivi
compreso, se del caso, il conflitto di attribuzione davanti a  questa
Corte» (sentenza n. 88 del 2014). 
    18.- L' ulteriore questione posta in relazione all'art. 2,  comma
1, lettera c), della legge n. 164 del 2016 riguarda la rimessione  al
decreto delle modalita' attuative del potere sostitutivo dello Stato. 
    Si prospetta, nel  complesso,  la  violazione  degli  artt.  120,
secondo  comma,  ultimo  periodo,  e  117,   quinto   comma,   Cost.,
deducendosi che la norma non fa riferimento ad alcuno dei presupposti
costituzionali che giustificano il potere  sostitutivo;  dell'art.  3
Cost., con riguardo al profilo della ragionevolezza, del  divieto  di
arbitrarieta' e della certezza del diritto, nonche' al  principio  di
legalita' sostanziale; dell'art. 117,  terzo  e  sesto  comma,  Cost.
(richiamato ai sensi dell'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001), i
quali richiedono la fonte normativa  statale  e  limitano  il  potere
regolamentare  alle  materie  di   competenza   legislativa   statale
esclusiva; dei principi di autonomia  legislativa,  amministrativa  e
finanziaria,  in  relazione  alle  disposizioni  statutarie  che   ne
costituiscono il fondamento. 
    19.- Va premesso che il riferimento  effettuato  dalla  Provincia
autonoma di Bolzano all'art. 8 del d.P.R. n.  526  del  1987  non  e'
conferente, atteso che la Corte costituzionale ha gia' avuto modo  di
affermare con la sentenza n. 425 del  1999  che:  «Tale  disposizione
prevede una procedura di "messa in mora"  degli  organi  regionali  e
provinciali del Trentino-Alto Adige, inadempienti nei confronti degli
obblighi comunitari,  e  il  potere  sostitutivo  del  Consiglio  dei
ministri, nei confronti dell'Amministrazione regionale o  provinciale
che non abbia  provveduto  nel  termine  stabilito  dal  Governo.  La
procedura indicata, modellata su quella  a  suo  tempo  prevista  dal
terzo comma dell'art. 6 del d.P.R. n. 616 del 1977, riguarda,  e  non
potrebbe non riguardare, soltanto il caso di  adempimento  attraverso
provvedimenti di natura amministrativa e  non  anche  quello  in  cui
l'atto comunitario, fonte di obblighi per gli Stati membri,  richieda
un intervento di natura legislativa». 
    Egualmente inconferente il richiamo all'art. 117,  quinto  comma,
Cost.,  poiche',  come  piu'  volte  affermato  dalla  giurisprudenza
costituzionale (ex multis, sentenze n. 270 del  2016  e  n.  250  del
2015), la norma si riferisce alla partecipazione delle Regioni  «alle
decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari», e
in questo ambito riconosce alle Regioni stesse «il potere di  attuare
gli atti dell'Unione europea nelle materie di loro competenza». 
    20.- La  questione  e'  fondata  per  violazione  dell'art.  120,
secondo comma, Cost. 
    La disposizione introduce, all'evidenza, una riserva di legge  in
materia di disciplina  del  potere  sostitutivo,  disciplina  che  in
effetti e' stata adottata con l'art. 8 della legge 5 giugno 2003,  n.
131 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica
alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3). 
    Alla stregua di tale chiaro disposto costituzionale, questa Corte
ha piu' volte affermato (sentenze n. 338 del 1989 e n. 177 del  1988)
che le ipotesi in cui puo' essere esercitato  il  potere  sostitutivo
dello Stato nei confronti delle Regioni o delle Province  autonome  e
le modalita' di esercizio dello stesso debbono essere previste da  un
atto fornito di valore di legge. 
    21.- Pertanto e' costituzionalmente illegittima, perche'  lede  i
principi enunciati dall'art. 120, secondo comma, Cost., la previsione
impugnata che rimette al  decreto  le  modalita'  di  attuazione  del
potere sostitutivo dello Stato in  relazione  all'inerzia  o  ritardo
delle Regioni o delle Province ad autonomia speciale. 
    22.- Sono assorbite le ulteriori censure. 
    23.- La  sola  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  censura
l'art. 2, comma 1, lettera a), della  legge  n.  164  del  2016,  che
sostituisce il comma 3 dell'art. 10 della legge n. 243 del 2012. 
    La ricorrente prospetta che la novella, nel vincolare  ad  intese
l'utilizzo  degli  avanzi  di  amministrazione,   violi   l'autonomia
finanziaria e l'autonomia politica dell'ente (artt. 48, 49, 51  e  52
dello statuto di autonomia, art. 119, primo, secondo e  sesto  comma,
se piu' favorevole ai sensi dell'art. 10 della legge cost. n.  3  del
2001), in quanto comporta la perdita di disponibilita' delle  riserve
di amministrazione e  quindi  una  loro  sostanziale  espropriazione;
inoltre perche' vincola il loro utilizzo ai soli investimenti. 
    24.- La questione non e' fondata. 
    25.- La nuova formulazione del comma 3 dell'art. 10  della  legge
n. 243 del 2012 va letta nel contesto scaturito dalla  riforma  prima
delineata. Le intese in  esso  previste  costituiscono,  infatti,  lo
strumento per garantire un equilibrio di  bilancio  non  limitato  al
singolo  ente  ma  riferito  all'intero  comparto   regionale.   Cio'
evidentemente impone di mettere in relazione quegli enti che,  grazie
alle loro riserve di  amministrazione,  hanno  la  disponibilita'  di
"spazi finanziari", secondo l'espressione tecnica usata nel  d.P.C.m.
adottato ai sensi del citato comma 5 dell'art. 10 della legge n.  243
del 2012 e quegli enti che tali  spazi  chiedono  di  utilizzare  per
spese di investimento da coprire con  il  ricorso  all'indebitamento;
indebitamento che viene cosi' neutralizzato nel bilancio  complessivo
degli enti in questione. 
    In  questo  quadro  la   soluzione   adottata   dal   legislatore
costituisce il punto di equilibrio fra le esigenze della riforma e il
rispetto delle autonomie finanziarie, come conformate  dalla  riforma
stessa. Difatti, se e' vero  che  nella  previsione  e'  presente  un
obbligo procedimentale  che  condiziona  l'immediata  utilizzabilita'
degli avanzi di  amministrazione,  e'  anche  vero  che  la  concreta
realizzazione del risultato finanziario rimane  affidata  al  dialogo
fra gli enti interessati che l'avvio dell'intesa dovrebbe comportare. 
    26.- Quanto alle modalita' e ai  contenuti  delle  intese,  nulla
dice la disposizione e pertanto, allo stato,  essi  devono  ritenersi
rimessi alla  disponibilita'  delle  parti,  come  indirettamente  e'
confermato  dall'art.  2  del  d.P.C.m.  21  febbraio  2017,  n.   21
(Regolamento recante criteri e modalita' di attuazione  dell'articolo
10, comma 5, della legge 24 dicembre 2012,  n.  243,  in  materia  di
ricorso all'indebitamento da parte delle regioni e degli enti locali,
ivi incluse le  modalita'  attuative  del  potere  sostitutivo  dello
Stato, in caso di inerzia o ritardo da parte delle  regioni  e  delle
province autonome di Trento e di Bolzano), in cui la procedura che si
sviluppa al  seguito  dell'"avviso"  presuppone  la  formulazione  di
apposite domande di "cessione e acquisizione di spazi finanziari". 
    Peraltro  la  genericita'  della  previsione,  che  ne   fa   una
disposizione  essenzialmente  di  principio,  potrebbe  senza  dubbio
richiedere,  oltre  all'intervento  meramente  tecnico  affidato   al
regolamento,  una  disciplina  integrativa  che,  come  si  e'   gia'
chiarito,  deve  essere  adottata  con  atti  di  livello   normativo
primario. 
    27.- Alla  stregua  di  tali  considerazioni,  la  censura  della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia non e' fondata, poiche' non si
e' in presenza di una espropriazione dei residui di amministrazione. 
    28.- Egualmente infondata e' l'ulteriore censura  della  Regione,
secondo cui  la  norma  introdurrebbe  il  vincolo  di  utilizzare  i
risultati di  amministrazione  per  i  soli  investimenti,  violando,
cosi', la sua autonomia finanziaria. 
    La disposizione, in effetti, da' per scontato il vincolo, ma cio'
fa solo nei limiti connessi al positivo espletamento dell'intesa. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata a separate pronunce la decisione delle altre  questioni
di legittimita' costituzionale promosse con  i  ricorsi  indicati  in
epigrafe; 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1,
lettera c), della legge 12 agosto 2016, n. 164 (Modifiche alla  legge
24 dicembre 2012, n. 243, in materia di equilibrio dei bilanci  delle
regioni e degli enti locali), nella  parte  in  cui,  nel  sostituire
l'art.  10,  comma  5,  della  legge  24  dicembre   2012,   n.   243
(Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio
ai sensi dell'articolo 81,  sesto  comma,  della  Costituzione),  non
prevede la parola «tecnica», dopo le parole «criteri e  modalita'  di
attuazione» e prima delle parole «del presente articolo»; 
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1,
lettera c), della legge n. 164 del 2016,  nella  parte  in  cui,  nel
sostituire l'art. 10, comma 5, della legge n. 243 del  2012,  prevede
«, ivi incluse le modalita' attuative del  potere  sostitutivo  dello
Stato, in caso di inerzia o ritardo da parte delle  regioni  e  delle
province autonome di Trento e di Bolzano»; 
    3)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 1, lettera c), della legge  n.  164
del 2016, che sostituisce l'art. 10, comma 5, della legge n. 243  del
2012, promossa, in riferimento all'art. 136 della Costituzione, dalle
Province autonome di Trento e di Bolzano  e  dalla  Regione  autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol, con i ricorsi indicati in epigrafe; 
    4)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 1, lettera a), della legge  n.  164
del 2016, che modifica l'art. 10, comma 3, della  legge  n.  243  del
2012, promossa, in riferimento agli artt. 48, 49, 51, 52 della  legge
costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della  Regione
Friuli-Venezia Giulia), all'art. 119, primo, secondo e  sesto  comma,
Cost., in relazione all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre
2001,  n.  3  (Modifiche  al  titolo  V  della  parte  seconda  della
Costituzione), dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia,  con  il
ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 ottobre 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                    Giancarlo CORAGGIO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 6 dicembre 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA