N. 264 SENTENZA 8 novembre - 13 dicembre 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Imposte sui  redditi  delle  societa'  -  Determinazione  della  base
  imponibile - Esclusione dei soli versamenti a fondo  perduto  o  in
  conto capitale effettuati dai soci e non anche di quelli effettuati
  da societa' dello stesso gruppo. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre  1986,  n.  917
  (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), art.  88,
  comma 4. 
-   
(GU n.51 del 20-12-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Augusto   Antonio   BARBERA,   Giulio
  PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  88,  comma
4, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre  1986,  n.
917  (Approvazione  del  testo  unico  delle  imposte  sui  redditi),
promosso  dalla  Commissione  tributaria  regionale  di  Venezia  nel
procedimento  vertente  tra  l'Agenzia  delle  entrate  -   direzione
provinciale di Padova e Haier (Italy) Appliances spa,  con  ordinanza
del 16 novembre 2016, iscritta al n. 54 del registro ordinanze 2017 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  16,  prima
serie speciale, dell'anno 2017. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio dell'8 novembre 2017  il  Giudice
relatore Daria de Pretis. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 16 novembre 2016, la Commissione tributaria
regionale  di  Venezia  ha  sollevato   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 88, comma  4,  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, recante «Approvazione  del
testo unico  delle  imposte  sui  redditi»  (di  seguito:  TUIR),  in
riferimento agli artt. 3 e 53, primo comma, della Costituzione. 
    La questione e' sorta nel corso di un giudizio d'appello promosso
dall'Agenzia delle entrate - direzione provinciale di Padova  avverso
la sentenza con la quale la  Commissione  tributaria  provinciale  di
Padova, accogliendo il ricorso presentato da Haier (Italy) Appliances
spa (di seguito: Haier Italy), ha annullato un avviso di accertamento
relativo all'anno 2010  in  materia  di  imposta  sul  reddito  delle
societa' e di imposta regionale sulle attivita' produttive. 
    Il giudice a quo descrive la controversia nei seguenti termini. 
    Haier Italy fa parte di un gruppo  controllato  da  una  societa'
holding con sede all'estero. Con l'avviso di accertamento  impugnato,
l'Agenzia delle entrate  ha  sottoposto  a  tassazione  la  somma  di
6.283.671 euro, erogata a Haier Italy nel 2010 da altre societa'  che
appartengono  al  suo  stesso  gruppo,  ma  non  sono  sue  socie.  I
versamenti risultano  iscritti  nel  bilancio  di  Haier  Italy  come
"debiti verso altri finanziatori". Dall'analisi della contabilita' e'
emerso che analoghe operazioni sono state effettuate in altri anni  e
che parte delle somme e' servita per coprire le perdite di  esercizio
della societa' stessa, la cui  gestione  e'  costantemente  negativa.
Alla copertura delle perdite e' corrisposta la rinuncia  parziale  ai
crediti, mentre i residui importi sono rimasti  iscritti  a  bilancio
tra i debiti a breve termine. Haier  Italy  non  ha  mai  restituito,
nemmeno in parte, i finanziamenti ricevuti nel corso del tempo. 
    Secondo l'Agenzia delle entrate, non si tratterebbe di somme date
a mutuo con obbligo di restituzione, ma  di  ricavi  tassabili  quali
«contributi in denaro [...] in base a contratto», ai sensi  dell'art.
85, comma 1, lettera g), del TUIR. 
    La sentenza di primo grado ha disatteso questa impostazione sulla
considerazione che i contributi ex art. 85, comma 1, lettera g),  del
TUIR sono solo quelli percepiti in base  a  contratti  a  prestazioni
corrispettive, non ricorrenti nel caso di specie, e che i  versamenti
delle societa' consorelle sono da assimilare a quelli «[...] fatti  a
fondo perduto o in conto capitale  alle  societa'  [...]  dai  propri
soci», che, in base all'art. 88, comma 4, del TUIR, non costituiscono
sopravvenienze attive tassabili. 
    2.- Secondo il giudice a quo, l'interpretazione data dal  giudice
di primo grado all'art.  85,  comma  1,  lettera  g),  del  TUIR,  e'
condivisibile, cosicche' i versamenti dovrebbero  essere  qualificati
come sopravvenienze attive ai sensi del successivo art. 88 del  TUIR.
Esse   tuttavia   non   dovrebbero   essere   tassate   in   base   a
un'interpretazione «estensiva» del comma  4  dello  stesso  art.  88,
trattandosi di versamenti fatti da societa' appartenenti al  medesimo
gruppo. Il gruppo di  societa'  si  configurerebbe  come  un'unitaria
struttura  d'impresa,  alla  quale  corrisponde  una  pluralita'   di
societa' coordinate e dirette dalla capogruppo,  con  la  conseguenza
che i contributi erogati  dalle  societa'  appartenenti  allo  stesso
gruppo al fine di coprire il passivo di un'altra societa' del  gruppo
sarebbero orientati al medesimo obiettivo che muove i soci a  versare
denaro a fondo perduto o in conto capitale alla societa'. In entrambi
i casi, i contributi sarebbero privi del carattere della  liberalita'
e svolgerebbero la diversa funzione di fornire e mantenere le risorse
patrimoniali   della   societa',   in   un'ottica   di    continuita'
dell'attivita' sociale. 
    Nel senso del superamento del limite  applicativo  dell'art.  88,
comma 4, del TUIR, che esenta da tassazione solo i  versamenti  fatti
dai soci, deporrebbero i numerosi indici  normativi  dell'ordinamento
civile e di quello tributario (in tema di finanziamento infra-gruppo,
di redazione del bilancio consolidato,  di  circolazione  endo-gruppo
delle partecipazioni azionarie, di marchi  d'impresa,  di  disciplina
della concorrenza) che riconoscono in capo alle societa'  del  gruppo
un interesse conformato alla logica di una strategia  imprenditoriale
unitaria, per il perseguimento di obiettivi comuni. 
    L'interpretazione estensiva  dell'art.  88,  comma  4,  del  TUIR
sarebbe tuttavia esclusa da un precedente della Corte  di  cassazione
(quinta sezione civile, sentenza 29  ottobre  2014,  n.  22917),  sul
presupposto  della  «natura  eccezionale  e   pertanto   di   stretta
interpretazione» della previsione, «stante la  diversa  soggettivita'
che caratterizza le distinte societa'  appartenenti  ad  un  medesimo
gruppo», sia pure nella consapevolezza «del ritardo  del  legislatore
nazionale  nell'opera  di  adeguamento   al   fenomeno   dei   gruppi
societari». 
    Secondo il rimettente, l'interpretazione  offerta  dalla  Suprema
corte (di cui «prende atto») contrasta con gli artt. 3  e  53,  primo
comma,  Cost.,  in  quanto  ne   conseguirebbe   una   ingiustificata
disparita' di trattamento di situazioni meritevoli di una  disciplina
comune. Sarebbero irragionevolmente discriminate le  contribuzioni  a
fondo perduto o in conto capitale eseguite da soggetti  che,  sebbene
non soci della societa'  beneficiaria  ne'  possessori  di  strumenti
finanziari similari alle azioni, sono allo stesso modo  cointeressati
all'attivita' della beneficiaria stessa, in  quanto  appartenenti  al
medesimo  gruppo.  Inoltre,  l'assoggettamento   della   societa'   a
tassazione non risponderebbe,  in  questi  casi,  «ai  criteri  della
capacita' contributiva». 
    3.- Con atto depositato nella cancelleria di questa  Corte  il  9
maggio 2017, e' intervenuto nel giudizio il Presidente del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, concludendo per l'inammissibilita' e comunque per la manifesta
infondatezza della questione. 
    In riferimento all'art. 53 Cost., la questione sarebbe  in  primo
luogo inammissibile per difetto assoluto  di  motivazione  sulla  non
manifesta infondatezza. 
    Nel  merito,  si  profilerebbe  in   ogni   caso   la   manifesta
infondatezza, poiche' la qualificazione dei  versamenti  come  ricavi
sembra  coerente  con  il  principio   di   capacita'   contributiva,
trattandosi di somme che concorrono, quali componenti positivi,  alla
formazione del reddito della societa'. 
    Con riguardo all'art. 3 Cost., il contrasto lamentato dal giudice
a quo sarebbe escluso per la diversa natura dei versamenti  dei  soci
rispetto a quelli di altri soggetti, in quanto solo i primi sarebbero
qualificabili come conferimenti e non come ricavi. Questa conclusione
deriverebbe anche dalla lettura integrata dell'art. 88, comma 4,  con
altre disposizioni del TUIR sul regime fiscale  dei  rapporti  tra  i
soci e la societa' (gli artt. 46, 47, comma 5, 94, comma  6,  e  101,
comma 7), dalla  quale  sembra  emergere  come  la  norma  censurata,
inserendosi  coerentemente  in  tale   regime,   tuteli   l'interesse
economico diretto del socio alla continuita' dell'attivita'  sociale,
nell'aspettativa di futuri dividendi  o  di  altri  simili  proventi,
compresi  quelli  derivanti  dalla  cessione   della   partecipazione
sociale. Un analogo interesse non sarebbe  invece  individuabile  nel
caso dei versamenti di somme o delle rinunce a crediti  da  parte  di
societa'  che  non  siano   socie   della   beneficiaria,   ancorche'
appartengano allo stesso gruppo. 
    Infine, non avrebbero particolare rilievo  le  norme  del  codice
civile sul fenomeno dei  gruppi  societari,  ben  potendo  il  regime
fiscale derogare alla disciplina civilistica, la quale non  determina
comunque il  completo  superamento  dell'autonomia  soggettiva  delle
singole societa' appartenenti al gruppo. 
    4.- Nel corso del giudizio, con nota  depositata  in  cancelleria
l'11 maggio 2017, la Commissione tributaria regionale di  Venezia  ha
trasmesso a questa Corte copia dell'accordo conciliativo del 16 marzo
2017, con cui le parti del processo principale hanno posto fine  alla
controversia  ai  sensi  dell'art.  48  del  decreto  legislativo  31
dicembre 1992,  n.  546  (Disposizioni  sul  processo  tributario  in
attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge
30 dicembre 1991, n. 413), nonche' copia della quietanza di pagamento
della prima rata delle somme dovute  dalla  contribuente  sulla  base
della conciliazione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Commissione tributaria regionale di Venezia  dubita  della
legittimita' costituzionale dell'art. 88, comma 4,  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  22  dicembre  1986,  n.  917,  recante
«Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi» (di seguito:
TUIR),  in  riferimento  agli  artt.  3  e  53,  primo  comma,  della
Costituzione. 
    La questione e' sorta nel corso di un giudizio d'appello promosso
dall'Agenzia delle entrate - direzione provinciale di Padova  avverso
la sentenza con la quale la  Commissione  tributaria  provinciale  di
Padova, accogliendo il ricorso presentato da Haier (Italy) Appliances
spa  (di  seguito:  Haier  Italy),  aveva  annullato  un  avviso   di
accertamento relativo all'anno 2010 in materia di imposta sul reddito
delle societa' e di imposta  regionale  sulle  attivita'  produttive.
L'Agenzia delle entrate aveva sottoposto a tassazione somme erogate a
Haier Italy da altre societa' che appartengono al suo stesso  gruppo,
ma non sono sue socie, ritenendo che non si sarebbe trattato di somme
date a mutuo con obbligo di restituzione, come risulta  dal  bilancio
di Haier Italy, ma di ricavi tassabili quali  «contributi  in  denaro
[...] in base a contratto», ai sensi dell'art. 85, comma  1,  lettera
g), del TUIR. 
    La sentenza di primo grado aveva  disatteso  questa  impostazione
sulla considerazione che i contributi ex art. 85,  comma  1,  lettera
g), del TUIR sono  solo  quelli  percepiti  in  base  a  contratti  a
prestazioni corrispettive, non ricorrenti nel caso di specie, e che i
versamenti delle societa' consorelle  sono  da  assimilare  a  quelli
fatti a fondo perduto o in conto capitale alle  societa'  dai  propri
soci,  i  quali,  in  base  all'art.  88,  comma  4,  del  TUIR,  non
costituiscono sopravvenienze attive tassabili. 
    Secondo il rimettente,  l'interpretazione  data  dal  giudice  di
primo  grado  all'art.  85,  comma  1,  lettera  g),  del  TUIR,   e'
condivisibile, ma  i  versamenti  delle  societa'  appartenenti  allo
stesso  gruppo  dovrebbero  essere  qualificati  come  sopravvenienze
attive ai sensi dell'art. 88 del  TUIR,  per  la  natura  eccezionale
della  previsione  del  comma  4  dello  stesso  art.  88,  che   non
consentirebbe la sua interpretazione estensiva. Da qui  il  contrasto
con gli artt. 3  e  53,  primo  comma,  Cost.,  in  quanto  la  norma
introdurrebbe  un'ingiustificata   disparita'   di   trattamento   di
situazioni   meritevoli   di   una   disciplina   comune.   Sarebbero
irragionevolmente discriminate le contribuzioni a fondo perduto o  in
conto capitale eseguite da  soggetti  che,  sebbene  non  soci  della
societa'  beneficiaria,  ne'  possessori  di   strumenti   finanziari
similari  alle  azioni,  sono   cointeressati   all'attivita'   della
beneficiaria  stessa,  in  quanto  appartenenti  al  medesimo  gruppo
societario. L'assoggettamento della  societa'  a  tassazione  non  si
conformerebbe inoltre, in questi casi, «ai  criteri  della  capacita'
contributiva». 
    2.-  L'intervenuta  conciliazione  fra  le  parti  del   processo
principale - comunicata a questa Corte dalla  Commissione  tributaria
regionale di  Venezia  con  la  trasmissione  di  copia  dell'accordo
conciliativo del 16 marzo 2017 - dovrebbe condurre a una pronuncia di
cessazione della materia del contendere nel giudizio a quo,  ex  art.
48, comma 2,  del  decreto  legislativo  31  dicembre  1992,  n.  546
(Disposizioni sul processo tributario in attuazione della  delega  al
Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413). 
    La definizione della controversia,  tuttavia,  non  e'  idonea  a
produrre  effetti   sul   giudizio   costituzionale.   Per   costante
orientamento  di   questa   Corte,   il   giudizio   incidentale   di
costituzionalita' e' autonomo rispetto al giudizio a quo,  nel  senso
che non risente delle vicende di fatto  successive  all'ordinanza  di
rimessione  che  concernono  il   rapporto   dedotto   nel   processo
principale, come previsto dall'art. 18 delle Norme integrative per  i
giudizi davanti alla Corte  costituzionale.  Pertanto,  la  rilevanza
della questione deve essere  valutata  alla  luce  delle  circostanze
sussistenti  al  momento  dell'ordinanza  di  rimessione,  senza  che
assumano rilievo eventi sopravvenuti (ex plurimis, sentenze n. 242  e
n. 162 del 2014, n. 120 del 2013, n. 274 e n. 42  del  2011),  tra  i
quali  sono  comprese  anche  la  definizione  stragiudiziale   della
controversia o comunque  la  cessazione,  per  qualsiasi  causa,  del
giudizio rimasto sospeso davanti  al  giudice  a  quo  (ex  plurimis,
sentenze n. 442 del 2008,  n.  367  del  1991,  e  n.  88  del  1986;
ordinanze n. 154 del 2013 e n. 110 del 2000). 
    3.- Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  intervenuto  in
giudizio, ha eccepito  l'inammissibilita'  della  questione  riferita
all'art. 53, primo comma, Cost., per mancanza  di  motivazione  delle
relative censure. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Nonostante  il  rimettente  dedichi  alla  violazione   di   tale
parametro solo un cenno fugace, osservando che «[a]l tempo stesso, la
tassazione della societa' destinataria della contribuzione non appare
piu'  in  ogni  aspetto  rispondente  ai  criteri   della   capacita'
contributiva», il riferimento al principio di capacita'  contributiva
ex art. 53 Cost. puo' essere  considerato  specificazione  settoriale
del generale principio di eguaglianza (sentenza n. 223 del 2012), con
la conseguenza che  si  possono  ritenere  riferite  anche  a  questa
censura le ragioni esposte con riguardo  alla  denunciata  violazione
dell'art. 3 Cost. (sentenza n. 153 del 2017). 
    4.- Nel merito, la questione non e' fondata. 
    Si deve premettere che e' corretto il presupposto  interpretativo
da cui muove il rimettente,  della  natura  eccezionale  della  norma
censurata e della sua inapplicabilita', dunque, al di fuori dei  casi
in essa  espressamente  previsti.  L'art.  88,  comma  4,  del  TUIR,
prevedendo la descritta esenzione fiscale, introduce una disposizione
di favore, giacche' e' indubbio che, in sua  mancanza,  i  versamenti
dei soci a fondo  perduto  o  in  conto  capitale  dovrebbero  essere
considerati sopravvenienze attive, in quanto componenti positivi  del
reddito delle societa'. 
    Alla luce della costante giurisprudenza di legittimita',  di  cui
e' espressione il precedente invocato dal giudice  a  quo  (Corte  di
cassazione, quinta sezione  civile,  sentenza  29  ottobre  2014,  n.
22917), ogni  disposizione  fiscale  di  favore,  in  quanto  recante
benefici, agevolazioni o esenzioni, e'  di  stretta  interpretazione,
anche in ragione della sua natura eccezionale, la quale  implica  che
essa non puo' trovare applicazione fuori delle ipotesi  espressamente
previste dalla legge. 
    4.1.- Questa Corte  si  e'  trovata  piu'  volte  a  vagliare  la
legittimita'   costituzionale   di   disposizioni    che    prevedono
agevolazioni, benefici ed esenzioni fiscali e, in questo contesto, ha
affermato che «norme di tale tipo,  aventi  carattere  eccezionale  e
derogatorio, costituiscono esercizio di un potere  discrezionale  del
legislatore,  censurabile  solo   per   la   sua   eventuale   palese
arbitrarieta' o irrazionalita' (sentenza n. 292 del  1987;  ordinanza
n. 174 del 2001); con la conseguenza che la  Corte  stessa  non  puo'
estenderne l'ambito di applicazione, se non quando lo esiga la  ratio
dei benefici medesimi (sentenze n. 6 del 2014, n. 275 del 2005, n. 27
del 2001, n. 431 del 1997 e n. 86 del  1985;  ordinanze  n.  103  del
2012, n. 203 del 2011, n. 144 del 2009 e n. 10 del  1999)»  (sentenza
n. 177 del 2017; nello stesso senso, sentenze n. 242  e  n.  153  del
2017, n. 111 del 2016). 
    E' dunque necessario verificare se la ratio del beneficio fiscale
previsto dalla norma censurata possa essere ugualmente riferita anche
all'ipotesi dei versamenti fatti, senza obbligo  di  restituzione,  a
una societa' da un'altra societa' appartenente allo stesso gruppo che
non sia socia della prima. 
    I versamenti a fondo perduto o in conto capitale  effettuati  dai
soci hanno la funzione di dotare la societa'  di  mezzi  patrimoniali
integrativi e sono  assistiti  da  una  causa  simile  a  quella  del
"capitale di rischio" propria  dei  conferimenti.  Sotto  il  profilo
fiscale,  questa  assimilazione   comporta   che,   all'aumento   del
patrimonio netto della societa' e alla sua irrilevanza reddituale  ex
art. 88, comma 4, si contrappongano simmetricamente,  per  il  socio,
l'aumento del costo di partecipazione, corrispondente  al  costo  dei
conferimenti, e la non deducibilita' dal reddito dell'importo versato
ex  artt.  94,  comma   6,   e   101,   comma   7,   del   TUIR.   La
patrimonializzazione della societa' e' dunque  fiscalmente  agevolata
in  quanto  il  legislatore  equipara  in  questo   caso,   ai   fini
dell'imposta sui redditi, gli interessi  sottesi  ai  versamenti  dei
soci a quelli sottostanti ai conferimenti, riconducendoli entrambi al
rapporto sociale. 
    La descritta ragione dell'agevolazione non puo' essere estesa  al
caso dei versamenti effettuati da societa' dello stesso gruppo. 
    Se e' vero che questi apporti, ordinariamente compiuti  a  favore
di  societa'  appartenenti  allo  stesso  gruppo  in  adempimento  di
direttive  impartite  dalla  capogruppo,  possono  essere  diretti  a
soddisfare  un  interesse  economico  della  societa'  disponente,  e
precisamente a  consentirle  di  conseguire  i  vantaggi  complessivi
derivanti dall'appartenenza  al  gruppo,  tale  interesse  mediato  e
indiretto  non  e'  assimilabile  a  quello,  immediato  e   diretto,
perseguito dal socio con il versamento alla societa' di appartenenza.
Il versamento delle societa'  consorelle,  infatti,  potendo  trovare
ragione, non nel rapporto sociale, ma  nell'appartenenza  al  gruppo,
non realizza finalita' equiparabili a quelle proprie del conferimento
del socio nella societa' beneficiaria, che, come visto,  giustificano
l'esenzione fiscale. 
    In  questo  diverso  contesto,  inoltre,  l'intervento   additivo
richiesto   dal   giudice   a   quo   finirebbe    per    determinare
un'ingiustificata asimmetria fiscale, giacche' all'irrilevanza, sotto
il profilo reddituale della ricevente, dei  versamenti  effettuati  a
suo favore non corrisponderebbe piu',  sul  versante  della  societa'
erogante, l'indeducibilita' delle somme dal suo reddito, di cui  esse
continuerebbero a costituire invece componenti  negativi  soggetti  a
deduzione,  con  la  conseguenza  che  l'ampliamento   dell'esenzione
fiscale rischierebbe di generare un  "salto  di  imposta".  Ne',  del
resto, la descritta asimmetria potrebbe essere superata estendendo  a
queste ipotesi  le  norme  che  imputano  ad  aumento  dei  costi  di
partecipazione i versamenti dei soci  a  fondo  perduto  o  in  conto
capitale, dal momento che,  nel  caso  di  versamenti  fra  societa',
mancherebbe il presupposto della  partecipazione  al  capitale  della
societa' beneficiaria. 
    Da quanto esposto  emerge  dunque,  innanzitutto,  la  diversita'
delle situazioni messe a confronto - la  quale,  tenuto  conto  della
descritta ratio del beneficio in  esame,  esclude  l'irragionevolezza
del loro diverso trattamento giuridico - e si  delineano  inoltre  le
discutibili  conseguenze  della  prospettata  estensione  del  regime
agevolativo. 
    In  conclusione,  il  regime   fiscale   differenziato   che   il
legislatore ha  discrezionalmente  ritenuto  di  riservare  alle  due
categorie di versamenti senza obbligo di restituzione, escludendo dal
novero delle sopravvenienze attive solo quelli effettuati dai soci  a
fondo perduto o in conto capitale (nonche', per identita'  di  ratio,
gli apporti  dei  possessori  di  strumenti  partecipativi),  non  si
traduce in una disciplina irragionevole e non impone l'estensione del
suo ambito applicativo nel senso auspicato dal rimettente. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 88, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 22
dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui
redditi),  sollevata  dalla  Commissione  tributaria   regionale   di
Venezia, in riferimento  agli  artt.  3  e  53,  primo  comma,  della
Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 novembre 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                     Daria de PRETIS, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 13 dicembre 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA