N. 79 SENTENZA 6 marzo - 19 aprile 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica ‒ Disposizioni varie in  materia  di
  piani di rientro per le aziende ospedaliere e gli enti pubblici che
  eroghino  prestazioni  di  ricovero  e  cura  e  finanziamento  del
  fabbisogno sanitario standard (vincoli di spesa  e  istituzione  di
  fondi separati). 
- Legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello  Stato
  per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il  triennio
  2017-2019), art. 1, commi 390, 393, 395, 396, 397, 400, 401, 408  e
  409. 
-   
(GU n.17 del 26-4-2018 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON,  Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio  PROSPERETTI,   Giovanni
  AMOROSO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  commi
390, 393, 395, 396, 397, 400, 401, 408 e 409, della legge 11 dicembre
2016,  n.  232  (Bilancio  di  previsione  dello  Stato  per   l'anno
finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il  triennio  2017-2019),
promossi  dalla  Regione  Veneto  e  dalla  Regione  autonoma   della
Sardegna, con ricorsi notificati rispettivamente il 16 febbraio e  il
16-21 febbraio 2017, depositati in cancelleria il 23 e il 24 febbraio
2017, iscritti rispettivamente al n. 19  e  al  n.  21  del  registro
ricorsi 2017. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 6 marzo 2018 il Giudice  relatore
Marta Cartabia; 
    uditi gli avvocati Luca Antonini e Andrea Manzi  per  la  Regione
Veneto, Massimo Luciani per la  Regione  autonoma  della  Sardegna  e
l'avvocato dello  Stato  Gianni  De  Bellis  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 16 febbraio 2017 e depositato il 23
febbraio 2017 (r.r. n. 19 del 2017), la Regione Veneto ha  impugnato,
tra gli altri, l'art. 1,  commi  390,  395  e  396,  della  legge  11
dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019). 
    1.1.- L'impugnato art. 1, comma 390, ha  modificato  l'art.  524,
lettera  a),  della  legge  28  dicembre  2015,   n.   208,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge di stabilita' 2016)», riducendo - dal 10 per cento
al 7 per cento in percentuale e da 10 a 7 milioni in valore  assoluto
- l'entita' dello scostamento tra costi e  ricavi,  in  presenza  del
quale si attiva l'obbligo di adozione di un piano di rientro  per  le
aziende ospedaliere od  ospedaliero-universitarie,  gli  istituti  di
ricovero e cura a carattere scientifico pubblici  e  gli  altri  enti
pubblici che eroghino prestazioni di ricovero e cura. 
    Ad avviso  della  Regione  ricorrente,  la  disposizione  sarebbe
illegittima nella misura in cui tali piu' stringenti presupposti  dei
piani di rientro dei singoli istituti  sanitari  si  applicano  anche
alle Regioni in equilibrio finanziario, come la Regione Veneto. 
    I  presupposti  dei  piani  di   rientro   dovrebbero,   infatti,
ravvisarsi in situazioni di grave disavanzo, le quali per definizione
non potrebbero sussistere nelle Regioni  in  equilibrio  finanziario:
pertanto, la  disposizione  impugnata  violerebbe  l'art.  120  della
Costituzione e in particolare il principio  di  proporzionalita',  in
quanto la misura legislativa non sarebbe giustificata  da  uno  scopo
legittimo e difetterebbe sul piano della  connessione  razionale  tra
l'obiettivo  perseguito  e  il   mezzo   predisposto.   Inoltre,   il
legislatore non avrebbe assicurato quegli spazi aperti  all'esercizio
dell'autonomia  regionale  che  costituiscono  condizione  necessaria
perche' il coordinamento della finanza pubblica non si traduca in una
menomazione irragionevole e  sproporzionata  dell'autonomia  politica
della Regione e della sua capacita' di  programmazione.  Da  cio'  si
dovrebbe desumere una violazione anche degli artt. 3 e 97 Cost.,  che
ridonda sulle competenze legislative, amministrative  e  finanziarie,
costituzionalmente garantite alla Regione in materia di tutela  della
salute, di cui agli artt. 117, terzo comma, 118 e 119 Cost. 
    1.2.- Gli impugnati  commi  395  e  396,  del  medesimo  art.  1,
introducono modifiche ai criteri per la  nomina  del  commissario  ad
acta incaricato della  predisposizione,  adozione  e  attuazione  del
piano di rientro. Con tali modifiche, il legislatore avrebbe abrogato
determinati requisiti di professionalita' previsti dalle disposizioni
previgenti, cosi' da legittimare la nomina a commissario ad acta  del
Presidente  della  stessa  Regione  inadempiente  e  diffidata:  cio'
contrasterebbe con i principi di ragionevolezza,  proporzionalita'  e
buon andamento della pubblica amministrazione di cui agli artt.  3  e
97 Cost. e si porrebbe in contrasto con  un  corretto  esercizio  del
potere sostitutivo dello Stato di cui all'art. 120 Cost. 
    La ricorrente lamenta inoltre una  violazione  del  principio  di
eguaglianza in quanto, con il medesimo atto normativo, il legislatore
alimenterebbe da  un  lato  un  processo  di  centralizzazione  delle
funzioni delle Regioni  efficienti  (comma  390),  mentre  dall'altro
ridurrebbe  la  capacita'  di  controllo  dello   Stato   su   quelle
inefficienti (commi 395 e 396). Secondo la ricorrente, la lesione dei
citati principi costituzionali ridonderebbe sull'autonomia  regionale
garantita ai sensi degli artt. 117, terzo  comma,  e  119  Cost.,  in
quanto a motivo dell'inefficienza di alcune Regioni  non  debitamente
assoggettate  al  controllo  sostitutivo  statale,  vengono  adottate
misure restrittive nei confronti di Regioni virtuose, come la Regione
Veneto, le quali, in forza  delle  modalita'  di  determinazione  del
fabbisogno sanitario nazionale standard, si vedono private di risorse
attribuite a Regioni inefficienti. 
    2.- Con atto depositato il 28 marzo  2017  si  e'  costituito  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello  Stato,  chiedendo  che  le  questioni
siano dichiarate non fondate. 
    2.1.- In particolare, per quanto riguarda l'art.  1,  comma  390,
della legge n. 232 del 2016, la difesa  dello  Stato  osserva  che  i
piani di rientro  aziendali  mirano  principalmente  a  ricondurre  a
corretta gestione gli enti che non erogano i  livelli  essenziali  di
assistenza (LEA) in modo appropriato, in  quanto  non  remunerano  la
propria struttura dei costi di erogazione,  secondo  quanto  previsto
dall'art. 8-sexies del decreto legislativo 30 dicembre 1992,  n.  502
(Riordino  della   disciplina   in   materia   sanitaria,   a   norma
dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421). 
    Inoltre,  l'Avvocatura   generale   dello   Stato   osserva   che
l'equilibrio economico dei servizi sanitari  regionali  e'  garantito
attraverso gli utili generati  dalla  Gestione  sanitaria  accentrata
presso la Regione (GSA), mentre i singoli enti del servizio sanitario
regionale  possono  presentare  risultati   di   esercizio   negativi
imputabili a fattori gestionali, cio' che  accadrebbe  appunto  anche
nella Regione Veneto. 
    Il resistente ritiene, dunque, che le doglianze  siano  infondate
in quanto la norma impugnata tende ad offrire  a  tutte  le  Regioni,
comprese  quelle  in  equilibrio  economico-patrimoniale,   necessari
strumenti di «efficientamento» delle strutture ospedaliere pubbliche,
in  attuazione  del  principio  sancito  dall'art.  30  del   decreto
legislativo 23 giugno  2011,  n.  118  (Disposizioni  in  materia  di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle
Regioni, degli enti locali  e  dei  loro  organismi,  a  norma  degli
articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42) e ripreso dal  Patto
per la salute  del  10  luglio  2014,  in  base  al  quale  qualsiasi
risparmio conseguito con gli interventi regionali  resta  nell'ambito
dello stesso servizio sanitario regionale. 
    2.2.- In  relazione  alle  censure  mosse  ai  commi  395  e  396
dell'impugnato art. 1, l'Avvocatura generale dello Stato ritiene  che
le  doglianze  siano  inammissibili  in  quanto  non   lamentano   la
violazione  di  competenze  regionali  e  non   sussisterebbe   alcun
interesse della Regione a censurare le  modalita'  con  le  quali  il
legislatore  nazionale  intende  disciplinare  la  scelta  di  organi
statali, quali sono i commissari ad acta di cui  all'art.  120  Cost.
L'argomentazione addotta nel ricorso, sugli effetti negativi di  tali
previsioni, si baserebbe, inoltre, su mere supposizioni in alcun modo
dimostrate. 
    3.- Con ricorso notificato il 16-21 febbraio 2017 e depositato il
24 febbraio 2017 (r.r. n. 21 del 2017),  la  Regione  autonoma  della
Sardegna ha impugnato, tra gli altri, l'art. 1, commi 393, 397,  400,
401, 408 e 409, della legge n. 232 del 2016. 
    Le disposizioni impugnate stabiliscono specifiche  finalizzazioni
di alcune quote del  fabbisogno  sanitario  standard  -  segnatamente
l'acquisto di farmaci innovativi, di farmaci oncologici innovativi  e
di vaccini, la stabilizzazione del personale precario e  l'assunzione
di ulteriori risorse umane - anche mediante  l'istituzione  di  fondi
separati, le cui risorse sono destinate ad essere  distribuite  sulla
base di criteri definiti dalla Conferenza Stato-Regioni. 
    La ricorrente ritiene  che  tali  norme  impongano  alla  Regione
autonoma della Sardegna prestazioni ulteriori senza alcuna erogazione
di risorse aggiuntive e con l'onere, in capo alla  medesima  Regione,
di coprire la maggior spesa sostenuta dalle altre autonomie. 
    In tal  modo,  verrebbe  violata  l'autonomia  finanziaria  della
Regione autonoma della Sardegna, quale  tutelata  dall'art.  7  della
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per  la
Sardegna) e dall'art. 119 Cost., in quanto si imporrebbe alla Regione
di partecipare al finanziamento della spesa sanitaria con contestuale
vincolo di spesa, nonostante che la Regione autonoma  della  Sardegna
dall'anno 2007 provveda al servizio  di  tutela  della  salute  senza
oneri a carico del bilancio statale, come previsto dall'art. 1, comma
836, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge
finanziaria 2007)». 
    Inoltre, verrebbe violato l'art. 8 del medesimo statuto  speciale
e il principio di leale collaborazione di cui all'art. 117 Cost.,  in
quanto  il   finanziamento   del   fabbisogno   sanitario   nazionale
diminuirebbe  le  risorse  derivanti  alla  Regione  dalle  quote  di
compartecipazione alle entrate erariali. 
    Infine, sarebbe violato l'art. 117, terzo comma,  Cost.,  nonche'
il principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 117 Cost.,
anche in relazione al citato art. 1, comma 836, della  legge  n.  296
del 2006, in quanto lo Stato imporrebbe oneri su un capitolo di spesa
integralmente  finanziato  dalla  Regione,  esorbitando   dalla   sua
competenza in materia  di  principi  fondamentali  del  coordinamento
della  finanza  pubblica  e   impedendo   alla   Regione   l'autonomo
svolgimento  delle  sue  funzioni  in  una  materia  dalla   medesima
integralmente finanziata. 
    4.- Con atto depositato il 29 marzo 2017,  si  e'  costituito  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello  Stato,  chiedendo  che  le  questioni
siano dichiarate inammissibili o non fondate. 
    La  difesa  dello  Stato  osserva  che  le  norme   in   giudizio
individuano unicamente talune finalita' sanitarie  gia'  incluse  nei
LEA, vincolando poi esplicitamente una quota di risorse per  la  loro
attuazione. Esse non richiedono, pertanto, risorse aggiuntive, con la
conseguenza che appare destituito di fondamento il presupposto su cui
la ricorrente costruisce le sue doglianze. 
    5.- Con memoria depositata il 12 febbraio 2018, la Regione Veneto
ha ritenuto non fondata l'eccezione di inammissibilita' della  difesa
dello Stato, sottolineando che la modifica dei criteri di nomina  del
commissario   ad   acta   ridonderebbe   sulle   proprie   competenze
amministrative ex art. 119 Cost. e osservando come  il  ritorno  alla
prassi dei cosiddetti  "Commissari-Presidenti  della  Regione"  fosse
stata stigmatizzata anche dal Ministero della  salute  in  un  parere
allegato alla  memoria,  in  cui  si  evidenziava  la  situazione  di
conflitto di interesse che si verrebbe a creare dalla sovrapposizione
in una medesima figura della posizione di controllore e controllato. 
    6.- Con memoria depositata il 13 febbraio 2018, il Presidente del
Consiglio dei ministri ha insistito perche' il ricorso della  Regione
Veneto sia rigettato,  senza  aggiungere  ulteriori  osservazioni  in
merito alle disposizioni oggetto del presente giudizio. 
    7.- Con memoria  depositata  il  13  febbraio  2018,  la  Regione
autonoma della Sardegna  ha  depositato  memoria,  con  la  quale  ha
insistito per l'accoglimento del ricorso. 
    In particolare, la ricorrente ha osservato che la  finalizzazione
della  spesa  vincola  la   Regione,   illegittimamente   comprimendo
l'autonomia della Regione medesima di decidere come soddisfare i  LEA
nell'ambito  della  spesa  sanitaria  regionale   che   essa   stessa
integralmente finanzia (e' richiamata a sostegno la  sentenza  n.  75
del 2016 della Corte costituzionale). 
    8.- Con memoria depositata il 13 febbraio 2018, il Presidente del
Consiglio dei ministri ha insistito perche' il ricorso della  Regione
autonoma della Sardegna sia rigettato, ribadendo che le  disposizioni
impugnate non introducono nuovi vincoli per la Regione. 
    9.- Con atto depositato il 27 febbraio 2018, la Regione Veneto ha
rinunciato al ricorso  limitatamente  all'impugnazione  dell'art.  1,
comma 390, della legge n. 232 del 2016. 
    10.- Con atto depositato il 27 febbraio 2018, il  Presidente  del
Consiglio dei ministri ha accettato la rinuncia. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 16 febbraio 2017 e depositato il 23
febbraio 2017 (r.r. n. 19 del 2017), la Regione Veneto ha  impugnato,
tra gli altri, l'art. 1,  commi  390,  395  e  396,  della  legge  11
dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019). 
    In particolare, la ricorrente ha osservato che  l'art.  1,  comma
390, della legge n.  232  del  2016,  modifica  l'art.1,  comma  524,
lettera  a),  della  legge  28  dicembre  2015,   n.   208,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge di stabilita' 2016)», stabilendo presupposti  piu'
stringenti per la valutazione dello scostamento tra costi e ricavi  -
sia in termini percentuali (dal 10 al 7 per cento) che  assoluti  (da
10 milioni a 7 milioni) - ai fini dell'adozione dei piani di  rientro
per aziende ospedaliere  od  ospedaliero-universitarie,  istituti  di
ricovero e  cura  a  carattere  scientifico  pubblici  e  altri  enti
pubblici che eroghino prestazioni di ricovero e cura. 
    Cio' premesso, la Regione ha ritenuto che, nella parte in cui  la
disposizione si applica a Regioni  in  equilibrio  finanziario,  essa
violerebbe gli artt. 3, 97, 117, terzo comma, 118, 119  e  120  della
Costituzione, in quanto,  imporrebbe  i  piani  di  rientro  anche  a
Regioni in equilibrio finanziario, in contrasto con il  principio  di
ragionevolezza e proporzionalita' e  con  una  indebita  compressione
dell'autonomia finanziaria regionale, compromettendo il principio del
buon andamento  della  pubblica  amministrazione,  in  modo  tale  da
determinare     ripercussioni     negative      sulle      competenze
costituzionalmente garantite alla Regione in materia di tutela  della
salute. 
    In ordine all'art. 1, commi 395 e 396, della  legge  n.  232  del
2016, la Regione Veneto ha osservato che esso introduce modifiche  ai
criteri per la  nomina  del  commissario  ad  acta  incaricato  della
predisposizione, adozione e  attuazione  del  piano  di  rientro;  in
conseguenza di tali modifiche sarebbe consentito nominare  commissari
ad acta anche i Presidenti  delle  stesse  Regioni  inadempienti.  Ad
avviso  della  ricorrente  la  norma   violerebbe   i   principi   di
ragionevolezza, proporzionalita'  e  buon  andamento  della  pubblica
amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 Cost.,  nonche'  i  principi
posti a presidio di un corretto esercizio del potere sostitutivo  del
Governo ex art. 120 Cost. e il principio di eguaglianza, in quanto il
legislatore  statale,  mentre  con  alcune  disposizioni  (quali   il
precedente comma 390 dello stesso art. 1)  alimenta  un  processo  di
centralizzazione delle funzioni delle Regioni efficienti, con i commi
395  e  396  in  esame  riduce  il  controllo   statale   su   quelle
inefficienti. 
    La violazione ridonderebbe poi sull'autonomia regionale ai  sensi
degli artt. 117, terzo  comma,  e  119  Cost.,  in  quanto  a  motivo
dell'inefficienza di alcune Regioni non debitamente  assoggettate  al
controllo sostitutivo statale, verrebbero adottate misure restrittive
nei confronti  di  Regioni  virtuose  come  la  Regione  Veneto  che,
partecipando al livello del fabbisogno sanitario nazionale  standard,
si vedrebbe privata di risorse attribuite a Regioni inefficienti. 
    2.- Con ricorso notificato il 16-21 febbraio 2017 e depositato il
24 febbraio 2017 (r.r. n. 21 del 2017),  la  Regione  autonoma  della
Sardegna ha impugnato, tra gli altri, l'art. 1, commi 393, 397,  400,
401, 408 e 409, della legge n. 232 del 2016. 
    In particolare, la ricorrente ha osservato che  l'art.  1,  commi
393, 397, 400, 401, 408 e 409, della legge n. 232 del 2016 stabilisce
specifiche  finalizzazioni  del  fabbisogno  sanitario   standard   -
segnatamente, l'acquisto di farmaci innovativi, di farmaci oncologici
innovativi e di vaccini, nonche'  la  stabilizzazione  del  personale
precario e l'assunzione di ulteriori risorse umane -  anche  mediante
l'istituzione di fondi separati. 
    La Regione autonoma della Sardegna ritiene che le norme impugnate
violino  in  primo  luogo  l'autonomia  finanziaria  regionale   come
garantita dall'art. 7 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.
3 (Statuto speciale per la Sardegna)  e  dall'  art.  119  Cost.,  in
quanto impongono la partecipazione regionale al  finanziamento  della
spesa sanitaria con  contestuale  vincolo  di  spesa,  nonostante  la
Regione Sardegna provveda al servizio di tutela  della  salute  senza
oneri a carico del bilancio statale. 
    Parimenti violati sarebbero poi l'art. 8 del medesimo statuto per
la Sardegna e il principio di leale collaborazione  di  cui  all'art.
117 Cost.,  in  quanto  il  finanziamento  del  fabbisogno  sanitario
nazionale comporterebbe una riduzione delle  risorse  derivanti  alla
Regione dalle quote di compartecipazione alle entrate erariali. 
    La ricorrente ravvisa, infine,  anche  una  violazione  dell'art.
117,  terzo  comma,   Cost.,   nonche'   del   principio   di   leale
collaborazione di cui agli artt. 5 e 117 Cost., quest'ultimo anche in
relazione all'art. 1, comma 836, della legge  27  dicembre  2006,  n.
296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)» - in base al  quale
dall'anno 2007 la Regione  Sardegna  provvede  al  finanziamento  del
fabbisogno complessivo del Servizio sanitario nazionale  sul  proprio
territorio senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato - in
quanto  lo  Stato  imporrebbe  oneri  su   un   capitolo   di   spesa
integralmente  finanziato  dalla  Regione,  esorbitando   dalla   sua
competenza relativa alla fissazione di  principi  fondamentali  nella
materia del coordinamento della finanza  pubblica  e  impedendo  alla
Regione l'autonomo svolgimento delle  sue  funzioni  in  una  materia
dalla medesima integralmente finanziata. 
    3.- Consideratane l'opportunita', questa Corte ritiene di riunire
i giudizi in esame. 
    4.- Riservata a separate pronunce la  decisione  sulle  ulteriori
questioni di legittimita'  costituzionale  sollevate  con  i  ricorsi
indicati in epigrafe, questa Corte osserva in  via  preliminare  che,
limitatamente all'impugnazione dell'art. 1, comma 390, della legge n.
232 del 2016, e'  intervenuta  rinuncia  da  parte  della  ricorrente
Regione Veneto, con relativa accettazione da parte del Presidente del
Consiglio dei ministri, costituito nel giudizio. 
    Ai sensi dell'art. 23  delle  Norme  integrative  per  i  giudizi
davanti alla Corte costituzionale, deve  pertanto  essere  dichiarata
l'estinzione   del   processo   limitatamente   alla   questione   di
legittimita' costituzionale del citato art. 1, comma 390. 
    5.- Sempre in via preliminare si deve rilevare  che  l'Avvocatura
generale dello Stato ha eccepito l'inammissibilita'  delle  questioni
di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 395  e  396,  della
legge n. 232 del 2016, promosse dalla Regione Veneto per  difetto  di
motivazione sulla ridondanza. 
    L'eccezione e' fondata. 
    5.1.- La giurisprudenza costituzionale e'  costante  (da  ultimo,
sentenze n. 13  del  2017,  n.  287,  n.  251  e  n.  244  del  2016)
nell'affermare  che  le  Regioni   possono   evocare   parametri   di
legittimita' costituzionale diversi da quelli  che  sovrintendono  al
riparto di competenze fra Stato e Regioni,  solo  a  due  condizioni:
quando  la  violazione  denunciata  sia   potenzialmente   idonea   a
riverberarsi   sulle   attribuzioni   regionali    costituzionalmente
garantite (sentenze n. 8 del 2013 e n. 199  del  2012)  e  quando  le
Regioni ricorrenti abbiano sufficientemente motivato in  ordine  alla
ridondanza della lamentata illegittimita' costituzionale sul  riparto
di competenze, indicando la  specifica  competenza  che  risulterebbe
offesa e argomentando adeguatamente in proposito (sentenze n. 65 e n.
29 del 2016, n. 251, n. 189, n. 153, n. 140, n. 89 e n. 13 del 2015). 
    5.2.- Nella specie, la Regione Veneto si e' limitata ad affermare
che l'inefficienza del sistema di  controllo  statale  sulle  Regioni
assoggettate a piano di rientro, oltre a violare gli artt.  3,  97  e
120 Cost., determinerebbe effetti negativi sulle finanze di tutte  le
altre Regioni, compreso il  Veneto  che  e'  da  considerare  Regione
virtuosa,  condizionando  cosi'  la  qualita'  dell'esercizio   delle
relative funzioni amministrative. 
    E' pur vero che questa Corte ha ritenuto  possibile  motivare  la
ridondanza di questioni sollevate su parametri costituzionali che non
riguardano la ripartizione di competenze tra Stato  e  Regioni  anche
tramite l'indicazione dell'art. 119 Cost.  Tuttavia,  in  tali  casi,
questa  stessa  Corte  ha  ritenuto  necessario  che  la   ricorrente
argomenti in concreto in  relazione  all'entita'  della  compressione
finanziaria lamentata e alla sua concreta incidenza sull'attivita' di
competenza regionale (ex multis, sentenze n. 83, n. 68, n. 64 e n. 43
del 2016 e n. 36 del 2014). 
    Nel caso in esame, invece, i  lamentati  effetti  negativi  sulle
finanze  della   ricorrente   sono   generici   e   congetturali   e,
conseguentemente, del tutto  astratta  e  immotivata  e'  la  pretesa
lesione  dell'esercizio  delle  funzioni  amministrative   regionali.
Pertanto, le  questioni  di  legittimita'  costituzionale  aventi  ad
oggetto l'art. 1, commi 395 e 396, della legge n. 232 del 2016 devono
essere dichiarate inammissibili per insufficienza e genericita' della
motivazione. 
    6.- Nel merito residuano  da  esaminare  le  questioni  sollevate
dalla Regione autonoma della Sardegna in relazione all'art. 1,  commi
393, 397, 400, 401, 408 e 409,  della  legge  n.  232  del  2016.  Il
ricorso assume che le disposizioni  impugnate  impongano  vincoli  di
finalizzazione alla spesa sanitaria regionale applicabili anche  alla
ricorrente  e   ne   lamenta   l'illegittimita'   costituzionale   in
considerazione del fatto che lo Stato non contribuisce in alcun  modo
a finanziare il  sistema  sanitario  della  Regione  Sardegna  ed  e'
pertanto privo di titolo per orientarne le priorita'. 
    Le questioni non sono  fondate  per  erroneita'  del  presupposto
interpretativo. 
    Il comma 393 dell'impugnato art. 1 stabilisce che una  quota  del
livello  del  finanziamento  del   fabbisogno   sanitario   nazionale
standard, cui concorre lo Stato ai sensi del comma 392, e'  destinata
alle finalita' di cui ai successivi commi 400, 401, 408 e 409. Queste
ultime disposizioni predeterminano, anche attraverso l'istituzione di
fondi autonomi, la finalizzazione di determinate quote del fabbisogno
sanitario nazionale standard per l'acquisto di farmaci innovativi, di
farmaci  oncologici  innovativi  e  di  vaccini,  oltre  che  per  la
stabilizzazione  del  personale  precario  e  per   l'assunzione   di
ulteriori risorse umane. 
    Poiche' si tratta di  disposizioni  che  concernono  il  concorso
dello  Stato  al  rimborso  della  spesa  sanitaria   regionale,   le
disposizioni impugnate  non  riguardano  la  Regione  autonoma  della
Sardegna che provvede  autonomamente  al  finanziamento  del  proprio
sistema sanitario; ad essa, quindi, le suddette disposizioni  non  si
applicano, in quanto Regione alla cui spesa sanitaria  lo  Stato  non
concorre e alla quale, dunque, nulla deve rimborsare. 
    Resta fermo, naturalmente, che la Regione autonoma della Sardegna
e' tenuta  a  rispettare,  al  pari  di  tutte  le  altre  Regioni  e
indipendentemente dalle norme  censurate,  i  livelli  essenziali  di
assistenza (LEA) applicabili in modo uniforme su tutto il  territorio
nazionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata  a  separate  pronunce  la  decisione  delle  ulteriori
questioni di  legittimita'  costituzionale  promosse  con  i  ricorsi
indicati in epigrafe; 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara estinto il processo relativamente alla  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 390,  della  legge  11
dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il  triennio  2017-2019),
promossa dalla Regione Veneto con il ricorso indicato in epigrafe; 
    2)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 395 e 396, della legge n.  232  del
2016, promosse, in riferimento agli artt. 3, 97,  117,  terzo  comma,
119 e 120 Cost., dalla Regione Veneto  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe; 
    3)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 393, 397,  400,  401,  408  e  409,
dell'art. 1 della legge n. 232 del  2016,  promosse,  in  riferimento
agli artt. 7 e 8 della legge costituzionale 26 febbraio  1948,  n.  3
(Statuto speciale per la Sardegna), e 5, 117 e 119  Cost.,  anche  in
relazione all'art. 1, comma 836, della legge  27  dicembre  2006,  n.
296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato  (legge  finanziaria  2007)»,  dalla  Regione
autonoma della Sardegna con il ricorso indicato in epigrafe. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 marzo 2018. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                      Marta CARTABIA, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 19 aprile 2018. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA