N. 117 SENTENZA 17 aprile - 1 giugno 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Disposizioni plurime in materia di sanita'  pubblica  (fissazione  di
  modalita' organizzative e convenzionali per  l'incremento  dei  LEA
  della Provincia di Caserta; soddisfacimento  del  fabbisogno  della
  rete ospedaliera prioritariamente attraverso l'accreditamento delle
  strutture private transitoriamente accreditate; soddisfacimento  di
  ulteriore  fabbisogno  non  destinato  alle   strutture   pubbliche
  attraverso    l'accreditamento    di    strutture    sanitarie    e
  socio-sanitarie gia'  autorizzate;  introduzione  di  proroghe  nel
  sistema di accreditamento dei laboratori) e di ambiente (divieto di
  prospezione,  ricerca,  estrazione  e  stoccaggio  di   idrocarburi
  liquidi  e  gassosi,  nonche'  di  realizzazione   delle   relative
  infrastrutture tecnologiche nelle aree  di  affioramento  di  rocce
  carbonatiche). 
- Legge della Regione Campania 31  marzo  2017,  n.  10  (Misure  per
  l'efficientamento dell'azione amministrativa e  l'attuazione  degli
  obiettivi  fissati  dal  DEFR  2017  -  Collegato  alla  stabilita'
  regionale per il 2017), art. 1, commi 4, lettere a), b), e  c),  8,
  10 e 30. 
-   
(GU n.23 del 6-6-2018 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS,   Franco   MODUGNO,   Augusto   Antonio   BARBERA,   Giulio
  PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 4,
lettere a), b), e c), 8, 10 e 30, della legge della Regione  Campania
31 marzo  2017,  n.  10  (Misure  per  l'efficientamento  dell'azione
amministrativa e l'attuazione degli obiettivi fissati dal DEFR 2017 -
Collegato alla  stabilita'  regionale  per  il  2017),  promosso  con
ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato  il  30
maggio-8 giugno 2017, depositato in cancelleria  il  6  giugno  2017,
iscritto al n. 42  del  registro  ricorsi  2017  e  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  27,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2017. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Campania; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  17  aprile  2018  il  Giudice
relatore Aldo Carosi; 
    uditi l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Almerina Bove per la  Regione
Campania. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Con  ricorso  notificato  il  30  maggio-8  giugno  2017   e
depositato il successivo 6 giugno (reg. ric.  n.  42  del  2017),  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  promosso  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 4, lettere  a),  b)  e
c), 8, 10 e 30 della legge della Regione Campania 31 marzo  2017,  n.
10  (Misure  per  l'efficientamento  dell'azione   amministrativa   e
l'attuazione degli obiettivi fissati dal DEFR 2017 -  Collegato  alla
stabilita' regionale per il 2017). 
    1.1.- L'art. 1, comma 10, della legge reg.  Campania  n.  10  del
2017 violerebbe gli  artt.  81,  terzo  comma,  117,  secondo  comma,
lettera e) - in materia di perequazione delle risorse finanziarie - e
120,  secondo  comma,  della  Costituzione,   in   tema   di   poteri
sostitutivi, in relazione  all'art.  2,  comma  95,  della  legge  23
dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio  annuale  e  pluriennale  dello  stesso  (legge  finanziaria
2010)». 
    Premesso il contenuto del comma 10 - che stabilisce che  «[n]elle
more dell'attivazione del nuovo Policlinico Universitario di Caserta,
al fine di incrementare i LEA della Provincia  di  Caserta,  l'ASL  e
l'Universita'  degli  Studi  della   Campania   "Luigi   Vanvitelli",
stipulano apposita convenzione volta a consentire l'utilizzo di spazi
ospedalieri, per l'incremento di prestazioni aggiuntive a quelle gia'
erogate» - il Presidente del Consiglio dei ministri evidenzia che  la
menzionata disposizione  determinerebbe  un  incremento  dei  livelli
essenziali di assistenza nella Provincia di Caserta, in contrasto con
l'art. 2, comma 95, della legge n. 191 del 2009, che vieterebbe  alle
Regioni sottoposte al piano  di  rientro  di  adottare  provvedimenti
nuovi che possano ostacolarne l'attuazione. 
    L'incremento delle prestazioni aggiuntive, stabilito dalla  norma
in esame,  determinerebbe,  difatti,  maggiori  oneri  a  carico  del
Servizio  sanitario  regionale,   in   contrasto   con   la   cornice
programmatoria e finanziaria del  Piano  di  rientro  regionale,  con
conseguente violazione dell'art. 81, terzo comma, Cost., in  base  al
quale ogni legge che importi oneri maggiori  provvede  ai  mezzi  per
farvi fronte; dell'art. 117, secondo comma,  lettera  e),  Cost.,  in
materia di perequazione delle risorse finanziarie  e  dell'art.  120,
secondo comma, Cost., in tema di poteri sostitutivi. 
    Il ricorrente rammenta che questa Corte ha piu'  volte  affermato
che la disciplina dei piani di rientro dai  deficit  di  bilancio  in
materia sanitaria sarebbe  riconducibile  alla  potesta'  legislativa
concorrente ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost., e che  quanto
stabilito dall'art. 2,  comma  95,  della  legge  n.  191  del  2009,
costituirebbe principio fondamentale di coordinamento  della  finanza
pubblica (e' citata la sentenza n. 266 del 2016). 
    Inoltre, le  funzioni  del  Commissario  ad  acta,  nominato  dal
Governo e come definite dal mandato  conferitogli,  «devono  restare,
fino all'esaurimento dei compiti commissariali,  al  riparo  da  ogni
interferenza degli organi regionali - anche qualora  questi  agissero
per via legislativa -  pena  la  violazione  dell'art.  120,  secondo
comma, Cost. (ex plurimis, sentenze n. 227 del 2015, n. 278 e n.  110
del 2014, n. 228, n. 219, n. 180 e n. 28 del 2013 e gia'  n.  78  del
2011)» (sentenza n. 266 del 2016). 
    Ne deriverebbe, pertanto, l'illegittimita'  costituzionale  della
disposizione impugnata, in quanto interferisce con i poteri  affidati
al Commissario  ad  acta  dal  Governo  e  con  le  attivita'  svolte
nell'attuazione del  piano  di  rientro  del  disavanzo  sanitario  e
costituisce menomazione delle sue specifiche attribuzioni. 
    La conclusione secondo la quale le  funzioni  amministrative  del
Commissario dovrebbero essere messe al riparo  da  ogni  interferenza
degli organi  regionali  sarebbe  legittimata,  secondo  la  predetta
giurisprudenza, dal  fatto  che  l'azione  del  Commissario  ad  acta
sopraggiungerebbe all'esito della persistente  inerzia  degli  organi
collegiali e che l'esercizio del potere sostitutivo  sarebbe  imposto
dalla necessita' di assicurare la tutela dell'unita' economica  della
Repubblica e dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti  un
diritto fondamentale, qual e' quello alla salute. 
    Tale interferenza sussisterebbe anche in presenza  di  interventi
non previsti  dal  piano  di  rientro  e  che  possono  aggravare  il
disavanzo sanitario regionale o  con  l'introduzione  di  livelli  di
assistenza  aggiuntivi  non  contemplati  nel  piano  (e'  citata  la
sentenza n. 104 del 2013). 
    1.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna,  inoltre,
il comma 30 del medesimo art. 1 della legge reg. Campania n.  10  del
2017 - il quale, al dichiarato fine di tutelare e conservare le acque
superficiali  e  sotterranee  esistenti  sul   territorio   regionale
destinate  al  consumo  umano,  vieta  la  prospezione,  la  ricerca,
l'estrazione e  lo  stoccaggio  di  idrocarburi  liquidi  e  gassosi,
nonche' la realizzazione delle relative  infrastrutture  tecnologiche
nelle  aree  di  affioramento  di  rocce  carbonatiche,  cosi'   come
perimetrate ed evidenziate nella cartografia idrogeologica del  Piano
di Gestione  delle  Acque  del  Distretto  Idrografico  dell'Appenino
Meridionale - che inciderebbe nelle materie «produzione, trasporto  e
distribuzione nazionale dell'energia» e «governo del  territorio»  di
competenza concorrente, in violazione  dell'art.  117,  terzo  comma,
Cost.,  in  relazione,  in  particolare,  all'art.  6   del   decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale). 
    Nell'ambito di tali materie,  difatti,  lo  Stato  e  la  Regione
eserciterebbero  le  proprie   funzioni   attraverso   lo   strumento
dell'intesa in senso forte, in  conformita'  al  principio  di  leale
collaborazione. Al contrario,  il  divieto  unilaterale  imposto  dal
legislatore regionale contrasterebbe con il suddetto  principio  «che
impone il rispetto, caso per caso, di una procedura articolata,  tale
da assicurare lo svolgimento di reiterate trattative» (e'  citata  la
sentenza  n.  117  del  2013),  mentre  la   proibizione   in   esame
equivarrebbe  ad   una   «preventiva   e   generalizzata   previsione
legislativa di diniego di intesa» vanificando la bilateralita'  della
relativa procedura (viene ancora citata la sentenza n. 114 del 2017 e
sono inoltre richiamate le sentenze n. 39 del 2013, n. 179 del  2012,
n. 33 del 2011, n. 121 del 2010 e n. 24 del 2007). 
    Peraltro, il ricorrente evidenzia che la disposizione prenderebbe
in considerazione attivita' ontologicamente  diverse  tra  loro,  dal
momento  che,  a  differenza  di  quelle  relative  ad  attivita'  di
estrazione e stoccaggio, le attivita' di prospezione  e  ricerca  non
comportano  alterazioni  dell'ambiente   e,   di   conseguenza,   non
interferirebbero  in  alcun  modo  con  la  dichiarata  finalita'  di
tutelare e conservare le acque superficiali e  sotterranee  esistenti
nelle aree di affioramento di  rocce  carbonatiche.  Dette  attivita'
sarebbero comunque soggette alla valutazione di  impatto  ambientale,
ai sensi del d.lgs. n. 152 del 2006 e, nel caso avessero implicazioni
ambientali negative sulle aree di affioramento di rocce carbonatiche,
non potrebbero ottenere, per cio' stesso,  un  giudizio  positivo  di
compatibilita' ambientale. 
    La disposizione  censurata,  infine,  comporterebbe  «il  diniego
implicito  ex   lege»   dell'intesa   regionale,   gia'   considerato
illegittimo da questa Corte in relazione ad analoghe disposizioni  in
quanto: contrastavano con  la  normativa  nazionale  di  riferimento;
impedivano, di fatto, il rilascio della prescritta  intesa  da  parte
della Regione precludendo alle  amministrazioni  statali  l'esercizio
dell'azione amministrativa di loro competenza; violavano il principio
di leale collaborazione (sono citate le sentenze n. 119 del 2010 e n.
282 del 2009, aventi ad oggetto la realizzazione di impianti eolici e
n. 331 del 2010, in materia di impianti nucleari). 
    Piu' in generale, questa Corte avrebbe affermato  che  in  nessun
caso la Regione potrebbe utilizzare  «la  potesta'  legislativa  allo
scopo di rendere inapplicabile nel proprio territorio una legge dello
Stato che ritenga costituzionalmente illegittima, se non  addirittura
dannosa o inopportuna» (sono citate le sentenze n. 331 del 2010 e  n.
198 del 2004). 
    La natura concorrente della  potesta'  legislativa  in  questione
dimostrerebbe, inoltre, come  gia'  affermato  da  questa  Corte,  la
ragionevolezza di una scelta legislativa  che  preveda  l'intesa  tra
Stato e  Regioni  interessate  per  le  «determinazioni  inerenti  la
prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi» (sono  richiamate
le sentenze n. 117 del 2013, n. 124 del 2010  e  n.  282  del  2009).
Inoltre l'art. 1, commi 7, lettera n), e 8,  lettera  b),  numero  2,
della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore  energetico,
nonche' delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti
in materia di energia),  che  individuano  nell'intesa  lo  strumento
collaborativo, sono stati ritenuti principi fondamentali  in  materia
(sono citate le sentenze n.117 del 2013, n. 124 del 2010, n. 282  del
2009 e n. 383 del 2005). 
    Analogamente,  sarebbero  afferenti  alla  medesima  materia   di
potesta' legislativa concorrente anche l'art. 29,  comma  2,  lettera
g), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.  112  (Conferimento  di
funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle  regioni  ed  agli
enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo  1997,  n.
59), che riserva allo Stato funzioni amministrative e  autorizzatorie
in materia  di  impianti  costituenti  parte  della  rete  energetica
nazionale (sono citate le sentenze n. 313 del 2010  [recte:  331  del
2010] e n. 383 del 2005) e la disciplina relativa ai procedimenti  di
autorizzazione di infrastrutture lineari  energetiche  contenuta  nel
decreto legislativo 27 dicembre 2004, n. 330 (Integrazioni al  D.P.R.
8  giugno  2001,  n.  327,  in  materia  di  espropriazione  per   la
realizzazione di infrastrutture lineari energetiche). 
    Dette norme avrebbero ridefinito in modo unitario i  procedimenti
di autorizzazione delle maggiori infrastrutture  lineari  energetiche
in  considerazione  della  necessita'   di   riconoscere   un   ruolo
fondamentale agli organi statali nell'esercizio delle  corrispondenti
funzioni amministrative (e' richiamata la sentenza n. 6 del 2004). La
competenza legislativa statale in questi casi sarebbe dunque  effetto
della "chiamata in  sussidiarieta'"  e  la  previsione  di  forme  di
collaborazione  e  coordinamento  con   le   autonomie   ne   sarebbe
conseguenza fondamentale. Il necessario coinvolgimento delle  Regioni
di volta in volta interessate sarebbe  pertanto  assicurato  mediante
l'intesa in senso "forte",  che  garantirebbe  a  queste  ultime  una
adeguata partecipazione. 
    1.3.- Anche l'art. 1,  comma  4,  lettere  a),  b)  e  c),  della
medesima legge regionale campana, che modifica  il  comma  237-quater
dell'art. 1 della legge della Regione Campania 15 marzo 2011,  n.  4,
recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale  2011  e
pluriennale  2011-2013  della  Regione  Campania  (Legge  finanziaria
regionale  2011»,  e'  impugnato  per  violazione  del   riparto   di
competenze in materia di tutela della salute (art. 117, terzo  comma,
Cost.), e 120, secondo comma, Cost. 
    Secondo le menzionate  disposizioni,  il  fabbisogno  della  rete
ospedaliera  andrebbe   soddisfatto   prioritariamente   tramite   le
strutture  private  provvisoriamente   accreditate,   tenendo   conto
dell'organizzazione  dei  servizi  ospedalieri  di  diagnosi  e  cura
offerta in regime di accreditamento  provvisorio,  con  le  correlate
prestazioni  ospedaliere  erogate   nell'ambito   delle   specialita'
espresse  e  riconosciute.  In  caso  di  sussistenza  di   ulteriore
fabbisogno non destinato alle strutture  pubbliche,  verificato  agli
esiti della definizione dei procedimenti di accreditamento definitivo
delle strutture sanitarie e sociosanitarie secondo la predetta  legge
reg. Campania n. 4 del 2011, le  strutture  gia'  autorizzate  ed  in
possesso dei requisiti tecnico-sanitari, nonche'  in  possesso  degli
ulteriori  requisiti  previsti  per  l'accreditamento  istituzionale,
possono essere accreditate fino alla  copertura  del  fabbisogno  dei
posti letto dando priorita' al raggiungimento  della  soglia  dei  60
posti letto di cui al  punto  2.5  dell'Allegato  1  al  decreto  del
Ministro della salute 2  aprile  2015,  n.  70  (Regolamento  recante
definizione degli standard qualitativi,  strutturali,  tecnologici  e
quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera). 
    Secondo il  ricorrente,  l'organizzazione  ospedaliera  dovrebbe,
invece, essere rapportata ai fabbisogni attuali e  delineata  secondo
quanto disposto dai vigenti provvedimenti di  riorganizzazione  della
rete ospedaliera regionale,  adottati  in  attuazione  dei  Programmi
operativi 2016-2018 e non tramite le strutture private accreditate in
via  provvisoria,  come,  invece,  previsto  nella  norma   regionale
impugnata che, dunque, contrasta con il citato d.m. n.  70  del  2015
ed, in particolare con il punto 2.5. dell'Allegato 1. 
    La ratio della  disposizione  di  cui  al  menzionato  punto  2.5
dell'Allegato 1 al d.m. citato sarebbe, difatti, quella di realizzare
l'efficientamento della rete ospedaliera, attraverso un processo  che
preveda  il  superamento  della  parcellizzazione   delle   strutture
erogatrici, il cui numero dovrebbe essere contenuto  in  rapporto  ai
bacini di utenza, operando, se necessario, i ridimensionamenti  utili
a ricondurre le strutture sanitarie entro un numero definito in  base
all'utenza. 
    Da  quanto  precede  deriverebbe  l'illegittimita'  delle  citate
disposizioni, in quanto interferiscono con i poteri  del  Commissario
ad acta e con  le  attivita'  svolte  nell'attuazione  del  piano  di
rientro del disavanzo sanitario  e  costituiscono  menomazione  delle
specifiche attribuzioni. 
    Anche  in  tal  caso,  dunque,  le  funzioni  amministrative  del
Commissario dovrebbero essere messe al riparo  da  ogni  interferenza
degli organi regionali, dal momento che l'azione del  Commissario  ad
acta sopraggiungerebbe  all'esito  della  persistente  inerzia  degli
organi collegiali e che l'esercizio del  potere  sostitutivo  sarebbe
imposto  dalla  necessita'  di  assicurare  la   tutela   dell'unita'
economica della Repubblica e dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti un diritto fondamentale, qual e' quello alla salute. 
    1.4.- Infine, l'art. 1, comma 8, della legge reg. Campania n.  10
del 2017 - che prevede che, su istanza dei laboratori di analisi  che
hanno gia' aderito ad  una  aggregazione  nell'ambito  del  riassetto
della rete, la competente Azienda sanitaria locale  (ASL),  acquisito
il parere del Commissario ad acta, puo' prorogare i termini  per  gli
adempimenti intermedi previsti dai decreti del suddetto  Commissario,
fissando, altresi', il termine  finale  per  il  conseguimento  della
soglia minima di 200.000 prestazioni per anno al  30  giugno  2018  -
sarebbe parimenti lesivo dell'art. 117, terzo comma,  in  materia  di
tutela della  salute  e  dell'art.  120,  secondo  comma,  Cost.,  in
riferimento all'art. 1, comma 796, della legge n. 296 del 2006. 
    Secondo il ricorrente, la  previsione  di  tale  proroga  sarebbe
«generica», essendo il differimento del termine integralmente rimesso
alla ASL, sia per quanto attiene all'an, sia per  quanto  attiene  al
quantum, e  non  sarebbe  coerente  con  i  piani  di  programmazione
regionale. Essa inoltre si porrebbe in contrasto con l'art. 1,  comma
796, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge
finanziaria 2007)», che ha definito una  serie  di  disposizioni  per
garantire il rispetto degli obblighi comunitari  e  la  realizzazione
degli obiettivi di finanza pubblica per  il  triennio  2007-2009;  la
lettera o) del citato  comma  796  ha  previsto,  peraltro,  che  «le
regioni provvedono, entro il 28 febbraio 2007, ad approvare un  piano
di riorganizzazione della rete delle strutture  pubbliche  e  private
accreditate eroganti prestazioni specialistiche e di  diagnostica  di
laboratorio, al fine dell'adeguamento degli standard organizzativi  e
di personale coerenti con i processi  di  incremento  dell'efficienza
resi possibili dal ricorso a metodiche automatizzate». 
    In attuazione di dette disposizioni, e' stato,  quindi,  adottato
l'accordo Stato -Regioni del 23 marzo 2011 nel quale, tra l'altro, e'
stata ribadita la previsione di una soglia minima  di  attivita'  nei
criteri di accreditamento, al  di  sotto  della  quale  non  si  puo'
riconoscere la prevista  idoneita'  di  produttore  accreditato  e  a
contratto. 
    La Regione Campania, con la disposizione in  esame,  non  avrebbe
rispettato dette soglie. Inoltre, per quanto specificamente collegato
al Piano di  rientro  dal  disavanzo  sanitario,  detta  disposizione
contrasterebbe  anche  con  quanto   disposto   dal   crono-programma
stabilito   nel   Programma   Operativo   2016-2018   (adottato   con
determinazione del Commissario ad acta n. 14 del 1° marzo 2017),  che
ha previsto le aggregazioni per almeno la meta' dei laboratori  entro
il 30 giugno 2017 e per il totale dei laboratori entro il 31 dicembre
2017. 
    Anche l'art. 1, comma 8, della legge n.  10  del  2017,  sarebbe,
dunque, in contrasto con  la  programmazione  del  Piano  di  rientro
regionale e, in particolare, con il punto  2.5.  dell'Allegato  1  al
d.m. n. 70 del 2015, con conseguente  illegittimita'  costituzionale,
in quanto interferirebbe con i poteri del Commissario ad acta  e  con
le  attivita'  svolte  nell'attuazione  del  piano  di  rientro   del
disavanzo  sanitario,   nonche'   menomerebbe   le   sue   specifiche
attribuzioni. 
    Come   per   le   altre   disposizioni,   dunque,   le   funzioni
amministrative del Commissario ad acta  dovrebbero  essere  messe  al
riparo da ogni interferenza degli organi regionali, dal  momento  che
la sua azione sopraggiungerebbe all'esito della  persistente  inerzia
degli organi collegiali, e che  l'esercizio  del  potere  sostitutivo
sarebbe imposto dalla necessita' di assicurare la tutela  dell'unita'
economica della Repubblica e dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti un diritto fondamentale, qual e' quello alla salute. 
    2.- La Regione Campania, nel costituirsi in giudizio, ha eccepito
l'inammissibilita' o la non fondatezza del ricorso. 
    2.1.- Con successiva memoria  ha  replicato  alle  deduzioni  del
Presidente del Consiglio dei ministri. 
    In particolare, con riferimento all'art. 1, comma 10, della legge
reg. Campania n. 10  del  2017,  ha  innanzitutto  rilevato  che  con
decreto commissariale n. 8 del 2018, che  richiama  la  sentenza  del
Consiglio di Stato, terza sezione, 7 maggio 2013, n. 2470,  e'  stato
approvato il Piano di riassetto della rete ospedaliera, il quale  non
ha fatto riferimento alla convenzione citata dalla  norma  impugnata,
volta  a  consentire  l'utilizzo  di  spazi  ospedalieri   da   parte
dell'Universita'  Vanvitelli.  Secondo  la  Regione   Campania   cio'
dovrebbe  comportare  l'improcedibilita'  del  ricorso  «per   tacita
abrogazione della norma impugnata e mancata applicazione della stessa
nel periodo». 
    In  relazione  all'art.  1,  comma  30,  della   medesima   legge
regionale,  la  resistente  evidenzia   come   la   disposizione   si
sostanzierebbe  in  una  legittima  applicazione  del  "criterio   di
localizzazione", dal momento che essa non precluderebbe del tutto  le
menzionate attivita', ma le consentirebbe in  presenza  di  interessi
particolarmente  pregnanti,  secondo  quanto  gia'  affermato   dalle
sentenze n. 278 del 2010 e n. 331 del 2003. 
    In definitiva, la norma  in  esame  sarebbe  volta  a  preservare
«interessi  particolarmente  pregnanti   affidati   alle   cure   del
legislatore regionale», costituiti dalla tutela delle acque di fonte,
minerali, idrotermali  e  dai  fluidi  geotermici  che,  ascritte  al
patrimonio regionale, sono conservate nelle  rocce  carbonatiche  che
costituiscono l'ambiente naturale piu' favorevole  grazie  alla  loro
elevata permeabilita' e porosita'. 
    In riferimento al comma 4, dell'art. 1,  lettere  a),  b)  e  c),
della  medesima  legge  regionale  campana,  che  modifica  il  comma
237-quater dell'art. 1 della legge reg. Campania n. 4  del  2011,  la
Regione resistente assume che, diversamente  da  quanto  dedotto  dal
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  esso   ricondurrebbe   il
menzionato  art.1,  comma   237-quater,   al   Piano   Regionale   di
Programmazione della Rete Ospedaliera adottato, ai sensi del d.m.  n.
70 del 2015, con decreto commissariale n. 33 del 2016. 
    Peraltro,  il  contenuto  dell'art.  1,   comma   4,   in   esame
risulterebbe poi recepito  nel  «Piano  regionale  di  Programmazione
della  rete   ospedaliera   ai   sensi   del   D.M.   70   del   2015
2016-2018-Aggiornamento  del  18  gennaio  2018»  di  cui   al   gia'
menzionato decreto commissariale n. 8 del 2018, che ratificherebbe il
menzionato articolo. 
    Infine, per quanto concerne l'impugnativa del comma 8 dell'art. 1
della legge reg. Campania n. 10 del  2017,  esso  non  modificherebbe
affatto  l'impianto   organizzativo   della   rete   dei   laboratori
disciplinato dal decreto commissariale n. 109 del 2011 [recte: 2013].
La proroga ivi prevista, difatti, non si porrebbe in contrasto con il
cronoprogramma dei progetti operativi,  in  quanto  le  richieste  di
"proroga" avanzate dai «Centri»  e  assentite  dalle  ASL  dovrebbero
comunque essere corredate dal parere del Commissario che sara' tenuto
a  garantire  il  rispetto  del  limite  del  50  per   cento   delle
aggregazioni. 
    Rammenta, infine, che gia' diverse proroghe erano state accordate
(come con il decreto commissariale n. 83 del 2016 e altri) su  invito
del giudice amministrativo e in riscontro a richieste  delle  ASL,  e
resterebbe comunque fermo il termine ultimo al 2018, entro  il  quale
concludere il processo. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha   promosso
questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  commi  4,
lettere a), b) e c), 8, 10 e 30, della legge della  Regione  Campania
31 marzo  2017,  n.  10  (Misure  per  l'efficientamento  dell'azione
amministrativa e l'attuazione degli obiettivi fissati dal DEFR 2017 -
Collegato alla stabilita' regionale per il 2017). 
    1.1.- L'art. 1,  comma  10,  della  legge  campana  impugnata  si
porrebbe in contrasto con la cornice programmatoria e finanziaria del
piano di rientro regionale, stabilendo  l'incremento  di  prestazioni
aggiuntive e  determinando  maggiori  oneri  a  carico  del  Servizio
sanitario regionale senza prevedere i  mezzi  per  farvi  fronte.  La
disposizione violerebbe, quindi, gli  artt.  81,  terzo  comma,  117,
secondo comma, lettera e) - in materia di perequazione delle  risorse
finanziarie - e 120, secondo comma, della Costituzione,  in  tema  di
poteri sostitutivi. La disposizione impugnata  interferirebbe  con  i
poteri affidati al Commissario ad acta  dal  Governo  nell'attuazione
del piano di rientro dal  disavanzo  sanitario  e  costituirebbe  una
menomazione  delle  sue  specifiche  attribuzioni.  Le  funzioni  del
Commissario ad acta definite dal mandato dovrebbero restare,  invece,
al riparo da  ogni  interferenza  degli  organi  regionali,  pena  la
violazione dell'art. 120, secondo comma, Cost. 
    1.2.- Le disposizioni contenute nell'art. 1, comma 4, lettere a),
b) e c), della legge reg. Campania  n.  10  del  2017  non  sarebbero
conformi alla cornice  programmatoria  e  finanziaria  del  piano  di
rientro regionale e sarebbero in contrasto con gli artt.  117,  terzo
comma - in materia di tutela della salute -  e  120,  secondo  comma,
Cost.,  in  quanto  interferirebbero  con  i   poteri   affidati   al
Commissario  ad  acta  dal  Governo  e  con   le   attivita'   svolte
nell'attuazione del piano di rientro,  menomando  le  sue  specifiche
attribuzioni. 
    Tali  disposizioni,  le  quali  modificano  il  comma  237-quater
dell'art. 1 della legge della Regione Campania 15 marzo 2011,  n.  4,
recante «Disposizioni per la formazione del bilancio 2011-2013  della
Regione Campania (Legge finanziaria  regionale  2011)»,  stabiliscono
che il fabbisogno della rete ospedaliera deve essere prioritariamente
soddisfatto   tramite   le   strutture    private    provvisoriamente
accreditate,   tenendo   conto   dell'organizzazione   dei    servizi
ospedalieri di diagnosi e cura rappresentata e offerta in  regime  di
accreditamento provvisorio, con le correlate prestazioni  ospedaliere
erogate nell'ambito delle  specialita'  riconosciute.  Il  ricorrente
rileva che l'organizzazione ospedaliera dovrebbe essere rapportata ai
fabbisogni attuali e delineata secondo quanto  disposto  dai  vigenti
provvedimenti di riorganizzazione della rete  ospedaliera  regionale,
adottati in attuazione  dei  Programmi  operativi  2016-2018,  e  non
tramite le strutture private accreditate in  via  provvisoria,  come,
invece, previsto nella  norma  regionale.  Il  comma  4  risulterebbe
quindi in contrasto con l'obiettivo  di  efficientamento  della  rete
ospedaliera, che prevede il superamento della parcellizzazione  delle
strutture erogatrici e il contenimento del loro numero in rapporto ai
bacini di utenza e non sarebbe conforme alla cornice programmatoria e
finanziaria del piano di rientro regionale. 
    1.3.- Il comma 8 dell'art. 1 della legge reg. Campania n. 10  del
2017 sarebbe in contrasto con gli artt. 117, terzo comma, in  materia
di tutela della salute, e 120, secondo  comma,  Cost.,  in  relazione
all'art. 1, comma 796, della legge 27 dicembre 2006, n. 296,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2007)», in  quanto  non  rispetterebbe
gli standard organizzativi e di personale coerenti con i processi  di
incremento dell'efficienza. 
    La disposizione prorogherebbe in modo generico il termine  finale
per il conseguimento  della  soglia  minima  di  200.000  prestazioni
all'anno, rimettendo tale  determinazione  integralmente  all'azienda
sanitaria  locale  (ASL),  sia  nell'an  che  nel  quantum,   e   non
risulterebbe coerente con i piani di programmazione regionale. 
    Inoltre, per quanto specificamente collegato al piano di  rientro
dal disavanzo sanitario, il  comma  8  contrasterebbe  anche  con  il
cronoprogramma stabilito nel Programma operativo  2016-2018,  che  ha
previsto le aggregazioni per almeno il cinquanta per cento del totale
dei laboratori entro il 30 giugno  2017  e  le  aggregazioni  per  il
totale dei laboratori entro il 31 dicembre 2017. 
    Anche  tale  disposizione  interferirebbe  con   i   poteri   del
Commissario e con le attivita' svolte nell'attuazione  del  piano  di
rientro del disavanzo sanitario e costituirebbe menomazione delle sue
specifiche attribuzioni. 
    1.4.- L'art. 1, comma 30, della legge reg.  Campania  n.  10  del
2017, che  vieta  la  prospezione,  la  ricerca,  l'estrazione  e  lo
stoccaggio di idrocarburi liquidi e gassosi, nonche' la realizzazione
delle relative infrastrutture tecnologiche nelle aree di  affidamento
delle rocce carboniche,  ad  avviso  dell'Avvocatura  generale  dello
Stato, sarebbe  illegittimo,  in  quanto  inciderebbe  nella  materia
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»  e  in
quella del governo del territorio, introducendo un divieto di  natura
pregiudiziale e ponendosi cosi' in contrasto con  l'art.  117,  terzo
comma, Cost., che stabilisce per tali materie la potesta' legislativa
concorrente Stato-Regioni, con il principio di leale  collaborazione,
nonche' con l'art. 6 del decreto legislativo 3 aprile  2006,  n.  152
(Norme in materia ambientale). 
    Nell'ambito delle  aree  di  competenza  legislativa  concorrente
l'amministrazione statale e quella regionale dovrebbero esercitare le
proprie funzioni attraverso lo strumento dell'intesa, in  conformita'
al principio di leale collaborazione.  L'inibizione  assoluta  recata
dalla  disposizione  regionale  equivarrebbe  a  una  «preventiva   e
generalizzata  previsione  legislativa   di   diniego   di   intesa»,
vanificando la bilateralita' della  relativa  procedura.  Il  divieto
unilaterale imposto dal legislatore regionale contrasterebbe  con  il
suddetto principio di leale collaborazione, che impone  il  rispetto,
caso per caso, di una procedura articolata,  tale  da  assicurare  lo
svolgimento di reiterate trattative. 
    Ad  avviso  del  ricorrente,  la  norma  sarebbe  poi  del  tutto
irrazionale,  poiche'  porrebbe  sullo  stesso  piano   attivita'   e
interventi oggettivamente e tecnicamente diversi: a differenza  delle
attivita' di estrazione e stoccaggio, le attivita' di  prospezione  e
ricerca  non   comporterebbero   alterazioni   dell'ambiente   e   di
conseguenza non interferirebbero in alcun modo con  la  finalita'  di
tutelare e conservare le acque superficiali e  sotterranee  esistenti
nelle aree di affioramento di rocce carbonatiche. Tra l'altro, se  le
attivita' e gli interventi previsti avessero implicazioni di  impatti
ambientali negativi sulle aree di affioramento di rocce carbonatiche,
non  otterrebbero,  per  cio'  stesso,  un   giudizio   positivo   di
compatibilita' ambientale. 
    Inoltre, la norma in questione comporterebbe il diniego implicito
ex lege dell'intesa regionale per impianti  e  attivita'  localizzati
«nelle  aree  di  affioramento  di  rocce  carbonatiche,  cosi'  come
perimetrate ed evidenziate nella cartografia idrogeologica del  Piano
di Gestione  delle  Acque  del  Distretto  Idrografico  dell'Appenino
Meridionale», comportando un «effetto automatico  e  ineludibile»  di
incompatibilita' implicita, predeterminando  l'esito  negativo  delle
istanze di rilascio dei titoli minerari in  tali  zone  eventualmente
proposte dai soggetti interessati. 
    1.5.- La  Regione  Campania,  nel  costituirsi  in  giudizio,  ha
sostenuto l'inammissibilita'  o,  comunque,  la  non  fondatezza  del
ricorso, replicando,  con  successiva  memoria,  alle  deduzioni  del
Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Innanzitutto, con riferimento all'art. 1, comma 10,  della  legge
reg.  Campania  n.  10  del  2017,  ha  rilevato  che,  con   decreto
commissariale n. 8 del 2018, che richiama la sentenza  del  Consiglio
di Stato, terza sezione, 7 maggio 2013, n. 2470, e'  stato  approvato
il Piano di riassetto della rete ospedaliera, il quale non  ha  fatto
riferimento alla convenzione citata dalla  norma  impugnata  volta  a
consentire l'utilizzo di spazi ospedalieri da parte  dell'Universita'
Vanvitelli. Secondo la Regione  Campania,  cio'  dovrebbe  comportare
l'improcedibilita' del ricorso «per tacita  abrogazione  della  norma
impugnata e mancata applicazione della stessa  nel  periodo».  A  tal
fine ha depositato, in udienza, nota del direttore generale della ASL
in cui si da' atto della mancata  attivazione  della  convenzione  in
esame. 
    In riferimento all'art. 1, comma 4, lettere a), b)  e  c),  della
medesima  legge  regionale  -  il  quale  modifica  l'art.  1,  comma
237-quater, della legge reg. Campania n. 4 del 2011 -  la  resistente
assume  che,  diversamente  da  quanto  dedotto  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri, esso  ricondurrebbe  il  menzionato  art.  1,
comma 237-quater, al Piano regionale  di  programmazione  della  rete
ospedaliera adottato, ai sensi del decreto del Ministro della  salute
2 aprile 2015, n. 70 (Regolamento recante definizione degli  standard
qualitativi,  strutturali,  tecnologici   e   quantitativi   relativi
all'assistenza ospedaliera), con  decreto  commissariale  n.  33  del
2016.  Peraltro,  il  contenuto  dell'art.  1,  comma  4  in   esame,
risulterebbe poi recepito  nel  «Piano  regionale  di  Programmazione
della  rete   ospedaliera   ai   sensi   del   D.M.   70   del   2015
2016-2018-Aggiornamento  del  18  gennaio  2018»,  di  cui  al   gia'
menzionato decreto commissariale n. 8 del 2018, che ratificherebbe il
menzionato articolo. 
    Per quel che concerne il comma 8 dell'art.  1  della  legge  reg.
Campania n. 10 del 2017, esso non modificherebbe  affatto  l'impianto
organizzativo della rete  dei  laboratori  disciplinato  dal  decreto
commissariale n. 109 del 2011 [recte: 2013]. La proroga ivi prevista,
difatti, non si porrebbe  in  contrasto  con  il  cronoprogramma  dei
progetti operativi, in quanto le richieste di "proroga" avanzate  dai
laboratori di analisi  e  assentite  dalle  ASL  dovrebbero  comunque
essere corredate dal parere  del  Commissario,  che  sara'  tenuto  a
garantire il rispetto  del  limite  del  cinquanta  per  cento  delle
aggregazioni. Rammenta, infine, che gia' diverse proroghe erano state
accordate (come con il decreto commissariale n. 83 del 2016 e  altri)
su invito del giudice amministrativo e in riscontro a richieste delle
ASL, e resterebbe comunque fermo il termine ultimo al 2018, entro  il
quale concludere il processo. 
    Infine, per quanto concerne l'art. 1, comma  30,  della  medesima
legge  regionale  impugnata,  la   resistente   evidenzia   come   la
disposizione si sostanzi in una legittima applicazione del  "criterio
di localizzazione", dal momento che essa non precluderebbe del  tutto
le menzionate attivita', ma le consentirebbe in presenza di interessi
particolarmente  pregnanti,  secondo  quanto  gia'  affermato   dalle
richiamate sentenze n. 278 del 2010 e  n.  331  del  2003  di  questa
Corte. 
    In definitiva, la norma  in  esame  sarebbe  volta  a  preservare
«interessi  particolarmente  pregnanti   affidati   alle   cure   del
legislatore regionale», costituiti dalla tutela delle acque di fonte,
minerali, idrotermali  e  dai  fluidi  geotermici  che,  ascritte  al
patrimonio regionale, sono conservate nelle  rocce  carbonatiche  che
costituiscono l'ambiente naturale piu' favorevole  grazie  alla  loro
elevata permeabilita' e porosita'. 
    2.- E' opportuno premettere che i commi 4, lettere a), b) e c), 8
e 10 dell'art. 1 della legge reg. Campania n. 10 del 2017  riguardano
il Servizio  sanitario  regionale,  mentre  il  successivo  comma  30
inerisce  alla  materia  «produzione,   trasporto   e   distribuzione
nazionale dell'energia» e a quella  «governo  del  territorio»  e  in
quest'ordine e' opportuno scrutinarle, poiche' le questioni  inerenti
alla sanita' sono  intrinsecamente  collegate  e  interdipendenti,  a
prescindere dal diversificato riferimento ai parametri costituzionali
che caratterizza il ricorso. 
    3.- Con riguardo alle censure coinvolgenti il Servizio  sanitario
nazionale,   occorre   ricordare   che   la   Regione   Campania   e'
caratterizzata, ormai da diversi esercizi, dalla soggezione al  piano
di rientro  dal  disavanzo  sanitario  e  che,  conseguentemente,  la
sanita' e' gestita da apposito Commissario, in conformita' al  regime
di  risanamento  finanziario.  Il  piano  di  rientro   e'   ispirato
all'esigenza di assicurare l'erogazione  dei  livelli  essenziali  di
assistenza (LEA) e al superamento della grave crisi strutturale della
finanza regionale,  nella  prospettiva  di  un  sicuro  ritorno  alla
fisiologia gestionale dell'ente territoriale e delle sue aziende. 
    Il lungo protrarsi del commissariamento costituisce  tuttavia  un
sintomo  negativo  dell'andamento  di  tale  processo,  cosicche'  si
accentua l'esigenza di soluzioni strutturali univoche ed  efficaci  e
del rigoroso rispetto delle regole a tale scopo concepite. 
    In sintonia con tale esigenza, l'art. 2, comma 95, della legge 23
dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)»,
norma  interposta  invocata  dal  ricorrente,  dispone   che   «[g]li
interventi individuati dal piano di rientro sono  vincolanti  per  la
regione,  che  e'  obbligata  a  rimuovere  i  provvedimenti,   anche
legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano  di  ostacolo  alla
piena attuazione del piano di rientro». 
    E' utile aggiungere che in tale prospettiva l'art.  120,  secondo
comma, Cost.,  nel  consentire  l'esercizio  del  potere  sostitutivo
straordinario  del  Governo,  assicura  contemporaneamente   l'unita'
economica della Repubblica e i livelli essenziali  delle  prestazioni
concernenti il diritto fondamentale alla salute (sentenza n.  14  del
2017). 
    Questa  Corte  ha  costantemente  affermato   che   le   funzioni
esercitate  dal   Commissario   ad   acta   «devono   restare,   fino
all'esaurimento  dei  compiti  commissariali,  al  riparo   da   ogni
interferenza degli organi regionali - anche qualora  questi  agissero
per via  legislativa  [...].  L'illegittimita'  costituzionale  della
legge regionale sussiste anche  quando  l'interferenza  e'  meramente
potenziale e, dunque, a prescindere dal verificarsi di  un  contrasto
diretto con i poteri del Commissario incaricato di attuare  il  piano
di rientro» (ex plurimis, sentenza n. 190 del 2017). 
    Le esposte considerazioni sono prodromiche all'esame di tutte  le
questioni afferenti al Servizio sanitario regionale. 
    4.- Tanto premesso, la questione concernente l'art. 1, comma  10,
della legge reg. Campania n. 10 del  2017,  promossa  in  riferimento
agli artt. 81, terzo comma, e 120, secondo comma, Cost., in relazione
all'art. 2, comma 95, della legge n. 191 del 2009, e' fondata. 
    La norma stabilisce che «[n]elle more dell'attivazione del  nuovo
Policlinico Universitario di Caserta, al fine di incrementare  i  LEA
della Provincia di Caserta, l'ASL e l'Universita' degli  Studi  della
Campania "Luigi Vanvitelli", stipulano apposita convenzione  volta  a
consentire l'utilizzo  di  spazi  ospedalieri,  per  l'incremento  di
prestazioni aggiuntive a quelle gia' erogate». 
    E' evidente l'ingerenza della disposizione, sia nella  forma  che
nella sostanza, nelle prerogative  del  Commissario  ad  acta.  Essa,
infatti, entra in un perimetro normativo che le e' precluso  fintanto
che dura il commissariamento e lo fa dettando regole organizzative  e
convenzionali, con cio' invadendo scelte di merito consustanziali  al
piano stesso. 
    4.1.- Non possono essere prese  in  considerazione  le  eccezioni
della resistente in ordine alla pretesa  "tacita  abrogazione"  della
norma impugnata. L'assenza di menzione nel  piano  di  rientro  della
convenzione, volta a consentire l'utilizzo di  spazi  ospedalieri  da
parte   dell'Universita'   "Luigi   Vanvitelli",   e    la    mancata
sottoscrizione di atti di tal genere fino all'approvazione del  nuovo
piano di riassetto della rete ospedaliera non determinano affatto «la
improcedibilita'  del  relativo  motivo  di   ricorso,   per   tacita
abrogazione della norma impugnata e mancata applicazione della stessa
nel medio periodo». 
    La mancata menzione della convenzione nel piano  di  rientro  non
dimostra affatto che la norma impugnata non sia stata  attuata  dalla
Regione; semmai costituisce ulteriore indizio che tale intervento non
sia   ricompreso   nell'inderogabile   programmazione   del    piano.
Inconferente e', poi, il richiamo  alla  sentenza  del  Consiglio  di
Stato, sezione terza, 7 maggio 2013,  n.  2470,  dal  momento  che  -
contrariamente a quanto sostenuto dalla Regione - essa fa riferimento
al  potere  commissariale  esercitato  in  deroga  e  non  a   quello
legislativo della Regione. 
    In realta', la Regione non tiene in  adeguata  considerazione  la
costante giurisprudenza della  Corte,  secondo  cui  l'illegittimita'
costituzionale  della  legge   regionale   «sussiste   anche   quando
l'interferenza e' meramente potenziale e, dunque, a  prescindere  dal
verificarsi di un contrasto diretto  con  i  poteri  del  Commissario
incaricato di attuare il piano di rientro (sentenza n. 110 del 2014)»
(sentenze n. 190, n. 106 e n. 14 del 2017 e n. 227 del 2015). 
    4.2.-  La  ratio  inequivocabile  della  norma   e'   quella   di
«incrementare i LEA». Tale intento e' costituzionalmente  illegittimo
sotto due profili: il primo attiene  alla  competenza  esclusiva  del
legislatore statale nella determinazione dei LEA (art.  117,  secondo
comma, lettera m, Cost., parametro che,  ancorche'  non  evocato  dal
ricorrente,  e',  nella  fattispecie   in   esame,   inscindibilmente
collegato al principio della copertura  di  cui  all'art.  81,  terzo
comma, Cost., e ai presupposti del potere sostitutivo  ex  art.  120,
secondo comma, Cost.); il secondo riguarda l'espresso divieto, per le
Regioni commissariate, di estendere la spesa sanitaria  oltre  i  LEA
contenuti nel piano di rientro e nelle determinazioni  attuative  del
Commissario. 
    Questa Corte ha gia' avuto modo di affermare  che  l'interferenza
con  l'attivita'  del  Commissario  sussiste  anche  in  presenza  di
interventi non previsti dal piano di rientro che possono aggravare il
disavanzo sanitario  regionale  (sentenza  n.  104  del  2013).  Tale
contesto non preclude certamente  alla  Regione  di  far  valere  gli
interessi della collettivita' amministrata,  ma  cio'  deve  avvenire
entro i limiti imposti  dal  legislatore  nel  delicato  periodo  del
risanamento. Se e' incontrovertibile  l'illegittimita'  di  qualsiasi
provvedimento integrativo dei LEA in  corso  di  risanamento,  rimane
alla Regione il potere di vigilare affinche' il piano di rientro e  i
provvedimenti attuativi dello stesso garantiscano la somministrazione
dei LEA e di individuare  correttamente  nel  bilancio  regionale  le
risorse previste dal piano di rientro. 
    La   prestazione   dei   LEA   comporta   infatti    una    spesa
«costituzionalmente necessaria» (sentenza n. 169 del 2017);  se,  nel
caso  di  specie,  la  proiezione  di  tali  livelli  in  termini  di
fabbisogno regionale  e'  temporaneamente  demandata  al  Commissario
anziche' alla  Regione,  ben  puo'  quest'ultima  interagire  per  il
rispetto  dei  canoni  costituzionalmente  necessari,  ma  non   puo'
sostituirsi  al  Commissario  stesso,  addirittura   attraverso   una
normativa primaria integrativa. 
    Per quel che concerne  la  corretta  configurazione  della  spesa
sanitaria nel bilancio regionale,  soccorre  l'art.  20  del  decreto
legislativo 23 giugno  2011,  n.  118  (Disposizioni  in  materia  di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle
Regioni, degli enti locali  e  dei  loro  organismi,  a  norma  degli
articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42),  il  quale  prevede
che «[n]ell'ambito del bilancio  regionale  le  regioni  garantiscono
un'esatta perimetrazione delle entrate e  delle  uscite  relative  al
finanziamento del proprio servizio sanitario regionale [...].  A  tal
fine  le  regioni  adottano  un'articolazione  in  capitoli  tale  da
garantire, sia nella sezione dell'entrata  che  nella  sezione  della
spesa, [...la] spesa sanitaria corrente per il finanziamento dei  LEA
[...];  [la]  spesa  sanitaria  per  il  finanziamento  di  disavanzo
sanitario  pregresso;  [...]  accertano  ed   impegnano   nel   corso
dell'esercizio  l'intero  importo  corrispondente  al   finanziamento
regionale  del  disavanzo  sanitario  pregresso.  [...]   I   gettiti
derivanti  dalle   manovre   fiscali   regionali   e   destinati   al
finanziamento del Servizio  sanitario  regionale  sono  iscritti  nel
bilancio regionale nell'esercizio di competenza dei tributi. [...] La
quota dei gettiti derivanti dalle manovre fiscali regionali destinata
obbligatoriamente al finanziamento del servizio sanitario  regionale,
ai  sensi  della  legislazione  vigente  sui  piani  di  rientro  dai
disavanzi sanitari, e' iscritta  nel  bilancio  regionale  triennale,
nell'esercizio  di  competenza  dei  tributi,  obbligatoriamente  per
l'importo stimato  dal  competente  Dipartimento  delle  finanze  del
Ministero dell'economia e delle finanze, ovvero per il minore importo
destinato al Servizio sanitario regionale ai sensi dell'art. 1, comma
80, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. [...]». 
    Il  suddetto  principio  contabile  che,   in   tema   di   spese
"costituzionalmente necessarie", costituisce attuazione  dell'art.  8
della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al  Governo  in  materia  di
federalismo  fiscale,   in   attuazione   dell'articolo   119   della
Costituzione)  nell'ambito  della  materia  sanitaria  e'  il  chiaro
paradigma dei limiti entro i quali la Regione puo' e deve operare  in
pendenza del piano di rientro affidato al Commissario. 
    Fermi  restando  l'espresso  divieto  di  integrare   i   livelli
essenziali delle prestazioni fino all'effettivo rientro  dal  deficit
strutturale  e  il  potere  di  impulso  e  vigilanza  affinche'   il
risanamento finanziario non superi - nell'ambito della pianificazione
finanziaria   -   il   limite    negativo    della    "essenzialita'"
dell'assistenza, la Regione deve cooperare per il  superamento  della
situazione di emergenza. 
    Detta  cooperazione  si  configura  secondo  profili  formali   e
sostanziali che, sulla base del predetto art. 20 del  d.lgs.  n.  118
del 2011, possono essere cosi' riassunti: a)  «perimentrazione  delle
entrate e  delle  uscite»  relative  al  finanziamento  del  Servizio
sanitario  regionale;  b)  determinazione  del  costo  dei  LEA,   in
conformita' al piano di rientro  e  ai  provvedimenti  attuativi  del
Commissario, e tenendo conto che l'onere finanziario dei  LEA  e'  il
limite invalicabile della spesa fino al  superamento  dell'emergenza;
c) corretta allocazione delle risorse per fronteggiare  il  disavanzo
sanitario  pregresso;  d)  evidenziazione   delle   manovre   fiscali
regionali per finanziare il Servizio sanitario  regionale  «ai  sensi
della legislazione vigente sui piani di rientro dai disavanzi». 
    In tale contesto finanziario e' evidente che non vi e' spazio ne'
per l'incremento dei LEA e neppure per  la  fissazione  di  modalita'
organizzative e convenzionali  diverse  da  quelle  prescritte  dalla
specifica   legislazione   statale   e   dalle   determinazioni   del
Commissario. 
    Dunque,  la  trasparenza  dei  conti  e  la  cooperazione   nelle
operazioni finalizzate al rientro dal deficit costituiscono  la  vera
"cifra" del ruolo riservato  alla  Regione  nel  particolare  momento
storico. 
    La determinazione di prestazioni aggiuntive stabilita dalla norma
impugnata induce maggiori  oneri  a  carico  del  Servizio  sanitario
regionale, in  palese  contrasto  con  la  cornice  programmatoria  e
finanziaria del piano di rientro regionale. 
    4.3.- In definitiva, se nel corso della situazione  di  emergenza
della  Regione  Campania  devono  essere  salvaguardati   i   livelli
essenziali  delle  prestazioni,  non  puo'   essere   unilateralmente
innalzato il fabbisogno standard, quando detta emergenza non  risulti
definitivamente superata. 
    Il comma 10  deve  essere  dunque  dichiarato  costituzionalmente
illegittimo, sia in riferimento all'art.  81  Cost.,  per  l'indebita
interferenza  sugli  equilibri  del  bilancio   sanitario,   sia   in
riferimento all'art. 120, secondo comma, Cost., per l'invasione della
sfera operativa riservata al  Commissario  ad  acta  dal  legislatore
statale. 
    Resta assorbita l'ulteriore questione  sollevata  dal  Presidente
del Consiglio dei ministri nei  confronti  di  tale  disposizione  in
riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    5.- La questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 4, lettere a), b) e c), della legge Regione Campania n. 10  del
2017, sollevata in  riferimento  agli  artt.  117,  terzo  comma,  in
materia di tutela della salute,  e  120,  secondo  comma,  Cost.,  e'
fondata con riguardo ad entrambi i parametri invocati. 
    La  disposizione  impugnata,  nell'innovare   l'art.   1,   comma
237-quater, della legge reg. Campania n. 4 del 2011,  stabilisce  che
detta  disposizione  e'  cosi'  modificata:  «a)   dopo   le   parole
"provvisoriamente accreditate alla data  del  1  luglio  2007,"  sono
inserite le seguenti: "tenendo conto dell'organizzazione dei  servizi
ospedalieri di diagnosi e cura rappresentata e offerta a tal data  in
regime di accreditamento provvisorio, con  le  correlate  prestazioni
ospedaliere erogate nell'ambito delle specialita' cosi' come espresse
e conseguenzialmente riconosciute"; b) dopo le  parole  "In  caso  di
sussistenza di ulteriore fabbisogno" sono inserite le seguenti:  "non
destinato alle strutture pubbliche"; c) dopo  le  parole  "fino  alla
copertura del fabbisogno dei posti letto" sono inserite le  seguenti:
"dando priorita' al raggiungimento della soglia dei 60 posti letto di
cui al punto 2.5 del  decreto  ministeriale  2  aprile  2015,  n.  70
(Regolamento  recante   definizione   degli   standard   qualitativi,
strutturali,  tecnologici  e  quantitativi  relativi   all'assistenza
ospedaliera)"». 
    L'art.  1,  comma  237-quater,  cosi'   come   modificato   dalla
disposizione  impugnata,  prescrive   che:   «[f]erma   restando   la
sussistenza del fabbisogno e delle condizioni di  cui  agli  articoli
8-ter e 8-quater, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre  1992,
n. 502 (Riordino della  disciplina  in  materia  sanitaria,  a  norma
dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421), in conformita'  ai
principi generali del sistema, ai sensi dell'articolo 1,  comma  796,
lettere s) e  t),  della  legge  27  dicembre  2006,  n.  296  (legge
finanziaria 2007), il fabbisogno  va  soddisfatto,  prioritariamente,
attraverso l'accreditamento delle strutture private  transitoriamente
accreditate, da intendersi provvisoriamente accreditate alla data del
1°  luglio  2007,  tenendo  conto  dell'organizzazione  dei   servizi
ospedalieri di diagnosi e cura rappresentata e offerta a tal data  in
regime di accreditamento provvisorio, con  le  correlate  prestazioni
ospedaliere erogate nell'ambito delle specialita' cosi' come espresse
e conseguenzialmente  riconosciute  successivamente  delle  strutture
private  gia'  in   esercizio   e   solo   successivamente   mediante
l'accreditamento delle strutture o attivita' di nuova  realizzazione.
Il rilascio di nuove autorizzazioni  per  la  realizzazione,  nonche'
l'accreditamento di nuove strutture e' subordinato  al  completamento
delle procedure di cui ai commi da 237-quinquies a  237-unvicies.  In
caso di  sussistenza  di  ulteriore  fabbisogno  non  destinato  alle
strutture pubbliche  verificato  agli  esiti  della  definizione  dei
procedimenti di accreditamento definitivo delle strutture sanitarie e
sociosanitarie  ai  sensi  dell'articolo  1,  commi  da   237-bis   a
237-tervicies della legge regionale n. 4/2011, le strutture sanitarie
e socio-sanitarie gia'  autorizzate  ed  in  possesso  dei  requisiti
tecnico-sanitari,  nonche'  in  possesso  degli  ulteriori  requisiti
previsti per l'accreditamento istituzionale di cui al  Reg.  reg.  22
giugno 2007, n. 1 (Regolamento recante la definizione  dei  requisiti
ulteriori e  le  procedure  per  l'accreditamento  istituzionale  dei
soggetti pubblici e  privati  che  erogano  attivita'  di  assistenza
specialistica in regime ambulatoriale, in regime di  ricovero  ed  in
regime residenziale) possono essere accreditate fino  alla  copertura
del fabbisogno dei posti  letto  dando  priorita'  al  raggiungimento
della soglia dei 60 posti letto di  cui  al  punto  2.5  del  decreto
ministeriale 2 aprile 2015, n. 70  (Regolamento  recante  definizione
degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici  e  quantitativi
relativi   all'assistenza    ospedaliera),    sempre    e    comunque
nell'osservanza delle disposizioni impartite dal Commissario ad  acta
per la prosecuzione del Piano di rientro dal disavanzo sanitario». 
    Ancorche'  sollevata  in  riferimento  a  parametri  parzialmente
diversi da quelli evocati nei confronti del comma 10, la questione ha
a oggetto una fattispecie normativa sostanzialmente analoga a  quella
precedente. Anche in questo caso il  comma  4  eccede  la  competenza
regionale e non e' neppure coerente - come rileva il  Presidente  del
Consiglio dei ministri - con la cornice programmatoria del  piano  di
rientro regionale. 
    Pertanto,  anch'esso  interferisce  con  i  poteri  affidati   al
Commissario  e  con   gli   standard   qualitativi,   strutturali   e
quantitativi relativi alla assistenza ospedaliera,  riconducibili  al
parametro costituzionale della tutela della salute. 
    Per questi motivi, il comma 4, lettere a), b) e c),  dell'art.  1
della legge reg. Campania n.  10  del  2017  deve  essere  dichiarato
costituzionalmente illegittimo per contrasto con gli artt. 117, terzo
comma - in materia di tutela della salute -  e  120,  secondo  comma,
Cost. 
    6.- La questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 8, della legge reg.  Campania  n.  10  del  2017,  promossa  in
riferimento agli artt. 117, terzo comma, in materia di  tutela  della
salute, e 120, secondo comma, Cost., e in relazione all'art. 1, comma
796, della legge n. 296 del 2006, e' fondata. 
    Il comma 796 dell'art. 1 della legge n. 296 del 2006 detta misure
per la  riorganizzazione  della  rete  delle  strutture  pubbliche  e
private  accreditate  eroganti  prestazioni   specialistiche   e   di
diagnostica di laboratorio, al fine dell'adeguamento  degli  standard
organizzativi e di personale coerenti con i  processi  di  incremento
dell'efficienza resi possibili dal ricorso a metodiche automatizzate. 
    La  norma  impugnata  stabilisce  che   «[i]n   fase   di   prima
applicazione del piano di riassetto ed efficientamento della rete dei
laboratori di analisi operanti in ambito regionale,  su  istanza  dei
soggetti che  hanno  gia'  aderito  ad  una  aggregazione  rientrante
esclusivamente nelle figure giuridiche disciplinate dai  decreti  del
Commissario ad acta per il  piano  di  rientro,  i  termini  per  gli
adempimenti intermedi previsti dai predetti  decreti  possono  essere
prorogati dalla competente ASL, acquisito il parere  del  Commissario
ad acta. I soggetti che, trascorsi 30 giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge, siano al di  sotto  della  soglia  delle
70.000  prestazioni  equivalenti  e  che  non  abbiano   aderito   ad
un'aggregazione  decadono   dall'accreditamento   istituzionale.   In
pendenza  di  motivata  istanza  di  proroga  del  predetto   termine
presentata dalla struttura interessata e fino  alla  pronuncia  della
competente  ASL,  che  deve  provvedere  nei  30  giorni   successivi
all'istanza, i termini sono sospesi. Nel provvedimento aziendale  con
cui  l'ASL  si  pronuncia  motivatamente  sull'istanza,  in  caso  di
provvedimento favorevole,  vengono  ragionevolmente  rideterminati  i
termini  per  gli  adempimenti  intermedi  previsti   dalle   vigenti
disposizioni commissariali. Al fine di garantire la progressiva piena
attuazione del processo di riorganizzazione e  efficientamento  della
rete laboratoristica ed il rispetto della soglia minima di efficienza
delle 200.000 prestazioni equivalenti  su  base  annua  per  tutti  i
soggetti accreditati, il termine per il conseguimento della  predetta
soglia minima e' fissato al 30  giugno  2018.  A  partire  dal  primo
luglio 2018, i laboratori che non raggiungono,  in  forma  singola  o
aggregata, la soglia minima  di  efficienza  di  200.000  prestazioni
equivalenti    su    base    annua    decadono    dall'accreditamento
istituzionale». 
    Anche in questo caso la sostanza normativa non e' dissimile dalle
precedenti. 
    L'impugnato comma 8 introduce una proroga generica del sistema di
accreditamento  dei   laboratori,   invadendo   la   competenza   del
Commissario ad acta che - per i motivi gia' specificati - sostituisce
nel periodo di vigenza del piano di rientro la Regione. Per di  piu',
la disposizione impugnata  non  e'  neppure  conforme  agli  standard
organizzativi stabiliti dal  legislatore  statale  per  rendere  piu'
efficiente ed economico il sistema inerente alla tutela della  salute
in ambito regionale. 
    Il comma 8 dell'art. 1 della legge reg. Campania n. 10  del  2017
deve essere pertanto dichiarato  costituzionalmente  illegittimo  per
contrasto con gli artt. 117, terzo comma, in materia di tutela  della
salute, e 120, secondo comma, Cost. 
    7.- In sostanza, tutte  le  disposizioni  dianzi  esaminate  sono
riconducibili a una malintesa concezione del ruolo della Regione  nel
periodo  di  vigenza  del  piano  di   rientro   e   della   gestione
commissariale. Tale ruolo non puo' consistere in una  sovrapposizione
legislativa e amministrativa alle  funzioni  commissariali,  ma  deve
limitarsi a compiti di impulso e vigilanza per la garanzia dei LEA  e
a una trasparente e corretta  trasposizione  delle  entrate  e  degli
oneri finanziari per la sanita' nel  bilancio  regionale,  secondo  i
canoni previsti dall'art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011. 
    8.- Anche la questione promossa nei confronti dell'art. 1,  comma
30, della legge reg. Campania n. 10 del 2017, in  riferimento  l'art.
117, terzo comma, Cost., con  riguardo  alle  materie  «produzione  e
trasporto e distribuzione  nazionale  dell'energia»  e  «governo  del
territorio», in relazione all'art. 6 del d.lgs. n.  152  del  2006  e
all'art. 1, comma 7, lettera n), della legge 23 agosto 2004,  n.  239
(Riordino del settore energetico, nonche' delega al  Governo  per  il
riassetto delle disposizioni  vigenti  in  materia  di  energia),  e'
fondata. 
    La disposizione impugnata,  al  dichiarato  fine  di  tutelare  e
conservare  le  acque  superficiali  e  sotterranee   esistenti   sul
territorio  regionale  destinate   al   consumo   umano,   vieta   la
prospezione, la ricerca, l'estrazione e lo stoccaggio di  idrocarburi
liquidi  e  gassosi,  nonche'   la   realizzazione   delle   relative
infrastrutture tecnologiche  nelle  aree  di  affioramento  di  rocce
carbonatiche, cosi' come perimetrate ed evidenziate nella cartografia
idrogeologica  del  Piano  di  gestione  delle  acque  del  distretto
idrografico dell'Appenino meridionale. 
    Tale unilaterale perimetrazione incide, ai sensi  dell'art.  117,
terzo  comma,  Cost.,  nelle  materie   di   competenza   concorrente
«produzione, trasporto  e  distribuzione  nazionale  dell'energia»  e
«governo del territorio». 
    L'art. 1, comma 7, lettera n),  della  legge  n.  239  del  2004,
richiamato  nella  motivazione  del  ricorso  e  da  ritenersi  norma
interposta,  stabilisce   che   le   determinazioni   inerenti   alla
prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, ivi  comprese  le
funzioni di polizia mineraria, siano adottate  dallo  Stato  d'intesa
con  le  Regioni   interessate.   Alla   stregua   della   menzionata
disposizione,  difatti,  «[s]ono  esercitati   dallo   Stato,   anche
avvalendosi dell'Autorita'  per  l'energia  elettrica  e  il  gas,  i
seguenti compiti e funzioni amministrativi [...]». Fra tali compiti e
funzioni rientrano, da  una  parte,  «l'identificazione  delle  linee
fondamentali dell'assetto del territorio  nazionale  con  riferimento
all'articolazione   territoriale    delle    reti    infrastrutturali
energetiche dichiarate di interesse nazionale ai  sensi  delle  leggi
vigenti» (lettera g) e,  dall'altra,  «l'utilizzazione  del  pubblico
demanio marittimo e di zone del mare territoriale  per  finalita'  di
approvvigionamento di fonti di energia» (lettera l). 
    Alla luce del descritto quadro normativo, lo Stato e  la  Regione
esercitano, quindi, le rispettive funzioni  attraverso  lo  strumento
dell'intesa in senso forte, in  conformita'  al  principio  di  leale
collaborazione. 
    La  preclusione  imposta  su  alcune  aree  unilateralmente   dal
legislatore regionale contrasta con il suddetto principio «che impone
il rispetto, caso per caso, di  una  procedura  articolata,  tale  da
assicurare lo svolgimento di reiterate trattative» (sentenza  n.  117
del 2013). 
    Per quanto piu' specificamente attiene alla  realizzazione  delle
infrastrutture energetiche, parimenti oggetto  di  divieto  da  parte
della legge in esame, questa Corte ha gia' avuto modo  di  esaminare,
da ultimo con  la  sentenza  n.  131  del  2016,  norme  statali  che
disciplinano la realizzazione di tali infrastrutture,  subordinandole
all'intesa con le Regioni (fra  esse  lo  stesso  art.  1,  comma  7,
lettera n, della legge n. 239 del 2004, su cui si e'  pronunciata  la
sentenza n. 117 del 2013), e le ha  qualificate  come  norme  recanti
principi fondamentali della materia. In tal senso, con riguardo  agli
artt. 1, commi 7, lettera g, e 8, lettera b, numero 2, della medesima
legge n. 239 del 2004 e all'art. 52-quinquies  del  d.P.R.  8  giugno
2001, n. 327, recante «Testo unico delle disposizioni  legislative  e
regolamentari in materia  di  espropriazione  per  pubblica  utilita'
(Testo A)», si e' pronunciata la sentenza n. 182 del 2013.  Le  norme
interposte  evocate  dal  Presidente  del  Consiglio   dei   ministri
«ridefiniscono,  "in  modo  unitario  ed  a  livello   nazionale,   i
procedimenti di localizzazione e realizzazione" delle opere, "in base
all'evidente presupposto della necessita'  di  riconoscere  un  ruolo
fondamentale agli organi statali nell'esercizio delle  corrispondenti
funzioni amministrative, a fronte di esigenze di carattere  unitario"
[...], ma anche in relazione "ai criteri indicati dall'art. 118 Cost.
per la allocazione e la  disciplina  delle  funzioni  amministrative,
nonche' al principio di leale collaborazione [...]" (sentenza n.  117
del 2013)» (sentenza n. 39 del 2017). 
    Deve dunque  essere  condivisa  la  censura  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri, il  quale  ritiene  che  la  norma  impugnata
costituisce una preclusione di principio al confronto  e,  in  quanto
tale, vanifica in radice la bilateralita'  della  procedura  d'intesa
necessaria per inserire in modo  coerente  nel  quadro  dei  principi
fissati dal  legislatore  statale  le  peculiarita'  degli  interessi
ambientali e pianificatori della Regione. 
    L'unilateralita' della procedura adottata dalla resistente  rende
infondata anche  l'eccezione  secondo  cui  la  legge  regionale  non
avrebbe introdotto «limitazioni  alla  localizzazione»,  bensi'  meri
«criteri di localizzazione», ancorche' formulati «in negativo». Anche
i criteri di localizzazione, infatti, devono essere condivisi con  lo
Stato e non essere predeterminati  in  questo  modo  dal  legislatore
regionale. 
    Neppure puo' ragionevolmente sostenersi che l'intesa con lo Stato
possa  intervenire  -   ove   in   ipotesi   quest'ultimo   ritenesse
condivisibile la scelta  della  Regione  -  dopo  l'emanazione  della
disposizione contestata. 
    Dunque, l'art. 1, comma 30, della legge reg. Campania n.  10  del
2017  deve  essere  dichiarato  costituzionalmente  illegittimo   per
contrasto con l'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  con  riguardo  alle
materie di potesta' concorrente precedentemente richiamate. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  commi  4,
lettere a), b) e c), 8, 10 e 30, della legge della  Regione  Campania
31  marzo  2017,  n.  10,  recante  «Misure   per   l'efficientamento
dell'azione amministrativa e l'attuazione degli obiettivi fissati dal
DEFR 2017 - Collegato alla stabilita' regionale per il 2017». 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 aprile 2018. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                       Aldo CAROSI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria l'1 giugno 2018. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA