N. 139 SENTENZA 8 maggio - 2 luglio 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Agricoltura - Delega al Governo  per  la  revisione  del  modello  di
  coordinamento  degli  organismi  pagatori  a  livello  regionale  -
  Istituzione del Sistema informativo  per  il  biologico  (SIB)  che
  utilizza  l'infrastruttura   del   Sistema   informativo   agricolo
  nazionale, per la gestione dei  procedimenti  amministrativi  degli
  organismi di  controllo  relativi  allo  svolgimento  di  attivita'
  agricole e di acquacoltura con metodo biologico - Obbligo,  per  le
  Regioni, di attivazione dei  sistemi  di  cooperazione  applicativa
  della pubblica amministrazione  necessari  a  garantire  il  flusso
  delle informazioni tra il SIB e i sistemi regionali - Utilizzazione
  del SIB in caso di inadempimento - Istituzione  della  Banca  delle
  terre agricole presso l'Istituto di servizi per il mercato agricolo
  alimentare. 
- Legge 28 luglio 2016,  n.  154  (Deleghe  al  Governo  e  ulteriori
  disposizioni in materia  di  semplificazione,  razionalizzazione  e
  competitivita'  dei  settori  agricolo  e  agroalimentare,  nonche'
  sanzioni in materia di pesca illegale), artt. 7, comma 5; 15, commi
  1, 2, lettera d), e 5; 16. 
-   
(GU n.27 del 4-7-2018 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS,   Franco   MODUGNO,   Augusto   Antonio   BARBERA,   Giulio
  PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 7,  comma
5; 15, commi 1, 2, lettera d), e 5; 16 della legge 28 luglio 2016, n.
154 (Deleghe al  Governo  e  ulteriori  disposizioni  in  materia  di
semplificazione,  razionalizzazione  e  competitivita'  dei   settori
agricolo e agroalimentare,  nonche'  sanzioni  in  materia  di  pesca
illegale), promosso con ricorso della Regione Veneto,  notificato  il
10 ottobre 2016,  depositato  in  cancelleria  il  18  ottobre  2016,
iscritto al n. 65  del  registro  ricorsi  2016  e  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  48,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2016. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  dell'8  maggio  2018  il   Giudice
relatore Giancarlo Coraggio; 
    uditi gli avvocati Ezio Zanon e Luigi Manzi per la Regione Veneto
e l'avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso n. 65 del 2016, la Regione Veneto ha proposto  in
via principale questioni di  legittimita'  costituzionale  avente  ad
oggetto gli artt. 7, comma 5; 15, commi 1, 2, lettera  d),  e  5;  16
della legge 28 luglio 2016, n. 154 (Deleghe al  Governo  e  ulteriori
disposizioni  in  materia  di  semplificazione,  razionalizzazione  e
competitivita'  dei  settori  agricolo  e   agroalimentare,   nonche'
sanzioni in materia di pesca illegale). 
    In particolare, l'art. 7, comma 5, e'  impugnato  per  violazione
degli artt. 81, 97, 117, quarto comma, 118 e 119 della  Costituzione,
nonche' del principio di leale collaborazione  di  cui  all'art.  120
Cost.; l'art. 15, commi 1, 2, lettera d), e 5, per  violazione  degli
artt. 81, 97, 117, quarto comma, e 118 Cost. nonche' del principio di
leale collaborazione  di  cui  all'art.  120  Cost.;  l'art.  16  per
violazione degli artt. 3, 97, 117, quarto comma, e 118 Cost. 
    1.1.- L'art. 7 prevede l'istituzione, presso il  Ministero  delle
politiche agricole alimentari  e  forestali,  previa  intesa  con  la
Conferenza unificata, del Sistema informativo per il biologico (SIB),
che  utilizza  l'infrastruttura  del  Sistema  informativo   agricolo
nazionale (SIAN), al fine di gestire  i  procedimenti  amministrativi
degli  operatori  e  degli  organismi  di  controllo  previsti  dalla
normativa europea relativi allo svolgimento di attivita'  agricole  e
di acquacoltura con metodo biologico. Al comma 5 statuisce che  «[l]e
regioni dotate di propri sistemi  informatici  per  la  gestione  dei
procedimenti relativi all'agricoltura e all'acquacoltura  biologiche,
entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore  della  presente
legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i  rapporti
tra lo Stato, le regioni e  le  Province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano,  attivano  i  sistemi  di  cooperazione  applicativa   della
pubblica  amministrazione  necessari  a  garantire  il  flusso  delle
informazioni  tra  il  SIB  e  i  sistemi  regionali.   In   mancanza
dell'attivazione dei sistemi di  cooperazione  applicativa  entro  il
predetto termine, gli operatori utilizzano il SIB». 
    A  parere  della  Regione  Veneto,  quanto  disposto  dall'ultimo
periodo   solo   all'apparenza   afferirebbe   alla   funzione    del
coordinamento  informativo  statistico   e   informatico   dei   dati
dell'amministrazione statale, regionale e locale, assegnata dall'art.
117, secondo comma,  lettera  r),  Cost.  alla  competenza  esclusiva
statale, in quanto trascenderebbe tale ambito materiale  determinando
una lesione delle competenze regionali  costituzionalmente  garantite
in materia di agricoltura e organizzazione amministrativa regionale. 
    Infatti, il coordinamento informativo, statistico  e  informatico
dei dati dell'amministrazione statale, regionale  e  locale  andrebbe
intesa come «un mero potere legislativo di  coordinamento»  (sentenza
n. 271 del 2005), di tipo tecnico e il cui esercizio,  comunque,  non
potrebbe  comprimere  la  competenza  regionale  nella  disciplina  e
gestione  di  una  propria  rete  informativa.   Al   contrario,   la
disposizione impugnata - sostiene sempre la Regione Veneto  -,  lungi
dal limitarsi al coordinamento suddetto,  prevederebbe,  in  caso  di
mancata intesa tra le parti, la surrogazione del sistema  informativo
statale a quelli regionali. 
    Per effetto di tale forma impropria di "sanzione", la Regione  si
vedrebbe costretta a esercitare le proprie competenze  amministrative
in materia di agricoltura e di  acquacoltura  biologiche  secondo  le
modalita' procedimentali predisposte dallo Stato, il che  -  oltre  a
violare l'art. 117, quarto comma, e l'art. 118 Cost. - contrasterebbe
con il canone di buon andamento di cui all'art. 97 Cost., modificando
le modalita' di esercizio  della  pubblica  potesta',  senza  ragioni
idonee a giustificare tale scelta e rischiando di ingenerare  effetti
negativi  in  termini  di  efficienza,  efficacia   ed   economicita'
dell'azione amministrativa regionale. 
    Inoltre  tale  surrogazione  forzosa  di  sistemi  procedimentali
informatici produrrebbe anche maggiori spese derivanti dal  passaggio
da un sistema informativo ad un  altro,  con  conseguente  violazione
degli artt. 81 e 119 Cost. 
    Sarebbe infine irragionevole - sempre a parere della ricorrente -
collegare un effetto surrogatorio automatico in danno  delle  Regioni
al mancato  raggiungimento  di  un'intesa  con  lo  Stato,  il  quale
potrebbe dipendere da un dissenso unilaterale espresso da  parte  del
Governo o da ragioni puramente tecniche (legate anche  alla  brevita'
del termine previsto). Peraltro, la forma  di  raccordo  disciplinata
dalla disposizione impugnata, pur essendo qualificata in  termini  di
intesa, si presenterebbe come altamente insufficiente, in quanto  non
e' prevista alcuna ulteriore forma di concertazione atta  a  superare
le ragioni del mancato  accordo.  Dal  che  deriverebbe  altresi'  la
lesione del principio di leale collaborazione  di  cui  all'art.  120
Cost. 
    1.2.- L'art. 15, commi 1 e 2, lettera d), e 5, della legge n. 154
del 2016 violerebbe, a parere della ricorrente, gli  artt.  97,  117,
quarto  comma,  e  118  Cost.   nonche'   il   principio   di   leale
collaborazione. 
    La disposizione, al primo comma, delega il  Governo  ad  adottare
uno o piu' decreti legislativi finalizzati, fra l'altro, al  riordino
degli  enti,  societa'  ed  agenzie  vigilati  dal  Ministero   delle
politiche agricole alimentari e forestali. 
    Il comma successivo, nell'elencare i principi e criteri direttivi
che il Governo e' tenuto ad osservare nella predisposizione  di  tali
decreti legislativi, indica,  tra  gli  altri,  la  «riorganizzazione
dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) anche attraverso
la revisione delle funzioni attualmente affidate all'Agenzia medesima
e, in particolare, dell'attuale sistema di gestione e di sviluppo del
Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) di cui all'articolo  15
della  legge  4  giugno  1984,  n.  194,  nonche'  del   modello   di
coordinamento  degli  organismi   pagatori   a   livello   regionale»
prevedendo  i  seguenti  indirizzi:  «l'introduzione  di  un  modello
organizzativo omogeneo,  l'uniformita'  dei  costi  di  gestione  del
sistema  tra  i  diversi  livelli  regionali  e  l'uniformita'  delle
procedure e dei sistemi informativi tra i diversi livelli». 
    Secondo la Regione Veneto,  cio'  andrebbe  ben  oltre  i  limiti
afferenti   all'esplicitata   finalita'   di   razionalizzazione    e
contenimento della spesa pubblica, finalita'  che  peraltro  parrebbe
essere contraddetta dalla disposizione stessa. 
    Quest'ultima, infatti, tenderebbe a  realizzare  un  livellamento
organizzativo,  procedurale  e  di  spesa  tra  i   diversi   sistemi
regionali,  determinando  l'effetto  distorsivo  per  cui,  ove  essi
presentino   caratteristiche   di   eccellenza   sotto   il   profilo
organizzativo, gestorio e finanziario, come nel  caso  della  Regione
Veneto, sarebbero costretti ad adeguarsi comunque ai nuovi  parametri
previsti  dalla  legislazione  statale,  pur  ove  "qualitativamente"
inferiori,  con  la  conseguente  lesione  in  termini  non  solo  di
efficienza   amministrativa,    ma    anche    sotto    il    profilo
economico-finanziario, con violazione dunque  sia  del  principio  di
buon andamento di cui all'art. 97 Cost. che  degli  artt.  81  e  119
Cost. 
    L'imposizione di modelli organizzativi e procedimentali  prevista
nella delega legislativa in esame - reputa  sempre  la  ricorrente  -
determinerebbe inoltre un'invasione delle  competenze  affidate  alle
Regioni in materia di  ordinamento  e  organizzazione  amministrativa
regionale e in materia di agricoltura,  con  violazione  degli  artt.
117, quarto comma, e 118 Cost. 
    Peraltro, la previsione, quale unico strumento  di  concertazione
intergovernativa, di un mero parere della Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento  e
di Bolzano, da rendere nel termine  di  quarantacinque  giorni  dalla
data di  trasmissione  di  ciascun  schema  di  decreto  legislativo,
decorso   il   quale   il   Governo   potra'   comunque    procedere,
determinerebbe, sia per il carattere "debole"  dell'intervento  della
conferenza intergovernativa sia per l'esiguita' del termine previsto,
la violazione del principio di leale collaborazione di  cui  all'art.
120 Cost. 
    1.3.-  L'art.  16  della  legge   n.   154   del   2016   prevede
l'istituzione, presso l'Istituto di Servizi per il  mercato  agricolo
alimentare  (ISMEA),  della   Banca   delle   terre   agricole,   con
«l'obiettivo di costituire un inventario  completo  della  domanda  e
dell'offerta dei terreni e delle aziende  agricoli,  che  si  rendono
disponibili anche a seguito di abbandono dell'attivita' produttiva  e
di prepensionamenti, raccogliendo, organizzando e  dando  pubblicita'
alle  informazioni   necessarie   sulle   caratteristiche   naturali,
strutturali ed  infrastrutturali  dei  medesimi,  sulle  modalita'  e
condizioni di cessione e  di  acquisto  degli  stessi  nonche'  sulle
procedure di accesso alle agevolazioni di cui al capo III del  titolo
I del decreto legislativo  21  aprile  2000,  n.  185,  e  successive
modificazioni». 
    La Regione Veneto sottolinea che tale disposizione,  pur  facendo
salva la eventuale disciplina regionale relativa  alla  gestione  dei
terreni incolti e abbandonati, verrebbe sostanzialmente a sovrapporsi
a quest'ultima senza che sia prevista alcuna forma di coordinamento. 
    In particolare - segnala la ricorrente - la legge  della  Regione
Veneto 8 agosto 2014, n. 26  (Istituzione  della  banca  della  terra
veneta), al fine di valorizzare il proprio patrimonio agricolo  e  le
altre superfici agricole del territorio regionale,  ha  istituito  la
«Banca della terra veneta», la quale contiene un inventario  completo
e aggiornato dell'offerta dei terreni suscettibili di coltivazione  e
delle aziende agricole di proprieta' pubblica e  privata  disponibili
per operazioni di assegnazione, comprensivo dei terreni abbandonati o
incolti, nonche' dei beni i cui proprietari o  aventi  causa  abbiano
segnalato alla Regione la disponibilita' a cederne  la  conduzione  a
terzi. E'  altresi'  previsto  che  la  Giunta  regionale,  ai  sensi
dell'art.  5  della  legge  4  agosto  1978,  n.   440   (Norme   per
l'utilizzazione delle terre incolte, abbandonate o insufficientemente
coltivate),  provvede  alle  assegnazioni  per  l'utilizzo  dei  beni
inseriti  nella  banca  dati  in  parola,  mediante  espletamento  di
procedure a evidenza pubblica. 
    Si determinerebbe, dunque,  una  sovrapposizione  disciplinatoria
che solo apparentemente sarebbe risolta dalla riserva di cui al comma
6 del medesimo art. 16 della legge n. 154  del  2016.  La  ricorrente
paventa, difatti, il sorgere di conflitti tra  potenziali  acquirenti
di un medesimo terreno agricolo abbandonato, non risolvibili mediante
una mera operazione di ermeneusi. 
    Tale sovrapposizione regolatoria e la mancanza di un  sistema  di
soluzione di eventuali conflitti, induce la  ricorrente  a  sostenere
che il censurato art. 16 presenta gravi profili di irragionevolezza e
di lesivita' del canone di buon andamento, con conseguente violazione
degli artt. 3 e 97 Cost., violazione che ridonderebbe in una  lesione
della competenza legislativa regionale residuale, e dunque esclusiva,
in materia di agricoltura, ex art. 117, quarto comma,  Cost.  nonche'
in un'invasione della  competenza  amministrativa  regionale  di  cui
all'art. 118  Cost.,  essendo  l'assegnazione  dei  terreni  agricoli
abbandonati affidata dalla stessa legge statale alla competenza delle
Regioni. 
    2.- Il Presidente del Consiglio dei  ministri  si  e'  costituito
deducendo l'infondatezza  delle  censure  prospettate  dalla  Regione
Veneto. 
    2.1.- Quanto alla questione relativa all'art. 7, comma  5,  della
legge n. 154 del 2016, l'Avvocatura generale dello  Stato  sottolinea
che, se e' vero che quello previsto  dall'art.  117,  secondo  comma,
lettera r), Cost. e' «un mero potere legislativo di coordinamento»  e
che tale potere e' «rivolto unicamente a  un  coordinamento  di  tipo
tecnico, ove questo sia ritenuto opportuno  dal  legislatore  statale
[...] e il cui esercizio, comunque, non puo' escludere una competenza
regionale  nella  disciplina  e  gestione   di   una   propria   rete
informativa», come rileva la stessa Regione, e' altrettanto vero che,
proprio in base alla predetta giurisprudenza, il predetto  potere  di
coordinamento «si giustifica alla luce della necessita' di assicurare
una comunanza di linguaggi, di procedure e di standard  omogenei,  in
modo da permettere la comunicabilita' tra i sistemi informatici della
pubblica amministrazione» e che  «certamente  attengono  al  predetto
coordinamento anche i profili della  qualita'  dei  servizi  e  della
razionalizzazione della  spesa  in  materia  informatica,  in  quanto
necessari al fine di garantire la omogeneita'  nella  elaborazione  e
trasmissione dei dati» (sentenze n. 31 del 2005 e n. 17 del 2004)  ed
e'  altrettanto  vero  che  «la  conduzione   diretta   del   sistema
informativo statistico ed informatico - dato che questo non puo'  non
riguardare l'intero  territorio  nazionale  -  costituisce  il  mezzo
idoneo a che il sistema stesso risulti  complessivamente  coordinato»
(sentenza n. 50 del 2005). 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri sostiene,  inoltre,  che
la norma impugnata troverebbe il suo principale fondamento  nell'art.
117, secondo comma, lettera a), Cost. che attribuisce allo  Stato  la
potesta' legislativa esclusiva in materia di  rapporti  con  l'Unione
europea. E cio' in quanto il regolamento (CE)  della  Commissione  n.
889/2008 del 5 settembre 2008 - recante modalita' di applicazione del
regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio relativo  alla  produzione
biologica e all'etichettatura  dei  prodotti  biologici,  per  quanto
riguarda la produzione biologica, l'etichettatura  e  i  controlli  -
prevede in capo agli Stati membri precisi "obblighi informativi"  (in
particolare, agli artt. 93 e 94), tra i quali  rientra  quello  della
pubblicazione delle informazioni, anche mediante sistemi informatici,
relative agli elenchi aggiornati degli operatori biologici. 
    A parere dell'Avvocatura generale dello Stato,  verrebbe  si'  in
rilievo  la  materia  agricoltura,   rientrante   nell'ambito   della
competenza residuale delle  Regioni  in  base  all'art.  117,  quarto
comma, Cost., ma si intersecherebbe  con  materie  appartenenti  alla
competenza esclusiva dello  Stato,  in  base  all'art.  117,  secondo
comma, lettere a) ed s), Cost. 
    In base, poi, al riparto di competenze tra Stato e Regioni  e  al
principio di leale collaborazione  di  cui  all'art.  120  Cost.,  la
disposizione censurata prevederebbe sia il mantenimento  dei  sistemi
informativi regionali, sia una fase di cooperazione nel flusso  delle
informazioni tra questi ultimi e il SIB, sia il coinvolgimento  delle
Regioni in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni. 
    La previsione di una surrogazione del sistema informatico statale
nel caso di mancata intesa fra le parti  sarebbe,  poi,  giustificata
dalla particolare  posizione  attribuita  allo  Stato  per  garantire
l'unita'  giuridica  ed  economica  dell'ordinamento  generale  della
Repubblica (artt. 5 e 120 Cost.) in materie  di  rilevante  interesse
nazionale, che richiedono una disciplina uniforme nel rispetto  degli
obblighi posti a livello comunitario. 
    Sarebbe, quindi, priva di fondamento  anche  la  censura  con  la
quale si lamenta che l'eventuale surrogazione del sistema informativo
statale a quelli regionali violerebbe,  oltre  all'art.  117,  quarto
comma,  Cost.,  anche  gli  artt.  97  e  118  Cost.,  senza  ragioni
sostanziali che giustifichino tale scelta.  Ed  anzi,  proprio  sulla
base di quest'ultimo articolo, la norma impugnata  attribuirebbe  per
sussidiarieta' al sistema informativo statale le funzioni finalizzate
a  garantire  l'esecuzione  degli  impegni  assunti  verso   l'Unione
europea, allo scopo di assicurare, per l'ipotesi  in  cui  non  siano
adeguatamente ed  efficacemente  esercitate  le  funzioni  a  livello
regionale sulla trasmissione  dei  dati  informatici,  l'esercizio  a
carattere unitario richiesto dalla citata normativa europea. 
    Infondata  sarebbe  anche  la  censura  relativa  alle   presunte
maggiori spese derivanti dal passaggio da un sistema  informativo  ad
un altro, in quanto  la  norma  impugnata  non  prevederebbe  affatto
l'eliminazione dei sistemi informatici regionali e,  di  conseguenza,
non  si  profilerebbe  la  sussistenza  di  danni  economici  per  il
passaggio da un sistema informativo  ad  un  altro,  non  essendo  le
Regioni obbligate a detto passaggio. 
    Quanto alla pretesa lesione del principio di leale collaborazione
di cui all'art.  120  Cost.,  viene  infine  ricordato  che  l'intesa
rappresenterebbe,  tra  gli   strumenti   attuativi   del   consenso,
l'espressione piu' rilevante e paradigmatica della collaborazione fra
Stato e Regioni. 
    2.2.- Infondata sarebbe anche la seconda questione promossa dalla
Regione Veneto relativa all'art. 15, commi 1,  2,  lettera  d),  e  5
della legge  n.  154  del  2016,  perche'  il  modello  organizzativo
omogeneo previsto per i sistemi di organismi pagatori  regionali  non
sarebbe una previsione incondizionata,  a  se'  stante,  ma  andrebbe
letta nel quadro  delle  disposizioni  precedenti  (affermazione  del
principio di sussidiarieta')  e  seguenti  (riorganizzazione  tesa  a
garantire l'efficienza di erogazione dei servizi e  del  sistema  dei
pagamenti) e non contrasterebbe con il principio della riduzione  dei
costi pubblici. 
    Con  riferimento  alla  censurata  disciplina  del   modello   di
coordinamento degli organismi pagatori a livello regionale recante un
"modello  organizzativo   omogeneo   per   gli   organismi   pagatori
regionali", viene sottolineato che la normativa  dell'Unione  europea
prevede che, per ottenere il riconoscimento dall'Autorita' competente
dello Stato membro, gli Organismi pagatori devono essere  Servizi  od
Organismi che dispongono di una struttura organizzativa in  grado  di
soddisfare i requisiti di cui all'allegato I del regolamento (CE)  11
marzo  2014,  n.  907/2014  -  recante  regolamento  delegato   della
Commissione  che  integra  il  regolamento  (UE)  n.  1306/2013   del
Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda gli  organismi
pagatori e altri organismi, la gestione finanziaria, la  liquidazione
dei conti, le cauzioni e l'uso dell'euro -, ai fini dello svolgimento
delle funzioni connesse alla gestione ed al controllo delle spese del
Fondo europeo agricolo  di  garanzia  (FEAGA)  e  del  Fondo  europeo
agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), senza specificare la  natura
di tale struttura e demandando al sistema amministrativo dei  singoli
Stati membri. La disposizione in  esame  risulterebbe  in  linea  con
l'osservanza del principio di sussidiarieta' contenuto nell'art.  118
Cost. 
    Viene, inoltre, rammentata la previsione contenuta  nell'art.  7,
paragrafo 4, del regolamento (CE) 17 dicembre 2013,  n.  1306/2013  -
recante regolamento  del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio  sul
finanziamento, sulla  gestione  e  sul  monitoraggio  della  politica
agricola comune e che abroga i regolamenti  del  Consiglio  (CEE)  n.
352/78, (CE) n. 165/94, (CE) n. 2799/98, (CE) n.  814/2000,  (CE)  n.
1290/2005 e (CE) n. 485/2008 -, relativa alla necessaria designazione
da  parte  degli  Stati  membri,  qualora  siano  riconosciuti   piu'
organismi pagatori, di un "organismo di coordinamento". 
    Il censurato art. 15, nel fissare  i  criteri  e  i  principi  da
osservare   nell'esercizio   della    delega,    dispone    che    la
riorganizzazione dell'AGEA, alla quale sono attribuite, tra le altre,
le attivita' a carattere tecnico-operativo relative al  coordinamento
degli organismi pagatori a livello regionale, deve avvenire, appunto,
anche mediante il "coordinamento degli organismi pagatori  a  livello
regionale", tenuto conto dei summenzionati impegni assunti a  livello
europeo. L'AGEA agisce, pertanto,  come  unico  rappresentante  dello
Stato italiano nei confronti della Commissione per tutte le questioni
relative al FEAGA  e  al  FEASR  ed  e'  responsabile  nei  confronti
dell'Unione europea degli adempimenti connessi  alla  gestione  degli
aiuti derivanti dalla Politica agricola comune (PAC),  nonche'  degli
interventi sul  mercato  e  sulle  strutture  del  settore  agricolo,
finanziati dal FEAGA e dal FEASR. 
    Viene quindi sottolineato dall'Avvocatura  generale  dello  Stato
che la ratio del censurato art. 15,  comma  2,  lettera  d),  sarebbe
pienamente rispondente al conseguimento  dell'armonizzazione  tra  la
potesta' organizzativa regionale e la normativa nazionale di settore,
oltre  che  in  linea  con  gli  obblighi  discendenti   dal   citato
regolamento. 
    2.3.-  Infondata,  infine,  sarebbe  anche  la  terza  questione,
relativa all'art. 16 della legge n. 154 del 2016,  perche',  ai  fini
del coordinamento tra la Banca delle terre agricole istituita  presso
l'ISMEA e le eventuali analoghe banche istituite da leggi  regionali,
ben potranno essere  utilizzate  le  convenzioni  tra  l'ISMEA  e  le
Regioni la cui stipula e' espressamente prevista dal legislatore.  Il
comma 6 dell'impugnato art. 16 - che  fa  salve  le  norme  contenute
nelle leggi regionali relativamente ai terreni incolti e  abbandonati
-  sarebbe   una   disposizione   priva   di   carattere   innovativo
dell'ordinamento  e  sarebbe  in  linea  con  quanto  gia'   previsto
dall'art. 14 della legge n. 440 del 1978, che demanda alle Regioni la
competenza a emanare norme per il  recupero  produttivo  delle  terre
incolte, abbandonate o insufficientemente coltivate. 
    Viene  quindi  esclusa  una   possibile   sovrapposizione   della
normativa statale a quella regionale, o un  conflitto  di  situazioni
giuridiche soggettive tra i potenziali acquirenti,  essendo  ferme  e
ben distinte nella disciplina in questione le  rispettive  competenze
dello Stato e delle Regioni. 
    3.- In data 17 aprile 2018, la  Regione  ha  depositato  memoria,
ribadendo le proprie argomentazioni a sostegno del ricorso. 
    In particolare, con riferimento alla  questione  di  legittimita'
costituzionale avente ad oggetto il comma 5 dell'art. 7  della  legge
n. 154 del 2016, la ricorrente rileva l'inconferenza del parametro di
cui all'art. 117, comma secondo, lettera a), Cost., il cui  richiamo,
da  parte  dell'Avvocatura  generale,  sarebbe  il  frutto   di   una
confusione della competenza statale, nei rapporti tra Stato e  Unione
europea,  a  disciplinare   le   modalita'   di   attuazione   e   di
partecipazione alla formazione del diritto europeo con quella a  dare
attuazione  e  a  partecipare  a  tale  normogenesi,  posto  che   la
circostanza che una disciplina abbia rilievo comunitario non potrebbe
elidere la competenza regionale nella materia interessata. 
    Ugualmente  inconferente  sarebbe  il  richiamo  all'esigenza  di
garantire l'unita'  giuridica  ed  economica  dell'ordinamento  della
Repubblica in materie di rilevante interesse nazionale e al  fenomeno
dell'attrazione in sussidiarieta'. 
    Quanto alla seconda questione promossa, a supporto delle  proprie
argomentazioni,  viene  richiamato  l'allegato  Schema   di   decreto
legislativo attuativo della  disposizione  di  legge  impugnata,  che
peraltro non  avrebbe  ancora  ricevuto  l'assenso  della  conferenza
intergovernativa. Viene inoltre segnalato che, secondo quanto risulta
dagli atti allegati, nel corso dell'iter procedimentale  di  adozione
del decreto delegato il Governo ha fatto riferimento all'acquisizione
dell'intesa da parte  della  Conferenza  Stato-Regioni  anziche'  del
parere, aggiungendo pero' che si tratta di  una  "mera  modificazione
nominale", posto che sarebbe mancato qualsivoglia forma di dialogo  e
confronto finalizzata  a  superare  le  perplessita'  rilevate  dalla
compagine regionale. Infine, si  rammenta  che  esso,  nonostante  la
proroga del termine da 12 a 18 mesi non risulterebbe ancora adottato,
con conseguente esaurimento del potere delegato. 
    Quanto alla terza questione, avente ad oggetto  l'art.  16  della
legge n.  154  del  2016,  si  sottolinea  la  natura  "apodittica  e
meramente assertiva"  della  difesa  statale  e  l'irrilevanza  delle
convenzioni,  da  quest'ultima  valorizzate,   che   ISMEA   potrebbe
stipulare con i competenti  assessorati  regionali,  stante  la  loro
indeterminatezza e il loro carattere facoltativo. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso depositato il 18 ottobre 2016, la Regione  Veneto
ha   proposto   in   via   principale   questioni   di   legittimita'
costituzionale aventi ad oggetto gli artt. 7, comma 5, 15,  commi  1,
2, lettera d), e 5, nonche' 16 della legge 28  luglio  2016,  n.  154
(Deleghe  al  Governo  e  ulteriori  disposizioni   in   materia   di
semplificazione,  razionalizzazione  e  competitivita'  dei   settori
agricolo e agroalimentare,  nonche'  sanzioni  in  materia  di  pesca
illegale). 
    2.- Va preliminarmente trattata la  questione  relativa  all'art.
15, commi 1, 2, lettera d), e 5, della legge  n.  154  del  2016,  il
quale - disponendo la delega al Governo per l'adozione di uno o  piu'
decreti legislativi finalizzati al  riordino  di  enti,  societa'  ed
agenzie vigilati dal Ministero delle politiche agricole alimentari  e
forestali - prevede, nell'ambito della riorganizzazione  dell'Agenzia
per  le  erogazioni  in  agricoltura  (AGEA),  con  riferimento  alla
revisione del modello di coordinamento  degli  organismi  pagatori  a
livello regionale, quali  criteri  direttivi  «l'introduzione  di  un
modello organizzativo omogeneo, l'uniformita' dei costi  di  gestione
del sistema tra i diversi livelli  regionali  e  l'uniformita'  delle
procedure  e  dei  sistemi  informativi  tra  i   diversi   livelli»,
prescrivendo,    quale    unico    strumento     di     concertazione
intergovernativa,  il  parere  della  Conferenza  permanente  per   i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento  e
di Bolzano, da rendere nel termine  di  quarantacinque  giorni  dalla
data di trasmissione  di  ciascuno  schema  di  decreto  legislativo,
decorso il quale il Governo potra' comunque procedere. 
    A parere della Regione Veneto tale disposizione violerebbe: 
    - gli artt. 81, 97 e 119 della Costituzione, in quanto tenderebbe
a realizzare un livellamento organizzativo, procedurale  e  di  spesa
tra i  diversi  livelli  regionali,  senza  tener  conto  delle  loro
specificita', determinando l'effetto distorsivo  per  cui,  ove  essi
presentino   caratteristiche   di   eccellenza   sotto   il   profilo
organizzativo, gestorio e finanziario, sarebbero  comunque  costretti
ad adeguarsi ai nuovi parametri previsti dalla legislazione statale; 
    -  gli  artt.  117,  quarto  comma,  e  118  Cost.,   in   quanto
l'imposizione di  modelli  organizzativi  e  procedimentali  prevista
nella delega legislativa determinerebbe un'invasione delle competenze
affidate alle Regioni in  materia  di  ordinamento  e  organizzazione
amministrativa regionale e in materia di agricoltura; 
    - l'art. 120 Cost., in  considerazione  del  «carattere  "debole"
dell'intervento   della    conferenza    intergovernativa»    nonche'
dell'esiguita' del termine previsto  per  il  rilascio  del  relativo
parere. 
    2.1.- Va rilevato che, come segnalato  dalla  Regione  ricorrente
nella propria memoria depositata il 17 aprile 2018 e  dall'Avvocatura
generale dello Stato in udienza, nonostante il  decorso  del  termine
legislativamente previsto, non e' stato dato seguito alla delega. 
    La mancata adozione del  decreto  legislativo  entro  il  termine
fissato nella legge delega impedisce che  la  norma  censurata  trovi
applicazione. 
    Deve quindi essere dichiarata l'inammissibilita' della  questione
di legittimita' costituzionale per sopravvenuta carenza di  interesse
a coltivare il ricorso (sentenze n. 141 del 2016, n. 326 del  2010  e
n. 71 del 2005, ordinanza n. 1 del 2017). 
    3.- Nel merito, le restanti questioni non sono fondate. 
    4.- L'art. 7 della legge n. 154 del 2016, al comma 1,  istituisce
il  Sistema  informativo  per  il  biologico  (SIB),   che   utilizza
l'infrastruttura del Sistema informativo agricolo  nazionale  (SIAN),
al fine di gestire i procedimenti amministrativi  degli  operatori  e
degli  organismi  di  controllo  previsti  dalla  normativa   europea
relativi allo svolgimento di attivita' agricole e di acquacoltura con
metodo biologico, disponendo, al successivo comma 5, l'obbligo per le
Regioni dotate di propri sistemi  informatici  per  la  gestione  dei
procedimenti relativi all'agricoltura e all'acquacoltura  biologiche,
di attivare (entro novanta giorni dalla data  di  entrata  in  vigore
della medesima legge) i sistemi  di  cooperazione  applicativa  della
pubblica  amministrazione  necessari  a  garantire  il  flusso  delle
informazioni tra il SIB e i sistemi informativi regionali. 
    Secondo  la  ricorrente,   la   previsione   che,   in   mancanza
dell'adeguamento dei sistemi regionali, gli operatori  utilizzino  il
SIB, violerebbe: 
    - gli artt.  117,  quarto  comma,  e  118  Cost.,  in  quanto  la
"surrogazione" del sistema informativo  statale  a  quelli  regionali
determinerebbe    una    lesione    delle    competenze     regionali
costituzionalmente   garantite   in   materia   di   agricoltura    e
organizzazione amministrativa regionale, esorbitando  dalla  funzione
del coordinamento  informativo  statistico  e  informatico  dei  dati
dell'amministrazione statale, regionale e locale, assegnata dall'art.
117, secondo comma,  lettera  r),  Cost.  alla  competenza  esclusiva
statale; 
    - l'art. 97 Cost.,  in  quanto  modificherebbe  le  modalita'  di
esercizio  della  pubblica   potesta',   senza   ragioni   idonee   a
giustificare la scelta,  costringendo  la  Regione  a  esercitare  le
proprie competenze amministrative in  materia  di  agricoltura  e  di
acquacoltura   biologiche   secondo   le   modalita'   procedimentali
predisposte dallo Stato e rischiando di ingenerare  effetti  negativi
in termini  di  efficienza,  efficacia  ed  economicita'  dell'azione
amministrativa regionale; 
    - gli artt. 81 e 119  Cost.,  in  quanto  comporterebbe  maggiori
spese derivanti dal passaggio da un sistema informativo ad un altro; 
    -  l'art.  120  Cost.,  in  quanto   collegherebbe   un   effetto
surrogatorio  automatico  in   danno   delle   Regioni   al   mancato
raggiungimento di un'intesa tra Stato e Regioni,  il  quale  potrebbe
dipendere da un  dissenso  unilaterale  espresso  dal  Governo  o  da
ragioni puramente tecniche (legate anche alla  brevita'  del  termine
previsto), e, peraltro, prevederebbe una forma di raccordo  che,  pur
essendo qualificata in termini di intesa, si presenterebbe  altamente
insufficiente e lesiva del principio di  bilateralita',  non  essendo
prevista alcuna ulteriore forma di concertazione atta a  superare  le
ragioni del mancato accordo. 
    4.1.- Va ricordato, in linea generale, che la competenza  statale
nella materia concernente il «coordinamento informativo statistico  e
informatico dei dati dell'amministrazione [...]  locale»  (art.  117,
secondo  comma,  lettera   r,   Cost.)   concerne   le   disposizioni
«strumentali per "assicurare una comunanza di linguaggi, di procedure
e di standard omogenei, in modo da permettere la comunicabilita'  tra
i sistemi informatici della pubblica amministrazione" (sentenza n. 17
del 2004; nello stesso senso, fra le altre, sentenze n. 23 del 2014 e
n. 46 del 2013)» (sentenze n. 284 e n. 251 del 2016). 
    Ebbene,  la  previsione   in   esame   rappresenta   una   misura
tecnico-operativa  indispensabile  per  garantire  il  flusso   delle
informazioni tra i sistemi informativi regionali e quello  nazionale,
ove permanga, a seguito dell'inadempimento regionale, una  situazione
di non comunicabilita' tra di essi. 
    La disposizione censurata rientra,  pertanto,  nell'ambito  della
competenza esclusiva statale di cui al  secondo  comma,  lettera  r),
dell'art. 117 Cost. e non viola gli artt. 117, quarto  comma,  e  118
Cost., non determinando alcuna lesione delle competenze regionali. 
    Neppure viola l'art.  97  Cost.  in  quanto,  all'opposto,  serve
proprio  a  garantire  l'efficienza  dell'attivita'  della   pubblica
amministrazione grazie alla comunicabilita' tra  i  diversi  sistemi,
centrale e periferici. 
    Tantomeno si pone in contrasto con gli  artt.  81  e  119  Cost.,
poiche' i costi che derivano dalla  disposizione  impugnata  sono  la
conseguenza dell'ineludibile interesse a garantire la comunicabilita'
tra il sistema informativo nazionale e quelli periferici. Tali costi,
peraltro,  non  sono  quantificati  in  alcun  modo   dalla   Regione
ricorrente, la quale omette di fornire al riguardo qualsivoglia prova
delle   maggiori   spese   e    quindi    dei    presunti    "effetti
economico-finanziari" negativi che dovrebbero sostanziare la  lesione
degli evocati parametri costituzionali. 
    La  riconduzione  alla  competenza  legislativa   statale   della
normativa impugnata esclude anche  ogni  profilo  di  violazione  del
principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost. (sentenze
n. 251 del 2016 e n. 232 del 2009). L'obbligo di  utilizzo  del  SIB,
necessitato per le ragioni sin  qui  evidenziate,  scatta  a  seguito
dell'inerzia protrattasi per novanta giorni rispetto  all'obbligo  di
attivazione dei sistemi di cooperazione applicativa,  la  quale,  per
espressa previsione dello  stesso  comma  5  del  censurato  art.  7,
avviene col pieno  coinvolgimento  delle  Regioni,  e  cioe'  «previa
intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo  Stato,
le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano». 
    5.- Infine, secondo la Regione Veneto, l'art. 16 della  legge  n.
154 del 2016, che istituisce presso  l'Istituto  di  servizi  per  il
mercato agricolo alimentare (ISMEA) la Banca  delle  terre  agricole,
pur facendo salva la eventuale  disciplina  regionale  relativa  alla
gestione dei terreni incolti e abbandonati, verrebbe  sostanzialmente
a sovrapporsi a quest'ultima senza che sia prevista alcuna  forma  di
coordinamento; in particolare, si sovrapporrebbe alla legge regionale
8 agosto 2014, n. 26 (Istituzione della banca della terra veneta), la
quale ha istituito la  «banca  della  terra  veneta»,  contenente  un
inventario   completo   e   aggiornato   dell'offerta   dei   terreni
suscettibili di coltivazione e delle aziende agricole  di  proprieta'
pubblica  e  privata  disponibili  per  operazioni  di  assegnazione,
comprensivo quindi dei terreni «abbandonati o incolti». 
    La sovrapposizione regolatoria, in  mancanza  di  un  sistema  di
soluzione di eventuali  conflitti,  presenterebbe  gravi  profili  di
irragionevolezza oltre che di lesivita' del canone di buon andamento,
con conseguente violazione degli artt. 3 e 97 Cost.,  violazione  che
ridonderebbe in una lesione della  competenza  legislativa  regionale
residuale e dunque esclusiva in materia di agricoltura, ex art.  117,
quarto  comma,  Cost.  nonche'  in  un'invasione   della   competenza
amministrativa  regionale  di  cui  all'art.   118   Cost.,   essendo
l'assegnazione dei terreni agricoli abbandonati affidata dalla stessa
legge statale alla competenza delle Regioni. 
    5.1.- La questione non e' fondata per erroneita' del  presupposto
interpretativo (tra le ultime, sentenza n. 53 del 2018). 
    Una corretta lettura della norma  censurata  porta,  infatti,  ad
escludere la sovrapposizione regolatoria lamentata dalla ricorrente. 
    Innanzitutto,  l'impugnato  art.   16,   all'ultimo   comma,   fa
espressamente salve le disposizioni contenute nelle  leggi  regionali
relativamente ai terreni «incolti e abbandonati». 
    Secondo quanto sancito dall'art. 1 della legge 4 agosto 1978,  n.
440 (Norme per l'utilizzazione delle  terre  incolte,  abbandonate  o
insufficientemente coltivate),  le  Regioni  «provvedono  ad  emanare
norme di attuazione secondo i principi e i  criteri  stabiliti  dalla
presente legge  per  il  recupero  produttivo  delle  terre  incolte,
abbandonate o  insufficientemente  coltivate,  anche  al  fine  della
salvaguardia  degli  equilibri  idrogeologici  e   della   protezione
dell'ambiente». La medesima legge statale, all'art. 5, dispone che le
Regioni assegnano per la coltivazione le terre incolte, abbandonate o
insufficientemente coltivate, anche appartenenti ad enti  pubblici  e
morali, compresi i terreni demaniali, ai richiedenti che si obbligano
a coltivarle in forma singola o associata. L'art. 4 della legge  reg.
Veneto n. 26 del 2014, poi, richiamando la norma  statale  da  ultimo
riportata, disciplina le modalita' di assegnazione per l'utilizzo dei
beni inseriti nella banca della terra veneta. 
    Tale  quadro  normativo  non  e'  intaccato  dalla   disposizione
censurata. 
    Quest'ultima, infatti, si limita  ad  istituire  la  Banca  delle
terre  agricole,  con  il  dichiarato  «obiettivo  di  costituire  un
inventario completo della domanda e dell'offerta dei terreni e  delle
aziende agricoli, che si  rendono  disponibili  anche  a  seguito  di
abbandono   dell'attivita'   produttiva   e   di    prepensionamenti,
raccogliendo, organizzando  e  dando  pubblicita'  alle  informazioni
necessarie   sulle   caratteristiche   naturali,    strutturali    ed
infrastrutturali  dei  medesimi,  sulle  modalita'  e  condizioni  di
cessione e di  acquisto  degli  stessi  nonche'  sulle  procedure  di
accesso alle agevolazioni di cui al capo III del titolo I del decreto
legislativo 21 aprile 2000, n. 185, e successive modificazioni». 
    Si tratta, cioe', di una mappatura tesa unicamente  a  consentire
ai soggetti che cercano terreni in  vendita  da  poter  coltivare  di
accedere agevolmente ad una banca di dati di portata nazionale, cosi'
trovando in un'unica fonte le caratteristiche  dei  terreni  siti  in
tutto il territorio nazionale, la loro  posizione,  le  tipologie  di
coltivazioni   e   i   valori   catastali,   mentre    la    gestione
amministrativo-civilistica rimane alla Regione. 
    Ne' a diverse conclusioni puo' condurre la previsione dei commi 4
e 5  dello  stesso  art.  16,  quanto  alla  facolta'  dell'ISMEA  di
presentare  «programmi  o  progetti  di   ricomposizione   fondiaria»
riguardanti i  terreni  oggetto  della  norma,  «con  l'obiettivo  di
individuare comprensori territoriali  nei  quali  promuovere  aziende
dimostrative o aziende pilota». 
    La previsione, infatti, rappresenta il  coerente  sviluppo  delle
funzioni  dell'Istituto  che  consistono   nel   realizzare   servizi
informativi, assicurativi e finanziari, costituendo forme di garanzia
creditizia e finanziaria per le imprese  agricole  e  le  loro  forme
associate, al fine di favorire l'informazione e  la  trasparenza  dei
mercati;  nell'agevolare  il  rapporto  con  il  sistema  bancario  e
assicurativo, favorire la competitivita' aziendale e ridurre i rischi
inerenti alle attivita' produttive e di mercato. L'Istituto, inoltre,
affianca le Regioni nelle attivita' di riordino fondiario, attraverso
la formazione e l'ampliamento della proprieta' agricola, e  favorisce
il ricambio generazionale in agricoltura in  base  ad  uno  specifico
regime di aiuto approvato dalla Commissione europea. 
    Peraltro,  e'  comunque  previsto  che  tale  facolta'  si  possa
esplicare tramite la  stipula  di  convenzioni  con  gli  assessorati
regionali e provinciali competenti per  la  fase  operativa,  con  il
pieno coinvolgimento, quindi, delle diverse realta' territoriali. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 15, commi 1, 2, lettera d), e 5, della legge
28 luglio 2016, n. 154 (Deleghe al Governo e  ulteriori  disposizioni
in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitivita' dei
settori agricolo e agroalimentare, nonche'  sanzioni  in  materia  di
pesca illegale), promossa, in riferimento agli  artt.  81,  97,  117,
quarto comma, 118,  119  e  120  della  Costituzione,  dalla  Regione
Veneto, con il ricorso indicato in epigrafe; 
    2)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 7, comma 5, e 16 della legge  n.  154  del
2016, promosse, in riferimento, rispettivamente, agli artt.  81,  97,
117, quarto comma, 118, 119 e 120 Cost., e agli  artt.  3,  97,  117,
quarto comma, e 118 Cost.,  dalla  Regione  Veneto,  con  il  ricorso
indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 maggio 2018. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                    Giancarlo CORAGGIO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 2 luglio 2018. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA