N. 190 ORDINANZA 26 settembre - 19 ottobre 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Procedimento civile - Spese processuali - Tassativita' delle  ipotesi
  di compensazione tra le parti. 
- Codice di procedura civile, art. 92, secondo comma, come modificato
  dall'art. 13 del decreto-legge 12 settembre 2014,  n.  132  (Misure
  urgenti di degiurisdizionalizzazione ed  altri  interventi  per  la
  definizione  dell'arretrato  in  materia   di   processo   civile),
  convertito, con modificazioni, in legge 10 novembre 2014, n. 162. 
-   
(GU n.42 del 24-10-2018 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Giuliano  AMATO,   Silvana
  SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio  BARBERA,  Giovanni  AMOROSO,   Francesco   VIGANO',   Luca
  ANTONINI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  92,  comma
2, del codice di procedura  civile,  come  modificato  dall'art.  13,
comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132 (Misure  urgenti
di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per  la  definizione
dell'arretrato  in  materia  di  processo  civile),  convertito,  con
modificazioni, in legge  10  novembre  2014,  n.  162,  promosso  dal
Tribunale ordinario di Trento, nel procedimento vertente tra M.I.  S.
e  il  Ministero   degli   affari   esteri   e   della   cooperazione
internazionale, con ordinanza del 4 dicembre 2017, iscritta al n.  42
del registro ordinanze 2018 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 2018. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 26 settembre 2018 il  Giudice
relatore Giovanni Amoroso. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 4  dicembre  2017,  il  Tribunale
ordinario di Trento ha sollevato, in riferimento agli  artt.  3;  24,
secondo  comma;  111,  primo  comma  e  117,   primo   comma,   della
Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 6 della  Convenzione
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata  e
resa esecutiva  con  legge  4  agosto  1955,  n.  848,  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 92, secondo comma,  del  codice
di  procedura  civile,  nel  testo  modificato   dall'art.   13   del
decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  132   (Misure   urgenti   di
degiurisdizionalizzazione ed  altri  interventi  per  la  definizione
dell'arretrato  in  materia  di  processo  civile),  convertito,  con
modificazioni, in legge 10 novembre 2014, n. 162, «nella parte in cui
consente al giudice di compensare le spese giudiziali solo  nel  caso
in cui vi sia soccombenza  reciproca  ovvero  nel  caso  di  assoluta
novita' della questione trattata  o  mutamento  della  giurisprudenza
rispetto alle questioni dirimenti, e non  anche  in  altri  casi,  ad
esempio quando sussistano altri giusti motivi»; 
    che  il  rimettente  premette  di  aver  rigettato  l'opposizione
proposta da M.I. S. avverso il diniego al ricongiungimento  familiare
della madre N.S. H., opposto dall'Ambasciata d'Italia a  Nairobi  con
il  provvedimento  prot.  n.  103/2017  del  23  gennaio  2017,   sul
presupposto che la domanda non era conforme ai requisiti,  nonostante
il Commissariato del Governo per  la  Provincia  autonoma  di  Trento
avesse in precedenza rilasciato il nulla osta al ricongiungimento; 
    che, in particolare, il rimettente riferisce che l'opposizione e'
stata  respinta  in  quanto  nonostante  il   provvedimento,   emesso
dall'Ambasciata d'Italia a Nairobi, fosse effettivamente  carente  di
motivazione, cio' nondimeno, nel corso del procedimento sommario,  la
ricorrente non ha dimostrato l'esistenza dei due requisiti che devono
concorrere per ottenere il ricongiungimento del  genitore,  ossia  il
requisito della vivenza a carico e quello  della  mancanza  di  altri
figli nel paese di origine; 
    che, pur sussistendo  un  difetto  assoluto  di  motivazione  del
provvedimento di diniego, la pretesa azionata in giudizio era rimasta
priva di rilevanza giuridica e cio' aveva comportato la reiezione del
ricorso nel merito; 
    che il Tribunale rimettente, una volta rigettato il  ricorso  con
ordinanza pronunziata in pari data, deve provvedere sulle  spese  del
procedimento; 
    che  -  secondo  il  Tribunale  -  sussisterebbero  ragioni   che
indurrebbero  a  compensare  le  spese  giudiziali,  atteso  che   la
ricorrente ha potuto avere conoscenza delle ragioni, che ostavano  al
riconoscimento del diritto, solo ed  esclusivamente  nell'ambito  del
procedimento   stesso,   in   quanto   in   precedenza    l'autorita'
amministrativa si era limitata a esprimere una formula di mero stile,
non idonea a far comprendere alla ricorrente le ragioni  del  mancato
riconoscimento del diritto al ricongiungimento familiare; 
    che del tutto ragionevolmente la  ricorrente  si  era  indotta  a
instaurare il giudizio civile, venendo a conoscenza -  per  la  prima
volta solo in occasione della controversia stessa - delle ragioni che
avevano indotto  l'autorita'  amministrativa  al  rigetto  della  sua
domanda di ricongiungimento; 
    che  pertanto  la  ricorrente  si   troverebbe,   all'esito   del
procedimento,  a  vedersi  condannata  alla  refusione  delle   spese
giudiziali, atteso che la fattispecie non  rientra  in  alcuna  delle
tassative ipotesi per le quali il nuovo testo dell'art.  92,  secondo
comma, cod. proc. civ., consente la loro compensazione, non essendovi
soccombenza reciproca, ne' assoluta novita' della questione trattata; 
    che - secondo il Tribunale rimettente - l'art. 92, secondo comma,
cod. proc.  civ.  si  pone  in  contrasto  con  l'art.  3  Cost.  per
violazione del criterio di ragionevolezza;  con  l'art.  24,  secondo
comma, Cost., il quale definisce inviolabile il diritto di difesa  in
ogni stato e grado del procedimento; con  l'art.  111,  primo  comma,
Cost. (secondo il quale il processo deve essere «giusto»), e  infine,
quale norma interposta ai sensi dell'art. 117,  primo  comma,  Cost.,
con 1'art. 6, primo comma, CEDU, in base al  quale  ogni  persona  ha
diritto a che la sua causa sia esaminata equamente; 
    che il citato art. 92, secondo comma, cod. proc. civ.,  la'  dove
prevede solo  tassative  ipotesi  di  compensazione,  peccherebbe  di
irragionevolezza sotto il profilo  dell'art.  3  Cost.,  poiche'  non
prende in considerazione tutte le altre numerose ipotesi  in  cui  la
compensazione stessa appare essere il  corollario  necessario  di  un
processo  che  deve  concludersi  in  modo  conforme  alla  giustizia
sostanziale, come richiedono sia l'art. 111, primo comma, Cost.,  sia
l'art. 6, primo comma, CEDU; 
    che con atto depositato in data 3 aprile 2018, e' intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato che, in primo  luogo,  ha
posto in rilievo che all'udienza pubblica del  7  marzo  2018  questa
Corte ha esaminato due questioni di  costituzionalita'  della  stessa
disposizione codicistica - rispettivamente  sollevate  dal  Tribunale
ordinario di Torino,  con  ordinanza  del  30  gennaio  2016,  e  dal
Tribunale di Reggio Emilia,  con  ordinanza  del  28  febbraio  2017,
sostanzialmente analoghe; 
    che la difesa  statale  osserva  che  la  questione  e'  comunque
inammissibile per difetto di rilevanza  posto  che  il  Tribunale  di
Trento  non  ha  adeguatamente  motivato  in  ordine  alla  effettiva
esistenza di motivi diversi da quelli indicati dall'art. 92,  secondo
comma, cod. proc. civ.,  che,  nella  fattispecie,  avrebbero  potuto
giustificare la compensazione delle spese di lite; 
    che nel merito la questione e' comunque infondata atteso  che  la
limitazione delle ipotesi di  compensazione  a  casi  circoscritti  e
tassativamente indicati e' mirata a disincentivare liti temerarie e a
responsabilizzare   il   comportamento   processuale   delle   parti,
valorizzando nel contempo la portata  deflativa  della  regola  della
soccombenza. 
    Considerato  che  sono   sollevate   questioni   incidentali   di
legittimita' costituzionale dell'art. 92, secondo comma,  del  codice
di  procedura  civile,  nel  testo  modificato   dall'art.   13   del
decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  132   (Misure   urgenti   di
degiurisdizionalizzazione ed  altri  interventi  per  la  definizione
dell'arretrato  in  materia  di  processo  civile),  convertito,  con
modificazioni, in legge 10 novembre 2014, n. 162, «nella parte in cui
consente al giudice di compensare le spese giudiziali solo  nel  caso
in cui vi sia soccombenza  reciproca  ovvero  nel  caso  di  assoluta
novita' della questione trattata  o  mutamento  della  giurisprudenza
rispetto alle questioni dirimenti, e non anche in altri casi,  quando
sussistano altri giusti motivi»; 
    che il Tribunale rimettente assume essere violati  gli  artt.  3;
24, secondo comma; 111,  primo  comma,  e  117,  primo  comma,  della
Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 6 della  Convenzione
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata  e
resa esecutiva con legge 4 agosto 1955,  n.  848,  perche'  la  norma
censurata irragionevolmente non prenderebbe in  considerazione  tutte
le altre numerose ipotesi in cui la compensazione  stessa  appare  il
corollario necessario di un processo «che deve  concludersi  in  modo
conforme alla giustizia sostanziale» e non garantirebbe il diritto di
difesa delle parti; 
    che questa Corte, con sentenza n.  77  del  2018,  ha  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art.  92,  secondo  comma,  cod.
proc. civ., nel testo modificato dall'art. 13, comma 1, del  d.l.  n.
132 del 2014, convertito, con modificazioni, nella legge n.  162  del
2014, nella parte in cui non prevede che il giudice possa  compensare
le spese tra le parti,  parzialmente  o  per  intero,  anche  qualora
sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni; 
    che pertanto e' venuta meno, nella disposizione censurata, quella
carenza normativa che - secondo il Tribunale rimettente - determinava
il denunciato contrasto con  gli  evocati  parametri  costituzionali,
sicche' le sollevate questioni  di  costituzionalita'  sono  divenute
prive di oggetto; 
    che da cio' consegue - secondo la consolidata  giurisprudenza  di
questa Corte (ex plurimis, ordinanze n. 211, n. 137 e n. 38 del 2017)
- la manifesta inammissibilita' delle questioni stesse; 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, commi 1 e 2, delle Norme integrative per i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 92, secondo comma,  del  codice
di  procedura  civile,  nel  testo  modificato   dall'art.   13   del
decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  132   (Misure   urgenti   di
degiurisdizionalizzazione ed  altri  interventi  per  la  definizione
dell'arretrato  in  materia  di  processo  civile),  convertito,  con
modificazioni, in legge 10  novembre  2014,  n.  162,  sollevate,  in
riferimento agli artt. 3; 24, secondo comma; 111, primo comma e  117,
primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 6
della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,  n.  848,  dal
Tribunale ordinario di Trento con l'ordinanza in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 settembre 2018. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                     Giovanni AMOROSO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 19 ottobre 2018. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA