N. 249 SENTENZA 5 - 27 dicembre 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Sanita' pubblica - Disciplina  dei  rapporti  tra  la  Regione  e  le
  Universita' della Lombardia con facolta' di medicina e chirurgia  -
  Strutture di formazione specialistica per i  profili  professionali
  dell'area medica e delle  professioni  sanitarie  -  Partecipazione
  degli specializzandi alle attivita' assistenziali - Sperimentazione
  per un quinquennio della nuova disciplina. 
- Legge della Regione Lombardia 12  dicembre  2017,  n.  33,  recante
  «Evoluzione del  Sistema  Socio-Sanitario  Lombardo:  modifiche  al
  Titolo III "Disciplina dei rapporti tra la Regione e le Universita'
  della Lombardia  con  facolta'  di  medicina  e  chirurgia  per  lo
  svolgimento di attivita' assistenziali,  formative  e  di  ricerca"
  della legge regionale 30 dicembre 2009, n. 33  (Testo  unico  delle
  leggi regionali in materia di sanita')», artt. 1, comma 1,  lettera
  b), e 2. 
-   
(GU n.1 del 2-1-2019 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1,  comma
1, lettera b), e 2 della legge della Regione  Lombardia  12  dicembre
2017,  n.  33,  recante  «Evoluzione  del   Sistema   Socio-Sanitario
Lombardo: modifiche al Titolo III "Disciplina  dei  rapporti  tra  la
Regione e le Universita' della Lombardia con facolta' di  medicina  e
chirurgia per lo svolgimento di attivita' assistenziali, formative  e
di ricerca" della legge regionale 30  dicembre  2009,  n.  33  (Testo
unico delle leggi regionali in materia  di  sanita')»,  promosso  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 13-15
febbraio  2018,  depositato  in  cancelleria  il  15  febbraio  2018,
iscritto al n. 12  del  registro  ricorsi  2018  e  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  11,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2018. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Lombardia; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  4  dicembre  2018  il  Giudice
relatore Giuliano Amato; 
    uditi l'avvocato dello Stato Enrico De Giovanni per il Presidente
del Consiglio dei ministri e  l'avvocato  Pio  Dario  Vivone  per  la
Regione Lombardia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso spedito per la notificazione il 13 febbraio  2018
e successivamente depositato il 15 febbraio 2018 (reg. ric. n. 12 del
2018) il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato   ha   promosso,   in
riferimento agli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della  Costituzione,
questioni di legittimita' costituzionale  degli  artt.  1,  comma  1,
lettera b) - nella parte in cui sostituisce gli artt. 33, comma 3,  e
34, comma 2, lettera c),  della  legge  della  Regione  Lombardia  30
dicembre 2009, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di
sanita') - e 2 della legge della stessa Regione 12 dicembre 2017,  n.
33,  recante  «Evoluzione  del  Sistema   Socio-Sanitario   Lombardo:
modifiche al Titolo III "Disciplina dei rapporti tra la Regione e  le
Universita' della Lombardia con facolta' di medicina e chirurgia  per
lo svolgimento di attivita' assistenziali, formative  e  di  ricerca"
della legge regionale 30 dicembre 2009,  n.  33  (Testo  unico  delle
leggi regionali in materia di sanita')». 
    1.1.- In primo  luogo,  la  parte  ricorrente  censura  la  nuova
formulazione dell'art. 33, comma 3, della legge reg. Lombardia n.  33
del  2009.  Ivi  si  stabilisce  che  «qualora  particolari  esigenze
formative connesse a specialita'  diverse  da  quella  oggetto  della
scuola non possono essere soddisfatte nell'ambito delle strutture  di
sede e delle strutture collegate della rete  formativa  della  stessa
scuola, e' consentito coinvolgere ulteriori  strutture  di  supporto,
purche' in coerenza con  il  modello  di  rete  di  cui  al  presente
Titolo». 
    Tale disposizione regionale contrasterebbe  con  quanto  previsto
dal decreto del Ministro dell'istruzione,  dell'universita'  e  della
ricerca, adottato di concerto con il Ministro della salute, 13 giugno
2017, n. 402, recante gli standard, i requisiti e gli  indicatori  di
attivita' formativa e assistenziale delle scuole di  specializzazione
di area sanitaria, in  attuazione  dell'art.  20,  comma  3-bis,  del
decreto  legislativo  17  agosto  1999,  n.  368  (Attuazione   della
direttiva 93/16/CE in materia di libera circolazione dei medici e  di
reciproco riconoscimento  dei  loro  diplomi,  certificati  ed  altri
titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE  che
modificano la direttiva 93/16/CE). In particolare, all'allegato 1 del
decreto interministeriale n. 402 del 2017  si  prevede  che  l'ateneo
presso cui insiste la scuola di specializzazione possa  avvalersi  di
strutture  di  supporto  pubbliche  o   private   (dette   «strutture
complementari»), accreditate  e  contrattualizzate  con  il  Servizio
sanitario nazionale,  mediante  specifiche  convenzioni,  quando  sia
necessario utilizzare servizi,  attivita',  laboratori  o  altro  non
presenti nella struttura di sede o nelle strutture collegate. 
    La disposizione regionale in esame,  omettendo  di  prevedere  il
ricorso  a  specifiche  convenzioni   con   strutture   di   supporto
obbligatoriamente accreditate e  contrattualizzate  con  il  Servizio
sanitario nazionale, non garantirebbe lo standard formativo richiesto
dalla disciplina statale per  l'area  sanitaria,  in  violazione  dei
principi  fondamentali  in  materia  di  «tutela  della  salute»   ex
dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    1.2.- In  secondo  luogo,  secondo  la  difesa  statale,  sarebbe
illegittimo l'art. 1, comma 1, lettera b), della legge reg. Lombardia
n. 33 del 2017, nella parte in cui sostituisce il  comma  2,  lettera
c),  dell'art.  34  della  legge  reg.  Lombardia  n.  33  del  2009,
attribuendo al medico in formazione specialistica la possibilita'  di
svolgere  «autonomamente  specifici  compiti  che  gli   sono   stati
affidati, fermo restando che il tutor deve essere sempre  disponibile
per la consultazione e l'eventuale tempestivo intervento». 
    La disposizione impugnata  lederebbe  l'art.  117,  terzo  comma,
Cost.,  in  relazione  ai  principi  fondamentali   in   materia   di
«professioni» e di «tutela  della  salute»,  a  cui  dovrebbe  essere
ricondotta la disciplina della formazione dei  medici  specializzandi
(viene richiamata la sentenza n. 126 del 2014). 
    Nel dettaglio, sussisterebbe un contrasto con l'art. 38, comma 3,
del d.lgs. n. 368 del 1999, secondo cui «[l]a formazione  del  medico
specialista implica la partecipazione guidata  alla  totalita'  delle
attivita' mediche dell'unita' operativa presso la quale e'  assegnato
dal Consiglio della scuola, nonche' la graduale assunzione di compiti
assistenziali e l'esecuzione di interventi  con  autonomia  vincolate
alle direttive ricevute  dal  tutore,  di  intesa  con  la  direzione
sanitaria e con dirigenti responsabili delle strutture delle  aziende
sanitarie  presso  cui  si  svolge  la  formazione.  In  nessun  caso
l'attivita' del medico in formazione specialistica e' sostitutiva del
personale di ruolo». La disposizione  impugnata,  prevedendo  che  il
medico  in  formazione  specialistica  possa  svolgere   un'attivita'
autonoma senza essere vincolato alle direttive  ricevute  dal  tutor,
non garantirebbe lo standard  formativo  richiesto  dalla  disciplina
statale,  rischiando  di  pregiudicare  la  qualita'  dell'assistenza
sanitaria. Il che comporterebbe la lesione anche dell'art.  1,  comma
2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502  (Riordino  della
disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della  legge
23 ottobre 1992, n. 421), secondo cui il Servizio sanitario nazionale
assicura i livelli essenziali e uniformi di assistenza nel  rispetto,
tra l'altro, del principio della qualita' delle  cure  e  della  loro
appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze. 
    1.3.- Da ultimo, e' impugnato l'art. 2 della legge reg. Lombardia
n. 33 del 2017, che stabilisce un periodo sperimentale di cinque anni
della disciplina introdotta dalla stessa legge, al termine del  quale
la Regione, in collaborazione con il  Ministero  della  salute  e  il
Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca (da  qui:
MIUR), valuta i risultati della sperimentazione. La Regione, inoltre,
in  collaborazione  con  il  Ministero  della  salute,  effettua  una
verifica al termine del primo triennio di sperimentazione, al fine di
individuare eventuali interventi correttivi. 
    La disposizione regionale, nel prevedere  il  coinvolgimento  del
MIUR  soltanto  nella   valutazione   finale   del   quinquennio   di
sperimentazione, contrasterebbe con il principio di ragionevolezza di
cui all'art. 3 Cost., nonche' con  il  principio  di  buon  andamento
della pubblica amministrazione di  cui  all'art.  97  Cost.,  poiche'
entrambi i  Ministeri  (Ministero  della  salute  e  MIUR)  sarebbero
responsabili della qualita' della formazione degli specializzandi. 
    2.- Con atto depositato il 9  marzo  2018  si  e'  costituita  in
giudizio la Regione  Lombardia,  chiedendo  che  le  questioni  siano
dichiarate infondate. 
    2.1.- Premette  la  parte  resistente  che  la  prima  disciplina
organica della formazione  specialistica  dei  medici  sarebbe  stata
fornita dal decreto legislativo 8 agosto  1991,  n.  257,  intitolato
«Attuazione della direttiva n. 82/76/CEE del Consiglio del 26 gennaio
1982, recante modifica di precedenti direttive in tema di  formazione
dei medici specialisti, a norma dell'art. 6 della legge  29  dicembre
1990, n. 428 (Legge comunitaria 1990)», abrogato dal  d.lgs.  n.  368
del 1999, che ne avrebbe pero' mutuato «gran  parte  dei  principi  e
contenuti». 
    La  disciplina  del  d.lgs.  n.  257  del  1991   sarebbe   stata
caratterizzata dalla previsione del necessario graduale esercizio  di
ogni  aspetto  dell'attivita'  specialistica  da  parte  del   medico
specializzando, al fine di  raggiungere  un'autonomia  decisionale  e
operativa, anche attraverso l'impiego in attivita'  istituzionali  di
tipo diagnostico e terapeutico.  Il  dovere  di  presenza  del  tutor
sarebbe stato declinato in termini non necessariamente fisici, ma  di
relazione e confronto, tra il formatore,  il  formato  e  la  scuola,
cosi' da promuovere l'attitudine  dello  specializzando  ad  assumere
progressivamente compiti e iniziative  tali  da  qualificare  il  suo
ruolo in termini non meramente esecutivi. 
    La  giurisprudenza  «anche  penale  e   costituzionale»   avrebbe
definito tale autonomia come «autonomia vincolata», per precisare che
lo specializzando resta sempre vincolato alle direttive  del  tutore,
senza che cio', pero',  possa  compromettere  l'autonoma  dignita'  e
capacita' professionale, nonche' le responsabilita', di  un  soggetto
che e' pur  sempre  un  medico  pienamente  abilitato  alle  funzioni
connesse alla professione. 
    Il d.lgs. n. 368 del 1999 non avrebbe stravolto l'impianto  della
precedente normativa. L'art. 20, comma  1,  lettera  e),  del  citato
decreto, infatti, subordina il diploma di medico chirurgo specialista
anche  alla  partecipazione  personale  dello  specializzando   «alle
attivita'  e  alle  responsabilita'  proprie  della  disciplina»  (si
richiama sul punto Cassazione penale,  sezione  quarta,  sentenza  10
luglio 2008, n. 32424). L'art. 38, comma 3, inoltre, precisa  che  la
formazione  del  medico  specialista  implica   anche   la   graduale
assunzione di compiti assistenziali e l'esecuzione di interventi  con
autonomia, vincolati alle direttive ricevute dal tutore, d'intesa con
la direzione sanitaria e con i dirigenti responsabili delle strutture
delle aziende sanitarie presso cui si  svolge  la  formazione.  E  al
successivo comma 4 si prevede  che  «[i]  tempi  e  le  modalita'  di
svolgimento dei compiti  assistenziali  nonche'  la  tipologia  degli
interventi che il medico in formazione  specialistica  deve  eseguire
sono concordati dal Consiglio della scuola con la direzione sanitaria
e  con  i  dirigenti  responsabili  delle  strutture  delle   aziende
sanitarie presso le quali lo stesso svolge la formazione [...]». 
    La disciplina legislativa ha poi trovato attuazione  nel  decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri 6 luglio 2007, con  cui  si
e' definito lo schema-tipo di contratto di formazione  specialistica,
e nel decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e  della
ricerca, adottato  di  concerto  con  il  Ministro  della  salute,  4
febbraio 2015, n. 68, che ha provveduto al riordino delle  scuole  di
specializzazione di area sanitaria. Il decreto  interministeriale  n.
402 del 2017, infine, ha individuato gli standard, i requisiti e  gli
indicatori dell'attivita' formativa e assistenziale delle  scuole  di
specializzazione di area sanitaria, in attuazione  dell'art.  20  del
d.lgs. n. 368 del 1999. 
    Tali disposizioni di attuazione avrebbero rafforzato l'ambito  di
autonomia  riconosciuto  allo  specializzando  inserito  nella   rete
formativa,  lasciando,  inoltre,  uno  spazio  d'intervento  per   il
legislatore regionale (come avrebbe riconosciuto anche  questa  Corte
nella sentenza n. 126 del 2014). 
    2.2.- Cio' premesso,  secondo  la  difesa  regionale  le  censure
relative all'art. 33, comma 3, della legge reg. Lombardia n.  33  del
2009, come sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera b),  della  legge
reg. Lombardia n. 33 del 2017, si fonderebbero  sull'assunto  che  la
disposizione  impugnata  consenta  l'avvalimento   complementare   di
strutture  non  accreditate  e  contrattualizzate  con  il   Servizio
sanitario nazionale e che si possa prescindere da una convenzione. 
    Tale assunto sarebbe,  tuttavia,  erroneo.  La  norma  impugnata,
infatti,  consentirebbe  di  «coinvolgere  ulteriori   strutture   di
supporto», ma «purche' in coerenza con il modello di rete di  cui  al
presente Titolo»; rete che, come precisato dal comma 3  dell'art.  28
della reg. Lombardia n. 33  del  2009,  comprenderebbe  le  strutture
delle aziende socio-sanitarie  territoriali,  degli  ospedali,  degli
erogatori privati accreditati, degli istituti di ricovero  e  cura  a
carattere  scientifico  e  degli  erogatori  sociosanitari  pubblici,
nonche' delle universita' lombarde sedi di  facolta'  di  medicina  e
chirurgia. La rete formativa, inoltre, ai sensi del comma 2 dell'art.
33 dovrebbe essere in possesso degli standard  generali  e  specifici
relativi alle capacita' strutturali,  tecnologiche,  organizzative  e
assistenziali previste dalla normativa nazionale e regionale. 
    Verrebbe  richiamato,  dunque,  l'intero  assetto   organizzativo
necessario proprio per  l'accreditamento  e  la  contrattualizzazione
delle strutture  con  il  Servizio  sanitario  nazionale,  mentre  la
necessita'  di  una  specifica  convenzione  sarebbe  un  adempimento
talmente ovvio da non richiedere una previsione espressa. 
    2.3.- Riguardo alla  questione  relativa  all'art  34,  comma  2,
lettera  c),  della  legge  reg.  Lombardia  n.  33  del  2009,  come
modificato dall'art.  1,  comma  1,  lettera  b),  della  legge  reg.
Lombardia n.  33  del  2017,  secondo  la  difesa  regionale  sarebbe
evidente il totale fraintendimento della norma da parte del Governo. 
    La disposizione impugnata, infatti,  non  prescinderebbe  affatto
dalle direttive del formatore  e  neppure  determinerebbe  una  piena
autonomia  dello  specializzando,  atteso  che  lo  stesso   potrebbe
svolgere autonomamente solo quegli «specifici compiti  che  gli  sono
stati affidati»,  evidentemente  dal  tutore  e  dalla  scuola,  come
chiarito al successivo comma 3 dell'art. 34. 
    Sarebbe pacifico nella normativa di settore,  inoltre,  l'obbligo
del sistema formativo di garantire allo specializzando la progressiva
acquisizione di  capacita'  professionali  tali  da  consentirgli  di
affrontare e di risolvere in sicurezza e autonomia i problemi clinici
che competono alla specialita'.  Le  attivita'  clinico-assistenziali
concernenti la formazione specialistica, infatti,  apparterrebbero  a
due differenti categorie: quelle in collaborazione  guidata,  per  le
quali sarebbe indispensabile il controllo diretto  del  formatore,  e
quelle in autonomia vincolata  dalle  direttive  del  formatore,  che
dovrebbe comunque e sempre essere disponibile per la consultazione  o
per un tempestivo intervento. 
    La valutazione su quali attivita' siano  gestibili  in  autonomia
dallo specializzando, senza la necessita' di un suo controllo diretto
(risultando sufficienti le direttive), non potrebbe che  spettare  al
formatore. Per tale ragione, la legge regionale impugnata prevede che
l'autonoma attivita' venga esercitata dallo specializzando solo per i
casi specificamente assegnati (e dunque sulla base  delle  necessarie
direttive). 
    Spostata l'attenzione dallo specializzando al formatore,  quindi,
emergerebbe ancor di piu' l'infondatezza del ricorso. 
    2.4.- Da ultimo, in  riferimento  all'art.  2  della  legge  reg.
Lombardia n. 33 del 2017, la mancata previsione di un  coinvolgimento
del MIUR nella valutazione del triennio di sperimentazione sarebbe un
mero refuso, tra l'altro neppure astrattamente idoneo a impedire allo
stesso di valutare i risultati  anche  dopo  la  fine  del  triennio.
Refuso che secondo la difesa regionale sarebbe stato gia' chiarito in
sede di controdeduzioni  alle  osservazioni  formulate  dagli  uffici
ministeriali. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri  ha  promosso,  in
riferimento agli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della  Costituzione,
questioni di legittimita' costituzionale  degli  artt.  1,  comma  1,
lettera b) - nella parte in cui sostituisce gli artt. 33, comma 3,  e
34, comma 2, lettera c),  della  legge  della  Regione  Lombardia  30
dicembre 2009, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di
sanita') - e 2 della legge della stessa Regione 12 dicembre 2017,  n.
33,  recante  «Evoluzione  del  Sistema   Socio-Sanitario   Lombardo:
modifiche al Titolo III "Disciplina dei rapporti tra la Regione e  le
Universita' della Lombardia con facolta' di medicina e chirurgia  per
lo svolgimento di attivita' assistenziali, formative  e  di  ricerca"
della legge regionale 30 dicembre 2009,  n.  33  (Testo  unico  delle
leggi regionali in materia di sanita')». 
    2.- La difesa statale, in primo luogo, censura l'art. 1, comma 1,
lettera b), della legge della Reg. Lombardia n. 33  del  2017,  nella
parte in cui  sostituisce  l'art.  33,  comma  3,  della  legge  reg.
Lombardia n. 33 del 2009, perche' in contrasto  con  il  decreto  del
Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca,  adottato
di concerto con il Ministro della salute, 13  giugno  2017,  n.  402,
attuativo dell'art. 20,  comma  3-bis,  del  decreto  legislativo  17
agosto 1999, n. 368 (Attuazione della direttiva 93/16/CE  in  materia
di libera circolazione dei medici e di reciproco  riconoscimento  dei
loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE,
98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CE). 
    2.1.- Tale decreto consente alla scuola  di  specializzazione  di
avvalersi di strutture di supporto pubbliche o private di specialita'
diversa da quella di  sede,  dette  «strutture  complementari»,  solo
attraverso specifiche convenzioni e purche' si  tratti  di  strutture
accreditate e contrattualizzate con il Servizio sanitario  nazionale.
Queste  condizioni  non  sarebbero  richiamate   dalla   disposizione
impugnata, che non garantirebbe cosi' lo standard formativo richiesto
dalla disciplina statale per  l'area  sanitaria,  in  violazione  dei
principi  fondamentali  della  legislazione  statale  in  materia  di
«tutela della salute» ex art. 117, terzo comma, Cost. 
    3.- La parte ricorrente,  in  secondo  luogo,  impugna  la  nuova
formulazione dell'art. 34, comma 2, lettera  c),  della  legge  della
Reg. Lombardia n. 33 del  2009,  anch'essa  introdotta  dall'art.  1,
comma 1, lettera b), della legge della Reg. Lombardia n. 33 del 2017,
secondo cui allo specializzando e' consentito svolgere «autonomamente
specifici compiti che gli sono stati affidati, fermo restando che  il
tutor  deve  essere  sempre  disponibile  per  la   consultazione   e
l'eventuale tempestivo intervento». 
    3.1.-  La  disposizione  regionale,  consentendo  al  medico   in
formazione   specialistica   di   svolgere   la   propria   attivita'
autonomamente e  limitando  l'intervento  del  tutor  a  un'eventuale
consultazione o a un tempestivo intervento, contrasterebbe con l'art.
117, terzo comma, Cost., in relazione ai principi fondamentali  della
legislazione statale  in  materia  di  «tutela  della  salute»  e  di
«professioni». In particolare, sarebbe violato l'art.  38,  comma  3,
del d.lgs. n. 368  del  1999,  ove  si  stabilisce  che  la  graduale
assunzione di compiti assistenziali e l'esecuzione di interventi  con
autonomia da parte dello specializzando - concordati,  ai  sensi  del
comma 4, dal consiglio della scuola con la direzione sanitaria e  con
i dirigenti responsabili  delle  strutture  delle  aziende  sanitarie
presso le quali lo stesso svolge la formazione - siano vincolate alle
direttive ricevute dal tutor e comunque non sostitutive del personale
del ruolo; inoltre, verrebbe  leso  anche  l'art.  1,  comma  2,  del
decreto  legislativo  30  dicembre  1992,  n.  502  (Riordino   della
disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della  legge
23 ottobre 1992, n. 421), secondo cui il Servizio sanitario nazionale
assicura i livelli essenziali e uniformi di assistenza nel  rispetto,
tra l'altro, del principio della qualita' delle  cure  e  della  loro
appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze. 
    4.-  Da  ultimo,  viene  censurato  l'art.  2  della  legge  Reg.
Lombardia n. 33 del 2017, che stabilisce un periodo  sperimentale  di
cinque anni per la  disciplina  introdotta  dalla  stessa  legge,  al
termine del quale la Regione,  in  collaborazione  con  il  Ministero
della salute e il Ministero dell'istruzione dell'universita' e  della
ricerca (da qui: MIUR), valuta  i  risultati  della  sperimentazione,
mentre, in collaborazione con il solo  Ministero  della  salute,  una
prima verifica  e'  effettuata  al  termine  del  primo  triennio  di
sperimentazione,  al  fine  di   individuare   eventuali   interventi
correttivi. 
    4.1.-  La  disposizione  impugnata  violerebbe  il  principio  di
ragionevolezza e  il  principio  di  buon  andamento  della  pubblica
amministrazione di cui agli artt. 3 e 97  Cost.,  in  quanto  non  vi
sarebbe il coinvolgimento del MIUR al termine del primo  triennio  di
sperimentazione, pur essendo tale Ministero, al  pari  del  Ministero
della salute, responsabile  della  qualita'  della  formazione  degli
specializzandi. 
    5.- La questione di legittimita' costituzionale relativa all'art.
1, comma 1, lettera b), della legge reg. Lombardia n.  33  del  2017,
nella parte in cui sostituisce l'art. 33, comma 3, della  legge  reg.
Lombardia n. 33 del 2009, non e' fondata. 
    5.1.-   La   disposizione   impugnata   interviene    nell'ambito
dell'organizzazione delle scuole di specializzazione, in  particolare
riguardo  ai  rapporti   con   il   Servizio   sanitario   nazionale,
disciplinando dunque aspetti riconducibili alla materia della «tutela
della salute». Essa va inquadrata nell'ambito della disciplina in cui
s'inserisce. 
    L'art. 33, commi 1 e 2, dalla legge reg. Lombardia n. 33 del 2009
stabilisce che ciascuna scuola di specializzazione deve  fondarsi  su
una rete formativa composta di strutture universitarie e di strutture
del servizio sociosanitario regionale, le quali devono possedere  gli
standard generali e specifici relativi  alle  capacita'  strutturali,
tecnologiche, organizzative e assistenziali previste dalla  normativa
nazionale e regionale. Ed e' il precedente art.  28  a  delineare  la
rete dell'assistenza,  della  didattica,  della  formazione  e  della
ricerca, comprendendo in essa le aziende sanitarie e ospedaliere,  le
strutture private accreditate, gli istituti  di  ricovero  e  cura  a
carattere scientifico, gli  erogatori  sociosanitari  pubblici  e  le
universita' della Lombardia ove sia presente la facolta' di  medicina
e chirurgia (comma 3). 
    Deve ritenersi, pertanto,  che  la  necessaria  coerenza  con  il
modello di rete disciplinato dalla legge reg.  Lombardia  n.  33  del
2009,  che  richiama  proprio  i  soggetti  del  Servizio   sanitario
regionale, unita al rinvio alla normativa nazionale vigente, facciano
si' che la disposizione regionale non escluda quanto  previsto  dalla
normativa statale riguardo alla necessita'  di  coinvolgere  solo  le
strutture accreditate e contrattualizzate con il  Servizio  sanitario
nazionale. 
    Alle medesime conclusioni puo' giungersi anche per la  necessita'
di un'apposita convenzione tra la scuola  di  specializzazione  e  le
strutture complementari. Il ricorso alla convenzione  costituisce  lo
strumento che normalmente regola i rapporti  tra  l'universita'  e  i
soggetti erogatori del Servizio sanitario  nazionale,  in  attuazione
dei relativi protocolli d'intesa con la Regione. La qual cosa, non  a
caso,  trova  conferma  nell'art.  29,  comma  3,  della  legge  reg.
Lombardia n. 33 del 2009. 
    Ne  deriva,  quindi,  che  una  ricostruzione  sistematica  della
disciplina regionale consente di escludere che la stessa si  discosti
dai principi indicati dal d.lgs. n. 368 del 1999, attuati dal decreto
interministeriale n. 402 del 2017. 
    6.- La questione di legittimita' costituzionale relativa all'art.
1, comma 1, lettera b), della legge reg. Lombardia n.  33  del  2017,
nella parte in cui modifica l'art. 34, comma  2,  lettera  c),  della
legge reg. Lombardia n. 33 del 2009, non e' fondata. 
    6.1.- La disposizione  impugnata  interviene  a  regolare  taluni
aspetti concernenti le  attivita'  di  formazione  specialistica  dei
medici, la cui disciplina e' stata ricondotta da questa Corte in  via
prevalente alle materie delle «professioni»  e  della  «tutela  della
salute» di cui all'art. 117, terzo comma, Cost. (sentenza n. 126  del
2014). Dalla formazione del medico specializzando, infatti, dipendono
tanto  l'esercizio  della  professione,  quanto  la  qualita'   delle
prestazioni rese all'utenza. 
    La  disciplina  statale  prefigura  una   progressiva   autonomia
operativa del medico in formazione, con la possibilita'  di  eseguire
interventi assistenziali, purche' cio' avvenga  con  gradualita',  in
coerenza con il percorso formativo e comunque con la supervisione  di
un  medico  strutturato,  preferibilmente   il   tutore   (cosiddetta
"autonomia vincolata"). D'altronde, pur volendo ritenere che non  sia
sempre necessaria la costante presenza  fisica  del  tutor  o  di  un
medico di ruolo in ciascuna attivita' dello specializzando (cosa  che
neppure la legislazione statale prevede), l'autonomia di quest'ultimo
non potrebbe comunque mai prescindere dalle direttive del tutore. 
    In altri termini, l'art. 38, comma 3, del d.lgs. n. 368 del  1999
coniuga  due  principi:  il  principio   dell'insostituibilita'   del
personale strutturato da parte dello specializzando  e  quello  della
sua graduale assunzione di  responsabilita'  e  autonomia  operativa.
Tali principi hanno trovato applicazione nel decreto  del  Presidente
del Consiglio  dei  ministri  6  luglio  2007,  che  ha  definito  lo
schema-tipo del contratto di formazione specialistica, rinviando, per
quanto  non  espressamente  previsto,  alle  specifiche  disposizioni
regionali in materia, quando compatibili  con  la  normativa  statale
vigente e con  lo  stesso  contratto.  Residua,  dunque,  uno  spazio
d'intervento per il legislatore regionale, come gia' riconosciuto  da
questa Corte (sentenza n. 126 del 2014). 
    6.2.- Cio' precisato, la nuova formulazione dell'art.  34,  comma
2, lettera c), della legge reg. Lombardia n. 33 del 2009 puo'  essere
interpretata  in  senso  conforme  alla   legislazione   statale   di
principio. 
    La disposizione impugnata,  infatti,  prevedendo  che  il  medico
specializzando possa svolgere autonomamente specifici compiti che gli
sono stati affidati, fa leva su un atto del tutor, l'affidamento, che
nel contesto della formazione non puo' non essere accompagnato  dalle
direttive dello stesso tutor. Si tenga anche conto  che  il  comma  3
dell'art. 34, in coerenza con l'art. 38, comma 4, del d.lgs.  n.  368
del 1999, stabilisce che l'assunzione di compiti assistenziali  e  la
connessa progressiva attribuzione  di  responsabilita'  sono  oggetto
d'indirizzo e di valutazione da parte  del  consiglio  della  scuola,
considerate le proposte definite d'intesa tra i medici in  formazione
specialistica, i tutor individuali  e  i  responsabili  delle  unita'
operative nelle quali si svolge la formazione. 
    Le attivita' in questione, dunque, all'interno della  cornice  di
limitata autonomia che la stessa legislazione statale riconosce  allo
specializzando,  non  possono   prescindere   dalle   direttive   del
formatore, alla cui valutazione spetta la decisione  sul  quantum  di
autonomia  dello  specializzando.  Inoltre,  la  formulazione   della
disposizione impugnata e' tale da impedire  che  allo  specializzando
possano essere affidate responsabilita' senza la  disponibilita'  del
personale medico strutturato. Anzi, tale formulazione precisa che  e'
il tutor a dover essere sempre disponibile  per  la  consultazione  e
l'eventuale  tempestivo  intervento,  secondo  un'impostazione  assai
rigorosa in materia.  Essa  richiede  infatti  la  necessaria  pronta
disponibilita' e idoneita'  al  tempestivo  intervento  dello  stesso
tutor e non di altri. 
    7.- La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della
legge reg. Lombardia n. 33 del 2017 e' fondata. 
    7.1.- Come affermato dalla stessa difesa regionale e come  emerge
dall'interlocuzione  tra  la  Regione  e  il  Ministro  degli  affari
regionali, l'omessa indicazione del  coinvolgimento  del  MIUR  nella
valutazione  intermedia  (dopo  tre   anni)   della   sperimentazione
costituirebbe un mero refuso. Tale refuso,  tuttavia,  non  e'  stato
oggetto di alcun  intervento  correttivo  da  parte  del  legislatore
regionale. 
    Dunque, sebbene il MIUR possa comunque essere coinvolto in virtu'
delle proprie  competenze  in  materia,  la  mancata  menzione  dello
stesso, proprio in quanto oggetto di un refuso, comporta  un'evidente
irragionevolezza della disposizione regionale impugnata. In tal modo,
infatti, permane nella formulazione letterale della  disposizione  un
elemento  certo,  pur  se   involontario,   d'irrazionalita'   e   di
contraddittorieta', che determina  un'incoerenza  sicuramente  lesiva
della Costituzione (sentenza  n.  185  del  1992),  non  rinvenendosi
alcuna giustificazione nel distinguere il  ruolo  dei  due  ministeri
competenti a seconda della fase della valutazione. 
    Pertanto, l'art. 2 della legge reg. Lombardia n. 33 del 2017 deve
ritenersi  illegittimo  per  violazione  dell'art.   3   Cost.,   con
assorbimento di ogni  ulteriore  profilo,  nella  parte  in  cui  non
prevede  che  la  verifica  al  termine   del   primo   triennio   di
sperimentazione sia effettuata dalla Regione anche in  collaborazione
con il Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  2  della
legge della Regione  Lombardia  12  dicembre  2017,  n.  33,  recante
«Evoluzione del Sistema Socio-Sanitario Lombardo: modifiche al Titolo
III "Disciplina dei rapporti tra la Regione e  le  Universita'  della
Lombardia con facolta' di medicina e chirurgia per lo svolgimento  di
attivita'  assistenziali,  formative  e  di  ricerca"   della   legge
regionale 30 dicembre 2009, n. 33 (Testo unico delle leggi  regionali
in materia di sanita')», nella  parte  in  cui  non  prevede  che  la
Regione effettua una prima verifica al termine del primo triennio  di
sperimentazione,  al  fine  di   individuare   eventuali   interventi
correttivi, anche in collaborazione con il Ministero dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca; 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera  b),  della  legge  reg.
Lombardia n. 33 del 2017, nella parte in cui sostituisce  l'art.  33,
comma 3, della legge della Regione Lombardia 30 dicembre 2009, n.  33
(Testo unico delle leggi regionali in materia di  sanita'),  promossa
dal Presidente del Consiglio dei ministri,  in  riferimento  all'art.
117, terzo comma, della Costituzione,  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe; 
    3) dichiara non fondata, nei sensi  di  cui  in  motivazione,  la
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  1,
lettera b), della legge reg. Lombardia n. 33 del 2017, nella parte in
cui modifica l'art.  34,  comma  2,  lettera  c),  della  legge  reg.
Lombardia n. 33 del 2009, promossa dal Presidente del  Consiglio  dei
ministri, in riferimento all'art. 117, terzo  comma,  Cost.,  con  il
ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 dicembre 2018. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                      Giuliano AMATO, Redattore 
                    Filomena PERRONE, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 27 dicembre 2018. 
 
                           Il Cancelliere 
                       F.to: Filomena PERRONE