N. 45 SENTENZA 6 febbraio - 13 marzo 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Edilizia e urbanistica ‒ Segnalazione certificata di inizio attivita'
  (SCIA) ‒ Tutela del terzo controinteressato rispetto  all'attivita'
  oggetto di segnalazione. 
- Legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento
  amministrativo   e   di   diritto   di   accesso    ai    documenti
  amministrativi), art. 19, comma 6-ter. 
-   
(GU n.12 del 20-3-2019 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PETRIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  19,  comma
6-ter, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in  materia  di
procedimento amministrativo e di  diritto  di  accesso  ai  documenti
amministrativi),  come  introdotto  dall'art.   6,   comma   1,   del
decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la
stabilizzazione finanziaria  e  per  lo  sviluppo),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n.  148,  promosso  dal
Tribunale amministrativo regionale per la Toscana,  nel  procedimento
vertente tra P. M. e  il  Comune  di  Campi  Bisenzio  e  altro,  con
ordinanza dell'11 maggio  2017,  iscritta  al  n.  129  del  registro
ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 40, prima serie speciale, dell'anno 2017. 
    Visti  l'atto  di  costituzione  di  P.  M.,  nonche'  l'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  5  febbraio  2019  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio; 
    uditi l'avvocato Flavia Pozzolini per P. M.  e  l'avvocato  dello
Stato Gianni De Bellis per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sezione
terza, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 11, 97, 117,  primo
comma  -  quest'ultimo  in  riferimento  all'art.  1  del  Protocollo
addizionale  alla  Convenzione  per  la  salvaguardia   dei   diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma  il  4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,
n. 848, e all'art. 6, paragrafo 3, del Trattato  sull'Unione  europea
(TUE), firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, entrato in vigore  il
1° novembre 1993 - e secondo comma, lettera m),  della  Costituzione,
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 19,  comma  6-ter,
della legge 7  agosto  1990,  n.  241  (Nuove  norme  in  materia  di
procedimento amministrativo e di  diritto  di  accesso  ai  documenti
amministrativi), nella parte in cui non prevede un termine finale per
la sollecitazione, da parte del terzo, dei poteri di  verifica  sulla
segnalazione  certificata   d'inizio   attivita'   (SCIA)   spettanti
all'amministrazione. 
    1.1.- Il rimettente espone in punto di fatto che: 
    - la ricorrente P. M., in data 14 settembre 2016 (e prima  ancora
nelle date 12 novembre e 16 dicembre 2015, nonche'  12  aprile  e  23
giugno 2016), aveva presentato al Comune di Campo Bisenzio istanza di
inibitoria dei lavori di manutenzione straordinaria  su  un  immobile
facente parte del suo condominio, oggetto di SCIA presentata da E. C.
il 6 dicembre 2012; 
    -  in  particolare,  gli  interventi  progettati  dal  segnalante
consistevano nell'apertura di una finestra a servizio di  una  camera
da letto posta al primo piano dell'edificio, nella demolizione di  un
tramezzo interno del  sottoscala,  nella  diversa  conformazione  dei
gradini di accesso all'abitazione e nella copertura dell'ingresso con
una  tettoia  di  modeste  dimensioni;  di  tali  lavori  era   stata
realizzata solo la finestra, poiche' il Comune li aveva sospesi,  con
ordinanza n. 4 del 14 gennaio 2013, dietro istanza dell'assemblea del
condominio  che  ne  lamentava  il  contrasto  con   il   regolamento
condominiale; 
    - avverso il silenzio serbato dall'amministrazione  P.  M.  aveva
proposto ricorso ai sensi dall'art. 31 dell'Allegato  1  (Codice  del
processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104
(Attuazione dell'articolo 44 della  legge  18  giugno  2009,  n.  69,
recante  delega   al   governo   per   il   riordino   del   processo
amministrativo), lamentando, nel merito, la illegittimita' della SCIA
per violazione  di  diverse  disposizioni  del  regolamento  edilizio
comunale e chiedendo al Tribunale adito di accertare l'illegittimita'
e inefficacia  della  SCIA  medesima  o  della  sola  parte  relativa
all'apertura   di   una   finestra   -   con    conseguente    ordine
all'amministrazione  di  adottare   i   provvedimenti   necessari   a
sanzionare le opere eseguite - ovvero  di  dichiarare  l'obbligo  del
Comune  resistente  di  pronunciarsi  sulle   istanze   di   verifica
presentate; 
    - si erano costituiti in giudizio il Comune di Campi  Bisenzio  e
il controinteressato E. C., eccependo la inammissibilita' del ricorso
per tardiva sollecitazione, da parte del terzo, dei poteri  inibitori
della pubblica amministrazione, la inammissibilita' delle  azioni  di
mero accertamento e,  secondo  la  sola  amministrazione  resistente,
anche la inammissibilita' del ricorso per carenza  di  legittimazione
attiva; 
    - il TAR adito, con sentenza non  definitiva  n.  618  del  2017,
aveva  esaminato  e  respinto  l'eccezione  di  inammissibilita'  per
difetto di legittimazione  attiva,  evidenziando  come  nella  specie
sussistessero  i  presupposti  della  cosiddetta   vicinitas,   quale
«peculiare fattore  di  legittimazione»  all'azione  giurisdizionale;
aveva esaminato e dichiarato inammissibili le  due  prime  azioni  di
accertamento, stante il disposto dell'art.  19,  comma  6-ter,  della
legge n. 241 del 1990, a mente del quale «[g]li  interessati  possono
sollecitare l'esercizio delle verifiche spettanti all'amministrazione
e, in caso  di  inerzia,  esperire  esclusivamente  l'azione  di  cui
all'art. 31, commi l, 2 e 3, del decreto legislativo 2  luglio  2010,
n. 104»; aveva quindi avviato lo scrutinio  di  quest'ultima  azione,
esaminando l'eccezione di tardivita' della sollecitazione del  potere
inibitorio  della  PA  e  riservandosi  di  sollevare,  con  separata
ordinanza, questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  19,
comma 6-ter, della legge n. 241 del 1990,  nella  parte  in  cui  non
indica un termine entro il quale il terzo  e'  chiamato,  a  pena  di
decadenza, a sollecitare le verifiche amministrative sulla SCIA. 
    1.2.- Cio' premesso in punto  di  fatto,  il  rimettente  ritiene
utile, da un lato,  illustrare  «l'insieme  delle  norme  attualmente
regolanti l'istituto  della  SCIA»  e,  dall'altro,  «ripercorrere  i
passaggi fondamentali dell'evoluzione  giurisprudenziale  riguardante
la tutela del terzo controinteressato rispetto all'attivita'  oggetto
di segnalazione». 
    1.3.- Quando al quadro normativo di riferimento, il  TAR  Toscana
osserva che, l'art. 19, comma 1, della legge n. 241 del 1990 consente
al  privato  di  avviare,  mediante  semplice  SCIA,  l'esercizio  di
un'attivita'  che   dipende   esclusivamente   dall'accertamento   di
requisiti  e  presupposti   richiesti   dalla   legge   o   da   atti
amministrativi a contenuto generale e per la quale non  sia  previsto
alcun limite o  contingente  complessivo  o  specifici  strumenti  di
programmazione settoriale. 
    L'attivita' oggetto di SCIA  -  prosegue  il  rimettente  -  puo'
essere iniziata dalla data  della  presentazione  della  segnalazione
all'amministrazione  competente  (comma  2),  salvo  il   potere   di
quest'ultima di verificare  successivamente  l'effettiva  sussistenza
dei suoi presupposti. In caso di accertata carenza  di  quest'ultimi,
l'attuale   versione   dell'art.   19,   comma   3,    prevede    che
l'amministrazione  adotti  motivati  provvedimenti  di   divieto   di
prosecuzione dell'attivita' e di rimozione  degli  eventuali  effetti
dannosi,  nonche',  ove   possibili,   provvedimenti   diretti   alla
conformazione dell'attivita' ai requisiti di legge,  purche'  proceda
in tal senso entro sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione
certificata del privato, ovvero trenta giorni nei  casi  di  SCIA  in
materia edilizia (comma 6-bis). Ai sensi del successivo comma 4,  una
volta decorsi i suddetti termini, l'amministrazione competente adotta
comunque i provvedimenti previsti dal medesimo comma 3 ma in tal caso
alle condizioni previste dall'art. 21-novies della  stessa  legge  n.
241 del 1990, che disciplina il potere di annullamento in  autotutela
dei provvedimenti illegittimi. 
    Alla luce di tali disposizioni, dunque,  il  potere  di  verifica
spettante all'amministrazione a seguito della  presentazione  di  una
SCIA assumerebbe natura diversa a seconda che venga esercitato  prima
o dopo il decorso dei citati termini di sessanta o trenta giorni. 
    Nel primo caso l'amministrazione sarebbe tenuta solo ad accertare
la sussistenza o meno dei presupposti di  legge  per  lo  svolgimento
dell'attivita' segnalata e, pertanto, i poteri «repressivi» sarebbero
doverosi  e  vincolati.  Nel   secondo   caso,   invece,   i   poteri
dell'amministrazione sarebbero discrezionali, in quanto soggetti agli
stessi presupposti previsti dalla legge per l'annullamento d'ufficio,
tra cui l'obbligo di previa valutazione delle  ragioni  di  interesse
pubblico giustificative della loro adozione. 
    1.4.- Quanto al panorama giurisprudenziale,  il  TAR  Toscana  si
sofferma  sulla  sistemazione  data  alla  materia   dalla   sentenza
dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 29 luglio 2011, n.  15,
secondo cui: 
    a) la scadenza dei termini di cui all'art. 19, commi 3  e  6-bis,
senza che l'amministrazione abbia esercitato i poteri  inibitori  ivi
previsti, da' luogo alla formazione di una determinazione  tacita  di
conclusione negativa del procedimento di  accertamento  di  eventuali
vizi della segnalazione nonche'  di  diniego  di  esercizio  di  quei
poteri, con conseguente  onere  per  il  terzo  controinteressato  di
proporre avverso tale provvedimento tacito l'azione  di  annullamento
entro l'ordinario  termine  decadenziale  decorrente  dalla  data  di
acquisita conoscenza dell'iniziativa pregiudizievole; 
    b) il controinteressato che abbia impugnato il silenzio negativo,
benche' siano scaduti i  termini  per  l'adozione  dei  provvedimenti
inibitori,  ha  comunque  diritto  «ad  ottenere  una  pronuncia  che
impedisca lo svolgimento  di  un'attivita'  illegittima  mediante  un
precetto  giudiziario  puntuale  e   vincolante   che   non   subisca
l'intermediazione   aleatoria    dell'esercizio    di    un    potere
discrezionale»; percio' esso  puo'  sempre  proporre,  congiuntamente
all'azione di annullamento del diniego tacito, la  cosiddetta  azione
di  adempimento,  tesa  ad  ottenere  una   pronuncia   che   imponga
all'amministrazione l'adozione del negato  provvedimento  inibitorio,
ove non vi siano spazi per la regolarizzazione della  SCIA  ai  sensi
del comma 3 dell'art. 19 della legge n. 241 del 1990; 
    c) nelle more della formazione del titolo tacito,  il  terzo  che
abbia  avuto  conoscenza  dell'iniziativa  segnalata  puo'   proporre
un'azione di accertamento autonoma in ordine alla legittimita' o meno
della SCIA (azione suscettibile di conversione automatica  nel  mezzo
impugnatorio in caso di sopravvenuta emanazione dell'atto  conclusivo
del procedimento di verifica), nonche', congiuntamente a tale azione,
chiedere la tutela interinale di cui agli artt. 55 e 61 dell'Allegato
1 al decreto legislativo n. 104 del 2010 (d'ora in avanti: cod. proc.
amm.). 
    1.5.- Il rimettente prosegue osservando che, immediatamente  dopo
la  citata  sentenza  dell'Adunanza  plenaria,  il   legislatore   ha
introdotto la  disposizione  censurata,  con  cui,  da  un  lato,  ha
chiarito che «la segnalazione certificata  di  inizio  attivita',  la
denuncia e la dichiarazione di  inizio  attivita'  non  costituiscono
provvedimenti taciti direttamente  impugnabili»;  e,  dall'altro,  ha
previsto che, al fine di contestare la  sussistenza  dei  presupposti
dell'attivita' segnalata, il terzo ha facolta'  di:  a)  «sollecitare
l'esercizio delle verifiche spettanti all'amministrazione»; b) «e, in
caso di inerzia, esperire esclusivamente l'azione di cui all'art. 31,
commi l, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104». 
    L'attuale quadro normativo, quindi, escluderebbe gli strumenti di
tutela riconosciuti dall'Adunanza plenaria con la sentenza n. 15  del
2011  e,  in  particolare,  l'azione  di  annullamento  (non  essendo
configurabile alcun provvedimento tacito) e l'azione di accertamento,
potendo il terzo, in  caso  di  inerzia  dell'amministrazione,  agire
«esclusivamente» con l'azione avverso il silenzio inadempimento. 
    1.6.- Secondo il rimettente, poi, il potere sollecitato dal terzo
con l'azione avverso il silenzio  sarebbe  quello  inibitorio  avente
natura doverosa e vincolata e non quello discrezionale di autotutela. 
    In questo senso deporrebbero i seguenti  rilievi:  1)  il  terzo,
prima di promuovere il ricorso, e' tenuto a «sollecitare  l'esercizio
delle verifiche spettanti all'amministrazione», il che  dimostrerebbe
che  ha  l'onere  di  attivare  un  procedimento  di   verifica   dei
presupposti  della  SCIA  separato  ed  autonomo  rispetto  a  quello
disciplinato dal comma 3 dell'art. 19; 2) la disposizione richiama  i
commi 1 e  2  dell'art.  31  cod.  proc.  amm.,  che  individuano  il
presupposto   dell'azione   avverso   il    silenzio    inadempimento
nell'obbligo di concludere il  procedimento  amministrativo  mediante
una determinazione espressa, obbligo,  che,  come  e'  noto,  non  e'
configurabile rispetto al potere di autotutela; 3) il richiamo  anche
al comma 3 dell'art. 31 cod. proc. amm., secondo cui il giudice adito
con l'azione avverso il silenzio puo' «pronunciare  sulla  fondatezza
della pretesa dedotta in giudizio», puo' avere  senso  esclusivamente
con riferimento a un potere  vincolato;  4)  l'opposta  tesi  darebbe
luogo a una interpretazione della norma non conforme a  Costituzione,
poiche', come chiarito dalla stessa Adunanza plenaria nella  sentenza
citata,  il  controinteressato  avrebbe  diritto  di   ottenere   una
pronuncia che impedisca lo svolgimento  di  un'attivita'  illegittima
senza passare dalla intermediazione aleatoria  dell'esercizio  di  un
potere discrezionale, quale quello di autotutela. 
    1.7.- Osserva ancora il giudice a quo che il meccanismo di tutela
del terzo congegnato dall'art. 19, comma 6-ter, della  legge  n.  241
del 1990 richiede, per la sua concreta operativita', l'individuazione
di tre distinti termini: il primo e' quello entro il quale  il  terzo
deve  sollecitare  le  verifiche  spettanti  all'amministrazione;  il
secondo e' quello entro cui l'amministrazione si deve pronunciare  su
tale istanza e  decorso  il  quale  essa  deve  considerarsi  inerte;
l'ultimo e' quello entro il quale il  terzo  deve  esperire  l'azione
avverso il silenzio mantenuto dall'amministrazione. 
    Il secondo e il terzo termine sarebbero agevolmente  rinvenibili:
quello concesso  all'amministrazione  per  pronunciarsi  sull'istanza
sollecitatoria  del  privato  si  ricava  dalla  disciplina  generale
dettata dall'art. 2 della legge n. 241  del  1990,  secondo  cui,  in
mancanza  di  una  diversa  previsione  normativa,   i   procedimenti
amministrativi ad istanza di parte devono  concludersi  entro  trenta
giorni dal ricevimento della domanda; il termine per la  proposizione
dell'azione sul silenzio e' invece  fissato  espressamente  dall'art.
31, comma 2, cod. proc. amm., secondo cui essa puo' essere  intentata
fintanto che perdura l'inadempimento e, comunque, non oltre  un  anno
dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento. 
    Non sarebbe invece fissato dalla  norma  censurata,  ne'  sarebbe
ricavabile dal sistema, il termine  entro  il  quale  il  terzo  deve
presentare    l'istanza    di    sollecitazione    delle    verifiche
amministrative, donde la «possibilita' interpretativa  in  base  alla
quale il terzo  resterebbe  sempre  libero  di  presentare  l'istanza
sollecitatoria dei poteri amministrativi inibitori nonche'  di  agire
ex  art.  31  c.p.a  avverso  il   silenzio   eventualmente   serbato
dall'Amministrazione, che e' esattamente  la  lettura  offerta  dalla
ricorrente (che richiama solo il termine prescrizionale decennale)». 
    1.8.- Il TAR Toscana  ritiene  quindi  di  dovere  verificare  la
bonta' delle tesi che hanno per contro rivenuto  un  termine  per  la
sollecitazione del terzo. 
    1.8.1.- Non  sarebbe  convincente  la  tesi  che  il  termine  in
questione sia lo stesso assegnato all'amministrazione per l'esercizio
del suo potere inibitorio, cioe' sessanta ovvero trenta giorni  dalla
presentazione della SCIA, secondo quanto disposto dai commi 3 e 6-bis
dell'art. 19 della legge n. 241 del 1990, in  quanto  «manifestamente
illogica»:   tali   termini   sono   strutturati   con    riferimento
all'esercizio dei poteri di verifica d'ufficio, il che giustifica che
il loro dies a quo sia fatto  coincidere  con  il  ricevimento  della
segnalazione da parte dell'amministrazione, ma essi  finirebbero  per
risultare di pratica inoperativita' ove applicati all'esercizio della
sollecitazione del  terzo,  atteso  che  nessuna  norma  assicura  la
tempestiva comunicazione ad esso della presentazione della  SCIA  ne'
tanto meno dell'inizio dell'attivita' segnalata; il terzo  finirebbe,
quindi,  per  rimanere  privo  di  qualsiasi  forma  di  tutela,  ove
apprendesse dell'intervento dopo  il  decorso  del  termine  concesso
all'amministrazione per provvedere; d'altra parte, anche ove il terzo
si attivasse tempestivamente ma in prossimita' della scadenza di tale
termine,  ben  difficilmente  otterrebbe  l'intervento  cui   aspira,
restringendosi l'arco temporale entro cui l'amministrazione  dovrebbe
accertare l'illegittimita' dell'attivita' oggetto  di  SCIA,  nonche'
inibirne la prosecuzione. 
    1.8.2.- Nemmeno potrebbe condividersi  la  diversa  tesi  che  la
facolta' del controinteressato di proporre l'istanza  inibitoria  sia
soggetta al termine decadenziale di sessanta giorni previsto  per  la
proposizione dell'ordinario ricorso  annullatorio,  termine  che,  in
caso di SCIA, decorrerebbe dalla  data  in  cui  il  terzo  ha  avuto
notizia della segnalazione lesiva (con la precisazione  che,  spirato
tale termine, esso conserverebbe in ogni caso il  potere  di  diffida
dell'amministrazione all'adozione di atti di autotutela). 
    Tale  interpretazione  non  terrebbe   conto   della   diversita'
ontologica delle due fattispecie: da un lato, la proposizione  di  un
ricorso  giurisdizionale  avverso  provvedimenti  amministrativi   e,
dall'altro,   la   sollecitazione   del   privato   di   un'attivita'
amministrativa;   e   tale    diversita'    osterebbe    all'utilizzo
dell'analogia, possibile, ai sensi dell'art.  12  delle  disposizioni
preliminari al codice civile, solo  in  presenza  di  casi  simili  o
materie analoghe. 
    1.8.3.-  Ancora  non  condivisibile  sarebbe  l'ulteriore   tesi,
secondo cui il terzo, in applicazione dell'art.  31,  comma  2,  cod.
proc. amm., dovrebbe sollecitare l'amministrazione entro  l'anno  dal
deposito della SCIA. 
    Anche  questa  opzione  interpretativa,  nella  misura   in   cui
trasporta  il  termine  annuale  per  l'azione  avverso  il  silenzio
inadempimento  alla  sollecitazione,  da  parte  del   terzo,   delle
verifiche  amministrative  della   PA,   confonderebbe   un   termine
processuale (il primo) con un termine  per  l'avvio  di  un'attivita'
procedimentale (il secondo). 
    1.8.4.- Non condivisibile, ancora, sarebbe la tesi secondo cui il
soggetto leso dall'iniziativa segnalata sarebbe tenuto a proporre  il
ricorso  di  cui  all'art.  31  cod.  proc.  amm.  entro  il  termine
complessivo di un anno dalla data di acquisita «piena conoscenza  dei
fatti idonei a determinare un pregiudizio nella sua sfera giuridica». 
    Essa, infatti, applica il termine annuale dell'art. 31 cod. proc.
amm. anche prescindendo dalla  presentazione  della  diffida  di  cui
all'art. 19, comma 6-ter, della legge n. 241 del 1990,  in  contrasto
con la  natura  propria  dello  strumento  azionato,  che  presuppone
l'avvenuta presentazione di un'istanza di avvio (ovvero l'attivazione
d'ufficio) di un procedimento  amministrativo  e  la  formazione  del
cosiddetto silenzio inadempimento dell'amministrazione. 
    1.9.- Alla luce di tali considerazioni, secondo il  TAR  Toscana,
l'attuale  regime  della  SCIA  non  prevede  un   termine   per   la
presentazione, da parte del terzo, dell'istanza sollecitatoria  delle
verifiche amministrative di cui all'art.  19,  comma  6-ter,  e  tale
termine non e' desumibile dal sistema normativo, con  la  conseguenza
che la sua diffida dovrebbe ritenersi tempestiva anche se proposta  a
notevole distanza di tempo dall'avvenuto deposito della segnalazione. 
    Una simile lettura, tuttavia, si porrebbe in  evidente  contrasto
con l'esigenza di tutelare  l'affidamento  del  segnalante  circa  la
legittimita' dell'iniziativa intrapresa, con  il  principio  di  buon
andamento della pubblica amministrazione,  nonche'  con  il  generale
principio  di  certezza  dei  rapporti  tra  cittadino   e   pubblica
amministrazione,  esponendo  la  norma  a   dubbi   di   legittimita'
costituzionale. 
    1.10.- In punto di rilevanza, il TAR Toscana fa presente che, per
decidere la controversia, deve fare applicazione dell'art. 19,  comma
6-ter, della legge n. 241 del 190, e quindi  prendere  posizione  sul
tema del termine entro cui il terzo  puo'  sollecitare  le  verifiche
spettanti all'amministrazione. 
    L'azione giudiziaria era stata notificata il 23  ottobre  2016  e
quindi, anche considerando la prima delle  istanze  della  ricorrente
(presentata  il  12  novembre  2015),  essa   risulterebbe   proposta
nell'anno dalla  formazione  del  silenzio  sulla  richiesta  inviata
all'amministrazione. Conseguentemente, in  assenza  della  previsione
espressa  di  un  termine  per  sollecitare  l'intervento  inibitorio
dell'amministrazione, il Tribunale dovrebbe rigettare l'eccezione  di
tardivita',  nonostante  la   ricorrente   abbia   atteso   dopo   la
presentazione della SCIA ben due anni e undici mesi (tre anni e  nove
mesi, se si considera l'ultima istanza). 
    Una  eventuale  pronuncia  di  accoglimento  delle  questioni  di
legittimita' costituzionale sollevate  avrebbe,  per  contro,  sicuri
effetti sulla decisione del rimettente, sia nell'ipotesi di pronuncia
additiva con cui la  Corte  dovesse  fornire  al  giudice  a  quo  il
parametro temporale sulla cui base  verificare  la  tardivita'  della
sollecitazione  dei  poteri  inibitori  da  parte  del   terzo,   sia
nell'ipotesi di declaratoria «pura» di illegittimita'  costituzionale
dell'art. 19, comma 6-ter, per  mancata  previsione  del  termine  di
sollecitazione dei poteri di verifica dell'amministrazione. 
    1.11.- In punto di non manifesta infondatezza, il giudice  a  quo
ritiene che la disposizione, cosi' interpretata,  contrasterebbe  con
il principio - ricavabile dagli artt.  3,  11  e  117,  primo  comma,
Cost.,  quest'ultimo  in  relazione   all'art.   1   del   Protocollo
addizionale alla CEDU e all'art. 6, paragrafo  3,  TUE  -  di  tutela
dell'affidamento del segnalante, che  sarebbe  esposto  sine  die  al
rischio dell'inibizione dell'attivita' oggetto di SCIA. 
    Le esigenze dell'affidamento del segnalante  sarebbero  evidenti,
laddove si consideri che in caso di  verifica  effettuata  d'ufficio,
l'art. 19, comma 4,  della  legge  n.  241  del  1990,  prevede  che,
«[d]ecorso il termine per l'adozione  dei  provvedimenti  di  cui  al
comma 3, primo periodo, ovvero di  cui  al  comma  6-bis»  (cioe'  di
quelli inibitori), «l'amministrazione competente  adotta  comunque  i
provvedimenti previsti dal medesimo comma 3 alle condizioni  previste
dall'articolo 21 nonies»: e cioe',  tra  l'altro,  nel  rispetto  del
termine ragionevole massimo di diciotto mesi. 
    Le stesse esigenze ricorrerebbero anche nel caso in cui il potere
di verifica sia azionato dal terzo ai sensi del comma 6-ter,  sicche'
la mancata previsione  di  un  termine  darebbe  luogo  anche  a  una
violazione dell'art. 3 Cost., essendo irragionevole che l'affidamento
del   segnalante   venga    tutelato    con    la    «temporizzazione
dell'intervento» in autotutela dell'amministrazione e  non  nel  caso
dei poteri di verifica attivati dal terzo. 
    1.12.- Con specifico riguardo  alla  materia  edilizia,  poi,  la
soluzione normativa darebbe luogo, in violazione dell'art.  3  Cost.,
ad una irragionevole disparita' di  trattamento  tra  gli  interventi
assoggettati a SCIA e quelli assoggettati a  permesso  di  costruire,
dal momento che  in  tale  ultimo  caso  la  reazione  del  terzo  e'
possibile solo nel breve termine decadenziale per l'impugnazione  del
titolo edilizio espresso. 
    1.13.- La mancata previsione del termine determinerebbe,  ancora,
la lesione dei principi di ragionevolezza e  buon  andamento  di  cui
agli artt. 3 e 97 Cost., poiche' l'amministrazione sarebbe  costretta
a verificare i presupposti dell'attivita'  segnalata,  anche  qualora
sia trascorso  un  notevole  lasso  di  tempo  dalla  segnalazione  e
nonostante abbia gia' esercitato il controllo d'ufficio, con evidente
aggravio  dell'attivita'  amministrativa;  perche'  la   possibilita'
incondizionata di rivalutare, anche a  notevole  distanza  di  tempo,
l'assetto di interessi  gia'  definito  aumenterebbe  il  rischio  di
decisioni  amministrative  contraddittorie;  e  perche'  l'incertezza
normativa sull'esistenza di un termine e sul  suo  dies  a  quo  -  e
quindi  sull'obbligo  dell'amministrazione  di  attivarsi  a   fronte
dell'istanza del terzo - inciderebbe  sull'efficienza  dell'attivita'
amministrativa. 
    1.14.- La norma censurata, infine,  violerebbe  il  principio  di
ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., «in relazione» all'art.  117,
secondo comma, lettera m), Cost., perche' la mancata  previsione  del
termine si tradurrebbe in una violazione degli standard minimi che il
legislatore statale deve  assicurare  nella  normazione  dei  livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili  e  sociali
che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; perche'
darebbe luogo a una disciplina  contraddittoria,  che,  da  un  lato,
incentiva la semplificazione e la  liberalizzazione  delle  attivita'
economiche e, dall'altro, espone chi si  avvale  dell'istituto  della
SCIA al rischio permanente di  vedere  travolta,  su  iniziativa  del
terzo, l'attivita' segnalata; e  perche'  tradirebbe  «l'esigenza  di
uniformita'  normativa  che  caratterizza  l'istituto»,  aprendo  «la
strada a discipline territoriali  eterogenee  [...]  con  conseguente
disomogeneita' degli standards di tutela». 
    2.- Con atto depositato nella cancelleria di questa Corte  il  24
ottobre  2017,  e'  intervenuto  il  Presidente  del  Consiglio   dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, eccependo la non fondatezza delle  questioni  di  legittimita'
costituzionale sollevate dal rimettente. 
    Osserva l'interveniente che  -  dopo  la  sentenza  dell'Adunanza
plenaria n. 15 del 2011 che ha riconosciuto alla SCIA  il  valore  di
atto  con  valenza  comunicativa,  oggettivamente  e  soggettivamente
privato, non sostitutivo di un provvedimento tacito  e  pertanto  non
impugnabile - il legislatore con l'art. 6, comma 1, lettera  c),  del
decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la
stabilizzazione finanziaria  e  per  lo  sviluppo),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148,  ha  introdotto
nell'art. 19 della legge n. 241 del 1990 il  censurato  comma  6-ter,
con cui ha espressamente accolto la  tesi  della  non  impugnabilita'
della SCIA e ha precisato che i controinteressati possono sollecitare
l'esercizio delle verifiche spettanti all'amministrazione,  avendo  a
disposizione, in caso di inerzia, il solo rimedio dell'azione avverso
il silenzio. 
    Successivamente, il  legislatore  e'  intervenuto  a  regolare  i
poteri di autotutela,  esercitabili  dall'amministrazione  decorsi  i
termini di trenta e sessanta giorni previsti dal  comma  3  dell'art.
19, quando l'attivita' prevista dalla SCIA si presume essere in atto,
se non gia' completamente esaurita. 
    In particolare, la legge  7  agosto  2015,  n.  124  (Deleghe  al
Governo  in  materia  di   riorganizzazione   delle   amministrazioni
pubbliche), all'art. 6,  rubricato  «Autotutela  amministrativa»,  ha
inciso direttamente  sull'art.  19  della  legge  n.  241  del  1990,
riformulandone i commi 3 e  4.  Quest'ultimo  estende  alla  SCIA  la
disciplina dell'autotutela  dettata  dall'art.  21-novies,  anch'essa
modificata con la previsione del termine finale di diciotto mesi  per
il suo esercizio. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che,  alla  luce
di quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza  n.  49
del 2016 sulla necessaria ponderazione tra la tutela dell'affidamento
del privato e le esigenze alla  base  dell'intervento  amministrativo
sulle attivita' regolate in base a SCIA, le  sollevate  questioni  di
legittimita' costituzionale possano essere superate con  una  lettura
costituzionalmente orientata  della  norma  censurata,  in  combinato
disposto con il comma 4 dell'art.  19,  in  modo  da  individuare  un
termine  certo  per  l'esercizio   dei   poteri   di   sollecitazione
riconosciuti ai terzi controinteressati. 
    Cosi', il privato  potrebbe  sollecitare  i  poteri  di  verifica
dell'amministrazione nei termini di cui all'art. 19, commi 3 e 6-bis,
decorsi i quali, a tutela dell'affidamento del segnalante,  i  poteri
della  PA  sarebbero  esercitabili  non  liberamente  ma  solo   alle
condizioni previste dall'art. 21-novies della legge n. 241 del  1990;
scaduti i diciotto mesi,  pur  a  seguito  della  sollecitazione  del
privato, resterebbe preclusa all'amministrazione la  possibilita'  di
intervenire sull'attivita' oggetto di SCIA. 
    Aggiunge il Presidente del Consiglio dei ministri che,  nel  caso
in cui l'attivita' oggetto di SCIA non venga di fatto tempestivamente
iniziata e conseguentemente il terzo non sia in grado di proporre  la
sua  istanza  entro  i  termini  sopra  detti,  l'onere   della   sua
attivazione  dovra'  essere  condizionato  all'effettiva   intrapresa
dell'attivita'  segnalata,  «conformemente  ai  principi  del  codice
amministrativo». 
    3.- Con atto depositato nella cancelleria di questa Corte  il  17
ottobre 2017, si e' costituita P. M., ricorrente nel giudizio a quo. 
    3.1.-  La  parte   privata   ha   eccepito,   in   primo   luogo,
l'inammissibilita' delle questioni, perche'  il  rimettente,  per  un
verso,  prospetta  soluzioni  alternative   (pronuncia   additiva   e
declaratoria «pura»  di  incostituzionalita')  e,  per  altro  verso,
censura la discrezionalita' del legislatore senza prospettare l'unica
soluzione costituzionalmente compatibile, in violazione dell'art.  28
della legge 11 marzo 1953, n. 87  (Norme  sulla  costituzione  e  sul
funzionamento della Corte costituzionale). 
    3.2.- Ha eccepito,  poi,  il  difetto  di  rilevanza,  poiche'  i
parametri costituzionali invocati non sarebbero in  concreto  violati
nel caso di specie, sicche' le questioni sollevate si presenterebbero
come meramente ipotetiche ed eventuali. 
    3.3.- Nel merito, esse sarebbero infondate, perche'  la  facolta'
attribuita al terzo  di  attivare  il  doveroso  potere  di  verifica
dell'amministrazione non sarebbe sine die  ma  comunque  soggetta  al
termine decennale di prescrizione dei diritti, che  costituirebbe  un
termine di chiusura dell'ordinamento. 
    Quanto alla diversita' di trattamento rispetto ai soggetti il cui
intervento sia assoggettato a permesso di costruire, sarebbe evidente
che si tratta di congegni abilitativi assolutamente diversi,  sicche'
non potrebbe predicarsi una necessaria eguaglianza nei meccanismi  di
tutela. 
    Con riferimento alla censura di violazione del principio del buon
andamento, la previsione «di un vero e proprio stallo» dell'attivita'
amministrativa  sarebbe  infondata,  sia  perche'  «le  richieste  di
verifica in termini statistici sono sempre un numero minimo  rispetto
a  quello  delle  pratiche  semplificate»  sia   in   ragione   della
digitalizzazione dei procedimenti amministrativi. 
    In ogni caso, non sarebbe  affatto  dimostrato  come  l'attivita'
delle  amministrazioni  risulti  aggravata  dalla   norma   «rispetto
all'attivita' riconducibile ad una "accettabile" tutela che  comunque
dovrebbe riconoscersi al terzo». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sezione
terza,  ha  sollevato  questioni   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 19, comma 6-ter, della legge 7 agosto 1990, n.  241  (Nuove
norme in materia di  procedimento  amministrativo  e  di  diritto  di
accesso ai documenti amministrativi), nella parte in cui non  prevede
un termine finale per la sollecitazione,  da  parte  del  terzo,  dei
poteri di verifica sulla segnalazione certificata d'inizio  attivita'
(SCIA) spettanti alla pubblica amministrazione. 
    2.- Secondo il rimettente la  disposizione  censurata  viola,  in
primo luogo, gli artt. 3, 11 e 117, primo  comma  -  quest'ultimo  in
relazione all'art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione  per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle  liberta'  fondamentali
(CEDU), firmata  a  Roma  il  4  novembre  1950,  ratificata  e  resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e all'art. 6, paragrafo 3,
del Trattato sull'Unione europea (TUE), firmato  a  Maastricht  il  7
febbraio 1992, entrato in vigore il 1°  novembre  1993  -  e  secondo
comma,  lettera  m),   della   Costituzione,   perche'   non   tutela
l'affidamento del segnalante, che sarebbe esposto sine die al rischio
di inibizione dell'attivita' oggetto di SCIA. 
    L'art. 19, comma 6-ter, poi,  violerebbe,  sotto  altro  profilo,
l'art. 3 Cost.,  perche',  con  specifico  riferimento  all'attivita'
edilizia,  darebbe  luogo  ad   una   irragionevole   disparita'   di
trattamento tra il segnalante  e  coloro  che  realizzino  interventi
assoggettati a permesso di costruire, esposti alla reazione del terzo
per il solo termine di sessanta giorni previsto, a pena di decadenza,
per l'impugnazione del titolo edilizio espresso. 
    La disposizione  censurata,  ancora,  violerebbe  i  principi  di
ragionevolezza e buon andamento della pubblica amministrazione di cui
agli artt. 3 e 97 Cost., poiche' l'amministrazione sarebbe  costretta
a verificare i presupposti dell'attivita' segnalata anche qualora sia
trascorso un notevole lasso  di  tempo  dal  deposito  della  SCIA  e
nonostante  abbia  gia'  esercitato  il  controllo  d'ufficio,  cosi'
aggravandosi  l'attivita'  amministrativa;  perche'  la  possibilita'
incondizionata di rivalutare, anche a  notevole  distanza  di  tempo,
l'assetto di interessi  gia'  definito  aumenterebbe  il  rischio  di
decisioni  amministrative  contraddittorie;  e  perche'  l'incertezza
normativa sull'esistenza di un termine e sul dies  a  quo  della  sua
decorrenza - e quindi sull'obbligo dell'amministrazione di  attivarsi
a  fronte  dell'istanza  del  terzo  -  inciderebbe   sull'efficienza
dell'attivita' amministrativa. 
    Il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3  Cost.,  infine,
sarebbe violato anche «in relazione»  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera m), Cost., perche'  la  mancata  previsione  del  termine  si
tradurrebbe  in  una  violazione  degli  standard  minimi,   che   il
legislatore statale deve  assicurare  nella  normazione  dei  livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili  e  sociali
che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; perche'
darebbe luogo a una  disciplina  contraddittoria  che,  da  un  lato,
incentiva la semplificazione e la  liberalizzazione  delle  attivita'
amministrative e, dall'altro, espone chi  si  avvale  della  SCIA  al
rischio permanente di  vedere  travolta,  su  iniziativa  del  terzo,
l'attivita'  segnalata;   e   perche'   tradirebbe   «l'esigenza   di
uniformita'  normativa  che  caratterizza  l'istituto»,  aprendo  «la
strada a discipline territoriali  eterogenee  [...]  con  conseguente
disomogeneita' degli standards di tutela». 
    3.- La parte privata P. M., ricorrente nel  giudizio  a  quo,  ha
sollevato una prima eccezione di inammissibilita' delle questioni per
la natura ancipite del petitum, che  oscillerebbe  tra  la  richiesta
dell'addizione di un termine  e  la  caducazione  della  disposizione
censurata. 
    3.1.- L'eccezione non e' fondata. 
    E' vero che nell'ordinanza  di  rimessione  si  afferma  che  una
eventuale pronuncia di accoglimento di questa  Corte  avrebbe  sicuri
effetti sul giudizio a quo, sia nell'ipotesi di sentenza additiva che
fornisca  il  parametro  temporale  sulla  cui  base  verificare   la
tardivita' della sollecitazione,  da  parte  del  terzo,  dei  poteri
inibitori  della  pubblica  amministrazione,  sia   nell'ipotesi   di
declaratoria «pura» di illegittimita'  costituzionale  del  censurato
art.  19,   comma   6-ter   (ipotesi,   questa,   che,   nelle   more
dell'intervento del legislatore, secondo il TAR  Toscana,  renderebbe
necessario  applicare  il  diritto  vivente  formatosi  anteriormente
all'introduzione della norma censurata con la sentenza  dell'Adunanza
plenaria del Consiglio di Stato 29 luglio 2011, n. 15). 
    In tutti gli  altri  passaggi  della  motivazione,  tuttavia,  il
rimettente  dubita  della  legittimita'  costituzionale  della  norma
censurata, esclusivamente nella parte in cui non prevede  un  termine
finale per la sollecitazione, da  parte  del  terzo,  dei  poteri  di
verifica della PA: l'intera ordinanza e'  cioe'  costruita  in  senso
additivo. 
    4.- La seconda eccezione d'inammissibilita' sollevata dalla parte
privata riguarda anch'essa la natura del petitum, che si risolverebbe
nella richiesta di  un  intervento  additivo  priva  dell'indicazione
dell'unica  soluzione  costituzionalmente  obbligata,  in  violazione
dell'art.  28  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme   sulla
costituzione e sul funzionamento  della  Corte  costituzionale),  che
impedisce  a  questa  Corte  il   sindacato   sull'uso   del   potere
discrezionale del Parlamento. 
    4.1.- Anche questa eccezione non e' fondata. 
    La fissazione di un termine entro cui il terzo  controinteressato
puo' attivare i poteri di verifica dell'amministrazione  implica,  in
effetti, una scelta tra diverse  soluzioni,  come  e'  reso  evidente
dalla  molteplicita'  delle  tesi  sostenute   in   dottrina   e   in
giurisprudenza  e  illustrate   dal   rimettente,   soluzioni   tutte
rientranti   nella    discrezionalita'    del    legislatore    nella
configurazione degli  istituti  processuali  e  nella  fissazione  di
termini  di  decadenza  o  prescrizione  o  di   altre   disposizioni
condizionanti l'azione (ex plurimis, sentenze n. 6 del  2018,  n.  94
del 2017 e n. 155 del 2014). 
    Il giudice a quo,  tuttavia,  consapevole  della  difficolta'  di
individuare una soluzione a rime obbligate, a fronte  della  ritenuta
omissione  legislativa,  correttamente  ha  invocato  una   pronuncia
additiva di principio, che - come e' noto - e' utilizzata  da  questa
Corte  proprio  al  fine  di  non  invadere  la  sfera  riservata  al
legislatore e, nelle more del suo intervento, di fornire  al  giudice
comune uno strumento duttile per rinvenire  una  soluzione  del  caso
concreto conforme a Costituzione. 
    5.-  Con  la   terza   eccezione   la   parte   privata   lamenta
l'inammissibilita' delle questioni per difetto di rilevanza,  poiche'
il TAR Toscana  si  sarebbe  limitato  a  sostenere  di  dovere  fare
applicazione  della  norma  censurata,   senza   che   «i   parametri
costituzionali invocati risultino  [...]  in  concreto  violati»:  il
rimettente,  cioe',  avrebbe  sollevato  una  questione   del   tutto
«ipotetica ed eventuale», fermandosi  ad  un  esame  di  principio  o
«estetico» del quadro normativo di riferimento. 
    In   particolare,   quanto   alla   violazione   del    principio
dell'affidamento, il Tribunale non avrebbe considerato che  i  lavori
intrapresi dal segnalante erano stati immediatamente sospesi  e  tali
erano rimasti; e, quanto alla violazione degli artt. 3 e 97 Cost., il
Comune resistente nel giudizio a  quo  non  avrebbe  lamentato  alcun
aggravio della sua attivita' amministrativa, limitandosi ad affermare
l'assenza dell'obbligo di rispondere all'istanza della ricorrente. 
    5.1.- Anche questa eccezione e' infondata. 
    Il TAR Toscana, con motivazione  non  solo  plausibile  ma  anche
corretta, ha osservato che, per decidere sull'eccezione di tardivita'
sollevata dall'amministrazione e  dal  controinteressato,  deve  fare
applicazione della norma censurata,  che,  secondo  la  ricostruzione
fatta propria dal rimettente, consentirebbe al terzo  di  sollecitare
in ogni tempo le verifiche spettanti alla PA  sull'attivita'  oggetto
di SCIA (nel  caso  di  specie,  la  prima  sollecitazione  e'  stata
presentata dopo due anni ed undici  mesi  circa  dal  deposito  della
segnalazione e l'ultima dopo tre anni e nove mesi circa). 
    Tanto basta a fondare la rilevanza della questione (tra  le  piu'
recenti, sentenze n. 236 e n. 225 del 2018; ordinanze n. 184 e n. 171
del 2017), contrariamente a quanto affermato dalla parte privata. 
    6.-  Nel  merito,  oggetto  delle   questioni   di   legittimita'
costituzionale e' il comma 6-ter dell'art. 19 della legge n. 241  del
1990, il quale comma, chiarito che  la  segnalazione  certificata  di
inizio attivita', la denuncia e la dichiarazione di inizio  attivita'
non  costituiscono  provvedimenti  taciti  direttamente  impugnabili,
attribuisce  al  terzo  interessato  la  facolta'   di   «sollecitare
l'esercizio delle verifiche spettanti all'amministrazione e, in  caso
di inerzia, esperire esclusivamente  l'azione  di  cui  all'art.  31,
commi 1, 2 e 3», dell'Allegato 1 (Codice del processo amministrativo)
al  decreto  legislativo  2   luglio   2010,   n.   104   (Attuazione
dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al
governo per il riordino del processo amministrativo). 
    Nulla dice la disposizione circa il termine entro cui va fatta la
sollecitazione e, quindi, entro cui  vanno  esercitati  i  poteri  di
verifica. 
    Tale carenza, secondo il giudice a quo, non sarebbe colmabile  in
via interpretativa, come si desumerebbe dall'erroneita' di  tutte  le
tesi avanzate in proposito, e cio' esporrebbe la  norma  a  dubbi  di
legittimita' costituzionale. 
    7.- Certamente non sbaglia il  TAR  Toscana  a  ritenere  che  la
previsione di un  termine  costituisca,  nel  contesto  normativo  in
questione, un requisito essenziale dei poteri di verifica sulla  SCIA
a tutela dell'affidamento del segnalante (sentenza n. 49 del 2016). 
    Non puo' invece condividersi la tesi del rimettente, secondo  cui
tali poteri sarebbero "altri" rispetto a quelli  previsti  dai  commi
precedenti  e  sempre  vincolati,  cosicche'  non  sarebbe  possibile
mutuarne la disciplina. 
    7.1.- Come e' noto, l'art. 19 della legge n. 241 del 1990 prevede
che all'immediata intrapresa dell'attivita' oggetto  di  segnalazione
si accompagnino successivi poteri di controllo  dell'amministrazione,
piu' volte rimodulati, da ultimo dall'art. 6  della  legge  7  agosto
2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle
amministrazioni pubbliche). 
    In particolare, il comma 3 dell'art. 19 attribuisce  alla  PA  un
triplice ordine di poteri  (inibitori,  repressivi  e  conformativi),
esercitabili entro il termine  ordinario  di  sessanta  giorni  dalla
presentazione della SCIA, dando la preferenza a quelli  conformativi,
«[q]ualora sia possibile»; mentre il successivo comma 4 prevede  che,
decorso tale  termine,  quei  poteri  sono  ancora  esercitabili  «in
presenza delle condizioni» previste dall'art. 21-novies della  stessa
legge n. 241 del 1990. 
    Quest'ultimo,  a  sua   volta,   disciplina   l'annullamento   in
autotutela degli atti illegittimi, stabilendo che debba sussistere un
interesse pubblico ulteriore rispetto al ripristino della  legalita',
che si operi un bilanciamento fra gli interessi coinvolti e che,  per
i provvedimenti ampliativi della  sfera  giuridica  dei  privati,  il
potere debba essere esercitato entro il termine massimo  di  diciotto
mesi. 
    Il comma 6-bis dell'art. 19 applica questa disciplina anche  alla
SCIA edilizia, riducendo il termine di cui al comma 3 da  sessanta  a
trenta giorni e prevedendo, inoltre, che,  «restano  [...]  ferme  le
disposizioni     relative     alla      vigilanza      sull'attivita'
urbanistico-edilizia, alle responsabilita' e alle  sanzioni  previste
dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380,  e
dalle leggi regionali». 
    8.- Ebbene, contrariamente a quanto ritenuto dal rimettente, e' a
questi poteri che deve ritenersi faccia riferimento il comma 6-ter. 
    8.1.- A tale conclusione si perviene  anzitutto  sulla  base  del
dato testuale: la locuzione «verifiche spettanti all'amministrazione»
lascia chiaramente intendere  che  la  norma  rinvia  a  poteri  gia'
previsti. 
    8.2.- Questa piana lettura testuale trova conferma, da una parte,
nella  genesi  della  disposizione  censurata  e,  dall'altra,  nella
evoluzione del quadro normativo di riferimento. 
    Quanto al primo profilo,  il  comma  6-ter  e'  stato  introdotto
dall'art. 6, comma 1,  del  decreto-legge  13  agosto  2011,  n.  138
(Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo
sviluppo), convertito, con modificazioni, nella  legge  14  settembre
2011, n. 148, in aperta dialettica con la nota  sentenza  n.  15  del
2011 dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la  finalita'
di escludere  l'esistenza  di  atti  amministrativi  impugnabili  (il
cosiddetto silenzio-diniego) e quindi di limitare le possibilita'  di
tutela del terzo  all'azione  contro  il  silenzio,  inteso  in  modo
tradizionale  come  inadempimento.  Il  riferimento  alle  «verifiche
spettanti  all'amministrazione»,  dunque,  non  e'   finalizzato   ad
introdurre nuovi poteri, ma  e'  funzionale  alla  sollecitazione  da
parte del terzo. 
    Quanto al secondo profilo, la diversa opzione ermeneutica seguita
dal giudice a quo darebbe luogo  ad  una  evidente  incongruenza  del
sistema, per come si e' evoluto a seguito  della  introduzione  -  ad
opera della legge  n.  124  del  2015  -  del  termine  di  esercizio
dell'autotutela nell'art. 21-novies della  legge  n.  241  del  1990,
termine reso applicabile anche ai  poteri  di  controllo  sulla  SCIA
dall'art. 19, comma 4, della stessa legge: si avrebbe  qui,  infatti,
un potere sempre vincolato, e quindi  piu'  incisivo,  e  purtuttavia
temporalmente illimitato. 
    Piu' in generale, il riconoscimento di un potere "in bianco"  nel
comma 6-ter sarebbe  in  manifesto  contrasto  con  il  principio  di
legalità-tipicita' che  caratterizza,  qualifica  e  limita  tutti  i
poteri amministrativi, principio  che,  com'e'  noto,  ha  fondamento
costituzionale (artt. 23, 97, 103 e 113 Cost.) e va letto non solo in
senso formale, come necessita' di una previsione espressa del potere,
ma anche in senso sostanziale, come determinazione del suo ambito,  e
cioe' dei fini, del contenuto e delle  modalita'  del  suo  esercizio
(sentenze n. 115 del 2011, n. 32 del 2009, n. 307 del 2003 e  n.  150
del 1982). 
    8.3.- Non meno  evidente,  infine,  e'  l'incompatibilita'  della
lettura proposta con l'istituto della SCIA, per come conformato dalla
sua storia normativa e giurisprudenziale. 
    Il dato di fondo e' che si deve dare per acquisita la scelta  del
legislatore nel senso della liberalizzazione  dell'attivita'  oggetto
di segnalazione, cosicche' la fase amministrativa che ad essa  accede
costituisce  una  -  sia  pur  importante  -  parentesi  puntualmente
delimitata nei modi e nei tempi. 
    Una dilatazione temporale dei poteri di verifica, per di piu' con
modalita'  indeterminate,  comporterebbe,   invece,   quel   recupero
dell'istituto   all'area   amministrativa   tradizionale,   che    il
legislatore ha inteso inequivocabilmente escludere. 
    9.- Le verifiche cui e' chiamata l'amministrazione ai  sensi  del
comma  6-ter  sono  dunque  quelle  gia'  puntualmente   disciplinate
dall'art. 19, da esercitarsi entro i sessanta o trenta  giorni  dalla
presentazione della SCIA (commi 3 e 6-bis), e poi entro i  successivi
diciotto mesi (comma 4, che rinvia all'art. 21-novies). 
    Decorsi questi termini, la situazione soggettiva  del  segnalante
si  consolida  definitivamente  nei  confronti  dell'amministrazione,
ormai priva di poteri, e quindi anche del terzo. Questi, infatti,  e'
titolare di  un  interesse  legittimo  pretensivo  all'esercizio  del
controllo amministrativo, e quindi, venuta meno  la  possibilita'  di
dialogo con il corrispondente potere, anche l'interesse si estingue. 
    10.- Questa conclusione, che, oltre che  piana,  e'  necessitata,
non puo' essere messa in discussione dal timore del rimettente che ne
derivi un vulnus alla situazione giuridica soggettiva del terzo. 
    10.1.- Il problema indubbiamente esiste, ma  trascende  la  norma
impugnata. 
    Esso va affrontato in una prospettiva piu' ampia e sistemica  che
tenga conto dell'insieme degli strumenti apprestati  a  tutela  della
situazione giuridica del terzo. 
    In particolare, nella prospettiva  dell'interesse  legittimo,  il
terzo  potra'  attivare,  oltre  agli  strumenti   di   tutela   gia'
richiamati, i poteri di  verifica  dell'amministrazione  in  caso  di
dichiarazioni mendaci o false attestazioni, ai  sensi  dell'art.  21,
comma 1, della legge n. 241 del 1990 (in questo caso «non e'  ammessa
la conformazione dell'attivita' e dei suoi effetti a legge»);  potra'
sollecitare i poteri di vigilanza e repressivi di settore,  spettanti
all'amministrazione, ai sensi dell'art. 21, comma 2-bis, della  legge
n. 241 del 1990, come, ad esempio, quelli  in  materia  di  edilizia,
regolati dagli artt. 27 e seguenti del d.P.R. 6 giugno 2001, n.  380,
recante «Testo unico delle disposizioni legislative  e  regolamentari
in materia di edilizia. (Testo A)», ed espressamente richiamati anche
dall'art. 19, comma 6-bis. Esso  avra'  inoltre  la  possibilita'  di
agire in sede risarcitoria nei confronti della PA in caso di  mancato
esercizio del doveroso potere di verifica (l'art.  21,  comma  2-ter,
della legge n. 241  del  1990  fa  espressamente  salva  la  connessa
responsabilita' del dipendente che non abbia  agito  tempestivamente,
ove  la  segnalazione  certificata  non  fosse  conforme  alle  norme
vigenti). 
    Al di la' delle modalita'  di  tutela  dell'interesse  legittimo,
poi,  rimane  il  fatto  giuridico  di  un'attivita'  che  si  assuma
illecita, nei confronti della quale valgono le  ordinarie  regole  di
tutela civilistica del risarcimento del danno, eventualmente in forma
specifica. 
    Tutto cio', peraltro, non esclude l'opportunita' di un intervento
normativo sull'art. 19, quantomeno ai fini, da una parte, di  rendere
possibile  al  terzo  interessato  una  piu'   immediata   conoscenza
dell'attivita' segnalata e, dall'altra, di impedire  il  decorso  dei
relativi termini in presenza di una sua sollecitazione,  in  modo  da
sottrarlo al rischio del ritardo nell'esercizio del potere  da  parte
dell'amministrazione e  al  conseguente  effetto  estintivo  di  tale
potere. 
    11.- Cosi' ricostruita  la  portata  della  norma  censurata,  le
questioni di legittimita' costituzionale sollevate  dal  TAR  Toscana
non sono fondate. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non  fondate,  nei  sensi  di  cui  in  motivazione,  le
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 19,  comma  6-ter,
della legge 7  agosto  1990,  n.  241  (Nuove  norme  in  materia  di
procedimento amministrativo e di  diritto  di  accesso  ai  documenti
amministrativi), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 11, 97, 117,
primo comma - quest'ultimo in riferimento all'art. 1  del  Protocollo
addizionale  alla  Convenzione  per  la  salvaguardia   dei   diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma  il  4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,
n. 848, e all'art. 6, paragrafo 3, del Trattato  sull'Unione  europea
(TUE), firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, entrato in vigore  il
1° novembre 1993 - e secondo comma, lettera m),  della  Costituzione,
dal  Tribunale  amministrativo  regionale   per   la   Toscana,   con
l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 febbraio 2019. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                    Giancarlo CORAGGIO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 13 marzo 2019. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA