N. 57 SENTENZA 23 gennaio - 20 marzo 2019

Giudizio su conflitto di attribuzione tra Enti. 
 
Bilancio  e  contabilita'  pubblica -  "Programma  parallelo"   della
  Regione Umbria per il perseguimento delle  finalita'  previste  nel
  Piano di azione coesione [PAC]  per  la  revisione  strategica  dei
  programmi cofinanziati dai fondi strutturali 2007-2013 - Nota della
  Regione Umbria del 13 febbraio 2017 recante l'istanza all'immediato
  ripristino  delle  disponibilita'  economico  finanziarie  per   il
  suddetto Programma in esecuzione della  sentenza  n.  13  del  2017
  della Corte costituzionale. 
- Silenzio dell'Agenzia per la coesione territoriale,  del  Ministero
  dell'economia e delle finanze - Ragioneria generale dello  Stato  -
  Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea
  (IGRUE), e del Dipartimento per le  politiche  di  coesione,  sulla
  nota della Regione Umbria 13 febbraio 2017, prot. n. 33358-2017. 
-   
(GU n.13 del 27-3-2019 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici :Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,
  Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio   PROSPERETTI,
  Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, 
  
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio per conflitto  di  attribuzione  tra  enti  sorto  a
seguito del silenzio dell'Agenzia per la coesione  territoriale,  del
Ministero dell'economia e delle finanze - Ragioneria  generale  dello
Stato - Ispettorato generale per i rapporti finanziari  con  l'Unione
europea (IGRUE), e del Dipartimento per  le  politiche  di  coesione,
sulla  nota  della  Regione  Umbria  13  febbraio  2017,   prot.   n.
33358-2017, promosso dalla Regione Umbria, con ricorso notificato  il
28 aprile-3 maggio 2017, depositato in cancelleria il 5 maggio  2017,
iscritto al n. 2 del registro conflitti tra enti  2017  e  pubblicato
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  21,  prima   serie
speciale, dell'anno 2017. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  22  gennaio  2019  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio; 
    uditi  l'avvocato  Massimo  Luciani  per  la  Regione  Umbria   e
l'avvocato dello  Stato  Gianni  De  Bellis  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Con  ricorso  notificato  il  28  aprile-3  maggio  2017   e
depositato il successivo 5 maggio,  la  Regione  Umbria  ha  proposto
conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del  Consiglio
dei ministri, per sentir dichiarare che non spettava «allo  Stato,  e
per esso al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro per la
Coesione territoriale e il Mezzogiorno, all'Agenzia per  la  Coesione
Territoriale, al Dipartimento per  le  politiche  di  coesione  e  al
Ministero dell'Economia  e  delle  Finanze,  serbare  il  silenzio  e
conseguentemente non accogliere  l'istanza  trasmessa  dalla  Regione
Umbria  con  Nota  13  febbraio  2017,  prot.  n.   33358-2017,   per
l'esecuzione della sent. Corte cost. n. 13 del 2017», prospettando la
«Violazione degli artt. 3, 5, 11, 97, 117 [primo e terzo comma], 118,
119 [primo, secondo, terzo e quinto comma]  e  136  Cost.,  anche  in
riferimento agli artt. 175  e  176  del  Trattato  sul  funzionamento
dell'Unione europea, alla  decisione  della  Commissione  europea  28
agosto 2014, C(6163), all'accordo Stato - Regioni  3  novembre  2011,
nonche' agli artt. 6 e  13  della  Convenzione  EDU.  Violazione  del
principio di  leale  collaborazione.  Violazione  del  principio  del
legittimo  affidamento,   anche   in   relazione   all'art.   4   del
decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76». 
    La ricorrente  chiede  che  vengano  dichiarati  «illegittimi  le
omissioni e i comportamenti  censurati,  accertando  l'obbligo  dello
Stato di accogliere l'istanza proposta dalla Regione  Umbria  con  la
citata nota 13 febbraio 2017, prot., n. 33358-2017». 
    2.- La  Regione  Umbria  premette  che  elemento  centrale  della
questione oggetto della sentenza n. 13 del  2017  e'  l'istituto  del
«PAC  -  Piano  di  azione  e  coesione»,  previsto  per   accelerare
l'attuazione dei programmi cofinanziati dal Fondo europeo di sviluppo
regionale (FESR) per il settennato 2007-2013, e ripercorre, quindi le
vicende del suddetto istituto. 
    Il PAC, cui aderiva anche la Regione Umbria, veniva istituito per
investire sul territorio le  risorse  liberate  dagli  obiettivi  del
FESR,  a  seguito  della   diversa   percentuale   della   quota   di
cofinanziamento comunitario posta a carico dello Stato. 
    Nel 2014 lo Stato italiano chiedeva la  revisione  del  programma
FESR 2007-2013 anche per la Regione Umbria, e  tale  proposta  veniva
accolta dalla Commissione UE con decisione 28  agosto  2014,  C(2014)
6163. 
    La Giunta della Regione  Umbria,  con  deliberazione  31  ottobre
2014, n. 1340, adottava il «programma parallelo» al  Piano  operativo
regionale POR-FESR 2007-2013, cui seguiva l'adesione al PAC. 
    Il  decreto  del  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  22
dicembre 2014, n.  61,  recante  «Integrazione  del  finanziamento  a
carico del Fondo di rotazione di  cui  alla  legge  n.  183/1987  per
l'attuazione degli interventi previsti dal Piano di  azione  coesione
delle regioni Umbria, Abruzzo e del Ministero delle Infrastrutture  e
dei trasporti nonche' rimodulazione del quadro finanziario del  Piano
di azione coesione della regione Siciliana (Decreto n. 61 del 2014)»,
destinava  le  risorse  derivanti  dalla  riduzione  della  quota  di
cofinanziamento statale per i programmi FESR 2007-2013  al  PAC,  per
interventi in favore (tra l'altro) della Regione Umbria. 
    3.- In tale contesto, il  legislatore  statale  distraeva  alcuni
fondi del Fondo di rotazione gia' destinati  al  PAC,  per  sostenere
interventi di incentivazione fiscale e contributiva. 
    In ragione dell'art. 7,  comma  9-sexies,  del  decreto-legge  19
giugno  2015,  n.  78  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di   enti
territoriali.  Disposizioni  per   garantire   la   continuita'   dei
dispositivi   di   sicurezza   e   di   controllo   del   territorio.
Razionalizzazione  delle  spese  del  Servizio  sanitario   nazionale
nonche' norme in materia di  rifiuti  e  di  emissioni  industriali),
convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2015, n. 125,  il
meccanismo  di  distrazione  dei  fondi  inizialmente   destinati   a
finanziare il PAC operava anche nei confronti della  Regione  Umbria,
che impugnava tale disposizione. 
    4.- Con la sentenza  di  questa  Corte  n.  13  del  2017  veniva
dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale   dell'art.   7,   comma
9-sexies, del d.l. n. 78 del 2015, come convertito «nei sensi  e  nei
limiti di cui in motivazione, con specifico riferimento alla  Regione
Umbria». 
    5.- La Regione  ripercorre  la  suddetta  sentenza  che  dichiara
fondata la questione per violazione del principio di ragionevolezza. 
    6.- Tanto premesso, la Regione espone che  con  la  nota  del  13
febbraio 2017, avente ad oggetto «Programma Parallelo  della  Regione
Umbria - Sentenza della Corte Costituzionale n. 13 del 2017, (GU n. 4
del 25-1-2017). Azioni conseguenti», aveva chiesto che si procedesse,
entro  il  termine  di  15  giorni,  all'immediato  ripristino  delle
disponibilita' economico-finanziarie per il programma parallelo della
Regione Umbria per l'importo di euro 18.148.556,00. 
    7.- Tale termine spirava senza che lo Stato  avesse  ripristinato
la menzionata provvista a favore della Regione Umbria e, addirittura,
senza  che   fosse   stata   formulata   alcuna   risposta,   nemmeno
interlocutoria, da parte degli uffici competenti. 
    8.- La Regione Umbria ha esposto i seguenti motivi di censura. 
    8.1.- Sarebbero violati gli artt. 117, terzo comma, e 119,  primo
e secondo comma, della Costituzione, perche' lo Stato  sottrae  delle
risorse economiche alla Regione Umbria senza alcuna  base  normativa,
con conseguente  lesione  della  competenza  legislativa  concorrente
della Regione nella materia «coordinamento della finanza pubblica»  e
dell'autonomia economico-finanziaria regionale. 
    Per   costante   giurisprudenza   costituzionale,   infatti,   le
attribuzioni delle Regioni nella  materia  del  «coordinamento  della
finanza  pubblica»  comportano  la   potesta'   di   disciplinare   e
amministrare le risorse economico-finanziarie regionali, ovverosia il
«potere di utilizzazione dei propri mezzi finanziari,  che  fa  parte
integrante    di    detta    autonomia    finanziaria,     funzionale
all'assolvimento dei compiti istituzionali che gli enti  territoriali
sono chiamati a svolgere» (e' citata la sentenza n. 189 del 2015). 
    Tali attribuzioni possono essere compresse solo nella  misura  in
cui lo Stato eserciti le  proprie  competenze  nella  fissazione  dei
principi fondamentali nella materia del «coordinamento della  finanza
pubblica». 
    Nel caso di specie,  pero',  a  seguito  della  dichiarazione  di
incostituzionalita' dell'art. 7, comma 9-sexies, del d.l. n.  78  del
2015, era venuto meno l'unico  titolo  giustificativo  che  lo  Stato
poteva vantare per disporre delle  risorse  gia'  attribuite  al  PAC
della Regione Umbria. 
    Ne consegue che il mancato  accoglimento  dell'istanza  formulata
dalla Regione determinerebbe «indebita appropriazione da parte  dello
Stato di  risorse  appartenenti  agli  enti  territoriali  [...]  con
conseguente violazione degli articoli 117, terzo comma, e 119  Cost.»
(e' citata la sentenza n. 63 del 2013). 
    8.2.- Sarebbero, altresi', lesi gli artt. 3,  117,  terzo  comma,
119, primo e secondo comma, e 136 Cost. 
    Il mancato accoglimento della richiesta della Regione  Umbria  di
ripristinare le disponibilita' economico-finanziarie per il programma
parallelo comprimerebbe e lederebbe l'autonomia economico-finanziaria
regionale, cosi' disconoscendo gli effetti della sentenza n.  13  del
2017, violando il giudicato costituzionale,  e  prorogando  di  fatto
l'efficacia  di  una  disposizione  di   legge   statale   dichiarata
incostituzionale. 
    8.3.- La ricorrente assume anche la violazione del  principio  di
leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 117 Cost., in particolare,
in riferimento all'art. 4 del decreto-legge 28 giugno  2013,  n.  76,
recante «Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione,
in particolare giovanile, della coesione sociale, nonche' in  materia
di Imposta sul valore  aggiunto  (IVA)  e  altre  misure  finanziarie
urgenti», convertito, con modificazioni, nella legge 9  agosto  2013,
n. 99, che stabilisce la possibilita' di  rimodulazioni  del  PAC  da
parte del Gruppo di azione in  partenariato  con  le  amministrazioni
interessate. 
    8.4.-  Ravvisa,  inoltre,  altre  ragioni  della  violazione  del
principio di leale collaborazione. 
    Lo   Stato   si   sarebbe   sottratto   senza   alcuna    ragione
giustificatrice agli obblighi contratti nei confronti  delle  Regioni
che hanno sottoscritto  il  PAC,  relativi  allo  stanziamento  delle
risorse derivanti dalla  riduzione  della  quota  di  cofinanziamento
statale  per  i  programmi  FESR  2007-2013  secondo  il   cosiddetto
«principio di territorialita'». 
    Nella vicenda qui in esame, infatti, lo Stato  non  avrebbe  dato
corso al dialogo con la Regione, e si sarebbe, dunque,  rifiutato  di
adottare   i   provvedimenti   idonei   a    ricomporre    l'armonica
collaborazione tra Stato e Regioni, nonostante le  statuizioni  della
sentenza n. 13 del 2017. 
    Inoltre,  non  accogliendo   l'istanza   regionale   si   sarebbe
sostanzialmente opposto al  perseguimento  degli  obiettivi  e  delle
finalita' del PAC e del programma parallelo. 
    Quello in esame costituirebbe un tipico esempio  di  procedimento
nel quale vengono in rilievo  tanto  le  attribuzioni  costituzionali
dello Stato, quanto quelle delle Regioni. 
    In assenza del coinvolgimento delle amministrazioni regionali, il
PAC  e,  per  la  Regione  Umbria,   il   programma   parallelo,   si
tramuterebbero in uno strumento indiretto ma pervasivo  di  ingerenza
dello Stato nell'esercizio  delle  funzioni  degli  enti  locali  (e'
richiamata la sentenza n. 189 del 2015). 
    Nondimeno,  lo   Stato   si   sarebbe   evidentemente   sottratto
all'interlocuzione con la Regione, comportamento che  contraddice  il
principio  di  leale  collaborazione,  atteso   che   lo   Stato   si
rifiuterebbe di prestare la dovuta collaborazione nell'impiego  delle
risorse gia' stanziate a favore della stessa con il d.m.  n.  61  del
2014, e le distrarrebbe dalla destinazione gia'  prestabilita,  senza
coinvolgere la Regione nell'individuazione delle nuove modalita'  del
loro impiego, secondo il necessario strumento dell'intesa. 
    8.5.- Il principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5  e
117, primo comma, Cost., risulterebbe leso, in relazione  agli  artt.
175 e 176 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea  (TFUE),
come modificato dall'art. 2 del Trattato di Lisbona del  13  dicembre
2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, e alla decisione
della Commissione europea 28 agosto 2014, C(2014) 6163, anche perche'
lo Stato continuerebbe a sottrarsi senza alcuna base  normativa  agli
obblighi assunti nei confronti  dell'Unione  europea,  con  la  quale
aveva negoziato la diversa quota di  compartecipazione  ai  programmi
FESR, impegnandosi alla concertazione con le Regioni. 
    8.6.-  Il  silenzio,   con   conseguente   mancato   accoglimento
dell'istanza  della  Regione  Umbria   di   procedere   all'immediato
ripristino delle  disponibilita'  economico-finanziarie  per  il  suo
programma  parallelo,  violerebbe  anche  i  commi  terzo  e   quinto
dell'art. 119 Cost. 
    Dette disposizioni, infatti, consentono allo Stato  di  assegnare
ulteriori risorse «per i territori con minore capacita'  fiscale  per
abitante» oppure «[p]er promuovere lo sviluppo economico, la coesione
e la solidarieta' sociale, per rimuovere gli  squilibri  economici  e
sociali,  per  favorire  l'effettivo  esercizio  dei  diritti   della
persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle
[...] funzioni» degli enti territoriali. 
    Entrambi i tipi di intervento,  pero',  possono  essere  disposti
solo da parte del legislatore o, almeno, secondo criteri d'intervento
espressamente previsti dal legislatore. 
    8.7.- Sussisterebbe anche la violazione degli artt. 3 e 97  Cost.
«in riferimento» agli artt. 117,  terzo  comma,  118,  119,  primo  e
secondo comma, e 136 Cost. Lo Stato, sottraendosi agli effetti  della
sentenza n. 13 del 2017, distrae notevoli risorse dalla  destinazione
gia' predeterminata a favore del programma  parallelo  della  Regione
Umbria. 
    In   questo   modo,   dunque,   alla    segnalata    compressione
dell'autonomia   economico-finanziaria   regionale   si    legherebbe
l'inevitabile  compromissione  dell'efficacia  degli  interventi   di
coesione  gia'   approvati   per   il   territorio   regionale,   con
irragionevole  pregiudizio  per  il  buon  andamento  delle  funzioni
pubbliche di sviluppo  economico,  coesione  e  solidarieta'  sociale
attribuite alla Regione e allo Stato. 
    In altri termini,  il  mancato  accoglimento  dell'istanza  della
Regione  pregiudicherebbe  irragionevolmente  la  realizzazione   dei
progetti contenuti nel programma parallelo  di  cui  alla  menzionata
deliberazione della Giunta regionale n. 1340 del 2014. 
    8.8.- Infine,  gli  artt.  3,  117,  primo  comma,  e  136  Cost.
risulterebbero violati anche per un ulteriore profilo,  in  relazione
agli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma  il  4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,
n. 848, nonche' al principio del legittimo affidamento. 
    Il  principio  della  tutela   del   legittimo   affidamento   e'
riconosciuto  e  tutelato  sia  dalla  Costituzione  italiana   (come
espressione del principio di ragionevolezza e certezza  del  diritto,
ex art. 3 Cost.), che dalla CEDU,  con  la  conseguenza  che  la  sua
lesione comporta la violazione non solamente dell'art.  3  Cost.,  ma
anche dell'art. 117, primo comma, Cost., in relazione  agli  6  e  13
CEDU. 
    Il procedimento di approvazione  del  programma  parallelo  della
Regione Umbria al  POR-FESR  2007-2013  e'  transitato  per  numerosi
passaggi,   con   conseguente   legittimo   affidamento   circa    la
disponibilita' delle risorse allora stanziate. 
    A cio' va aggiunto che, per costante giurisprudenza  della  Corte
EDU, uno degli  elementi  sintomatici  della  lesione  del  legittimo
affidamento e' la «rottura» di una pronuncia  giurisdizionale  avente
forza di giudicato. 
    Nel caso di specie, pur considerata la specificita' del giudicato
costituzionale, sarebbe evidente che la  sentenza  n.  13  del  2017,
nello «statuire sull'illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma
9-sexies, del decreto-legge n. 78 del 2015, ha deliberato  anche  sul
concreto atteggiarsi dei rapporti economico-finanziari tra lo Stato e
la Regione, affermando l'irragionevolezza di una  forma  di  prelievo
finanziario  che  interviene  in  un  arco  di  tempo  immediatamente
prossimo alla stessa dazione del fondo poi decurtato». 
    9.- Si e' costituito il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
chiedendo che il ricorso per conflitto di attribuzione sia dichiarato
inammissibile e riservandosi ulteriori deduzioni. 
    10.-   Dopo   aver   ripercorso   le    vicende    normative    e
giurisprudenziali che hanno preceduto il conflitto, la  difesa  dello
Stato osserva che il silenzio serbato non costituisce  violazione  di
competenze costituzionali della Regione. 
    Non a caso, deduce l'Avvocatura generale dello Stato, la  Regione
Umbria ha impugnato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per
l'Umbria il silenzio oggetto del conflitto. 
    Il conflitto proposto, pertanto, si configura come «un anomalo  e
irrituale "giudizio  di  ottemperanza"  rispetto  ad  una  precedente
decisione della Corte» costituzionale. 
    11.- In data 21 dicembre 2018, la Regione Umbria ha depositato la
nota prot. n. 590 del 16 giugno 2017, con la quale il Ministro per la
coesione territoriale e il mezzogiorno, rilevato che la  Regione,  in
conformita' al principio di leale collaborazione tra Stato e Regione,
aveva manifestato la disponibilita' ad addivenire ad una composizione
bonaria del contenzioso, proponendo a tal fine la costituzione di  un
apposito tavolo tecnico, condivideva la  proposta  e  confermava  che
sarebbe stata propria cura la convocazione  al  piu'  presto  di  una
riunione per valutare  la  possibilita'  di  definire  celermente  la
questione. 
    12.- In data 28 dicembre 2018 la Regione  ha  depositato  memoria
con la quale insiste sulla fondatezza del ricorso. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione Umbria ha proposto conflitto di  attribuzione  tra
enti per far dichiarare che «non spettava allo Stato, e per  esso  al
Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro  per  la  Coesione
territoriale  e  il  Mezzogiorno,   all'Agenzia   per   la   Coesione
Territoriale, al Dipartimento per  le  politiche  di  coesione  e  al
Ministero dell'Economia  e  delle  Finanze,  serbare  il  silenzio  e
conseguentemente non accogliere» le richieste di cui  alla  "istanza"
contenuta nella nota 13  febbraio  2017,  prot.  n.  33358-2017,  per
l'esecuzione della sentenza di questa Corte n. 13 del 2017. 
    2.- La nota ha ad  oggetto  «Programma  Parallelo  della  Regione
Umbria - Sentenza della Corte costituzionale n. 13 del 2017 (GU n.  4
del 25.1.2017). Azioni conseguenti».  Con  essa  viene  rappresentato
che, a seguito della sentenza, era venuta meno  «la  riprogrammazione
delle risorse nazionali (Fondo di rotazione  per  il  cofinanziamento
nazionale della programmazione europea, L. 183/1987), gia'  destinate
agli interventi del Piano di Azione Coesione (Programma Parallelo  al
POR-FESR 2007-2013) non ancora impegnate alla data  del  1/1/2015»  e
che  pertanto  alla  Regione  Umbria  spettava  l'intera  somma  gia'
assegnata con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze  22
dicembre  2014,  n.  98884/2014,  per  l'attuazione  del   «Programma
Parallelo», senza la decurtazione di euro 18.148.556,00, somma di cui
pertanto si chiedeva il «ripristino finanziario». 
    3.-  Il  silenzio  dello  Stato  e'  ad  avviso   della   Regione
illegittimo per «Violazione degli artt. 3, 5, 11, 97,  117  [primo  e
terzo comma], 118, 119 [primo, secondo, terzo e quinto comma]  e  136
Cost., anche in riferimento agli artt. 175 e  176  del  Trattato  sul
funzionamento  dell'Unione  europea  (TFUE),  alla  decisione   della
Commissione europea 28 agosto  2014,  C(6163),  all'accordo  Stato  -
Regioni 3 novembre 2011, nonche' agli artt. 6 e 13 della  Convenzione
EDU. Violazione del principio di leale collaborazione. Violazione del
principio del legittimo affidamento, anche in  relazione  all'art.  4
del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76». 
    4.- Sotto il profilo soggettivo, il conflitto e' ammissibile solo
nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Secondo  la  giurisprudenza  costituzionale,  questi  e'  l'unico
legittimato a rappresentare lo Stato nei  giudizi  per  conflitto  di
attribuzione proposti dalle Regioni o  dalle  Province  autonome  (ex
plurimis, sentenza n. 198 del 2017). 
    Il conflitto verte sul silenzio serbato dai soggetti  a  cui  era
indirizzata la nota del 13 febbraio 2017:  Agenzia  per  la  coesione
territoriale, Ministero dell'economia e delle  finanze  -  Ragioneria
generale dello Stato - Ispettorato generale per i rapporti finanziari
con l'Unione europea (IGRUE), e  Dipartimento  per  le  politiche  di
coesione. 
    5.- Sotto il profilo oggettivo, la giurisprudenza  costituzionale
ha  affermato  l'ammissibilita'  del   ricorso   per   conflitto   di
attribuzione tra enti che riguardi condotte omissive, laddove  queste
ultime siano realmente idonee a produrre  un'immediata  violazione  o
menomazione di attribuzioni costituzionali (ex  multis,  sentenze  n.
230 del 2017, n. 276 del 2007 e n. 187 del 1984; nello stesso  senso,
sentenza n. 111 del 1976). 
    6.-  La  difesa   dello   Stato   ha   sollevato   eccezione   di
inammissibilita' del  conflitto,  per  la  pendenza  di  un  giudizio
dinanzi all'autorita' giurisdizionale avente  ad  oggetto  lo  stesso
silenzio dell'Amministrazione. 
    6.1.- L'eccezione e' infondata: secondo  questa  Corte  cio'  non
comporta l'inammissibilita'  del  conflitto,  ove  sussista  il  tono
costituzionale (sentenza n. 260 del 2016); e  tale  circostanza  -  a
prescindere dalla natura dell'atto necessario a soddisfare le pretese
regionali e della competenza al riguardo del giudice comune - ricorre
nella  specie,  venendo  in  questione  una  presunta  lesione  delle
competenze regionali. 
    7.- Nel merito le censure sono fondate nei sensi e nei limiti  di
cui in motivazione. 
    8.- Ha priorita' logico-giuridica la  censura  relativa  all'art.
136 della Costituzione, per violazione del  giudicato  costituzionale
della sentenza n. 13 del 2017. 
    9.- Con la sentenza citata e' stata  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 7,  comma  9-sexies,  del  decreto-legge  19
giugno  2015,  n.  78  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di   enti
territoriali.  Disposizioni  per   garantire   la   continuita'   dei
dispositivi   di   sicurezza   e   di   controllo   del   territorio.
Razionalizzazione  delle  spese  del  Servizio  sanitario   nazionale
nonche' norme in materia di  rifiuti  e  di  emissioni  industriali),
convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2015, n. 125, nei
sensi e nei limiti di cui in motivazione, con  specifico  riferimento
alla Regione Umbria. 
    9.1.- La norma prevedeva: «All'articolo 1, comma 122, della legge
23 dicembre 2014, n. 190 [Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (legge  di  stabilita'  2015)],  le
parole: «alla data del  30  settembre  2014»  sono  sostituite  dalle
seguenti: «alla data di entrata in vigore della presente legge». 
    L'art.  1,  comma  122,  nel  testo  originario,  a  sua   volta,
stabiliva: «Al finanziamento degli incentivi di cui ai  commi  118  e
121 si provvede, quanto a 1 miliardo di euro per ciascuno degli  anni
2015, 2016 e 2017 e a 500 milioni di euro per l'anno 2018,  a  valere
sulla corrispondente riprogrammazione  delle  risorse  del  Fondo  di
rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987,  n.  183,
gia' destinate agli interventi del Piano di azione coesione, ai sensi
dell'articolo 23, comma 4, della legge 12 novembre 2011, n. 183, che,
dal  sistema  di  monitoraggio  del  Dipartimento  della   Ragioneria
generale dello Stato del Ministero  dell'economia  e  delle  finanze,
risultano non ancora impegnate alla data del 30 settembre 2014». 
    9.2.- In particolare, si legge  nella  sentenza  che  la  vicenda
normativa «evidenzia la  fondatezza  della  censura  prospettata  con
riguardo alla violazione del principio di ragionevolezza [...]». Tale
irragionevolezza e' stata  riscontrata  in  particolare  quanto  alla
tempistica delineata dalla disposizione impugnata, che  ha  di  fatto
reso impossibile alla Regione di evitare la perdita del finanziamento
mediante  l'impegno  delle  risorse  stesse,  assegnate  per  il  suo
programma parallelo, ai sensi del citato  art.  23,  comma  4,  della
legge  12  novembre  2011,  n.  183,  recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. (Legge  di
stabilita'  2012)»,  essendo  intervenuta  l'adesione  al  PAC  della
Regione Umbria solo il  22  dicembre  2014,  mentre  il  termine  per
l'impegno veniva fissato al vicinissimo 1° gennaio 2015. 
    10.- Va premesso che il giudicato costituzionale  e  la  relativa
violazione dell'art. 136 Cost. rilevano anche in sede di conflitto di
attribuzione tra enti. Peraltro, questa Corte ha  dichiarato  fondato
il conflitto di attribuzione tra  enti  anche  quando  il  fondamento
legislativo  dell'atto  impugnato  sia  venuto  meno  a  seguito   di
pronuncia di  illegittimita'  costituzionale  (sentenza  n.  103  del
2016). 
    10.1.-  Sin  da  epoca   ormai   risalente,   la   giurisprudenza
costituzionale non ha mancato di sottolineare il rigoroso significato
della norma contenuta nell'art. 136 Cost.: su di essa - si e' detto -
«poggia il contenuto pratico  di  tutto  il  sistema  delle  garanzie
costituzionali, in quanto essa toglie immediatamente  ogni  efficacia
alla norma  illegittima»,  senza  possibilita'  di  «compressioni  od
incrinature nella sua rigida applicazione» (sentenza n. 73 del  1963,
richiamata dalla sentenza n. 169 del 2015). 
    Quanto all'efficacia preclusiva del giudicato, la  giurisprudenza
costituzionale  ha  affermato  che  essa  opera  nei  confronti   del
legislatore e «riguarda ogni disposizione che intenda  "mantenere  in
piedi o  [...]  ripristinare,  sia  pure  indirettamente,  [...]  gli
effetti di quella struttura normativa che aveva formato oggetto della
[...] pronuncia di illegittimita' costituzionale" (sentenza n. 72 del
2013), ovvero che "ripristini o preservi  l'efficacia  di  una  norma
gia'  dichiarata  incostituzionale"  (sentenza  n.  350  del   2010)»
(sentenza n. 5 del 2017). Si e'  anche  precisato  che  il  giudicato
costituzionale e' «violato non solo quando il legislatore  emana  una
norma che costituisce una "mera riproduzione"  (sentenze  n.  73  del
2013 e n.  245  del  2012)  di  quella  gia'  ritenuta  lesiva  della
Costituzione, ma anche se la nuova disciplina mira  a  "perseguire  e
raggiungere,  'anche  se   indirettamente',   esiti   corrispondenti"
(sentenze n. 73 del 2013, n. 245 del 2012, n. 922 del  1988,  n.  223
del 1983, n. 88 del 1966)» (sentenza n. 5 del 2017). 
    11.- Ebbene cio' e' quanto, attraverso il comportamento  omissivo
dello Stato, si e' verificato  nel  caso  in  esame,  atteso  che  la
dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale   contenuta   nella
sentenza n. 13 del 2017 ha fatto venir meno il fondamento legislativo
del silenzio serbato dallo Stato. 
    Difatti, la riconosciuta incostituzionalita' del termine  del  1°
gennaio 2015, entro cui avrebbe dovuto  essere  effettuato  l'impegno
dei fondi relativi agli interventi previsti dal  programma  parallelo
della Regione Umbria, comporta il venir  meno  delle  condizioni  che
giustificano l'automatico incameramento delle risorse da parte  dello
Stato, a seguito appunto della mancanza di tale adempimento. 
    11.1.- Ne consegue che il silenzio  serbato  dall'Amministrazione
statale sulla domanda di restituzione di tali risorse,  ripristinando
di  fatto  l'efficacia   della   norma   censurata,   e'   privo   di
giustificazione e quindi illegittimo  per  violazione  del  giudicato
costituzionale ai sensi dell'art. 136 Cost. 
    12.-  E'  anche  fondata  l'ulteriore  censura  di  lesione   del
principio di leale collaborazione, in riferimento agli artt. 5 e  117
Cost. 
    Il principio, cui deve essere sempre improntato il  comportamento
di Stato e Regioni, e' particolarmente significativo nella materia in
questione, la cui complessita'  finanziaria  e  gestionale  non  puo'
prescindere dal reciproco e costante impegno per un fattivo dialogo. 
    12.1.- Non risponde a  tali  caratteri  il  comportamento  tenuto
dallo Stato, che, pur consapevole degli effetti della sentenza n.  13
del 2017 - come  dimostra  la  nota  del  Ministro  per  la  coesione
territoriale e il Mezzogiorno 16 marzo 2017, prot. n. 590 -  non  da'
seguito  ad  alcuna  concreta  iniziativa  per  venir  incontro  alle
esigenze prospettate dalla Regione. 
    13.- Tutto cio'  ridonda,  sul  piano  sostanziale,  anche  sulla
potesta' legislativa concorrente in materia  di  coordinamento  della
finanza pubblica e sull'autonomia finanziaria della  Regione  Umbria,
cosi' violando gli artt. 117, terzo comma, e  119,  primo  e  secondo
comma, Cost. Il comportamento  omissivo  dello  Stato  e  la  mancata
ridefinizione dei rapporti finanziari in questione si  sono  tradotti
in una  riduzione  delle  disponibilita'  finanziarie  della  Regione
Umbria e quindi in un danno per le sue finanze. 
    14.-  L'esame  dell'ulteriore  profilo,  relativo   all'immediato
ripristino dell'importo di euro 18.148.556,00, richiede l'adeguamento
del quadro normativo, anche  alla  luce  della  situazione  di  fatto
venutasi a creare a seguito della sentenza n. 13 del 2017. 
    14.1.- Quanto alla Regione, se e' vero che il mancato impegno non
le e' piu' addebitabile, e' anche vero che comunque tale  adempimento
rimane condizione ineliminabile dell'assegnazione del  finanziamento,
cosicche' non puo' prescindersi da  una  nuova  disciplina  che,  nel
confermare  la  partecipazione  della  Regione  Umbria  ai  programmi
paralleli,  con  la  conseguente  assegnazione  delle  disponibilita'
finanziarie, fissi nuovi termini per i relativi atti di impegno. 
    Quanto allo Stato, e' da presumere che le somme incamerate  siano
state destinate a copertura di altri interventi, ai sensi del  citato
art. 1, comma 122, della legge n. 190 del 2014,  con  la  conseguenza
che  occorre  assicurare  con  le   modalita'   di   legge   adeguate
disponibilita' finanziarie nel Fondo di rotazione,  ed  eventualmente
integrarle per garantire il  finanziamento  del  programma  parallelo
della Regione Umbria, nella misura originariamente stabilita. 
    14.2.- Ne risulta pertanto la necessita' di disegnare ex novo  il
quadro normativo, procedere quindi alla  sua  concreta  attuazione  e
effettuare  le  dovute  verifiche  circa  il  concorso  di  tutte  le
condizioni di legge. 
    15.- La soluzione fin qui delineata  non  costituisce,  peraltro,
l'unica  strada  perseguibile  per  soddisfare  le   giuste   pretese
regionali. 
    Come la stessa Regione ha ipotizzato  (documentazione  depositata
il 21 dicembre 2018),  non  puo'  escludersi  che  le  parti  possano
convenire  su  un  accordo  transattivo,  in   considerazione   della
complessita' del recupero del programma parallelo, anche a causa  del
tempo trascorso. 
    16.- Tutto cio' considerato,  si  deve  ritenere,  in  merito  al
ripristino delle disponibilita' finanziarie recuperate  dallo  Stato,
come - ribadito che la sentenza  n.  13  del  2017  ha  efficacia  di
certezza in ordine all'an debeatur - rimangano da porre in  essere  i
rispettivi  adempimenti,  salva  la  possibilita'   di   un   accordo
transattivo. 
    17.- In conclusione, va dichiarato che non spettava allo Stato, e
per esso all'Agenzia  per  la  coesione  territoriale,  al  Ministero
dell'economia e delle finanze - Ragioneria  generale  dello  Stato  -
Ispettorato generale per i rapporti finanziari con  l'Unione  europea
(IGRUE), e al Dipartimento per le politiche di coesione,  serbare  il
silenzio sulla nota della Regione Umbria 13 febbraio 2017,  prot.  n.
33358-2017,  omettendo  cosi'  di  avviare  e  concludere  in   tempi
ragionevoli, e in accordo con la controparte, il procedimento mirante
a quantificare le spettanze  regionali  e  le  modalita'  della  loro
soddisfazione. 
    18.- Restano assorbite le ulteriori censure. 
      
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara che non spettava allo Stato, e per esso all'Agenzia  per
la coesione territoriale, al Ministero dell'economia e delle  finanze
- Ragioneria generale  dello  Stato  -  Ispettorato  generale  per  i
rapporti finanziari con l'Unione europea (IGRUE), e  al  Dipartimento
per le politiche di coesione, serbare il silenzio  sulla  nota  della
Regione Umbria del 13 febbraio 2017, prot. n. 33358-2017. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 gennaio 2019. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                    Giancarlo CORAGGIO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 20 marzo 2019. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA