N. 93 SENTENZA 19 febbraio - 18 aprile 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Ambiente - Norme sulla valutazione d'impatto ambientale -  Previsione
  che,  in   attesa   dell'esito   del   giudizio   di   legittimita'
  costituzionale promosso dalla Provincia  di  Trento  nei  confronti
  dell'art. 22 del d.lgs. n. 104 del 2017 [R.R.  68/2017],  i  rinvii
  agli allegati III e IV alla parte seconda del  d.lgs.  n.  152  del
  2006 s'intendono riferiti al testo vigente il 20 luglio 2017. 
- Legge della Provincia autonoma di Trento 29 dicembre  2017,  n.  17
  (Legge collegata alla manovra di bilancio provinciale  2018),  art.
  28, comma 5. 
-   
(GU n.17 del 24-4-2019 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  28,  comma
5, della legge della Provincia autonoma di Trento 29  dicembre  2017,
n. 17 (Legge collegata alla manovra di  bilancio  provinciale  2018),
promosso dal Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  ricorso
notificato il 26 febbraio-2 marzo 2018, depositato in cancelleria  il
2 marzo  2018,  iscritto  al  n.  19  del  registro  ricorsi  2018  e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  15,  prima
serie speciale, dell'anno 2018. 
    Visto l'atto di costituzione della Provincia autonoma di Trento; 
    udito nella udienza pubblica del  19  febbraio  2019  il  Giudice
relatore Franco Modugno; 
    uditi l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente
del Consiglio dei ministri  e  gli  avvocati  Giandomenico  Falcon  e
Andrea Manzi per la Provincia autonoma di Trento. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con  ricorso  notificato  il  26  febbraio-2  marzo  2018,  e
depositato il 2 marzo 2018, il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
proposto ricorso in via principale impugnando  l'art.  28,  comma  5,
della legge della Provincia autonoma di Trento 29 dicembre  2017,  n.
17 (Legge collegata alla manovra di bilancio provinciale 2018). 
    A parere del ricorrente, la disposizione impugnata si porrebbe in
contrasto con gli artt. 5 e 117, secondo comma,  lettere  s)  ed  m),
della Costituzione - in riferimento agli  artt.  7-bis,  comma  8,  e
27-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante  «Norme
in materia ambientale» (d'ora in poi, anche: cod. ambiente) - con  il
principio di leale collaborazione e  con  l'art.  97  del  d.P.R.  31
agosto 1972,  n.  670  (Approvazione  del  testo  unico  delle  leggi
costituzionali concernenti lo statuto per il Trentino-Alto Adige). 
    1.1.- La disposizione impugnata inserisce un comma 01 nell'art. 3
della legge della Provincia autonoma di Trento 17 settembre 2013,  n.
19, recante «Disciplina provinciale  della  valutazione  dell'impatto
ambientale. Modificazioni della legislazione in materia di ambiente e
territorio e della legge provinciale 15 maggio 2013, n. 9  (Ulteriori
interventi a sostegno del sistema economico e  delle  famiglie)»,  il
quale  stabilisce  che  -  in  attesa   dell'esito   dell'impugnativa
dell'art.  22  del  decreto  legislativo  16  giugno  2017,  n.   104
(Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo  e  del
Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva  2011/92/UE,
concernente la valutazione  dell'impatto  ambientale  di  determinati
progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli  1  e  14  della
legge 9 luglio 2015, n.114), promossa  dalla  Provincia  autonoma  di
Trento con il ricorso alla Corte costituzionale iscritto al n. 68 del
registro ricorsi 2017 - «i rinvii agli allegati III e IV  alla  parte
II del decreto legislativo n. 152 del 2006  contenuti  [nel  medesimo
art. 3] s'intendono riferiti al testo vigente il 20 luglio 2017». 
    La  disposizione  censurata,  osserva  il  ricorrente,   richiama
espressamente, dunque, il ricorso proposto dalla  Provincia  autonoma
contro l'art. 22 del d.lgs. n. 104 del 2017, in vigore dal 21  luglio
2017, con il quale sono stati modificati, tra gli altri, gli Allegati
II, III e IV ed  introdotto  il  nuovo  Allegato  II-bis  alla  parte
seconda del cod. ambiente, modificando il  riparto  delle  competenze
tra Stato e Regioni e Province autonome in materia di valutazione  di
impatto ambientale (VIA) e di verifica di assoggettabilita' a VIA.  I
rinvii ai sopra richiamati Allegati III e IV si intendono riferiti  -
in base alla disposizione impugnata - al testo  vigente  prima  della
riforma introdotta dal d.lgs. n. 104 del 2017. 
    1.2.- La norma censurata si porrebbe anzitutto  in  contrasto,  a
parere del ricorrente, con l'art. 7-bis, comma 8, del d.lgs.  n.  152
del 2006, il quale circoscrive, entro ambiti precisi e  limitati,  la
possibilita' che le Regioni e  le  Province  autonome  esercitino  la
propria potesta' legislativa in materia  di  VIA  e  di  verifica  di
assoggettabilita' a VIA. 
    Tale  difformita'  di  disciplina,  osserva  il  ricorrente,   si
tradurrebbe in una violazione dell'art. 117, secondo  comma,  lettera
s),  Cost.,  considerato  che  la  disciplina   della   VIA   rientra
univocamente  nella  competenza  legislativa  statale  esclusiva   in
materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema:  e'  evocata,  sul
punto,  la  giurisprudenza  costituzionale,  che  ha  ribadito   tali
principi anche con riferimento alle autonomie speciali. 
    Alle Regioni e alle Province autonome compete solo adottare norme
di tutela ambientale piu' elevata,  nell'esercizio  delle  competenze
costituzionali che vengano a contatto con la  materia  dell'ambiente,
stante la natura "trasversale" della stessa. 
    1.3.-   Quanto,   poi,   alla   disciplina    del    procedimento
amministrativo, deve rilevarsi - osserva ancora il ricorrente  -  che
il legislatore statale dispone di un ulteriore titolo  di  intervento
esclusivo,  rappresentato  dalla  competenza  a  dettare  i   livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili  e  sociali
che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, a norma
dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  m),  Cost.:  livelli   che
vincolano anche i legislatori regionali. 
    La circostanza che la Provincia autonoma avesse gia' disciplinato
la materia, nel quadro normativo anteriore  alla  riforma  introdotta
dal d.lgs. n. 104 del 2017, non escludeva certo il potere dello Stato
di  introdurre,  in  attuazione  della  direttiva   europea,   regole
procedimentali  con  effetto  vincolante  per  tutto  il   territorio
nazionale. Pur rilevando, al riguardo, che gli  spazi  di  intervento
delle Regioni e delle Province  autonome  in  materia  di  VIA  e  di
assoggettabilita' a VIA sono stati circoscritti, ma non eliminati del
tutto: e di cio', se ne sottolinea la portata. 
    La disposizione oggetto di censura violerebbe l'art. 117, secondo
comma, lettera m), Cost. anche sotto altro profilo, evocandosi,  come
norma interposta, l'art. 27-bis del d.lgs.  n.  152  del  2006,  come
modificato dal d.lgs. n. 104 del 2017, introduttivo del provvedimento
unico regionale, nel quale deve confluire  anche  la  valutazione  di
impatto  ambientale.  Previsione,  questa,   destinata   a   ottenere
importanti effetti di semplificazione amministrativa e, quindi, volta
a stabilire - come affermato dalla giurisprudenza  costituzionale  in
materia di segnalazione certificata di inizio attivita' (SCIA)  -  un
livello essenziale di prestazioni. 
    La norma  provinciale  impugnata,  dunque,  essendo  destinata  a
impedire l'applicazione sul territorio provinciale anche del citato e
novellato  art.  27-bis  cod.  ambiente,  determinerebbe  la  lesione
dell'indicato parametro costituzionale. 
    1.4.- Sarebbero infine violati, inoltre, l'art. 5 Cost. e  l'art.
97 dello statuto speciale di autonomia.  La  disposizione  impugnata,
infatti, avendo portata meramente «demolitoria» e di «reazione»  alle
norme statali, determinerebbe, secondo il  ricorrente,  da  un  lato,
l'elusione del giudizio di costituzionalita' azionato dalla  medesima
Provincia  autonoma  con   il   ricorso   menzionato   nella   stessa
disposizione censurata; e, dall'altro,  violerebbe  il  principio  di
unita' giuridica della Repubblica di cui all'art. 5 Cost., nonche' il
principio di leale collaborazione, «nella misura in cui  e'  diretta,
appunto, a sottrarre alle procedure  costituzionalmente  previste  la
risoluzione dei "conflitti legislativi"». 
    2.- Nel giudizio  si  e'  costituita  la  Provincia  autonoma  di
Trento,  chiedendo  dichiararsi  inammissibili   o,   comunque   sia,
infondate le questioni di legittimita'  costituzionale  proposte  dal
ricorrente. 
    2.1.- Osserva la Provincia autonoma che la disposizione censurata
sarebbe  di   interpretazione   autentica   di   altra   disposizione
provinciale - l'art. 3 della legge prov. n. 19 del 2013 -  e  sarebbe
funzionale a stabilire che il richiamo agli Allegati III  e  IV  alla
parte  seconda  del  cod.  ambiente   compiuto   dalla   disposizione
"interpretata" deve intendersi quale rinvio materiale o recettizio  e
non come rinvio  mobile.  Il  senso  complessivo  della  disposizione
censurata sarebbe, pertanto, quello di confermare  la  vigenza  della
precedente legislazione provinciale. 
    Il mancato adeguamento al d.lgs. n. 104 del 2017 non potrebbe, in
quanto tale, essere considerato come incompatibile con  il  principio
di unita' dello Stato.  Infatti,  in  base  all'art.  2  del  decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello  statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige concerti  il  rapporto  tra  atti
legislativi statale e  leggi  regionali  e  provinciali,  nonche'  la
potesta' statale di  indirizzo  e  coordinamento),  il  Governo  puo'
impugnare le disposizioni regionali e provinciali che  non  si  siano
adeguate    alla    legislazione    statale    costituente    limite:
l'inapplicabilita' del d.lgs. 104 del 2017, pertanto, non sarebbe «un
effetto determinato dal legislatore provinciale,  bensi'  un  effetto
direttamente  determinato  dal  dispositivo  di  adeguamento  di  cui
all'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992». 
    Il meccanismo dell'adeguamento, osserva la Provincia  resistente,
vale pacificamente anche per la materia ambientale,  allorche'  siano
in gioco competenze provinciali, come emergerebbe dal fatto che  quel
meccanismo e' stato in concreto  attivato  dal  Governo  prima  della
riforma del Titolo  V  della  Parte  II  della  Costituzione  e  come
trasparirebbe dalla sentenza di questa Corte n. 212 del 2017. 
    Accanto a cio',  si  sottolinea  l'importanza  di  assicurare  la
certezza del diritto e la stabilita' dei  rapporti  normativi.  Scopo
della  norma  impugnata  sarebbe,  infatti,  quello  di  evitare  che
l'eventuale declaratoria di illegittimita' della norma interposta  si
riverberi sull'azione  amministrativa  nel  frattempo  intrapresa  e,
soprattutto, evitare incertezze sulla  natura  del  rinvio  (fisso  o
mobile) enunciato nella disposizione provinciale del 2013. 
    La Provincia resistente richiama,  poi,  la  sentenza  di  questa
Corte n. 496 del 1993, in tema di  termini  per  l'adeguamento  delle
norme provinciali a quelle statali limitatrici, in caso queste ultime
siano poste con decreto-legge: dal  principio  allora  stabilito,  in
base al quale l'obbligo di adeguamento decorre dalla pubblicazione in
Gazzetta  Ufficiale  della  legge  di  conversione,  deriverebbe   la
compatibilita' con il  principio  di  unita'  dell'ordinamento  della
scelta del legislatore provinciale di attendere l'esito del  giudizio
di costituzionalita' sul contenzioso promosso dalla stessa  Provincia
autonoma,  prima  di   procedere   all'adeguamento   dell'ordinamento
provinciale alle norme statali sopravvenute e contestate. 
    2.2.- Cio' premesso, la  Provincia  confuta  le  singole  censure
proposte dal ricorrente. 
    2.2.1.- Quanto alla  violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), Cost., se ne contesta il fondamento alla luce delle varie
competenze statutarie di cui agli artt. 8 e 9 dello statuto  speciale
e  alla  stregua  di  quanto  previsto  dall'art.  10   della   legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  titolo  V  della
parte seconda della Costituzione), in base al quale  le  disposizioni
contenute nel nuovo Titolo V della  Costituzione  si  applicano  alle
autonomie speciali solo nel caso in cui prevedano forme  maggiori  di
autonomia. 
    Si osserva, al riguardo, come la  Provincia  autonoma  di  Trento
avesse  gia'  nel  passato  provveduto  a   disciplinare   anche   la
valutazione  di  impatto  ambientale  nell'esercizio  delle   proprie
potesta' statutarie, fino agli interventi operati con la legge  prov.
n. 19 del 2013. Sarebbe  inammissibile,  pertanto,  l'evocazione  del
parametro costituzionale in luogo di quello statutario, come  d'altra
parte questa Corte avrebbe riconosciuto nella  sentenza  n.  212  del
2017 e in altre precedenti decisioni. 
    Ugualmente impropria sarebbe l'evocazione dell'art. 7-bis,  comma
8, cod. ambiente, in quanto  tale  previsione  non  e'  in  grado  di
modificare  il  riparto  di  competenze  derivanti   dallo   statuto,
giacche', altrimenti, sarebbe esso stesso incostituzionale. 
    Si  sottolinea,  poi,  che  la  norma  interposta   riguarda   la
conformazione della disciplina "sostanziale" dei procedimenti di  VIA
di competenza regionale o provinciale, mentre la norma  impugnata  si
limita ad individuare i procedimenti di competenza  della  Provincia:
dal che deriverebbe la non pertinenza del parametro evocato. 
    2.2.2.- Sarebbe inammissibile, altresi',  la  dedotta  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.,  in  riferimento  ai
livelli  essenziali  delle  prestazioni  che  sarebbero   determinati
dall'art. 27-bis cod. ambiente, in quanto tale ultima disposizione si
occupa  del  procedimento  autorizzatorio  unico,  mentre  la   norma
provinciale impugnata non regola ne' menziona tale procedimento. 
    Inoltre, per un verso, il parametro invocato non puo' fungere  da
limite per le competenze statutarie della Provincia autonoma,  stante
il disposto del gia' ricordato art. 10 della legge  cost.  n.  3  del
2001, e, per un altro, non ogni  norma  che  semplifica  procedimenti
puo'  ritenersi  stabilire  un  livello  essenziale  di   prestazioni
concernenti i diritti civili o sociali. 
    2.2.3.- Non fondate sarebbero,  poi,  le  dedotte  lesioni  degli
artt. 5 Cost. e 97 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige. 
    La pretesa  violazione  di  quest'ultimo  sarebbe,  innanzitutto,
inammissibile, in quanto il ricorso non chiarisce la interferenza tra
il parametro dedotto  e  l'oggetto  della  doglianza,  posto  che  la
disposizione statutaria  si  limita  a  regolare  l'impugnazione  del
Governo contro le leggi della Regione e delle Province  autonome,  ma
non si vede come l'esercizio di  un  siffatto  potere  sarebbe  stato
impedito dalla  disposizione  censurata.  Ove  il  ricorrente  avesse
inteso lamentare l'elusione, da parte della Provincia  autonoma,  del
controllo di legittimita' costituzionale sulle leggi  statali  e  gli
atti equiparati, il parametro pertinente sarebbe stato l'art. 98  del
medesimo statuto, che regola per l'appunto l'impugnativa di tali atti
normativi. Tuttavia, la ripetuta menzione dell'art. 97 nonche' la sua
espressa riproduzione nel ricorso impedirebbero di ritenere si sia di
fronte a un errore materiale. 
    Egualmente  inammissibile  sarebbe  la  pretesa  violazione   del
principio  di  leale  collaborazione,  non  essendo  tale   parametro
pertinente rispetto all'esercizio della funzione legislativa. 
    La  censura  relativa   alla   violazione   dell'art.   5   Cost.
risulterebbe, in ogni caso, non fondata, poiche' il  caso  di  specie
sarebbe diverso da quelli decisi con le sentenze n. 199 e n. 198  del
2004 di questa Corte. 
    La disposizione impugnata  non  sarebbe  affatto  una  «legge  di
reazione» o «meramente demolitoria», poiche',  come  gia'  osservato,
avrebbe  carattere  interpretativo  e,  semmai,  confermativo   della
vigente  disciplina   provinciale   e,   inoltre,   non   inciderebbe
sull'efficacia   della   normativa   statale.   Inoltre,   la   norma
costituirebbe un «aspetto di regolazione sostanziale di una materia»,
che potra'  in  ipotesi  censurarsi  «per  eccesso  dalla  competenza
materiale», ma non puo' essere denunciato come  «modo  arbitrario  di
risoluzione  unilaterale  e  diretto  di  un   conflitto   tra   atti
legislativi». 
    3.- La Provincia autonoma di Trento ha depositato memoria in data
12 novembre 2018,  a  precisazione  e  integrazione  di  quanto  gia'
dedotto. 
    3.1.- Rileva la resistente che  la  disposizione  impugnata  «non
tocca  ne'  il  significato  ne'  l'efficacia  di  alcuna   normativa
statale», ma  si  limita  a  chiarire  che  la  previgente  normativa
provinciale «non costituisce di per se' un meccanismo  di  automatico
recepimento» delle eventuali modifiche  apportate  agli  Allegati  al
cod. ambiente cui la stessa rinvia. La norma impugnata, pertanto, non
influisce sulle modalita' di applicazione del d.lgs. n. 104 del 2017,
ne' puo' determinare se quest'ultimo puo' trovare applicazione  nella
Provincia autonoma di Trento immediatamente o secondo il procedimento
di cui allo statuto e alle relative norme di attuazione:  essa  -  si
ribadisce - vuole soltanto  evitare  che  il  rinvio  alla  normativa
statale di cui  alla  legge  provinciale  in  materia  di  VIA  possa
ritenersi  funzionale  a  integrare  nella   disciplina   provinciale
qualsivoglia modifica decisa dal legislatore statale. 
    Il ricorso statale, secondo questa prospettazione,  attribuirebbe
pertanto alla disposizione impugnata un significato  errato,  il  che
renderebbe altresi' non pertinenti i singoli profili di censura. 
    3.2.- Con riguardo a questi ultimi, ad ogni  modo,  la  Provincia
autonoma adduce ulteriori considerazioni. 
    3.2.1.- E' ribadita, anzitutto,  l'inammissibilita',  e  comunque
sia l'infondatezza, della censura  per  violazione  dell'art.  7-bis,
comma 8, cod. ambiente. 
    La  normativa  statutaria  e  di  attuazione,   difatti,   affida
senz'altro alla Provincia resistente competenze in  materia  di  VIA,
sicche' il fondamento di queste ultime non  potrebbe  trovarsi  nella
«tutela dell'ambiente» o nella norma interposta  ma,  appunto,  nelle
disposizioni dello statuto speciale  e  nelle  relative  disposizioni
attuative (vengono richiamati,  in  particolare,  l'art.  19-bis  del
d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381,  recante  «Norme  di  attuazione  dello
statuto speciale per la regione Trentino-Alto  Adige  in  materia  di
urbanistica ed opere pubbliche», l'art. 1-bis, comma 3, del d.P.R. 26
marzo 1977, n.  235,  recante  «Norme  di  attuazione  dello  Statuto
speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia  di  energia»,
nonche' l'art. 13 dello statuto, come novellato  dall'art.  1,  comma
833, della legge 27 dicembre  2017,  n.  205,  recante  «Bilancio  di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2018  e  bilancio
pluriennale per il triennio  2018-2020»).  Non  si  potrebbe  negare,
pertanto,  che  la  Provincia  ha  sempre  esercitato   la   potesta'
legislativa in materia di VIA come competenza propria,  nel  rispetto
dei limiti derivanti dallo statuto. 
    3.2.2.-  Viene  novamente  eccepita  l'inammissibilita',   e   in
subordine l'infondatezza, della censura che evoca a parametro  l'art.
117, secondo comma, lettera m), Cost., in relazione  all'art.  27-bis
cod. ambiente, sulla base dei medesimi argomenti gia' spesi nell'atto
di costituzione. 
    3.2.3.-    La    Provincia     autonoma,     infine,     ribadita
l'inammissibilita' della censura per violazione  dell'art.  97  dello
statuto,  insiste  anche  per  l'infondatezza  delle   questioni   in
riferimento all'art. 5 Cost. e al principio di leale collaborazione. 
    La resistente osserva, infatti, che il ricorso statale, come gia'
rilevato nella medesima memoria,  muove  da  un  erroneo  presupposto
interpretativo, «non atteggiandosi la norma impugnata a strumento per
reagire alla asserita incostituzionale  [recte:  incostituzionalita']
di una legge statale». Inoltre, l'art. 2 del d.lgs. n. 266  del  1992
considera come «normale e fisiologica» un'attivita' di recezione  non
automatica   della   legislazione   statale   condizionante    quella
provinciale.  Recezione  non  automatica  che  caratterizzerebbe   il
complesso delle autonomie regionali, in  virtu'  dell'art.  10  della
legge 10 febbraio 1953, n. 62  (Costituzione  e  funzionamento  degli
organi  regionali),  sicche'  «non  puo'  certo  dirsi  che  l'unita'
dell'ordinamento richieda invariabilmente la  prevalenza  diretta  ed
autoapplicativa  della  legge   statale   su   quella   regionale   o
provinciale». Neppure potrebbe farsi  leva  sul  principio  di  leale
collaborazione per imporre alla Provincia un meccanismo automatico di
adattamento alla normativa statale, per di  piu'  dissonante  con  la
richiamata normativa di  attuazione  statutaria,  sol  perche'  nella
previgente legge provinciale era presente una disposizione che poteva
interpretarsi come norma di recepimento automatico. 
    4.- In data 13 novembre 2018, anche il Presidente  del  Consiglio
dei ministri ha depositato una memoria, insistendo per l'accoglimento
del ricorso. 
    4.1.- Ribadite le argomentazioni proposte avverso l'impugnazione,
da parte della Provincia autonoma, del d.lgs. n. 104 del 2017 con  il
ricorso n. 68 del 2017, il ricorrente reputa innanzitutto non fondata
l'eccezione d'inammissibilita' proposta dalla resistente. 
    La disciplina della VIA, proprio perche' riconducibile a  materia
di  competenza  esclusiva  statale,  prevarrebbe   sulle   competenze
regionali  e  provinciali,  sicche'  queste  ultime  in  tale  ambito
troverebbero i soli margini di autonomia  previsti  dagli  artt.  23,
comma 4, del d.lgs. n. 104 del 2017 e dall'art. 7-bis cod.  ambiente,
introdotto dall'art. 5, comma 1, del  medesimo  decreto  legislativo.
Cio' varrebbe, alla luce della giurisprudenza  costituzionale,  anche
per le Regioni a statuto speciale, perche' il titolo a intervenire in
materia di VIA sarebbe tutto nella legge statale, non anche in  norme
costituzionali o statutarie. 
    La difformita' dell'impugnata disposizione  provinciale  rispetto
all'art. 7-bis cod. ambiente si tradurrebbe, pertanto, in  violazione
senz'altro dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    4.2.- Il ricorrente ribadisce, poi, che  quanto  alla  disciplina
del procedimento amministrativo  il  legislatore  statale  troverebbe
titolo di intervento esclusivo anche nella competenza di cui all'art.
117, secondo comma, lettera m), Cost., come avrebbe affermato  questa
Corte nella sentenza n. 203 del 2012. 
    Questo essendo il quadro normativo, il Presidente  del  Consiglio
dei ministri rileva che la previgente disciplina in materia  di  VIA,
ad opera della Provincia autonoma, non puo' considerarsi  circostanza
atta a negare la possibilita' per lo Stato di legiferare  sul  punto,
dettando regole procedimentali  vincolanti  su  tutto  il  territorio
nazionale. 
    Cio' peraltro, a parere del ricorrente, avrebbe ridimensionato ma
non azzerato gli spazi  di  autonomia  del  legislatore  provinciale,
atteso quanto dispone il gia' richiamato art. 7-bis cod. ambiente. 
    4.3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, infine, ribadisce
come appaia evidente anche la violazione degli artt.  5  Cost.  e  97
dello statuto di autonomia, dovendosi ritenere  invece  infondata  la
relativa eccezione  d'inammissibilita',  perche'  chiaro  sarebbe  il
senso complessivo della censura. 
    La giurisprudenza costituzionale, infatti, avrebbe gia'  chiarito
che l'esercizio delle competenze legislative da parte dello  Stato  e
delle Regioni deve contribuire «a produrre  un  unitario  ordinamento
giuridico»: la dialettica tra  i  diversi  livelli  legislativi  deve
eventualmente trovare soluzione  per  mezzo  del  promovimento  delle
questioni di costituzionalita' davanti alla Corte, mentre e'  esclusa
la possibilita' di adoperare  la  propria  potesta'  legislativa  per
rendere inapplicabile nel proprio territorio una  legge  statale  (si
richiamano le sentenze n. 199 e n. 198 del 2004). 
    A dispetto di quanto affermato dalla Provincia autonoma, la norma
impugnata  intenderebbe,  per  un  verso,  eludere  il  giudizio   di
costituzionalita' azionato dalla stessa Provincia avverso  il  d.lgs.
n. 104 del 2017, violando le norme  che  presiedono  il  giudizio  di
legittimita'  costituzionale  in  via  principale;  per   un   altro,
sottrarre il conflitto legislativo alle procedure  costituzionalmente
previste, cosi' violando  il  principio  di  unita'  giuridica  della
Repubblica e quello di leale collaborazione. 
    5.- In prossimita' dell'udienza pubblica, la  Provincia  autonoma
di Trento ha depositato un'ulteriore memoria, nella quale ha ribadito
le proprie conclusioni  circa  l'inammissibilita'  e,  comunque  sia,
l'infondatezza  delle  questioni   di   legittimita'   costituzionale
proposte dal Presidente del Consiglio dei  ministri,  contestando  la
fondatezza delle deduzioni svolte dal ricorrente nella memoria del 13
novembre 2018 e tenendo conto di quanto  affermato  da  questa  Corte
nella sentenza n. 198 del 2018, intervenuta medio tempore,  la  quale
ha deciso, tra gli altri, il richiamato ricorso n. 68 del 2017. 
    5.1.- La Provincia resistente, anzitutto, novamente sottolinea di
disporre di competenze proprie anche in materia di VIA, evocando,  in
proposito, quanto prevede l'art. 13,  primo  comma,  secondo  periodo
dello statuto di autonomia, il  quale  stabilisce  che  e'  la  legge
provinciale a disciplinare, in tema di demanio  idrico  e  di  grandi
derivazioni idroelettriche, anche «le modalita' di valutazione  degli
aspetti  paesaggistici  e  di  impatto  ambientale,  determinando  le
conseguenti misure di compensazione ambientale e territoriale,  anche
a carattere finanziario». 
    A livello di norme di attuazione, si richiama l'art.  19-bis  del
d.P.R. n.  381  del  1974,  il  quale  prevede  l'applicazione  della
disciplina provinciale in materia di VIA alle funzioni delegate dallo
Stato in  tema  di  opere  pubbliche;  confermando,  quindi,  che  la
disciplina  provinciale  trova  applicazione  anche  in  merito  alle
valutazioni  ambientali  che  accedono  a  funzioni   proprie   della
Provincia. 
    Competenze,   quelle   accennate,   sempre   riconosciute   dalla
giurisprudenza costituzionale (si richiamano le sentenze n.  273  del
1998 e n. 145 del 2013) e valorizzate anche nella sentenza n. 198 del
2018. Si osserva, al riguardo, che la normativa statale  dettata  dal
codice dell'ambiente costituirebbe «non gia'  il  fondamento,  ma  un
limite alla competenza  legislativa  statutaria  delle  due  Province
autonome»; sicche' il  ricorso  non  coglierebbe  nel  segno  laddove
parametra l'eccesso  di  competenza  asseritamente  realizzato  dalla
normativa provinciale a quanto disposto  dall'art.  7-bis,  comma  8,
cod. ambiente e non a quanto previsto dalle  norme  statutarie  e  di
attuazione dello statuto. 
    Inoltre, la legislazione statale in  materia  ambientale  sarebbe
opponibile alla potesta' legislativa  delle  Province  autonome  solo
ove, e nella misura in cui, essa  concretizzasse  i  limiti  previsti
dallo statuto, mentre  non  puo'  vincolare  l'autonomia  legislativa
provinciale in base ai titoli di competenza esclusiva di cui all'art.
117, secondo comma, Cost., considerata la clausola di maggior  favore
prevista dall'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. 
    Tali rilievi sarebbero stati confermati dalla sentenza n. 198 del
2018, in quanto la Corte avrebbe ribadito che la  materia  della  VIA
rientra nella competenza statale in tema di  tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema, la quale  postula  una  protezione  uniforme  e  non
frazionabile del  bene  ambiente,  ma  ha  puntualizzato,  pure,  che
l'ambito materiale deve essere ulteriormente specificato per gli enti
ad  autonomia  differenziata,  dal  momento  che   detta   competenza
esclusiva statale «deve essere necessariamente  contemperata  con  lo
spazio di autonomia spettante in virtu' dello statuto speciale». 
    Il bilanciamento tra non frazionabilita' della tutela  ambientale
e le  competenze  statutarie  deve  dunque  tener  conto  dei  limiti
costituzionali contrassegnati dalle grandi riforme  economico-sociali
e da quelli derivanti dagli obblighi internazionali: limiti  entro  i
quali si iscrive, secondo la  sentenza  n.  198  del  2018,  l'ambito
delineato dal d.lgs. n. 104 del 2017. 
    Come norme di grande riforma economico-sociale, pertanto,  quelle
dettate  dal  citato  decreto  si  incrociano  con   le   correlative
competenze provinciali e in tali limiti  la  richiamata  sentenza  di
questa Corte ne giustifica  la  cogenza  anche  nei  confronti  della
Provincia resistente. Una vincolativita' - sottolinea  la  memoria  -
che viene affermata «in forza di un limite sulla materia  provinciale
e non in ragione di un limite di materia». 
    Cio' sarebbe dimostrato dal dispositivo  della  citata  sentenza,
laddove ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  23,
commi 1 e 4, del d.lgs. n. 104  del  2017,  nella  parte  in  cui  le
relative previsioni non prevedono o si  discostano  dalla  disciplina
dettata dal d.lgs. n. 266 del 1992 e dal  meccanismo  di  adeguamento
della legislazione provinciale ai limiti  derivanti  dalla  normativa
statale. 
    Un meccanismo di adeguamento, quello  riconosciuto  dalla  Corte,
che dovrebbe valere anche per le altre norme del d.lgs.  n.  104  del
2017 - artt. 5, 22, commi 1, 2, 3 e 4, 26, comma 1, lettera a) - che,
nel rinviare ai nuovi  Allegati,  hanno  modificato  l'assetto  delle
competenze in materia di VIA, dovendosi  anch'esse  qualificare  come
norme di riforma economico-sociale idonee a  limitare  le  competenze
statutarie delle Province autonome. 
    Risulterebbe da cio', dunque, l'infondatezza  della  premessa  da
cui muove il ricorso, basata sull'assunto che  la  Provincia  sarebbe
priva di un titolo statutario di competenza. 
    5.2.-  Alla  luce  di  tale  complessivo  quadro  normativo,   la
resistente ribadisce innanzitutto  l'inammissibilita'  della  censura
fondata sull'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s),  in  quanto  il
ricorso non prospetta una violazione dei  limiti  statutari,  ma  una
violazione della competenza statale esclusiva.  Viene  poi  osservato
che la pretesa difformita' della disciplina provinciale, rispetto  al
codice dell'ambiente, doveva, semmai, essere fatta valere in sede  di
mancato adeguamento e, dunque, con ricorso successivo  alla  scadenza
del termine semestrale previsto dall'art. 2 del  d.lgs.  n.  266  del
1992. 
    5.3.- Viene ribadita  anche  la  dedotta  inammissibilita'  della
censura  relativa  alla  violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera m), per contrasto con l'art. 27-bis cod. ambiente. 
    Nella sentenza n. 198 del 2018,  infatti,  tale  prospettiva  non
sarebbe stata accolta, in quanto la disposizione e' stata  ricondotta
alla tutela dell'ambiente e, per le Regioni speciali  e  le  Province
autonome, «alle norme di grande riforma». 
    Si tratterebbe, comunque sia, di un parametro non conferente,  in
quanto la norma provinciale impugnata non regola  in  alcun  modo  il
provvedimento autorizzatorio unico. 
    5.4.-  Viene  ribadita  anche  l'inammissibilita'  delle  censure
riferite  all'art.  97  dello  statuto  e  al  principio   di   leale
collaborazione,  nonche'  l'infondatezza  di  quella  prospettata  in
relazione all'art. 5 Cost. 
    Pur  tenendo  conto,  infatti,  delle  osservazioni  svolte   dal
ricorrente nella memoria, il riferimento all'art.  97  dello  statuto
risulterebbe del tutto  oscuro,  cosi'  come  in  termini  del  tutto
generici sarebbe stato evocato il principio di leale collaborazione. 
    Quanto alla lamentata violazione dell'art. 5  Cost.,  si  rinnova
l'osservazione secondo la quale la disposizione impugnata avrebbe una
portata meramente interpretativa, volta a  evitare  che  il  richiamo
agli Allegati III e IV alla parte seconda  del  codice  dell'ambiente
fosse inteso quale rinvio mobile;  il  che  troverebbe  conferma  nel
fatto che quegli allegati si riferiscono ai  progetti  di  competenza
regionale e provinciale. 
    Cosi' intesa, la legge provinciale non metterebbe in  discussione
la normativa statale, la cui efficacia  rimane  quella  sua  propria,
secondo  i  rapporti  tra  fonti  statali  e  provinciali  per   come
determinati dalle disposizioni statutarie e dalle relative  norme  di
attuazione. La non immediata efficacia del d.lgs. n.  104  del  2017,
dunque, non deriverebbe dalla norma impugnata ma dal richiamato  art.
2 del d.lgs. n. 266 del 1992  e,  conseguentemente,  non  vi  sarebbe
alcuna  compromissione  dell'unita'  dell'ordinamento  giuridico  ne'
violazione del principio di leale collaborazione. 
    6.- Anche il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato,
in prossimita' dell'udienza  pubblica,  un'ulteriore  memoria,  nella
quale ha insistito sulle conclusioni gia' rassegnate nel ricorso. 
    6.1.- Nel rievocare il contenuto della sentenza n. 198 del  2018,
si sottolinea che questa Corte ha dichiarato non fondate  le  censure
rivolte al d.lgs. 104 del 2017,  in  quanto  la  disciplina  statale,
oltre   a   impingere   nella   materia   "tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema", e' riconducibile a due limiti previsti da tutti gli
statuti delle autonomie speciali, rappresentati dalle  norme  statali
di riforma economico-sociale e dagli  obblighi  internazionali:  cio'
che confermerebbe la fondatezza degli argomenti spesi nel  ricorso  e
nella successiva memoria. 
    6.2.-   Quanto   alle   due   declaratorie   di    illegittimita'
costituzionale contenute nella richiamata sentenza n. 198  del  2018,
si tratterebbe di declaratorie che non  incidono  sull'assetto  delle
competenze «come delineato con chiarezza nella sentenza  stessa»,  ma
che sono destinate  esclusivamente  a  salvaguardare  le  prerogative
delle Province autonome in  ordine  alle  modalita'  e  ai  tempi  di
adeguamento dei propri ordinamenti alla nuova disciplina statale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il  ricorso  indicato  in  epigrafe,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri ha impugnato l'art. 28, comma 5,  della  legge
della Provincia autonoma di Trento 29 dicembre  2017,  n.  17  (Legge
collegata alla manovra di bilancio provinciale 2018). 
    La disposizione censurata inserisce un comma 01 all'art. 3  della
legge della Provincia autonoma di Trento 17 settembre  2013,  n.  19,
recante  «Disciplina  provinciale  della   valutazione   dell'impatto
ambientale. Modificazioni della legislazione in materia di ambiente e
territorio e della legge provinciale 15 maggio 2013, n. 9  (Ulteriori
interventi a sostegno del sistema economico e  delle  famiglie)»,  il
quale dispone che  -  in  attesa  dell'esito  del  ricorso,  promosso
davanti a questa Corte dalla stessa Provincia autonoma  di  Trento  e
iscritto al n. 68 del registro ricorsi 2017, avverso  l'art.  22  del
decreto  legislativo  16  giugno  2017,  n.  104  (Attuazione   della
direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio,  del  16
aprile 2014, che modifica la  direttiva  2011/92/UE,  concernente  la
valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti  pubblici
e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio  2015,
n.114) - i rinvii agli Allegati III  e  IV  alla  parte  seconda  del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in  materia
ambientale» (d'ora in  poi,  anche:  cod.  ambiente),  contenuti  nel
medesimo art. 3 della legge prov. n. 19 del 2013,  devono  intendersi
riferiti al testo degli Allegati precedente la modifica  operata  dal
citato d.lgs. n. 104 del 2017. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri reputa tale disposizione
in contrasto, innanzitutto, con l'art. 117,  secondo  comma,  lettera
s), della  Costituzione:  poiche'  la  disciplina  della  valutazione
d'impatto ambientale (VIA) - e  in  particolar  modo  il  riparto  di
competenze  tra  Stato  e  Regioni  e  Province  autonome,   cui   si
riferiscono i suddetti Allegati - rientrerebbe, anche alla luce della
giurisprudenza costituzionale, nella competenza legislativa esclusiva
statale in materia di  tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema,  le
Regioni e le Province autonome possono esercitare la loro  competenza
legislativa entro gli ambiti precisi e limitati  delineati  dall'art.
7-bis, comma 8, cod. ambiente. 
    Vertendosi   in   ambito   di   disciplina    del    procedimento
amministrativo, lo Stato vanterebbe  anche  un  ulteriore  titolo  di
intervento esclusivo, rappresentato dalla competenza, di cui all'art.
117, secondo comma, lettera m), Cost., a dettare i livelli essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali  che  devono
essere garantiti su tutto il territorio nazionale. La norma impugnata
sarebbe lesiva di  tale  parametro  costituzionale,  in  particolare,
perche'  sarebbe  volta  a  impedire  l'applicazione  sul  territorio
provinciale  dell'art.  27-bis  cod.   ambiente,   che   prevede   il
provvedimento autorizzatorio unico regionale. 
    Il ricorrente, infine, reputa violati  anche  l'art.  5  Cost.  e
l'art. 97 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione  del  testo
unico delle  leggi  costituzionali  concernenti  lo  statuto  per  il
Trentino-Alto Adige). La norma impugnata, infatti, avrebbe portata di
«reazione» alle norme statali e in tal  modo  vorrebbe  sottrarre  la
risoluzione    dei    conflitti    legislativi     alle     procedure
costituzionalmente  previste,  eludendo  inoltre   il   giudizio   di
costituzionalita' azionato dalla stessa Provincia. 
    2.-   Seguendo   l'ordine   delle   questioni   di   legittimita'
costituzionale proposte dal Presidente del Consiglio dei ministri, va
innanzitutto scrutinata quella in riferimento all'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost. 
    3.-   Deve   essere   preliminarmente    disattesa    l'eccezione
d'inammissibilita' della Provincia autonoma di Trento, per  avere  il
ricorrente evocato a parametro la competenza esclusiva statale  nella
materia  "tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema",  in  luogo  dei
conferenti parametri statutari. 
    3.1.-   Questa   Corte,   successivamente    alla    proposizione
dell'odierno ricorso, con la sentenza n. 198 del 2018,  ha  affermato
che la materia su cui insiste il d.lgs. n. 104 del 2017  deve  essere
ricondotta, in via prevalente, alla competenza esclusiva dello  Stato
in  tema  di  tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema,  poiche'  la
normativa in tema di VIA  rappresenta,  «anche  in  attuazione  degli
obblighi comunitari, un livello di protezione uniforme che si  impone
sull'intero territorio nazionale,  pur  nella  concorrenza  di  altre
materie di competenza regionale». 
    Ha altresi' precisato  che,  «sulla  base  [...]  del  titolo  di
competenza   legislativa   nella   materia   "tutela   dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni culturali", di cui all'art.  117,  secondo
comma, lettera s), della Costituzione, comprensiva tanto della tutela
del paesaggio quanto della tutela dei beni ambientali  o  culturali»,
il legislatore statale puo' dettare una disciplina  condizionante  le
potesta' legislative delle Regioni ad autonomia differenziata e delle
Province autonome, poiche' tutti gli  statuti  speciali  «annoverano,
tra i limiti  alle  competenze  statutariamente  previste,  le  norme
statali di riforma economico-sociale e gli obblighi internazionali». 
    Cio' premesso, ha osservato che l'art. 5 del d.lgs.  n.  104  del
2017, il quale ha introdotto il richiamato art. 7-bis cod.  ambiente,
e gli artt. 22 e 26 del medesimo d.lgs.  n.  104  del  2017  sono  il
«"cuore"» della riforma, poiche'  sono  le  disposizioni  «che  -  in
attuazione degli obiettivi [...] di "semplificazione,  armonizzazione
e  razionalizzazione  delle  procedure  di  valutazione  di   impatto
ambientale" e di "rafforzamento della  qualita'  della  procedura  di
valutazione di  impatto  ambientale"  -  determinano  un  tendenziale
allineamento dei diversi schemi e modelli procedimentali,  assegnando
allo Stato l'apprezzamento dell'impatto  sulla  tutela  dell'ambiente
dei progetti  reputati  piu'  significativi  e,  cosi',  evitando  la
polverizzazione   e    differenziazione    delle    competenze    che
caratterizzava il previgente sistema». L'unitarieta' e  l'allocazione
in capo allo Stato delle procedure relative  a  progetti  di  maggior
impatto  ambientale  ha  risposto,  pertanto,  «ad  una  esigenza  di
razionalizzazione e standardizzazione funzionale all'incremento della
qualita' della  risposta  ai  diversi  interessi  coinvolti,  con  il
correlato obiettivo di realizzare un elevato  livello  di  protezione
del bene ambientale». E' proprio in ragione del loro  essere  «nucleo
essenziale della riforma» che,  poi,  tali  disposizioni  sono  state
qualificate come norme fondamentali di riforma economico-sociale. 
    3.2.- L'odierno ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri
si fonda sull'assunto che, a seguito dell'adozione del d.lgs. n.  104
del 2017, l'art. 7-bis, comma 8,  cod.  ambiente  circoscrive,  entro
ambiti precisi e limitati,  la  possibilita'  che  le  Regioni  e  le
Province autonome  esercitino  la  propria  potesta'  legislativa  in
materia di VIA e di verifica di assoggettabilita' a VIA: cio' perche'
il parametro interposto  e'  ascrivibile  alla  competenza  esclusiva
statale nella materia "tutela dell'ambiente e dell'ecosistema". 
    Si tratta di un presupposto  interpretativo  che,  alla  luce  di
quanto affermato nella  richiamata  sentenza  n.  198  del  2018,  e'
parzialmente erroneo. Come si e' visto, il citato art.  7-bis,  comma
8, al pari della restante disciplina del cod. ambiente in materia  di
VIA, e' si' da ricondurre alla potesta' legislativa  esclusiva  dello
Stato in materia  di  tutela  ambientale,  ma  la  sua  capacita'  di
condizionare l'esercizio delle competenze legislative delle Regioni a
statuto speciale deriva dalla sua qualificazione di norma di  riforma
economico-sociale. 
    Tale  parziale  erroneita'  del  presupposto  da  cui  muove   il
Presidente del Consiglio dei ministri, tuttavia, non vale  a  rendere
inammissibile il ricorso, peraltro antecedente alla sentenza  n.  198
del 2018. La disciplina recata dal cod. ambiente e, per quel  che  in
questa sede maggiormente rileva, il suo art. 7-bis  sono  pur  sempre
stati adottati dallo  Stato  sulla  base  del  titolo  di  competenza
esclusiva nella materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e  dei
beni culturali», sicche' l'esercizio della  funzione  legislativa  da
parte delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome puo'
in ipotesi rivelarsi anche in diretto e frontale contrasto con l'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost., in tutti quei casi in  cui  la
disciplina regionale  o  provinciale  realizzi  una  vera  e  propria
invasione della competenza statale, dettando una normativa che, prima
ancora che lesiva dei parametri statutari dettanti  il  limite  delle
norme di riforma economico-sociale, pretenda di sostituirsi a  quella
posta dallo Stato. 
    Cio', come ora si vedra', e' peraltro quanto accaduto nel caso di
specie. 
    4.- La Provincia autonoma  di  Trento  ha  ampiamente  sostenuto,
tanto nell'atto di costituzione quanto nelle successive memorie,  che
la disposizione impugnata avrebbe  natura  interpretativa  e  sarebbe
funzionale a stabilire che il rinvio agli  Allegati  III  e  IV  alla
parte seconda del cod. ambiente, di cui all'art. 3 della legge  prov.
n. 19 del 2013, deve intendersi quale rinvio recettizio e  non  quale
rinvio mobile. L'intervento legislativo sarebbe stato  necessario  al
fine  di  confermare  la  vigenza   della   precedente   legislazione
provinciale in materia di VIA e di evitare che il richiamato  art.  3
della legge prov. n. 19 del 2013 potesse intendersi quale  meccanismo
di «automatico recepimento» delle modifiche apportate  ai  richiamati
Allegati. 
    Cosi' inquadrato, l'art. 28, comma 5, della legge prov. n. 17 del
2017 si sottrarrebbe alle censure di  illegittimita'  costituzionale.
L'inapplicabilita' nell'ordinamento provinciale del d.lgs. n. 104 del
2017 non sarebbe determinata, infatti, da detta disposizione, ma  dal
peculiare  meccanismo  di  adeguamento  previsto   dalla   norma   di
attuazione statutaria di cui all'art. 2 del  decreto  legislativo  16
marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige concernenti  il  rapporto  tra  atti  legislativi
statali e leggi regionali e provinciali, nonche' la potesta'  statale
di indirizzo e  coordinamento),  in  base  al  quale  deve  ritenersi
«normale e fisiologica»  un'attivita'  di  recezione  non  automatica
della legislazione statale condizionante quella provinciale. 
    La tesi difensiva non puo' essere accolta. 
    4.1.- L'evocata disposizione  di  attuazione  statutaria  prevede
che, in caso di adozione da parte dello Stato  di  principi  e  norme
costituenti limiti,  ai  sensi  degli  artt.  4  e  5  dello  statuto
speciale, alla  potesta'  legislativa  regionale  e  provinciale,  la
Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e le Province  autonome
hanno sei mesi di  tempo  (o  il  piu'  ampio  termine  espressamente
stabilito) per adeguarsi; pendente tale termine  semestrale,  restano
applicabili le disposizioni regionali o provinciali preesistenti. 
    Come questa Corte ha gia' rilevato, «questo sistema comporta, non
gia' l'immediata applicabilita' delle  ricordate  norme  statali  nel
territorio della Regione e delle Province, ma l'insorgere in  capo  a
queste ultime, all'entrata in vigore di quelle disposizioni  statali,
di un obbligo di adeguamento  della  propria  legislazione  ai  nuovi
principi introdotti nell'ordinamento nazionale» (sentenza n. 172  del
1994). 
    Le disposizioni regionali  o  provinciali  non  adeguate  possono
essere impugnate dal Governo dinanzi  a  questa  Corte,  nei  novanta
giorni successivi  alla  decorrenza  del  termine.  La  loro  mancata
impugnazione, peraltro, non impedisce la proponibilita' di  questioni
di legittimita'  costituzionale  in  via  incidentale,  poiche',  per
quanto  la  norma  di  attuazione  statutaria  intenda  ulteriormente
valorizzare l'autonomia speciale della Regione autonoma Trentino-Alto
Adige/Südtirol e delle Province autonome, essa non attribuisce alcuna
forza peculiare alla legge regionale o provinciale non  impugnata  in
via principale (sentenze n. 147 del 1999 e n. 80 del 1996;  in  senso
analogo, sentenza n. 380 del 1997). 
    4.1.1.- E' fuor di dubbio che l'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992
delinei un sistema peculiare, che determina  la  «incostituzionalita'
sopravvenuta» (sentenze n. 147 del 1999, n. 380 del 1997 e n. 80  del
1996) delle  norme  regionali  o  provinciali  che  non  siano  state
adeguate alla normativa statale una volta decorso il termine (il  cui
spirare, peraltro, ovviamente  non  impedisce  alla  Regione  e  alle
Province di esercitare  la  funzione  legislativa,  adeguandosi  alla
normativa statale). 
    Tale sistema, tuttavia, opera se, e soltanto se, la  legislazione
regionale o provinciale vigente al  momento  dell'entrata  in  vigore
della normativa statale, che  ne  costituisce  il  limite,  si  trovi
effettivamente in contrasto con  quest'ultima.  E'  al  ricorrere  di
questa circostanza che insorge in capo  al  legislatore  regionale  o
provinciale l'obbligo di  adeguare  la  propria  normativa  a  quella
sopravvenuta statale. 
    Altrimenti   detto,    la    Regione    autonoma    Trentino-Alto
Adige/Südtirol e le Province autonome godono,  nel  caso  in  cui  la
normativa preesistente non risulti gia' conforme, di  un  termine  di
sei mesi (o altro piu' ampio espressamente stabilito)  per  adempiere
all'obbligo  di  adeguare  la  propria  legislazione  alla  normativa
statale sopravvenuta. Quando la normativa regionale o provinciale non
necessita  di  adeguamento,   la   Regione   autonoma   Trentino-Alto
Adige/Südtirol e le Province autonome non possono, neppure  nell'arco
del termine «di  tolleranza»  (sentenza  n.  147  del  1999)  di  cui
all'art.  2  del  d.lgs.  n.  266  del  1992,  adottare  norme   che,
modificando la preesistente normativa gia' conforme a quella  statale
sopravvenuta,  si   pongano   illegittimamente   in   contrasto   con
quest'ultima. 
    4.2.- L'art. 3 della legge prov. n. 19 del  2013  -  disposizione
entro la  quale  la  norma  impugnata  ha  inserito  un  comma  01  -
nell'indicare quali  progetti  sono  sottoposti  al  procedimento  di
verifica di assoggettabilita' a VIA e quali al procedimento di VIA fa
espresso rinvio agli Allegati III e IV alla parte  seconda  del  cod.
ambiente. 
    Questa Corte ha gia' riconosciuto che l'effetto di incorporazione
della norma richiamata nella  norma  richiamante  (cosiddetto  rinvio
fisso) in tanto puo' aversi in quanto esso sia  espressamente  voluto
dal legislatore o sia desumibile da elementi  univoci  e  concludenti
(sentenze n. 258 del 2014 e n. 80 del 2013). Nel caso di  specie,  la
formulazione originaria della disposizione provinciale  non  presenta
alcun elemento - ne' espresso  ne'  tacito  -  che  possa  portare  a
qualificare il richiamo degli Allegati al cod. ambiente quale  rinvio
recettizio e non, invece, quale rinvio  mobile:  con  la  conseguenza
che, intervenuta la modifica di detti Allegati ad opera del d.lgs. n.
104 del 2017, nell'ordinamento trentino non era necessario provvedere
all'adeguamento della legislazione provinciale, poiche'  quest'ultima
- in virtu' del carattere mobile del rinvio di cui all'art.  3  della
legge prov. n. 19 del 2013 -  era  gia'  conforme  alla  sopravvenuta
normativa statale. 
    4.3.- Secondo la difesa della Provincia autonoma, il  legislatore
trentino,  adottando  la  disposizione  impugnata,   avrebbe   voluto
espressamente qualificare come fisso il rinvio  qui  in  esame,  allo
scopo  di  escludere  l'automatica  conformazione   della   normativa
provinciale a quella statale sopravvenuta.  Cio'  anche  al  fine  di
rinviare l'obbligo di adeguamento ai sensi dell'art. 2 del d.lgs.  n.
266 del 1992 - in pretesa applicazione di un principio affermato  con
la sentenza n. 496 del 1993 - all'esito  della  pronuncia  di  questa
Corte sul ricorso avverso il d.lgs. n. 104 del 2017,  proposto  dalla
medesima Provincia (ricorso n. 68 del 2017). 
    Va rilevato, innanzitutto, che la sentenza n.  496  del  1993  e'
dalla  resistente  impropriamente  evocata.   Allora   questa   Corte
riconobbe che il termine di cui all'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992
decorre dalla pubblicazione in  Gazzetta  Ufficiale  della  legge  di
conversione del decreto-legge  e  non  gia'  dalla  pubblicazione  di
quest'ultimo, in  quanto  i  provvedimenti  ex  art.  77  Cost.  sono
provvisori e perdono efficacia sin dall'inizio  in  caso  di  mancata
conversione, come espressamente prevede la norma  costituzionale.  E'
la naturale precarieta' del  decreto-legge,  dunque,  che  impone  di
ritenere che il termine di cui alla norma  di  attuazione  statutaria
cominci a decorrere dal momento dell'avvenuta conversione.  Non  puo'
invece  certo   considerarsi   analogamente   precario   un   decreto
legislativo  sol   perche'   si   dubiti   della   sua   legittimita'
costituzionale e lo si sia ritualmente impugnato. 
    Deve osservarsi, poi, che, adottando la  disposizione  impugnata,
il  legislatore  provinciale  trentino   non   si   e'   limitato   a
"interpretare" una previgente disposizione. 
    Per un verso, infatti, ha inteso eludere  il  meccanismo  di  cui
all'art.  2  del  d.lgs.  n.  266  del  1992,  non   solo   rinviando
l'adeguamento dell'ordinamento  provinciale  alla  normativa  statale
sopravvenuta a un dies  incerto  nel  quando  (ancorato  com'e'  alla
decisione di questa Corte sul ricorso n. 68 del 2017),  ma  adottando
una disposizione che, con l'intervento sull'art. 3 della legge  prov.
n. 19 del 2013, ha fatto si' che quest'ultimo,  previamente  conforme
alla sopravvenuta normativa statale, diventasse contrastante  con  le
modifiche apportate al cod. ambiente (in specie, agli Allegati III  e
IV alla sua parte seconda) ad opera del d.lgs. n. 104 del 2017. 
    Per un altro verso,  e  decisivamente,  ha  finito  per  invadere
direttamente la potesta' legislativa esclusiva statale ex  art.  117,
secondo comma, lettera s),  Cost.:  affermando  espressamente  che  i
rinvii di cui all'art. 3 della legge prov. n. 19  del  2013  dovevano
intendersi riferiti al testo degli  Allegati  vigente  il  20  luglio
2017, la disposizione impugnata non ha fatto altro che stabilire  che
la disciplina provinciale in  tema  di  VIA  si  applicasse  anche  a
progetti che, all'indomani della riforma operata con il d.lgs. n. 104
del 2017, non erano piu' di competenza della  Provincia  autonoma  ma
dello  Stato.  In  tal  modo,  il  legislatore  trentino  ha  preteso
stabilire unilateralmente quali progetti e' competente a sottoporre a
VIA e a verifica di assoggettabilita' a VIA,  quando  invece  -  come
riconosciuto da questa Corte con  la  sentenza  n.  198  del  2018  -
rientra nella competenza  esclusiva  statale  nella  materia  "tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema" l'individuazione,  in  tale  ambito,
dei criteri di riparto delle competenze tra Stato, Regioni e Province
autonome. 
    D'altra parte, che la pretesa del legislatore  provinciale  fosse
quella or ora delineata emerge con chiarezza dai  lavori  preparatori
della legge prov. n. 17 del 2017. Nella relazione illustrativa  della
Giunta  provinciale,  infatti,  esplicitamente  si  afferma  che   la
disposizione impugnata persegue la finalita' «di  mantenere  in  capo
alla Provincia la competenza in  ordine  alle  tipologie  progettuali
gia' attribuite nel regime previgente rispetto al decreto legislativo
16 giugno 2017, n. 104». 
    Deve essere, pertanto, dichiarata l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 28, comma 5, della legge della Provincia autonoma di Trento
n. 17 del 2017, per violazione dell'art. 117, secondo comma,  lettera
s), Cost. 
    5.-  La  declaratoria   d'illegittimita'   costituzionale   della
disposizione  impugnata  determina  l'assorbimento  delle   ulteriori
questioni di legittimita' costituzionale e, con esse, delle  relative
eccezioni d'inammissibilita' proposte  dalla  Provincia  autonoma  di
Trento. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 28,  comma  5,
della legge della Provincia autonoma di Trento 29 dicembre  2017,  n.
17 (Legge collegata alla manovra di bilancio provinciale 2018). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 febbraio 2019. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                      Franco MODUGNO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 18 aprile 2019. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA