N. 97 SENTENZA 7 marzo - 18 aprile 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Procedimento  civile  -  Introduzione,   con   decreto-legge,   della
  mediazione finalizzata alle controversie  civili  e  commerciali  -
  Mancata partecipazione della parte costituita,  senza  giustificato
  motivo - Condanna al versamento,  all'entrata  del  bilancio  dello
  Stato,  di  una  somma  di  importo  corrispondente  al  contributo
  unificato dovuto per il giudizio - Posticipazione della  decorrenza
  dell'applicazione  della   disciplina   -   Obbligatorieta'   della
  mediazione nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo. 
- Decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni  urgenti  per  il
  rilancio dell'economia)  -  convertito,  con  modificazioni,  nella
  legge 9 agosto 2013, n. 98 - art. 84,  comma  1,  lettera  b),  che
  inserisce il comma 1-bis all'art. 5 del decreto legislativo 4 marzo
  2010, n. 28 (Attuazione dell'articolo  60  della  legge  18  giugno
  2009,  n.  69,  in   materia   di   mediazione   finalizzata   alla
  conciliazione delle controversie civili e commerciali); stesso d.l.
  n. 69 del 2013, art. 84, comma 1, lettera i), nella  parte  in  cui
  aggiunge il comma 4-bis, secondo periodo,  all'art.  8  del  citato
  d.lgs. n. 28 del 2010; nonche' il medesimo art. 84, comma 2; d.lgs.
  n. 28 del 2010, art. 5, comma 4, lettera a). 
-   
(GU n.17 del 24-4-2019 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 84, comma 1,
lettera b), del decreto-legge 21 giugno  2013,  n.  69  (Disposizioni
urgenti   per   il   rilancio   dell'economia),    convertito,    con
modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n.  98,  che  inserisce  il
comma 1-bis all'art. 5 del decreto legislativo 4 marzo  2010,  n.  28
(Attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009,  n.  69,  in
materia  di   mediazione   finalizzata   alla   conciliazione   delle
controversie civili e commerciali), dell'art. 84,  comma  1,  lettera
i), dello stesso d.l. n. 69 del 2013, nella parte in cui aggiunge  il
comma 4-bis, secondo periodo, all'art. 8 del citato d.lgs. n. 28  del
2010, nonche' del comma 2 del medesimo art. 84 e dell'art.  5,  comma
4, lettera a), del  citato  d.lgs.  n.  28  del  2010,  promossi  dal
Tribunale ordinario di Verona con ordinanze del 30 gennaio e  del  23
febbraio 2018, iscritte, rispettivamente,  ai  numeri  62  e  98  del
registro ordinanze 2018 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica numeri 16 e 27, prima serie speciale, dell'anno 2018. 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio  del  6  marzo  2019  il  Giudice
relatore Luca Antonini. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza iscritta al  n.  62  r.o.  2018,  il  Tribunale
ordinario di Verona ha sollevato - in riferimento agli art. 3  e  77,
secondo  comma,  della  Costituzione  -  questioni  di   legittimita'
costituzionale dell'art. 84, comma 1, lettera i),  del  decreto-legge
21  giugno  2013,  n.  69  (Disposizioni  urgenti  per  il   rilancio
dell'economia), convertito, con modificazioni, nella legge  9  agosto
2013, n. 98, nella parte in cui  aggiunge  il  comma  4-bis,  secondo
periodo, all'art. 8 del decreto  legislativo  4  marzo  2010,  n.  28
(Attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009,  n.  69,  in
materia  di   mediazione   finalizzata   alla   conciliazione   delle
controversie civili e commerciali), nonche' del comma 2 del  medesimo
art. 84. 
    2.- Il rimettente premette  di  essere  chiamato  a  decidere  la
controversia instaurata da una societa'  a  responsabilita'  limitata
nei  confronti  di  una  banca  per  ottenere  l'accertamento   della
nullita', per difetto della forma scritta, di un contratto  di  conto
corrente e di «due contratti di apertura di conto corrente»,  nonche'
la  condanna  della   convenuta   alla   restituzione   delle   somme
indebitamente percepite, nel corso dei  rapporti  originati  da  tali
contratti, a titolo di interessi usurari e di commissione di  massimo
scoperto. 
    Quindi, il giudice a  quo  riferisce  che  la  parte  attrice  ha
attivato vanamente, prima della instaurazione della controversia,  il
procedimento   di   mediazione   previsto   quale    condizione    di
procedibilita' della domanda dall'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs.  n.
28 del 2010, non avendovi la convenuta partecipato. 
    Dopo avere precisato che la causa oggetto del processo principale
e' «giunta a decisione», il Tribunale ordinario di Verona osserva che
la mancata partecipazione al procedimento di mediazione  non  sarebbe
sorretta da giustificato motivo, non essendo questo ravvisabile nelle
ragioni,  specificamente  indicate  nell'ordinanza   di   rimessione,
addotte dalla societa' convenuta al fine di  legittimare  il  proprio
comportamento omissivo: essa, pertanto, ai sensi dell'art.  8,  comma
4-bis, secondo periodo, del d.lgs. n. 28 del  2010,  dovrebbe  essere
condannata, anche d'ufficio  e  a  prescindere  dalla  sua  eventuale
soccombenza, al versamento, in favore  dello  Stato,  di  un  importo
corrispondente a  quello  del  contributo  unificato  dovuto  per  il
giudizio. 
    2.1.- In ordine alla non manifesta infondatezza  delle  questioni
sollevate, il giudice rimettente ricorda,  anzitutto,  che  il  comma
4-bis e' stato  aggiunto  all'art.  8  del  d.lgs.  n.  28  del  2010
dall'art. 84, comma 1, lettera i), del d.l. n. 69 del 2013. 
    Quindi, sostiene che il secondo periodo del citato comma 4-bis  -
a mente del quale «[i]l giudice  condanna  la  parte  costituita  che
[...] non ha partecipato al procedimento [preliminare di  mediazione]
senza giustificato motivo, al  versamento  all'entrata  del  bilancio
dello Stato di una somma  di  importo  corrispondente  al  contributo
unificato dovuto per il giudizio» -  violerebbe  l'art.  77,  secondo
comma, Cost. per difetto dei requisiti di necessita' e d'urgenza. 
    Al riguardo, il  rimettente  -  richiamato  l'orientamento  della
giurisprudenza  costituzionale  sui  presupposti  della  decretazione
d'urgenza - premette che questa Corte  avrebbe  anche  precisato  che
l'urgente necessita' di provvedere in via legislativa  presupporrebbe
la «intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge,  o
dal punto di vista oggettivo  e  materiale,  o  dal  punto  di  vista
funzionale  e  finalistico»:  i  requisiti  cui  e'  subordinata   la
legittimita' dell'adozione del  decreto-legge  potrebbero,  pertanto,
anche riguardare una  pluralita'  di  norme,  purche'  queste  siano,
tuttavia, accomunate, sul piano  obiettivo,  «dalla  natura  unitaria
delle fattispecie disciplinate», ovvero, sul  piano  teleologico,  in
caso  di  interventi  eterogenei   afferenti   a   materie   diverse,
«dall'unico  scopo  di  approntare  rimedi   urgenti   a   situazioni
straordinarie venutesi a determinare» (viene richiamata  la  sentenza
n. 22 del 2012). 
    Ad  avviso  del  giudice  a  quo,   peraltro,   la   «uniformita'
teleologica»  che  deve  accomunare  le   norme   contenute   in   un
decreto-legge sarebbe vanificata ove, come nel caso  in  esame,  esse
non abbiano «il medesimo termine di efficacia». 
    Fatte tali  premesse,  il  Tribunale  di  Verona  evidenzia  come
l'entrata in vigore delle disposizioni dettate dall'art. 84, comma 1,
del d.l. n. 69 del 2013 sia stata differita, dal successivo comma  2,
al  decorso  «di  trenta  giorni  rispetto  al  momento   della   sua
pubblicazione in Gazzetta  Ufficiale»  (recte:  rispetto  al  momento
della entrata in vigore della legge di conversione del d.l.):  questo
differimento   rappresenterebbe   un   elemento   sintomatico   della
«manifesta insussistenza», nel  caso  di  specie,  dei  requisiti  di
necessita' e d'urgenza, tanto piu' in considerazione  della  distonia
con la diversa scelta di attribuire, invece, efficacia immediata alle
altre norme contenute nel medesimo decreto-legge. 
    Del resto, prosegue il giudice rimettente, la  posticipazione  in
parola contrasterebbe anche con l'art. 15, comma 3,  della  legge  22
agosto  1988,  n.  400  (Disciplina  dell'attivita'  di   Governo   e
ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), che,  nella
parte in cui stabilisce che i decreti-legge devono  contenere  misure
di immediata applicazione, espliciterebbe «cio'  che  deve  ritenersi
intrinseco alla natura stessa» di tali provvedimenti normativi. 
    2.1.1.- Il giudice a quo ritiene, inoltre, che l'art.  84,  comma
2, del d.l. n. 69 del  2013  -  che,  come  detto,  ha  procrastinato
l'applicabilita' delle disposizioni di cui al precedente comma  1  al
decorso di trenta giorni «[...] dall'entrata in vigore della legge di
conversione[...]»  -  recherebbe  un  vulnus  all'art.  3  Cost.,  in
relazione al principio di ragionevolezza. 
    A suo parere, la scelta,  operata  con  la  norma  censurata,  di
differire l'efficacia delle disposizioni dettate dal precedente comma
1, peraltro difforme da  quella  adottata  per  le  altre  norme  del
medesimo d.l. aventi «la stessa finalita' di  contribuire  a  rendere
maggiormente efficiente il sistema  giudiziario»,  sarebbe,  difatti,
«immotivata e priva di una ragione logica». 
    3.- E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
chiedendo  che   le   questioni   siano   dichiarate   manifestamente
inammissibili e, comunque, infondate. 
    3.1.-  L'eccezione  preliminare  d'inammissibilita'  e'   basata,
innanzitutto, sulla asserita erroneita' di una  delle  argomentazioni
addotte dal Tribunale rimettente. 
    Contrariamente a quanto  da  esso  sostenuto,  infatti,  a  mente
dell'art. 86 del d.l. n. 69 del 2013, le disposizioni poste dall'art.
84, comma 1, sarebbero entrate in vigore, come  del  resto  tutte  le
altre  norme  contenute  nel  medesimo   decreto-legge,   il   giorno
successivo a quello  della  pubblicazione  nella  Gazzetta  Ufficiale
della  Repubblica  italiana,  mentre  ne  sarebbe  stata  posticipata
soltanto l'efficacia:  il  legislatore  avrebbe,  pertanto,  disposto
«semplicemente  [...]  un  differimento  nella  efficacia  di  talune
disposizioni [...]» contenute nel d.l. 
    3.1.1.- Sotto altro profilo, la difesa statale  ritiene  che  sia
inammissibile la questione, avente ad oggetto l'art. 84, comma 2, del
d.l. n. 69 del 2013, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost. 
    L'irragionevolezza della norma censurata sarebbe stata,  infatti,
dedotta in maniera apodittica, essendosi il giudice a quo in sostanza
limitato a sostenere che, in  sede  di  decretazione  d'urgenza,  non
possa essere procrastinata l'applicabilita' di  alcune  disposizioni,
senza illustrare i motivi per cui siffatta scelta sarebbe illogica. 
    In proposito,  l'Avvocatura  generale  osserva  altresi'  che  le
ragioni dell'evidenziato differimento, la cui valutazione e'  d'altro
canto  rimessa  al  discrezionale  apprezzamento   del   legislatore,
sarebbero ravvisabili,  per  un  verso,  in  «comprensibili  problemi
organizzativi»; per altro verso,  nella  necessita',  correlata  alla
natura  sanzionatoria  della  condanna   conseguente   alla   mancata
partecipazione al procedimento di  mediazione,  che  le  parti  siano
tempestivamente rese edotte degli obblighi su di esse incombenti. 
    Del resto, prosegue la difesa statale,  il  Tribunale  rimettente
avrebbe  trascurato  di  rilevare  che  il  legislatore  non  avrebbe
posticipato l'efficacia soltanto dell'art. 84, comma 1, del  d.l.  n.
69  del  2013,  ma  anche  di  altre  norme  contenute  nel  medesimo
decreto-legge. 
    3.2.- Ad avviso dell'interveniente, le questioni di  legittimita'
costituzionale sarebbero, in ogni caso, prive di fondamento. 
    La non immediata applicabilita'  delle  disposizioni  recate  dal
comma 1 dell'art. 84 del d.l. n. 69 del 2013  non  sarebbe,  infatti,
sufficiente,  da  sola,  a  rendere  evidentemente  insussistenti   i
presupposti, richiesti dall'art.  77,  secondo  comma,  Cost.,  della
straordinaria necessita' e  urgenza,  tanto  piu'  in  considerazione
della breve durata di tale dilazione e della sua  riconducibilita'  a
ragionevoli motivi. 
    3.2.1.- Quanto, invece, al vulnus asseritamente arrecato all'art.
3 Cost. dall'art. 84, comma 2, del d.l. n. 69  del  2013,  la  difesa
statale richiama le  considerazioni,  dianzi  illustrate,  svolte  in
punto di ammissibilita' con  riguardo  a  tale  parametro,  le  quali
sarebbero idonee a disvelare anche l'insussistenza  della  denunciata
irragionevolezza. 
    In proposito, essa evidenzia, inoltre, come la particolarita' dei
precetti  normativi  contenuti  del  decreto-legge  in  parola  e  le
esigenze a essi sottese giustifichino e rendano razionale  la  scelta
di prevedere differenti termini di applicabilita'. 
    4.- Con successiva ordinanza n.  98  del  23  febbraio  2018,  il
Tribunale di Verona ha sollevato - in riferimento agli art. 3  e  77,
secondo comma,  Cost.  -  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 84, comma 1, lettera b), del d.l. n. 69 del  2013,  che  ha
inserito il comma 1-bis all'art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010, nonche'
dell'art. 84, comma 2, del medesimo decreto-legge. 
    In via subordinata,  ha,  inoltre,  censurato  -  in  riferimento
all'art. 3 Cost. - anche l'art. 5, comma 4, lettera a), del d.lgs. n.
28 del 2010. 
    4.1.- In punto di rilevanza, il giudice a quo premette di  essere
chiamato a decidere, in sede di  opposizione  a  decreto  ingiuntivo,
sulla istanza di concessione della esecuzione provvisoria del decreto
stesso, avente ad oggetto un credito derivante  da  un  contratto  di
anticipazione bancaria e ottenuto da una banca nei confronti  di  una
societa' a responsabilita' limitata e della sua garante. 
    Il  rimettente  precisa,  inoltre,  che,  una  volta  assunta  la
decisione in merito alla suddetta richiesta, egli dovrebbe  assegnare
alle parti  un  termine  di  quindici  giorni  per  intraprendere  il
procedimento di mediazione.  Secondo  quanto  previsto  dall'art.  5,
comma 4,  lettera  a),  del  d.lgs.  n.  28  del  2010,  infatti,  la
mediazione  -  cui  la  controversia  sarebbe  assoggettata,  ratione
materiae, ai sensi del precedente art. 5, comma 1-bis -, benche'  non
obbligatoria  nella  fase  monitoria,  tornerebbe  ad   essere   tale
nell'eventuale giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, dopo  la
pronuncia del giudice sulle istanze di concessione o  di  sospensione
della sua provvisoria esecuzione. 
    4.2.-  Quanto  alla  non  manifesta  infondatezza,  il  Tribunale
rimettente - dopo aver rilevato che l'art. 84, comma 1,  lettera  b),
del d.l. n. 69 del 2013 ha inserito il comma  1-bis  all'art.  5  del
d.lgs. n. 28 del 2010 - sostiene che tale norma recherebbe un  vulnus
all'art. 77, secondo  comma,  Cost.  per  carenza  dei  requisiti  di
necessita' e d'urgenza. 
    Cio'  sulla  scorta  di  argomentazioni  pressoche'  identiche  a
quelle, dianzi descritte,  addotte  a  sostegno  della  questione  di
legittimita' costituzionale avente ad oggetto  l'art.  84,  comma  1,
lettera i), del d.l. n. 69 del 2013. 
    4.2.1.- Ad avviso del giudice a quo, inoltre, l'art. 84, comma 2,
del d.l. n. 69 del 2013  contrasterebbe  l'art.  3  Cost.,  sotto  il
profilo della ragionevolezza. 
    Anche in  relazione  a  tale  censura,  vengono  spesi  argomenti
sostanzialmente coincidenti con quelli illustrati in precedenza. 
    4.2.2.- In via subordinata,  il  Tribunale  ordinario  di  Verona
dubita, infine, della legittimita' costituzionale dell'art. 5,  comma
4, lettera a), del d.lgs. n. 28 del 2010, in riferimento  all'art.  3
Cost., in relazione al principio di uguaglianza. 
    La compromissione di tale principio emergerebbe dal raffronto con
la disciplina legislativa della procedura di  negoziazione  assistita
da uno o piu' avvocati, introdotta dall'art. 2 del  decreto-legge  12
settembre 2014, n. 132 (Misure urgenti  di  degiurisdizionalizzazione
ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in  materia  di
processo civile),  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge  10
novembre 2014, n. 162. 
    Anche tale istituto - applicabile alle controversie in materia di
risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti  nonche',
fuori da questa ipotesi e da quelle di cui all'art. 5,  comma  1-bis,
del d.lgs. n.  28  del  2010,  alle  domande  aventi  ad  oggetto  il
pagamento, a qualsiasi titolo, di somme non  eccedenti  cinquantamila
euro e in seguito esteso alle controversie «in materia  di  contratto
di trasporto o di sub-trasporto» dall'art. 1, comma 249, della  legge
23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  (legge  di  stabilita'
2015)» - costituirebbe,  infatti,  come  la  mediazione  civile,  una
condizione di procedibilita'. 
    Tuttavia, ai sensi dell'art. 3, comma 3, lettera a), «della legge
n. 162/2014» (recte: del d.l. n. 132 del 2014, convertito nella legge
n. 162 del 2014), nei procedimenti per  ingiunzione  la  negoziazione
assistita non sarebbe obbligatoria ne' nella fase monitoria  ne'  nel
successivo, eventuale giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo. 
    Al  contrario,  in  virtu'  della  disposizione   censurata,   il
procedimento preliminare di mediazione, benche' non applicabile  alle
domande proposte in via monitoria,  dovrebbe  essere  intrapreso  nel
giudizio di opposizione al  decreto  ingiuntivo,  sia  pure  dopo  la
pronuncia del giudice, ai sensi degli artt. 648 e 649 del  codice  di
procedura civile, sulle istanze di concessione e di sospensione della
provvisoria esecuzione del decreto stesso. 
    Tenuto conto dell'analoga funzione svolta  sia  dalla  mediazione
che  dalla  negoziazione  assistita,  la  diversa  disciplina  appena
descritta  sarebbe,  ad  avviso  del  giudice  a   quo,   del   tutto
ingiustificata e, conseguentemente, manifestamente irragionevole. 
    5.- Anche in questo giudizio e'  intervenuto  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo che  le  questioni  siano  dichiarate
inammissibili e, comunque, manifestamente infondate. 
    5.1.- Quanto alle censure aventi ad oggetto l'art. 84,  commi  1,
lettera b), e 2, del d.l. n. 69 del 2013, la difesa  dello  Stato  e'
basata su  argomentazioni  sostanzialmente  sovrapponibili  a  quelle
sostenute con riguardo alle medesime  questioni,  prima  considerate,
oggetto del giudizio incidentale  iscritto  al  n.  62  del  registro
ordinanze 2018. 
    5.2.-  In  relazione,  invece,  alla  questione  di  legittimita'
costituzionale che investe l'art. 5, comma 4, lettera a), del  d.lgs.
n.  28  del  2010,  l'Avvocatura  generale  anzitutto  ne   eccepisce
l'inammissibilita' per difetto di rilevanza o, comunque, per  difetto
di motivazione su  di  essa:  il  rimettente  non  avrebbe,  infatti,
indicato il  valore  della  causa  sottoposta  alla  sua  cognizione,
sicche' non sarebbe dato comprendere se  nella  fattispecie  concreta
possa, o meno, trovare applicazione la norma, evocata  quale  tertium
comparationis, che disciplina la negoziazione assistita. 
    5.2.1.- Nel  merito,  la  difesa  statale  ritiene  insussistente
l'asserito vulnus all'art. 3 Cost., dal momento che  il  procedimento
di negoziazione assistita sarebbe basato su  presupposti  diversi  da
quelli della mediazione e sorretto da una differente ratio. 
    Ne' sarebbe stato, d'altro canto, superato il  limite  di  quella
manifesta irragionevolezza che, secondo il  consolidato  orientamento
di  questa  Corte,  il  legislatore  incontra  nel  disciplinare  gli
istituti processuali. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Verona, con due distinte  ordinanze
di cui si e' detto in narrativa, solleva - in riferimento agli  artt.
3 e 77, secondo comma, della Costituzione - sostanzialmente identiche
questioni di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  84,  comma  1,
lettera b), del decreto-legge 21 giugno  2013,  n.  69  (Disposizioni
urgenti   per   il   rilancio   dell'economia),    convertito,    con
modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n.  98,  che  inserisce  il
comma 1-bis all'art. 5 del decreto legislativo 4 marzo  2010,  n.  28
(Attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009,  n.  69,  in
materia  di   mediazione   finalizzata   alla   conciliazione   delle
controversie civili e commerciali), dell'art. 84,  comma  1,  lettera
i), dello stesso d.l. n. 69 del 2013, nella parte in cui aggiunge  il
comma 4-bis, secondo periodo, all'art. 8 del citato d.lgs. n. 28  del
2010, nonche' del comma 2 del medesimo art. 84. 
    Nella   sola   ordinanza   iscritta   al   n.   98   r.o.   2018,
subordinatamente alla questione avente ad oggetto l'art. 84, comma 1,
lettera b), del d.l. n. 69 del 2013, il Tribunale rimettente  dubita,
inoltre, della legittimita'  costituzionale  dell'art.  5,  comma  4,
lettera a), del d.lgs. n. 28 del  2010,  in  riferimento  all'art.  3
Cost. 
    2.-  In  considerazione  della  parziale  identita'  delle  norme
denunciate e delle censure formulate, i giudizi devono essere riuniti
per essere decisi con un'unica pronuncia. 
    3.- Con la disposizione di cui all'art. 84, comma 1, lettera  b),
del d.l. n. 69 del 2013, il legislatore - mosso dalla necessita', cui
fa riferimento il preambolo del  decreto-legge  stesso,  di  adottare
«misure per l'efficienza del sistema giudiziario e la definizione del
contenzioso    civile»    finalizzate,    unitamente    alle    altre
contestualmente previste, a «dare impulso al sistema  produttivo  del
Paese  attraverso  il  sostegno  alle  imprese,  il  rilancio   delle
infrastrutture,   operando   anche   una   riduzione   degli    oneri
amministrativi per i cittadini e le imprese» - ha inserito  il  comma
1-bis all'art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010. 
    E'  stata  cosi'  reintrodotta   nell'ordinamento   -   dopo   la
declaratoria d'illegittimita' costituzionale dell'art.  5,  comma  1,
del citato del d.lgs. n. 28 del 2010 pronunciata da questa Corte, per
eccesso di delega, con la sentenza n. 272 del 2012  -  la  mediazione
civile quale condizione di procedibilita'  delle  domande  giudiziali
relative a talune materie, tra le quali quella dei contratti  bancari
oggetto dei giudizi a quibus, specificamente individuate dalla norma. 
    La parte che intende esercitare  in  giudizio  una  delle  azioni
indicate dall'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs.  n.  28  del  2010  e',
dunque,   tenuta   preliminarmente   a   tentare   la    composizione
stragiudiziale  della   controversia   mediante   l'esperimento   del
procedimento disciplinato dal d.lgs. medesimo, il cui svolgimento  e'
affidato ad appositi organismi di mediazione e, al loro  interno,  ai
mediatori.   E',   infatti,   presso   l'organismo   territorialmente
competente che devono essere depositate  le  istanze  di  mediazione,
ricevute le quali il responsabile designa un  mediatore  e  fissa  il
primo  incontro  tra  le  parti,  che  si  deve  tenere,  nella  sede
dell'organismo stesso (o nel luogo indicato nel regolamento  da  esso
adottato), entro trenta giorni (artt. 4 e 8  del  d.lgs.  n.  28  del
2010). 
    L'art. 84, comma 1, lettera i), del d.l. n. 69  del  2013,  nella
parte in cui aggiunge il comma 4-bis, secondo periodo, all'art. 8 del
d.lgs. n. 28 del 2010, riproduce, invece, la norma  -  in  precedenza
espressa dal comma  5  dello  stesso  art.  8,  parimenti  dichiarato
incostituzionale, in via consequenziale, con la  citata  sentenza  n.
272 del 2012  -  che  prevede  che  il  giudice  «condanna  la  parte
costituita che, nei casi previsti dall'articolo 5 [del d.lgs.  n.  28
del 2010], non ha  partecipato  al  procedimento  senza  giustificato
motivo, al versamento all'entrata del bilancio  dello  Stato  di  una
somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il
giudizio». 
    3.1.- Tanto la lettera b) dell'art. 84, comma 1, del d.l.  n.  69
del 2013, quanto il secondo periodo del comma 4-bis aggiunto all'art.
8 del d.lgs. n. 28 del 2010 dalla lettera i) dello  stesso  art.  84,
comma 1, difetterebbero, ad avviso del giudice a quo, «dei  requisiti
di necessita' ed urgenza legittimanti la [loro] adozione con  decreto
legge», cosi' ledendo l'art. 77, secondo comma,  Cost.,  segnatamente
in quanto il successivo comma  2,  peraltro  anch'esso  autonomamente
censurato, avrebbe posticipato la loro entrata in  vigore  di  trenta
giorni rispetto alla data di  entrata  in  vigore  del  decreto-legge
stesso (recte: rispetto alla data della entrata in vigore della legge
di conversione del d.l.). 
    Il denunciato vulnus  si  apprezzerebbe,  nella  prospettiva  del
rimettente, sotto un duplice profilo. 
    Il  suddetto  differimento,  infatti,  per  un   verso,   sarebbe
incompatibile con l'urgenza del provvedere,  che  presupporrebbe,  al
contrario,  l'immediata  applicabilita'  delle  norme   dettate   dal
decreto-legge, anche alla luce di quanto disposto dall'art. 15, comma
3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina  dell'attivita'  di
Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio  dei  Ministri).
Sotto altro aspetto,  determinerebbe  la  carenza  della  omogeneita'
finalistica tra le norme censurate e le altre introdotte dal d.l.  n.
69 del 2013, la cui efficacia non sarebbe stata procrastinata. 
    3.2.- Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  ha  in  limine
sollevato, in entrambi i giudizi, eccezione di inammissibilita' delle
questioni, in quanto basate su un argomento fallace. 
    Contrariamente a quanto sostenuto dal giudice a quo, infatti,  le
disposizioni di cui all'art. 84, comma 1, del d.l.  n.  69  del  2013
sarebbero entrate in vigore, ai sensi del successivo  art.  86,  come
tutte le altre norme contenute nel medesimo decreto-legge, il  giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica italiana: il legislatore, con il comma  2  dell'art.
84, avrebbe, pertanto, disposto «semplicemente [...] un  differimento
nella efficacia di talune disposizioni [...]». 
    3.2.1.- Le eccezioni non sono pertinenti  e  non  possono  essere
accolte, dal momento che l'argomentazione su cui riposano non  incide
sul nucleo  fondante  la  censura  formulata,  ravvisabile  piuttosto
nell'asserita  necessita'  che   tutte   le   norme   contenute   nel
decreto-legge abbiano la stessa, immediata efficacia. 
    3.3.- Nel merito, le questioni non sono fondate. 
    3.3.1.-  Esse  devono  essere   scrutinate   alla   stregua   del
consolidato orientamento  di  questa  Corte  secondo  cui  «[...]  il
sindacato sulla legittimita' dell'adozione, da parte del Governo,  di
un decreto-legge  va  limitato  ai  casi  di  evidente  mancanza  dei
presupposti di straordinaria necessita' e urgenza richiesti dall'art.
77,  secondo  comma,  Cost.,  o  di  manifesta   irragionevolezza   o
arbitrarieta' della loro valutazione» (sentenza n. 99 del 2018). 
    3.3.2.- Tanto premesso in linea generale,  va  rilevato  che  non
puo' condividersi, quanto al primo profilo in cui  e'  articolata  la
censura, la tesi del rimettente  secondo  cui  l'insussistenza  della
straordinaria  necessita'  e  urgenza  sarebbe  desumibile  dal  mero
differimento dell'efficacia delle disposizioni censurate. 
    Al contrario, questa Corte  -  anche  laddove  ha  ricordato  che
l'art. 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988, nel prescrivere, tra
l'altro,  che  i  decreti  devono  contenere  misure   di   immediata
applicazione, costituisce esplicitazione della  ratio  implicita  nel
secondo comma dell'art. 77 Cost.  -  ha  tuttavia  precisato  che  la
necessita' di provvedere con urgenza  «non  postula  inderogabilmente
un'immediata applicazione delle disposizioni normative contenute  nel
decreto-legge» (sentenza n. 170 del 2017; nello stesso senso sentenze
n. 5 del 2018, n. 236 e n. 16 del 2017). 
    Mette conto, d'altra parte, osservare che, nel caso di specie, la
norma che ha reintrodotto l'obbligatorieta' della mediazione  avrebbe
evidentemente comportato un significativo incremento delle istanze di
accesso al relativo procedimento:  la  decisione  di  procrastinarne,
peraltro per un periodo  contenuto,  l'applicabilita'  e',  pertanto,
ragionevolmente giustificata dall'impatto che essa avrebbe avuto  sul
funzionamento degli organismi deputati alla gestione della mediazione
stessa. 
    Del resto, una volta  posticipata  l'efficacia  della  mediazione
obbligatoria, diviene con riguardo a essa  coerente  il  differimento
anche della connessa disciplina, posta dal secondo periodo del  comma
4-bis dell'art.  8  del  d.lgs.  n.  28  del  2010,  come  introdotto
dall'art. 84, comma 1, lettera i), del d.l. n.  69  del  2013,  delle
conseguenze della mancata partecipazione, senza giustificato  motivo,
al relativo procedimento. 
    3.3.3. - Nemmeno condivisibile e' l'assunto, su cui e' basato  il
secondo profilo in cui e' articolata la censura in  esame,  in  forza
del  quale   le   disposizioni   sottoposte   all'odierno   scrutinio
difetterebbero di  coerenza  funzionale  rispetto  alle  altre  norme
contenute nel d.l. n. 69 del 2013 in quanto  il  legislatore  avrebbe
differito l'applicabilita' solo delle prime. 
    Dalla «uniformita' teleologica»  che  deve  accomunare  le  norme
contenute in un decreto-legge (sentenza n. 22 del 2012) non  si  puo'
inferire,  contrariamente  a  quanto  sostenuto  dal  rimettente,  un
generale corollario per cui queste dovrebbero  tutte  necessariamente
sottostare al medesimo termine iniziale di efficacia. La  omogeneita'
finalistica  che  deve  connotare  le   norme   introdotte   con   la
decretazione d'urgenza  non  presuppone,  infatti,  indefettibilmente
l'uniformita' di tale termine, ben potendo alcune di  esse  risultare
comunque funzionali all'unico  scopo  di  approntare  rimedi  urgenti
anche la' dove ne sia stata procrastinata l'applicabilita'. 
    Il disposto differimento delle  norme  qui  censurate  trova  del
resto  fondamento,  come   poc'anzi   osservato,   nell'esigenza   di
assicurare il corretto funzionamento degli organismi  di  mediazione:
dunque,  non  solo  non  e'  sintomatico  dell'assenza  di   coerenza
finalistica, ma, al contrario, concorre a garantirla. 
    Deve quindi ritenersi che esso non abbia compromesso  la  matrice
funzionale  unitaria   delle   disposizioni   denunciate,   anch'esse
finalizzate, unitamente alle altre adottate in materia di  giustizia,
alla realizzazione dei comuni e urgenti  obiettivi  -  a  loro  volta
preordinati   al   rilancio   dell'economia   -   del   miglioramento
dell'efficienza del  sistema  giudiziario  e  dell'accelerazione  dei
tempi di definizione del contenzioso civile. 
    Le norme oggetto dell'odierno incidente di  costituzionalita'  si
collocano,  pertanto,  coerentemente  all'interno  di  tale   cornice
finalistica, risultante dal preambolo e dal Titolo  III  (Misure  per
l'efficienza del sistema giudiziario e la definizione del contenzioso
civile) del decreto-legge in cui sono contenute. 
    D'altro  canto,  proprio  la   considerazione   delle   peculiari
conseguenze - differenti  rispetto  a  quelle  prodotte  dalle  altre
misure adottate - derivanti dalle  disposizioni  in  parola  e  prima
ricordate concorre a rendere  ragionevole  la  scelta  di  differirne
l'applicabilita'. 
    3.3.4.- Alla luce dei rilievi che precedono, deve escludersi  sia
l'evidente difetto dei  presupposti  di  straordinaria  necessita'  e
urgenza richiesti dall'art. 77, secondo comma, Cost., sia l'esistenza
di una disomogeneita' finalistica delle norme censurate rispetto alle
altre contenute nel decreto-legge. 
    4.- Entrambe le ordinanze di rimessione del Tribunale  di  Verona
reputano, altresi', «immotivata e priva di  una  ragione  logica»  la
previsione dell'art. 84, comma 2,  del  d.l.  n.  69  del  2013,  che
posticipa, come si e' visto, di trenta giorni rispetto all'entrata in
vigore della legge di conversione l'applicabilita' delle disposizioni
di cui al precedente comma 1: e la censurano  percio'  per  contrasto
con l'art. 3 Cost. 
    4.1.- In entrambi i giudizi  l'Avvocatura  generale  ha  eccepito
l'inammissibilita' delle questioni per difetto di  motivazione  sulla
non manifesta  infondatezza,  giacche'  il  Tribunale  rimettente  si
sarebbe in sostanza limitato a sostenere che, in sede di decretazione
d'urgenza, non possa essere procrastinata l'applicabilita' di  alcune
disposizioni, senza tuttavia adeguatamente illustrare  i  motivi  per
cui siffatta scelta sarebbe illogica. 
    4.1.1.- Le eccezioni vanno disattese. 
    Malgrado la obiettiva sinteticita'  che  connota  la  censura  in
esame, formulata  in  maniera  pressoche'  identica  in  entrambe  le
ordinanze di rimessione, da una lettura complessiva di queste  ultime
si evince, infatti, che il giudice a quo, sulla base di un  argomento
sostanzialmente  sovrapponibile  a  quello   sviluppato   in   merito
all'asserita violazione dell'art. 77, secondo  comma,  Cost.,  reputa
illogica, e percio' in contrasto con l'art. 3 Cost., la decisione  di
differire  l'applicabilita'  di  una  norma  adottata  in   sede   di
decretazione d'urgenza, evidenziando,  quale  indice  sintomatico  di
tale irragionevolezza, la diversa soluzione prescelta dal legislatore
con riguardo ad altre norme contenute nel medesimo testo normativo. 
    Sulla scorta della considerazione  che  precede,  deve  ritenersi
assolto l'onere di motivazione che grava sul giudice rimettente. 
    4.2.- Le questioni, tuttavia,  sono  inammissibili  per  altre  e
diverse ragioni. 
    Va al riguardo rilevato che il rimettente  non  motiva  in  alcun
modo sull'applicabilita', nei giudizi pendenti dinanzi a  se',  della
norma censurata. 
    Ne' d'altra parte cio' sarebbe stato possibile:  dalle  ordinanze
di rimessione emerge, infatti, come i processi a quibus  siano  stati
rispettivamente iscritti al ruolo generale degli anni  2014  e  2017;
emerge  quindi  per  tabulas  che  questi   sono   stati   instaurati
successivamente al periodo in cui ha prodotto effetti il differimento
(trenta giorni dall'entrata in vigore, avvenuta il  21  agosto  2013,
della legge di conversione) disposto dalla norma censurata. 
    Tale  disposizione,  pertanto,  aveva  ormai  esaurito  i  propri
effetti e di essa il giudice a quo non deve,  conseguentemente,  fare
applicazione, sicche' le questioni che la  investono  sono  prive  di
rilevanza. 
    5.- In via subordinata, con l'ordinanza di rimessione iscritta al
n. 98 r.o. 2018,  il  Tribunale  rimettente  dubita,  in  riferimento
all'art. 3 Cost., in relazione al  principio  di  uguaglianza,  della
legittimita' costituzionale dell'art. 5, comma  4,  lettera  a),  del
d.lgs.  n.  28  del  2010,  che   esclude   l'obbligatorieta'   della
mediazione, limitatamente alla fase monitoria, nei  procedimenti  per
ingiunzione. 
    5.1.- Benche' tale disposizione non sia indicata nel  dispositivo
dell'ordinanza di rimessione, dalla lettura della sua motivazione  si
desume con  chiarezza  come  le  censure  formulate  investano  anche
questa, specificamente nella parte in cui  prevede  l'obbligatorieta'
della mediazione nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo. 
    Deve conseguentemente ritenersi  che  il  presente  scrutinio  di
costituzionalita' investa anche l'art. 5, comma 4,  lettera  a),  del
d.lgs. n. 28 del 2010, segnatamente laddove prevede l'obbligatorieta'
della mediazione nei giudizi di  opposizione  a  decreto  ingiuntivo.
Infatti, per un verso, il «thema decidendum, con riguardo alle  norme
censurate, va identificato  tenendo  conto  della  motivazione  delle
ordinanze»  (sentenza  n.  238  del  2014;  nello  stesso  senso,  ex
plurimis, sentenza n. 203 del 2016; ordinanze n. 169 del  2016  e  n.
162 del 2011); per altro verso, sulla base  di  tale  motivazione  e'
«ben possibile circoscrivere l'oggetto del giudizio  di  legittimita'
costituzionale  ad  una  parte  della  disposizione  censurata»   (ex
plurimis, sentenza n. 35 del 2017). 
    5.2.-  Secondo  il  giudice  rimettente,  la  compromissione  del
principio di uguaglianza emergerebbe dal raffronto con la  disciplina
legislativa della negoziazione assistita  da  uno  o  piu'  avvocati,
applicabile, ai sensi dell'art.  2  del  decreto-legge  12  settembre
2014, n. 132 (Misure urgenti di  degiurisdizionalizzazione  ed  altri
interventi per la definizione dell'arretrato in materia  di  processo
civile), convertito, con modificazioni, nella legge 10 novembre 2014,
n. 162, alle controversie in materia di  risarcimento  del  danno  da
circolazione di veicoli e natanti, nonche', fuori da questo caso e da
quelli previsti dall'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del  2010,
alle domande aventi a oggetto il pagamento, a  qualsiasi  titolo,  di
somme non eccedenti cinquantamila euro. 
    Anche la negoziazione assistita costituirebbe, infatti,  come  la
mediazione,  una   condizione   di   procedibilita'   della   domanda
giudiziale. 
    Tuttavia, nei  procedimenti  per  ingiunzione,  la  procedura  di
negoziazione assistita, secondo quanto disposto dall'art. 3, comma 3,
lettera a), del d.l. n. 132 del 2014, non deve  essere  esperita  ne'
nella fase  monitoria  ne'  nel  successivo,  eventuale  giudizio  di
opposizione al decreto ingiuntivo. 
    Al  contrario,  in  virtu'  della  disposizione   censurata,   il
procedimento  preliminare  di  mediazione,  benche'   parimenti   non
applicabile alle domande  proposte  in  via  monitoria,  deve  essere
intrapreso nel giudizio di opposizione  al  decreto  ingiuntivo,  sia
pure dopo la pronuncia del giudice, ai sensi degli artt.  648  e  649
del codice di procedura civile, sulle istanze  di  concessione  e  di
sospensione della provvisoria esecuzione del decreto stesso. 
    La descritta diversita' tra le  due  discipline,  ad  avviso  del
giudice a quo, integrerebbe, come detto, una violazione  dell'art.  3
Cost., determinando  una  disparita'  di  trattamento  manifestamente
irragionevole e in quanto  tale  incidente  anche  nell'ambito  della
disciplina degli istituti processuali. 
    5.3.-  L'Avvocatura   generale   ha   sollevato   preliminarmente
eccezione d'inammissibilita' della questione per difetto di rilevanza
- o, comunque, per difetto di motivazione su  di  essa  -  rimarcando
l'omessa indicazione, da parte del Tribunale rimettente,  del  valore
della causa oggetto del giudizio a  quo,  che  non  consentirebbe  di
comprendere se nella fattispecie  concreta  possa,  o  meno,  trovare
applicazione la  norma,  evocata  quale  tertium  comparationis,  che
disciplina la negoziazione assistita. 
    5.3.1.- L'eccezione non e' pertinente. 
    A prescindere  dal  tertium  comparationis,  evocato  solo  quale
indice di una rottura della coerenza dell'ordinamento, il  giudice  a
quo e' infatti chiamato a decidere, in sede di opposizione a  decreto
ingiuntivo, sulla istanza di concessione della esecuzione provvisoria
del decreto stesso, avente ad oggetto  un  credito  derivante  da  un
contratto di anticipazione bancaria. Assunta la decisione in merito a
tale richiesta, egli dovrebbe quindi assegnare alle parti il  termine
per intraprendere  il  procedimento  di  mediazione,  secondo  quanto
previsto dal disposto dei commi 1-bis e 4, lettera  a),  dell'art.  5
del d.lgs. n. 28 del 2010. 
    Tanto chiarito,  si  deve  osservare  che  e'  ben  vero  che  il
rimettente non indica specificamente il valore della causa sottoposta
alla sua cognizione, ma e' altrettanto vero che cio' e'  ininfluente,
giacche' questa ha ad oggetto un contratto  bancario:  a  prescindere
dal suo valore, essa rientra quindi, in  ogni  caso,  nel  novero  di
quelle soggette alla mediazione. 
    Pertanto, ove dovesse  essere  ritenuta  sussistente  la  dedotta
irragionevole  disparita'  di   trattamento,   con   la   conseguente
espunzione di quella  parte  della  norma  censurata  da  cui  deriva
l'obbligatorieta' della mediazione  nel  giudizio  di  opposizione  a
decreto  ingiuntivo,   si   espanderebbe   la   disciplina   generale
dell'accesso incondizionato alla giurisdizione. E' dunque palese che,
nonostante l'omissione evidenziata dalla difesa statale, la questione
e' rilevante,  giacche'  dal  suo  accoglimento  deriverebbe  che  il
giudice  rimettente   non   dovrebbe   assegnare   il   termine   per
intraprendere il procedimento di mediazione. 
    Da questo  punto  di  vista,  la  censura  supera  il  vaglio  di
ammissibilita'. 
    5.4.-  Al  pari  di  quelle  gia'  esaminate,  neppure  essa  e',
tuttavia, fondata. 
    5.4.1.- Entrambi gli istituti processuali posti a raffronto  sono
diretti a favorire la composizione della lite in via stragiudiziale e
sono  riconducibili  alle  «misure  di   ADR   (Alternative   Dispute
Resolution)»  (sentenza  n.  77   del   2018).   Entrambi,   inoltre,
costituiscono condizioni di procedibilita' della domanda  giudiziale,
il cui  difetto  ha  peraltro  conseguenze  analoghe,  con  finalita'
deflattiva. 
    A fronte di tali profili di omogeneita', e' tuttavia  ravvisabile
nella mediazione un fondamentale elemento specializzante, che  assume
rilievo al fine di escludere che si sia  al  cospetto  di  situazioni
sostanzialmente identiche disciplinate  in  modo  ingiustificatamente
diverso, ovvero che la scelta legislativa di  trattare  diversamente,
con riguardo al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, le  due
fattispecie   possa   ritenersi   manifestamente   irragionevole    e
arbitraria, «questo essendo il parametro di riferimento  in  materia,
tenuto conto che  si  discute  di  istituti  processuali,  nella  cui
conformazione [...] il legislatore fruisce di ampia discrezionalita'»
(sentenza n. 12 del 2016; nello stesso senso,  sentenza  n.  164  del
2017). 
    5.4.2.- Piu'  precisamente,  il  procedimento  di  mediazione  e'
connotato dal ruolo centrale svolto da  un  soggetto,  il  mediatore,
terzo e imparziale, la' dove la stessa neutralita' non e' ravvisabile
nella figura dell'avvocato che assiste le parti  nella  procedura  di
negoziazione assistita. 
    Il mediatore, infatti, ai sensi dell'art. 14 del d.lgs. n. 28 del
2010, da un lato, non puo' «assumere  diritti  od  obblighi  connessi
[...]  con  gli  affari  trattati  [...]»  ne'   percepire   compensi
direttamente dalle  parti  (comma  1);  dall'altro,  e'  obbligato  a
sottoscrivere, per  ciascuna  controversia  affidatagli,  un'apposita
«dichiarazione  di  imparzialita'»  e  a  informare  l'organismo   di
mediazione e le parti delle eventuali ragioni che possano  minare  la
sua neutralita' (comma 2, lettere a e b). 
    Tale neutralita', oltre ad  essere  sancita  anche  dall'art.  3,
comma 2, del d.lgs. n. 28 del 2010, e'  peraltro  altresi'  precisata
dalla disciplina posta dall'art.  14-bis  del  decreto  del  Ministro
della giustizia 18 ottobre  2010,  n.  180  (Regolamento  recante  la
determinazione dei criteri e delle modalita' di iscrizione  e  tenuta
del  registro  degli  organismi  di  mediazione  e  dell'elenco   dei
formatori per la mediazione, nonche' l'approvazione delle  indennita'
spettanti agli organismi,  ai  sensi  dell'articolo  16  del  decreto
legislativo 4 marzo 2010, n. 28), adottato, ai  sensi  dell'art.  16,
comma 2, del medesimo d.lgs., di concerto  con  il  Ministro  per  lo
sviluppo economico, che regola le  cause  di  incompatibilita'  e  le
ipotesi di conflitti di interesse in capo al mediatore. 
    Mentre, dunque, nella mediazione il  compito  -  fondamentale  al
fine del  suo  esito  positivo  -  di  assistenza  alle  parti  nella
individuazione degli interessi in conflitto e  nella  ricerca  di  un
punto d'incontro e' svolto da un  terzo  indipendente  e  imparziale,
nella  negoziazione  l'analogo  ruolo  e'  svolto  dai  loro   stessi
difensori:  e'  conseguentemente  palese  come,  pur  versandosi   in
entrambi i casi  in  ipotesi  di  condizioni  di  procedibilita'  con
finalita'  deflattive,  gli  istituti  processuali  in  esame   siano
caratterizzati da una evidente disomogeneita'. 
    La lumeggiata eterogeneita', nei termini appena illustrati, trova
d'altro   canto   un   chiaro    riscontro    nella    giurisprudenza
costituzionale. Questa Corte,  esaminando  la  mediazione  tributaria
disciplinata dall'art. 17-bis del  decreto  legislativo  31  dicembre
1992, n. 546 (Disposizioni  sul  processo  tributario  in  attuazione
della delega  al  Governo  contenuta  nell'art.  30  della  legge  30
dicembre 1991, n. 413), ha difatti  rimarcato  che  la  mancanza,  in
essa, «di un soggetto terzo che, come avviene per la mediazione delle
controversie civili e commerciali disciplinata dal d.lgs. n.  28  del
2010  [...],  svolga  la  mediazione»,  se  da  un   lato   «comporta
l'impossibilita' di ricondurre la mediazione tributaria al modello di
quella civilistica»,  dall'altro  «induce  a  dubitare  della  stessa
riconducibilita'  dell'istituto  all'ambito  mediatorio  propriamente
inteso» (sentenza n. 98 del 2014). 
    L'evidenziata  disomogeneita'  delle  due  fattispecie  poste   a
confronto ne preclude, dunque, una comparabilita' idonea a  integrare
l'asserita violazione dell'art. 3 Cost. e induce a escludere che  sia
stato irragionevolmente riservato un trattamento  differenziato  alla
mediazione e,  quindi,  che  la  scelta  legislativa  denunciata  dal
rimettente abbia valicato il confine dell'arbitrarieta'. 
    5.4.3.- D'altra parte, il tratto  differenziale  appena  rilevato
conferma la ratio che sostiene il diverso regime  giuridico  di  cui,
invece, si duole il giudice a quo: la presenza di un terzo del  tutto
indipendente rispetto alle parti  giustifica,  infatti,  le  maggiori
possibilita' della mediazione, rispetto alla negoziazione  assistita,
di conseguire la finalita' cui e' preordinata e, pertanto, la  scelta
legislativa di rendere obbligatoria solo la prima, e non la  seconda,
anche nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. 
    In tale ultimo giudizio, in  altri  termini,  il  legislatore  ha
ritenuto inutile imporre la negoziazione assistita, giacche' essa  e'
condotta  direttamente  dalle  parti  e  dai  loro  avvocati,   senza
l'intervento di un terzo neutrale. 
    Anche alla luce della considerazione  che  precede,  deve  dunque
escludersi  che   il   differente   trattamento   normativo   portato
all'attenzione di questa Corte possa essere  ritenuto  manifestamente
irragionevole e arbitrario. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 84, comma 2,  del  decreto-legge  21  giugno
2013, n. 69 (Disposizioni urgenti  per  il  rilancio  dell'economia),
convertito, con modificazioni, nella legge  9  agosto  2013,  n.  98,
sollevate,  in  riferimento  all'art.  3  della   Costituzione,   dal
Tribunale ordinario di Verona con le ordinanze indicate in epigrafe; 
    2)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 84, comma 1, lettera b), del d.l. n. 69  del
2013, come convertito, che inserisce il comma 1-bis  all'art.  5  del
decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 (Attuazione dell'articolo  60
della  legge  18  giugno  2009,  n.  69,  in  materia  di  mediazione
finalizzata  alla   conciliazione   delle   controversie   civili   e
commerciali), e dell'art. 84, comma 1, lettera i), dello stesso  d.l.
n. 69 del 2013, nella parte in cui aggiunge il comma  4-bis,  secondo
periodo, all'art. 8 del citato d.lgs. n. 28 del 2010,  sollevate,  in
riferimento agli artt. 3 e 77, secondo comma,  Cost.,  dal  Tribunale
ordinario di Verona con le ordinanze indicate in epigrafe; 
    3)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 5, comma 4, lettera a), del d.lgs. n. 28 del
2010, sollevata, in  riferimento  all'art.  3  Cost.,  dal  Tribunale
ordinario di Verona con l'ordinanza iscritta al n.  98  del  registro
ordinanze 2018. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 marzo 2019. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                      Luca ANTONINI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 18 aprile 2019. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA