N. 121 SENTENZA 3 aprile - 17 maggio 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Lavoro e Previdenza sociale - Lavoratori in agricoltura - Imposizione
  di contributi INPS - Accertamento  in  base  a  stima  tecnica  del
  fabbisogno dell'impresa di un maggior numero di giornate lavorative
  rispetto a quelle risultanti dalle dichiarazioni trimestrali  della
  manodopera occupata. 
- Decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375 (Attuazione dell'art. 3,
  comma  1,  lettera  aa,  della  legge  23  ottobre  1992,  n.  421,
  concernente  razionalizzazione  dei  sistemi  di  accertamento  dei
  lavoratori dell'agricoltura e dei  relativi  contributi),  art.  8,
  comma 3, come sostituito dall'art. 9-ter, comma 3, quinto  periodo,
  del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510 (Disposizioni urgenti  in
  materia di lavori socialmente utili, di interventi a  sostegno  del
  reddito   e   nel   settore   previdenziale),    convertito,    con
  modificazioni, nella legge 28 novembre 1996, n. 608. 
(GU n.21 del 22-5-2019 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 3,
del decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375 (Attuazione  dell'art.
3, comma 1,  lettera  aa,  della  legge  23  ottobre  1992,  n.  421,
concernente  razionalizzazione  dei  sistemi  di   accertamento   dei
lavoratori  dell'agricoltura  e  dei   relativi   contributi),   come
sostituito  dall'art.   9-ter,   comma   3,   quinto   periodo,   del
decreto-legge 1°  ottobre  1996,  n.  510  (Disposizioni  urgenti  in
materia di lavori socialmente utili, di  interventi  a  sostegno  del
reddito e nel settore previdenziale), convertito, con  modificazioni,
nella legge 28 novembre 1996, n. 608, promosso dalla Corte  d'appello
di Roma, sezione lavoro e previdenza, nel procedimento tra  Giancarlo
Trecapelli e l'Istituto nazionale della  previdenza  sociale  (INPS),
con ordinanza del 9 luglio 2018, iscritta  al  n.  158  del  registro
ordinanze 2018 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 45, prima serie speciale, dell'anno 2018. 
    Visti l'atto di costituzione  di  Giancarlo  Trecapelli,  nonche'
l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 3 aprile 2019 il Giudice relatore
Silvana Sciarra; 
    uditi l'avvocato Carlo De  Angelis  per  Giancarlo  Trecapelli  e
l'avvocato dello Stato  Gabriella  Palmieri  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 9 luglio 2018 (reg. ord. n. 158 del  2018),
la  Corte  d'appello  di  Roma,  sezione  lavoro  e  previdenza,   ha
sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3,  38,  76  e   77   della
Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.  8,
comma 3, del decreto legislativo 11 agosto 1993, n.  375  (Attuazione
dell'art. 3, comma 1, lettera aa, della legge  23  ottobre  1992,  n.
421, concernente razionalizzazione dei sistemi  di  accertamento  dei
lavoratori  dell'agricoltura  e  dei   relativi   contributi),   come
sostituito  dall'art.   9-ter,   comma   3,   quinto   periodo,   del
decreto-legge 1°  ottobre  1996,  n.  510  (Disposizioni  urgenti  in
materia di lavori socialmente utili, di  interventi  a  sostegno  del
reddito e nel settore previdenziale), convertito, con  modificazioni,
nella legge 28 novembre 1996, n. 608. 
    1.1.- Il giudice rimettente riferisce in punto di fatto che,  con
verbale di  accertamento  ispettivo  del  5  marzo  2013,  l'Istituto
nazionale della previdenza  sociale  (INPS)  contestava  a  Giancarlo
Trecapelli, titolare dell'«omonima impresa agricola», «un  fabbisogno
di occupazione significativamente superiore alle giornate  risultanti
dalle dichiarazioni trimestrali denunciate dalla ditta», con riguardo
agli anni 2007-2011, fabbisogno  che,  inizialmente  quantificato  in
6.165  giornate,  veniva  successivamente   rideterminato,   con   un
ulteriore verbale del 5  maggio  2013,  in  2.687  giornate,  per  un
complessivo  debito  contributivo  di   euro   94.637,00.   Giancarlo
Trecapelli  chiedeva  al  (non  meglio  precisato)   «Tribunale»   di
accertare che nulla era da lui dovuto  all'INPS  a  tale  titolo,  in
quanto il suddetto verbale «non  conteneva  l'elenco  nominativo  dei
lavoratori per i quali la contribuzione veniva  pretesa».  Lo  stesso
Tribunale respingeva la domanda di accertamento negativo e  Giancarlo
Trecapelli proponeva appello avverso  la  sentenza  di  primo  grado.
L'INPS resisteva all'appello. 
    1.2.- La Corte d'appello di Roma premette che l'INPS pretende  il
versamento dei contributi sulla base dell'art. 8, comma 3, del d.lgs.
n. 375 del 1993. Dopo  quanto  previsto  dal  precedente  comma  2  -
secondo cui, «[a]i fini del raffronto tra i dati aziendali  accertati
e gli elementi relativi alla manodopera occupata acquisiti sulla base
delle risultanze del collocamento, gli uffici dello  SCAU  provvedono
ad una stima tecnica a mezzo visita ispettiva e determinano il numero
delle giornate di  lavoro  occorrenti  in  relazione  all'ordinamento
colturale  dei  terreni,  al  bestiame  allevato,   ai   sistemi   di
lavorazione praticati da ciascuna azienda, ai periodi  di  esecuzione
dei lavori, nonche' alle consuetudini locali [...]» -  il  denunciato
comma 3 dell'art. 8 del  d.lgs.  n.  375  del  1993  stabilisce  che,
«[q]ualora dal raffronto risulti che  il  fabbisogno  di  occupazione
determinato sulla base  della  stima  tecnica  e'  significativamente
superiore alle giornate risultanti dalle  dichiarazioni  trimestrali,
l'INPS diffida il datore di lavoro a fornirne  motivazione  entro  il
termine di quaranta  giorni.  Nel  caso  in  cui  non  venga  fornita
adeguata motivazione e  non  siano  stati  individuati  i  lavoratori
utilizzati e le relative  giornate  di  occupazione,  l'INPS  procede
all'imposizione  dei  contributi  da  liquidare  sulla   base   delle
retribuzioni medie di cui all'articolo 28 del decreto del  Presidente
della Repubblica 27 aprile 1968, n. 488, e  successive  modificazioni
ed integrazioni». 
    Secondo il rimettente, tale disposizione «prevede la possibilita'
di addebitare  contribuzione  per  lavoratori  che  non  siano  stati
preventivamente individuati nominativamente e personalmente». 
    1.3.- Cio' premesso, la Corte d'appello di Roma espone  che,  con
la sentenza n. 65 del 1962,  la  Corte  costituzionale,  «in  materia
pressoche' identica», ha dichiarato l'illegittimita'  costituzionale,
per eccesso di delega, degli  artt.  4  e  5  del  regio  decreto  24
settembre 1940, n. 1949 (Modalita'  di  accertamento  dei  contributi
dovuti dagli agricoltori e dai  lavoratori  dell'agricoltura  per  le
associazioni   professionali,   per   l'assistenza   malattia,    per
l'invalidita' e vecchiaia, per la tubercolosi, per  la  nuzialita'  e
natalita' per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro
in agricoltura e per la corresponsione  degli  assegni  familiari,  e
modalita' per l'accertamento  dei  lavoratori  dell'agricoltura),  in
quanto stabilivano la contribuzione in base  al  criterio  presuntivo
cosiddetto dell'ettaro-coltura anziche' sulla  base  dell'impiego  di
manodopera  «per  ogni  singola  azienda  agricola»,   nonche',   per
violazione dell'art. 3 Cost., dell'art. 5 del decreto legislativo  23
gennaio 1948, n. 59 (Modificazioni alla procedura e  ai  termini  per
l'accertamento e la riscossione dei contributi  agricoli  unificati),
nella parte in cui consentiva  di  lasciare  sussistere  il  predetto
sistema dell'accertamento presuntivo, con il  «risultato  di  imporre
pesi disuguali a soggetti che si trovavano in condizioni di parita' o
pesi uguali a soggetti che non erano in uguali condizioni»  (punto  8
del Considerato in diritto). A seguito di tale sentenza, la legge  18
dicembre 1964, n. 1412 (Accertamento dei lavoratori  agricoli  aventi
diritto alle prestazioni previdenziali e accertamento dei  contributi
unificati in agricoltura) previde  l'obbligo  dei  datori  di  lavoro
agricoli di presentare denunce periodiche dei  lavoratori  assunti  e
delle giornate da essi prestate (art. 2), «al fine  di  garantire  la
[...] corrispondenza tra i periodi lavorativi e  la  [...]  copertura
contributiva e per consentire  la  registrazione  delle  retribuzioni
assoggettate   a   contribuzione   per   ciascun   lavoratore,   dato
indispensabile  per   quantificare   la   prestazione   previdenziale
spettante a ciascun assicurato». Con la legge 23 ottobre 1992, n. 421
(Delega al Governo per la  razionalizzazione  e  la  revisione  delle
discipline in materia di sanita', di pubblico impiego, di  previdenza
e di finanza territoriale),  il  legislatore  delego'  il  Governo  a
emanare uno o piu' decreti legislativi per il  riordino  del  sistema
previdenziale dei  lavoratori  dipendenti  privati  e  pubblici,  con
l'osservanza,  quanto  alla  previdenza  nel  settore  agricolo,  del
principio e criterio direttivo della «razionalizzazione  dei  sistemi
di accertamento dei lavoratori dell'agricoltura e di  accertamento  e
riscossione dei contributi, tenuto conto della disciplina vigente per
la generalita' dei lavoratori e dei principi contenuti nella legge  9
marzo 1989, n. 88, al fine di una migliore efficienza del servizio  e
del rafforzamento delle misure contro  le  evasioni  e  le  elusioni»
(art. 3, comma 1, lettera aa). In attuazione di tale delega, e' stato
emanato il d.lgs. n. 375 del 1993, il cui art. 6, comma  2  prescrive
che, nella dichiarazione della manodopera occupata da presentare ogni
trimestre, il datore di lavoro agricolo deve indicare,  tra  l'altro,
«le generalita', la residenza ed il  codice  fiscale  dei  lavoratori
occupati, nonche', per ciascuno di essi, la categoria, la  qualifica,
il lavoro svolto,  il  periodo  di  lavoro,  il  numero  di  giornate
prestate  o  comunque  retribuite  in  ciascun  mese  del   trimestre
precedente», dati «tutti [...] indispensabili per  poter  accreditare
le contribuzione sulla posizione assicurativa di ciascun lavoratore e
per  conoscere  la  retribuzione  assoggettata  a  contributi».   Con
l'ordinanza n. 184 del 1999, la Corte costituzionale, nel  richiamare
la sentenza n. 65 del 1962, affermo' che  «il  criterio  contributivo
commisurato al numero dei  lavoratori  occupati,  alla  durata,  alla
quantita' ed alla retribuzione del lavoro prestato,  risponde  ad  un
principio generale del sistema previdenziale, che il  legislatore  ha
apprestato per assicurare ai lavoratori prestazioni rispondenti  alla
garanzia costituzionale di protezione sociale (art. 38 Cost.)». 
    1.4.- Tutto cio' esposto, il rimettente afferma che, «quindi», il
denunciato art. 8, comma 3, del d.lgs. n.  375  del  1993  viola  gli
«artt. 76 e 77 [Cost.] in quanto reca [...] disposizioni eccedenti la
delega di cui all'art. 1,  lettera  aa)  [recte:  art.  3,  comma  1,
lettera aa)] della legge 23 ottobre 1992, n. 421», nonche' gli «artt.
3 e 38 [Cost.] in quanto il criterio presuntivo dettato da tale norma
conduce al risultato di imporre pesi  disuguali  a  soggetti  che  si
trovano in condizioni di parita' o pesi uguali  a  soggetti  che  non
sono in uguali condizioni, nonche'  al  risultato  di  convertire  di
fatto l'obbligazione contributiva in una mera ed  ulteriore  sanzione
rispetto  a  quelle  gia'  previste  dall'ordinamento,  violando   il
principio per cui i contributi versati  dal  datore  di  lavoro  sono
specificamente destinati a  finanziare,  sia  pur  collettivamente  e
impersonalmente, le prestazioni previdenziali». 
    1.5.-  Il  rimettente  asserisce  la  rilevanza  della  questione
poiche' «la norma positiva di cui si tratta impedisce  l'accoglimento
della domanda attorea, possibile soltanto  attraverso  l'eliminazione
della stessa». 
    1.6.- Il giudice a quo solleva quindi questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 8, comma 3, del  d.lgs.  n.  375  del  1993,
«nella parte in  cui  impone  all'INPS  di  richiedere  alle  imprese
agricole  contributi   previdenziali   non   collegati   a   soggetti
nominativamente  individuati  bensi'  sulla  base  di  un  fabbisogno
presuntivo determinato in forza di una stima tecnica». 
    2.-  Si  e'  costituito  nel   giudizio   Giancarlo   Trecapelli,
appellante  nel  processo  principale,  chiedendo  che  le  questioni
sollevate siano dichiarate fondate. 
    2.1.- Ad avviso della parte, la disciplina della  previdenza  dei
lavoratori  agricoli  confermerebbe  che,   «in   tanto   sorge   una
obbligazione  contributiva  anche  nei  confronti   dell'imprenditore
agricolo[,] in quanto quella contribuzione [...] sia suscettibile  di
imputazione  sulla  posizione   assicurativa   di   ciascun   singolo
lavoratore». 
    Ne'    potrebbe    aversi    «una    obbligazione    contributiva
indifferenziata, idonea  ad  incrementare  genericamente  le  risorse
finanziarie dell'ente previdenziale», attesa  la  differenza  tra  la
stessa obbligazione contributiva e l'obbligazione tributaria. 
    La parte conclude sul punto che, «[p]ercio',  l'addebito  operato
dall'INPS [...], calcolato [...] in base  alle  sole  caratteristiche
del   fondo   agricolo,   ma    senza    preventivamente    procedere
all'individuazione dei soggetti ai  quali  la  contribuzione  pretesa
deve essere imputata, e' da ritenere  radicalmente  nullo  in  quanto
privo dei caratteri propri  dell'obbligazione  contributiva,  finendo
cosi' col rivestire il carattere di sanzione: carattere non  previsto
dalla legge, ovvero di imposta: carattere [che sarebbe stato] escluso
esplicitamente dalla Corte costituzionale con la [...] sentenza n. 65
del 1962». 
    2.2.- Ne' si potrebbe ritenere che il censurato art. 8, comma  3,
abbia «conferito  [...]  un  potere  di  accertamento  presuntivo  di
manodopera, per soggetti non nominativamente individuati». 
    Infatti, in base a una  lettura  «costituzionalizzante»  di  tale
disposizione, dovrebbe ritenersi che il  legislatore  delegato  abbia
disposto che «l'ente previdenziale avrebbe il diritto a rideterminare
la contribuzione dovuta per gli stessi lavoratori  denunciati  [...],
restando escluso che l'ente  possa  calcolare  la  contribuzione  per
lavoratori diversi da quelli denunciati  o  direttamente  individuati
dall'ente, prendendo a base  il  fabbisogno  risultante  dalla  stima
tecnica,   in   quanto   una   [...]   contribuzione   avulsa   dalla
individuazione dei lavoratori alla quale essa  andrebbe  accreditata,
risulterebbe  priva  di  imputazione,  in  violazione   dei   criteri
enunciati dalla norma delegante». 
    A quest'ultimo proposito, la parte asserisce che l'art. 3,  comma
1, lettera aa), della legge n. 421 del 1992 «ha voluto  garantire  la
piena corrispondenza  tra  il  sistema  contributivo  applicabile  al
settore agricolo a quello vigente nei  restanti  settori  del  regime
generale  per  lavoratori   dipendenti»,   il   quale   «esclude   la
possibilita' di addebitare la contribuzione per  lavoratori  che  non
siano stati preventivamente nominativamente individuati». 
    La parte ribadisce che tale lettura della disposizione denunciata
e' «l'unica rispettosa degli artt. 3 e 38, nonche' degli artt.  76  e
77 Cost.», questi ultimi in relazione all'art. 3,  comma  1,  lettera
aa), della legge n. 421 del 1992. 
    Da cio' l'illegittimita' di una pretesa contributiva avanzata «in
base a  un  calcolo  astratto  della  manodopera  che  sarebbe  stata
impiegata  in  ambito  aziendale,  senza  preventivamente   procedere
all'individuazione  dei   lavoratori   beneficiari   della   maggiore
contribuzione». 
    2.3.- La parte conclude affermando la fondatezza delle  questioni
sollevate in riferimento sia agli artt. 76 e 77 Cost., sia agli artt.
3, 38 «e 53» Cost., qualora  il  denunciato  art.  8,  comma  3,  sia
«interpretato  nel  senso   che   esso   abbia   conferito   all'ente
previdenziale (in contrasto con i principi enunciati da  Corte  Cost.
26 giugno 1962, n. 65 [...]) il potere  di  esigere  contribuzione  a
carico dell'imprenditore agricolo che abbia denunciato una manodopera
inadeguata rispetto alle esigenze del  Fondo,  senza  preventivamente
procedere alla individua[zione] dei lavoratori ai quali  la  maggiore
contribuzione pretesa andrebbe accreditata,  con  la  conseguenza  di
convertire l'obbligazione contributiva  in  una  ulteriore  sanzione,
rispetto a quella gia' prevista dall'ordinamento, e  non  autorizzata
dal legislatore delegante,  ovvero  in  una  imposta  a  destinazione
innominata». 
    3.- E' intervenuto nel giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  le  questioni  sollevate   siano   dichiarate
inammissibili o infondate. 
    3.1.-  Secondo   l'interveniente,   tali   questioni   sarebbero,
anzitutto, inammissibili perche' «l'ordinanza di rimessione e'  priva
di una motivazione congrua e sufficiente [...]; limitandosi, inoltre,
il Giudice  a  quo  a  motivare  per  relationem  con  riferimento  a
precedenti  giurisprudenziali  [della]  Corte,  senza  svolgere   una
motivazione specifica, in  particolare  richiamando  le  sentenze  n.
65/1962 [...] e n. 184/1999». 
    3.2.- Ad avviso del Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  le
questioni sollevate sarebbero, comunque, infondate. 
    L'interveniente rappresenta che,  nell'ordinanza  di  rimessione,
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 3, del  d.lgs.  n.
375 del 1993 sarebbe ipotizzata in virtu' di quanto  affermato  dalla
Corte costituzionale nella sentenza n. 65 del 1962. 
    Lo stesso interveniente osserva pero' che questa sentenza aveva a
oggetto delle disposizioni  per  cui  la  contribuzione  nel  settore
agricolo era determinata in base al  criterio  presuntivo  cosiddetto
dell'ettaro-coltura, che era  «applicato  in  modo  indiscriminato  a
tutte le aziende,  [...]  senza  tenere  in  nessun  conto  [...]  le
oggettive differenze  tra  unita'  produttive»,  con  la  conseguente
ravvisata violazione dell'art. 3 Cost. 
    Il  sistema  di  determinazione  dei   contributi   previdenziali
agricoli previsto dal censurato art. 8, comma 3, del  d.lgs.  n.  375
del 1993 si fonderebbe invece «su una stima tecnica del fabbisogno di
manodopera della singola,  precipua  azienda  agricola  e  su  quanto
riscontrato  nel  corso  della  visita  ispettiva».  Tale  stima,  in
particolare,  «consent[irebbe]  la   quantificazione   puntuale   del
fabbisogno lavorativo della specifica azienda». 
    Secondo il Presidente del Consiglio dei  ministri,  l'imposizione
contributiva ai sensi del denunciato art.  8,  comma  3  avrebbe  «la
finalita'  di  assicurare  la  contribuzione  previdenziale  a   quei
lavoratori, non identificati all'atto della verifica ispettiva per la
mancata collaborazione del datore di lavoro, ma che potrebbero essere
individuati in momenti e situazioni successivi  all'accertamento.  In
assenza   di   tale    disposizione    la    contribuzione    sarebbe
irreversibilmente  perduta  qualora  l'accertamento  dei   lavoratori
avvenga ad intervenuta prescrizione o cessazione dell'azienda». 
    Sarebbe,  pertanto,   del   tutto   improprio   attribuire   alla
contribuzione ai sensi dell'art. 8, comma 3, del d.lgs.  n.  375  del
1993 una natura sanzionatoria, mentre la  stessa  contribuzione  «non
puo'   che   essere   destinata   al   finanziamento   del    sistema
previdenziale». 
    4.- In prossimita' dell'udienza pubblica, Giancarlo Trecapelli ha
depositato una memoria. 
    Secondo la  parte,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
pretenderebbe di «scindere  il  momento  di  insorgenza  dell'obbligo
contributivo ed il momento di individuazione del  soggetto  a  favore
del  quale  accreditare  la  contribuzione  sulla  singola  posizione
contributiva», laddove «la conoscenza di questi dati costituisce  uno
dei requisiti essenziali perche' possa sorgere l'obbligazione». 
    Tale  problematica  sarebbe  stata  affrontata  dalla  Corte   di
cassazione, sezione lavoro, nella sentenza 29 luglio 1999, n. 8253. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Corte d'appello di Roma, sezione lavoro e  previdenza,  ha
sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3,  38,  76  e   77   della
Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.  8,
comma 3, del decreto legislativo 11 agosto 1993, n.  375  (Attuazione
dell'art. 3, comma 1, lettera aa, della legge  23  ottobre  1992,  n.
421, concernente razionalizzazione dei sistemi  di  accertamento  dei
lavoratori  dell'agricoltura  e  dei   relativi   contributi),   come
sostituito  dall'art.   9-ter,   comma   3,   quinto   periodo,   del
decreto-legge 1°  ottobre  1996,  n.  510  (Disposizioni  urgenti  in
materia di lavori socialmente utili, di  interventi  a  sostegno  del
reddito e nel settore previdenziale), convertito, con  modificazioni,
nella legge 28 novembre 1996, n. 608. 
    Il  giudice  rimettente  e'  investito  dell'appello  avverso  la
sentenza del tribunale che aveva rigettato la domanda di accertamento
negativo proposta dal titolare di  un'impresa  agricola,  in  seguito
alla notificazione di un verbale di  accertamento  ispettivo  con  il
quale l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), ai  sensi
del denunciato art. 8, comma 3, del d.lgs. n.  375  del  1993,  aveva
proceduto all'imposizione dei contributi per  il  maggior  numero  di
giornate lavorative, rispetto a quelle risultanti dalle dichiarazioni
trimestrali della manodopera occupata, corrispondenti  al  fabbisogno
di  occupazione  dell'impresa  determinato  sulla  base  della  stima
tecnica di cui al comma 2 dello stesso art. 8. 
    2.- Per comprendere le  censure  del  rimettente,  e'  necessario
ricostruire preliminarmente  il  quadro  normativo  in  cui  esse  si
inseriscono. 
    Nell'ambito  della   delega   per   il   riordino   del   sistema
previdenziale dei lavoratori dipendenti privati e pubblici  conferita
al Governo dall'art. 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al
Governo per la razionalizzazione e la revisione delle  discipline  in
materia di sanita', di pubblico impiego, di previdenza e  di  finanza
territoriale), la lettera aa) del  comma  1  di  tale  articolo,  con
riguardo alla previdenza nel settore agricolo, stabili', tra l'altro,
il  principio  e  criterio  direttivo  della  «razionalizzazione  dei
sistemi  di  accertamento  dei  lavoratori  dell'agricoltura   e   di
accertamento  e  riscossione  dei  contributi,  tenuto  conto   della
disciplina vigente per la generalita' dei lavoratori e  dei  principi
contenuti nella legge 9 marzo 1989, n. 88, al fine  di  una  migliore
efficienza del servizio e del rafforzamento delle  misure  contro  le
evasioni e le elusioni». 
    In attuazione di tale delega fu adottato il  d.lgs.  n.  375  del
1993, concernente la «razionalizzazione dei sistemi  di  accertamento
dei lavoratori dell'agricoltura e dei relativi contributi». 
    Di tale decreto viene qui in rilievo l'art. 8  -  che,  sotto  la
rubrica «Controlli», contiene anche la  disciplina  dell'accertamento
dei contributi dovuti per i  lavoratori  dell'agricoltura  -  di  cui
interessano, in particolare, oltre al denunciato comma 3, i commi 2 e
5. 
    Quanto al comma 2, esso stabilisce che, ai fini del raffronto tra
i dati aziendali accertati e gli elementi  relativi  alla  manodopera
occupata acquisiti sulla base delle risultanze del collocamento,  gli
uffici procedono a una «stima  tecnica  a  mezzo  visita  ispettiva»,
mediante la quale «determinano il numero  delle  giornate  di  lavoro
occorrenti in relazione all'ordinamento  colturale  dei  terreni,  al
bestiame allevato, ai sistemi di lavorazione  praticati  da  ciascuna
azienda,  ai  periodi  di  esecuzione  dei   lavori,   nonche'   alle
consuetudini locali» (previa decurtazione delle prestazioni di lavoro
indicate nelle lettere da a a d dello stesso comma 2). 
    A norma del  comma  5,  il  «provvedimento  motivato  conseguente
all'accertamento di cui al comma 2 e' notificato al datore di  lavoro
interessato». 
    Quanto al comma 3, esso prevede che gli esiti della stima tecnica
disciplinata dal comma 2 possano essere utilizzati dall'INPS ai  fini
dell'accertamento  dei  contributi  dovuti  dal  datore   di   lavoro
agricolo. 
    Tale comma, nel suo testo originario,  disponeva  in  particolare
che «[i]l numero delle giornate di manodopera, accertato ai sensi del
comma 2, rileva anche per l'imposizione induttiva dei contributi,  da
liquidare sulla base delle retribuzioni medie di cui all'art. 28  del
decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile  1968,  n.  488,  e
successive modificazioni e integrazioni». 
    Lo stesso comma 3 e' stato  peraltro  successivamente  sostituito
dall'art. 9-ter, comma 3, quinto periodo, del d.l. n. 510  del  1996.
In seguito  a  tale  sostituzione,  il  vigente  denunciato  comma  3
dell'art. 8 del d.lgs. n. 375 del 1993 stabilisce che, «[q]ualora dal
raffronto risulti che il fabbisogno di occupazione determinato  sulla
base  della  stima  tecnica  e'  significativamente  superiore   alle
giornate risultanti dalle dichiarazioni trimestrali,  l'INPS  diffida
il datore di lavoro  a  fornirne  motivazione  entro  il  termine  di
quaranta  giorni.  Nel  caso  in  cui  non  venga  fornita   adeguata
motivazione e non siano stati individuati i lavoratori  utilizzati  e
le relative giornate di occupazione, l'INPS  procede  all'imposizione
dei contributi da liquidare sulla base delle  retribuzioni  medie  di
cui all'articolo 28 del decreto del Presidente  della  Repubblica  27
aprile 1968, n. 488, e successive modificazioni ed integrazioni». 
    Nel censurato testo vigente - chiaramente orientato nel senso  di
una maggiore garanzia del soggetto passivo dell'obbligo  contributivo
- l'utilizzazione degli esiti della stima  tecnica  disciplinata  dal
comma 2 ai fini  dell'accertamento  dei  contributi  dovuti  richiede
dunque  che  da  tale  stima  emerga  un  fabbisogno  di   manodopera
«significativamente superiore» rispetto alle giornate  che  risultano
dalle dichiarazioni trimestrali della  manodopera  occupata  previste
dall'art. 6 del d.lgs. n. 375 del 1993. 
    Inoltre, l'imposizione dei contributi per il  maggior  numero  di
giornate  di  lavoro  determinate  mediante  la  stima   tecnica   e'
consentita solo in presenza di due  (ulteriori)  condizioni:  che  il
datore di lavoro - che deve essere diffidato a farlo -  non  fornisca
«adeguata motivazione» dello scostamento entro il termine di quaranta
giorni; che «non siano stati individuati i lavoratori utilizzati e le
relative giornate di occupazione». 
    Se sussistono tali condizioni, l'INPS procede all'imposizione dei
contributi, liquidandoli sulla base delle retribuzioni medie  di  cui
all'art. 28 del decreto del Presidente  della  Repubblica  27  aprile
1968, n. 488 (Aumento e nuovo sistema di  calcolo  delle  pensioni  a
carico dell'assicurazione generale obbligatoria). 
    3.- Il rimettente afferma che  il  denunciato  art.  8,  comma  3
«prevede la possibilita' di addebitare contribuzione  per  lavoratori
che non siano stati  preventivamente  individuati  nominativamente  e
personalmente». 
    Muovendo da tale presupposto, il giudice a quo ritiene  che  tale
disposizione, «nella parte in cui impone all'INPS di richiedere  alle
imprese agricole contributi previdenziali non  collegati  a  soggetti
nominativamente  individuati  bensi'  sulla  base  di  un  fabbisogno
presuntivo  determinato  in  forza  di  una  stima  tecnica»,   violi
anzitutto gli artt. 76 e 77 Cost., perche' si pone in  contrasto  con
il gia' citato principio e criterio  direttivo  di  cui  all'art.  3,
comma 1, lettera aa), della legge di delegazione n. 421 del 1992. 
    Lo stesso art. 8, comma 3,  violerebbe,  in  secondo  luogo,  gli
artt. 3 e 38 Cost., sotto due profili. Il primo riguarda il  criterio
«presuntivo» dettato da tale norma che finirebbe  con  «imporre  pesi
disuguali a soggetti che si trovano in condizioni di parita'  o  pesi
uguali a soggetti che non sono in uguali condizioni». Il  secondo  fa
riferimento alla conversione dell'obbligazione  contributiva  in  una
ulteriore sanzione rispetto a quelle gia' previste dall'ordinamento. 
    4.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha   eccepito
l'inammissibilita'   delle   questioni,   poiche'   l'ordinanza    di
rimessione, priva di una motivazione congrua e sufficiente, si limita
a   motivare   per   relationem   con   riferimento   a    precedenti
giurisprudenziali della Corte costituzionale. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    L'ordinanza di rimessione, pur se  in  modo  conciso,  indica  le
ragioni del denunciato contrasto tra la disposizione censurata e  gli
invocati parametri costituzionali.  Essa  pone  in  evidenza  che  il
criterio accertativo di cui all'art. 8, comma 3, del  d.lgs.  n.  375
del 1993, nel prevedere l'imposizione di contributi «non collegati  a
soggetti  nominativamente  individuati  bensi'  sulla  base   di   un
fabbisogno presuntivo determinato in  forza  di  una  stima  tecnica»
sarebbe incompatibile con l'obbligo, imposto al Governo dall'art.  3,
comma 1, lettera aa), della legge di delegazione n. 421 del 1992,  di
tenere  conto  della  disciplina  vigente  per  la  generalita'   dei
lavoratori, escludendo percio' che l'obbligazione contributiva  nasca
quando manchi l'individuazione nominativa dei soggetti cui imputare i
contributi (col conseguente contrasto con gli artt. 76 e  77  Cost.).
Inoltre, non considerando le caratteristiche  peculiari  di  ciascuna
azienda agricola,  imporrebbe  «pesi  disuguali  a  soggetti  che  si
trovano in condizioni di parita' o pesi uguali  a  soggetti  che  non
sono in uguali condizioni» (col conseguente contrasto con gli artt. 3
e 38 Cost.). Vi sarebbe in tal modo una conversione dell'obbligazione
contributiva  in  una  ulteriore  sanzione  rispetto  a  quelle  gia'
previste  dall'ordinamento  (col  conseguente  contrasto,  sotto   un
ulteriore profilo, con gli stessi artt. 3 e 38 Cost.). 
    5.- Sempre in via preliminare, va  rilevato  che  il  presupposto
interpretativo del giudice rimettente, secondo  cui  la  disposizione
censurata «prevede la possibilita' di  addebitare  contribuzione  per
lavoratori  che   non   siano   stati   preventivamente   individuati
nominativamente e personalmente» non solo non e' implausibile, ma  e'
anche corretto. 
    L'accertamento disciplinato dall'art. 8, comma 3, del  d.lgs.  n.
375 del 1993 presuppone infatti, come si e'  visto,  che  «non  siano
stati individuati i lavoratori utilizzati e le relative  giornate  di
occupazione». 
    Tale previsione, nel  suo  tenore  testuale,  preclude  anche  la
lettura  «costituzionalizzante»  dello  stesso  art.  8,   comma   3,
prospettata  dalla  parte  costituita,   secondo   cui   quest'ultima
disposizione «pone a  carico  dell'ente  previdenziale  l'obbligo  di
individuare [...] i soggetti nei  cui  confronti  viene  imputato  il
maggior numero di giornate». 
    6.- Nel merito, le questioni non sono fondate. 
    7.- Per le questioni sollevate in riferimento agli artt. 76 e  77
Cost., si deve rilevare  che  il  parametro  dell'art.  77  Cost.  e'
inconferente  (con  la  conseguente  non  fondatezza  della  relativa
questione; ex multis, sentenze n. 127 del 2017 e n. 250 del 2016). 
    Con riguardo al parametro dell'art. 76 Cost., si  deve  osservare
che il comma 3 dell'art. 8 del d.lgs. n. 375 del  1993  e'  censurato
dal rimettente non nel suo testo  originario,  adottato  dal  Governo
nell'esercizio della delega a esso conferita dall'art.  3,  comma  1,
lettera aa), della legge n. 421 del 1992, ma nel testo  (interamente)
sostituito dall'art. 9-ter, comma 3, quinto periodo, del d.l. n.  510
del 1996. 
    Nell'adozione di tale disposizione, come e' del  tutto  evidente,
il Governo non ha esercitato la delega di cui alla legge n.  421  del
1992 e non era, percio', tenuto a rispettarne i  principi  e  criteri
direttivi. 
    Tanto basta a escludere in radice la possibilita' di un qualunque
contrasto tra la disposizione denunciata e il  principio  e  criterio
direttivo dell'art. 3, comma 1, lettera aa), della legge n.  421  del
1992. 
    8.- Quanto alla questione sollevata in  riferimento  all'art.  38
Cost., l'imposizione al datore di  lavoro,  prevista  dal  denunciato
art. 8, comma 3, dei contributi per il  maggior  numero  di  giornate
determinate mediante la stima tecnica di cui al comma 2 dello  stesso
articolo (e sulla  base  delle  retribuzioni  medie  per  l'anno)  e'
pienamente compatibile con la  garanzia  della  tutela  previdenziale
assicurata dal parametro costituzionale. 
    Tale  imposizione,  infatti,  si   traduce   in   un   incremento
dell'apporto  finanziario  al  sistema  previdenziale  e  dunque  non
pregiudica la tutela dei lavoratori,  ma  comporta  un  rafforzamento
della copertura che gli enti previdenziali  possono  assicurare  agli
stessi. 
    9.- Quanto alle questioni sollevate  in  riferimento  all'art.  3
Cost., occorre esaminare  separatamente  i  due  profili  di  censura
prospettati dal rimettente. 
    9.1.- Con riguardo al  primo  profilo,  il  giudice  a  quo,  nel
lamentare che il criterio accertativo di cui al  denunciato  art.  8,
comma 3, «conduce al risultato di imporre pesi disuguali  a  soggetti
che si trovano in condizioni di parita' o pesi uguali a soggetti  che
non sono in uguali condizioni», riprende letteralmente  il  passaggio
della sentenza n. 65 del 1962. In tale inciso questa Corte  sviluppo'
la   motivazione   circa   il   contrasto   con   l'art.   3    Cost.
dell'accertamento  dei  contributi  agricoli  fondato  sul   criterio
presuntivo cosiddetto dell'ettaro-coltura. 
    A proposito di tale pronuncia, va rilevato che la violazione, sia
dell'art. 76 Cost. (per contrasto con il principio che  i  contributi
dovevano essere stabiliti «sulla base dell'impiego  di  mano  d'opera
per  ogni  azienda  agricola»),  sia  dell'art.  3  Cost.  era  stata
affermata da questa Corte  in  ragione  del  fatto  che  il  criterio
dell'ettaro-coltura,  applicandosi  «rispetto  alle  zone»,  non  era
idoneo ad accertare l'impiego di manodopera  «rispetto  alle  singole
aziende, considerate nella loro peculiare struttura e organizzazione»
(punto 8. del Considerato in diritto). 
    L'accertamento previdenziale disciplinato dall'art. 8,  comma  3,
del d.lgs. n. 375 del  1993  si  fonda  invece,  come  si  e'  visto,
sull'utilizzazione degli esiti della stima tecnica prevista dal comma
2 dello stesso articolo.  Con  essa  l'INPS,  sulla  base  di  quanto
rilevato «a mezzo visita ispettiva»  dell'azienda,  ne  determina  il
fabbisogno di manodopera in relazione a  elementi  distintivi,  quali
sono l'ordinamento colturale dei terreni,  il  bestiame  allevato,  i
sistemi di lavorazione praticati da  ciascuna  azienda,  anche  sulla
scorta di consuetudini locali. 
    Pertanto, diversamente  dall'accertamento  in  base  al  criterio
cosiddetto dell'ettaro-coltura oggetto della sentenza n. 65 del 1962,
l'accertamento previdenziale di cui all'art. 8, comma 3,  del  d.lgs.
n. 375 del 1993 ha riguardo al fabbisogno di giornate  lavorative  di
ciascuna singola specifica azienda agricola,  considerata  nella  sua
peculiare struttura e nell'organizzazione che la caratterizza. 
    Cio' esclude, in tutta evidenza, che  dall'applicazione  di  tale
accertamento possa discendere la lamentata conseguenza di imporre una
contribuzione diversa a datori di lavoro che si trovano nella  stessa
condizione o una contribuzione uguale  a  datori  di  lavoro  che  si
trovano in condizioni diverse. 
    9.2.- Non e' fondato, infine, il secondo  profilo  di  violazione
dell'art. 3 Cost. prospettato dal giudice a quo. 
    La giurisprudenza di legittimita' si e' di recente  espressa  nel
senso che la questione dell'imputazione soggettiva dei contributi non
rileva nel rapporto contributivo tra datore di lavoro agricolo e INPS
(Corte di cassazione,  sezione  sesta-lavoro,  ordinanza  7  novembre
2018,   n.   28312).   Questa    affermazione    trova    ragionevole
giustificazione  nelle  obiettive  difficolta'  di  accertamento  dei
rapporti di lavoro in agricoltura e dei relativi contributi,  poiche'
il  settore  agricolo  e'  «caratterizzato  dall'essere   l'attivita'
lavorativa spesso discontinua e prestata in favore di una  pluralita'
di datori di lavoro nel corso dell'anno» (sentenza n. 192  del  2005,
punto 2.3. del Considerato  in  diritto).  Da  queste  considerazioni
emerge la ragionevolezza di una disposizione che  appare  chiaramente
diretta a evitare l'evasione contributiva nel settore agricolo. 
    Inoltre, l'imposizione di  contributi  previdenziali  in  assenza
della previa individuazione dei lavoratori utilizzati, secondo quanto
previsto dal denunciato art. 8, comma 3, del d.lgs. n. 375  del  1993
non  converte  di  fatto  l'obbligazione  contributiva  ne'  in   una
sanzione, come asserito dal  rimettente,  ne'  in  un  tributo,  come
sostenuto, in via alternativa, dalla parte costituita. 
    Sia la quantificazione delle somme imposte  -  che  corrispondono
alla contribuzione dovuta in relazione al maggior numero di  giornate
lavorative accertate e alla retribuzione media per  esse  determinata
nell'anno - sia l'evidente destinazione delle stesse al finanziamento
della  tutela  previdenziale  del  lavoro,   confermano   la   natura
sostanzialmente previdenziale dei contributi richiesti al  datore  di
lavoro,  ai  sensi   del   denunciato   art.   8,   comma   3.   Tali
caratteristiche, nell'escluderne, sia il fondamento nella  «capacita'
contributiva», sia la generica destinazione al concorso  alle  «spese
pubbliche» (art. 53, primo comma, Cost.), escludono, al contempo,  la
natura tributaria degli stessi contributi. 
    Le evidenziate connotazioni dei contributi ex art.  8,  comma  3,
del d.lgs. n. 375 del 1993 inducono a negare che essi abbiano  natura
sanzionatoria e che si prefiggano finalita' punitive. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 8, comma 3, del decreto legislativo 11 agosto 1993, n.  375
(Attuazione dell'art. 3, comma 1, lettera aa, della legge 23  ottobre
1992,  n.  421,  concernente   razionalizzazione   dei   sistemi   di
accertamento  dei  lavoratori   dell'agricoltura   e   dei   relativi
contributi),  come  sostituito  dall'art.  9-ter,  comma  3,   quinto
periodo, del decreto-legge 1°  ottobre  1996,  n.  510  (Disposizioni
urgenti in materia di  lavori  socialmente  utili,  di  interventi  a
sostegno del reddito e nel settore  previdenziale),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 28 novembre 1996, n.  608,  sollevate,  in
riferimento agli artt. 3, 38, 76 e 77 della Costituzione, dalla Corte
d'appello di Roma,  sezione  lavoro  e  previdenza,  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 aprile 2019. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                     Silvana SCIARRA, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 17 maggio 2019. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA