N. 162 ORDINANZA 4 - 27 giugno 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Elezioni - Assemblea regionale siciliana -  Casi  di  ineleggibilita'
  alla carica di deputato regionale (nella specie, direttore generale
  di ateneo). 
- Legge della Regione Siciliana 20 marzo 1951, n.  29  (Elezione  dei
  Deputati all'Assemblea regionale siciliana), art. 10, comma 1-bis. 
(GU n.27 del 3-7-2019 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  10,  comma
1-bis, della legge della Regione  Siciliana  20  marzo  1951,  n.  29
(Elezione dei Deputati all'Assemblea regionale  siciliana),  promosso
dal Tribunale ordinario di Palermo con ordinanza del 12 ottobre 2018,
iscritta al numero 190 del registro ordinanze 2018 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  3,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2019. 
    Visti gli atti di costituzione di G. L. e F. D.D.; 
    udito nella  udienza  pubblica  del  4  giugno  2019  il  Giudice
relatore Giuliano Amato; 
    uditi gli avvocati Aristide Police e Mario Caldarera per F.  D.D.
e Massimo Luciani per G. L. 
    Ritenuto che il Tribunale ordinario di Palermo, con ordinanza del
12   ottobre   2018,   ha   sollevato   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 10, comma 1-bis, della legge  della  Regione
Siciliana 20 marzo 1951, n. 29 (Elezione dei  Deputati  all'Assemblea
regionale siciliana), introdotto dall'art. 1, comma  2,  della  legge
della Regione Siciliana 15 gennaio 2014, n. 4 (Norme  in  materia  di
ineleggibilita' dei deputati regionali e di incompatibilita'  con  la
carica di deputato regionale e di componente della Giunta regionale); 
    che la  disposizione  in  esame  disciplina  l'ambito  soggettivo
dell'ineleggibilita' alla carica di deputato regionale,  estendendola
«[...] ai rappresentanti, agli amministratori, ai dirigenti  di  enti
non territoriali, anche senza scopo di lucro, di societa'  o  imprese
private che godono di contributi da parte della  Regione  nonche'  ai
dirigenti e funzionari dipendenti della Regione»; 
    che tale disposizione e' censurata nella parte in  cui  comprende
fra  i  soggetti  ineleggibili  il  direttore  generale  d'ateneo,  o
comunque  il  direttore  generale  dell'Universita'  degli  studi  di
Messina, per la particolare conformazione statutaria dei suoi poteri; 
    che e'  denunciata  la  violazione  degli  artt.  3  e  51  della
Costituzione,  sia   perche'   l'ineleggibilita'   introdotta   dalla
disposizione censurata costituirebbe una limitazione irragionevole  e
sproporzionata del diritto fondamentale di cui all'art. 51 Cost., non
sorretta da esigenze specificamente riferibili al contesto  regionale
siciliano,  sia   perche'   cio'   determinerebbe   un'ingiustificata
disparita'  di  trattamento  rispetto  alla  disciplina  nazionale  e
regionale dell'accesso alle cariche elettive, la quale  configura  le
medesime situazioni soggettive quali cause di incompatibilita' e  non
di ineleggibilita'; 
    che le questioni sono sorte nell'ambito di un giudizio in materia
elettorale, promosso da tre cittadini elettori, al fine  di  ottenere
l'accertamento  dell'ineleggibilita'  di  F.  D.D.  alla  carica   di
deputato dell'Assemblea regionale siciliana, in considerazione  della
sua qualita' di direttore generale dell'Universita'  degli  studi  di
Messina, ente non territoriale destinatario di contributi regionali; 
    che, osserva il  rimettente,  ai  sensi  dell'art.  3  del  regio
decreto legge 15 maggio 1946,  n.  455  (Approvazione  dello  statuto
della Regione Siciliana), la disciplina dei requisiti di accesso alla
carica di componente dell'Assemblea regionale siciliana attiene  alla
potesta' legislativa  primaria  della  Regione,  con  il  limite  dei
principi  della  Costituzione  e  dell'ordinamento  giuridico   della
Repubblica;  peraltro,  in  tema  di  elettorato  passivo,   sussiste
un'esigenza di tendenziale uniformita'  della  disciplina  sul  piano
nazionale,  cosicche'  discipline  differenziate  in   relazione   al
territorio di una Regione  sarebbero  legittime  solo  alla  luce  di
situazioni specificamente riferite ad essa e purche' la diversita' di
disciplina sia sorretta da motivi adeguati e ragionevoli, finalizzati
alla tutela di un interesse generale (sentenze n. 143  del  2010,  n.
288 del 2007, n. 438 e n. 84 del 1994, n. 463 del 1992,  n.  539  del
1990 e n. 571 del 1989); 
    che, viceversa, la disciplina in esame sarebbe irragionevole  sia
per non aver ritenuto adeguata l'analoga  causa  di  incompatibilita'
gia' prevista dall'art. 10-quater della stessa legge  reg.  Siciliana
n. 29 del 1951, sia per l'ingiustificata  disparita'  di  trattamento
rispetto alla disciplina dell'accesso alle cariche di  rappresentanza
nazionale e delle altre Regioni; 
    che, inoltre, le erogazioni pubbliche destinate alle  universita'
sarebbero soggette a puntuali previsioni  di  contabilita'  pubblica,
nonche'  a  controlli  contabili  interni  ed  esterni;   in   quanto
ineludibilmente destinate ad attivita' scientifiche o  istituzionali,
esse  non   si   presterebbero   ad   utilizzi   clientelari,   volti
all'acquisizione di consenso; 
    che, d'altra parte, il direttore generale  dell'universita',  pur
essendo l'organo dirigenziale di  vertice  dell'ateneo,  non  farebbe
parte degli organi di governo ed indirizzo e non sarebbe in grado  di
incidere sulle scelte di destinazione delle risorse dell'ente, ne' di
inquinare la par condicio tra i candidati; eventuali problematiche in
ordine al cumulo di cariche sarebbero gia' risolte con la  previsione
di incompatibilita'; 
    che, ad avviso del  giudice  a  quo,  la  disposizione  censurata
determinerebbe, inoltre, un'irragionevole disparita'  di  trattamento
rispetto alla disciplina dell'accesso alle cariche elettive nazionali
e regionali, la quale collocherebbe la  situazione  degli  organi  di
vertice  di  enti  sovvenzionati  dallo  Stato  fra   le   cause   di
incompatibilita'; 
    che, d'altra  parte,  non  sarebbe  possibile  un'interpretazione
costituzionalmente conforme della disposizione censurata,  nel  senso
di escludere la figura del direttore generale di  ateneo  dal  novero
dei soggetti non eleggibili, poiche'  la  nozione  di  dirigente  non
potrebbe essere limitata ai soli soggetti apicali muniti di potere di
indirizzo;   inoltre,   l'utilizzo   dell'espressione    «enti    non
territoriali» sarebbe  comprensiva  degli  enti  pubblici,  vista  la
giustapposizione  con  le  societa'  ed  imprese  e  l'utilizzo   del
femminile nella qualificazione di queste come «private»; 
    che si e' costituito G. L., parte interveniente  nel  giudizio  a
quo,  sollevando  molteplici  profili   di   inammissibilita'   delle
questioni e chiedendo,  nel  merito  che  le  stesse  siano  comunque
dichiarate non fondate; 
    che, in particolare,  dopo  avere  premesso  che  l'apprezzamento
della  necessita'  delle   cause   di   ineleggibilita'   spetta   al
legislatore, la  difesa  della  parte  privata  osserva  che  sarebbe
sospetto  qualsiasi  condizionamento   che   possa   derivare   dalla
titolarita' di incarichi in enti, comunque finanziati da  quello  dei
cui organi si discute; 
    che  l'utilizzo  dei  finanziamenti  regionali  da  parte   delle
universita' avrebbe in ogni  caso  un  impatto  territoriale,  specie
nelle realta' economicamente meno vivaci e floride, nelle  quali  gli
atenei rappresenterebbero uno dei maggiori volani di  crescita  e  di
sviluppo di un territorio; 
    che recentemente, con la legge della Regione Siciliana  9  maggio
2017, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2017.
Legge di stabilita' regionale), proprio l'Universita' di  Messina  e'
stata  destinataria  di  plurimi  contributi  regionali;  inoltre,  a
seguito di apposita convenzione con la Regione, lo stesso  Ateneo  ha
ricevuto  un  finanziamento  regionale  per  borse  di  dottorato  di
ricerca,   disposto   con    delibera    del    dirigente    generale
dell'Assessorato dell'istruzione della Regione Siciliana n. 7876  del
21 dicembre 2016; 
    che  la  condizione  ambientale  siciliana  giustificherebbe  una
particolare attenzione del legislatore nel contrasto a ogni forma  di
possibile  condizionamento  del  voto;  tale  condizione   renderebbe
essenziale e  necessaria  una  disciplina  rigorosa  delle  cause  di
ineleggibilita'; 
    che, quanto alla disparita' di trattamento, l'eterogeneita' della
disciplina  della   competizione   elettorale   per   il   Parlamento
impedirebbe di considerarla quale utile tertium comparationis; 
    che, d'altra parte, la diversita' delle discipline  regionali  in
materia elettorale sarebbe il portato del principio  autonomistico  e
della scelta  regionalista  della  Costituzione;  inoltre,  ai  sensi
dell'art. 3 dello statuto speciale,  la  potesta'  legislativa  della
Regione Siciliana in materia di elezioni dell'Assemblea regionale  e'
particolarmente ampia, incontrando i soli i limiti dell'«armonia  con
la  Costituzione  e  i  principi  dell'ordinamento  giuridico   della
Repubblica»  e  di  quanto  stabilito  dallo  statuto  speciale;   di
conseguenza, il legislatore siciliano non sarebbe tenuto a seguire  i
principi - e tanto  meno  le  specifiche  discipline  -  delle  leggi
elettorali delle Camere del Parlamento nazionale  (e'  richiamata  la
sentenza n. 372 del 1996); 
    che cio' varrebbe, a fortiori, anche per la previsione  di  cause
di  ineleggibilita',  atteso   che   «l'ordinamento   costituzionale,
prevedendo che  il  sistema  dell'ineleggibilita'  nelle  Regioni  ad
autonomia particolare, sia regolato da leggi  speciali,  regionali  o
statali, consente una regolamentazione differenziata»,  a  condizione
che «tale diversita' di disciplina sia sorretta da motivi adeguati  e
ragionevoli,  finalizzati  alla  tutela  di  un  interesse  generale»
(sentenza n. 276 del 1997; nello stesso senso, sentenze  n.  162  del
1995 e n. 539 del 1990); 
    che nel giudizio dinanzi alla Corte si  e'  costituito  F.  D.D.,
parte convenuta nel giudizio a quo,  chiedendo  l'accoglimento  delle
questioni di legittimita' costituzionale; 
    che la difesa della parte convenuta sottolinea come  l'elettorato
passivo rappresenti un diritto fondamentale, che ogni cittadino  deve
poter esercitare in condizioni di  uguaglianza;  l'ineleggibilita'  e
l'incompatibilita' costituiscono limiti al libero esercizio di questo
diritto, cosicche' le relative ipotesi dovranno essere stabilite solo
laddove cio' sia strettamente indispensabile per garantire, a  monte,
la par condicio nel confronto elettorale e, a valle,  l'imparzialita'
ed il buon andamento nella gestione degli interessi pubblici;  queste
esigenze  attengono  a  tutto  il  territorio  nazionale  e   sarebbe
contraddittorio ammettere che, a seconda della Regione di  residenza,
il  diritto  inviolabile  a  partecipare  alla  vita   politica   sia
riconosciuto in misura diversa; 
    che la situazione prevista dalla disposizione  censurata  sarebbe
gia' disciplinata dall'art. 10-quater della legge reg.  Siciliana  n.
29 del 1951, che vi ricollega la sanzione  dell'incompatibilita';  la
causa  di  ineleggibilita'  introdotta  dall'art.  10,  comma  1-bis,
invece, escluderebbe radicalmente il diritto di elettorato passivo  e
non sarebbe adeguata alla situazione in esame; 
    che dal confronto con la disciplina nazionale  sull'accesso  alla
carica di consigliere regionale nelle Regioni ordinarie, di cui  alla
legge 23 aprile 1981, n. 154 (Norme in materia di ineleggibilita'  ed
incompatibilita' alle cariche di consigliere regionale,  provinciale,
comunale e circoscrizionale e in materia  di  incompatibilita'  degli
addetti    al    Servizio    sanitario    nazionale),     emergerebbe
un'ingiustificata limitazione dell'elettorato passivo  dei  cittadini
siciliani, rispetto a quelli delle Regioni a statuto  ordinario,  con
conseguente violazione dell'art. 3 Cost.; 
    che tale disparita' di trattamento non sarebbe giustificata dalla
potesta' legislativa primaria di cui gode la  Regione  Siciliana,  ai
sensi  dell'art.  3  dello  statuto  speciale;  essa  puo',  infatti,
disciplinare ipotesi di ineleggibilita' o incompatibilita' diverse ed
ulteriori  rispetto  a  quelle  previste  dalla  legge   statale,   a
condizione  che  cio'  risponda  a  specifiche   condizioni   locali,
congruamente e ragionevolmente apprezzabili; 
    che la Regione Siciliana non si e' costituita in giudizio  e  non
ha spiegato alcuna attivita' difensiva. 
    Considerato che il Tribunale ordinario di  Palermo  ha  sollevato
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 10,  comma  1-bis,
della legge della Regione Siciliana 20 marzo 1951,  n.  29  (Elezione
dei Deputati all'Assemblea regionale siciliana), introdotto dall'art.
1, comma 2, della legge della Regione Siciliana 15 gennaio 2014, n. 4
(Norme in materia di ineleggibilita'  dei  deputati  regionali  e  di
incompatibilita' con la carica di deputato regionale e di  componente
della Giunta regionale); 
    che la  disposizione  in  esame  disciplina  l'ambito  soggettivo
dell'ineleggibilita' alla carica di deputato regionale,  estendendola
«[...] ai rappresentanti, agli amministratori, ai dirigenti  di  enti
non territoriali, anche senza scopo di lucro, di societa'  o  imprese
private che godono di contributi da parte della  Regione  nonche'  ai
dirigenti e funzionari dipendenti della Regione»; 
    che tale disposizione e' censurata nella parte in  cui  comprende
fra gli ineleggibili il direttore generale d'ateneo,  o  comunque  il
direttore generale dell'Universita' degli studi di  Messina,  per  la
particolare conformazione statutaria dei suoi poteri; 
    che e'  denunciata  la  violazione  degli  artt.  3  e  51  della
Costituzione,  sia   perche'   l'ineleggibilita'   introdotta   dalla
disposizione censurata costituirebbe una limitazione irragionevole  e
sproporzionata del diritto fondamentale di cui all'art. 51 Cost., non
sorretta da esigenze specificamente riferibili al contesto  regionale
siciliano,  sia  per  l'ingiustificata  disparita'   di   trattamento
rispetto alla disciplina  nazionale  e  regionale  dell'accesso  alle
cariche  elettive,  la  quale  configura   le   medesime   situazioni
soggettive quali cause di incompatibilita' e non di ineleggibilita'; 
    che le questioni  di  legittimita'  costituzionale  sollevate  in
riferimento agli artt. 3 e 51, primo comma,  Cost.  vanno  dichiarate
manifestamente inammissibili; 
    che la ricostruzione  del  quadro  normativo  appare  incompleta,
poiche' l'ordinanza omette di considerare l'evoluzione legislativa in
materia  di  cause  di  ineleggibilita'  dei  consiglieri   regionali
derivante dalla revisione dell'art. 122 Cost.; 
    che la legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1  (Disposizioni
concernenti l'elezione diretta del Presidente della Giunta  regionale
e l'autonomia statutaria delle  Regioni)  ha  modificato  l'art.  122
Cost.;  a  seguito  della  riforma,  i  casi  di  ineleggibilita'   e
incompatibilita' dei consiglieri regionali costituiscono  materia  di
legislazione ripartita tra lo Stato e le Regioni ordinarie, le  quali
possono esercitare la propria competenza nel  rispetto  dei  principi
fondamentali dettati dalla legislazione statale; 
    che, in attuazione  di  questa  legge  costituzionale,  e'  stata
adottata la legge 2 luglio 2004, n. 165 (Disposizioni  di  attuazione
dell'articolo 122, primo comma,  della  Costituzione),  la  quale  ha
fissato i principi fondamentali che le Regioni  a  statuto  ordinario
devono osservare; l'art. 2, comma 1, lettera a),  stabilisce  che  le
Regioni  a  statuto   ordinario   possono   prevedere   i   casi   di
ineleggibilita' «qualora  le  attivita'  o  le  funzioni  svolte  dal
candidato, anche in relazione a peculiari situazioni  delle  Regioni,
possano turbare o condizionare in modo diretto la libera decisione di
voto degli elettori ovvero possano violare la parita' di accesso alle
cariche elettive rispetto agli altri candidati»; 
    che  a  questo  riguardo  la  giurisprudenza  costituzionale   ha
osservato che «[i]l nuovo assetto delle attribuzioni  legislative  in
materia  e  l'ampio  spazio  lasciato  alla  legislazione   regionale
dall'intervenuta disciplina statale  di  cornice  relativamente  alle
cause di ineleggibilita' e incompatibilita' hanno consentito nuove  e
diverse  possibilita'  di  intervento   legislativo   delle   regioni
ordinarie» (sentenza n. 134 del 2018); cio' che piu'  conta,  proprio
con riferimento  alla  Regione  Siciliana,  e'  che  essa  «non  puo'
incontrare,  nell'esercizio  della   propria   potesta'   legislativa
primaria, limiti eguali a quelli che, ai sensi dell'art.  122  Cost.,
si impongono alle Regioni a statuto ordinario,  cio'  di  cui  si  ha
conferma nell'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001,  n.
3  (Modifiche  al  Titolo  V  della  Parte  II  della  Costituzione)»
(sentenza n. 143 del 2010); 
    che  l'ordinanza  di  rimessione  non  si  confronta  con  questi
argomenti,  individua  quale  tertium  comparationis  la   disciplina
precedente alla legge n. 165 del 2004 e, soprattutto,  non  considera
affatto  i   riflessi   sull'esercizio   dell'autonomia   legislativa
regionale derivanti dalla stessa legge n. 165 del 2004,  che  non  e'
neppure menzionata dal giudice a quo; 
    che, per effetto del  principio  autonomistico,  tale  intervento
legislativo ha determinato un'attenuazione  della  rigida  disciplina
unitaria  dell'elettorato  passivo,   ampliando   i   confini   della
discrezionalita' legislativa regionale in tema di ineleggibilita'; 
    che in un caso recente  relativo  alla  stessa  legge  elettorale
siciliana, proprio in riferimento alla  omessa  considerazione  della
legge  n.  165  del  2004,  e'  stata  adottata  una   decisione   di
inammissibilita', osservando che «[s]ulla  base  di  una  completa  e
corretta  ricostruzione  del  quadro  normativo  di  riferimento,  il
giudice chiamato ad applicare le regole di incompatibilita'  operanti
nella Regione Siciliana avrebbe  dovuto  pertanto  verificare  se  la
causa di incompatibilita' disciplinata all'art. 3, numero  5),  legge
n. 154 del  1981  fosse  espressione  di  un  principio  fondamentale
enunciato dalla legge n. 165 del 2004 e, in caso affermativo, se esso
fosse diretto a garantire un'indefettibile esigenza di uniformita' di
trattamento, e conseguentemente valutare se la sua mancata previsione
nella normativa siciliana contrastasse con gli artt. 3  e  51  Cost.»
(sentenza n. 134 del 2018); 
    che la presente ordinanza  di  rimessione,  emessa  dal  medesimo
giudice a quo, evidenzia la stessa lacuna, essendo mancata, anche  in
questo caso, la considerazione  dell'evoluzione  legislativa  seguita
alla riforma dell'art. 122 Cost. e dei riflessi della  legge  n.  165
del 2004 sull'autonomia legislativa regionale in materia  elettorale,
al fine di individuare  nella  disciplina  statale  l'espressione  di
un'esigenza di uniformita', tale  da  limitare  anche  la  competenza
primaria statutariamente attribuita alla Regione Siciliana; 
    che questa lacuna nell'apparato motivazionale  dell'ordinanza  di
rimessione e' tale da determinare la manifesta inammissibilita' delle
questioni  sollevate,  con  assorbimento  degli   altri   motivi   di
inammissibilita' dedotti dalla difesa della parte privata G. L. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   manifestamente   inammissibili   le    questioni    di
legittimita' costituzionale dell'art. 10, comma  1-bis,  della  legge
della Regione Siciliana 20 marzo 1951, n. 29 (Elezione  dei  Deputati
all'Assemblea regionale siciliana), sollevate dal Tribunale ordinario
di Palermo, in riferimento agli artt. 3  e  51,  primo  comma,  della
Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 giugno 2019. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                      Giuliano AMATO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 27 giugno 2019. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA