N. 196 ORDINANZA 20 giugno - 24 luglio 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Enti locali -  Poteri  sostitutivi  del  prefetto  nel  caso  in  cui
  ricorrano situazioni sintomatiche  di  condotte  illecite  gravi  e
  reiterate, tali da determinare un'alterazione delle procedure e  da
  compromettere   il   buon   andamento   e   l'imparzialita'   delle
  amministrazioni  locali  nonche'  il  regolare  funzionamento   dei
  servizi ad esse affidati. 
- Decreto-legge 4 ottobre  2018,  n.  113  (Disposizioni  urgenti  in
  materia di  protezione  internazionale  e  immigrazione,  sicurezza
  pubblica,  nonche'  misure  per  la  funzionalita'  del   Ministero
  dell'interno e l'organizzazione  e  il  funzionamento  dell'Agenzia
  nazionale  per  l'amministrazione  e  la  destinazione   dei   beni
  sequestrati  e  confiscati   alla   criminalita'   organizzata)   -
  convertito, con modificazioni, nella legge 1° dicembre 2018, n. 132
  - art. 28, comma 1. 
-   
(GU n.31 del 31-7-2019 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni
  AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  28,  comma
1, del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (Disposizioni urgenti  in
materia  di  protezione  internazionale  e  immigrazione,   sicurezza
pubblica,  nonche'  misure  per  la   funzionalita'   del   Ministero
dell'interno  e  l'organizzazione  e  il  funzionamento  dell'Agenzia
nazionale  per  l'amministrazione  e   la   destinazione   dei   beni
sequestrati e confiscati alla criminalita' organizzata),  convertito,
con modificazioni, nella legge 1° dicembre 2018, n. 132, promosso con
ricorso della Regione autonoma Sardegna, notificato il  31  gennaio-4
febbraio  2019,  depositato  in  cancelleria  il  1°  febbraio  2019,
iscritto al n.  9  del  registro  ricorsi  2019  e  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  10,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 18  giugno  2019  il  Giudice
relatore Giovanni Amoroso. 
    Ritenuto che la Regione autonoma Sardegna, con ricorso notificato
il 31 gennaio-4  febbraio  2019,  depositato  in  cancelleria  il  1°
febbraio 2019 (r.r. n. 9 del 2019) ha promosso - in riferimento  agli
artt. 3, 5, 23,  25,  27,  77,  97,  114,  117,  primo  comma,  della
Costituzione, quest'ultimo in riferimento agli  artt.  6  e  7  della
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto  1955,  n.  848,  117,
commi secondo e terzo, 118, commi primo e secondo, 119 e 120, secondo
comma, Cost., nonche' agli artt. 3, 4, 5, 6, 7,  8,  44  e  46  della
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per  la
Sardegna), anche in relazione al decreto legislativo 17 aprile  2001,
n. 234 (Norme di attuazione  dello  Statuto  speciale  della  regione
Sardegna  per  il  conferimento  di   funzioni   amministrative,   in
attuazione del Capo I della legge n. 59  del  1997)  -  questioni  di
legittimita' costituzionale, tra gli altri, dell'art.  28,  comma  1,
del decreto-legge 4 ottobre 2018, n.  113  (Disposizioni  urgenti  in
materia  di  protezione  internazionale  e  immigrazione,   sicurezza
pubblica,  nonche'  misure  per  la   funzionalita'   del   Ministero
dell'interno  e  l'organizzazione  e  il  funzionamento  dell'Agenzia
nazionale  per  l'amministrazione  e   la   destinazione   dei   beni
sequestrati e confiscati alla criminalita' organizzata),  convertito,
con modificazioni, nella legge 1° dicembre 2018, n. 132; 
    che la ricorrente censura l'art. 28, comma 1, del d.l. n. 113 del
2018  nella  parte  in  cui  introduce  nell'art.  143  del   decreto
legislativo  18  agosto  2000,  n.  267  (Testo  unico  delle   leggi
sull'ordinamento degli  enti  locali),  rubricato  «Scioglimento  dei
consigli  comunali  e   provinciali   conseguente   a   fenomeni   di
infiltrazione e  di  condizionamento  di  tipo  mafioso  o  similare.
Responsabilita' dei dirigenti e dipendenti», il comma 7-bis,  ove  si
prevede  che  «[n]ell'ipotesi  di  cui  al  comma  7,  qualora  dalla
relazione del prefetto emergano,  riguardo  ad  uno  o  piu'  settori
amministrativi, situazioni sintomatiche di condotte illecite gravi  e
reiterate, tali da determinare un'alterazione delle  procedure  e  da
compromettere   il   buon   andamento   e    l'imparzialita'    delle
amministrazioni  comunali  o   provinciali,   nonche'   il   regolare
funzionamento dei servizi ad esse affidati, il prefetto,  sulla  base
delle risultanze dell'accesso, al fine di far cessare  le  situazioni
riscontrate   e   di   ricondurre   alla    normalita'    l'attivita'
amministrativa  dell'ente,  individua,  fatti  salvi  i  profili   di
rilevanza penale, i prioritari interventi  di  risanamento  indicando
gli atti da assumere, con la fissazione di un termine per  l'adozione
degli stessi, e fornisce ogni utile supporto tecnico-amministrativo a
mezzo dei propri uffici. Decorso inutilmente il termine  fissato,  il
prefetto assegna all'ente un ulteriore termine, non  superiore  a  20
giorni, per la  loro  adozione,  scaduto  il  quale  si  sostituisce,
mediante commissario ad acta,  all'amministrazione  inadempiente.  Ai
relativi oneri gli enti locali provvedono con le risorse  disponibili
a legislazione vigente sui propri bilanci»; 
    che tale disposizione violerebbe gli artt. 3, 5, 23, 25, 27,  77,
97, 114, 117, primo comma, Cost., quest'ultimo  in  riferimento  agli
artt. 6 e 7 CEDU, 117, commi secondo e  terzo,  118,  commi  primo  e
secondo, 119 e 120, secondo comma, Cost., ledendo, in particolare, la
competenza regionale primaria in materia di  ordinamento  degli  enti
locali, recando una disciplina gravemente irragionevole, contraria ai
principi di  legalita',  di  buon  andamento  e  imparzialita'  della
pubblica amministrazione, ponendosi, altresi', in  contrasto  con  il
principio  autonomistico  e  compromettendo  l'autonomia  finanziaria
degli   enti   locali   della   Regione;   la   stessa   disposizione
configurerebbe, inoltre, una forma  di  responsabilita'  oggettiva  e
sarebbe stata adottata in difetto dei  presupposti  di  necessita'  e
urgenza; 
    che la norma impugnata violerebbe inoltre gli artt. 3, 4,  5,  6,
7, 8, 44 e 46 della legge cost. n. 3 del 1948, anche in relazione  al
d.lgs. n. 234 del  2001,  in  quanto:  a)  concerne  attribuzioni  di
diretta spettanza regionale, b) attiene  all'ordinamento  degli  enti
locali, materia di competenza regionale esclusiva ai sensi  dell'art.
3, primo comma, lettera b), della legge  cost.  n.  3  del  1948,  c)
confligge con l'art. 44 dello statuto reg. Sardegna secondo  cui  «la
Regione  esercita  normalmente   le   sue   funzioni   amministrative
delegandole agli enti locali o valendosi dei  loro  uffici»,  nonche'
con l'art. 46 del medesimo statuto  che  demanda  agli  organi  della
Regione il «controllo sugli atti degli enti locali»; 
    che si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato infondato; 
    che, con atto depositato l'11 giugno 2019,  in  conformita'  alle
deliberazioni della Giunta regionale 30  maggio  2019  n.  20/26,  la
Regione autonoma Sardegna ha rinunciato al ricorso; 
    che, su conforme deliberazione del Consiglio dei ministri dell'11
giugno 2019, con atto depositato il 13 giugno 2019 il Presidente  del
Consiglio dei ministri ha accettato la rinuncia al ricorso. 
    Considerato che la Regione autonoma  Sardegna  ha  rinunciato  al
ricorso indicato in epigrafe; 
    che  detta  rinuncia  e'  stata  accettata  dal  Presidente   del
Consiglio dei ministri; 
    che  la  rinuncia  al  ricorso,   accettata   dalla   controparte
costituita, determina, ai sensi dell'art. 23 delle Norme  integrative
per i giudizi davanti alla  Corte  costituzionale,  l'estinzione  del
processo. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, e 23 delle Norme integrative per i giudizi  davanti
alla Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata a  separata  pronuncia  la  decisione  delle  ulteriori
questioni di legittimita'  costituzionale  promosse  con  il  ricorso
indicato in epigrafe; 
    dichiara estinto il processo. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2019. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                     Giovanni AMOROSO, Redattore 
                    Filomena PERRONE, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 24 luglio 2019. 
 
                           Il Cancelliere 
                       F.to: Filomena PERRONE