N. 231 SENTENZA 9 ottobre - 13 novembre 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Ambiente - Norme della Regione Basilicata in materia di gestione  dei
  rifiuti - Autorizzazione  di  impianti  destinati  al  recupero  di
  materia,  con  minima  produzione  di  scarti  e   dedicati   quasi
  totalmente  alla   soddisfazione   del   fabbisogno   regionale   -
  Procedibilita' delle sole istanze ad essi  relative  -  Conseguente
  esclusione di ogni altra forma di recupero dei rifiuti - Violazione
  della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela
  dell'ambiente e dell'ecosistema - Illegittimita' costituzionale. 
Ambiente - Norme della Regione Basilicata in materia di gestione  dei
  rifiuti  -  Autorizzazione  di  nuove  attivita'  di   smaltimento,
  trattamento  e/o  recupero  dei  rifiuti  non  conformi  al   Piano
  regionale di gestione dei rifiuti (PRGR) -  Improcedibilita'  delle
  relative istanze - Ricorso  del  Governo  -  Denunciata  violazione
  della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela
  dell'ambiente e dell'ecosistema - Non fondatezza della questione. 
- Legge della Regione Basilicata 16 novembre 2018, n.  35,  art.  17,
  commi 6 e 7. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera s). 
(GU n.47 del 20-11-2019 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 17, commi 6
e 7, della legge della Regione Basilicata 16  novembre  2018,  n.  35
(Norme di attuazione della parte IV del D.Lgs. 3 aprile 2006, n.  152
in materia di gestione dei rifiuti di bonifica e di siti inquinanti -
Norme in materia ambientale e della legge 27 marzo  1992,  n.  257  -
Norme relative alla cessazione dell'impiego  dell'amianto),  promosso
dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  il
15-21 gennaio 2019, depositato in cancelleria  il  25  gennaio  2019,
iscritto al n.  5  del  registro  ricorsi  2019  e  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  7,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Basilicata; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  9  ottobre  2019  il  Giudice
relatore Giuliano Amato; 
    uditi l'avvocato dello Stato Francesca Morici per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Anna Carmen Possidente per la
Regione Basilicata. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con  ricorso  notificato
il 15-21 gennaio 2019 e depositato in cancelleria il 25 gennaio  2019
(reg. ric. n. 5 del 2019), ha promosso, in riferimento all'art.  117,
secondo  comma,  lettera  s),  della   Costituzione,   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 17, commi 6 e  7,  della  legge
della Regione Basilicata 16 novembre 2018, n. 35 (Norme di attuazione
della parte IV del D.Lgs.  3  aprile  2006,  n.  152  in  materia  di
gestione dei rifiuti di bonifica e di  siti  inquinanti  -  Norme  in
materia ambientale e della legge  27  marzo  1992,  n.  257  -  Norme
relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto). 
    1.1.-  Le  disposizioni  impugnate  prevedono   che:   «6.   Sono
improcedibili  le  istanze  di  autorizzazione  relative  alle  nuove
attivita' destinate allo smaltimento, trattamento  e/o  recupero  dei
rifiuti urbani, frazioni di rifiuti urbani,  rifiuti  speciali  anche
contenenti amianto, non conformi alle previsioni del P.R.G.R. 7. Sono
procedibili  le  istanze  relative  ad  impianti  esclusivamente   di
recupero  di  materia  che  dimostrino,  con  specifica  analisi,  il
rispetto del principio di prossimita'  come  definito  al  precedente
art. 2, commi 3 e 4. Tali istanze sono  ammissibili  solo  quando  la
produzione degli scarti di processo e' minore dell'otto per  cento  e
quando almeno il settanta per cento della capacita' impiantistica  e'
dedicata a soddisfare i fabbisogni regionali.». 
    2.- Premette la difesa  statale  che  il  decreto  legislativo  3
aprile 2006, n. 152 (Norme  in  materia  ambientale)  (da  qui:  cod.
ambiente), innovando la disciplina di cui al  decreto  legislativo  5
febbraio 1997, n.  22  (Attuazione  della  direttiva  91/156/CEE  sui
rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti  pericolosi  e  della
direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), ha
introdotto la gestione integrata dei rifiuti, ossia un sistema  volto
a gestire  l'intero  processo  dei  rifiuti  (comprendente  raccolta,
trasporto, trattamento e destinazione finale), con la  finalita'  del
recupero energetico delle materie prime, allo scopo  di  minimizzare,
mediante una rete integrata  e  adeguata  di  impianti,  la  frazione
destinata alla discarica. 
    Nello  specifico,  gli  artt.  178  e  seguenti   cod.   ambiente
individuano, tra le misure prioritarie, le azioni volte a prevenire e
ridurre la produzione dei rifiuti, alle quali seguono le attivita' di
recupero e, come ultima  ipotesi,  lo  smaltimento.  In  particolare,
l'art. 182 chiarisce che lo smaltimento dei rifiuti e' una  soluzione
residuale, che opera quando  non  esistano  alternative  tecnicamente
valide o economicamente sostenibili per consentire  il  recupero.  Il
successivo art. 182-bis precisa che lo smaltimento dei rifiuti  e  il
recupero dei rifiuti urbani non differenziati «sono  attuati  con  il
ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo  conto
delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i  costi  e  i
benefici complessivi, al fine  di:  a)  realizzare  l'autosufficienza
nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e dei rifiuti del
loro trattamento in ambiti territoriali ottimali;  b)  permettere  lo
smaltimento  dei  rifiuti  ed  il   recupero   dei   rifiuti   urbani
indifferenziati in uno degli impianti idonei piu' vicini ai luoghi di
produzione o raccolta, con  lo  scopo  di  ridurre  i  movimenti  dei
rifiuti  stessi,  tenendo  conto  del  contesto  geografico  o  della
necessita' di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti;
c) utilizzare i metodi e le tecnologie piu'  idonei  a  garantire  un
alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica». 
    Tali disposizioni recepiscono il principio di  autosufficienza  e
il principio di prossimita',  entrambi  di  derivazione  comunitaria,
sanciti dall'art. 16 della direttiva n.  2008/98/CE,  del  Parlamento
europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti  e
che abroga alcune  direttive.  In  coerenza  con  tali  principi,  la
gestione dei rifiuti, come attivita' di  «pubblico  interesse»  (art.
178, comma l, cod.  ambiente),  richiede  una  serie  di  azioni  nel
rispetto di una scelta gerarchica, che, prioritariamente, persegue la
prevenzione, il recupero e, in via residuale, lo smaltimento.  A  tal
fine, quindi, deve prevedersi: da un lato,  il  divieto  di  smaltire
rifiuti solidi urbani non pericolosi in ambiti territoriali diversi o
lontani rispetto  a  quelli  topografici  in  cui  vengono  prodotti;
dall'altro, che tale  divieto  risulti  temperato  dal  principio  di
prossimita' degli impianti di smaltimento o recupero. 
    Le citate  disposizioni  statali,  concernendo  la  scelta  delle
politiche da perseguire e degli strumenti da utilizzare  in  concreto
per  superare  il  ciclico  riproporsi   delle   emergenze   rifiuti,
atterrebbero, come da costante  giurisprudenza  costituzionale,  alla
competenza esclusiva in materia di  «tutela  dell'ambiente»  che,  in
virtu' della  sua  natura  "trasversale",  puo'  interessare  diverse
competenze legislative regionali,  spettando  allo  Stato  l'adozione
delle determinazioni che rispondono a  esigenze  di  tutela  uniformi
(sono richiamate le sentenze n. 244, n. 154 e n. 101 del 2016, n.  58
del 2015, n. 54 del 2012 e n. 224 del 2011). 
    2.1.- Cio' premesso, la parte ricorrente precisa  che  l'art.  17
della legge reg. Basilicata n. 35 del 2018 definisce i  principi  per
l'autorizzazione  alla  realizzazione  di  impianti   dedicati   allo
smaltimento, al trattamento o al recupero dei rifiuti nel  territorio
regionale,  consentendo,  in  particolare,  «iniziative  pubbliche  e
private nel campo  dello  smaltimento,  trattamento  e  recupero  dei
rifiuti urbani e speciali». I commi 6 e 7,  nondimeno,  prevedrebbero
procedure autorizzatorie esclusivamente per gli impianti di  recupero
di materia, mentre sarebbero escluse, quindi  di  fatto  vietate,  in
particolare  le  istanze  riguardanti  gli   impianti   di   recupero
energetico, in violazione dell'art. 117, secondo comma,  lettera  s),
Cost. 
    In primo luogo,  infatti,  tali  disposizioni  si  porrebbero  in
contrasto con i criteri  di  priorita'  nella  gestione  dei  rifiuti
stabiliti dall'art. 179 del d.lgs. n. 152 del 2006, che recepisce  la
corrispondente  previsione  comunitaria  di  cui  all'art.  4   della
direttiva 2008/98/CE, stabilendo espressamente che  la  gestione  dei
rifiuti avvenga nel  rispetto  della  gerarchia  ivi  stabilita,  che
contempla anche il recupero di altro  tipo,  quale  e',  appunto,  il
recupero di energia. 
    In secondo  luogo,  sarebbe  violato  l'art.  35,  comma  1,  del
decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  133  (Misure   urgenti   per
l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere  pubbliche,  la
digitalizzazione   del   Paese,   la   semplificazione   burocratica,
l'emergenza  del  dissesto  idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle
attivita' produttive), convertito, con  modificazioni,  in  legge  11
novembre 2014, n. 164, come attuato dal decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri 10 agosto  2016.  Quest'ultimo,  infatti,  nel
determinare  il  fabbisogno  residuo  d'incenerimento  per   ciascuna
Regione, avrebbe individuato per la  Regione  Basilicata  un  deficit
pari a oltre 28.000 tonnellate annue. 
    L'aprioristica esclusione delle attivita' di recupero  energetico
effettuata   dalle   disposizioni    impugnate,    in    conclusione,
precluderebbe il rispetto della gerarchia, imposta dalla legislazione
statale nel recupero dei rifiuti, contribuendo  altresi'  al  deficit
complessivo nazionale  (in  particolare  sulla  macroarea  geografica
sud), in contrasto con i richiamati principi di autosufficienza e  di
prossimita'  e  con  evidente  riduzione  dei   livelli   di   tutela
ambientale. 
    3.- Con atto depositato il 19 febbraio 2019 si e'  costituita  in
giudizio la Regione  Basilicata,  in  persona  del  Presidente  della
Giunta regionale pro tempore, chiedendo il rigetto del ricorso. 
    3.1.- Premette la difesa regionale che l'articolo 17 della  legge
reg. Basilicata n. 35 del  2018  avrebbe  operato  nell'ambito  della
normativa nazionale ed europea, in aderenza  al  Piano  regionale  di
gestione dei rifiuti (da qui:  PRGR),  approvato,  in  un  quadro  di
completo  riordino  del  settore,  con  deliberazione  del  Consiglio
regionale 30 dicembre 2016, n. 568, atto peraltro non impugnato dallo
Stato. 
    Nella materia dei rifiuti lo  Stato  agisce  nel  rispetto  degli
obiettivi di raccolta  differenziata  e  riciclaggio,  tenendo  conto
della pianificazione regionale. In tal senso, il comma 6 dell'art. 17
della   legge   reg.   Basilicata   n.   35   del   2018    ribadisce
l'improcedibilita' di istanze non conformi al PRGR, in  coerenza  con
il fine della norma e con la  priorita'  giuridica  che,  nell'ambito
della legislazione regionale in materia,  avrebbero  le  prescrizioni
del suddetto PRGR. 
    Il successivo  comma  7,  parimenti  impugnato,  nel  normare  le
istanze di recupero di materia, non avrebbe inteso affatto  escludere
aprioristicamente  le   attivita'   di   recupero   energetico,   che
rappresentano, anzi, uno dei criteri di priorita' nella gestione  dei
rifiuti,  secondo  quanto  stabilito  dall'art.  179  cod.  ambiente.
L'avverbio «esclusivamente», infatti, si  riferirebbe  all'ambito  di
ammissibilita' delle  istanze  di  recupero  di  materia,  quindi  al
rispetto di determinati parametri limitatamente a quella tipologia di
recupero. Il successivo comma  8,  non  impugnato,  dimostrerebbe  la
coerenza di tale interpretazione, riferendosi a «istanze relative  ad
ogni attivita' di smaltimento,  recupero  e  trattamento  rifiuti»  e
facendo uso del termine «recupero» evidentemente in senso generico. 
    Il medesimo comma 7, pertanto, regolamenterebbe esclusivamente il
recupero di materia nell'ambito  della  strategia  di  pianificazione
complessiva che, attraverso l'economia circolare,  e'  funzionalmente
orientata a ridurre fortemente il ricorso alla discarica. Infatti, il
PRGR  della  Basilicata   per   la   prima   volta   limiterebbe   la
pianificazione dei volumi di discarica solo a breve termine,  proprio
per orientare il sistema integrato verso le altre forme  di  gestione
gerarchicamente  prioritarie.  La  pianificazione  sarebbe   tesa   a
soddisfare lo  smaltimento  solo  nella  fase  transitoria  verso  il
sistema integrato, in cui dovrebbe  essere  perfino  trascurabile  il
conferimento in discarica.  I  volumi  di  discarica  sarebbero  essi
stessi strategici nella fase di transizione, che dovra' scontare  una
limitata disponibilita' piuttosto che un eccesso. In questa  fase  il
legislatore regionale  avrebbe  necessariamente  dovuto  regolare  le
attivita' di recupero di materia, in modo da evitare che  gli  scarti
dei  relativi  processi  possano  mandare  in   crisi   il   sistema,
garantendo, percio', la procedibilita' delle  istanze  esclusivamente
quando la produzione degli scarti di processo  sia  minore  dell'otto
per cento. Le quantita' di scorie derivanti dai processi di  recupero
energetico destinate allo smaltimento in discarica, invece, sarebbero
considerate dalla pianificazione regionale  ininfluenti  rispetto  al
funzionamento generale del sistema integrato. 
    L'interpretazione prospettata dalla  parte  ricorrente,  percio',
non corrisponderebbe alla volonta' del legislatore  regionale,  cosi'
come chiaramente formalizzata dall'art. 3, comma 3, lettera b), della
legge reg. Basilicata n. 35 del  2018,  che  indica,  tra  le  azioni
necessarie per realizzare gli obiettivi prefissati,  quelle  volte  a
«favorire la  valorizzazione  dei  rifiuti  in  termini  economici  e
ambientali,  in   coerenza   con   il   principio   di   prossimita',
privilegiando il  recupero  di  materia  a  quello  di  energia».  Il
recupero di energia all'interno del sistema integrato di gestione dei
rifiuti della Basilicata, quindi, avrebbe un suo ruolo ben  definito,
perfettamente conforme alla gerarchia comunitaria. 
    Ne deriva, in conclusione, che non vi sarebbe alcuna  limitazione
alle  attivita'  di  recupero  energetico,  le   quali   resterebbero
disciplinate dalle norme statali, nel  pieno  rispetto  dei  principi
costituzionali, con conseguente infondatezza delle censure statali. 
    3.2.- Con specifico  riferimento  ai  profili  di  illegittimita'
derivanti dal contrasto con l'art. 35 del d.l. n. 133 del 2014,  come
convertito,  secondo  la  difesa  regionale  la  Regione  Basilicata,
considerando i dati del  2017,  sarebbe  totalmente  autosufficiente,
come si evincerebbe  dai  rapporti  dell'Istituto  superiore  per  la
protezione e la ricerca ambientale relativi agli anni  2016  e  2017,
nonche' dai dati del sistema Osservatorio rifiuti sovraregionale, che
riporterebbero le effettive  quantita'  di  rifiuto  urbano  trattato
dall'inceneritore   «Fenice».   Tali   dati    dimostrerebbero    una
sovra-capacita' di  trattamento  invece  del  deficit  riportato  nel
d.P.C.m. 10 agosto 2016, che individua il fabbisogno  d'incenerimento
nazionale  dei  rifiuti  urbani   e   assimilati,   sull'ipotesi   di
raggiungimento  dell'obiettivo  minimo  di   raccolta   differenziata
stabilito dall'art. 205 cod. ambiente. 
    La  Regione  Basilicata,  pertanto,  non  solo   avrebbe   sempre
soddisfatto il proprio fabbisogno,  ma  si  troverebbe  ad  avere  un
eccesso  di  capacita'  di   trattamento,   elemento   fattuale   che
smentirebbe  la  tesi  sviluppata  nel   ricorso.   D'altronde,   per
soddisfare il  fabbisogno  residuo  nazionale,  non  sarebbero  stati
individuati nuovi impianti da realizzare o potenziare in  Basilicata,
bensi', per la Macroarea geografica Sud, due impianti  da  realizzare
in Campania e in Abruzzo e uno da potenziare in Puglia. 
    Da ultimo, la parte resistente sottolinea che, durante l'iter  di
approvazione della legge reg. Basilicata n. 35  del  2018,  sarebbero
stati autorizzati  due  impianti  di  recupero  di  energia  per  una
capacita'  complessiva  di  circa  120.000  tonnellate  all'anno   di
combustibile solido secondario derivato da rifiuti. Tali impianti, ai
sensi dell'art. 17, comma 4, di detta legge regionale,  continuano  a
esercitare o avviano l'esercizio alle condizioni per  le  quali  sono
stati autorizzati, analogamente all'unico impianto  della  Basilicata
riconosciuto come insediamento di interesse strategico di  preminente
interesse nazionale (l'inceneritore «Fenice», appunto). 
    4.- In prossimita' dell'udienza la difesa statale ha  depositato,
fuori termine, una memoria in cui ribadisce le conclusioni rassegnate
nel ricorso introduttivo. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con ricorso iscritto  al
n. 5 del registro ricorsi 2019, ha promosso questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 17, commi 6 e 7, della legge  della  Regione
Basilicata 16 novembre 2018, n. 35 (Norme di attuazione  della  parte
IV del D.Lgs. 3 aprile 2006,  n.  152  in  materia  di  gestione  dei
rifiuti  di  bonifica  e  di  siti  inquinanti  -  Norme  in  materia
ambientale e della legge 27 marzo 1992, n. 257 - Norme relative  alla
cessazione dell'impiego dell'amianto). 
    1.1.-  Le  disposizioni  impugnate   prevedono:   da   un   lato,
l'improcedibilita' delle  istanze  di  autorizzazione  relative  alle
nuove attivita' destinate allo smaltimento, trattamento e/o  recupero
dei rifiuti urbani e speciali non conformi alle previsioni del  Piano
regionale di gestione dei rifiuti (da qui: PRGR); dall'altro lato, la
procedibilita' delle istanze «relative ad impianti esclusivamente  di
recupero  di  materia  che  dimostrino,  con  specifica  analisi,  il
rispetto del principio di prossimita'», nonche' quando la  produzione
degli scarti di processo sia minore dell'otto per cento e  almeno  il
settanta per cento della capacita'  impiantistica  venga  dedicata  a
soddisfare i fabbisogni regionali. 
    2.- Secondo  la  difesa  statale  tali  disposizioni,  prevedendo
procedure autorizzatorie esclusivamente per gli impianti di  recupero
di materia, non consentirebbero, in particolare, l'autorizzazione  di
quelle relative agli impianti di recupero energetico  e  violerebbero
cosi' l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. 
    2.1.- In primo luogo, vi sarebbe il contrasto con  i  criteri  di
priorita' nella gestione dei  rifiuti  stabiliti  dall'art.  179  del
decreto  legislativo  3  aprile  2006,  n.  152  (Norme  in   materia
ambientale) (da qui: cod. ambiente), che stabilisce,  in  conformita'
all'art. 4 della direttiva n. 2008/98/CE, del  Parlamento  europeo  e
del Consiglio, del 19 novembre  2008,,  relativa  ai  rifiuti  e  che
abroga alcune direttive, una precisa  gerarchia  di  criteri  per  la
gestione dei rifiuti, tra cui e' contemplato  anche  il  recupero  di
energia. 
    2.2.- In secondo luogo, sarebbe leso  l'art.  35,  comma  1,  del
decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  133  (Misure   urgenti   per
l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere  pubbliche,  la
digitalizzazione   del   Paese,   la   semplificazione   burocratica,
l'emergenza  del  dissesto  idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle
attivita' produttive), convertito, con  modificazioni,  in  legge  11
novembre 2014, n. 164, come attuato dal decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri 10 agosto 2016. In tale decreto si da' atto di
un deficit di incenerimento per la Regione Basilicata  pari  a  oltre
28.000 tonnellate annue. L'esclusione  delle  attivita'  di  recupero
energetico, cosi', aggraverebbe il deficit complessivo nazionale,  in
contrasto con i principi di autosufficienza e di prossimita'  di  cui
all'art. 4 della citata direttiva n. 2008/98/CE,  anch'essi  recepiti
dal codice dell'ambiente, con conseguente riduzione  dei  livelli  di
tutela ambientale. 
    3.- La questione relativa all'art. 17, comma 7, della legge  reg.
Basilicata n. 35 del 2018 e' fondata. 
    3.1.- Va premesso che l'art. 17, commi 6 e 7,  della  legge  reg.
Basilicata n. 35 del 2018 interviene sulla  disciplina  del  recupero
dei rifiuti, che, come da costante giurisprudenza costituzionale,  e'
ascrivibile alla «tutela dell'ambiente», di cui all'art. 117, secondo
comma, lettera s), Cost., con tutti i limiti che ne derivano  per  la
legislazione regionale (tra le tante, sentenze n. 142 e  n.  129  del
2019, n. 215, n. 151, n. 150 e n. 126 del 2018, n. 154 del 2016 e  n.
285 del 2013). 
    Per quanto attiene al caso di  specie,  la  disciplina  e'  stata
dettata dal codice dell'ambiente  (in  particolare  dalla  Parte  IV,
Titolo I). 
    Ivi,  sono  stati  in  primo  luogo  recepiti   i   principi   di
autosufficienza e di  prossimita'  (artt.  182  e  182-bis),  di  cui
all'art. 16 della direttiva n. 2008/98/CE, nonche' la gerarchia delle
azioni da perseguire nella gestione dei rifiuti (art. 179), ex art. 4
della stessa direttiva, e cioe': la prevenzione, la preparazione  per
il riutilizzo, il riciclaggio, il recupero di altro  tipo,  quale  il
recupero di energia e, in via residuale, lo smaltimento. 
    Nondimeno, il codice dell'ambiente attribuisce, nel rispetto  dei
principi previsti dalla normativa statale, numerose  competenze  alle
Regioni (art. 195), in particolare riguardo alla pianificazione della
gestione dei rifiuti, nonche' all'approvazione dei progetti di  nuovi
impianti  per  la  gestione  di  rifiuti  e  all'autorizzazione  alle
modifiche degli impianti esistenti. Ai sensi dell'art.  199,  dunque,
le Regioni predispongono e adottano il PRGR, che deve prevedere,  tra
l'altro, il complesso delle attivita' e dei fabbisogni degli impianti
necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo  criteri
di trasparenza, efficacia, efficienza, economicita' e autosufficienza
della  gestione  dei  rifiuti  urbani  non  pericolosi,  nonche'   ad
assicurare lo smaltimento e  il  recupero  dei  rifiuti  speciali  in
luoghi prossimi a quelli  di  produzione,  al  fine  di  favorire  la
riduzione della movimentazione di rifiuti. 
    3.2.- Entro tale  cornice  normativa  la  Regione  Basilicata  ha
perseguito nella sua legislazione l'obiettivo principale  di  ridurre
il ricorso allo smaltimento in discarica, con la «Strategia Regionale
Rifiuti Zero 2020», di cui  all'art.  47  della  legge  della  stessa
Regione 27 gennaio 2015, n. 4 (Collegato  alla  Legge  di  stabilita'
regionale 2015). In particolare, il comma  1,  lettera  a),  di  tale
articolo ha previsto l'obiettivo di «massimizzare la riduzione  della
quantita' di rifiuti prodotti, il riuso  dei  beni,  il  recupero  di
materiali e di energia ed il riciclaggio, in modo da tendere  a  zero
entro l'anno 2020», nel rispetto della gerarchia degli interventi  di
cui all'art. 179 cod. ambiente (comma 2). Il  comma  4  dello  stesso
art. 47 della legge reg. Basilicata n. 4 del 2015, inoltre,  indicava
tra gli obiettivi prioritari in materia di  rifiuti  «la  progressiva
eliminazione della presenza  di  inceneritori  sul  territorio  della
regione  Basilicata  e   la   contestuale   adozione   di   soluzioni
tecnologiche e gestionali destinate  esclusivamente  alla  riduzione,
riciclo, recupero e valorizzazione  dei  rifiuti»,  secondo  tempi  e
modalita' di dismissione da prevedersi nel PRGR. Tale disposizione e'
stata dichiarata costituzionalmente illegittima dalla sentenza n. 154
del  2016,  poiche',  pur  non  ponendo  un  divieto   immediato   di
localizzazione degli inceneritori  (che  rientrano  appunto  tra  gli
impianti  di  recupero  di  energia),  specificava  il  proposito  di
eliminare gli stessi dal territorio regionale, secondo modi  e  tempi
da individuare nel PRGR.  Il  che  si  poneva  in  contrasto  con  la
legislazione statale in materia, che all'art. 35 del d.l. n. 133  del
2014, come convertito, qualifica gli impianti di  incenerimento  come
«infrastrutture e insediamenti  strategici  di  preminente  interesse
nazionale», su cui dunque  non  puo'  incidere  in  senso  del  tutto
ostativo la legislazione regionale. 
    Il successivo PRGR, approvato  con  deliberazione  del  Consiglio
regionale 30 dicembre 2016, n. 568, presenta una certa ambiguita' sul
tema, poiche' fissa l'obiettivo di un  ruolo  dell'incenerimento  dei
rifiuti non solo residuale, ma anche transitorio e,  soprattutto,  in
progressiva dismissione. Con riferimento alle autorizzazioni per  gli
impianti, inoltre, prevede, seppur con talune eccezioni e fatta salva
la possibilita' di una nuova  valutazione,  che  non  possano  essere
autorizzati nuovi impianti di trattamento dei rifiuti urbani  residui
con operazioni di incenerimento, quando  le  relative  istanze  siano
pervenute successivamente all'approvazione dello stesso PRGR. 
    Da ultimo e' intervenuta l'impugnata legge reg. Basilicata n.  35
del 2018, che continua  a  muoversi  nel  solco  di  quanto  previsto
dall'art. 47 della legge reg. Basilicata n. 4 del 2015, e, per quanto
concerne le procedure autorizzatorie per gli impianti di  trattamento
dei rifiuti, pone i ricordati limiti di cui ai commi 6 e 7  dell'art.
17, richiamando anche le indicazioni del PRGR. 
    3.3.- E' certo vero che nella legge  regionale  in  questione  vi
sono talune disposizioni  che  sembrerebbero  non  escludere  in  via
generale il ricorso al recupero energetico, come asserito dalla parte
resistente. E' il caso, ad esempio, dell'art. 3, comma 3, lettera c),
che indica tra i criteri che devono ispirare le azioni in materia  di
rifiuti quello di privilegiare il  recupero  di  materia  rispetto  a
quello di energia. Cosi', inoltre, l'art. 17, comma 8, in  forza  del
quale «le istanze relative ad ogni attivita' di smaltimento, recupero
e trattamento rifiuti  sono  soggette  alla  preventiva  verifica  di
conformita' al P.R.G.R. da parte dell'Ufficio  regionale,  competente
in materia di pianificazione e  gestione  dei  rifiuti,  che  esprime
valutazione motivata e vincolante in merito alla loro procedibilita',
per i rispettivi  procedimenti  autorizzatori  e  di  verifica  della
compatibilita' ambientale, ai sensi dei procedenti commi». 
    Tali  previsioni,  tuttavia,   non   consentono   di   accogliere
l'interpretazione prospettata dalla  difesa  regionale,  secondo  cui
l'impugnato art. 17,  comma  7,  riguarderebbe  le  istanze  per  gli
impianti «esclusivamente» di recupero di materia, senza occuparsi  di
quelle per gli impianti di recupero energetico,  che  pure  sarebbero
consentite. 
    L'art. 3, comma 3, lettera c), della legge reg. Basilicata n.  35
del 2018, infatti, ha una mera funzione  teleologica  e  d'indirizzo,
che non si traduce sul piano operativo in norme  contenute  in  altri
punti della legge regionale oggetto d'impugnazione. 
    Il successivo art. 17, comma 8, invece, rinviando ai  «precedenti
commi», ove sono espressamente disciplinate le sole istanze  per  gli
impianti di recupero di materia, non e' idoneo a elidere l'ambiguita'
piu'  volte  sottolineata  dalla  difesa  statale  e  confermata   da
dichiarazioni dell'assessore competente della Regione Basilicata.  Di
conseguenza, in assenza di  specifiche  statuizioni  normative  sulle
istanze  concernenti  gli  impianti  di  recupero  di   altro   tipo,
l'impugnato comma  7  ben  potrebbe  essere  considerato  quale  base
giuridica per ritenere improcedibili le istanze per gli impianti  che
non siano «esclusivamente» di recupero di materia. 
    Come piu' volte sottolineato da questa Corte,  «nel  giudizio  in
via d'azione vanno tenute presenti  anche  le  possibili  distorsioni
applicative  di  determinate  disposizioni  legislative»,  a  maggior
ragione quando  «l'ambiguita'  semantica  riguardi  una  disposizione
regionale foriera di sostanziali  dubbi  interpretativi  che  rendono
concreto  il  rischio  di  un'elusione  del  principio   fondamentale
stabilito dalla norma statale» (sentenza n. 107 del  2017;  in  senso
analogo si vedano le sentenze n. 449 del 2005, n. 412 del 2004  e  n.
228 del 2003). Il che e' appunto quanto  si  riscontra  nel  caso  di
specie. 
    3.4.- Alla luce di tali  considerazioni  puo'  ritenersi  che  il
legislatore regionale, disciplinando espressamente la  procedibilita'
delle sole istanze per gli impianti di recupero di materia, legittimi
il rigetto di quelle relative ad altre forme di recupero dei  rifiuti
previste nella gerarchia indicata dall'art. 179 cod. ambiente  e,  in
particolare, nella specie, al recupero  di  energia,  violando  cosi'
anche l'art. 35 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito. 
    Si tenga presente, inoltre, che autorizzare solo gli impianti  di
recupero di materia, la cui attivita' determini una minima produzione
di scarti e che  siano  dedicati  nella  loro  quasi  totalita'  alla
soddisfazione dei fabbisogni regionali, potrebbe produrre un  duplice
effetto complessivamente negativo sugli obiettivi, sia nazionali, sia
regionali. Da un lato, infatti, si aggraverebbe il  fabbisogno  e  il
conseguente deficit d'incenerimento, scaricato  su  altre  Regioni  o
colmato dal ricorso alla discarica; dall'altro lato,  ovviamente,  si
finirebbe con l'escludere,  o  comunque  limitare  drasticamente,  il
trattamento dei rifiuti provenienti dalle altre Regioni. 
    4.- La declaratoria d'illegittimita' costituzionale  deve  essere
circoscritta al solo art. 17, comma 7, della legge reg. Basilicata n.
35 del 2018, risultando non fondata la questione relativa al comma 6. 
    L'improcedibilita'  delle  istanze  non  conformi  al  PRGR   ivi
prevista, infatti, e' di per se' coerente con la legislazione statale
interposta, costituendo applicazione  dell'art.  199  cod.  ambiente.
Eventuali vizi del PRGR, invece, potranno in ogni caso  essere  fatti
valere nelle ordinarie sedi giurisdizionali. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  17,  comma
7, della legge della Regione  Basilicata  16  novembre  2018,  n.  35
(Norme di attuazione della parte IV del D.Lgs. 3 aprile 2006, n.  152
in materia di gestione dei rifiuti di bonifica e di siti inquinanti -
Norme in materia ambientale e della legge 27 marzo  1992,  n.  257  -
Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto); 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 17, comma 6, della legge reg. Basilicata  n.
35 del 2018, promossa dal Presidente del Consiglio dei  ministri,  in
riferimento  all'art.  117,  secondo   comma,   lettera   s),   della
Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 ottobre 2019. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                      Giuliano AMATO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 13 novembre 2019. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA