N. 39 SENTENZA 28 gennaio - 6 marzo 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Appalti pubblici - Norme della Regione Toscana - Procedure  negoziate
  sotto soglia regolate dal  criterio  di  aggiudicazione  del  minor
  prezzo - Possibile antecedenza dell'esame delle offerte  economiche
  rispetto  alla  verifica  della  documentazione  amministrativa   -
  Violazione della competenza esclusiva statale in materia di  tutela
  della concorrenza - Illegittimita' costituzionale. 
Appalti pubblici - Norme della Regione Toscana - Procedure  negoziate
  sotto soglia regolate dal  criterio  di  aggiudicazione  del  minor
  prezzo - Possibile antecedenza dell'esame delle offerte  economiche
  rispetto alla verifica della documentazione  amministrativa  -  Ius
  superveniens non satisfattivo - Illegittimita' costituzionale. 
Impiego pubblico -  Norme  della  Regione  Toscana  -  Mobilita'  dei
  dirigenti - Modifica dell'incarico dirigenziale conferito - Ricorso
  del Governo - Denunciata violazione dei principi di imparzialita' e
  buon andamento della  pubblica  amministrazione  -  Non  fondatezza
  della questione. 
- Legge  della  Regione  Toscana  6  agosto  2018,  n.  46,  art.  1,
  introduttivo dell'art. 35-ter della legge della Regione Toscana  13
  luglio 2007, n. 38; legge della Regione Toscana 7 gennaio 2019,  n.
  3, art. 2, commi 1 e 2, rispettivamente modificativi dei commi 1  e
  2 dell'art. 35-ter della legge  della  Regione  Toscana  13  luglio
  2007, n. 38; art. 11, sostitutivo del comma 2  dell'art.  18  della
  legge della Regione Toscana 8 gennaio 2009,  n.  1;  art.  18,  cha
  aggiunge lettera b-bis) al comma 4 dell'art. 8  della  legge  della
  Regione Toscana n. 46 del  2013;  legge  della  Regione  Toscana  2
  agosto 2013, n. 46, art. 8, commi 5 e 6. 
- Costituzione, artt. 97, 98, 117, commi primo e secondo, lettera  e)
  e 118; Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del  Consiglio
  del 26 febbraio 2014, art. 56, paragrafo 2. 
(GU n.11 del 11-3-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Marta CARTABIA; 
Giudici :Aldo CAROSI,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,
  Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio   PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1  della
legge della Regione Toscana 6 agosto 2018,  n.  46  (Disposizioni  in
materia di procedura di gara  ed  incentivi  per  funzioni  tecniche.
Modifiche alla L.R. 38/2007) e degli artt. 2, 11  e  18  della  legge
della Regione Toscana 7 gennaio 2019, n.  3  (Legge  di  manutenzione
dell'ordinamento  regionale  2018),  promossi  dal   Presidente   del
Consiglio dei ministri con ricorsi notificati l'8-15 ottobre  2018  e
il 12-15 marzo 2019, depositati in cancelleria il 16 ottobre  2018  e
il 15 marzo 2019, rispettivamente iscritti  al  n.  73  del  registro
ricorsi 2018 e al n. 48 del registro ricorsi 2019 e pubblicati  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  48,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2018 e n. 23, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visti gli atti di costituzione della Regione Toscana; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  28  gennaio  2020  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio; 
    uditi l'avvocato dello Stato Ettore Figliolia per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato  Marcello  Cecchetti  per  la
Regione Toscana; 
    deliberato nella camera di consiglio del 28 gennaio 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  ricorso
iscritto al n. 73 del registro ricorsi 2018, ha  impugnato  l'art.  1
della legge della Regione Toscana 6 agosto 2018, n. 46  (Disposizioni
in materia di procedura di gara ed incentivi per  funzioni  tecniche.
Modifiche alla L.R. 38/2007), per violazione dell'art. 117,  primo  e
secondo comma, lettera e), della Costituzione. 
    1.1.-  Osserva  il  ricorrente  che  la  disposizione   impugnata
inserisce nella legge della Regione Toscana 13  luglio  2007,  n.  38
(Norme in materia di contratti pubblici e relative disposizioni sulla
sicurezza  e  regolarita'  del  lavoro)  l'art.   35-ter,   rubricato
«Disposizioni per la semplificazione  della  gestione  amministrativa
delle procedure negoziate sotto soglia», ai  sensi  del  quale  nelle
procedure negoziate, quando il criterio di  aggiudicazione  prescelto
e' quello del minor prezzo, le stazioni appaltanti  possono  decidere
di  esaminare  le  offerte  economiche   prima   di   verificare   la
documentazione amministrativa  attestante  l'assenza  dei  motivi  di
esclusione e il rispetto  dei  criteri  di  selezione  ai  sensi  del
decreto legislativo 18 aprile  2016,  n.  50  (Codice  dei  contratti
pubblici). Nell'avviso di manifestazione di interesse  sono  indicate
l'intenzione di avvalersi di tale  possibilita'  e  le  modalita'  di
verifica, anche a campione, dell'assenza dei motivi di  esclusione  e
del rispetto dei criteri di selezione. 
    1.2.- Deduce il Presidente del Consiglio  dei  ministri  che,  ai
sensi dell'art. 56,  paragrafo  2,  della  direttiva  2014/24/UE  del
Parlamento e del Consiglio,  del  26  febbraio  2014,  sugli  appalti
pubblici  e  che  abroga  la   direttiva   2004/18/CE,   l'inversione
dell'apertura delle buste in sede di gara e' consentita solamente per
le procedure aperte. 
    L'art. 133, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016 (d'ora  in  avanti
codice dei contratti pubblici), come modificato dall'art.  83,  comma
1, del decreto  legislativo  19  aprile  2017,  n.  56  (Disposizioni
integrative e correttive al decreto legislativo 18  aprile  2016,  n.
50), avrebbe recepito il cennato  principio  comunitario,  prevedendo
che la facolta' di  anticipare  l'esame  delle  offerte  rispetto  al
controllo sul possesso dei requisiti di partecipazione, siano essi di
ordine  generale,  di  idoneita'   professionale   o   di   capacita'
economico-finanziaria  e  tecnica,  e'  circoscritta  alle  procedure
aperte. 
    La legge delega 28 gennaio 2016, n. 11 (Deleghe  al  Governo  per
l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE  del
Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,   del   26   febbraio   2014,
sull'aggiudicazione  dei  contratti  di  concessione,  sugli  appalti
pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori
dell'acqua,  dell'energia,  dei  trasporti  e  dei  servizi  postali,
nonche' per il  riordino  della  disciplina  vigente  in  materia  di
contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture) - prosegue
il ricorrente - all'art. 1, comma  1,  lettera  g),  ha  delegato  il
Governo a prevedere una disciplina applicabile ai contratti  pubblici
di lavori, servizi e forniture di importo inferiore  alle  soglie  di
rilevanza comunitaria e una disciplina per  l'esecuzione  di  lavori,
servizi e  forniture  in  economia  ispirate  a  criteri  di  massima
semplificazione  e  rapidita'  dei  procedimenti,  salvaguardando   i
principi di trasparenza e imparzialita' della gara. 
    Il legislatore  statale,  nel  dare  attuazione  a  tali  criteri
direttivi con il codice dei contratti pubblici, avrebbe scelto di non
prevedere la facolta' di inversione dell'apertura delle buste in caso
di procedure negoziate, in linea con quanto previsto dalla  direttiva
2014/24/UE per gli appalti sopra soglia. 
    Alla luce  di  tali  considerazioni,  la  disposizione  regionale
impugnata, ponendosi in contrasto con l'art. 56, paragrafo  2,  della
direttiva 2014/24/UE e con  l'art.  133,  comma  8,  del  codice  dei
contratti pubblici, violerebbe, rispettivamente,  l'art.  117,  primo
comma e secondo comma, lettera e), Cost. 
    2.- Si  e'  costituita  la  Regione  Toscana,  eccependo  la  non
fondatezza delle questioni proposte con il ricorso. 
    2.1.- Secondo la resistente, le modifiche introdotte con la norma
impugnata sono rispettose dell'art. 117, primo comma, Cost.,  poiche'
la direttiva 2014/24/UE,  ai  sensi  del  suo  art.  1,  concerne  le
acquisizioni di lavori, forniture o prestazioni di servizio a  titolo
oneroso per mezzo di un appalto pubblico  di  importo  non  inferiore
alle  soglie  di  valore  indicate  all'art.  4.  Pertanto,  per   le
acquisizioni sotto soglia si applicherebbero le  norme  di  cui  agli
ordinamenti  nazionali  e   regionali,   che   potrebbero   prevedere
specifiche modalita' di affidamento, e  cio',  in  particolare,  allo
scopo di garantire una maggiore  semplificazione  e  snellezza  delle
procedure, esigenze, queste,  particolarmente  vive  nelle  procedure
negoziate, per come si evincerebbe anche dal considerando 42 e  dagli
artt. 29 e 32 della citata direttiva 2014/24/UE. 
    Il legislatore nazionale, dal canto suo, con l'art. 36 del codice
dei  contratti  pubblici,  avrebbe  stabilito  che  l'affidamento   e
l'esecuzione dei lavori, servizi e  forniture  di  importo  inferiore
alle soglie comunitarie avvengono nel rispetto dei  principi  di  cui
agli artt.  30,  comma  1  (economicita',  efficacia,  tempestivita',
correttezza, libera concorrenza,  non  discriminazione,  trasparenza,
proporzionalita' e  pubblicita'),  34  (sostenibilita'  energetica  e
ambientale) e 42 (contrasto  delle  frodi,  della  corruzione  e  dei
conflitti  d'interesse),  nonche'  nel  rispetto  del  principio   di
rotazione degli inviti e degli affidamenti. 
    Nessuno di tali principi sarebbe violato dalla norma impugnata. 
    Il fatto che l'art. 56, paragrafo 2, della  direttiva  2014/24/UE
preveda che le amministrazioni  aggiudicatrici  possano  decidere  di
esaminare le offerte prima di  verificare  l'assenza  dei  motivi  di
esclusione ed il rispetto  dei  criteri  di  selezione  solo  per  le
procedure aperte non  precluderebbe  un'analoga  facolta'  anche  per
quelle negoziate. 
    La ratio  della  norma  impugnata,  infatti,  sarebbe  quella  di
snellire la  procedura  di  gara,  ove  sia  elevato  il  numero  dei
partecipanti e l'amministrazione non utilizzi strumenti finalizzati a
ridurre tale numero (come, ad esempio, il sorteggio). 
    Nelle   procedure   negoziate   disciplinate   dalla    direttiva
comunitaria sarebbe prevista  la  possibilita'  di  circoscrivere  la
platea degli operatori economici, con conseguente non  necessita'  di
applicare l'inversione. Nell'ordinamento nazionale,  invece,  sarebbe
possibile che la procedura negoziata sia strutturata in modo  da  non
consentire una limitazione dei soggetti da invitare (in  particolare,
nelle ipotesi previste dall'art. 36, comma 2,  lettere  b  e  c,  del
codice dei contratti pubblici, ove le amministrazioni  non  ricorrano
alla rotazione). 
    In  tali  ipotesi  si  apprezzerebbero  le  stesse  esigenze   di
efficienza  e  semplificazione  che  il  legislatore   nazionale   ha
ravvisato nelle procedure aperte. 
    2.2.- Anche la  seconda  censura  di  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettera e), Cost. non sarebbe fondata. 
    La facolta' di inversione dell'esame delle buste sarebbe  infatti
conforme a quanto previsto dalla legge delega n. 11  del  2016,  che,
all'art. 1, comma 1, lettera g), demanda al legislatore  delegato  la
previsione di una disciplina applicabile ai contratti  sotto  soglia,
«ispirata ai criteri  di  massima  semplificazione  e  rapidita'  dei
procedimenti,   salvaguardando   i   principi   di   trasparenza    e
imparzialita' della gara». 
    Cio' imporrebbe la necessita' di contemperare i principi  di  cui
all'art. 30 del codice dei contratti  pubblici  (e,  in  particolare,
quelli  di  proporzionalita',  economicita'  e   tempestivita')   con
l'esigenza di consentire la piu' ampia partecipazione degli operatori
economici, la trasparenza e la correttezza delle procedure. 
    Questo sarebbe lo scopo della norma impugnata, espressione  della
competenza  legislativa  «in  materia  di  autonomia   organizzativa,
limitandosi  a  disciplinare  le  modalita'  di  svolgimento  di   un
procedimento di competenza della Regione». 
    3.- Entrambe le parti hanno depositato memorie volte a  replicare
alle  deduzioni  avversarie  e  ad  ulteriormente  illustrare  quelle
contenute nei rispettivi atti introduttivi. 
    4.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  ricorso
iscritto al n. 48 del registro ricorsi 2019, ha impugnato  gli  artt.
2, 11 e 18, della legge della Regione Toscana 7 gennaio  2019,  n.  3
(Legge di manutenzione dell'ordinamento regionale 2018), e ha chiesto
di dichiarare, in via consequenziale, l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 8, commi 5 e 6, della legge della Regione Toscana 2  agosto
2013,  n.  46  (Dibattito  pubblico  regionale  e  promozione   della
partecipazione alla elaborazione delle politiche regionali e locali). 
    L'art. 2, rubricato «Disposizioni per  la  semplificazione  della
gestione  amministrativa  delle  procedure  negoziate  sotto  soglia.
Modifiche all'art.  35-ter  della  L.R.  38/2007»,  contrastando  con
l'art. 56, paragrafo 2, della direttiva 2014/24/UE, violerebbe l'art.
117, primo comma, Cost., e, contrastando con la norma  interposta  di
cui all'art.  133,  comma  8,  del  codice  dei  contratti  pubblici,
violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera e),  Cost.  L'art.  11,
rubricato «Mobilita' dei dirigenti. Modifiche all'articolo  18  della
L.R. 1/2009», violerebbe gli artt. 97 e 98 Cost., mentre  l'art.  18,
rubricato  «Interventi,  progetti  e  opere  oggetto   di   Dibattito
Pubblico. Modifiche all'art. 8 della L.R.  46/2013»,  violerebbe  gli
artt. 97 e 118, primo comma, Cost. 
    4.1.- Il Presidente dei Consiglio dei ministri osserva che l'art.
2 impugnato interviene sulla legge reg. Toscana n.  38  del  2007  e,
segnatamente, sull'art. 35-ter, modificando entrambi i commi  di  cui
si compone. 
    Rammenta poi il ricorrente che l'art. 1 della legge reg.  Toscana
n. 46 del 2018 (che aveva aggiunto  l'art.  35-ter  modificato  dalla
disposizione quivi impugnata) e' stato oggetto di precedente gravame,
iscritto al n. 73  del  registro  ricorsi  2018,  poiche'  esso,  nel
prevedere la facolta' di  inversione  dell'esame  delle  buste  anche
nelle procedure negoziate, contrasterebbe con l'art. 56, paragrafo 2,
della direttiva 2014/24/UE, e quindi con  l'art.  117,  primo  comma,
Cost., oltre che con l'art. 133, comma 8, del  codice  dei  contratti
pubblici, e quindi con l'art. 117, secondo comma, lettera e),  Cost.:
sia la direttiva  europea  sia  il  codice  dei  contratti  pubblici,
infatti, consentirebbero l'inversione solo nelle procedure aperte. 
    La norma censurata con il secondo ricorso  apporterebbe  all'art.
35-ter modifiche del tutto  marginali,  limitandosi  ad  inserire  la
previsione  che  nell'avviso  di  manifestazione  di  interesse   «e'
indicato che sono invitati tutti gli operatori  economici  che  hanno
manifestato interesse» (comma 1),  e  a  sostituire  le  parole  «nel
bando» con quelle «nell'avviso» (comma 2). 
    Le  modifiche,  dunque,  sarebbero  di  mero  dettaglio   e   non
eliminerebbero il vizio di incostituzionalita' derivante  «dal  fatto
che, contrariamente a quanto previsto dalla disciplina comunitaria  e
nazionale di settore, quando il criterio di aggiudicazione e'  quello
del minor prezzo, le stazioni appaltanti  hanno  la  possibilita'  di
anticipare l'esame delle offerte rispetto al controllo  del  possesso
dei requisiti di partecipazione anche nelle procedure negoziate». 
    4.2.- Quanto all'art. 11 della legge reg. Toscana n. 3 del  2019,
il ricorrente osserva che esso interviene sulla legge  della  Regione
Toscana  8  gennaio  2009,  n.  1  (Testo   unico   in   materia   di
organizzazione  e  ordinamento  del  personale),   e,   segnatamente,
sull'art. 18, sostituendone il comma 2, che ora prevede:  «Nel  corso
dell'incarico dirigenziale il Direttore generale e i  direttori,  per
specifiche esigenze organizzative, possono: a)  sentiti  i  dirigenti
interessati, disporre la modifica dell'incarico  ai  dirigenti  della
struttura di cui essi  sono  responsabili;  b)  sentiti  i  dirigenti
interessati, assegnarli ad altro incarico di livello  corrispondente;
c) assegnare un incarico di differente livello, esclusivamente previo
consenso del dirigente interessato». 
    Secondo  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  la  norma
censurata si pone in contrasto con gli artt. 19, 21 e 27 del  decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165  (Norme  generali  sull'ordinamento
del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche),  da  cui
si ricaverebbero i seguenti principi vincolanti le Regioni ordinarie:
1)  qualunque  modifica  dell'incarico  dirigenziale  non  puo'   che
avvenire su base consensuale; 2) la revoca dell'incarico  puo'  avere
luogo  esclusivamente  ove  sia   ravvisabile   una   responsabilita'
dirigenziale. 
    Ed infatti, quantomeno nelle ipotesi di cui alle lettere a) e  b)
del comma 2 dell'art. 18 della legge reg. Toscana n. 1 del  2009,  la
modifica dell'incarico dirigenziale avverrebbe in  modo  unilaterale,
su iniziativa del direttore generale  o  dei  direttori  e  senza  il
consenso del dirigente interessato. Inoltre, nel  caso  di  cui  alla
lettera c), la revoca e l'assegnazione di un incarico differente, pur
essendo condizionate  al  consenso  del  dirigente,  prescinderebbero
dalla  ricorrenza  di  un'ipotesi  di  responsabilita'  dirigenziale,
potendo essere disposte sulla base di non meglio individuate esigenze
di tipo organizzativo. 
    Per tali motivi, dunque, la disciplina recata dall'impugnato art.
11 contrasterebbe con i principi di buon  andamento  e  imparzialita'
della pubblica amministrazione di cui agli artt. 97 e 98 Cost. 
    4.3.- Quanto, infine, all'art. 18 della legge reg. Toscana  n.  3
del 2019, il ricorrente osserva che  esso  modifica  l'art.  8  della
legge reg. Toscana n. 46 del  2013,  introducendo,  al  comma  4,  la
lettera b-bis). 
    L'art. 8 da ultimo citato - prosegue il Presidente del  Consiglio
dei ministri - individua  gli  interventi,  i  progetti  e  le  opere
oggetto di dibattito pubblico, stabilendo sia i casi in cui si deve o
puo' fare luogo a dibattito (commi 1,  2  e  3)  sia  quelli  esclusi
(comma 4). Il comma 5, poi, prevede che  «Il  dibattito  pubblico  si
svolge sulle seguenti tipologie di opere nazionali per  le  quali  la
Regione e' chiamata  ad  esprimersi:  a)  infrastrutture  stradali  e
ferroviarie; b) elettrodotti; c)  impianti  per  il  trasporto  o  lo
stoccaggio  di  combustibili;  d)  porti  e  aeroporti;   e)   bacini
idroelettrici e dighe; f)  reti  di  radiocomunicazione»;  mentre  il
successivo  comma  6  disciplina  le  modalita'  di  svolgimento  del
dibattito. 
    L'impugnato art. 18 della legge  reg.  Toscana  n.  3  del  2019,
introducendo la lettera b-bis) nel comma 4 dell'art.  8  della  legge
reg. Toscana n. 46 del 2013, aggiungerebbe alle ipotesi in cui non si
effettua il dibattito pubblico il caso delle «opere nazionali di  cui
al comma 5, quando il regolamento emanato con decreto del  Presidente
del Consiglio dei ministri 10 maggio 2018, n. 76 (Regolamento recante
modalita' di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere
sottoposte a dibattito pubblico) prevede lo svolgimento del dibattito
pubblico ivi disciplinato». 
    Rammenta il ricorrente che l'art. 22  del  codice  dei  contratti
pubblici ha previsto che con d.P.C.m. siano  fissati  i  criteri  per
l'individuazione  delle   «grandi   opere   infrastrutturali   e   di
architettura di  rilevanza  sociale,  aventi  impatto  sull'ambiente,
sulle citta' e sull'assetto del territorio», distinte per tipologia e
soglie dimensionali, per le  quali  e'  obbligatorio  il  ricorso  al
dibattito  pubblico;  e  siano  altresi'  definiti  le  modalita'  di
svolgimento e il termine di conclusione della procedura. 
    In attuazione del citato art. 22 e' stato emanato il decreto  del
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  10  maggio  2018,  n.   76
(Regolamento recante modalita' di  svolgimento,  tipologie  e  soglie
dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico), il  quale,
all'art. 3, comma 1, ha stabilito  che  «sono  soggette  a  dibattito
pubblico, ai sensi dell'art. 22, comma 1, del codice di cui al d.lgs.
n.  50  del  2016,  le  opere  rientranti  nelle  tipologie  di   cui
all'Allegato 1». Lo stesso art. 3, poi, prevede anche i casi  in  cui
si fa luogo alla riduzione dei parametri di riferimento delle  soglie
dimensionali (comma 2), le modalita' di svolgimento del dibattito per
le opere di cui all'Allegato 1 di importo compreso tra la soglia  ivi
indicata e i due terzi della medesima (comma 3), e i  casi  di  opere
esenti (comma 5). 
    Orbene, le opere genericamente  indicate  all'art.  8,  comma  5,
della legge reg. Toscana n.  46  del  2013  ricomprenderebbero  anche
opere nazionali  di  interesse  regionale  che,  in  base  al  citato
d.P.C.m. n. 76 del 2018, non sono assoggettate a dibattito pubblico. 
    Secondo il ricorrente, per tali opere,  per  cui  e'  escluso  il
dibattito nazionale, dovrebbe essere escluso anche quello  regionale,
e cio' sia perche' la loro realizzazione e' di  esclusiva  competenza
statale, sia perche' il dibattito  regionale  si  tradurrebbe  in  un
«evidente    appesantimento    ed     aggravamento     dell'attivita'
amministrativa, nonche' in un inevitabile allungamento dei  tempi  di
realizzazione dei progetti: con  conseguente  interferenza  regionale
nell'esercizio di funzioni amministrative  riservate  allo  Stato  al
fine di assicurarne l'esercizio unitario e correlato pregiudizio  del
principio di buon andamento dell'amministrazione pubblica». 
    Tale conclusione sarebbe coerente con la sentenza di questa Corte
n. 235 del 2018, che avrebbe chiarito la fisionomia, le finalita' e i
limiti   dell'istituto   del   dibattito   pubblico,   esplicitamente
affermando che quello regionale sulle opere  nazionali  di  rilevante
impatto ambientale, economico e sociale e' escluso quando costituisca
un'inutile duplicazione di quello statale. 
    Per tali motivi l'art. 18 della legge reg. Toscana n. 3 del  2019
sarebbe incostituzionale per violazione degli artt. 97 e  118,  primo
comma, Cost., come lo sarebbero, in via consequenziale, i commi 5 e 6
dell'art. 8  della  legge  reg.  Toscana  n.  46  del  2013,  cui  il
ricorrente chiede, ai sensi dell'art. 27 della legge 11  marzo  1953,
n. 87 (Norme sulla  costituzione  e  sul  funzionamento  della  Corte
costituzionale), di  estendere  la  dichiarazione  di  illegittimita'
costituzionale. 
    5.-  Si  e'  costituita  la   Regione   Toscana,   eccependo   la
inammissibilita' ovvero la non fondatezza delle questioni proposte in
ricorso. 
    5.1.- La prima, avente ad  oggetto  l'art.  2  della  legge  reg.
Toscana n. 3 del 2019, che ha modificato l'art.  35-ter  della  legge
reg. Toscana n. 38 del 2007, sarebbe infondata per gli stessi  motivi
esposti nella memoria depositata nel giudizio iscritto al n.  73  del
registro ricorsi 2018 e quivi espressamente ribaditi. 
    5.2.- La seconda questione,  proposta  avverso  l'art.  11  della
legge reg. Toscana n. 3 del 2019, sarebbe  invece,  in  primo  luogo,
inammissibile, poiche' la delibera  del  Consiglio  dei  ministri  di
autorizzazione all'impugnazione non conterrebbe la sua menzione. 
    La questione sarebbe comunque non fondata nel merito. 
    La tesi del ricorrente, secondo  cui  la  disposizione  censurata
viola gli artt. 97 e 98 Cost., in  quanto  non  rispetta  i  principi
posti dagli artt. 19, 21 e 27 del d.lgs. n.  165  del  2001,  sarebbe
infondata, poiche' non considera che  l'art.  30  del  d.lgs.  citato
disciplina   l'istituto   della   mobilita',   quale   strumento   di
distribuzione  del  personale  in  relazione  alle   esigenze   delle
amministrazioni  pubbliche,  nell'intento  di  contenere   la   spesa
corrente e, in particolare, quella del personale. 
    Ne conseguirebbe la non pertinenza del riferimento agli artt.  97
e 98 Cost., ne' alla responsabilita'  di  tipo  dirigenziale  di  cui
all'art. 21 del d.lgs. n. 165 del 2001, perche' nel  caso  di  specie
non si verificherebbe una interruzione del rapporto d'ufficio ma solo
uno spostamento del dirigente da  un  incarico  ad  un  altro,  senza
incidenza sul livello retributivo nel caso di cui alle lettere  a)  e
b), e con il suo consenso nel caso di cui alla lettera  c)  dell'art.
18, comma 2, della legge reg. Toscana n. 1 del 2009, come  modificato
dall'art.  11   impugnato.   La   disposizione,   pertanto,   sarebbe
riconducibile alla  materia  dell'organizzazione  amministrativa,  di
competenza residuale delle Regioni. 
    5.3.- Da ultimo, anche  la  questione  proposta  con  riferimento
all'art. 18 della legge reg.  Toscana  n.  3  del  2019  sarebbe  non
fondata. 
    La lettera b-bis) del  comma  4  dell'art.  8  della  legge  reg.
Toscana n. 46 del  2013,  introdotta  dalla  disposizione  impugnata,
stabilirebbe che  la  sola  possibilita'  di  un  dibattito  pubblico
nazionale ai sensi del d.P.C.m. n. 76  del  2018  osta  al  dibattito
pubblico regionale. 
    La chiara volonta' della norma, come espressamente affermato  nel
preambolo della legge regionale, sarebbe  dunque  quella  di  evitare
ogni sovrapposizione con le competenze statali, censurata  da  questa
Corte con la sentenza n. 235 del 2018. 
    Le questioni proposte avverso i commi 5 e  6,  invece,  sarebbero
inammissibili, poiche' la norma impugnata in nessun modo li  modifica
o interferisce con essi, rimasti invariati  e  mai  contestati  dallo
Stato. 
    In ogni caso, esse sarebbero infondate, poiche' le opere  di  cui
al comma 5 sono  ricomprese  nell'elenco  per  cui  e'  richiesto  il
dibattito pubblico  nazionale,  con  conseguente  applicazione  della
lettera b-bis) del comma 4, introdotta dall'impugnato art. 18. 
    6.- Il ricorrente, con memoria depositata il 24 dicembre 2019, ha
inteso replicare alle argomentazioni della Regione resistente. 
    6.1.- Quanto alle questioni riguardanti le norme  sulla  modifica
degli  incarichi  dirigenziali,  il  Presidente  del  Consiglio   dei
ministri  deduce,  in   via   preliminare,   che   la   delibera   di
autorizzazione all'impugnazione riguarda anche l'art. 11 della  legge
reg.  Toscana  n.  3   del   2019,   con   conseguente   infondatezza
dell'eccezione di inammissibilita'. 
    Nel merito, l'invocazione dell'art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001
non sarebbe  pertinente,  poiche'  esso,  a  differenza  della  norma
impugnata, disciplina il passaggio diretto di dipendenti tra  diverse
amministrazioni o all'interno della medesima. La mobilita', peraltro,
comporterebbe, oltre a una modifica soggettiva ex latere datoris, una
modifica oggettiva limitata al luogo di svolgimento della prestazione
lavorativa, restando per il resto inalterato il rapporto  di  lavoro;
le norme impugnate,  invece,  inciderebbero  sullo  stesso  contenuto
dell'incarico dirigenziale e, pertanto, per i motivi gia' spiegati in
ricorso, violerebbero i dedotti parametri costituzionali. 
    6.2.-  Quanto  alle  questioni  di  legittimita'   costituzionale
dell'art. 8, commi 5 e 6, della legge reg. Toscana n. 46 del 2013, in
replica all'eccezione di inammissibilita' delle  censure  rivolte  ai
commi 5 e 6, il Presidente del Consiglio  dei  ministri  afferma  che
l'approvazione della legge reg. Toscana n. 3 del 2019  ha  costituito
la «prima occasione utile» per la loro impugnazione, dal momento  che
sia il codice dei contratti sia il  d.P.C.m.  n.  76  del  2018  sono
intervenuti in un momento successivo alla loro adozione. 
    Nel merito, il ricorrente precisa di non avere voluto  contestare
che l'inserimento della lettera b-bis) all'interno dell'art. 8, comma
4, della legge reg. Toscana  n.  46  del  2013  «miri  a  ridurre  le
possibili ipotesi in  cui  i  dibattiti  regionali  costituiscono  un
duplicato di quelli  che  si  svolgono  a  livello  nazionale».  Esso
intende ribadire, piuttosto, che contrasta con gli invocati parametri
costituzionali una disciplina come quella regionale,  risultante  dal
combinato disposti dei commi 4, 5 e 6 dell'art.  8,  in  forza  della
quale il dibattito pubblico su opere nazionali di interesse regionale
puo' avere luogo anche in ipotesi in cui sia escluso dalla  normativa
statale. 
    7.- Con memoria depositata il 3 gennaio 2020 la  Regione  Toscana
ha ribadito le  argomentazioni  gia'  illustrate,  evidenziando,  con
particolare riferimento all'impugnato art. 2 della legge reg. Toscana
n. 3 del 2019, che esse sarebbero in linea con  i  principi  espressi
dalla piu' recente giurisprudenza amministrativa. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  ricorso
iscritto al n. 73 del registro ricorsi 2018, ha  impugnato  l'art.  1
della legge della Regione Toscana 6 agosto 2018, n. 46  (Disposizioni
in materia di procedura di gara ed incentivi per  funzioni  tecniche.
Modifiche alla L.R. 38/2007), che inserisce nella legge della Regione
Toscana 13 luglio 2007, n. 38 (Norme in materia di contratti pubblici
e relative disposizioni sulla sicurezza  e  regolarita'  del  lavoro)
l'art. 35-ter. 
    Quest'ultimo prevede che nelle procedure negoziate sotto  soglia,
quando il criterio di aggiudicazione e' quello del minor  prezzo,  le
stazioni  appaltanti  possono  decidere  di  esaminare   le   offerte
economiche  prima  di  verificare  la  documentazione  amministrativa
attestante l'assenza dei motivi di  esclusione  ed  il  rispetto  dei
criteri di selezione ai sensi del decreto legislativo 18 aprile 2016,
n.  50  (Codice  dei  contratti  pubblici),  e  che  nell'avviso   di
manifestazione di interesse sono indicate l'intenzione  di  avvalersi
di tale facolta' e  le  modalita'  di  verifica,  anche  a  campione,
dell'assenza dei motivi di esclusione e del rispetto dei  criteri  di
selezione. 
    Secondo il ricorrente, la  disposizione  impugnata  viola  l'art.
117, primo comma,  della  Costituzione,  in  relazione  all'art.  56,
paragrafo  2,  della  direttiva  2014/24/UE  del  Parlamento  e   del
Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che  abroga
la  direttiva   2004/18/CE,   ai   sensi   del   quale   l'inversione
dell'apertura delle buste di gara  e'  consentita  per  le  procedure
aperte e non anche per quelle negoziate; nonche' l'art. 117,  secondo
comma, lettera e), Cost., perche' detta una  disciplina  difforme  da
quella dell'art. 133, comma 8, del codice dei contratti pubblici, che
prevede la facolta' di inversione per le sole procedure aperte. 
    2.- Con ricorso iscritto al n. 48 del registro ricorsi  2019,  il
Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato gli artt. 2, 11  e
18, della legge della Regione Toscana 7 gennaio 2019, n. 3 (Legge  di
manutenzione  dell'ordinamento  regionale  2018),  e  ha  chiesto  di
dichiarare, in via  consequenziale,  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 8, commi 5 e 6, della legge Regione Toscana 2 agosto  2013,
n. 46 (Dibattito pubblico regionale e promozione della partecipazione
alla elaborazione delle politiche regionali e locali). 
    Secondo il ricorrente, l'art. 2 della legge reg. Toscana n. 3 del
2019, inserendo nell'art. 35-ter della legge reg. Toscana n.  38  del
2007 la previsione che nell'avviso di manifestazione di interesse «e'
indicato che sono invitati tutti gli operatori  economici  che  hanno
manifestato interesse» (comma 1) e sostituendo le parole «nel  bando»
con quelle «nell'avviso» (comma 2), apporterebbe modifiche del  tutto
marginali, che reitererebbero la violazione dell'art.  117,  primo  e
secondo comma, lettera e), Cost. denunciata con il  ricorso  iscritto
al n. 73 del registro ricorsi 2018. 
    L'art. 11 della legge reg. Toscana n.  3  del  2019,  sostituendo
l'art. 18, comma 2, della legge della Regione Toscana 8 gennaio 2009,
n. 1 (Testo unico in materia  di  organizzazione  e  ordinamento  del
personale) - e prevedendo che nel corso dell'incarico dirigenziale il
direttore  generale  e  il   direttore,   per   specifiche   esigenze
organizzative, possano, sentiti i dirigenti interessati, disporre  la
modifica  dell'incarico  o  assegnarli   ad   incarico   di   livello
corrispondente, ovvero, con il  loro  consenso,  ad  un  incarico  di
differente livello -  violerebbe  i  principi  di  buon  andamento  e
imparzialita' della pubblica amministrazione di cui agli artt.  97  e
98 Cost., perche' non si conformerebbe agli artt. 19 e 21 del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165  (Norme  generali  sull'ordinamento
del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), in  base
ai quali: 1) qualunque modifica dell'incarico conferito non puo'  che
avvenire su base consensuale, 2) e la revoca dell'incarico puo' avere
luogo esclusivamente per responsabilita' dirigenziale. 
    L'art. 18 della  legge  reg.  Toscana  n.  3  del  2019,  infine,
introducendo, nel comma 4 dell'art. 8 della legge reg. Toscana n.  46
del 2013, la lettera b-bis) - che prevede, quale ulteriore ipotesi in
cui non si effettua  il  dibattito  pubblico  regionale  sulle  opere
statali di interesse regionale quella delle «opere nazionali  di  cui
al comma 5, quando il regolamento emanato con decreto del  Presidente
del Consiglio dei ministri 10 maggio 2018, n. 76 (Regolamento recante
modalita' di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere
sottoposte a dibattito pubblico) prevede lo svolgimento del dibattito
pubblico ivi disciplinato» - violerebbe gli artt.  97  e  118,  primo
comma, Cost., perche', letto in combinato disposto con  i  successivi
commi 5  e  6,  determinerebbe  una  indebita  sovrapposizione  della
normativa regionale  a  quella  statale,  e  perche'  il  legislatore
regionale non potrebbe prevedere il dibattito pubblico per  le  opere
nazionali, anche se di interesse regionale, per le quali lo Stato  lo
ha escluso, a pena di  un  indebito  appesantimento  ed  allungamento
dell'attivita' amministrativa statale. 
    Secondo il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  pertanto,  i
commi 5 e 6 dell'art. 8 della legge reg. Toscana n. 46 del 2013 - che
disciplinano,  rispettivamente,  le  ipotesi  in  cui  si  svolge  il
dibattito pubblico sulle opere nazionali di interesse regionale e  le
sue modalita' -  alla  luce  della  «connessione  che  li  lega  alla
disposizione»     impugnata     dovrebbero     essere      dichiarati
costituzionalmente  illegittimi  in  via  consequenziale,  ai   sensi
dell'art.  27  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme   sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale). 
    3.- I giudizi, soggettivamente e oggettivamente  connessi,  vanno
riuniti. 
    4.- Le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della
legge reg. Toscana n. 46 del 2018 e  dell'art.  2  della  legge  reg.
Toscana n. 3 del  2019,  che  hanno,  rispettivamente,  introdotto  e
modificato l'art. 35-ter della legge reg. Toscana  n.  38  del  2007,
disciplinante la inversione procedimentale nelle procedure  negoziate
sotto soglia  regolate  dal  criterio  di  aggiudicazione  del  minor
prezzo, sono fondate sotto il profilo della violazione dell'art. 117,
secondo comma, lettera e), Cost. 
    4.1.- E' noto  che  le  disposizioni  del  codice  dei  contratti
pubblici (prima contenute nel decreto legislativo 12 aprile 2006,  n.
163, recante  «Codice  dei  contratti  pubblici  relativi  a  lavori,
servizi e  forniture  in  attuazione  delle  direttive  2004/17/CE  e
2004/18/CE» ed oggi nel d.lgs. n. 50 del 2016: sentenza  n.  166  del
2019) regolanti le procedure di gara sono riconducibili alla  materia
della tutela della concorrenza, e che le Regioni, anche ad  autonomia
speciale, non possono dettare una disciplina da esse difforme (tra le
tante, sentenze n. 263 del 2016, n. 36 del 2013, n. 328 del 2011,  n.
411 e n. 322 del 2008). 
    Cio' vale anche per le disposizioni relative ai  contratti  sotto
soglia (sentenze n. 263 del 2016, n.184 del 2011, n. 283 e n. 160 del
2009, n. 401 del 2007), poiche' «[l]a distinzione tra contratti sotto
soglia e sopra soglia non costituisce [...] utile  criterio  ai  fini
dell'identificazione delle norme statali strumentali a  garantire  la
tutela della concorrenza, in quanto tale finalita' puo' sussistere in
riferimento anche ai contratti  riconducibili  alla  prima  di  dette
categorie e la  disciplina  stabilita  al  riguardo  dal  legislatore
statale mira ad assicurare, tra l'altro, "il  rispetto  dei  principi
generali  di  matrice  comunitaria  stabiliti  nel  Trattato  e,   in
particolare, il principio di non discriminazione (in questo senso, da
ultimo, nella materia in esame, Corte di giustizia  15  maggio  2008,
C-147/06 e C-148/06) (sentenza n. 160 del 2009)"»  (sentenza  n.  184
del 2011). 
    E' poi giurisprudenza costante di questa Corte  che  alla  tutela
della concorrenza deve essere ricondotta «l'intera  disciplina  delle
procedure di gara pubblica (sentenze n. 46 e n. 28 del 2013,  n.  339
del 2011 e n. 283 del 2009), in quanto quest'ultima  costituisce  uno
strumento indispensabile per tutelare e promuovere la concorrenza  in
modo uniforme sull'intero territorio nazionale (sentenze n.  339  del
2011, n. 1 del 2008 e n. 401 del 2007)» (sentenza  n.  28  del  2014;
nello stesso senso, sentenza n. 259 del 2013), senza che  rilevi  che
la procedura sia aperta o negoziata (sentenza n. 322 del 2008). 
    4.2.- Nel caso di specie sussiste la lamentata difformita'  dalla
disciplina statale, sia nella versione originaria  del  nuovo  codice
dei  contratti  pubblici  che  in  quella  nel   tempo   parzialmente
modificata con gli interventi  recati  dal  decreto-legge  18  aprile
2019, n. 32 (Disposizioni urgenti per il  rilancio  del  settore  dei
contratti   pubblici,   per    l'accelerazione    degli    interventi
infrastrutturali,  di  rigenerazione  urbana  e  di  ricostruzione  a
seguito di eventi  sismici),  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 14 giugno 2019, n. 55. 
    L'art. 133, comma 8, del codice dei contratti pubblici,  infatti,
prevede la facolta' di  inversione  nell'esame  della  documentazione
amministrativa e di quella  relativa  all'offerta  solo  nei  settori
speciali e per le procedure aperte (e a prescindere dal  criterio  di
aggiudicazione prescelto). 
    L'art. 1, lettera  f),  numero  4,  del  d.l.  n.  32  del  2019,
intervenendo  sull'art.  36,  comma  5,  del  codice  dei   contratti
pubblici, aveva introdotto analoga facolta' per  tutte  le  procedure
sotto soglia  (negoziate  e  non),  ma  in  sede  di  conversione  il
legislatore - recependo  le  preoccupazioni  espresse  dall'Autorita'
nazionale anticorruzione (ANAC) nel documento di analisi  del  citato
decreto-legge - ha mutato  rotta,  eliminandola  per  le  gare  sotto
soglia e  contestualmente  introducendola  nei  settori  ordinari,  e
limitatamente alle procedure aperte (quale che  sia  il  criterio  di
aggiudicazione), a tempo e in via sperimentale (mediante l'estensione
a tali settori, sino al 31 dicembre 2020, dell'art. 133, comma 8, del
codice dei contratti pubblici: cosi' l'art. 1, comma 3, del  d.l.  n.
32 del 2019, nel testo risultante dalla legge di conversione). 
    4.3.- Non e' corretta, dunque, la  tesi  della  Regione  Toscana,
secondo  cui   il   codice   dei   contratti   pubblici,   prevedendo
espressamente l'inversione dell'esame per le  procedure  aperte,  non
per questo la escluderebbe per quelle negoziate.  Il  dato  testuale,
infatti, e' chiaro  nel  riferire  l'inversione  esclusivamente  alle
prime  e  la   stessa   ricordata   evoluzione   normativa   dimostra
inequivocabilmente l'intenzione del legislatore statale di escluderla
per le seconde. 
    Ne'  in  senso  contrario  puo'  valorizzarsi  la  sentenza   del
Consiglio di Stato,  sezione  quinta,  2  settembre  2019,  n.  6017,
invocata dalla Regione  resistente  nella  memoria  depositata  il  3
gennaio 2020,  poiche'  essa,  in  realta',  riconosce  espressamente
l'esistenza di un principio di «sequenzialita'»  logica  e  giuridica
nell'esame della documentazione amministrativa e di  quella  relativa
all'offerta (nello stesso senso, Consiglio di Stato,  sezione  terza,
sentenza 11 giugno 2013, n. 3228), limitandosi piuttosto ad affermare
che la sua inversione (a differenza di quella dell'esame della  busta
tecnica e di quella economica) non sarebbe invalidante la  procedura,
ma darebbe luogo ad una  mera  irregolarita'  (affermazione,  questa,
peraltro contraddetta da altra  giurisprudenza  di  primo  e  secondo
grado, che dalla violazione  di  quel  principio,  posto  a  presidio
dell'imparzialita' e della trasparenza dell'azione amministrativa, fa
discendere l'annullamento degli atti della  procedura:  TAR  Toscana,
sezione seconda, sentenza 29 ottobre 2018,  n.  1391;  TAR  Sardegna,
sentenza 14 maggio 2003, n. 605; Consiglio di Stato, sezione seconda,
parere 30 aprile 2003, n. 1036; Consiglio di Stato,  sezione  quarta,
sentenza 27 novembre 2000, n. 6306). 
    Nemmeno giova alla tesi della Regione resistente l'altra sentenza
invocata in memoria (Consiglio di Stato, sezione quinta, 2  settembre
2019, n. 6013), perche' essa (anche a prescindere dal rilievo che non
costituisce diritto vivente)  non  esclude  l'esistenza  del  cennato
principio di sequenzialita',  ma  si  limita  ad  estendere  l'ambito
temporale della fase di valutazione dei requisiti di ammissione. 
    5.- In conclusione, la scelta di consentire o  meno  l'inversione
procedimentale implica un delicato bilanciamento fra le  esigenze  di
semplificazione e snellimento  delle  procedure  di  gara  e  quelle,
fondamentali, di tutela della concorrenza, della trasparenza e  della
legalita' delle medesime procedure, bilanciamento che  non  puo'  che
essere affidato al legislatore  nazionale  nell'esercizio  della  sua
competenza esclusiva in materia, quale garanzia di uniformita'  della
disciplina su tutto il territorio nazionale. 
    6.- Resta assorbita la censura di violazione dell'art. 117, primo
comma, Cost. 
    7.- E' impugnato anche l'art. 11 della legge reg.  Toscana  n.  3
del 2019, che ha sostituito l'art. 18,  comma  2,  della  legge  reg.
Toscana n. 1 del  2009,  il  quale  comma  ora  prevede:  «Nel  corso
dell'incarico dirigenziale il Direttore generale e i  direttori,  per
specifiche esigenze organizzative, possono: a)  sentiti  i  dirigenti
interessati, disporre la modifica dell'incarico  ai  dirigenti  della
struttura di cui essi  sono  responsabili;  b)  sentiti  i  dirigenti
interessati, assegnarli ad altro incarico di livello  corrispondente;
c) assegnare un incarico di differente livello, esclusivamente previo
consenso del dirigente interessato». 
    Secondo il ricorrente, la disposizione viola i principi  di  buon
andamento e imparzialita' della pubblica amministrazione di cui  agli
artt. 97 e 98 Cost., perche' contrasta con gli  artt.  19  e  21  del
d.lgs. n. 165 del 2001, vincolanti per le Regioni ai sensi  dell'art.
27 del medesimo d.lgs. 
    In  particolare,  le  ipotesi  di  cui  alle  lettere  a)  e   b)
violerebbero   il   principio   secondo   cui   qualunque    modifica
dell'incarico dirigenziale conferito non puo' che  avvenire  su  base
consensuale, mentre l'ipotesi di cui alla lettera  c)  violerebbe  il
principio secondo  cui  la  revoca  dell'incarico  puo'  avere  luogo
esclusivamente nei casi in cui vi sia  una  responsabilita'  di  tipo
dirigenziale. 
    8.- La Regione resistente ha  eccepito  l'inammissibilita'  della
questione, perche' l'art. 11 non sarebbe tra le disposizioni  oggetto
di autorizzazione all'impugnazione, come emergerebbe  dalla  delibera
del Consiglio dei ministri del 7 marzo  2019  consultabile  sul  sito
internet www.affariregionali.gov.it. 
    L'eccezione e'  infondata,  perche'  l'indicazione  dell'art.  11
impugnato e' presente nella delibera prodotta in atti dal  Presidente
del   Consiglio   dei   ministri,    recante    l'attestazione    del
Sottosegretario di approvazione «secondo i termini e  le  motivazioni
di cui all'allegata relazione»,  oltre  che  in  quella  consultabile
online sul sito della Presidenza del Consiglio dei  ministri  (tra  i
comunicati stampa). 
    9.- Nel merito la questione non e' fondata. 
    9.1.- E' vero che il citato art. 19 del d.lgs. n. 165  del  2001,
rubricato   «Incarichi   di   funzioni   dirigenziali»,   nella   sua
formulazione attuale,  stabilisce,  al  comma  2,  che  «[e']  sempre
ammessa la risoluzione consensuale del rapporto» e, al  comma  1-ter,
che   «[g]li   incarichi   dirigenziali   possono   essere   revocati
esclusivamente nei casi e con le modalita' di  cui  all'articolo  21,
comma  1,   secondo   periodo»,   ossia   nei   casi   di   accertata
responsabilita' dirigenziale. 
    Tali  norme,  tuttavia,  contrariamente  a  quanto  dedotto   dal
ricorrente, non recano i  principi  della  necessaria  consensualita'
della modifica dell'incarico e della  sua  non  revocabilita'  al  di
fuori dei casi di responsabilita' dirigenziale. 
    La prima, infatti, si  limita  a  ribadire,  con  riferimento  al
contratto accessivo al provvedimento  di  incarico,  l'applicabilita'
del  generale  principio  civilistico  della  risoluzione  per  mutuo
consenso, ma non implica che siano  vietate  ipotesi  di  risoluzione
unilaterale  (tali,  del  resto,  sono  quelle  per   responsabilita'
dirigenziale e per responsabilita' disciplinare). 
    La seconda, invece, interpretata in coerenza con  la  sua  ratio,
intende  assicurare   il   principio   di   continuita'   dell'azione
amministrativa  correlato  al  principio   costituzionale   di   buon
andamento della stessa (sentenze n. 27 del 2014, n. 228 del 2011,  n.
304, n. 224 e n.  81  del  2010)  e  di  impedire  valutazioni  della
performance  del  dirigente  che  prescindano  dalla  verifica  della
diligenza nell'espletamento dell'incarico e del raggiungimento  degli
obiettivi prefissati, a tutela del principio di  imparzialita'  della
pubblica amministrazione (tra le tante, sentenze n. 81 e  n.  34  del
2010, n. 161 del 2008 e n. 104 del 2007). 
    Il  citato  art.  19,  cioe',  vieta  la   revoca   dell'incarico
dirigenziale fondata su valutazioni dell'operato del dirigente al  di
fuori dei presupposti e delle modalita' previsti dall'art. 21, ma non
per questo ne esclude la modifica o  la  revoca  per  «specifiche»  e
comprovate esigenze  organizzative  della  pubblica  amministrazione,
quali la soppressione di un servizio o  l'accorpamento  di  unita'  o
importanti modifiche della pianta organica o, ancora, la sopravvenuta
impossibilita' materiale o giuridica di raggiungimento dell'obiettivo
prefissato con il conferimento dell'incarico. 
    La  necessita'  di  consentire   il   mutamento   o   la   revoca
dell'incarico  dirigenziale  in  presenza  delle  cennate   obiettive
esigenze organizzative, infatti, e'  immanente  al  sistema,  perche'
risponde ai fondamentali principi di buon  andamento,  efficienza  ed
efficacia dell'attivita' amministrativa, tutti riconducibili all'art.
97 Cost. 
    E' invece non conforme a tale precetto  costituzionale  l'opposta
opzione interpretativa patrocinata dal ricorrente, poiche' essa,  pur
di  garantire  la  continuita'  del  singolo  incarico  dirigenziale,
porterebbe al paradosso di giustificare la  sua  immutabilita'  anche
ove  venga  meno  la  struttura  amministrativa  da  dirigere  o,  al
contrario, la permanenza in vita di una struttura amministrativa  non
piu' rispondente all'interesse pubblico. 
    9.2.- Non e' un caso, del resto, che l'istituto  della  revoca  o
modifica   dell'incarico   dirigenziale   per   specifiche   esigenze
organizzative sia ben conosciuto dalla  stessa  legislazione  statale
(art. 1, comma 18, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138,  recante
«Disposizioni per la riduzione della spesa pubblica», convertito, con
modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148,  ai  sensi  del
quale:  «[a]l  fine  di  assicurare  la   massima   funzionalita'   e
flessibilita', in relazione a  motivate  esigenze  organizzative,  le
pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono  disporre,  nei  confronti
del personale appartenente alla carriera  prefettizia  ovvero  avente
qualifica dirigenziale, il passaggio ad altro  incarico  prima  della
data di scadenza dell'incarico ricoperto prevista dalla  normativa  o
dal contratto»). 
    9.3.-   Al   fine   di   scongiurare   illegittime    forme    di
«precarizzazione della funzione dirigenziale» (sentenza  n.  103  del
2007), appare tuttavia opportuno precisare  che  il  mutamento  o  la
revoca dell'incarico per giustificate ragioni oggettive  non  possono
in alcun modo essere utilizzati per mascherare illegittime  rimozioni
di dirigenti sgraditi ad opera dei  dirigenti  generali  o  camuffate
ipotesi di responsabilita' dirigenziale, non accertate nelle forme  e
con le garanzie previste dagli artt. 19 e 21 del d.lgs.  n.  165  del
2001 e imposte dalla consolidata giurisprudenza  costituzionale  (tra
le tante, sentenze n. 23 del 2019, n. 52 e n. 15 del 2017, n. 20  del
2016, n. 104 e n. 103 del 2007), forme e  garanzie  il  cui  rispetto
potra' essere oggetto di vaglio in sede giurisdizionale. 
    10.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha infine impugnato
l'art. 18 della legge reg. Toscana n. 3 del 2019, che  introduce  nel
comma 4 dell'art. 8 della legge  reg.  Toscana  n.  46  del  2013  la
lettera b-bis), la quale prevede, quale ulteriore ipotesi in cui  non
si effettua il dibattito  pubblico  regionale,  quella  delle  «opere
nazionali di cui al  comma  5,  quando  il  regolamento  emanato  con
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 maggio 2018,  n.
76 (Regolamento recante modalita' di svolgimento, tipologie e  soglie
dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico) prevede  lo
svolgimento del dibattito pubblico ivi disciplinato». 
    Secondo il ricorrente la norma, letta in combinato disposto con i
successivi commi 5 e 6 dell'art. 8 della legge reg. Toscana n. 46 del
2013, cui chiede di estendere in via consequenziale la  dichiarazione
d'illegittimita'   costituzionale,   determinerebbe   una    indebita
sovrapposizione della normativa regionale  a  quella  statale,  e  in
particolare con l'art. 22 del codice dei contratti e  con  il  citato
d.P.C.m. n. 76 del 2018. 
    Piu' precisamente, le norme regionali richiamate,  escludendo  il
dibattito pubblico sulle opere  statali  d'interesse  regionale  solo
nelle ipotesi in  cui  la  normativa  statale  prevede  il  dibattito
pubblico e non in quelle in cui lo esclude, violerebbero gli artt. 97
e  118,  primo  comma,  Cost.,  perche'  aggraverebbero   l'attivita'
amministrativa, allungando i  tempi  di  realizzazione  dei  progetti
delle opere pubbliche nazionali, e interferirebbero con  la  funzione
amministrativa statale. 
    Tale conclusione sarebbe coerente con la sentenza di questa Corte
n. 235 del 2018, che avrebbe chiarito la fisionomia, le finalita' e i
limiti   dell'istituto   del   dibattito   pubblico,   esplicitamente
affermando che quello regionale sulle opere  nazionali  di  rilevante
impatto ambientale, economico e sociale e' escluso quando costituisca
una duplicazione di quello statale. 
    11.- La questione e' inammissibile per aberratio  ictus  (tra  le
tante, sentenze n. 109 e n. 14 del 2019, n. 157 del 2015 e n. 59  del
2013; ordinanze n. 238 del 2019 e n. 8 del 2018). 
    11.1.- E' lo stesso Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ad
ammettere, nella memoria depositata in  cancelleria  il  24  dicembre
2019, che oggetto precipuo  della  sua  doglianza  non  e'  la  norma
impugnata in via principale (l'art. 8, comma 4, lettera  b-bis  della
legge reg. Toscana n. 46 del 2013) - che,  al  fine  (dichiarato  nel
preambolo alla stessa legge regionale) di  evitare  una  duplicazione
dell'attivita' amministrativa e di conformarsi alla sentenza  n.  235
del 2018 di questa Corte, ha escluso il dibattito pubblico  regionale
in presenza di un dibattito pubblico statale - ma  quelle  successive
(i commi 5 e 6 del citato  art.  8),  che  disciplinano  l'an  ed  il
quomodo del dibattito regionale su opere nazionali. 
    E'  evidente,  dunque,  che  il  ricorrente   ha   impugnato   la
sopravvenuta lettera b-bis)  del  comma  4,  in  se'  non  pertinente
rispetto all'oggetto delle censure (sentenze n. 194 del 2017 e n.  59
del 2013; ordinanze n. 180  e  n.  120  del  2011),  per  tentare  di
colpire, per il tramite dell'invocata  illegittimita'  costituzionale
in via consequenziale, altre due norme (art. 8, commi 5  e  6,  della
legge reg. Toscana n. 46 del 2013), il cui termine d'impugnazione, al
momento della proposizione del ricorso, era gia' ampiamente scaduto. 
    12.- Alla declaratoria di  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 18 della legge reg. Toscana  n.
3  del  2019  consegue  la  non  accoglibilita'  della  richiesta  di
dichiarazione di illegittimita' costituzionale, ai sensi dell'art. 27
della legge n. 87 del 1953, dell'art. 8, commi 5  e  6,  della  legge
reg. Toscana n. 46 del 2013. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1  della
legge della Regione Toscana 6 agosto 2018,  n.  46  (Disposizioni  in
materia di procedura di gara  ed  incentivi  per  funzioni  tecniche.
Modifiche alla L.R. 38/2007); 
    2) dichiara l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  2  della
legge  della  Regione  Toscana  7  gennaio  2019,  n.  3  (Legge   di
manutenzione dell'ordinamento regionale 2018); 
    3)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 18 della legge della reg. Toscana n.  3  del
2019, promossa, in riferimento agli art. 97 e 118, primo comma, della
Costituzione, dal Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  il
ricorso iscritto al n. 48 del registro ricorsi 2019; 
    4)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 11 della legge reg. Toscana n. 3  del  2019,
promossa, in riferimento agli artt. 97 e 98 Cost., dal Presidente del
Consiglio dei ministri, con il ricorso iscritto al n. 48 del registro
ricorsi 2019. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 28 gennaio 2020. 
 
                                F.to: 
                     Marta CARTABIA, Presidente 
                    Giancarlo CORAGGIO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 6 marzo 2020. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA