N. 41 SENTENZA 30 gennaio - 6 marzo 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Responsabilita' amministrativa  e  contabile  -  Compensazione  delle
  spese processuali - Facolta'  del  giudice  contabile  di  valutare
  discrezionalmente, ai fini della compensazione, la  sussistenza  di
  altre gravi ed eccezionali ragioni - Omessa previsione - Denunciata
  violazione dei principi di ragionevolezza, tutela giurisdizionale e
  giusto processo - Inammissibilita' delle questioni. 
- Decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, art. 31, commi 2  e  3,
  in combinato disposto. 
- Costituzione, artt. 3, 24, primo comma, e 111, primo comma. 
(GU n.11 del 11-3-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Marta CARTABIA; 
Giudici :Aldo CAROSI,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA,  Nicolo'  ZANON,  Franco  MODUGNO,
  Augusto Antonio BARBERA, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO',  Luca
  ANTONINI, Stefano PETITTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale   del   combinato
disposto dei commi 2 e 3 dell'art.  31  del  decreto  legislativo  26
agosto 2016, n. 174 (Codice di giustizia contabile, adottato ai sensi
dell'articolo 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124),  promosso  dalla
Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Campania, nel
giudizio vertente tra il Procuratore regionale della Corte dei  conti
per la Regione Campania e Romeo Gestioni spa e altri,  con  ordinanza
del 24 gennaio 2019, iscritta al n. 78 del registro ordinanze 2019  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  22,  prima
serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 29 gennaio  2020  il  Giudice
relatore Aldo Carosi; 
    deliberato nella camera di consiglio del 30 gennaio 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con l'ordinanza indicata in epigrafe,  la  Corte  dei  conti,
sezione  giurisdizionale  per  la  Regione  Campania,  ha   sollevato
questioni di legittimita' costituzionale del combinato  disposto  dei
commi 2 e 3 dell'art. 31 del decreto legislativo 26 agosto  2016,  n.
174 (Codice di giustizia contabile, adottato ai  sensi  dell'articolo
20 della legge 7 agosto 2015, n. 124), in riferimento agli  artt.  3,
24, primo comma, e 111, primo comma, della Costituzione, nella  parte
in cui non consente «che il giudice, anche  in  caso  di  intervenuto
proscioglimento  nel  merito  per  mancanza  di  uno  degli  elementi
indicati dall'art. 31, comma 2, c.g.c., possa compensare le spese tra
le parti, parzialmente o per  intero,  qualora  sussistano  gravi  ed
eccezionali  ragioni,  analoghe  a  quelle  tassativamente   indicate
dall'art. 31, comma 3, c.g.c.». 
    Nei commi censurati, l'art. 31 del d.lgs. 174  del  2016  prevede
che «[c]on la sentenza che esclude definitivamente la responsabilita'
amministrativa per accertata insussistenza del danno,  ovvero,  della
violazione di obblighi di servizio, del nesso di causalita', del dolo
o della colpa grave, il giudice non puo'  disporre  la  compensazione
delle spese del giudizio e liquida, a carico dell'amministrazione  di
appartenenza, l'ammontare degli onorari e dei diritti spettanti  alla
difesa» (comma 2) e che «[i]l giudice puo' compensare le spese tra le
parti, parzialmente o per intero, quando vi e' soccombenza  reciproca
ovvero nel caso  di  assoluta  novita'  della  questione  trattata  o
mutamento della giurisprudenza  rispetto  alle  questioni  dirimenti,
ovvero quando definisce  il  giudizio  decidendo  soltanto  questioni
pregiudiziali o preliminari» (comma 3). 
    1.1.- Il rimettente,  dopo  aver  illustrato  l'evoluzione  della
disciplina delle spese processuali nei giudizi davanti alla Corte dei
conti, assume che la normativa censurata contrasti anzitutto  con  il
principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. 
    Eliminando ogni discrezionalita' in capo  al  giudice  contabile,
comunque  chiamato  a  liquidare  le  spese  processuali   a   carico
dell'amministrazione di  appartenenza  in  caso  di  proscioglimento,
senza la possibilita'  di  ricorrere  alla  clausola  generale  delle
«gravi ed eccezionali ragioni»  per  pervenire  a  una  pronuncia  di
compensazione, totale o parziale, l'art. 31,  comma  2,  cod.  giust.
contabile non terrebbe anzitutto  conto  del  rilievo  che  qualsiasi
forma di responsabilita', inclusa quella in  esame,  dovrebbe  sempre
presupporre un comportamento latamente  censurabile,  mentre  l'esito
del giudizio potrebbe essere condizionato da fattori  sopravvenuti  o
imprevedibili.  In  tal  modo,  inoltre,  si   prescinderebbe   dalla
considerazione  del  carattere  doveroso  dell'azione  promossa   dal
pubblico ministero  contabile  -  organo  indipendente  e  imparziale
tenuto a esercitarla ogniqualvolta vi siano  elementi  sufficienti  a
sostenere in giudizio la contestazione di responsabilita'  (art.  69,
comma 1, cod. giust. contabile) e non nella prospettiva  di  certezza
della  condanna   -   nonche'   del   margine   di   discrezionalita'
inevitabilmente insito nella valutazione  dei  suoi  presupposti.  Il
regime processuale delle spese finirebbe  cosi'  per  costituire  una
remora  all'esercizio  dell'azione  di  responsabilita',  in   quanto
potenzialmente idonea a tradursi in un esborso per l'amministrazione,
ulteriore rispetto al danno  altrimenti  patito,  anche  in  caso  di
situazioni  oggettivamente  dubbie,  che   imporrebbero   un   vaglio
giurisdizionale. 
    Tale ultima  considerazione  ridonderebbe  nella  violazione  del
canone del giusto processo (art.  111,  primo  comma,  Cost.)  e  del
diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24, primo comma, Cost.), in
quanto la prospettiva della condanna alle  spese  di  lite  anche  in
qualsiasi situazione del tutto  imprevista  e  imprevedibile  per  la
parte   che   agisce   costituirebbe   una   remora    ingiustificata
all'esercizio dell'azione (si cita la sentenza di questa Corte n.  77
del 2018). 
    Il vulnus ai citati parametri verrebbe aggravato dalla previsione
per cui, fermo il divieto previsto dal  comma  2  dell'art.  31  cod.
giust. contabile, il successivo comma 3 circoscrive la  compensazione
delle  spese  processuali  a  poche  tassative  ipotesi,   escludendo
analoghe situazioni di assoluta incertezza, in fatto  o  in  diritto,
che presentino analoga o maggiore gravita' ed eccezionalita' rispetto
a quelle tipizzate dalla norma. 
    1.2.- In punto di rilevanza, il rimettente  riferisce  di  essere
stato adito dal  pubblico  ministero  nell'esercizio  dell'azione  di
responsabilita',  nei  confronti  della  societa'  affidataria  della
gestione del patrimonio del Comune  di  Napoli  e  di  due  dirigenti
dell'ente locale, per la mancata esazione di «canoni di  occupazione»
relativi a un impianto sportivo di proprieta' comunale. 
    Dopo  aver   accolto   soltanto   parzialmente   l'eccezione   di
prescrizione  e  prosciolto  nel  merito  tutti  i   convenuti,   non
ravvisando nella loro condotta - seppur negligente e superficiale  e,
dunque,   tale   da   giustificare   l'esercizio    dell'azione    di
responsabilita' - gli estremi della colpa grave,  stante  l'obiettiva
incertezza  circa  l'effettiva  distribuzione  delle  competenze   in
materia di gestione degli impianti sportivi nell'ambito  del  Comune,
il giudice a quo ha sospeso la decisione  solamente  in  ordine  alle
spese processuali, sollevando le descritte questioni di  legittimita'
costituzionale. 
    Esse, a suo avviso, devono necessariamente coinvolgere entrambi i
commi censurati, atteso che la  declaratoria  di  incostituzionalita'
del solo art. 31, comma 2, cod. giust. contabile non permetterebbe la
compensazione delle spese processuali in ipotesi  diverse  da  quelle
tassativamente indicate nel successivo comma 3  -  nella  fattispecie
insussistenti - mentre la sola  caducazione  di  quest'ultimo,  nella
parte in cui non la consente per altre gravi ed eccezionali  ragioni,
analoghe a quelle previste, non ovvierebbe al divieto  contenuto  nel
comma precedente. 
    Dunque,  considerato  il  tenore  letterale  delle   disposizioni
denunciate  e  l'impossibilita'  di  interpretarle   nel   senso   di
consentire la compensazione  delle  spese  processuali,  quest'ultima
richiederebbe necessariamente la  declaratoria  d'incostituzionalita'
del loro combinato disposto. 
    2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  sostenendo  l'inammissibilita'  o,  comunque,  l'infondatezza
delle questioni di legittimita' costituzionale sollevate dal  giudice
a quo. 
    A suo avviso, sia il richiamo operato dall'art. 31, comma 6, cod.
giust. contabile, tra gli altri, all'art. 92 del codice di  procedura
civile - nel contenuto assunto a seguito della  sentenza  n.  77  del
2018 di questa Corte - sia quello dell'art. 7, comma 2,  cod.  giust.
contabile alle disposizioni del codice di procedura civile espressive
di  principi  generali  avrebbero   consentito   al   rimettente   la
compensazione delle spese di lite in presenza di gravi ed eccezionali
ragioni      a      prescindere      dall'invocata       declaratoria
d'incostituzionalita'. 
    Nel merito, le questioni  sollevate  non  sarebbero  fondate,  in
quanto il legislatore, nell'esercizio della propria discrezionalita',
avrebbe compiuto, in tema di spese processuali, scelte  coerenti  con
il carattere peculiare del giudizio  di  responsabilita'  rispetto  a
quello civile, realizzando  un  ragionevole  contemperamento  tra  la
necessita'   di   deterrenza   e    quella    di    buon    andamento
dell'amministrazione, garantendo al pubblico  dipendente,  che  abbia
correttamente operato, la rifusione delle spese processuali. 
    Nessuna rilevanza  andrebbe  viceversa  riconosciuta  ai  profili
psicologici  che  potrebbero  influenzare  la  scelta  del   pubblico
ministero,  chiamato  non  semplicemente   a   tutelare   l'interesse
dell'amministrazione, bensi' a perseguire quello generale,  svolgendo
una funzione  obiettiva  e  neutrale,  per  cui  alla  necessita'  di
accertamento della sussistenza di una  responsabilita'  non  potrebbe
essere d'ostacolo un possibile esito negativo dell'azione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con l'ordinanza indicata in epigrafe,  la  Corte  dei  conti,
sezione  giurisdizionale  per  la  Regione  Campania,  ha   sollevato
questioni di legittimita' costituzionale del combinato  disposto  dei
commi 2 e 3 dell'art. 31 del decreto legislativo 26 agosto  2016,  n.
174 (Codice di giustizia contabile, adottato ai  sensi  dell'articolo
20 della legge 7 agosto 2015, n. 124), in riferimento agli  artt.  3,
24, primo comma, e 111, primo comma, della Costituzione, nella  parte
in cui non consente «che il giudice, anche  in  caso  di  intervenuto
proscioglimento  nel  merito  per  mancanza  di  uno  degli  elementi
indicati dall'art. 31, comma 2, c.g.c., possa compensare le spese tra
le parti, parzialmente o per  intero,  qualora  sussistano  gravi  ed
eccezionali  ragioni,  analoghe  a  quelle  tassativamente   indicate
dall'art. 31, comma 3, c.g.c.». 
    Nei commi censurati, l'art. 31 del d.lgs. 174  del  2016  prevede
che «[c]on la sentenza che esclude definitivamente la responsabilita'
amministrativa per accertata insussistenza del danno,  ovvero,  della
violazione di obblighi di servizio, del nesso di causalita', del dolo
o della colpa grave, il giudice non puo'  disporre  la  compensazione
delle spese del giudizio e liquida, a carico dell'amministrazione  di
appartenenza, l'ammontare degli onorari e dei diritti spettanti  alla
difesa» (comma 2) e che «[i]l giudice puo' compensare le spese tra le
parti, parzialmente o per intero, quando vi e' soccombenza  reciproca
ovvero nel caso  di  assoluta  novita'  della  questione  trattata  o
mutamento della giurisprudenza  rispetto  alle  questioni  dirimenti,
ovvero quando definisce  il  giudizio  decidendo  soltanto  questioni
pregiudiziali o preliminari» (comma 3). 
    Ad  avviso  del  rimettente,  il  combinato  disposto   di   tali
disposizioni, impedendo la compensazione delle spese processuali  nel
giudizio di responsabilita' dinanzi alla Corte dei  conti  anche  nel
caso di accertata insussistenza dei presupposti della stessa - ossia,
di proscioglimento del convenuto  nel  merito  -  qualora  sussistano
gravi ed  eccezionali  ragioni,  analoghe  a  quelle,  tassativamente
indicate,   che   la   consentono,   violerebbe   il   principio   di
ragionevolezza (art. 3 Cost.), il canone del  giusto  processo  (art.
111, primo comma, Cost.) e il  diritto  alla  tutela  giurisdizionale
(art.  24,  primo  comma,  Cost.).  Cio'  in  quanto   la   normativa
denunciata: a)  non  terrebbe  conto  del  rilievo  che  l'esito  del
giudizio potrebbe  essere  condizionato  da  fattori  sopravvenuti  o
imprevedibili; b) prescinderebbe dal carattere  doveroso  dell'azione
promossa  dal  pubblico  ministero  contabile  e   dal   margine   di
discrezionalita'  inevitabilmente  insito   nella   valutazione   dei
presupposti  della  responsabilita';  c)  costituirebbe  una   remora
all'esercizio della relativa azione, in quanto potenzialmente  idonea
a tradursi in un esborso per l'amministrazione, ulteriore rispetto al
danno altrimenti patito, anche in caso  di  situazioni  assolutamente
incerte, in fatto o in diritto, che  presentino  analoga  o  maggiore
gravita'  ed  eccezionalita'  rispetto  alle  ipotesi  tipizzate   di
possibile compensazione. 
    2.- Il giudice a quo denuncia entrambe le disposizioni in  quanto
dal  loro  combinato   disposto   deriverebbe   l'impossibilita'   di
compensare le spese nel  giudizio  di  responsabilita'  davanti  alla
Corte dei conti ogniqualvolta sia accertata  l'insussistenza  di  uno
dei presupposti della stessa - nella fattispecie, un grado  di  colpa
inferiore a quella grave - pur in presenza di  gravi  ed  eccezionali
ragioni analoghe a quelle tassativamente indicate dall'art. 31, comma
3, cod. giust. contabile. 
    Il rimettente ritiene che la compensazione delle spese non  possa
avvenire in virtu' del rinvio dell'art.  31,  comma  6,  cod.  giust.
contabile all'art. 92, secondo comma, del codice di procedura  civile
- il quale, a seguito della sentenza n. 77 del 2018 di questa  Corte,
risulta modificato nel senso «che  il  giudice  possa  compensare  le
spese  tra  le  parti,  parzialmente  o  per  intero,  anche  qualora
sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali  ragioni»  rispetto  a
quelle nominativamente indicate - ne', piu' in generale, in virtu' di
quello dell'art. 7, comma 2, cod. giust. contabile alle  disposizioni
del codice di procedura civile espressive di principi generali. 
    I rinvii contenuti nelle disposizioni  citate,  infatti,  operano
solo «per  quanto  non  [...]  disciplinato»,  onde  il  mantenimento
dell'effetto impeditivo della compensazione derivante dalle esplicite
prescrizioni dei commi 2 e 3 dell'art. 31 cod. giust. contabile. 
    3.- Ai fini del  decidere,  si  rende  opportuno  preliminarmente
rammentare la genesi delle disposizioni censurate. 
    L'art. 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe  al  Governo
in materia di riorganizzazione delle amministrazioni  pubbliche),  ha
delegato il Governo al riordino e alla ridefinizione della disciplina
processuale concernente tutte le tipologie di giudizi che si svolgono
innanzi alla Corte dei conti (comma 1), indicando, tra i principi e i
criteri direttivi a cui attenersi nell'esercizio della delega, quello
di «adeguare le norme vigenti, anche tramite disposizioni innovative,
alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle  giurisdizioni
superiori, coordinandole con le norme del codice di procedura  civile
espressione di principi generali»  (comma  2,  lettera  a),  in  cio'
mantenendosi nel solco di quanto gia' sancito dall'art. 26 del  regio
decreto 13 agosto 1933, n.  1038  (Approvazione  del  regolamento  di
procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei  conti),  secondo  cui
«[n]ei procedimenti contenziosi di competenza della corte  dei  conti
si osservano le norme e i termini della procedura  civile  in  quanto
siano applicabili e  non  siano  modificati  dalle  disposizioni  del
presente regolamento». 
    In attuazione della delega e' intervenuto il d.lgs.  n.  174  del
2016,  il  quale,  all'art.  31,  reca  la  disciplina  delle   spese
processuali. Essa e' effettivamente delineata sul modello del  codice
di procedura civile,  da  cui  recepisce  la  regola  generale  della
liquidazione a beneficio  della  parte  vittoriosa  (comma  1)  -  in
corrispondenza a quanto disposto  dall'art.  91,  primo  comma,  cod.
proc. civ. - nonche' il generale regime  della  compensazione  (comma
3), analogo a quello di cui all'art. 92, secondo  comma,  cod.  proc.
civ., nel  dettato  anteriore  alla  sentenza  n.  77  del  2018,  ma
coordinato con  le  specifiche  connotazioni  storiche  del  giudizio
contabile (nel cui ambito era esclusa  la  liquidazione  delle  spese
processuali in ipotesi di  definizione  del  giudizio  per  questioni
preliminari o pregiudiziali  -  Corte  dei  conti,  sezioni  riunite,
sentenza 27 giugno 2008, n. 3/2008/QM - ora resa  facoltativa).  Tale
regime si caratterizza ulteriormente, con  specifico  riferimento  al
giudizio di responsabilita', per il divieto di compensazione in  caso
di  proscioglimento  nel  merito  (comma   2),   frutto   dell'ultimo
intervento normativo anteriore all'adozione del codice  di  giustizia
contabile,  rappresentato  dall'art.  17,  comma  30-quinquies,   del
decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonche'
proroga di termini), convertito, con  modificazioni,  nella  legge  3
agosto 2009, n. 102. 
    4.- Tanto premesso, il rimettente vorrebbe estendere al  giudizio
di responsabilita' e, in particolare, al caso di proscioglimento  nel
merito,  la  facolta'  di  compensazione  delle   spese   processuali
attualmente  prevista  per  il  giudizio  civile,  invocando  per  il
combinato disposto dei commi 2 e 3 dell'art. 31 cod. giust. contabile
un'addizione analoga a quella che ha riguardato  l'art.  92,  secondo
comma, cod. proc. civ., a seguito della sentenza n. 77  del  2018  di
questa Corte,  poiche',  pur  in  diverso  contesto,  si  sarebbe  in
presenza di un vulnus ai medesimi parametri costituzionali. 
    Anzitutto, la citata  pronuncia,  richiamata  per  ampi  passaggi
motivazionali dal rimettente a sostegno  delle  censure  formulate  e
dell'addizione  prospettata,  ravvisa  l'illegittimita'  della  norma
allora denunciata  nella  mancata  considerazione,  tra  i  casi  che
facoltizzano  il  giudice  a  compensare  le  spese  di  lite,  delle
«analoghe ipotesi di sopravvenienze relative a questioni dirimenti  e
a  quelle  di  assoluta  incertezza,  che  presentino  la  stessa,  o
maggiore, gravita' di  quelle  tipiche  espressamente  previste»,  le
quali assumono  «carattere  paradigmatico  e  svolgono  una  funzione
parametrica ed esplicativa della clausola generale» delle altre gravi
ed eccezionali ragioni. 
    Con riferimento alla  fattispecie  al  suo  esame,  tuttavia,  il
rimettente si limita a riferire di  aver  prosciolto  i  convenuti  -
oltre che (seppur solo parzialmente e soltanto per due  di  essi)  in
accoglimento  dell'eccezione  di  prescrizione  -  per  mancanza  del
requisito  della  colpa  grave,  in  considerazione   dell'«obiettiva
incertezza» circa la distribuzione delle  competenze  in  materia  di
gestione degli impianti sportivi comunali, pur  in  presenza  di  una
«certa negligenza e superficialita'» in capo ai  convenuti  medesimi.
Nulla dice circa le ragioni per cui tale situazione, che  corrisponde
a una mera fattispecie  di  colpa  lieve  -  e,  dunque,  inidonea  a
configurare la responsabilita' dei convenuti ai  sensi  dell'art.  1,
comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20 (Disposizioni in  materia
di giurisdizione e controllo della Corte dei conti), come  sostituito
dall'art. 3, comma 1, lettera a), del decreto-legge  23  ottobre  del
1996, n. 543 (Disposizioni urgenti in materia  di  ordinamento  della
Corte dei conti),  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge  20
dicembre  1996,  n.   639   -   costituisca,   alla   stregua   delle
considerazioni  svolte  nel  precedente  giurisprudenziale   evocato,
ragione grave ed eccezionale, assimilabile a quelle di  cui  all'art.
31,  comma  3,  cod.  giust.  contabile,  tale  da  giustificare   la
compensazione delle spese processuali. 
    In tal modo, il giudice a quo non ha adeguatamente illustrato  le
ragioni per cui l'addizione invocata condurrebbe, nel caso  concreto,
quantomeno a valutare una pronuncia di compensazione delle  spese  di
lite,  con  la  conseguenza   che   le   questioni   sollevate   sono
inammissibili sotto il  profilo  del  difetto  di  motivazione  sulla
rilevanza (analogamente, ordinanza n. 153 del 2016). 
    In secondo luogo, mentre la sentenza n. 77 del  2018,  attraverso
l'addizione operata, estende semplicemente la  portata  dei  casi  di
compensazione ammessi nel giudizio civile,  ovviando  alla  rigidita'
della loro tassativita', l'intervento auspicato  dal  giudice  a  quo
avrebbe un'incidenza ben piu' profonda e correttiva sul regime  delle
spese processuali nel giudizio di responsabilita' davanti alla  Corte
dei conti, non limitandosi  ad  ampliare  le  ipotesi  di  deroga  al
principio victus victori, ma facendo altresi' venir meno  il  divieto
di  compensazione  previsto  dall'art.  31,  comma  2,  cod.   giust.
contabile in caso di proscioglimento nel merito. Considerata  l'ampia
discrezionalita'  di  cui  gode  il  legislatore  nel  dettare  norme
processuali e, segnatamente, nel regolamentare le spese di  lite  (ex
multis, sentenza n. 77 del 2018), tale intervento  avrebbe  richiesto
che il rimettente, rifuggendo  da  petizioni  di  principio  e  dalla
traslazione dell'impianto argomentativo relativo alla disciplina  del
giudizio civile, si  confrontasse  adeguatamente  con  le  specifiche
caratteristiche di quello di responsabilita' davanti alla  Corte  dei
conti e con gli elementi che ne giustificano il regime  delle  spese,
onde   eventualmente   far   emergere   quell'irragionevolezza    che
costituisce il limite alla discrezionalita' legislativa. Cio',  nella
fattispecie, non e' avvenuto,  con  conseguente  insufficienza  della
motivazione addotta a sostegno delle censure. 
    Alla  luce  delle  considerazioni  che  precedono,  le  questioni
sollevate sono inammissibili. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionale del combinato disposto dei commi 2 e  3  dell'art.  31
del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174 (Codice  di  giustizia
contabile, adottato ai sensi dell'articolo 20 della  legge  7  agosto
2015, n. 124), nella parte in cui non consente «che il giudice, anche
in caso di intervenuto proscioglimento nel merito per mancanza di uno
degli  elementi  indicati  dall'art.  31,  comma  2,  c.g.c.,   possa
compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero,  qualora
sussistano  gravi  ed  eccezionali   ragioni,   analoghe   a   quelle
tassativamente indicate dall'art. 31, comma 3, c.g.c.», sollevate, in
riferimento agli artt. 3, 24, primo comma, e 111, primo comma,  della
Costituzione, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale  per  la
Regione Campania, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 30 gennaio 2020. 
 
                                F.to: 
                     Marta CARTABIA, Presidente 
                       Aldo CAROSI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 6 marzo 2020. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA