N. 64 SENTENZA 26 febbraio - 10 aprile 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Veneto - Quote del costo
  di  costruzione  a  carico  dei  titolari  di  nuovi   permessi   -
  Determinazioni effettuate dai Comuni prima della legge regionale n.
  4 del 2015 in diretta attuazione dell'art. 16, comma 9,  del  testo
  unico dell'edilizia - Salvezza soltanto se  avvenute  all'atto  del
  rilascio del  permesso  di  costruire  e  non  con  una  successiva
  richiesta di conguaglio - Violazione di principi fondamentali della
  legislazione statale in  materia  di  "governo  del  territorio"  -
  Illegittimita' costituzionale parziale. 
- Legge della Regione Veneto 16 marzo 2015, n. 4, art. 2, comma 3. 
- Costituzione, artt. 3, 5, 97, 114, 117, commi secondo, lettera  l),
  e terzo, 118, primo comma, e 119, commi primo, secondo e quarto. 
(GU n.16 del 15-4-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Marta CARTABIA; 
Giudici :Aldo CAROSI,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,
  Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo'  ZANON,  Franco  MODUGNO,
  Augusto Antonio  BARBERA,  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,
  Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 3,
della legge della Regione Veneto 16 marzo 2015, n.  4  (Modifiche  di
leggi regionali e disposizioni in materia di governo del territorio e
di  aree  naturali  protette  regionali),  promosso   dal   Tribunale
amministrativo regionale per il Veneto nel procedimento vertente  tra
la General Beton Italy srl e  il  Comune  di  Romano  d'Ezzelino  con
ordinanza del 5  febbraio  2019,  iscritta  al  n.  95  del  registro
ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 26, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di intervento della Regione Veneto; 
    udito nella camera di consiglio del 26 febbraio 2020  il  Giudice
relatore Augusto Antonio Barbera; 
    deliberato nella camera di consiglio del 26 febbraio 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 5 febbraio 2019 (r.o. n. 95 del  2019),  il
Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (d'ora innanzi:  TAR
Veneto)  ha  sollevato  questioni  di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 2, comma 3, della legge della Regione Veneto 16 marzo 2015,
n. 4 (Modifiche di leggi  regionali  e  disposizioni  in  materia  di
governo del territorio e di aree  naturali  protette  regionali),  in
relazione agli artt. 3, 5, 97, 114, 117, commi secondo, lettera l), e
terzo, 118, comma primo, e 119, commi primo, secondo e quarto,  della
Costituzione. 
    1.1.- La norma censurata e' contenuta nella legge  regionale  che
da' attuazione alla previsione di  cui  all'art.  16,  comma  9,  del
d.P.R. 6  giugno  2001,  n.  380  («Testo  unico  delle  disposizioni
legislative e regolamentari in materia edilizia»; d'ora innanzi: t.u.
edilizia), in base alla quale le Regioni sono tenute a determinare la
quota del costo di costruzione a carico  del  titolare  di  un  nuovo
permesso di costruire, in misura «variabile dal 5 per cento al 20 per
cento,  che  viene  determinata  dalle  regioni  in  funzione   delle
caratteristiche e delle tipologie  delle  costruzioni  e  della  loro
destinazione ed ubicazione». 
    In particolare, nell'adottare le quote del costo  di  costruzione
in conformita' a tale previsione, la Regione Veneto  ne  ha  disposto
l'applicazione ai procedimenti in  corso,  relativi  ai  permessi  di
costruire nei quali l'entita' del  detto  contributo  non  sia  stata
ancora  determinata;  quindi,  con  la  disposizione  censurata,   ha
stabilito: «[r]esta fermo quanto  gia'  determinato  dal  comune,  in
relazione alla quota del costo di costruzione, prima dell'entrata  in
vigore della  presente  legge  in  diretta  attuazione  del  comma  9
dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica  n.  380
del  2001,  purche'  la  determinazione  sia  avvenuta  all'atto  del
rilascio del permesso di costruire e non con una successiva richiesta
di conguaglio». 
    2.- Il giudizio principale e' stato  promosso  da  General  Beton
Italy srl, la quale, dopo aver versato, il 5 novembre 2008, la  quota
del costo di costruzione richiesta dal Comune  di  Romano  d'Ezzelino
per  il   rilascio   del   permesso   relativo   ad   un   fabbricato
plurifamiliare,  ha  ricevuto  dallo  stesso  Comune  un   "atto   di
rettifica" del 4 dicembre 2014, con richiesta  di  versamento  di  un
ulteriore importo a conguaglio; e cio' sul presupposto del fatto  che
la somma pagata all'atto del rilascio del titolo edilizio  era  stata
erroneamente determinata nel 2 per cento del costo complessivo  -  in
base a quanto previsto dalla legge della  Regione  Veneto  27  giugno
1985, n. 61 (Norme per l'assetto e l'uso del territorio)  -  anziche'
nel maggiore importo corrispondente al 5 per cento del  detto  costo,
misura minima fissata dal citato art. 16, comma 9, del t.u. edilizia. 
    2.1.- Al rifiuto della societa' di  corrispondere  il  conguaglio
era seguita una seconda intimazione da parte dell'ente  territoriale,
alla quale la ricorrente aveva nuovamente  dato  riscontro  negativo,
evidenziando che nelle more era entrata in vigore la norma censurata;
secondo la ricorrente, infatti, tale ultima consentiva che il  Comune
potesse pretendere il contributo per il costo di costruzione in  base
alle quote indicate dall'art. 16, comma 9, del t.u. edilizia solo ove
la relativa determinazione fosse avvenuta all'atto del  rilascio  del
permesso di costruire, e non con successiva richiesta di conguaglio. 
    2.2.- Il Comune di Romano d'Ezzelino  aveva  pertanto  notificato
alla societa' un "atto di intimazione di pagamento" il 13 marzo 2017;
e  tale  atto  era  stato  impugnato  innanzi  al  TAR  Veneto,   con
contestuale richiesta di una pronunzia di accertamento  negativo  del
diritto  dell'ente  territoriale  a  pretendere  il  maggior  credito
vantato. 
    3.- In punto di rilevanza, il rimettente osserva che la decisione
della controversia impone  la  soluzione  di  un'unica  questione  di
diritto, ovvero l'applicabilita' o meno, al  caso  di  specie,  della
censurata disposizione regionale. 
    Ove, infatti, quest'ultima fosse applicabile nel  senso  invocato
dalla ricorrente, il Comune non avrebbe titolo a  pretendere  importi
maggiori di quello gia' determinato in base alla legge reg. Veneto n.
61 del 1985. 
    3.1.- Al riguardo, il TAR Veneto assume che  la  norma  censurata
avrebbe sostanziale efficacia retroattiva, essendo applicabile  anche
ai   casi   in   cui   la   richiesta   di   conguaglio   da    parte
dell'amministrazione sia stata effettuata prima della sua entrata  in
vigore. 
    Osserva,  inoltre,  che  essa  non  e'  suscettibile  di   alcuna
interpretazione   costituzionalmente   orientata,   poiche'   esclude
espressamente l'applicazione della norma statale di principio per  il
caso in  cui  i  Comuni,  erroneamente,  non  vi  abbiano  provveduto
all'atto del rilascio del titolo edilizio. 
    4.-  In  punto  di  non  manifesta  infondatezza,  il  rimettente
denunzia  l'illegittimita'  costituzionale  della  norma  sotto   sei
distinti profili. 
    4.1.- In primo luogo, la norma censurata sarebbe illegittima  per
contrasto con l'art. 117, comma terzo, Cost. 
    Il rimettente premette che, nell'ambito  della  materia  «governo
del territorio», l'onerosita' dell'attivita' edificatoria costituisce
un  principio  fondamentale  e  che  la  medesima  qualificazione  va
attribuita a tutte le disposizioni che, incidendo su tale  principio,
concorrono a determinarne  l'effettiva  portata,  comprese  le  norme
statali che  stabiliscono  le  misure  minime  e  massime  dei  costi
connessi all'attivita' edificatoria. 
    Cio' posto, osserva che, nei  casi  previsti  dalla  legge,  tale
attivita' dev'essere assoggettata al pagamento di un  contributo  per
il costo di  costruzione  in  base  alla  disciplina  applicabile  al
momento  del  rilascio  del  titolo,  e  che  nel  caso   di   specie
quest'ultima va individuata nel citato art. 16,  comma  9,  del  t.u.
edilizia; di qui l'illegittimita' della disposizione  censurata,  che
sottrae  all'applicazione  di  tale  legge  statale  di  principio  i
contributi erroneamente liquidati in base alla previgente  disciplina
regionale. 
    4.2.- In secondo luogo, il rimettente assume che lo  stesso  art.
16,  comma  9,  del  t.u.   edilizia   costituirebbe   principio   di
coordinamento della finanza pubblica ai sensi  dell'art.  119,  comma
secondo, Cost., poiche' l'obbligo  al  pagamento  del  contributo  di
costruzione  «trova  la  sua  ragione  nella  compartecipazione   del
soggetto  che  assuma  l'iniziativa  edificatoria  ai  costi  per  la
realizzazione  delle  opere   di   urbanizzazione,   in   proporzione
all'insieme dei benefici che la nuova costruzione consegue». 
    Osserva,  pertanto,   che   la   difforme   quantificazione   del
contributo, ricadendo sulla misura di  un  corrispettivo  di  diritto
pubblico di spettanza del Comune che rilascia il titolo  edilizio,  e
modificandola rispetto a quanto stabilito  dal  legislatore  statale,
condurrebbe ad una violazione degli artt. 117, comma  terzo,  e  119,
comma secondo, Cost. 
    4.3.- Ad avviso del rimettente, inoltre, la  norma  censurata  si
porrebbe in contrasto con gli artt. 5, 117, comma terzo, e 118, comma
primo, Cost., dei quali  costituisce  diretta  attuazione  l'art.  2,
comma  3,  del  t.u.  edilizia,   laddove   stabilisce   che:   «[l]e
disposizioni, anche di dettaglio, del presente testo unico, attuative
dei principi di riordino in esso contenuti, operano direttamente  nei
riguardi delle regioni a statuto ordinario, fino a quando esse non si
adeguano ai principi medesimi». 
    Tale  ultima  previsione,   infatti,   recando   una   disciplina
transitoria e cedevole, destinata a trovare applicazione  nelle  more
dell'adeguamento delle legislazioni regionali ai  principi  contenuti
nel testo unico, avrebbe  la  specifica  finalita'  di  impedire  che
l'inerzia delle Regioni ponga nel nulla  l'operativita'  delle  norme
statali  di  principio  nella  materia  «governo   del   territorio»,
preservando  la  riserva  legislativa  dello  Stato  ed  al  contempo
garantendo una disciplina nazionale uniforme e conforme  ai  medesimi
principi; tale finalita' sarebbe  frustrata  dalla  norma  censurata,
idonea  a  costituire  un  regime  differenziato  rispetto  a  quello
applicabile sull'intero territorio nazionale. 
    4.4.- Ancora, la norma avrebbe l'effetto di impedire ai Comuni di
ottenere il pagamento del contributo per il costo di  costruzione  in
misura  pari  al  minimo  previsto  dal  legislatore   statale,   con
conseguente violazione del  principio  di  equiordinazione  fra  enti
territoriali (art. 114 Cost.), del principio di autonomia finanziaria
dei Comuni (art. 119, commi primo, secondo e  quarto,  Cost.)  e  del
principio di buona amministrazione (art. 97 Cost.). 
    Il contributo per il costo di costruzione, infatti, concorrerebbe
con tutte le altre entrate,  aventi  o  meno  natura  tributaria,  al
finanziamento  integrale  delle  spese  necessarie  ai   Comuni   per
espletare le loro funzioni; la  norma  censurata,  escludendo  che  i
Comuni possano ottenere il contributo nella misura  prevista  tramite
richiesta di conguaglio, inciderebbe su un credito gia' acquisito  al
patrimonio  comunale  per  effetto  del  rilascio  del  permesso   di
costruire. 
    4.5.-  La  norma  sarebbe  inoltre  illegittima  con  riferimento
all'art. 117, comma secondo, lettera l), Cost. 
    Al  riguardo,  il  rimettente  premette  che  la   giurisprudenza
amministrativa ha da tempo affermato  che  l'atto  di  imposizione  e
liquidazione del contributo, quale corrispettivo di diritto  pubblico
richiesto  per  la  compartecipazione  ai  costi   delle   opere   di
urbanizzazione, ha natura paritetica; il relativo importo, in  quanto
determinato  interamente  dalla  legge,   puo'   essere   rettificato
dall'amministrazione in caso di errori, senza che di tanto il privato
interessato possa lamentarsi, essendo anch'egli tenuto all'osservanza
della norma di riferimento per la liquidazione. 
    La norma censurata, nell'assoggettare a disciplina  peculiare  un
rapporto obbligatorio gia' sorto  alla  data  della  sua  entrata  in
vigore, ed in particolare escludendone la  modificabilita'  da  parte
del Comune una volta determinato l'importo in sede  di  rilascio  del
titolo, inciderebbe  sul  relativo  regime  giuridico,  invadendo  la
competenza  legislativa  esclusiva  dello   Stato   in   materia   di
«ordinamento civile». 
    4.6.- Infine e' denunziata la violazione dell'art.  3  Cost.  per
irragionevolezza della  disposizione  censurata,  che,  disciplinando
rapporti obbligatori di fonte legale integralmente definiti nel  loro
contenuto dalla medesima legge, ne regola diversamente gli effetti in
dipendenza della circostanza, del tutto casuale, che il Comune  abbia
o meno fatto corretta applicazione della legge vigente al momento del
rilascio del titolo. 
    5.- Con atto depositato il  16  luglio  2019  e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente della Giunta regionale del  Veneto,  eccependo
l'inammissibilita', ed in subordine l'infondatezza, delle questioni. 
    5.1.- Ricostruito il quadro degli interventi normativi che  hanno
determinato l'entita' della quota per il  costo  di  costruzione,  ha
sostenuto che la disposizione censurata non sarebbe applicabile  alla
fattispecie  dedotta  nel  giudizio   principale,   con   conseguente
inammissibilita' della questione per difetto di rilevanza. 
    5.2.- Nel merito, ha poi osservato che nella materia «governo del
territorio» deve attribuirsi carattere di principio fondamentale alle
sole norme  statali  che  sanciscono  l'onerosita'  degli  interventi
edilizi, se del caso mediante indicazione di una "forbice" di  scelta
per la determinazione del relativo valore, ma non alla determinazione
di un  coefficiente  minimo  al  medesimo  scopo,  pena  un'eccessiva
compromissione della competenza legislativa regionale. 
    Ancora, ha osservato che tra le finalita' dell'intervento vi  era
anche la salvaguardia del legittimo  affidamento  dei  cittadini  nei
provvedimenti  e  negli  atti  della  pubblica  amministrazione;   la
disposizione  regionale  era  volta,  infatti,  ad  impedire  che  le
eventuali determinazioni erronee del contributo  operate  dai  Comuni
all'atto del rilascio del titolo potessero comportare  la  successiva
richiesta di ulteriori somme agli interessati, i  quali  peraltro  si
erano  determinati  a  realizzare  le  opere  edili  sono  dopo  aver
conosciuto  gli  esatti  importi  che  avrebbero  dovuto  versare   a
corrispettivo. 
    Infine, con riferimento alla materia «coordinamento della finanza
pubblica e del sistema tributario», ha evidenziato che la  competenza
statale  e'  limitata  principalmente   alla   determinazione   degli
obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica,  e  gli  interventi
normativi che incidono sull'autonomia degli enti territoriali  devono
svolgersi  secondo  canoni  di  proporzionalita'  e   ragionevolezza,
lasciando in capo alle Regioni la potesta' legislativa per l'adozione
di misure di dettaglio volte ad attuare i principi  fondamentali.  La
disposizione censurata, per l'appunto, costituiva esplicazione  della
competenza regionale alla fissazione dei parametri di riferimento per
il calcolo del contributo. 
    6.- In data 5 febbraio 2020 il Presidente della Giunta  regionale
del Veneto ha depositato memoria integrativa,  ribadendo  le  proprie
difese, in particolare a sostegno dell'eccezione di  inammissibilita'
delle questioni per difetto di rilevanza. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale per  il  Veneto  dubita
della legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 3,  della  legge
della Regione  Veneto  16  marzo  2015,  n.  4  (Modifiche  di  leggi
regionali e disposizioni in materia di governo del  territorio  e  di
aree naturali protette regionali), in relazione agli artt. 3, 5,  97,
114, 117, commi secondo, lettera l), e terzo,  118,  comma  primo,  e
119, commi primo, secondo e quarto, della Costituzione. 
    Tale norma e' contenuta nella legge regionale  che,  attuando  la
previsione di cui all'art. 16, comma 9, del d.P.R. 6 giugno 2001,  n.
380 («Testo unico delle disposizioni legislative e  regolamentari  in
materia edilizia», d'ora  innanzi:  t.u.  edilizia),  sostituisce  la
tabella allegata alla legge della Regione Veneto 27 giugno  1985,  n.
61 (Norme per l'assetto e l'uso del territorio), stabilendo  i  nuovi
parametri per la determinazione della quota del costo di  costruzione
relativo ai fabbricati oggetto di intervento. 
    La  legge  dispone  che  tali   parametri   si   applichino   «ai
procedimenti in corso relativi ai permessi di costruire nei quali  il
comune non abbia ancora provveduto a determinare la quota  del  costo
di costruzione»; quindi, con la disposizione qui censurata,  precisa:
«[r]esta fermo quanto gia' determinato dal comune, in relazione  alla
quota del costo di costruzione, prima dell'entrata  in  vigore  della
presente legge in diretta attuazione del comma 9 dell'articolo 16 del
decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001,  purche'  la
determinazione sia avvenuta all'atto del  rilascio  del  permesso  di
costruire e non con una successiva richiesta di conguaglio». 
    1.1.- Il giudice a quo denunzia anzitutto la violazione dell'art.
117, comma terzo, Cost. 
    La  norma  censurata,  infatti,  nel   sottrarre   alla   diretta
applicazione della  disciplina  statale  in  vigore  al  momento  del
rilascio del titolo edilizio le determinazioni della quota del  costo
di  costruzione  erroneamente  effettuate  in  base  alla  disciplina
regionale preesistente, si porrebbe in  contrasto  con  il  principio
fondamentale della materia «governo del territorio»  affermato  dalla
legge statale. 
    1.2.- Il rimettente denunzia inoltre la violazione dell'art. 119,
comma secondo, Cost., poiche' lo stesso art. 16, comma  9,  del  t.u.
edilizia  costituirebbe  principio  di  coordinamento  della  finanza
pubblica, determinando la misura di un contributo destinato a coprire
i costi per la realizzazione delle opere di  urbanizzazione  connesse
all'intervento edificatorio cui si riferisce. 
    1.3.- La norma e' censurata anche in relazione agli artt. 5, 117,
comma terzo, e 118,  comma  primo,  Cost.,  dei  quali  costituirebbe
diretta attuazione l'art. 2, comma  3,  del  t.u.  edilizia,  laddove
stabilisce che: «[l]e disposizioni, anche di dettaglio, del  presente
testo unico, attuative dei principi di riordino  in  esso  contenuti,
operano direttamente nei riguardi delle regioni a statuto  ordinario,
fino a quando esse non si adeguano ai principi medesimi». 
    Tale  ultima  previsione,  infatti,  farebbe  riferimento  a  una
disciplina transitoria e cedevole, destinata a  trovare  applicazione
nelle more dell'adeguamento delle legislazioni regionali ai  principi
contenuti nel testo unico, che la  norma  censurata  finisce  con  il
disapplicare, costituendo un regime differenziato rispetto  a  quello
applicabile sull'intero territorio nazionale. 
    1.4.- Un ulteriore profilo  di  censura  riguarda  poi  l'effetto
erosivo della norma sull'entita'  del  contributo  per  il  costo  di
costruzione spettante ai Comuni, da cui il rimettente  fa  conseguire
una violazione del principio di equiordinazione fra enti territoriali
(art. 114 Cost.), del principio di autonomia finanziaria  dei  Comuni
(art. 119, commi primo, secondo e quarto, Cost.) e del  principio  di
buona amministrazione (art. 97 Cost.). 
    1.5.- Ancora, e' denunziato un contrasto della norma  con  l'art.
117, comma secondo, lettera l), Cost. 
    Secondo  il  TAR  Veneto,  infatti,  l'atto  di   imposizione   e
liquidazione del contributo per il costo di costruzione da' vita a un
rapporto obbligatorio il cui  contenuto  e'  determinato  interamente
dalla legge; la norma censurata, assoggettando tale  rapporto  a  una
disciplina   peculiare,   ed   in   particolare    escludendone    la
modificabilita' da parte del Comune  dopo  il  rilascio  del  titolo,
inciderebbe sul relativo regime giuridico,  invadendo  la  competenza
legislativa esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile». 
    1.6.- Infine, il rimettente denunzia la  violazione  dell'art.  3
Cost.  per  irragionevolezza  della  norma   censurata,   la   quale,
disciplinando rapporti obbligatori  il  cui  contenuto  e'  stabilito
dalla legge, ne regola diversamente gli  effetti  in  dipendenza  del
fatto che il Comune abbia o meno fatto  corretta  applicazione  della
legge vigente al momento del rilascio del titolo. 
    2.- Il Presidente della Giunta regionale del Veneto  ha  eccepito
in via preliminare l'inammissibilita' delle questioni per difetto  di
rilevanza. 
    Ha sostenuto, al riguardo, che la  norma  censurata  non  sarebbe
applicabile al giudizio a quo, in quanto estranea alla determinazione
del contributo per il costo di costruzione avvenuta in data anteriore
alla sua entrata in vigore, e che la diversa interpretazione  accolta
dal  TAR  Veneto  sarebbe  contraria   al   generale   principio   di
irretroattivita' della legge, di cui all'art.  11  disp.  prel.  cod.
civ. 
    2.1.- L'eccezione e' infondata. 
    La  natura  retroattiva  della  norma  censurata   e'   anzitutto
desumibile da un'interpretazione letterale della stessa. 
    Nell'introdurre i nuovi parametri  per  la  determinazione  della
quota del costo di costruzione, l'art. 2, comma 2, della  legge  reg.
Veneto n. 4 del 2015 ne dispone l'applicazione anche ai  procedimenti
in corso, relativi ai permessi di costruire nei quali il  Comune  non
abbia ancora provveduto a determinare detta quota; ed in  continuita'
con tale previsione si colloca poi quella del comma  successivo,  qui
censurato, che  fa  salve  le  determinazioni  compiute  «in  diretta
attuazione del comma 9 dell'articolo 16 del  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 380 del 2001»  solo  ove  avvenute  all'atto  del
rilascio del titolo edilizio, «e  non  con  successiva  richiesta  di
conguaglio». 
    Il dato letterale  evidenzia  pertanto  la  chiara  volonta'  del
legislatore regionale di non intaccare le determinazioni erroneamente
compiute dai  Comuni  in  base  alla  preesistente  legge  regionale,
rendendo prive di effetto le successive richieste di conguaglio volte
ad adeguare il contributo per il costo di costruzione alle previsioni
della legge statale applicabile. 
    2.2.- Anche un'interpretazione di tipo sistematico e  teleologico
conduce al medesimo risultato. 
    In tal senso, e' opportuna una  breve  ricostruzione  del  quadro
normativo inerente alla disciplina del contributo  per  il  costo  di
costruzione. 
    Tale contributo fu introdotto dalla legge 28 gennaio 1977, n.  10
(Norme per la edificabilita' dei suoli), che, all'art.  3,  prevedeva
che  il  rilascio  della   concessione   edilizia   comportasse   «la
corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza delle spese
di urbanizzazione nonche' al costo di costruzione»; detto contributo,
per gli edifici di nuova  fabbricazione,  era  quantificato  in  «una
quota di detto costo, variabile dal 5 per cento al 20 per cento,  che
viene determinata dalle regioni in funzione delle  caratteristiche  e
delle tipologie  delle  costruzioni  e  della  loro  destinazione  ed
ubicazione» (art. 6, comma 3). 
    Successivamente, l'art. 9 del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9
(Norme per  l'edilizia  residenziale  e  provvidenze  in  materia  di
sfratti), convertito con modificazioni nella legge 25 marzo 1982,  n.
94, ridusse la quota in misura «non superiore al 10  per  cento»;  la
preesistente "forbice" fu poi  ripristinata  dall'art.  7,  comma  2,
della legge 24  dicembre  1993,  n.  537  (Interventi  correttivi  di
finanza pubblica). 
    Con l'entrata in vigore del t.u. edilizia, infine, la  disciplina
del contributo in questione e' stata rimodellata dal citato art.  16,
comma 9, che sul  punto  ha  confermato  la  competenza  regionale  a
determinarlo, fissando una quota compresa fra il cinque ed  il  venti
per cento del costo di costruzione. 
    La Regione Veneto ha progressivamente  adottato  tabelle  per  la
determinazione  della  quota  del  contributo   con   proprie   leggi
regionali, fino all'adozione della citata legge reg. Veneto n. 61 del
1985, che prevedeva una quota minima dell'uno e mezzo per cento. 
    La tabella allegata a tale ultima legge  non  e'  stata  adeguata
alla "forbice" prevista dal t.u. edilizia, all'entrata in vigore  del
quale il legislatore veneto ha ritenuto di adottare una  disposizione
transitoria, ovvero l'art. 13 della  legge  1°  agosto  2003,  n.  16
(Disposizioni di riordino e  semplificazione  normativa  -  collegato
alla legge finanziaria 2003  in  materia  di  mobilita',  viabilita',
edilizia residenziale, urbanistica ed edilizia). 
    Tale disposizione, prospettando l'entrata in vigore di una «legge
regionale di riordino della disciplina  edilizia»,  ha  disposto  per
l'applicazione, in via immediata e sino all'adozione  di  tale  nuova
legge, sia del t.u. edilizia, sia delle previsioni della l.  reg.  n.
61 del 1985 «che regolano la materia in maniera differente dal  testo
unico e non siano in contrasto con i principi fondamentali desumibili
dal testo unico medesimo». 
    La mancata  specificazione  dei  limiti  di  sopravvivenza  della
preesistente  legge   regionale   ha   generato   alcune   incertezze
interpretative anche con riferimento al tema del  contributo  per  il
costo di costruzione. 
    Sul punto, la giurisprudenza amministrativa si  e'  tuttavia  ben
presto orientata nel senso di ritenere immediatamente applicabile  la
norma statale, in quanto espressiva di una disciplina  di  principio,
dettata al fine di assicurare uniformita'  nella  determinazione  del
contributo in tutto il territorio nazionale. 
    2.3.- Ed e' proprio sulla scorta  di  tale  orientamento  che  il
legislatore  veneto  e'   intervenuto   con   la   norma   censurata,
evidentemente destinata a riguardare  i  casi  nei  quali  i  Comuni,
all'atto del rilascio del titolo, avevano determinato  il  contributo
in base alla quota  prevista  dalla  legge  regionale,  piu'  ridotta
rispetto a quella prevista dal t.u. edilizia,  salvo  poi  domandarne
l'integrazione  a  conguaglio  una  volta   consolidatasi   l'opzione
ermeneutica favorevole all'applicazione  immediata  e  diretta  della
legge statale. 
    Significativa, in  tal  senso,  e'  l'indicazione  offerta  dallo
stesso  legislatore  regionale  nei   lavori   preparatori,   ed   in
particolare nel comunicato del Consiglio regionale del Veneto  del  6
marzo 2015, in cui e' cosi' chiarita la finalita' della  legge:  «non
potranno esserci richieste  di  conguaglio  successive  all'atto  del
rilascio del permesso di  costruire,  cosa  che  alcuni  Comuni,  per
timore di possibili responsabilita' contabili,  stavano  iniziando  a
fare. Le uniche richieste retroattive saranno quelle previste in caso
di errori materiali, ma non certo per le interpretazioni errate delle
norme date nel passato da parte del funzionario comunale competente». 
    2.4.- Va quindi condivisa la tesi del rimettente secondo  cui  la
norma  censurata  si  applica  anche  alle  richieste  di  conguaglio
anteriori alla sua entrata in vigore; ne consegue una valutazione  di
sussistenza del requisito della rilevanza. 
    3.- Nel merito, la prima censura e' fondata. 
    3.1.- Invero, la norma oggetto di scrutinio, non  consentendo  la
richiesta di conguaglio ai Comuni che avevano  liquidato  un  importo
inferiore all'atto del rilascio del titolo, esclude che la quota  del
costo di costruzione sia determinata in  base  ai  parametri  fissati
dall'art. 16, comma 9, del t.u. edilizia in relazione  a  fattispecie
che ne avrebbero prevista la necessaria applicazione. 
    Tale effetto determina la disapplicazione di una norma statale di
principio nella materia «governo del territorio». 
    Questa Corte ha infatti affermato che nell'ambito della normativa
di principio di detta materia rientrano le  disposizioni  concernenti
l'onerosita' del titolo abilitativo (sentenze n. 231 del  2016  e  n.
303 del 2003), ivi comprese  quelle  che  «concorrono  a  determinare
l'effettiva portata e la  caratterizzazione  positiva  del  principio
medesimo»,  in  quanto  legate  a  quest'ultimo  da  un  rapporto  di
coessenzialita' (sentenza n.  1033  del  1988;  nello  stesso  senso,
sentenza n. 13 del 1980). 
    In tal senso appare evidentemente connotata la previsione di  cui
all'art. 16, comma 9, del t.u. edilizia, che, nel fissare una cornice
entro la quale le singole Regioni possono determinare  il  contributo
per il costo di costruzione,  persegue  un  obiettivo  di  disciplina
uniforme sull'intero territorio nazionale. 
    In proposito, e' appena il caso di osservare che, nell'ambito che
qui  occupa,  solo  con  la  previsione  di  una  quota   minima   ed
inderogabile  il  principio  di  onerosita'   del   titolo   edilizio
acquisisce un connotato di effettivita'; e cio' in quanto,  ove  tale
previsione mancasse,  il  legislatore  regionale  sarebbe  libero  di
prevedere interventi  edilizi  che  non  comportano  alcun  costo,  o
comportano un esborso talmente irrisorio da eludere ogni  profilo  di
corrispettivita'  del  contributo   rispetto   al   titolo   edilizio
rilasciato. 
    3.2.- L'art. 2, comma 3, della legge reg. Veneto n.  4  del  2015
deve, pertanto, essere dichiarato costituzionalmente illegittimo, per
contrasto con l'art. 117, comma terzo, Cost., nella parte in  cui  fa
salve le determinazioni della quota del costo di costruzione in  base
all'art. 16,  comma  9,  del  t.u.  edilizia  soltanto  ove  avvenute
all'atto del rilascio del  permesso  di  costruire,  e  non  con  una
successiva richiesta di conguaglio. 
    La  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  va  quindi
pronunciata per quella parte della norma censurata che inizia con  la
parola «, purche'» e termina con la parola «conguaglio». 
    Restano assorbiti gli altri profili di censura. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  2,  comma  3,
della legge della Regione Veneto 16 marzo 2015, n.  4  (Modifiche  di
leggi regionali e disposizioni in materia di governo del territorio e
di aree naturali protette regionali), limitatamente alle  parole:  «,
purche' la determinazione sia  avvenuta  all'atto  del  rilascio  del
permesso  di  costruire  e  non  con  una  successiva  richiesta   di
conguaglio». 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 febbraio 2020. 
 
                                F.to: 
                     Marta CARTABIA, Presidente 
                 Augusto Antonio BARBERA, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 10 aprile 2020. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA