N. 159 SENTENZA 24 giugno - 23 luglio 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Impiego  pubblico  -  Norme  della  Regione  Lombardia   -   Societa'
  partecipate dalla Regione - Mobilita' volontaria dei  dipendenti  -
  Violazione  della  competenza  legislativa  esclusiva  statale   in
  materia di ordinamento civile -  Illegittimita'  costituzionale  in
  parte qua. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Norme della  Regione  Lombardia  -
  Debiti  fuori  bilancio   derivanti   da   sentenze   esecutive   -
  Autorizzazione dirigenziale al pagamento - Ricorso  del  Governo  -
  Successiva  rinuncia  accettata  dalla  controparte  costituita   -
  Estinzione del processo. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Norme della  Regione  Lombardia  -
  Finanziamento del CORECOM - Esclusione,  ai  fini  dei  vincoli  di
  contenimento della spesa pubblica, degli oneri  per  le  assunzioni
  del relativo personale - Ricorso del Governo - Successiva  rinuncia
  accettata dalla controparte costituita - Estinzione del processo. 
- Legge della Regione Lombardia 6 giugno 2019, n. 9, artt.  2,  comma
  1, lettera a), che aggiunge  il  comma  5-quaterdecies  all'art.  1
  della legge della Regione Lombardia 27 dicembre  2006,  n.  30;  4,
  comma 1, lettera e), che aggiunge  i  commi  8-sexies  e  8-septies
  all'art. 59 della legge della Regione Lombardia 31 marzo  1978,  n.
  34; 10, comma 1, lettera d),  che  aggiunge  i  commi  da  2-bis  a
  2-quater all'art. 15 della legge della Regione Lombardia 28 ottobre
  2003, n. 20. 
- Costituzione, artt. 3, primo comma, 97, primo comma, e  117,  commi
  secondo, lettere e) ed l), e terzo. 
(GU n.31 del 29-7-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Marta CARTABIA; 
Giudici :Aldo CAROSI,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,
  Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio   PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2,  comma
1, lettera a), 4, comma 1, lettera e), e  10  comma  1,  lettera  d),
della legge della Regione Lombardia 6 giugno 2019,  n.  9  (Legge  di
revisione  normativa  e  di  semplificazione  2019),   promosso   dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato  il  6-9
agosto 2019, depositato in cancelleria il 12 agosto 2019, iscritto al
n. 88 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Lombardia; 
    udito il Giudice relatore Luca  Antonini  ai  sensi  del  decreto
della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettere a)
e c), in collegamento da remoto, senza discussione orale, in data  23
giugno 2020; 
    deliberato nella camera di consiglio del 24 giugno 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 6-9 agosto 2019 e depositato il  12
agosto 2019, il Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale  dello  Stato,  ha  promosso  -  in
riferimento, nel complesso, agli artt.  3,  primo  comma,  97,  primo
comma, e 117, commi  secondo,  lettere  e)  ed  l),  e  terzo,  della
Costituzione - questioni di legittimita' costituzionale  degli  artt.
2, comma 1, lettera a), 4, comma 1, lettera e), e 10 comma 1, lettera
d), della legge della Regione Lombardia 6 giugno 2019, n. 9 (Legge di
revisione normativa e di semplificazione 2019). 
    2.- L'art. 2, comma 1, lettera a), e' impugnato  nella  parte  in
cui aggiunge all'art.  1  della  legge  della  Regione  Lombardia  27
dicembre  2006,  n.  30,  recante   «Disposizioni   legislative   per
l'attuazione del documento  di  programmazione  economico-finanziaria
regionale, ai sensi dell'articolo  9-ter  della  legge  regionale  31
marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure  della  programmazione,  sul
bilancio e sulla contabilita' della Regione) -  collegato  2007»,  il
comma 5-quaterdecies. 
    Questa disposizione lederebbe l'art. 117, secondo comma,  lettera
l), Cost., in relazione alla materia «ordinamento civile», in  quanto
disciplina la mobilita'  volontaria  dei  dipendenti  delle  societa'
partecipate dalla Regione, incidendo dunque sui rapporti di lavoro. 
    Del resto, prosegue l'Avvocatura generale,  la  disciplina  della
mobilita' in precedenza dettata per le societa' controllate dall'art.
1, commi 563 e seguenti,  della  legge  27  dicembre  2013,  n.  147,
recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale  dello  Stato  (Legge  di  stabilita'  2014)»,  e'  stata
abrogata dal decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo  unico
in materia di societa' a partecipazione pubblica), il  cui  art.  19,
comma 1, ha contestualmente previsto che ai rapporti  di  lavoro  del
personale di tali societa' si applichino le disposizioni  del  codice
civile e, quindi, anche l'art. 2112 cod. civ., salvo che nell'ipotesi
della reinternalizzazione regolata dal comma 8 del medesimo art. 19. 
    2.1.- L'art. 4, comma 1, lettera e), della legge  reg.  Lombardia
n. 9  del  2019  aggiunge  all'art.  59  della  legge  della  Regione
Lombardia  31  marzo  1978,  n.  34  (Norme  sulle  procedure   della
programmazione, sul bilancio e sulla contabilita' della  regione),  i
commi 8-sexies e 8-septies. 
    Il comma 8-sexies consente al dirigente competente  per  materia,
in presenza di debiti fuori bilancio derivanti da sentenze esecutive,
di  autorizzare  il  pagamento  contestualmente  alla   presentazione
dell'iniziativa  legislativa  per  il   riconoscimento   della   loro
legittimita'.  Tale  norma  e'  applicabile,  a   mente   del   comma
successivo, anche ai  debiti  derivanti  da  sentenze  gia'  divenute
esecutive alla data di entrata in vigore della legge  reg.  Lombardia
n. 9 del 2019. 
    Secondo  il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri,   queste
disposizioni sarebbero ascrivibili alla materia  «armonizzazione  dei
bilanci pubblici» di cui all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  e),
Cost. e si porrebbero, in particolare, in contrasto con la disciplina
di cui all'art. 73, comma 4, del decreto legislativo 23 giugno  2011,
n.  118  (Disposizioni  in  materia  di  armonizzazione  dei  sistemi
contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali
e dei loro organismi, a norma degli articoli 1  e  2  della  legge  5
maggio 2009, n. 42): questa norma, infatti, richiede comunque, per il
pagamento dei debiti in parola, il  preventivo  riconoscimento  della
loro legittimita' da parte del Consiglio  regionale  o  della  Giunta
regionale, pur assegnando tale significato anche all'inutile  decorso
del termine di trenta giorni dalla ricezione della  proposta  per  il
riconoscimento medesimo. 
    2.2.- E', infine, impugnato - in riferimento all'art. 117,  commi
secondo, lettera l), in relazione alla materia «ordinamento  civile»,
e terzo, in  relazione  alla  materia  «coordinamento  della  finanza
pubblica», Cost., nonche' agli artt. 3,  primo  comma,  e  97,  primo
comma, Cost. - l'art. 10, comma  1,  lettera  d),  della  legge  reg.
Lombardia n. 9 del 2019, nella parte  in  cui  aggiunge  all'art.  15
della legge della Regione Lombardia 28 ottobre 2003, n.  20,  recante
«Istituzione del Comitato regionale per le comunicazioni  (CORECOM)»,
i commi da 2-bis a 2-quater. 
    Il ricorrente premette che l'art. 15 appena citato ha  a  oggetto
il finanziamento delle funzioni  svolte  dal  CORECOM  della  Regione
Lombardia e sostiene che le norme recate dalle disposizioni censurate
prevedrebbero: a) che gli  oneri  derivanti  dalla  stipulazione,  da
parte del suddetto Comitato, di contratti di  lavoro  «nelle  diverse
forme a tempo determinato»  non  siano  computabili,  se  interamente
finanziati da risorse  «ottenute  da  terzi,  iscritte  nel  bilancio
regionale», agli effetti del rispetto dei  limiti  di  spesa  per  il
personale stabiliti dall'art. 1, commi 557 e seguenti, della legge 27
dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria  2007)»
(comma 2-bis); b) che le spese sostenute dal CORECOM per  l'esercizio
delle funzioni delegategli da terzi siano  escluse,  se  coperte  dai
contributi a tal fine attribuitigli da tali soggetti, dai vincoli  di
contenimento  delle  risorse  destinate  al   trattamento   economico
accessorio del personale imposti dall'art. 23, comma 2,  del  decreto
legislativo 25 maggio  2017,  n.  75  (Modifiche  e  integrazioni  al
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai  sensi  degli  articoli
16, commi 1, lettera a, e 2, lettere b, c, d ed e,  e  17,  comma  1,
lettere a, c, e, f, g, h, l, m, n, o, q, r, s  e  z,  della  legge  7
agosto  2015,  n.  124,  in   materia   di   riorganizzazione   delle
amministrazioni pubbliche) (comma 2-ter); c) che le risorse acquisite
per lo svolgimento delle funzioni delegate possano  essere  impiegate
per incrementare il trattamento economico  accessorio  del  personale
adibito esclusivamente a tali funzioni (comma 2-quater). 
    Tali norme regionali  derogherebbero  alle  disposizioni  statali
dianzi menzionate, nonche' a quelle di cui al decreto-legge 31 maggio
2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria
e di competitivita' economica), convertito, con modificazioni,  nella
legge  30  luglio  2010,  n.  122,  le  quali  pongono  principi   di
coordinamento della finanza pubblica: risulterebbe, pertanto, violato
l'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Poiche' i suddetti vincoli di  spesa  costituirebbero  anche  una
regolamentazione uniforme dei rapporti di  lavoro,  il  loro  mancato
rispetto si risolverebbe altresi' nella  invasione  della  competenza
statale esclusiva  nella  materia  «ordinamento  civile»  (art.  117,
secondo comma, lettera l, Cost.)  e  nella  violazione  dell'art.  3,
primo  comma,  Cost.,  determinando  una  disparita'  di  trattamento
rispetto alle altre pubbliche amministrazioni. 
    Sarebbe, inoltre, compromesso il precetto dettato  dall'art.  97,
primo comma, Cost. 
    3.- Si e' costituita in  giudizio  la  Regione  Lombardia,  nella
persona del Presidente della Giunta regionale, chiedendo  il  rigetto
del ricorso. 
    3.1.- A suo avviso, l'art. 2, comma 1, lettera  a),  della  legge
reg. Lombardia n. 9 del 2019, nella parte in cui  aggiunge  il  comma
5-quaterdecies all'art. 1 della legge reg. Lombardia n. 30 del  2006,
si  sarebbe  limitato  a  regolare  -  nell'ambito  della  competenza
residuale nella materia della organizzazione amministrativa regionale
- una «modalita' di  ricognizione  preventiva  tra  le  societa'  del
sistema regionale in ordine alle risorse umane ivi presenti», in  tal
modo perseguendo obiettivi di  efficienza  nella  ripartizione  delle
competenze professionali. 
    Tanto troverebbe conferma, per un verso, nel  disposto  dell'art.
19, comma 5, del d.lgs. n. 175 del 2016,  il  quale  prevede  che  le
amministrazioni pubbliche socie fissino,  con  propri  provvedimenti,
obiettivi specifici sul complesso delle spese di  funzionamento,  ivi
comprese quelle per il personale,  delle  societa'  controllate;  per
l'altro,  nella  stessa  norma  censurata,  secondo  cui  l'eventuale
trasferimento del personale da una societa' all'altra  deve  avvenire
«nel pieno rispetto delle disposizioni statali sui rapporti di lavoro
subordinato   nell'impresa    nonche'    delle    previsioni    della
contrattazione collettiva». 
    Del resto, prosegue la resistente, la norma in  discorso  non  e'
applicabile a qualsiasi societa' partecipata, ma  soltanto  a  quelle
indicate negli Allegati A1 e A2 alla legge stessa,  ovvero  a  quelle
societa' che, ai  sensi  dell'art.  1,  comma  1,  della  legge  reg.
Lombardia n. 30 del 2006, fanno parte  del  «sistema  regionale».  In
particolare, tra tali societa' rientrerebbero anche quelle in  house,
le quali costituirebbero una «longa manus» dell'ente pubblico  socio,
sicche'   anche   sotto   tale   profilo   troverebbe   conferma   la
riconducibilita'  della  disposizione  impugnata  alla   materia   di
competenza residuale dell'organizzazione amministrativa regionale. 
    3.2.- Anche la censura afferente all'art. 4, comma 1, lettera e),
della legge reg. Lombardia n.  9  del  2019,  che  aggiunge  i  commi
8-sexies e 8-septies all'art. 59 della legge reg. Lombardia n. 34 del
1978, sarebbe priva di fondamento. 
    Al riguardo, la Regione evidenzia, segnatamente, da un lato,  che
il comma 8-sexies consente al dirigente competente di autorizzare  il
pagamento dei debiti fuori bilancio derivanti da  sentenze  esecutive
solo  a  condizione  che   sia   stata   contestualmente   presentata
l'iniziativa   legislativa   per   il   riconoscimento   della   loro
legittimita'; dall'altro, che  tale  riconoscimento,  come  affermato
dalla Corte dei conti, avrebbe natura meramente ricognitiva,  con  la
conseguenza che il pagamento  ben  potrebbe  intervenire  nelle  more
della relativa delibera consiliare. 
    Le considerazioni  appena  esposte  varrebbero  ad  escludere  la
dedotta lesione dell'evocato titolo di competenza statale  anche  con
riferimento alla disposizione transitoria di cui al comma 8-septies. 
    3.3.- Sarebbero parimenti infondate  le  censure  prospettate  in
merito all'art. 10, comma 1, lettera d), della legge  reg.  Lombardia
n. 9 del 2019, nella parte  in  cui  aggiunge  i  commi  da  2-bis  a
2-quater all'art. 15 della legge reg. Lombardia n. 20 del 2003. 
    Secondo la difesa regionale,  le  norme  interposte  evocate  dal
ricorrente non sarebbero state,  infatti,  derogate  dal  legislatore
regionale, alla luce di quanto chiarito - con riguardo alle  funzioni
delegate  al   CORECOM   dall'Autorita'   per   le   garanzie   nelle
comunicazioni  (AGCOM)  -  dalla  Corte  dei  conti,  sezione   delle
autonomie, nella deliberazione 26 settembre 2017, n.  23  (recte:  28
settembre 2017, n. 23). In questa  occasione,  il  giudice  contabile
avrebbe affermato che agli  oneri  sostenuti  per  l'espletamento  da
parte del CORECOM delle funzioni delegate, in quanto etero-finanziati
mediante  l'erogazione  di  specifici   contributi,   non   sarebbero
applicabili i limiti di spesa imposti dal legislatore statale per  il
personale:    poiche'    le    disposizioni    impugnate    sarebbero
sostanzialmente conformi a questo principio, non sarebbe  ravvisabile
il dedotto vulnus all'art. 117, terzo comma, Cost. 
    3.4.- Il 30 aprile 2020 la  Regione  ha  depositato  una  memoria
nella quale, da un lato, ha insistito, sulla scorta di argomentazioni
sostanzialmente  riproduttive  di   quelle   addotte   nell'atto   di
costituzione, sull'infondatezza della questione avente ad oggetto  il
comma 5-quaterdecies dell'art. 1 della legge reg. Lombardia n. 30 del
2006, introdotto dall'impugnato art. 2, comma 1,  lettera  a),  delle
legge reg. Lombardia n. 9 del 2019. 
    Dall'altro,  ha  chiesto  la  declaratoria  di  cessazione  della
materia del contendere con riguardo  alle  questioni  afferenti  alle
altre norme impugnate. Con gli artt. 3, comma 1,  lettera  a),  e  4,
comma 1, lettera a), della legge della Regione Lombardia 30  dicembre
2019,  n.  23,   recante   «Disposizioni   per   l'attuazione   della
programmazione economico-finanziaria regionale,  ai  sensi  dell'art.
9-ter della l.r. 31 marzo 1978, n. 34 (Norme  sulle  procedure  della
programmazione, sul bilancio e sulla contabilita'  della  Regione)  -
Collegato 2020)», sono stati  infatti  abrogati,  rispettivamente,  i
commi 8-sexies e 8-septies dell'art. 59 della legge reg. Lombardia n.
34 del 1978 e, per quanto qui interessa, i commi da 2-bis a  2-quater
dell'art. 15 della legge reg. Lombardia n. 20  del  2003,  introdotti
dagli impugnati artt. 4, comma 1, lettera e), e 10, comma 1,  lettera
d), della legge reg. Lombardia n. 9  del  2019;  norme,  queste,  che
d'altra parte non avrebbero nemmeno avuto applicazione medio tempore. 
    4.- In considerazione dell'intervenuta abrogazione, il Presidente
del Consiglio dei ministri,  con  atto  depositato  per  mezzo  posta
elettronica certificata (PEC) il 12 giugno  2020,  ha  dichiarato  di
rinunciare al ricorso, su conforme delibera assunta dal Consiglio dei
ministri nella seduta del 5 giugno 2020, limitatamente agli artt.  4,
comma 1, lettera e), e 10, comma 1,  lettera  d),  della  legge  reg.
Lombardia n. 9 del 2019. 
    La Regione, con atto depositato a  mezzo  PEC  il  successivo  18
giugno, ha accettato tale rinuncia parziale,  giusta  delibera  della
Giunta regionale adottata il 16 giugno 2020. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  promosso  -  in
riferimento, nel complesso, agli artt.  3,  primo  comma,  97,  primo
comma, e 117, commi  secondo,  lettere  e)  ed  l),  e  terzo,  della
Costituzione - questioni di legittimita' costituzionale  degli  artt.
2, comma 1, lettera a), 4, comma 1, lettera e), e 10 comma 1, lettera
d), della legge della Regione Lombardia 6 giugno 2019, n. 9 (Legge di
revisione normativa e di semplificazione 2019). 
    2.- L'art. 2, comma 1, lettera a), e' impugnato  nella  parte  in
cui aggiunge all'art.  1  della  legge  della  Regione  Lombardia  27
dicembre  2006,  n.  30,  recante   «Disposizioni   legislative   per
l'attuazione del documento  di  programmazione  economico-finanziaria
regionale, ai sensi dell'articolo  9-ter  della  legge  regionale  31
marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure  della  programmazione,  sul
bilancio e sulla contabilita' della Regione) -  collegato  2007»,  il
comma 5-quaterdecies. 
    Secondo il ricorrente, questa norma lederebbe l'art.  117,  comma
2, lettera l), Cost., in relazione alla materia «ordinamento civile»:
regolando la  mobilita'  volontaria  dei  dipendenti  delle  societa'
partecipate dalla Regione,  essa  difatti  inciderebbe  sui  relativi
rapporti di lavoro, la cui disciplina sarebbe ascrivibile all'evocato
ambito di competenza statale. 
    L'art. 4, comma 1, lettera e), della legge reg.  Lombardia  n.  9
del 2019 aggiunge all'art. 59 della legge della Regione Lombardia  31
marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure  della  programmazione,  sul
bilancio e sulla contabilita' della  Regione),  i  commi  8-sexies  e
8-septies. 
    Queste disposizioni, ad avviso del ricorrente, nel consentire  al
dirigente competente per  materia  di  autorizzare  i  pagamenti  dei
debiti fuori bilancio della Regione derivanti da  sentenze  esecutive
anche prima del riconoscimento della loro legittimita',  violerebbero
l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., invadendo la competenza
legislativa  esclusiva  statale  nella  materia  «armonizzazione  dei
bilanci pubblici», e, in particolare, si porrebbero in contrasto  con
il parametro interposto di cui all'art.  73,  comma  4,  del  decreto
legislativo 23 giugno  2011,  n.  118  (Disposizioni  in  materia  di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle
Regioni, degli enti locali  e  dei  loro  organismi,  a  norma  degli
articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42). 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna, infine,  l'art.
10, comma 1, lettera d), della legge reg. Lombardia n.  9  del  2019,
nella parte in cui aggiunge all'art. 15  della  legge  della  Regione
Lombardia 28 ottobre 2003, n. 20, recante «Istituzione  del  Comitato
regionale per  le  comunicazioni  (CORECOM)»,  i  commi  da  2-bis  a
2-quater. 
    Tali disposizioni in sostanza escludono dal calcolo rilevante  ai
fini del rispetto dei vincoli di contenimento della  spesa  stabiliti
dal legislatore statale gli oneri sostenuti dal CORECOM della Regione
Lombardia per le assunzioni e per il trattamento economico accessorio
del personale impiegato nell'esercizio  delle  funzioni  delegate  al
CORECOM stesso. 
    Esse recherebbero un vulnus, in primo luogo, all'art. 117,  terzo
comma, Cost., ponendosi in contrasto con i principi  fondamentali  di
coordinamento  della  finanza   pubblica   evincibili   dalle   norme
interposte di cui all'art. 1, commi 557 e seguenti,  della  legge  27
dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)»,
al decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia  di
stabilizzazione  finanziaria  e  di  competitivita'   economica),   e
all'art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017,  n.  75
(Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30  marzo  2001,  n.
165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a, e 2, lettere  b,
c, d ed e, e 17, comma 1, lettere a, c, e, f, g, h, l, m, n, o, q, r,
s  e  z,  della  legge  7  agosto  2015,  n.  124,  in   materia   di
riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche). 
    Sarebbe, inoltre, leso, a  parere  del  ricorrente,  l'art.  117,
secondo  comma,  lettera  l),  Cost.,  in  relazione   alla   materia
«ordinamento civile», in quanto i vincoli di  spesa  derivanti  dalle
menzionate    norme    interposte    costituirebbero    anche     una
regolamentazione uniforme dei  rapporti  di  lavoro  alle  dipendenze
delle pubbliche amministrazioni. 
    Risulterebbero, infine, violati sia l'art. 3, primo comma, Cost.,
dal  momento  che  l'introduzione   di   una   disciplina   regionale
derogatoria rispetto a quella statale determinerebbe  una  disparita'
di trattamento rispetto alle  altre  amministrazioni  pubbliche,  sia
l'art. 97, primo comma, Cost. 
    3.- Il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  nel  corso  del
giudizio ha rinunciato  all'impugnazione  degli  artt.  4,  comma  1,
lettera e), e 10, comma 1, lettera d), della legge reg. Lombardia  n.
9 del 2019, a seguito della sopravvenuta abrogazione delle  norme  da
questi introdotte ad opera della legge  della  Regione  Lombardia  30
dicembre 2019, n. 23, recante «Disposizioni  per  l'attuazione  della
programmazione economico-finanziaria regionale,  ai  sensi  dell'art.
9-ter della l.r. 31 marzo 1978, n. 34 (Norme  sulle  procedure  della
programmazione, sul bilancio e sulla contabilita'  della  Regione)  -
Collegato 2020)». 
    Poiche' la resistente ha accettato  tale  rinuncia  parziale,  va
dichiarata,   limitatamente   alle    questioni    di    legittimita'
costituzionale  delle   suddette   disposizioni,   l'estinzione   del
processo, ai sensi dell'art. 23 delle Norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale (sentenze n. 192 del 2019 e n.  127
del 2018). 
    4.- La questione avente ad oggetto l'art. 2, comma 1, lettera a),
della legge reg. Lombardia n. 9 del 2019 e' fondata. 
    4.1.-  Questa  disposizione  e'  censurata  nella  parte  in  cui
aggiunge  il  comma  5-quaterdecies  all'art.  1  della  legge   reg.
Lombardia n.  30  del  2006,  cosi'  disponendo:  «[n]ell'ambito  dei
processi di acquisizione di nuove professionalita'  con  rapporto  di
lavoro subordinato, le societa' partecipate in  modo  totalitario  di
cui alla Sezione I dell'Allegato A1 e le  societa'  a  partecipazione
regionale, con esclusione di quelle quotate, di cui all'Allegato  A2,
effettuano preventivamente la ricerca  tra  il  personale  dipendente
delle altre societa' di  cui  al  presente  comma.  A  tal  fine,  la
societa' interessata invia apposita comunicazione scritta alle  altre
societa' che sono tenute a pubblicare sulla propria rete intranet  la
posizione vacante per favorire l'attivazione di  eventuali  mobilita'
volontarie.  In  caso  di  candidature   con   esito   positivo,   il
trasferimento del personale avviene nel rispetto  delle  disposizioni
statali e dei contratti collettivi». 
    Secondo  la  Regione,  tale   disposizione   si   limiterebbe   a
disciplinare, nell'esercizio della competenza residuale in materia di
organizzazione amministrativa regionale e con riferimento  alle  sole
societa'  sulle  quali  la  Regione  stessa  esercita   funzioni   di
indirizzo, coordinamento e controllo, tra cui in  particolare  quelle
in house, una «mera modalita' di ricognizione preventiva»  in  ordine
«alle risorse umane ivi presenti». 
    L'assunto non puo' essere condiviso. 
    L'art. 1, comma 5-quaterdecies, della legge reg. Lombardia n.  30
del 2006 impone che sia le societa' partecipate in modo totalitario -
e quindi controllate  -,  sia  le  altre  societa'  a  partecipazione
regionale  (di  cui  al  menzionato  Allegato  A2)  -  e  dunque  non
necessariamente soggette a controllo pubblico -, prima  di  procedere
ad assumere dipendenti con rapporto di  lavoro  subordinato,  debbano
ricercare le nuove professionalita'  tra  il  personale  delle  altre
societa' parimenti partecipate dalla Regione. Allo scopo di  attivare
le  eventuali   mobilita'   volontarie,   le   societa'   interessate
all'acquisizione sono  tenute  a  pubblicare  le  posizioni  vacanti,
mentre quelle  interessate  alla  cessione  devono  inviare  apposita
comunicazione alle prime. 
    Risulta evidente che tale disposizione:  a)  concerne  l'istituto
della mobilita', b) ne impone l'attuazione alle societa'  partecipate
prima di effettuare nuove assunzioni e c) detta altresi' le modalita'
procedimentali con cui questo deve realizzarsi. 
    La norma regionale impugnata attiene quindi a un istituto,  quale
e' la mobilita', che afferisce alla sfera di  competenza  legislativa
che  l'art.  117,  secondo   comma,   lettera   l),   Cost.   riserva
esclusivamente allo Stato, senza che venga in considerazione l'ambito
dell'organizzazione amministrativa regionale  di  cui  all'art.  117,
quarto comma, Cost. 
    La  mobilita'  volontaria,  infatti,  «altro  non  e'   che   una
fattispecie di cessione del contratto» che, «a sua volta, [...] e' un
negozio tipico disciplinato dal codice civile (artt.  1406-1410).  Si
e' pertanto in materia di rapporti di diritto  privato»,  ascrivibili
alla materia dell'ordinamento civile (sentenza n. 324 del 2010). 
    Tale conclusione, ribadita in piu' occasioni da questa Corte  con
riferimento a fattispecie inerenti all'impiego pubblico  privatizzato
(sentenza n. 17 del 2014; nello stesso  senso,  sentenza  n.  68  del
2011), vale, a maggior ragione, con riguardo ai  rapporti  di  lavoro
privato,  quali  sono,  pur  con  profili  di   specialita',   quelli
intercorrenti con le societa' a partecipazione  pubblica,  come  oggi
confermato dal combinato disposto degli artt. 1, comma 3, e 19, comma
1, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n.  175  (Testo  unico  in
materia di societa' a partecipazione pubblica). 
    L'attrazione  della  disciplina  del  rapporto  di  lavoro   alle
dipendenze     delle     pubbliche     amministrazioni     nell'alveo
dell'ordinamento civile trova del resto fondamento proprio nella  sua
privatizzazione, in conseguenza della  quale  esso  «e'  retto  dalla
disciplina generale  dei  rapporti  di  lavoro  tra  privati  ed  e',
percio', soggetto alle regole che garantiscono l'uniformita' di  tale
tipo di rapporti» (ex plurimis, sentenza n. 186 del 2016). 
    4.1.1.-  Non  osta  alla  riconducibilita'   della   disposizione
impugnata  all'ordinamento  civile  la  circostanza,  dedotta   dalla
Regione,  della  sua  riferibilita'  ad  alcune  societa'  in  house,
contraddistinte da un legame con le pubbliche  amministrazioni  socie
«tale  da  configurarle  quali  "longa  manus  delle  amministrazioni
[stesse]"» (sentenza n. 229 del 2013). 
    Va, infatti, innanzitutto ribadito che essa si applica anche alle
altre societa' a partecipazione regionale, dunque non necessariamente
soggette a controllo pubblico, e si deve altresi'  precisare  che  il
comma 1, secondo periodo, dell'art. 1 della legge reg.  Lombardia  n.
30 del 2006 attribuisce alla Giunta regionale il potere di aggiornare
gli allegati che identificano  le  societa'  tenute  a  osservare  la
disposizione censurata, rendendone quindi "mobile"  e  potenzialmente
aperto l'ambito applicativo. 
    In ogni caso, anche con specifico riferimento  alle  societa'  in
house resta fermo che la norma impugnata comunque incide  su  profili
eminentemente privatistici, in quanto connessi ai rapporti di  lavoro
- di «natura puramente privata» (sentenza n. 167 del 2013) - con esse
intercorrenti: le norme che  disciplinano  aspetti  inerenti  a  tali
rapporti sono, infatti, riconducibili alla  materia  dell'ordinamento
civile (sentenza n. 229 del 2013). 
    Oltretutto va considerato che, proprio con riguardo alle societa'
a controllo pubblico, la norma censurata si pone anche  in  contrasto
con la specifica disciplina statale della  gestione  delle  eventuali
eccedenze di personale. 
    La  norma   regionale   in   parola,   infatti,   da   un   lato,
sostanzialmente reintroduce, sine die, un obbligo  analogo  a  quello
(di procedere a nuove assunzioni a tempo indeterminato esclusivamente
attingendo,  salvi  casi  particolari,  agli   elenchi   dei   lavori
eccedentari delle altre controllate e gestiti dalla  Regione  tramite
processi di mobilita') che l'art. 25, comma 4, del d.lgs. n. 175  del
2016 aveva originariamente previsto solo  fino  al  30  giugno  2018;
dall'altro, stabilisce una disciplina che risulta incompatibile anche
con quella (che prevede, fra  l'altro,  l'emanazione  di  un  decreto
ministeriale, la formazione di elenchi regionali e previ accordi  con
le organizzazioni sindacali) dei  menzionati  processi  di  mobilita'
dettata, «per ciascuno degli anni 2020, 2021 e  2022»,  dal  medesimo
art. 25, cosi' come sostituito  dall'art.  1,  comma  10-novies,  del
decreto-legge 30 dicembre  2019,  n.  162  (Disposizioni  urgenti  in
materia di proroga di termini legislativi,  di  organizzazione  delle
pubbliche  amministrazioni,  nonche'  di  innovazione   tecnologica),
convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2020, n. 8. 
    4.1.2.- Nemmeno sufficiente a escludere l'invasione  della  sfera
della suddetta  competenza  legislativa  statale  e'  la  previsione,
contenuta nell'ultimo periodo della norma censurata, secondo cui,  in
caso di candidature con esito positivo, il trasferimento «avviene nel
rispetto delle disposizioni statali e dei contratti collettivi». 
    E' dirimente, infatti, considerare che  tale  previsione  attiene
soltanto al  momento  conclusivo  della  mobilita',  la  quale  resta
nondimeno  disciplinata,  nei  presupposti  e  nelle   modalita'   di
attuazione, dalla disposizione regionale impugnata. 
    Questa impone la  preventiva  attivazione  della  mobilita'  alle
societa' che vogliano acquisire nuove professionalita' e predetermina
ex lege il procedimento attraverso il quale  essa  deve  realizzarsi:
dal  che   deriva   una   indebita   compressione   del   potere   di
autodeterminazione, in particolare, della societa' cessionaria e, per
tal via, il contrasto con l'evocato parametro. 
    Questa Corte, infatti, ha ascritto alla materia  dell'ordinamento
civile, censurandole, norme regionali che incidevano sulla  autonomia
negoziale (sentenze n. 283 del 2016, n. 97 del  2014  e  n.  295  del
2009). 
    4.1.3.-  Non  e',  infine,  condivisibile  l'ulteriore  argomento
addotto dalla Regione facendo leva sull'art. 19, comma 5, del  d.lgs.
n. 175 del 2016. 
    Questa norma dispone infatti che «[l]e amministrazioni  pubbliche
socie fissano, con propri provvedimenti, obiettivi specifici, annuali
e pluriennali,  sul  complesso  delle  spese  di  funzionamento,  ivi
comprese quelle per il personale, delle societa'  controllate,  anche
attraverso  il  contenimento  degli  oneri   contrattuali   e   delle
assunzioni  di  personale  e  tenuto  conto   di   quanto   stabilito
all'articolo   25,   ovvero   delle   eventuali   disposizioni    che
stabiliscono, a loro carico, divieti o limitazioni alle assunzioni di
personale, tenendo conto del settore in cui ciascun soggetto opera». 
    La disposizione regionale impugnata, stabilendo  un  obbligo  non
temporalmente circoscritto e prescindendo da qualsiasi considerazione
delle peculiarita' dei settori in  cui  operano  le  singole  realta'
societarie, non puo' ritenersi attuativa  della  suddetta  previsione
statale. 
    D'altra parte, occorre  altresi'  osservare  che  il  legislatore
regionale non si e' limitato a porre un obiettivo, come previsto  dal
citato art. 19, comma 5, del d.lgs. n. 175 del 2016, ma, introducendo
l'obbligo di ricorrere alla mobilita'  per  l'acquisizione  di  nuove
professionalita' con rapporto di lavoro subordinato,  ha  in  realta'
direttamente  determinato  le  concrete  modalita'  per  realizzarlo:
modalita'  rimesse  invece  dal  legislatore  statale  alle   singole
societa', dal momento che il successivo comma 6 del medesimo art.  19
prevede  che  queste  siano  tenute  a  garantire,   tramite   propri
provvedimenti, il «concreto perseguimento» degli obiettivi prefissati
dalle amministrazioni socie. 
    Anche sotto tale profilo emerge quindi come non  possa  ritenersi
che la disposizione impugnata costituisca  attuazione  dell'art.  19,
comma 5, del d.lgs. n. 175 del 2016. 
    4.2.- Alla luce delle  considerazioni  svolte,  deve  dichiararsi
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2,  comma  1,  lettera  a),
della legge reg. Lombardia n. 9 del 2019, nella parte in cui aggiunge
il comma 5-quaterdecies all'art. 1 della legge reg. Lombardia  n.  30
del 2006. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1,
lettera a), della legge della Regione Lombardia 6 giugno 2019,  n.  9
(Legge di revisione normativa e di semplificazione 2019), nella parte
in cui aggiunge il comma 5-quaterdecies all'art. 1 della legge  della
Regione Lombardia 27 dicembre  2006,  n.  30,  recante  «Disposizioni
legislative  per  l'attuazione  del   documento   di   programmazione
economico-finanziaria regionale, ai sensi dell'articolo  9-ter  della
legge regionale 31 marzo 1978, n. 34  (Norme  sulle  procedure  della
programmazione, sul bilancio e sulla contabilita'  della  Regione)  -
collegato 2007»; 
    2) dichiara estinto il processo relativamente alle  questioni  di
legittimita' costituzionale degli artt. 4, comma 1, lettera e) -  che
aggiunge all'art. 59 della legge della  Regione  Lombardia  31  marzo
1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio
e sulla contabilita' della Regione), i commi 8-sexies e 8-septies  -,
e 10, comma 1, lettera d) - nella parte in cui aggiunge  all'art.  15
della legge della Regione Lombardia 28 ottobre 2003, n.  20,  recante
«Istituzione del Comitato regionale per le comunicazioni  (CORECOM)»,
i commi da 2-bis a 2-quater -, della legge reg. Lombardia  n.  9  del
2019,  promosse  dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,   in
riferimento, nel complesso, agli artt.  3,  primo  comma,  97,  primo
comma, e 117, commi  secondo,  lettere  e)  ed  l),  e  terzo,  della
Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 giugno 2020. 
 
                                F.to: 
                     Marta CARTABIA, Presidente 
                      Luca ANTONINI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2020. 
 
                           Il Cancelliere 
                        F.to: Roberto MILANA